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Italia, 2005-2008

Testi di Antonio Montanari


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 2

Antonio Montanari
Post pubblicati tra 2005 e 2008 nel blog su “Stampa.web”,
http://antoniomontanarinozzoli.blog.lastampa.it/antoniomontanari/
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 3
2008

Antonio Montanari. Divieto di sosta


Blog, testi 2008

28/12/2008
Miti (s)finiti
Siamo veramente un "Paese virtuoso" come scrive Lucia Annunziata sulla
"Stampa"? E' diventata davvero l'Italia nel dopoguerra, nel giro di due
generazioni, "un Paese benestante e colto [...] grazie alla prudenza, al
realismo, alla flessibilità e al coraggio" con cui si sono sempre affrontate le
traversie?

Oppure l'Italia è quel Paese corrotto descritto su "Repubblica" da Eugenio


Scalfari per estraneità dello Stato rispetto al popolo, classi dirigenti barricate a
difesa dei propri privilegi, criminalità organizzata, corruzione spicciola...?

Sovranità popolare, democrazia rappresentativa e Stato di diritto, riassumo da


Angelo Panebianco ("Corriere della Sera"), sono sopraffatti oggi dallo
strapotere dei magistrati.
Panebianco accusa "porzioni rilevanti" degli iscritti del Pd di
essere giustizialiste alla Di Pietro. Soprattutto nella fascia
giovanile, afflitta da tre dogmi.
Primo dogma, l'Italia è il Paese più corrotto della terra. Secondo, in politica si
giudica secondo i "valori" (etici) e non secondo gli "interessi". (Questo dogma
priva quei giovani degli "strumenti necessari per pensare politicamente".)
Terzo dogma, la giustizia serve a combattere "eroicamente il Male della
corruzione".

Lucia Annunziata è molto ottimista, Scalfari molto realista, Panebianco si


chiude in un castello in cui è perfetto soltanto quello a cui pensa lui. Dimentica
che i più giustizialisti di tutti furono, temporibus illis (quelli di "mani pulite"),
gli uomini che sostengono ed adorano Berlusconi. Il quale avrebbe voluto Di
Pietro con sé al governo.

Di Pietro oggi è un mito (s)finito. Ha avuto coraggio nel proporre il referendum


popolare contro il "lodo Alfano", facilitato dal silenzio ambiguo, se non ricordo
male, del Pd.
Suo figlio è un politico che, pur non avendo commesso nulla di penalmente
perseguibile, "ha tenuto un comportamento sbagliato e inopportuno": sono
parole dello stesso Antonio Di Pietro. Che da esse ne esce più bastonato che
rafforzato.
Se appunto la politica non è soltanto rispetto del Codice penale, ma pure e
soprattutto di certe forme alle quali egli si riferisce con la sua frase apparsa su
"Repubblica".

Finito e sfinito anche l'altro mito della novità del Pd, del progetto veltroniano
del Lingotto, che resta per il futuro? La scalfariana "triste storia dell'Italia
corrotta"? La speranza che il "Paese virtuoso" di Lucia Annunziata ancora una
volta abbia la meglio?

Negli auguri di Capodanno, anticipa oggi il "Corriere della Sera", il presidente


Napolitano inviterà ancora al dialogo, parlando della necessità di riforme e
coesione sociale.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 4
Non ho compreso perché queste cose non le dica pure in un messaggio alle
Camere come prevede l'art. 87 della Carta costituzionale.

L'occasione formale renderebbe la situazione politica complessivamente più


chiara, costringendo anche il capo del governo a fare meno bizze, con marce e
retromarce su proposte di giornata che appunto durano la spazio di un
mattino.
Come quella della riforma presidenzialista di cui aveva sottolineato l'urgenza.
E che adesso sembra essersi rimangiato, posticipandola a chissà quando.

Un governo serio non abbisogna di queste recite a soggetto. Napolitano è


consapevole della gravità del momento, sia sul piano nazionale sia su quello
internazionale.
Nel messaggio alle Camere potrebbe svolgere un ruolo di stimolo per la vita
democratica e di argine per le fughe in avanti del populismo berlusconiano.

[28.12.2008, Anno III, post n. 343 (720)]

27/12/2008
Tentazioni di ieri...
Una storiella del 1992, ritrovata in archivio per caso, ma di stretta attualità.
Riguarda le tentazioni dei politici.

Un esponente storico del Pci, il concittadino Francesco Alici (deputato 1976-


79, 1979-83, senatore 1983-87) dichiarò al GR1: "Ci sono dei mascalzoni che ti
vengono lì con la “mazzetta” e ti dicono: se tu mi firmi questa pratica che non
è regolare, io ti regalo 30, 40, 50 milioni. Ma tutti quanti siamo la moglie di
Cesare, tutti quanti hanno la forza morale di rifiutare queste cose qui?…
Mettiamoli al riparo. Se per caso uno ti arriva con una “mazzetta”, il giorno in
cui per esempio ti scade una cambiale…, ma non lo so mica…".

Ci ricamai sopra in una rubrica di satira di costume che pubblicavo in un


settimanale di Rimini.
Ne venne fuori una lunga e strana contesa con lo stesso onorevole: egli
negava di aver pronunciato quelle parole ("Ma dove ha trovato queste
affermazioni? Possibile che non riesca a capire che se non smentisce queste
falsificazioni sarò costretto a chiamarlo a rispondere in Tribunale?"), che
invece c'erano nel nastro con la registrazione da lui stesso inviatomi ... per
smentirmi.

Oggi che si parla tanto dei rapporti fra politica e magistratura, merita rileggere
un altro passo di quell'intervista: "Se un Consiglio comunale vara oppure
approva una delibera sbagliata… anche sul piano penale…, se il Comitato di
controllo fa passare questa delibera, credo che il discorso sia chiuso".

Tutto il testo della "storiella de 1992" è pure in questa pagina speciale.

[27.12.2008, Anno III, post n. 342 (719)]

23/12/2008
Il paese di Alice
Ha ragione Luigi La Spina che sulla "Stampa" di oggi lamenta il vizio politico
tutto italiano di "Parlar d'altro". Ovvero di non considerare i gravi problemi
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 5
della società contemporanea, ma di rincorrere divagazioni tipo repubblica
presidenziale.

Bisognerebbe però che i grandi giornali si chiedessero quali sono le loro colpe
in questa situazione. Ci offrono scene e retroscena della vita politica
nazionale, al posto dell'antico pastone romano. Dove molte cose trovavano
posto in poche righe.
Adesso, hanno paginoni interi per fatti da nulla.

Forse è venuto il momento di chiedersi seriamente e con umiltà che cosa sia
oggi l'opinione pubblica, come venga informata e come la grande stampa
indipendente fornisca gli strumenti necessari per interpretare i fatti e
rappresentazioni 'fedeli' della realtà contemporanea.

Forse è troppo comodo scaricare tutta la colpa sui politici. A volte sembra che
i grandi giornalisti siano conniventi più che parti terze con la delega a narrare
e giudicare per il bene comune. Non solo per la tiratura della loro testata.

Non viviamo nel paese di Alice, ma molti (politici e giornalisti) tentano di


farcelo credere. Purtroppo. Ed i risultati si vedono.

[23.12.2008, Anno III, post n. 341 (718)]

21/12/2008
Nascondere il presente
Attorno alla crisi del Pd ho ballato un'intera estate. Qualcuno non ha gradito.
Nulla di male, succede. Adesso che tutti ne parlano, non ho nulla da
aggiungere.

Il 9 ottobre richiamavo il fatto come, sul trionfo del pensiero unico nella
politica italiana, i signori dell'opposizione avessero i riflessi molto lenti.
Insomma non facevano il loro mestiere.

Quel post, "Mal di stomaco", segnalato in home il 9 ottobre, era cancellato il


giorno dopo. Mai successo.
Il punto dolente era forse in un passaggio sul "lodo Alfano". Bene, avevo così
la conferma d'aver visto giusto. De minimis non curat praetor. Soltanto le
faccende serie fanno agitare.

La censura, detto bonariamente, mi ha espulso dalla home del giornale da


quel 9 ottobre. Per un foglio liberale il fatto dovrebbe apparire strano.
Peggio sarebbe se la causa fosse "ad personam": non contro il contenuto, ma
contro il contenitore, ovvero il sottoscritto. Non mi scandalizzerei neppure se
fosse così. Avrei anche una traccia possibile per arrivare a certi suggeritori.
Tra Rimini e Torino non ci sono linee aeree, ma viaggiano egualmente
investimenti pubblicitari.

Barbara Spinelli scrive oggi sulla "Stampa" che i "commentatori" sono "facili a
scrutare i cedimenti passati, meno facili a scrutare i cedimenti presenti". Ha
perfettamente ragione. Elenca i "vizi del passato che sopravvivono",
conformismo, indifferenza, complicità.

Il guaio è che se qualcuno, pur soltanto della periferia di un blog da lettore,


vuole sottrarsi a quei vizi, non gli è concesso di farsi ascoltare. Il problema del
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 6
"lodo Alfano" è una cosa dannatamente seria. Una legge incostituzionale. Non
si può far finta di nulla.

Barbara Spinelli ha scritto oggi in riferimento alle parole di Gianfranco Fini


sull'indifferenza degli italiani alle leggi razziali del duce (1938). Ho già
osservato che allora vigeva la legge del manganello.
Per questo, resto esterrefatto leggendo, al proposito (e su altre questioni),
Riccardo Barenghi che elogia Fini. Anche se poi conclude di non sapere quanta
"buona fede" ci sia nelle prese di posizioni di Fini, e ricordando che ai richiami
di Berlusconi Fini si è sempre "adeguato".

Basterebbe soltanto questo aspetto per considerare Fini il "(retro)marcia su


Roma", e non un "leader di sinistra nel centrodestra". Purtroppo Barenghi si
adegua al folclore di questi tempi. Luxuria docet. Per non ricordare
(seriamente) il massimalista Benito Mussolini...

[21.12.2008, Anno III, post n. 340 (717)]

18/12/2008
Archivio del blog
Nella colonna di destra della pagina, si trova l'elenco delle annate di questo
blog raccolte in un .doc.

Per ora sono disponibili quelle del 2005 e del 2006.

[18.12.2008, Anno III, post n. 339 (716)]

16/12/2008
Fini non ricorda il manganello
"C'è da chiedersi perché la società italiana si sia adeguata nel suo insieme alla
legislazione antiebraica...", ha detto oggi l'on Fini.

C'è da chiedere all'on. Fini se abbia mai sentito parlare di manganello usato
nel Ventennio...

Forse si è fatto plagiare dalla teoria del "soggiorno turistico" formulata dall'on.
Berlusconi per spiegare il confino fascista.

Tempo fa l'on. Fini parlò di "cesarismo". Tutti intesero che si riferiva all'on.
Berlusconi. E ci fu chi elogiò l'on. Fini come "studioso".
Poi lo stesso on. Fini smentì: aveva parlato in generale, non intendeva riferirsi
al presidente del Consiglio.

Adesso anche per l'opinione sulla società italiana adeguatasi alla legislazione
antiebraica sotto la dittatura fascista, dovremo aspettare una sua nuova
correzione di marcia. In puro stile berlusconiano.

[16.12.2008, Anno III, post n. 338 (715)]

09/12/2008
Auguri
Avevo pensato al "Cafonal" come nome d'un farmaco per combattere certi
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 7
fenomeni di italica inciviltà. Adesso vedo che così è stato battezzato un libro
fotografico. I volumi passano, i problemi restano. Anzi peggiorano. Quale
medicina ci vorrebbe per curare le Giustizia nostrana?

"Che ne sarà dei diritti dei più deboli, dei meno protetti, dei disgraziati come
noi?". Se lo è chiesto Giuseppe D'Avanzo su "Repubblica" di domenica 7
dicembre 2008.
La risposta arriva oggi da Bologna: 70 mila processi in quella città sono stati
cancellati per prescrizione e carenze d'organico (dalle pagine felsinee dello
stesso quotidiano).

La risposta io l'ho già data qui, in una pagina in cui concludevo,


autobiograficamente, che oggi in Italia "chi è orfano di protezione può essere
offeso impunemente".

Da qualche tempo le cose della Giustizia vanno di male in peggio. In questo


paese di Azzeccagarbugli, le due classi nobili della Giustizia, magistrati ed
avvocati, si passano la palla.

Ho scritto: se dovessimo stilare una graduatoria della pericolosità sociale, gli


avvocati rischierebbero di finire in testa a tutti, anche a quelli che difendono.

Scambiamoci gli auguri per il 2009. Ma non illudiamoci. "Credete che sarà
felice quest'anno nuovo?". Felice sì, forse per pochi fortunati. Ma per noi che,
come dice D'Avanzo, apparteniamo alla categoria "dei disgraziati", che cosa
cambierà in meglio in questo tristo Paese?

[09.12.2008, Anno III, post n. 337 (714)]

08/11/2008
Arrivederci al 2009

Calamaio

Nel mese del terzo anniversario della sua apertura, il blog dà appuntamento al
prossimo gennaio 2009. Gli aggiornamenti che mi concernono sono
consultabili da questa pagina. Che è in anteprima parziale qui sotto.

[29.11.2008] Ho cambiato il titolo del mio blog. "Divieto di sosta".

04/11/2008
4 novembre con Renato Serra

Per ricordare degnamente il 4 novembre, giorno di dolore per i tanti morti di


quella guerra (orribile come tutte le guerre), presento una pagina speciale
dedicata a Renato Serra ed al suo "Esame di coscienza di un letterato".
Questo mio testo è tratto da una conferenza del 2001 (leggibile pure qui).

Renato Serra pubblica l’«Esame di coscienza di un letterato» su «La Voce» del


30 aprile 1915.

Il testo prosegue qui.

[04.11.2008, Anno III, post n. 336 (713)]


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 8

03/11/2008
Nota di servizio

Il blog collettivo che proposi qui sopra e che poi è stato cortesemente
realizzato da Luigi, è ottavo nella classifica mensile di Wikio. Urca!
****

Giovinezza!
Il dott. prof. Silvio Berlusconi, noto medico geriatra di Arcore, ha pubblicato
uno studio sulla possibilità di far arrivare la durata media della vita a 120 anni.
Il ministro Brunetta studierà i provvedimenti necessari per applicare queste
teorie scientifiche.
In divisa sado-maso il ministro Brunetta si aggirerà nei reparti geriatrici, con
un frustino che userà per sollecitare i renitenti.
Al personale medico e paramedico sarà fatto obbligo di sottoscrivere un
protocollo in cui si dice che la vecchiaia non esiste e che per dimostrarlo basta
cantare "Giovinezza giovinezza, primavera di bellezza".

[03.11.2008, Anno III, post n. 335 (712)]

02/11/2008
Lettori sul web
Il sito del New York Times ospita da un anno i commenti dei lettori agli articoli
pubblicati.

Adesso con "Vizlab" ("Visualization Lab") ai lettori è anche concesso di


analizzare i dati messi a loro disposizione sopra un determinato argomento.

Ricavo la notizia dalla rubrica sul web di Chiara Somajni del "Sole-24 Ore" di
oggi.

In cui si legge alla fine: "Che i giornalisti siano destinati a diventare dei
manager di comunità virtuali, si chiede Julie Starr?".
Bella domanda.

[02.11.2008, Anno III, post n. 334 (711)]

01/11/2008
De bello gellico
Nessun dubbio avevamo. Resta un classico della letteratura politica
contemporanea il "De bello gellico". Composto tanti anni fa dal venerabile
maestro della "Loggia Propaganda Due" (1981, 932 iscritti) di una qualche
massoneria più o meno "riconosciuta" (ma ben riconoscibile), il testo si è
dimostrato all'altezza della situazione contemporanea. Ha resistito al
trascorrere "inesorabile" del tempo. E' stato studiato e, soprattutto, applicato.

Lo riconosce onestamente il suo autore. Non per vanto, ma per offrire una
patente di benedicente paternità al capo del governo. Niente mai avviene a
caso.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 9
Se in questo "caos calmo" di un autunno dal cielo oscuro, Berlusconi (tessera
625 della P2) è definito dallo stesso Gelli come esecutore dei suoi antichi
progetti, ci sarà pure un significato preciso.
Non per nulla Gelli torna alla ribalta. Addirittura va in tivù. Non in quella
ansiogena (secondo il cavaliere) del servizio pubblico. Ma in una rete privata,
per offrire camomilla al popolo, secondo il dettame del proprietario di
Mediaset per puro caso anche capo dell'esecutivo.
E come esegue, lui, Berlusconi, non esegue nessuno: parola di Licio Gelli. "E'
l'unico che può andare avanti" a realizzare il "Piano di rinascita democratica"
ideato dallo stesso Gelli "forse" su misura, come un abito di lusso, per lo
stesso cavaliere.
Le coincidenze della storia e della politica sono sempre ben precisi fatti che
corrono lungo un binario prestabilito.

E lungo quel binario poi s'incontrano dei capistazione come Francesco


Cossiga. Che, uso a disobbedir sbraitando, ha respinto le critiche di Rosy Bindi
alla prossima trasmissione di Gelli.
Su di lei il presidente emerito ha sentenziato: "Credevo fosse brutta ma
intelligente, mentre è brutta, cattiva e cretina".

L'episodio sarà portato ad esempio della gioventù italica nel manuale di


Educazione civica introdotto dalla ministra Gelmini. La quale, sia detto en
passant, si è presa gli elogi di Gelli per la sua riforma scolastica che "riporta
finalmente un po' d'ordine". "Ordine nuovo" come nella antica strategia degli
"opposti estremismi"?

[01.11.2008, Anno III, post n. 333 (710)]

31/10/2008
Bonus bebé
Neonato I neonati riceveranno un prestito dal governo al tasso del quattro per
cento.

Se il prestito non sarà restituito il bambino sarà requisito dal ministro Tremonti
al compimento del secondo anno di età, ed inviato a scuola dalla signora
maestra Gelmini e dal prof. Brunetta.

I quali con delicati biberon all'olio di ricino, tenteranno di spremere le meningi


del piccolino affinché da grande si ricordi di restituire il maltolto.

Ogni somministrazione del biberon sarà accompagnata da una lezione per


mettere in guardia il fanciullo dai nefasti effetti che le esperienze del '68
hanno provocato in lui.

Al momento in cui il povero bambino avrà il dono della parola, sentendosi


ricordare i suoi precedenti di manifestante 40 anni prima che nascesse, potrà
articolare frasi sconvenienti in base allo statuto delle Nazioni Unite.

A sinistra (ma soltanto nella foto). Bebé di Forza Italia che da grande farà
prima gli spogliarelli e poi la ministra. Ovvero dal bonus alla bona.

[31.10.2008, Anno III, post n. 332 (709)]


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 10
30/10/2008
Pueri cantores
Imag30102008rep Da che mondo è mondo, i bimbi sono sempre in prima fila,
esibiti con orgoglio dai genitori, ad inneggiare o a protestare. Cossiga si è
scandalizzato in Senato. Non avrebbero dovuto gridare: "Assunzioni,
assunzioni", ma "Merendine, merendine".

Ha ragione? Ma quando sono nato mi hanno fatto subito "Figlio della Lupa".
Poi mi hanno portato alle processioni, a cantare in modo stonato gli inni della
Chiesa. Gli altri coetanei invece si esibivano in "Bandiera rossa". Tutti
eravamo bene o male "pueri cantores".

Per cui non vedo nulla di male se un babbo spiega al figlio che si va in corteo
perché se licenziano la maestra, suo figlio (che ha stessa età del piccolo che
urla infastidendo Cossiga), non avrà nulla da mangiare.

La parola "assunzione" non è per ora un'oscenità. I bambini imparano presto a


capire il mondo, ad accettare il prossimo.
Poi purtroppo crescono ascoltando i senatori alla Cossiga che vogliono menare
i dissidenti. Od i presidenti alla Berlusconi che ragionano come donna
Prassede: poche idee e sempre quelle, ma soprattutto scambiano per cielo il
proprio cervello. O quei signori leghisti da legare che voglio ridurre la scuola
italiana a giardino del proprio condominio, niente insegnanti meridionali al
nord, ognuno soltanto con maestri di casa propria.

I bambini sono intelligenti ed onesti. Noi adulti vogliamo essere più intelligenti
di loro, e facciamo i furbi rimettendoci in onestà.

Presidente Cossiga, senza stipendio ad una mamma maestra od operaia che


sia, le merendine per il figliolo non si comprano.
Per declamare simili amenità bastano ed avanzano i giardinetti, mica occorre
scendere pomposamente nell'aula del Senato.

[30.10.2008, Anno III, post n. 331 (708)]

29/10/2008
Cossighismi

Due episodi ispirati dall'irruenza di Francesco Cossiga, che ovviamente non ne


è responsabile.

L'attacco verbale di un ministro ad un direttore di giornale, chiamato


affettuosamente "Concitina" per disprezzarla prima come donna e poi come
scrittrice.

E l'attacco reale agli studenti. Insomma attacco... Lo dice soltanto


"Repubblica"... Sono scontri per "La Stampa". Una rissa per il "Corriere".
Insomma qualcosa è successo. Ma cosa?

Caso strano, qualche giorno fa Cossiga aveva detto:

"Bisogna infiltrare gli studenti con agenti provocatori pronti a tutto, [...]
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 11
picchiarli e picchiare a sangue anche quei docenti che li fomentano".

[29.10.2008, Anno III, post n. 330 (707)]

28/10/2008
Fiasco del Fisco
Una vecchia regola democratica diceva: tutti i cittadini hanno diritto agli stessi
servizi, pagandoli però in base al proprio reddito con le imposte su di esso.
Adesso vogliono introdurre differenze direttamente sui servizi, come
Francesco Giavazzi nel "Corriere della Sera" di oggi: per i ricchi più tasse
universitarie.

E' giusto? Altra domanda: ma come si fa a stabilire se uno è ricco? La risposta


la ritroviamo sullo stesso quotidiano, in due pagine di un focus intitolate
"Fisco, una fuga da 100 milioni" (di Mario Sensini). E nell'articolo "Una
battaglia persa, tra condoni e manette" (di Sergio Rizzo). Il sottotitolo di
questo secondo servizio recita: "L'infedeltà fiscale spesso finisce in
prescrizione. Negli Usa 11.691 arresti in sette anni".

Da noi il cavalier Berlusconi ha ripetutamente elogiato l'evasione fiscale. Ha


definito l'Italia, quand'era all'opposizione, "uno Stato di polizia tributaria".

Vincenzo Visco gli rispose con parole sempre attuali: "Berlusconi mente
sapendo di mentire. Da presidente del consiglio faceva l'apologia degli
evasori. Da capo dell'opposizione lancia un'abile campagna di propaganda per
far apparire straordinaria l'introduzione in Italia di procedure e norme fiscali
molto più garantiste di quelle che esistono normalmente, senza scandalo
alcuno, in Francia, in Germania, in Usa, cioè in paesi civilissimi dove l'evasore
fiscale viene considerato uno che danneggia la collettività e non un simpatico
e abile furbone. La verità è che non vuole la libertà di impresa nelle regole, ma
la libertà di infrangere le regole".

[28.10.2008, Anno III, post n. 329 (706)]

27/10/2008
Aeronautica militare
1988. Cade un altro F104

La mattina del 5 settembre un F104 di stanza a Miramare di Rimini precipita a


poche centinaia di metri dalle case della Grotta Rossa, a ridosso del greto del
torrente Ausa. Il pilota, capitano Dario Aloisi (28 anni, Pescara), si salva con il
paracadute. Gli F104 sono tristemente noti nell’ambiente aeronautico come
"fabbrica vedove". Dei ventidue piloti operanti a Rimini nel 1970, ben quindici
sono morti in disgrazie accadute finora in varie parti d’Italia, mentre erano al
comando di questo tipo di aereo. Il 18 marzo 1986 ne era caduto uno a
Misano, uccidendo tre persone. Dal 1969 al 1988, gli incidenti di volo nella
basi militari romagnole sono stati nove, con otto piloti deceduti.

Dal 1964 al ’77, in tutt’Italia sono andati distrutti in incidenti 59 aerei F104
nella versione"G", con 32 piloti morti. Della successiva versione "S", tra ’70 e
’77 se ne sono persi 26 esemplari, sempre a causa di incidenti, con 14 aviatori
deceduti. Nel periodo 1978-82, altri 20 esemplari perduti, con 11 morti. Dal
1983, la media è di due aerei persi ed un pilota morto all’anno.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 12

Fonte: digilander.libero.it/monari
www.webalice.it/antoniomontanari1

1989. Cadono altri due F104

L’anno si chiude con una nuova disgrazia aerea: a Faggeta di Pianacquadio sul
monte Carpegna, il 27 dicembre, cadono due F104 di base a Miramare, pilotati
da Claudio Lodovisi (28 anni) e Michele Burlamacchi (23). È il terzo incidente
del 1989 in cui in Italia sono stati coinvolti gli F104, con un totale di quattro
vittime. Dopo la disgrazia di Carpegna, a Miramare "volano le polemiche".
Sotto accusa sono gli F104. L’on. Stelio De Carolis, sottosegretario alla Difesa,
sostiene che tali aerei non sono pericolosi: "Le statistiche dicono che si
verificano avarie molto raramente". Un pilota di F104, intervistato dalla
Stampa, dichiara: gli errori che sugli altri aerei sono recuperabili, diventano
problematici con questo tipo di macchina.

Nel 1990, si registrerà un’altra disgrazia tra i militari del V Stormo di


Miramare: il col. Gianni Marrone (46 anni) muore nel tentativo di dirigere il suo
aereo impazzito in una zona disabitata, nei pressi di San Benedetto del Tronto.

Fonte: www.webalice.it/antoniomontanari1
digilander.libero.it/monari

[27.10.2008, Anno III, post n. 328 (705)]

Senza parole
Ricordate le vignette con la didascalia "Senza parole"? Bene, l'ho messa
mentalmente sotto la foto della ministra Maristella Gelmini pubblicata dal
"Corriere della Sera" di oggi a corredo dell'intervista che le è stata fatta, e che
è riassunta da un titolo che appunto lascia senza parole: "Il mio modello è
Obama".
Il testo è ancora più sconvolgente: Obama copia la Gelmini ("Sta proponendo
per la scuola americana provvedimenti simili ai nostri...").

La ministra ha dimestichezza soltanto con i luoghi comuni appresi alla scuola


del partito ed alla tavola del suo principale. Non sa ovviamente nulla di
pedagogia. Le suggeriamo di leggere l'intervista con Francesco De
Bartolomeis sull'ultimo "Tuttolibri". Dove lo studioso novantenne ricorda che la
pedagogia "deve lavorare sui ponti che congiungono alla produzione, l'arte, la
scienza, la vita".

La ministra cerca di conquistare consensi con frasi che non hanno fondamento
storico, e sulle quali di potrebbero scrivere trattati per dimostrarne la
inconsistenza.
Come quella che attribuisce ai sindacati la colpa degli stipendi da fame e della
proletarizzazione dei docenti.
Per risollevare le sorti economiche della misera classe insegnante, ci sono due
episodi da citare nella storia dell'Italia postbellica. Più di mezzo secolo fa,
Amintore Fanfani motu proprio alzò gli stipendi. Trent'anni fa, i sindacati
unitariamente ottennero lo stesso risultato con uno sciopero generale di tutte
le categorie dei lavoratori. I quali compresero l'importanza del ruolo svolto
dalla scuola nella società. Fu l'ultima volta.
E la ministra è frutto della cultura aristocratica di chi ha fatto i soldi e se ne
sbatte altamente di tutti gli altri cittadini. Perché tutto si compra. Occhio,
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 13
ragazzi, a non vendervi a questi signori. (O ad altri che possono apparire sul
mercato della politica.)

A proposito di "comprare": "Berlusconi prima ha cercato di comprarmi


offrendomi di fare il ministro.... Ma siccome è andato a vuoto, dice che sono
un malvagio. La verità è che non sopporta le persone libere". Firmato Antonio
Di Pietro.

[27.10.2008, Anno III, post n. 327 (704)]

26/10/2008
Parole parole parole

Il penalista on. Roberto Cota ha dichiarato in tivù che la scuola non deve
essere uno stipendificio.
Ha ripetuto parola e concetto già usati dall'on. ministra Gelmini all'inizio di
settembre.
Tradotti in pillole, significa che la scuola serve soltanto agli insegnanti per
percepire lo stipendio.

Invidio le persone che con la loro acutezza riescono a giungere a siffatte


affermazioni.

Il presidente emerito Francesco Cossiga ha invece detto in un'intervista che la


scuola può servire allo Stato. Ecco come: "Bisogna infiltrare gli studenti con
agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i
manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine, mettano a ferro e
fuoco le città [...] Dopodiché, forti del consenso popolare, [...] le forze
dell’ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non
arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma
picchiarli e picchiare a sangue anche quei docenti che li fomentano".

Il 2 dicembre 2006 il centrodestra era sceso in piazza San Giovanni a Roma


"per mandare a casa Prodi". Parole di Silvio Berlusconi.
C'è tanta gente. Cito da "Repubblica, articolo di Clotilde Veltri.
Per Antonio Tajani, è "più di un milione" di persone. Per Bondi sono "due
milioni". Infine per Berlusconi, "oltre due milioni". La piazza del cavaliere era
più piccola del Circo Massimo di Veltroni di ieri.
(Ancora oggi qui, www.scendoinpiazza.it, si legge di 2 milioni e 200 mila
persone presenti a San Giovanni: vedi immagine sopra...)

[26.10.2008, Anno III, post n. 326 (703)]

25/10/2008
Risveglio

Walter Veltroni si è risvegliato. Scrivo quasi in diretta, ha finito di parlare


adesso. Ha fatto retromarcia. Ha attaccato Berlusconi. La cultura della destra.
La politica di questo governo. Era quello che aspettavamo da lui sin dall'inizio.

La misura era colma. Non poteva più restare sulle posizioni del debutto. Pena
la sua fine politica.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 14
Adesso, deve essere l'apparato del suo partito a capire che i dissensi espressi
sinora erano legittime opinioni, non critiche invereconde da legare al dito.
Adesso, i parlamentari del Pd di ogni luogo e regione, debbono comprendere
che vanno affrontati i problemi reali.

Ho già raccontato qui che nello scorso aprile, ad una settimana del voto,
l'argomento proposto dal Pd del mio borgo selvaggio all'attenzione pubblica
era stato "Le parole da non scordare" in una convention sul dialetto...

Adesso anche questi signori debbono svegliarsi, comprendere la gravità della


situazione italiana. Non c'è tempo da perdere, non ci sono giochetti da furbetti
della parrocchietta che possano resistere alle urgenze dello stato di cose in cui
l'Italia si trova, anche in relazione alla recessione che Berlusconi non vuole
ammettere.

[25.10.2008, Anno III, post n. 325 (702)]

Senza tetto
Marco Falcucci, 54 anni, clochard pratese rifugiato 'politico' a Bologna (la
credeva una città tollerante), e multato per 742 euro, sarà festeggiato domani
in piazza San Francesco, con una castagnata di solidarietà voluta dai residenti
della zona.

Il verbale dei Vigili Urbani era per sosta vietata con due biciclette e la sua casa
di cartone con annessi un carrello della spesa e sacchetti di plastica pieni di
attrezzi per sopravvivere.

Il governo Berlusconi gli aveva offerto un intervento simile a quello per le


banche negli Usa, ma lui ha rifiutato. Ingrato.

[25.10.2008, Anno III, post n. 324 (701)]

24/10/2008
Facinoroso, è lui
E' utile scoprire l'influenza negativa esercitata dai "giornali" sui ristretti
manipoli di "facinorosi" che agitano lo spettro di una contestazione politica,
nascondendosi dietro il rifiuto del grembiulino e del sette in condotta voluti
dalla ministra Mariastella Gelmini.

La scoperta è merito dello stesso capo del governo Silvio Berlusconi. Che ha in
mente uno schema politico così congegnato: i giornali attaccano lui e sobillano
i centri sociali i quali partoriscono i facinorosi.

Giustamente, con alto senso democratico il presidente del Consiglio non vuole
usare la forza pubblica per piegare i facinorosi: "Ho in mente qualche sistema
molto spiritoso, ma per ora non lo dico".
Forse pensa a quel motto del '68 "Una risata vi seppellirà". Ecco chi è il vero
"facinoroso", è lui, Silvio Berlusconi.
Che prendendosela con i "giornali" confessa e conferma come tutte le tivù
siano in ginocchio davanti a lui. Questa è la sua idea di libertà, da vero
"facinoroso".

Post scriptum. "Lui" aveva detto in agosto che non ci sarebbe stata
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 15
"recessione". I fatti gli hanno dato torto, ma lui crede di aver egualmente
ragione, ho scritto qui il 23 settembre. Oggi 24 ottobre l'Ocse lancia l'allarme:
la recessione sarà "più ampia a prolungata". Aspettiamo una smentita del
cavaliere. Anche all'Ocse, dirà, ci sono facinoroso istigati dai centri sociali
ammaestrati dai giornali. Oppure sfodererà finalmente il promesso "sistema
spiritoso". Non nel senso di alcolico.

[24.10.2008, Anno III, post n. 323 (700)]

Scritto il 24/10/2008 alle 17:49 nella Politica | Permalink | Commenti (0)


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23/10/2008
Francesco Sberlati, storico della letteratura

Galileo Francesco Sberlati, nato a Rimini 42 anni fa, è uno studioso di


Letteratura italiana. Insegna all'ateneo di Bologna, ha avuto numerose
esperienze didattiche negli Usa, nel solco di una tradizione di scambi culturali
avviati mezzo secolo fa da Ezio Raimondi.

Il testo prosegue in questa pagina speciale.

Scritto il 23/10/2008 alle 19:04 nella Letteratura | Permalink | Commenti (0)


Muta d'accento
Palinporno Ricordate la celebre romanza del "Rigoletto"? "La donna è mobile /
Qual piuma al vento, / Muta d'accento — e di pensiero"...
Orbene oggi, la riverita ministra alla (d)istruzione, Mariastella Gelmini, ha
mutato d'accento una parola semplice e nota: "egida". Al Senato l'ha
pronunciata "egìda".

Invece il capo del governo ha mutato pensiero (per inveterata abitudine).


Ieri aveva detto: "Non permetterò occupazioni delle scuole e delle università",
perché questa è una "violenza"...
Oggi smentisce: "Non ho mai detto né pensato che servisse mandare la polizia
nelle scuole. I titoli dei giornali che ho potuto scorrere sono lontani dalla
realtà".

Chiederemo i danni ai titolisti dei giornali. Prima dei poliziotti, con la stessa
intenzione di fare piazza pulita, nelle università sono già da tempo arrivati gli
sponsor privati. Non è necessario attendere una riforma per vederne
l'ingresso.

Post scriptum. Il sen. Ignazio Marino in una lettera a "Repubblica" (14 ottobre),
ha scritto: "In Italia non si trova nessuno sbocco professionale se non si è
raccomandati o se non si ha il cognome giusto".
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 19

[23.10.2008, Anno III, post n. 322 (699)]

Scritto il 23/10/2008 alle 17:56 nella Politica | Permalink | Commenti (1)


21/10/2008
Wikio. Ridiamoci su
Statisottobrewikio Ho scoperto le ragioni della mia classifica in Wikio. Sono
arrivato al secondo posto il primo maggio 2008 grazie a "due citazioni due"
ricevute rispettivamente il 14 ed il 31 marzo. La seconda citazione vale
doppio, chissà perché, per cui alla fine le citazioni inviatemi da Wikio per mail
sono appunto tre.

Tutto qui.
14 marzo. In "cattivamaestra" dei blog della Stampa è linkato un mio post.
31 marzo. Fuori dei blog della Stampa, in quello privato di Vittorio Pasteris, è
citato il mio testo del 28 marzo sera sulla convention novarese: "Non si sente
nulla". Tutto qui.

Ed allora? Questa sarebbe la famosa "autorevolezza"?


Wikio non sa ad esempio che un mio post è stato citato in giugno dal "Corriere
del Mezzogiorno"....
Per favore, caro Wikio, se la mia "autorevolezza" deve dipendere dalla frase
"Non si sente nulla" ripetuta due volte (pari al 66,666...% delle mie citazioni),
facciamo finta di non esserci incontrati mai. Si scrivono migliaia di pagine
serie e si passa alla storia per quella battuta "Non si sente nulla"...

[21.10.2008, Anno III, post n. 321 (698)]

Scritto il 21/10/2008 alle 17:06 nella Internet e media | Permalink | Commenti


(2)
20/10/2008
Ultimo km
Veltroni Walter Veltroni è afflitto dalla sindrome dell'ultimo km che colpisce i
ciclisti in vista del traguardo. Sgomita, era un uomo solo al comando, il gruppo
lo ha raggiunto, cerca di farsi largo per arrivare primo.
Ha "oscurato" Prodi, scacciato la sinistra di Bertinotti e quant'altri. Gli era
rimasto al fianco il solo Di Pietro: adesso una spinta anche a lui per mandarlo
fuori strada. E poi a chi toccherà? Si farà lo sgambetto da solo. Anzi se lo è già
fatto.

Ieri sera da Fabio Fazio Veltroni era rilassato e sorridente. Maschera bene
oppure non si accorge che le cose si mettono male per la sua "maglia rosa" (in
senso politico oltre che in metafora ciclistica).

Negli Usa un avversario di Obama gli è andato incontro, e non si tratta


dell'ultimo arrivato.
Powellobama Colin Powell è l'uomo che ricorda il 2 febbraio 2003 come il
giorno più umiliante della sua vita (mostrò le prove false per avviare la guerra
all'Iraq).
E' l'uomo che passando da Bush ad Osama ha dimostrato come le scelte
individuali debbano dipendere soprattutto da interessi superiori: "In questo
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 20
momento della storia abbiamo bisogno di un cambio generazionale".

Anche l'Italia ha bisogno di un cambio generazionale. Ha bisogno pure che si


dica che nel lodo Alfano c'è un articolo già dichiarato incostituzionale dalla
Consulta. Non si può chiudere il discorso, considerando che il lodo Alfano sia
una fissa di Antonio Di Pietro. E' da questo punto che occorre ripartire. Anche
noi abbiamo bisogno di un "cambio". Non basta ripetere la formula del
"pensiero unico". Occorre avere i voti. Sinora Veltroni è riuscito soltanto a
perderli, chiudendo l'esperienza prodiana dopo due anni.

[20.10.2008, Anno III, post n. 320 (697)]

Scritto il 20/10/2008 alle 17:31 nella Politica | Permalink | Commenti (0)


19/10/2008
Nostalgia
Fabiofazio Per favore, Fabio Fazio, nessuna nostalgia delle case del popolo del
dopoguerra, come lei ha dimostrato invece di nutrire, ieri sera colloquiando
con Gianni Morandi, e soprattutto nessuna nostalgia dei ritratti di Lenin e
Stalin che sono stati ricordati appesi a quelle pareti, come se si trattasse di
belle immagini consolatorie per la memoria del passato nella tristezza del
presente.

La nostalgia frega sempre. Basti ricordare che con il termine nostalgici sono
sempre stati chiamati quelli che suggerivano o sentenziavano: "Si stava
meglio quando si stava peggio".
Che un giovane intellettuale come lei, caro Fazio, faccia quella faccia parlando
di quei ritratti di Lenin e Stalin (per non parlar di Togliatti...), è una scena
involontariamente comica per un discorso serio.

Lasci perdere quel tono di rimpianto adatto alle canzonette di Gianni Morandi
di mezzo secolo fa, e si legga il libro di Mirella Serri su "I profeti disarmati".
Ovvero quegli intellettuali che non furono né comunisti né democristiani,
nell'epoca difficile del dopoguerra, quando ci fu "una lotta fratricida feroce e
cruenta" come la stessa Serri ha detto al "Corriere della Sera" del 16 ottobre
scorso.

Oggi li chiamerebbero terzisti, con una punta di disprezzo, dimenticando che


l'operazione di predominio comunista si è lentamente camuffato nella parodia
del compromesso storico che prende il nome di Pd. Un partito che non sa che
pesci pigliare perché ignora che la laicità da "profeti disarmati" è necessaria
come l'aria, per la politica.
Nel Pd si assommano due chiese, quella delle Botteghe oscure e quella di
piazza San Pietro, tanto che il manifesto per la manifestazione di sabato
prossimo offre appunto l'immagine di una folla che ascolta il papa... Più che un
errore, una beffa ben congegnata?

[19.10.2008, Anno III, post n. 319 (696)]

Scritto il 19/10/2008 alle 16:19 nella Giornalismo | Permalink | Commenti (0)


Marzabotto
Carlolucarelli Se la storia non si ferma a Marzabotto durante la guerra, ma
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 21
coinvolge la politica della Repubblica democratica nata dalla Resistenza...
Martedì sera va in scena al teatro Duse di Bologna un testo di Carlo Lucarelli
che, partendo dalla strage di Marzabotto, ricostruisce la vicenda post bellica
del cosiddetto "armadio della vergogna".

Rimasto chiuso per mezzo secolo (1944-1994), esso custodiva alla Procura
generale militare di Roma, documenti sull'eccidio, 770 vittime, in gran parte
donne bambini preti.
Spiega Lucarelli: "I fascicoli rimasero nell'armadio e non permisero di istruire i
processi contro i militari perché, in tempi di guerra fredda, era subentrata la
ragion di Stato che impediva di mettere in imbarazzo il nuovo alleato
germanico funzionale alla comune lotta contro i Paesi comunisti del patto di
Varsavia".

Altra vicenda politica del dopoguerra. Giovanni Sedita su "Nuova storia


contemporanea" ricostruisce i processi a Nicola Pende e Sabato Visco, docenti
epurati perché firmatari del "Manifesto della razza" del 1938.
Come spiega Dino Messina "nessuno pagò", ed alla fine "la politica razziale del
regime risultò senza razzisti".

Morale della favola. Chi muore giace e chi vive si dà pace, dice un vecchio
adagio sempre attuale. La Storia sembra essere fatta apposta per
confermarlo.

Fonti: le parole di Lucarelli sono riprese da un servizio di Anna Tonelli su


"Repubblica di Bologna" di oggi. L'articolo di Dino Messina è apparso sul
"Corriere della sera" di oggi.

[19.10.2008, Anno III, post n. 318 (695)]

Scritto il 19/10/2008 alle 16:14 nella Politica | Permalink | Commenti (1)


18/10/2008
Comicità e no
Crozzala7 "Non è colpa mia se Berlusconi mi ha citato nel discorso di
insediamento. Segno che un comico può diventare presidente del Consiglio. E
viceversa". Le parole di Maurizio Crozza rimandano all'eterno dilemma
esistenziale: come fare a distinguere la comicità?
Come separare il Nerone di Ettore Petrolini dalla sua fonte storica? Questa
volta il ricordo del passato è superato dall'immediatezza del presente. Siamo
noi a confonderci, chiedendoci se la macchietta sia il comico o viceversa.

Paolo Guzzanti ha rivelato che "qualcuno molto in alto aveva deciso in Forza
Italia" di massacrarlo e dargli il "colpo di grazia".
Gli ho mandato un messaggio, a cui ha pubblicamente risposto.
Gli ho spiegato una questioncella privata: avevo parlato di lui in un post ("Mal
di stomaco"). Il post era stato segnalato in home, poi il giorno dopo tolto
dall'elenco.
Mi ha risposto Guzzanti: "Provo sempre più nausea".Guzzantistampa

E' un po' come la storia comica di Crozza: il politico imita il comico. Qui, con
Guzzanti, il governativo dice quello che dovrebbe dire un oppositore.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 22
Morale della favola. La comicità è in se stessa essenzialmente tragica. Di che
cosa si potrebbe ridere spensieratamente?

[18.10.2008, Anno III, post n. 317 (694)]

Scritto il 18/10/2008 alle 17:19 nella Politica | Permalink | Commenti (2)


17/10/2008
Giovane Pascoli, convegno

Fanciullina

Domenica prossima, 19 ottobre, dalle 10 in avanti, alla Sala Gramsci di San


Mauro Pascoli (FC) si parla del "Giovane Pascoli".

Sul tema rimandiamo a questa nostra pagina speciale relativa al "Pascoli


riminese".

[17.10.2008, Anno III, post n. 316 (693)]

Scritto il 17/10/2008 alle 17:19 nella Letteratura | Permalink | Commenti (1)


Grazie ad Estelle
20081014phptpst Grazie ad Estelle per le due risposte.
Pur non essendo coraggioso, ma soltanto curioso (scusate, ma che c'entra il
coraggio con le discussioni scientifiche?), ho letto il blog del prof. francese
Jean Veronis.

In una pagina molto interessante, ho ricopiato due frasi:


1. "...le Web est un univers compliqué".
2. "Le nombre de rétroliens que chaque blog reçoit (les backlinks, comme on
dit en bon franglais). C’est ce qu’on appelle l’ «influence», à tort ou à raison,
mais le mot est consacré".

Faccio due considerazioni personali.


1. Circa l'universo complicato, l'affermazione di Jean Veronis mi richiama alla
mente l'atteggiamento dei dotti antichi che parlavano in latino per non farsi
capire da tutti. Dirci che è complicato significa nascondersi dietro la volontà di
non spiegare le cose. E' una tipica posizione dogmatica derivante dal potere
che si esercita. La cosa fa vagamente sorridere.

2. Backlinks. Da che cosa dipendono? Dalla diffusione di un blog. Allora, se un


blog è poco conosciuto diminuirà pure il numero dei backlinks. Per farlo
conoscere, occorrono i lettori, i lettori (parlo del nostro sistema) aumentano in
occasione delle citazioni in home page.

Infine un'osservazione molto elementare: io sono soltanto un lettore della


"Stampa" il cui blog è "ospite". Comazzi, Masera, Gramellini, Spinelli sono
firme della "Stampa". Mi fa ridere che io all'ottavo posto sia più citato di loro...
che sono fra 11° e 14° posto...
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 23
Come vedete, cari amici, non ne faccio una questione personale di rivalità con
altri blogger, ma semplicemente (se posso azzardare una parola grossa) di
discussione scientifica di un sistema che come tutti i sistemi ha i suoi pregi ed
i suoi difetti.

Ma se possiamo parlare anche di questi ultimi, non citatemi l'analisi semantica


che non c'entra nulla. Che il prof. Jean Veronis sia docente di semantica, non
significa che l'esame fatto da Wikio sia un fatto appunto di semantica: è
soltanto il calcolo matematico dei backlinks, da cui deriva giustamente la
conclusione che ho citato: "C’est ce qu’on appelle l'«influence», à tort ou à
raison...".

Il termine è scientificamente esatto: ma l'«influence» nasce dal numero dei


contatti, ed i contatti dipendono dalle segnalazioni in home page... come
avevo scritto. E se mi tolgono dall'elenco dopo 24 ore, Wikio non c'entra, ma
le cause sono appunto altre, come dice lo stesso Jean Veronis. Si vuole che
non si sia influenti... Sai che rovina può provocare un blog in un sistema
informativo così ampio e complesso in cui quel blog annega nell'indifferenza.
Alla fin fine siamo quattro gatti, noi blogger, mica giganti dell'editoria.

[17.10.2008, Anno III, post n. 315 (692)]

Scritto il 17/10/2008 alle 12:20 nella Internet e media | Permalink | Commenti


(4)
16/10/2008
7-4=1
Emiliofederete4 I numeri della politica: 7-4=1. Ovvero Europa 7 doveva
trasmettere sulle frequenze occupate da Rete 4, utilizzerà canali presi da
Rai1. Per la serie: la matematica dei politici è una strana opinione.

Credo ogni giorno di più che abbia ragione Curzio Maltese: in Italia "la
Costituzione è già morta e quasi nessuno se n'è accorto".
Forse un giorno avrà ragione Eugenio Scalfari che a Daria Bignardi ha
sussurrato di avvertire in Italia una "gran puzza" di fascismo.

Si sta votando per la Corte costituzionale un candidato governativo che è


stato "avvocato di Berlusconi e creativo autore di leggi ad personam
favorevoli al suo eccellentissimo assistito" (G. D'Avanzo, "Repubblica").
Nella prospettiva della discussione del "lodo Alfano" alla stessa Corte, soltanto
se si ammette che "la Costituzione è già morta" si può accettare secondo
logica di proporre la candidatura Pecorella.

Il quale ha accusato Veltroni di esprimere opinioni contrarie che sono come


"una foglia di fico". Ma non abbiamo ben capito a chi appartengano le
vergogne coperte da quella "foglia di fico".

Post scriptum. Oggi il papa ha definito "facili" i guadagni degli scienziati. Forse
non si riferiva ai ricercatori italiani, o forse ha ricevuto notizie inesatte da
Brunetta.

[16.10.2008, Anno III, post n. 314 (691)]


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 24

Avvisto_stampa_ago2008

Scritto il 16/10/2008 alle 16:40 nella Politica | Permalink | Commenti (1)


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15/10/2008
Winkio rinco...
Occhiostampa Ma chi mette a posto le graduatorie di Wikio?
Non dovrebbe essere tutto un sistema automatico?
Invece, guardate qua (mi sento tanto Gabibbo...): al numero 11 c'è scritto:
"Web Notes-Anna Masera" ed al n. 12 ancora "Web Notes-Anna Masera".

Il n. 11 si apre su "Cose di Tele" di Alessandra Comazzi.


Al n. 12 corrisponde esattamente "Web Notes-Anna Masera".
Wikioerrori
Infine, per il n. 13 "Analisi-Barbara Spinelli" il link si apre in home page della
"Stampa" anziché nella rubrica "Analisi" della illustre giornalista. Che
nell'aprile 2004 proposi come candidata al Quirinale.

Andando nella pagina delle "opinioni" si scopre il link esatto di "Analisi".

Ma Wikio queste cose dovrebbe saperle da solo!!! Oppure è rinco...


Sul funzionamento di Wikio, vedere anche il post di ieri "Diamo i numeri".

[15.10.2008, Anno III, post n. 313 (690)]

Scritto il 15/10/2008 alle 17:49 nella Internet e media | Permalink | Commenti


(2)
14/10/2008
Diamo i numeri
20081014phptpst Ho riservato scientemente ad un post successivo a quello di
ieri (come ho scritto in privato ad Amanda circa il suo commento di ieri), il
discorso sulle statistiche e su Wikio.

Ieri non volevo affiancare ad un discorso "alto", con la citazione da Edoardo


Agnelli, quello "basso" di puri calcoli egoistici.

1. La classifica di ottobre su settembre in Wikio non è apparsa il primo del


mese, ma dopo dieci giorni.

2. Il mio blog, finalmente, è sceso come speravo per non adombrare la


concorrenza: dal sesto all'ottavo posto.

3. Nel periodo agosto-settembre però sono aumentati i miei visitatori:


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 28
+48,6%, da 4.833 a 7.184.
Sono raddoppiati i nuovi visitatori da 4.156 (l'86% di tutti i visitatori) a 6.268
(87%).
Sono aumentate del 45% le pagine viste: da 6.720 a 9.857.
Morale della favola: raddoppiando tutti i parametri, perdo due postazioni.

Avevo ragione tempo fa a scrivere che "il silenzio premia". E che anche i freddi
algoritmi di Wikio sono più furbi che intelligenti. Così come la promessa
"analisi semantica" altro non è se non uno specchietto per le allodole.

Una postilla "interna". Il raddoppio delle cifre riportate è legato ovviamente


alle segnalazioni ricevute in home (qui l'elenco), due ad agosto e cinque a
settembre. Il mio record è stato di cinque a maggio, luglio e settembre. Quello
negativo ad aprile, con una segnalazione soltanto.
Questo per dire che ha ragione Amanda nel suo commento, per cui la ringrazio
pubblicamente.

[14.10.2008, Anno III, post n. 312 (689)]

Avvisto_stampa_ago2008

Scritto il 14/10/2008 alle 16:41 nella Internet e media | Permalink | Commenti


(1)
13/10/2008
"Mai servito nessuno"
Edoardoagnellirepubblica La collega blogger Amanda ha scritto un commento.
Le ho promesso per mail una risposta pubblica.
La condenso nel ricordo di un articolo apparso sulla "Stampa" del 16
novembre 2000, per la tragica scomparsa di Edoardo Agnelli. Lo firmò
Pierangelo Sapegno.

Ecco la parte che mi sembra utile non per chiudere il discorso, ma anzi per
aprirlo, andando aldilà dei casi personali e delle esperienze singole: "A Malindi,
nella mischia dei giornalisti, il collega che apprezzava di piu' era Vittorio
Ragone dell'Unita', perche' gli sembrava il meno servizievole. Quello che
apprezzava di meno era il cronista de La Stampa. Lo evitava addirittura,
dicendo: "Io non ho mai servito nessuno. E tu?". Il cronista rispose: "Cerchero'
di imparare". Da allora Edoardo Agnelli si distese, e prese a trattare
amichevolmente quel cronista".

Schiena dritta, insegnò dunque quel "giovane Agnelli" ad un cronista. Non


aggiungo altro. La morale della favola è chiara. Ad un vecchio lettore, blogger
per passatempo senile, non interessano citazioni in home page per
decorazione sul bavero della giacca. Ci sono però atti che ricadono non
soltanto sulla mia persona, ma sulla società in cui viviamo.
Edoardo Agnelli ci ripropone quella sua frase: "Io non ho mai servito nessuno.
E tu?". Adesso, chiudete pure d'imperio il blog, se quella frase non piace.

[13.10.2008, Anno III, post n. 311 (688)]

Scritto il 13/10/2008 alle 17:22 nella Giornalismo | Permalink | Commenti (1)


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 29
11/10/2008
Famolo strano
Famolo Famolo strano sto blog...

Le statistiche sono utili. Il blocco di segnalazione dei blog in home page della
"Stampa" ha funzionato fra maggio e settembre come minimo per 44 volte (6
a maggio, 9 a giugno, 10 a luglio e settembre, 9 in agosto).

Mai un blocco di segnalazione è durato 24 ore, come quello del 9 settembre.


Mai un blocco di segnalazione è stato riproposto quasi uguale, cioè con tre
rimozioni soltanto e cinque riconferme.

Però è successo un altro fatto che mi riguarda, il primo luglio: non ho la


relativa documentazione fotografica ma un commento postato da Osman: "Io
stamattina 1 luglio ore 11 vi ho visto in HP (Gobettiano e Antonio). Vi ho
cliccato e quando sono tornato di nuovo in HP (10 minuti) eravate spariti. Lo
giuro". Forse il post era quello dedicato al "professorino" Veltroni?

Soltanto una precisazione: il link fisso nella pagina politica mi è stato


assegnato dalla redazione Internet nel marzo 2007. Da quel momento ho
creduto di intendere che dovessi occuparmi prevalentemente di quel tema. Se
mi sono sbagliato, fatemelo sapere.

Altrimenti sono costretto a farlo "strano" sto blog. Dalla pagina internet della
politica, parlerò di coleotteri e resti fossili.

[11.10.2008, Anno III, post n. 310 (687)]

Avvisto_stampa_ago2008

Scritto il 11/10/2008 alle 17:38 nella Internet e media | Permalink | Commenti


(3)
10/10/2008
Segnalati di ieri e di oggi

200810confronto910

In rosso indico i post rimossi oggi dalla lista di ieri (a sinistra), ed in verde i
testi o gli autori rimasti in elenco.

Grazie per la segnalazione di ieri.

Scritto il 10/10/2008 alle 17:10 nella Internet e media | Permalink | Commenti


(0)
Solito trucco
Tremontiinsenato Nessuno ne sapeva niente di quell'emendamento che
doveva salvare Geronzi, Tanzi e Cragnotti? E' passato al Senato il 2 ottobre.
Scappa fuori la Gabanelli che preannuncia la sua trasmissione prevista per
domenica 12, e scoppia il caso.

Tremonti s'arrabbia (nella foto), in Senato: via l'emendamento o via il ministro


dell'Economia. Il capo del governo non ne sapeva nulla. Minimizza: trattasi
soltanto di un "disguido". Di Alfano ("Grazie e Giustizia") non conosciamo il
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 30
parere. L'opposizione non s'è accorta di niente. La felicità, come nei casi dei
cornuti, nasce dal non conoscere le cose.

Quell'emendamento inserito a sorpresa nel decreto Alitalia, è il solito, vecchio


trucco da prima Repubblica, a dimostrazione che essa è ancora viva e lotta
contro di noi.

[10.10.2008, Anno III, post n. 309 (686)]

Scritto il 10/10/2008 alle 12:04 nella Politica | Permalink | Commenti (2)


09/10/2008
Una domanda
Brunettaetmoda Una sola domanda unisce le due foto.
La signorina che sfila per la biancheria intima ed il ministro Brunetta, che cosa
si sono messi in testa?

Per la fanciulla la risposta è chiara.


Trattasi di un diversivo, oltretutto illogico: perché con tanta bellezza esposta,
uno dovrebbe guardare il cappello?

Per il ministro, occorre un'addizione alla foto nuda e cruda.


Brunetta ha detto che gli insegnanti italiani guadagno troppo.
Aveva già dichiarato che essi "non formano, non preparano, non producono",
e quindi non meritano altri soldi.
Siamo dunque alla fissazione maniacale?

Mentre la signorina si è esposta per il breve flash di una sfilata, Brunetta resta
sulla ministerial poltrona ed insiste contro gli insegnanti con un fervore che
sembra sublimare più secreti ardori. O celare antichi rancori.

Bacio

[09.10.2008, Anno III, post n. 308 (685)]

Fonte foto Brunetta, Panorama

Scritto il 09/10/2008 alle 17:37 nella Politica | Permalink | Commenti (0)


Mal di stomaco
Veltroni250908 Lo scorso 11 settembre ("Libro e confetto") riportavo lo slogan
di Tremonti "Un voto, un libro e un maestro", aggiungendo che non ci
piacerebbe che dietro "un solo libro" ci fosse "il pensiero unico".

Il 28 settembre citavo l'intervista di Veltroni al "Corrierone": l'Italia rischia il


"modello Putin". Pure da noi comincia ad esserci un "pensiero unico".
Il 6 ottobre Veltroni ha rincarato la dose: in Italia "il sistema della
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 31
comunicazione è piegato al pensiero unico".

Ieri il senatore Paolo Guzzanti (Pdl), a cui di recente è stata tolta la scorta, ha
dichiarato che il Berlusconi difensore di Putin sulla Georgia, lo fa "vomitare".
Dunque pure lui si sta lentamente accorgendo del trionfo del "pensiero unico"
nella politica?

Guzzantistampa Questi signori, sia del governo sia dell'opposizione, debbono


avere i riflessi meno lenti.
Intanto su Guzzanti piovono le solite accuse da "pensiero unico": ha distorto la
realtà, non si parla così al capo del governo...

Stamani a Radio3 il ministro Alfano ha portato un altro autorevole contributo


alla pratica del "pensiero unico": la gente ha votato Berlusconi, i sondaggi
sono con noi, lui deve governare ed incontrare il papa, mica andare in
tribunale, quindi il "lodo Alfano" non va criticato ma accettato...

Senatore Guzzanti, oltre a Putin si dedichi al "lodo Alfano": e veda se pure


esso la fa "vomitare" come a molti altri italiani.

Tremonti

[09.10.2008, Anno III, post n. 307 (684)]

Scritto il 09/10/2008 alle 11:35 nella Politica | Permalink | Commenti (2)


08/10/2008
Se Silvio segna
Brunetta081008carmen Sconvolgente scoperta del ministro Brunetta. Gli
insegnanti non sono calciatori. Che guadagnano di più se vincono, con il
premio partita.
Gli insegnanti non sono bravi, e quindi possono fare la fame legalmente: "non
formano, non preparano, non producono". E quindi nessun premio partita per
loro.
Lo ha detto a Madrid, e ne riferisce su "Repubblica" di oggi in una lettera un
docente del liceo italiano di quella capitale, il prof. Salvatore Coppola.

Il "discorso" di Madrid di Brunetta è in perfetta sintonia con il "Non me ne


frega niente" di Berlusconi diretto all'offerta veltroniana di collaborazione sulla
emergenza economica.
Il cavaliere ha giustificato la battuta: di notte non parlo con i giornalisti. Bacio
Aveva fretta per rispettare il suo ruolino di marcia, illustrato al popolo di
recente. Tre ore di sonno per fare tre ore d'amore. Brunetta, se il cavaliere
segna, gli dà il premio partita.

[08.10.2008, Anno III, post n. 306 (683)]

Avvisto_stampa_ago2008

Scritto il 08/10/2008 alle 17:53 nella Politica | Permalink | Commenti (0)


07/10/2008
Ci fanno
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 32
Tremonti Ci sono e ci fanno, i ministri. Diventano macchinette che sfornano
parole. Il cervello non ha il tempo necessario per formulare un pensiero
organico.
Nel sistema delle conoscenze, come s'intitola un volume di Umberto Eco,
dall'albero siamo passati al labirinto.
Dall'albero discendono le scimmie, e dalle scimmie noi umani, Roma
permettendo.
Nel labirinto non si cerca soltanto la via d'uscita, ma ci si può pure perdere per
sempre.

Tremonti nel 2003 proponeva mutui sulle case seguendo quello stile Usa di cui
si raccolgono gli effetti dirompenti ora.
Non è colpa di Tremonti. Lui, lo fanno parlare dappertutto. Tranne che al
consiglio dei ministri dove la legge finanziaria l'hanno approvata in nove
minuti nove.
Ha le feste di partito, le interviste, le chiacchierate con i cronisti, le bicchierate
con gli amici, le prediche di Re Silvio e le lezioni di etica delle signore
Berlusconi figlie...
Poveretto, non trova un attimo di riposo. Per elaborare un pensiero.
Se al Corrierone ha detto: "Non è la fine del mondo, ma la fine di un mondo",
la colpa è di Domenico Siniscalco che lo aveva già scritto sulla "Stampa".

Un filosofo ha "copiato" alcune cose altrui in propri libri? Si è difeso (ha


raccontato PG Battista su "Magazine") con una sublime definizione del
pensiero: "Non è un ragionamento".
Quindi anche i migliori intellettuali e ministri possono sragionare pur
pensando. Alberto Ronchey sul "Corrieronne" ha scritto oggi che qualche voce,
nel presente marasma dei mercati, tende "all'ipotesi che il celebre 'homo
oeconomicus', in certi casi, non sia del tutto sano di mente". Ovvero ci fanno
ma non ci sono.

[07.10.2008, Anno III, post n. 305 (682)]

Scritto il 07/10/2008 alle 16:24 nella Politica | Permalink | Commenti (1)


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Antonio Montanari. Divieto di sosta

L'ovvio è l'oppio dei popoli

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Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 34
"Pretendere di dire la verità e tutta la verità con un giornale è come
pretendere di suonare la Nona di Beethoven con un'ocarina". Guido Nozzoli //
"L'informazione è la moneta corrente della democrazia". Ellen Miller // "La
democrazia non è mai data una volta per sempre". Pierre Rosanvallon // "Un
insieme di furbi è destinato al caos". Vito Mancuso // "Chi rassicura non cura".
Aldo Grasso // "La memoria guarda avanti". Claudio Magris
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06/10/2008
Silvio il Rosso
Adirato Ha vinto, ha stravinto, ma si sente insicuro. Quando si guarda allo
specchio si vede minacciato da fantasmi armati di lunghi coltelli. Accusa gli
"altri" di sfascismo. Gli amici di cui si è circondato lo hanno tirato sù a pane e
memorie comuniste. Adesso vede l'opposizione con lo stesso occhio di un
"cumunista" degli Anni Cinquanta.
Povero Silvio Re di Arcore, trasformato dagli amici in Silvio il Rosso, che non
vuol sentire le opinioni dei dissidenti e dei frazionisti. Se gli volete bene,
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 36
signori della sua corte, smettetela di fargli credere che Lenin sia un modello
da imitare.

[06.10.2008, Anno III, post n. 304 (681)]

Sitemeter

Scritto il 06/10/2008 alle 17:36 nella Politica | Permalink | Commenti (7)


Le vie della guerra
Sanlorenzo Un viaggio nel passato. In quel passato che vuol dire soltanto
guerra. Ne è nato un libro che il suo autore, Fabio Glauco Galli, ha intitolato
"La città invisibile". E che lui stesso spiega così: è una specie di "mappa" verso
un luogo sconosciuto, appunto la guerra 1940-44, compiuto da chi non c'era,
interrogandone i testimoni.

Il testo prosegue in questa pagina speciale.

[06.10.2008, Anno III, post n. 303 (680)]

Nella foto la chiesa di San Lorenzino a Riccione.

Scritto il 06/10/2008 alle 17:14 nella Storia | Permalink | Commenti (0)


05/10/2008
Cosa nostra
MarinabisHo definito "confuse" le proposte avanzate da Marina Berlusconi per
uscire dall'emergenza economica del momento.
Mi conforta oggi l'illustre parere di Barbara Spinelli che ha chiamato "singolare
e parecchio infelice" oltre che "immemore", quella dichiarazione di Marina
Berlusconi.

Il discorso di Barbara Spinelli affronta tutti i principali temi dell'attualità


politica italiana ed internazionale, legandoli fra loro come è inevitabile: la
campagna elettorale degli Usa, i progetti berlusconiani che fanno temere una
prospettiva da regime, l'uso antidemocratico che può essere fatto
dell'emergenza finanziaria con rinvio storico a quanto già accaduto nella
Repubblica di Weimar.

Il misero spazio di un post e la pochezza di un "lettore" non permettono altro


che di fare una modestissima aggiunta.
Ha ragione Barbara Spinelli, occorre "vigilare sulla società aperta e i suoi
nemici interiori".
Ma quella "libera informazione" (che lei elenca assieme a verità e separazione
dei poteri come presidii della democrazia), deve essere veramente "libera". Da
chi dipende ciò? L'informazione italiana ha sufficiente forza per essere
"libera"?
Se le proposte di Marina Berlusconi sono "cose di casa" sua, la democrazia è
"cosa" nostra, la cosa e la casa di tutti s'intende.... Ecco perché occorre avere
cara la "libera informazione".
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 37
[05.10.2008, Anno III, post n. 302 (679)]

Sitemeter

Scritto il 05/10/2008 alle 17:44 nella Politica | Permalink | Commenti (2)


04/10/2008
La nostra crisi
Tremonti Quanto pesano in politica i disprezzati "conti della serva"? Che
sarebbero poi l'occhiata al portamonete ed il confronto con i cartellini dei
prezzi. Dietro il gran parlare di crisi dei mercati, c'è nascosta questa piccola
verità: con le teorie degli illustri economisti non ci si riempie la pancia.
La crisi economica è mondiale. Il suo terremoto (scrive oggi sul "Corrierone"
Galli della Loggia), preannuncia grandi mutamenti "non solo negli Stati Uniti
ma in tutto l'occidente e forse neppure qui soltanto".
In questo contesto "le leadership esistenti, specie economiche" sono colpite
da un'ondata di discredito che favorisce insofferenze nella popolazione, e
causa le "delegittimazioni delle classi dirigenti e degli assetti politici
tradizionali". Noi abbiamo già dato.

La destra italiana al governo, ha un suo teorico dell'Economia in Giulio


Tremonti a cui Piero Ostellino (ancora sul "Corrierone") dà un sonoro schiaffo,
pur essendone amico: quando Tremonti parla di "mercatismo" usa una parola
nuova per dimenticare il "mercantilismo, e non ragiona da liberale. Ovvero
(traduco) non ragione da berlusconiano, ma da uomo (addirittura) di Antico
regime... Per cui il Re Sole sarebbe Berlusconi (come già sapevamo...).

Da liberale sincero Ostellino, senza affermarlo, finisce per condividere i timori


della sinistra sulla democrazia in pericolo.
Resta come verità quello che su "Repubblica" scrive Vittorio Zucconi a
proposito delle elezioni americane: "Il dibattito fra persone conta poco di
fronte al dibattito della realtà". E Berlusconi in agosto negava che fosse
possibile una recessione dell'economia.
Galli della Loggia spiega: "La crisi appare economicamente mondiale ma
politicamente è quasi esclusivamente nazionale". Poveri noi, dunque.

[04.10.2008, Anno III, post n. 301 (678)]

Sitemeter

Scritto il 04/10/2008 alle 17:37 nella Politica | Permalink | Commenti (0)


03/10/2008
Spunta il Colle
Napolitano "Deve fare qualcosa di più", aveva detto Antonio Di Pietro
riferendosi al capo dello Stato, e non limitarsi a dire: "Voletevi bene". E
stamani sembra che Giorgio Napolitano abbia seguito il suo suggerimento.
Parlando a nuora perché suocera capisse.

Napolitano ha telefonato al digiunatore Marco Pannella, e lo ha fatto sapere.


Tema, l'elezione del presidente della commissione di Vigilanza Rai e quella del
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 38
giudice della Corte costituzionale. Sono "obblighi a cui il Parlamento non può
ulteriormente sottrarsi, in quanto toccano la funzionalità di importanti istituti
di garanzia". Ogni forza politica può dare la sua diversa valutazione, ma deve
prevalere "la consapevolezza dell'inderogabile dovere costituzionale da
adempiere".

Dunque qualcosa di nuovo si muove nella situazione politica italiana? Il Colle


adempie la sua funzione. Ma, ragionando terra terra, son cose che senatori e
deputati dovrebbero comprendere da soli.
Perché ci si sia mantenuti nello stallo, lo si capisce. Il governo voleva
intrappolare la minoranza. La quale, nel ramo veltroniano del Pd, ha fatto di
tutto per dare una mano al governo, attaccando Di Pietro e definendo
inaccettabili le sue parole di critica a Napolitano.

Ma Napolitano sembra oggi dare più ragione a Di Pietro che a Veltroni ed al


governo.

[03.10.2008, Anno III, post n. 300 (677)]

Scritto il 03/10/2008 alle 16:40 nella Politica | Permalink | Commenti (1)


02/10/2008
Cose di casa
Marinabis La signora Marina Berlusconi, grazie al Cielo ed a suo papà, può
avere le idee chiare sulla confusione mondiale del momento. E può avanzare
proposte confuse più per merito dell'ambiente in cui vive ed opera, che per
colpa propria.
Idee chiare: "C'è finanza e finanza" ha detto in un'intervista al "Corrierone".
Quella da giocatori di poker con le carte truccate. E quella "sana,
parsimoniosa" come la sua Mediobanca.

Idee confuse. Occorrono più regole, ma soltanto per l'emergenza. Poi dopo
"non spazziamo via quei semi della cultura liberale che a fatica stavano
germogliando anche da noi".

Non ci eravamo accorti che ci fossero i frutti di un'economia socialista, a meno


che tali non siano considerati gli aiuti che lo Stato in passato ha fornito ad
industrie automobilistiche private.
La signora sa che per l'Alitalia, i debiti sono stati caricati sulle tasche di tutti i
cittadini. Questo lei lo chiama liberalismo?

Politica. La signora ha detto: "Di governi che decidono non c'è mai stato tanto
bisogno come adesso". Ha ragione, vedere appunto l'Alitalia. Se questo, e non
può essere diversamente, è il concetto di Stato della signora Marina, non c'è
bisogno di un'intera pagina del "Corrierone" per spiegarla sotto il titolo
catastrofico: "Il mondo è in piena crisi e Veltroni parla di regime...".
Pagina che le serve soltanto per dire: con tutto 'sto casino economico, Veltroni
parla ancora di vecchie cose come il conflitto di interessi.

Merita dieci e lode la signora (ammesso che la ministra Gelmini conceda la


lode) perché ha tirato l'acqua al suo mulino fingendo di assumere il ruolo di
avvocato del popolo. Tutta suo padre che minaccia decreti legge giornalieri,
dimenticandosi che deve firmarli il capo dello Stato. Per cui, come al solito, il
cavaliere ha dovuto far marcia indietro e pensare che sopra palazzo Chigi c'è il
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 39
Quirinale.

Oggi alla Bocconi è cominciato quel convegno sull'etica nell'economia che è


organizzato tra gli altri da Barbara Berlusconi. E' intervenuta anche sua
madre, Veronica Lario.
Anche Barbara aveva messo in ombra il discorso sul conflitto d'interessi. Sì
merita una regolamentazione, però non interessa alla gente.

In un modo o nell'altro la famiglia Berlusconi è d'accordo sul fatto che non se


ne parla e non se ne parlerà per le diverse motivazioni addotte.
La signora Lario ci ha confortato: esistono difficoltà economiche in Italia, "si
sentono e si toccano con mano".
Insomma non sono un'invenzione di Veltroni. Il quale non è stato riconoscente
verso il cavaliere: non potrà mai diventare capo dello Stato, ha detto, perché
al Quirinale salgono soltanto "figure che garantiscano la Costituzione,
conoscano le regole del gioco, rispettino le opinioni di tutti, accettino il
dissenso. Tutto ciò che Berlusconi non è".

Oggi Berlusconi ha smentito di aver definito "inesistente" il segretario del Pd.


Berlusconi lo aveva detto, anche se in "privato" e non in pubblico, e lo si era
letto sui giornali: "Veltroni? Aveva cominciato bene, ma nei fatti è adesso del
tutto inesistente". Vedere sul web, 17 settembre, incontro del comitato
costituente del Pdl, a porte chiuse al Tempio di Adriano, a Roma.

[02.10.2008, Anno III, post n. 299 (676)]

Scritto il 02/10/2008 alle 17:26 nella Politica | Permalink | Commenti (4)


01/10/2008
L'antipapista
Papista E adesso chi lo ferma più Veltroni?
Stamani ha risposto a PG Battista che sul "Corrierone" lo aveva accusato di
usare vecchi schemi mentali.
Ha ragione, Veltroni, quando sostiene di essere stato insultato da Berlusconi
con la qualifica di leader "inesistente" e con il giudizio di essere politicamente
un "fallito" che dovrebbe "ritirarsi dalla politica".

Ma meraviglia la sua meraviglia. Che cosa di meglio avrebbe dovuto incassare


da un signore che è abituato a ragionare in termini non di rispetto della
democrazia e delle altrui opinioni, ma di mercato: per cui chi più ha, più è.

Poi Veltroni oggi se l'è presa con Di Pietro. Il quale aveva tirato le orecchie a
Giorgio Napolitano con quella schiettezza che fa perdonare anche le
(presunte) impertinenze: "Il Capo dello Stato dice cose giuste, ma un po'
ovvie, nel senso che dice 'amatevi e voletevi bene'. Questo è un
comportamento da papista, ma il capo dello Stato deve fare qualcosa di più".

Veltroni01g
Sinceramente Di Pietro non ha tutti i torti. Veltroni però sostiene che sono
parole inaccettabili, quelle di Di Pietro, e Veltroni è uomo d'onore. Per cui
dobbiamo credergli. Anche se nel nostro intimo la questione della firma del
"lodo Alfano" è un particolare non di poco momento nella questione del
rispetto della Costituzione.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 40
Giorgio Napolitano ha un progetto onesto. Mettere d'accordo tutti per salvare
l'Italia. A questo tema si riferiva Di Pietro, quando ha commentato che è inutile
che Napolitano "ci dica di volerci bene. Imponga il suo ruolo per far nominare
il giudice della Corte Costituzionale", ad esempio.

Dalla mozione degli affetti alle questioni costituzionali, il passo è lungo. Di


Pietro lo ha compiuto senza doppi fini. Veltroni invece nel difendere
Napolitano accusa il suo alleato Di Pietro di muovere attacchi ciechi e
strumentali.
E' un Veltroni molto berlusconiano. Che dimentica di essere stato definito dal
cavaliere un "fallito". La stessa cosa in fin dei conti pensa Veltroni a Di Pietro.
Ma tutto ciò a chi giova?

[01.10.2008, Anno III, post n. 298 (675)] 31/10/2008


Bonus bebé
Neonato I neonati riceveranno un prestito dal governo al tasso del quattro per
cento.

Se il prestito non sarà restituito il bambino sarà requisito dal ministro Tremonti
al compimento del secondo anno di età, ed inviato a scuola dalla signora
maestra Gelmini e dal prof. Brunetta.

I quali con delicati biberon all'olio di ricino, tenteranno di spremere le meningi


del piccolino affinché da grande si ricordi di restituire il maltolto.

Ogni somministrazione del biberon sarà accompagnata da una lezione per


mettere in guardia il fanciullo dai nefasti effetti che le esperienze del '68
hanno provocato in lui.

Al momento in cui il povero bambino avrà il dono della parola, sentendosi


ricordare i suoi precedenti di manifestante 40 anni prima che nascesse, potrà
articolare frasi sconvenienti in base allo statuto delle Nazioni Unite.

A sinistra (ma soltanto nella foto). Bebé di Forza Italia che da grande farà
prima gli spogliarelli e poi la ministra. Ovvero dal bonus alla bona.

[31.10.2008, Anno III, post n. 332 (709)]

30/10/2008
Pueri cantores
Imag30102008rep Da che mondo è mondo, i bimbi sono sempre in prima fila,
esibiti con orgoglio dai genitori, ad inneggiare o a protestare. Cossiga si è
scandalizzato in Senato. Non avrebbero dovuto gridare: "Assunzioni,
assunzioni", ma "Merendine, merendine".

Ha ragione? Ma quando sono nato mi hanno fatto subito "Figlio della Lupa".
Poi mi hanno portato alle processioni, a cantare in modo stonato gli inni della
Chiesa. Gli altri coetanei invece si esibivano in "Bandiera rossa". Tutti
eravamo bene o male "pueri cantores".

Per cui non vedo nulla di male se un babbo spiega al figlio che si va in corteo
perché se licenziano la maestra, suo figlio (che ha stessa età del piccolo che
urla infastidendo Cossiga), non avrà nulla da mangiare.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 41
La parola "assunzione" non è per ora un'oscenità. I bambini imparano presto a
capire il mondo, ad accettare il prossimo.
Poi purtroppo crescono ascoltando i senatori alla Cossiga che vogliono menare
i dissidenti. Od i presidenti alla Berlusconi che ragionano come donna
Prassede: poche idee e sempre quelle, ma soprattutto scambiano per cielo il
proprio cervello. O quei signori leghisti da legare che voglio ridurre la scuola
italiana a giardino del proprio condominio, niente insegnanti meridionali al
nord, ognuno soltanto con maestri di casa propria.

I bambini sono intelligenti ed onesti. Noi adulti vogliamo essere più intelligenti
di loro, e facciamo i furbi rimettendoci in onestà.

Presidente Cossiga, senza stipendio ad una mamma maestra od operaia che


sia, le merendine per il figliolo non si comprano.
Per declamare simili amenità bastano ed avanzano i giardinetti, mica occorre
scendere pomposamente nell'aula del Senato.

[30.10.2008, Anno III, post n. 331 (708)]

29/10/2008
Cossighismi

Due episodi ispirati dall'irruenza di Francesco Cossiga, che ovviamente non ne


è responsabile.

L'attacco verbale di un ministro ad un direttore di giornale, chiamato


affettuosamente "Concitina" per disprezzarla prima come donna e poi come
scrittrice.

E l'attacco reale agli studenti. Insomma attacco... Lo dice soltanto


"Repubblica"... Sono scontri per "La Stampa". Una rissa per il "Corriere".
Insomma qualcosa è successo. Ma cosa?

Caso strano, qualche giorno fa Cossiga aveva detto:

"Bisogna infiltrare gli studenti con agenti provocatori pronti a tutto, [...]
picchiarli e picchiare a sangue anche quei docenti che li fomentano".

[29.10.2008, Anno III, post n. 330 (707)]

28/10/2008
Fiasco del Fisco
Una vecchia regola democratica diceva: tutti i cittadini hanno diritto agli stessi
servizi, pagandoli però in base al proprio reddito con le imposte su di esso.
Adesso vogliono introdurre differenze direttamente sui servizi, come
Francesco Giavazzi nel "Corriere della Sera" di oggi: per i ricchi più tasse
universitarie.

E' giusto? Altra domanda: ma come si fa a stabilire se uno è ricco? La risposta


la ritroviamo sullo stesso quotidiano, in due pagine di un focus intitolate
"Fisco, una fuga da 100 milioni" (di Mario Sensini). E nell'articolo "Una
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 42
battaglia persa, tra condoni e manette" (di Sergio Rizzo). Il sottotitolo di
questo secondo servizio recita: "L'infedeltà fiscale spesso finisce in
prescrizione. Negli Usa 11.691 arresti in sette anni".

Da noi il cavalier Berlusconi ha ripetutamente elogiato l'evasione fiscale. Ha


definito l'Italia, quand'era all'opposizione, "uno Stato di polizia tributaria".

Vincenzo Visco gli rispose con parole sempre attuali: "Berlusconi mente
sapendo di mentire. Da presidente del consiglio faceva l'apologia degli
evasori. Da capo dell'opposizione lancia un'abile campagna di propaganda per
far apparire straordinaria l'introduzione in Italia di procedure e norme fiscali
molto più garantiste di quelle che esistono normalmente, senza scandalo
alcuno, in Francia, in Germania, in Usa, cioè in paesi civilissimi dove l'evasore
fiscale viene considerato uno che danneggia la collettività e non un simpatico
e abile furbone. La verità è che non vuole la libertà di impresa nelle regole, ma
la libertà di infrangere le regole".

[28.10.2008, Anno III, post n. 329 (706)]

27/10/2008
Aeronautica militare
1988. Cade un altro F104

La mattina del 5 settembre un F104 di stanza a Miramare di Rimini precipita a


poche centinaia di metri dalle case della Grotta Rossa, a ridosso del greto del
torrente Ausa. Il pilota, capitano Dario Aloisi (28 anni, Pescara), si salva con il
paracadute. Gli F104 sono tristemente noti nell’ambiente aeronautico come
"fabbrica vedove". Dei ventidue piloti operanti a Rimini nel 1970, ben quindici
sono morti in disgrazie accadute finora in varie parti d’Italia, mentre erano al
comando di questo tipo di aereo. Il 18 marzo 1986 ne era caduto uno a
Misano, uccidendo tre persone. Dal 1969 al 1988, gli incidenti di volo nella
basi militari romagnole sono stati nove, con otto piloti deceduti.

Dal 1964 al ’77, in tutt’Italia sono andati distrutti in incidenti 59 aerei F104
nella versione"G", con 32 piloti morti. Della successiva versione "S", tra ’70 e
’77 se ne sono persi 26 esemplari, sempre a causa di incidenti, con 14 aviatori
deceduti. Nel periodo 1978-82, altri 20 esemplari perduti, con 11 morti. Dal
1983, la media è di due aerei persi ed un pilota morto all’anno.

Fonte: digilander.libero.it/monari
www.webalice.it/antoniomontanari1

1989. Cadono altri due F104

L’anno si chiude con una nuova disgrazia aerea: a Faggeta di Pianacquadio sul
monte Carpegna, il 27 dicembre, cadono due F104 di base a Miramare, pilotati
da Claudio Lodovisi (28 anni) e Michele Burlamacchi (23). È il terzo incidente
del 1989 in cui in Italia sono stati coinvolti gli F104, con un totale di quattro
vittime. Dopo la disgrazia di Carpegna, a Miramare "volano le polemiche".
Sotto accusa sono gli F104. L’on. Stelio De Carolis, sottosegretario alla Difesa,
sostiene che tali aerei non sono pericolosi: "Le statistiche dicono che si
verificano avarie molto raramente". Un pilota di F104, intervistato dalla
Stampa, dichiara: gli errori che sugli altri aerei sono recuperabili, diventano
problematici con questo tipo di macchina.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 43

Nel 1990, si registrerà un’altra disgrazia tra i militari del V Stormo di


Miramare: il col. Gianni Marrone (46 anni) muore nel tentativo di dirigere il suo
aereo impazzito in una zona disabitata, nei pressi di San Benedetto del Tronto.

Fonte: www.webalice.it/antoniomontanari1
digilander.libero.it/monari

[27.10.2008, Anno III, post n. 328 (705)]

Senza parole
Ricordate le vignette con la didascalia "Senza parole"? Bene, l'ho messa
mentalmente sotto la foto della ministra Maristella Gelmini pubblicata dal
"Corriere della Sera" di oggi a corredo dell'intervista che le è stata fatta, e che
è riassunta da un titolo che appunto lascia senza parole: "Il mio modello è
Obama".
Il testo è ancora più sconvolgente: Obama copia la Gelmini ("Sta proponendo
per la scuola americana provvedimenti simili ai nostri...").

La ministra ha dimestichezza soltanto con i luoghi comuni appresi alla scuola


del partito ed alla tavola del suo principale. Non sa ovviamente nulla di
pedagogia. Le suggeriamo di leggere l'intervista con Francesco De
Bartolomeis sull'ultimo "Tuttolibri". Dove lo studioso novantenne ricorda che la
pedagogia "deve lavorare sui ponti che congiungono alla produzione, l'arte, la
scienza, la vita".

La ministra cerca di conquistare consensi con frasi che non hanno fondamento
storico, e sulle quali di potrebbero scrivere trattati per dimostrarne la
inconsistenza.
Come quella che attribuisce ai sindacati la colpa degli stipendi da fame e della
proletarizzazione dei docenti.
Per risollevare le sorti economiche della misera classe insegnante, ci sono due
episodi da citare nella storia dell'Italia postbellica. Più di mezzo secolo fa,
Amintore Fanfani motu proprio alzò gli stipendi. Trent'anni fa, i sindacati
unitariamente ottennero lo stesso risultato con uno sciopero generale di tutte
le categorie dei lavoratori. I quali compresero l'importanza del ruolo svolto
dalla scuola nella società. Fu l'ultima volta.
E la ministra è frutto della cultura aristocratica di chi ha fatto i soldi e se ne
sbatte altamente di tutti gli altri cittadini. Perché tutto si compra. Occhio,
ragazzi, a non vendervi a questi signori. (O ad altri che possono apparire sul
mercato della politica.)

A proposito di "comprare": "Berlusconi prima ha cercato di comprarmi


offrendomi di fare il ministro.... Ma siccome è andato a vuoto, dice che sono
un malvagio. La verità è che non sopporta le persone libere". Firmato Antonio
Di Pietro.

[27.10.2008, Anno III, post n. 327 (704)]

26/10/2008
Parole parole parole

Il penalista on. Roberto Cota ha dichiarato in tivù che la scuola non deve
essere uno stipendificio.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 44
Ha ripetuto parola e concetto già usati dall'on. ministra Gelmini all'inizio di
settembre.
Tradotti in pillole, significa che la scuola serve soltanto agli insegnanti per
percepire lo stipendio.

Invidio le persone che con la loro acutezza riescono a giungere a siffatte


affermazioni.

Il presidente emerito Francesco Cossiga ha invece detto in un'intervista che la


scuola può servire allo Stato. Ecco come: "Bisogna infiltrare gli studenti con
agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i
manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine, mettano a ferro e
fuoco le città [...] Dopodiché, forti del consenso popolare, [...] le forze
dell’ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non
arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma
picchiarli e picchiare a sangue anche quei docenti che li fomentano".

Il 2 dicembre 2006 il centrodestra era sceso in piazza San Giovanni a Roma


"per mandare a casa Prodi". Parole di Silvio Berlusconi.
C'è tanta gente. Cito da "Repubblica, articolo di Clotilde Veltri.
Per Antonio Tajani, è "più di un milione" di persone. Per Bondi sono "due
milioni". Infine per Berlusconi, "oltre due milioni". La piazza del cavaliere era
più piccola del Circo Massimo di Veltroni di ieri.
(Ancora oggi qui, www.scendoinpiazza.it, si legge di 2 milioni e 200 mila
persone presenti a San Giovanni: vedi immagine sopra...)

[26.10.2008, Anno III, post n. 326 (703)]

25/10/2008
Risveglio

Walter Veltroni si è risvegliato. Scrivo quasi in diretta, ha finito di parlare


adesso. Ha fatto retromarcia. Ha attaccato Berlusconi. La cultura della destra.
La politica di questo governo. Era quello che aspettavamo da lui sin dall'inizio.

La misura era colma. Non poteva più restare sulle posizioni del debutto. Pena
la sua fine politica.

Adesso, deve essere l'apparato del suo partito a capire che i dissensi espressi
sinora erano legittime opinioni, non critiche invereconde da legare al dito.
Adesso, i parlamentari del Pd di ogni luogo e regione, debbono comprendere
che vanno affrontati i problemi reali.

Ho già raccontato qui che nello scorso aprile, ad una settimana del voto,
l'argomento proposto dal Pd del mio borgo selvaggio all'attenzione pubblica
era stato "Le parole da non scordare" in una convention sul dialetto...

Adesso anche questi signori debbono svegliarsi, comprendere la gravità della


situazione italiana. Non c'è tempo da perdere, non ci sono giochetti da furbetti
della parrocchietta che possano resistere alle urgenze dello stato di cose in cui
l'Italia si trova, anche in relazione alla recessione che Berlusconi non vuole
ammettere.

[25.10.2008, Anno III, post n. 325 (702)]


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 45

Senza tetto
Marco Falcucci, 54 anni, clochard pratese rifugiato 'politico' a Bologna (la
credeva una città tollerante), e multato per 742 euro, sarà festeggiato domani
in piazza San Francesco, con una castagnata di solidarietà voluta dai residenti
della zona.

Il verbale dei Vigili Urbani era per sosta vietata con due biciclette e la sua casa
di cartone con annessi un carrello della spesa e sacchetti di plastica pieni di
attrezzi per sopravvivere.

Il governo Berlusconi gli aveva offerto un intervento simile a quello per le


banche negli Usa, ma lui ha rifiutato. Ingrato.

[25.10.2008, Anno III, post n. 324 (701)]

24/10/2008
Facinoroso, è lui
E' utile scoprire l'influenza negativa esercitata dai "giornali" sui ristretti
manipoli di "facinorosi" che agitano lo spettro di una contestazione politica,
nascondendosi dietro il rifiuto del grembiulino e del sette in condotta voluti
dalla ministra Mariastella Gelmini.

La scoperta è merito dello stesso capo del governo Silvio Berlusconi. Che ha in
mente uno schema politico così congegnato: i giornali attaccano lui e sobillano
i centri sociali i quali partoriscono i facinorosi.

Giustamente, con alto senso democratico il presidente del Consiglio non vuole
usare la forza pubblica per piegare i facinorosi: "Ho in mente qualche sistema
molto spiritoso, ma per ora non lo dico".
Forse pensa a quel motto del '68 "Una risata vi seppellirà". Ecco chi è il vero
"facinoroso", è lui, Silvio Berlusconi.
Che prendendosela con i "giornali" confessa e conferma come tutte le tivù
siano in ginocchio davanti a lui. Questa è la sua idea di libertà, da vero
"facinoroso".

Post scriptum. "Lui" aveva detto in agosto che non ci sarebbe stata
"recessione". I fatti gli hanno dato torto, ma lui crede di aver egualmente
ragione, ho scritto qui il 23 settembre. Oggi 24 ottobre l'Ocse lancia l'allarme:
la recessione sarà "più ampia a prolungata". Aspettiamo una smentita del
cavaliere. Anche all'Ocse, dirà, ci sono facinoroso istigati dai centri sociali
ammaestrati dai giornali. Oppure sfodererà finalmente il promesso "sistema
spiritoso". Non nel senso di alcolico.

[24.10.2008, Anno III, post n. 323 (700)]

Scritto il 24/10/2008 alle 17:49 nella Politica | Permalink | Commenti (0)


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23/10/2008
Francesco Sberlati, storico della letteratura

Galileo Francesco Sberlati, nato a Rimini 42 anni fa, è uno studioso di


Letteratura italiana. Insegna all'ateneo di Bologna, ha avuto numerose
esperienze didattiche negli Usa, nel solco di una tradizione di scambi culturali
avviati mezzo secolo fa da Ezio Raimondi.

Il testo prosegue in questa pagina speciale.

Scritto il 23/10/2008 alle 19:04 nella Letteratura | Permalink | Commenti (0)


Muta d'accento
Palinporno Ricordate la celebre romanza del "Rigoletto"? "La donna è mobile /
Qual piuma al vento, / Muta d'accento — e di pensiero"...
Orbene oggi, la riverita ministra alla (d)istruzione, Mariastella Gelmini, ha
mutato d'accento una parola semplice e nota: "egida". Al Senato l'ha
pronunciata "egìda".

Invece il capo del governo ha mutato pensiero (per inveterata abitudine).


Ieri aveva detto: "Non permetterò occupazioni delle scuole e delle università",
perché questa è una "violenza"...
Oggi smentisce: "Non ho mai detto né pensato che servisse mandare la polizia
nelle scuole. I titoli dei giornali che ho potuto scorrere sono lontani dalla
realtà".

Chiederemo i danni ai titolisti dei giornali. Prima dei poliziotti, con la stessa
intenzione di fare piazza pulita, nelle università sono già da tempo arrivati gli
sponsor privati. Non è necessario attendere una riforma per vederne
l'ingresso.

Post scriptum. Il sen. Ignazio Marino in una lettera a "Repubblica" (14 ottobre),
ha scritto: "In Italia non si trova nessuno sbocco professionale se non si è
raccomandati o se non si ha il cognome giusto".

[23.10.2008, Anno III, post n. 322 (699)]

Scritto il 23/10/2008 alle 17:56 nella Politica | Permalink | Commenti (1)


21/10/2008
Wikio. Ridiamoci su
Statisottobrewikio Ho scoperto le ragioni della mia classifica in Wikio. Sono
arrivato al secondo posto il primo maggio 2008 grazie a "due citazioni due"
ricevute rispettivamente il 14 ed il 31 marzo. La seconda citazione vale
doppio, chissà perché, per cui alla fine le citazioni inviatemi da Wikio per mail
sono appunto tre.

Tutto qui.
14 marzo. In "cattivamaestra" dei blog della Stampa è linkato un mio post.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 50
31 marzo. Fuori dei blog della Stampa, in quello privato di Vittorio Pasteris, è
citato il mio testo del 28 marzo sera sulla convention novarese: "Non si sente
nulla". Tutto qui.

Ed allora? Questa sarebbe la famosa "autorevolezza"?


Wikio non sa ad esempio che un mio post è stato citato in giugno dal "Corriere
del Mezzogiorno"....
Per favore, caro Wikio, se la mia "autorevolezza" deve dipendere dalla frase
"Non si sente nulla" ripetuta due volte (pari al 66,666...% delle mie citazioni),
facciamo finta di non esserci incontrati mai. Si scrivono migliaia di pagine
serie e si passa alla storia per quella battuta "Non si sente nulla"...

[21.10.2008, Anno III, post n. 321 (698)]

Scritto il 21/10/2008 alle 17:06 nella Internet e media | Permalink | Commenti


(2)
20/10/2008
Ultimo km
Veltroni Walter Veltroni è afflitto dalla sindrome dell'ultimo km che colpisce i
ciclisti in vista del traguardo. Sgomita, era un uomo solo al comando, il gruppo
lo ha raggiunto, cerca di farsi largo per arrivare primo.
Ha "oscurato" Prodi, scacciato la sinistra di Bertinotti e quant'altri. Gli era
rimasto al fianco il solo Di Pietro: adesso una spinta anche a lui per mandarlo
fuori strada. E poi a chi toccherà? Si farà lo sgambetto da solo. Anzi se lo è già
fatto.

Ieri sera da Fabio Fazio Veltroni era rilassato e sorridente. Maschera bene
oppure non si accorge che le cose si mettono male per la sua "maglia rosa" (in
senso politico oltre che in metafora ciclistica).

Negli Usa un avversario di Obama gli è andato incontro, e non si tratta


dell'ultimo arrivato.
Powellobama Colin Powell è l'uomo che ricorda il 2 febbraio 2003 come il
giorno più umiliante della sua vita (mostrò le prove false per avviare la guerra
all'Iraq).
E' l'uomo che passando da Bush ad Osama ha dimostrato come le scelte
individuali debbano dipendere soprattutto da interessi superiori: "In questo
momento della storia abbiamo bisogno di un cambio generazionale".

Anche l'Italia ha bisogno di un cambio generazionale. Ha bisogno pure che si


dica che nel lodo Alfano c'è un articolo già dichiarato incostituzionale dalla
Consulta. Non si può chiudere il discorso, considerando che il lodo Alfano sia
una fissa di Antonio Di Pietro. E' da questo punto che occorre ripartire. Anche
noi abbiamo bisogno di un "cambio". Non basta ripetere la formula del
"pensiero unico". Occorre avere i voti. Sinora Veltroni è riuscito soltanto a
perderli, chiudendo l'esperienza prodiana dopo due anni.

[20.10.2008, Anno III, post n. 320 (697)]

Scritto il 20/10/2008 alle 17:31 nella Politica | Permalink | Commenti (0)


19/10/2008
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 51
Nostalgia
Fabiofazio Per favore, Fabio Fazio, nessuna nostalgia delle case del popolo del
dopoguerra, come lei ha dimostrato invece di nutrire, ieri sera colloquiando
con Gianni Morandi, e soprattutto nessuna nostalgia dei ritratti di Lenin e
Stalin che sono stati ricordati appesi a quelle pareti, come se si trattasse di
belle immagini consolatorie per la memoria del passato nella tristezza del
presente.

La nostalgia frega sempre. Basti ricordare che con il termine nostalgici sono
sempre stati chiamati quelli che suggerivano o sentenziavano: "Si stava
meglio quando si stava peggio".
Che un giovane intellettuale come lei, caro Fazio, faccia quella faccia parlando
di quei ritratti di Lenin e Stalin (per non parlar di Togliatti...), è una scena
involontariamente comica per un discorso serio.

Lasci perdere quel tono di rimpianto adatto alle canzonette di Gianni Morandi
di mezzo secolo fa, e si legga il libro di Mirella Serri su "I profeti disarmati".
Ovvero quegli intellettuali che non furono né comunisti né democristiani,
nell'epoca difficile del dopoguerra, quando ci fu "una lotta fratricida feroce e
cruenta" come la stessa Serri ha detto al "Corriere della Sera" del 16 ottobre
scorso.

Oggi li chiamerebbero terzisti, con una punta di disprezzo, dimenticando che


l'operazione di predominio comunista si è lentamente camuffato nella parodia
del compromesso storico che prende il nome di Pd. Un partito che non sa che
pesci pigliare perché ignora che la laicità da "profeti disarmati" è necessaria
come l'aria, per la politica.
Nel Pd si assommano due chiese, quella delle Botteghe oscure e quella di
piazza San Pietro, tanto che il manifesto per la manifestazione di sabato
prossimo offre appunto l'immagine di una folla che ascolta il papa... Più che un
errore, una beffa ben congegnata?

[19.10.2008, Anno III, post n. 319 (696)]

Scritto il 19/10/2008 alle 16:19 nella Giornalismo | Permalink | Commenti (0)


Marzabotto
Carlolucarelli Se la storia non si ferma a Marzabotto durante la guerra, ma
coinvolge la politica della Repubblica democratica nata dalla Resistenza...
Martedì sera va in scena al teatro Duse di Bologna un testo di Carlo Lucarelli
che, partendo dalla strage di Marzabotto, ricostruisce la vicenda post bellica
del cosiddetto "armadio della vergogna".

Rimasto chiuso per mezzo secolo (1944-1994), esso custodiva alla Procura
generale militare di Roma, documenti sull'eccidio, 770 vittime, in gran parte
donne bambini preti.
Spiega Lucarelli: "I fascicoli rimasero nell'armadio e non permisero di istruire i
processi contro i militari perché, in tempi di guerra fredda, era subentrata la
ragion di Stato che impediva di mettere in imbarazzo il nuovo alleato
germanico funzionale alla comune lotta contro i Paesi comunisti del patto di
Varsavia".

Altra vicenda politica del dopoguerra. Giovanni Sedita su "Nuova storia


contemporanea" ricostruisce i processi a Nicola Pende e Sabato Visco, docenti
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 52
epurati perché firmatari del "Manifesto della razza" del 1938.
Come spiega Dino Messina "nessuno pagò", ed alla fine "la politica razziale del
regime risultò senza razzisti".

Morale della favola. Chi muore giace e chi vive si dà pace, dice un vecchio
adagio sempre attuale. La Storia sembra essere fatta apposta per
confermarlo.

Fonti: le parole di Lucarelli sono riprese da un servizio di Anna Tonelli su


"Repubblica di Bologna" di oggi. L'articolo di Dino Messina è apparso sul
"Corriere della sera" di oggi.

[19.10.2008, Anno III, post n. 318 (695)]

Scritto il 19/10/2008 alle 16:14 nella Politica | Permalink | Commenti (1)


18/10/2008
Comicità e no
Crozzala7 "Non è colpa mia se Berlusconi mi ha citato nel discorso di
insediamento. Segno che un comico può diventare presidente del Consiglio. E
viceversa". Le parole di Maurizio Crozza rimandano all'eterno dilemma
esistenziale: come fare a distinguere la comicità?
Come separare il Nerone di Ettore Petrolini dalla sua fonte storica? Questa
volta il ricordo del passato è superato dall'immediatezza del presente. Siamo
noi a confonderci, chiedendoci se la macchietta sia il comico o viceversa.

Paolo Guzzanti ha rivelato che "qualcuno molto in alto aveva deciso in Forza
Italia" di massacrarlo e dargli il "colpo di grazia".
Gli ho mandato un messaggio, a cui ha pubblicamente risposto.
Gli ho spiegato una questioncella privata: avevo parlato di lui in un post ("Mal
di stomaco"). Il post era stato segnalato in home, poi il giorno dopo tolto
dall'elenco.
Mi ha risposto Guzzanti: "Provo sempre più nausea".Guzzantistampa

E' un po' come la storia comica di Crozza: il politico imita il comico. Qui, con
Guzzanti, il governativo dice quello che dovrebbe dire un oppositore.

Morale della favola. La comicità è in se stessa essenzialmente tragica. Di che


cosa si potrebbe ridere spensieratamente?

[18.10.2008, Anno III, post n. 317 (694)]

Scritto il 18/10/2008 alle 17:19 nella Politica | Permalink | Commenti (2)


17/10/2008
Giovane Pascoli, convegno

Fanciullina

Domenica prossima, 19 ottobre, dalle 10 in avanti, alla Sala Gramsci di San


Mauro Pascoli (FC) si parla del "Giovane Pascoli".
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 53

Sul tema rimandiamo a questa nostra pagina speciale relativa al "Pascoli


riminese".

[17.10.2008, Anno III, post n. 316 (693)]

Scritto il 17/10/2008 alle 17:19 nella Letteratura | Permalink | Commenti (1)


Grazie ad Estelle
20081014phptpst Grazie ad Estelle per le due risposte.
Pur non essendo coraggioso, ma soltanto curioso (scusate, ma che c'entra il
coraggio con le discussioni scientifiche?), ho letto il blog del prof. francese
Jean Veronis.

In una pagina molto interessante, ho ricopiato due frasi:


1. "...le Web est un univers compliqué".
2. "Le nombre de rétroliens que chaque blog reçoit (les backlinks, comme on
dit en bon franglais). C’est ce qu’on appelle l’ «influence», à tort ou à raison,
mais le mot est consacré".

Faccio due considerazioni personali.


1. Circa l'universo complicato, l'affermazione di Jean Veronis mi richiama alla
mente l'atteggiamento dei dotti antichi che parlavano in latino per non farsi
capire da tutti. Dirci che è complicato significa nascondersi dietro la volontà di
non spiegare le cose. E' una tipica posizione dogmatica derivante dal potere
che si esercita. La cosa fa vagamente sorridere.

2. Backlinks. Da che cosa dipendono? Dalla diffusione di un blog. Allora, se un


blog è poco conosciuto diminuirà pure il numero dei backlinks. Per farlo
conoscere, occorrono i lettori, i lettori (parlo del nostro sistema) aumentano in
occasione delle citazioni in home page.

Infine un'osservazione molto elementare: io sono soltanto un lettore della


"Stampa" il cui blog è "ospite". Comazzi, Masera, Gramellini, Spinelli sono
firme della "Stampa". Mi fa ridere che io all'ottavo posto sia più citato di loro...
che sono fra 11° e 14° posto...

Come vedete, cari amici, non ne faccio una questione personale di rivalità con
altri blogger, ma semplicemente (se posso azzardare una parola grossa) di
discussione scientifica di un sistema che come tutti i sistemi ha i suoi pregi ed
i suoi difetti.

Ma se possiamo parlare anche di questi ultimi, non citatemi l'analisi semantica


che non c'entra nulla. Che il prof. Jean Veronis sia docente di semantica, non
significa che l'esame fatto da Wikio sia un fatto appunto di semantica: è
soltanto il calcolo matematico dei backlinks, da cui deriva giustamente la
conclusione che ho citato: "C’est ce qu’on appelle l'«influence», à tort ou à
raison...".

Il termine è scientificamente esatto: ma l'«influence» nasce dal numero dei


contatti, ed i contatti dipendono dalle segnalazioni in home page... come
avevo scritto. E se mi tolgono dall'elenco dopo 24 ore, Wikio non c'entra, ma
le cause sono appunto altre, come dice lo stesso Jean Veronis. Si vuole che
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 54
non si sia influenti... Sai che rovina può provocare un blog in un sistema
informativo così ampio e complesso in cui quel blog annega nell'indifferenza.
Alla fin fine siamo quattro gatti, noi blogger, mica giganti dell'editoria.

[17.10.2008, Anno III, post n. 315 (692)]

Scritto il 17/10/2008 alle 12:20 nella Internet e media | Permalink | Commenti


(4)
16/10/2008
7-4=1
Emiliofederete4 I numeri della politica: 7-4=1. Ovvero Europa 7 doveva
trasmettere sulle frequenze occupate da Rete 4, utilizzerà canali presi da
Rai1. Per la serie: la matematica dei politici è una strana opinione.

Credo ogni giorno di più che abbia ragione Curzio Maltese: in Italia "la
Costituzione è già morta e quasi nessuno se n'è accorto".
Forse un giorno avrà ragione Eugenio Scalfari che a Daria Bignardi ha
sussurrato di avvertire in Italia una "gran puzza" di fascismo.

Si sta votando per la Corte costituzionale un candidato governativo che è


stato "avvocato di Berlusconi e creativo autore di leggi ad personam
favorevoli al suo eccellentissimo assistito" (G. D'Avanzo, "Repubblica").
Nella prospettiva della discussione del "lodo Alfano" alla stessa Corte, soltanto
se si ammette che "la Costituzione è già morta" si può accettare secondo
logica di proporre la candidatura Pecorella.

Il quale ha accusato Veltroni di esprimere opinioni contrarie che sono come


"una foglia di fico". Ma non abbiamo ben capito a chi appartengano le
vergogne coperte da quella "foglia di fico".

Post scriptum. Oggi il papa ha definito "facili" i guadagni degli scienziati. Forse
non si riferiva ai ricercatori italiani, o forse ha ricevuto notizie inesatte da
Brunetta.

[16.10.2008, Anno III, post n. 314 (691)]

Avvisto_stampa_ago2008

Scritto il 16/10/2008 alle 16:40 nella Politica | Permalink | Commenti (1)


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15/10/2008
Winkio rinco...
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 58
Occhiostampa Ma chi mette a posto le graduatorie di Wikio?
Non dovrebbe essere tutto un sistema automatico?
Invece, guardate qua (mi sento tanto Gabibbo...): al numero 11 c'è scritto:
"Web Notes-Anna Masera" ed al n. 12 ancora "Web Notes-Anna Masera".

Il n. 11 si apre su "Cose di Tele" di Alessandra Comazzi.


Al n. 12 corrisponde esattamente "Web Notes-Anna Masera".
Wikioerrori
Infine, per il n. 13 "Analisi-Barbara Spinelli" il link si apre in home page della
"Stampa" anziché nella rubrica "Analisi" della illustre giornalista. Che
nell'aprile 2004 proposi come candidata al Quirinale.

Andando nella pagina delle "opinioni" si scopre il link esatto di "Analisi".

Ma Wikio queste cose dovrebbe saperle da solo!!! Oppure è rinco...


Sul funzionamento di Wikio, vedere anche il post di ieri "Diamo i numeri".

[15.10.2008, Anno III, post n. 313 (690)]

Scritto il 15/10/2008 alle 17:49 nella Internet e media | Permalink | Commenti


(2)
14/10/2008
Diamo i numeri
20081014phptpst Ho riservato scientemente ad un post successivo a quello di
ieri (come ho scritto in privato ad Amanda circa il suo commento di ieri), il
discorso sulle statistiche e su Wikio.

Ieri non volevo affiancare ad un discorso "alto", con la citazione da Edoardo


Agnelli, quello "basso" di puri calcoli egoistici.

1. La classifica di ottobre su settembre in Wikio non è apparsa il primo del


mese, ma dopo dieci giorni.

2. Il mio blog, finalmente, è sceso come speravo per non adombrare la


concorrenza: dal sesto all'ottavo posto.

3. Nel periodo agosto-settembre però sono aumentati i miei visitatori:


+48,6%, da 4.833 a 7.184.
Sono raddoppiati i nuovi visitatori da 4.156 (l'86% di tutti i visitatori) a 6.268
(87%).
Sono aumentate del 45% le pagine viste: da 6.720 a 9.857.
Morale della favola: raddoppiando tutti i parametri, perdo due postazioni.

Avevo ragione tempo fa a scrivere che "il silenzio premia". E che anche i freddi
algoritmi di Wikio sono più furbi che intelligenti. Così come la promessa
"analisi semantica" altro non è se non uno specchietto per le allodole.

Una postilla "interna". Il raddoppio delle cifre riportate è legato ovviamente


alle segnalazioni ricevute in home (qui l'elenco), due ad agosto e cinque a
settembre. Il mio record è stato di cinque a maggio, luglio e settembre. Quello
negativo ad aprile, con una segnalazione soltanto.
Questo per dire che ha ragione Amanda nel suo commento, per cui la ringrazio
pubblicamente.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 59

[14.10.2008, Anno III, post n. 312 (689)]

Avvisto_stampa_ago2008

Scritto il 14/10/2008 alle 16:41 nella Internet e media | Permalink | Commenti


(1)
13/10/2008
"Mai servito nessuno"
Edoardoagnellirepubblica La collega blogger Amanda ha scritto un commento.
Le ho promesso per mail una risposta pubblica.
La condenso nel ricordo di un articolo apparso sulla "Stampa" del 16
novembre 2000, per la tragica scomparsa di Edoardo Agnelli. Lo firmò
Pierangelo Sapegno.

Ecco la parte che mi sembra utile non per chiudere il discorso, ma anzi per
aprirlo, andando aldilà dei casi personali e delle esperienze singole: "A Malindi,
nella mischia dei giornalisti, il collega che apprezzava di piu' era Vittorio
Ragone dell'Unita', perche' gli sembrava il meno servizievole. Quello che
apprezzava di meno era il cronista de La Stampa. Lo evitava addirittura,
dicendo: "Io non ho mai servito nessuno. E tu?". Il cronista rispose: "Cerchero'
di imparare". Da allora Edoardo Agnelli si distese, e prese a trattare
amichevolmente quel cronista".

Schiena dritta, insegnò dunque quel "giovane Agnelli" ad un cronista. Non


aggiungo altro. La morale della favola è chiara. Ad un vecchio lettore, blogger
per passatempo senile, non interessano citazioni in home page per
decorazione sul bavero della giacca. Ci sono però atti che ricadono non
soltanto sulla mia persona, ma sulla società in cui viviamo.
Edoardo Agnelli ci ripropone quella sua frase: "Io non ho mai servito nessuno.
E tu?". Adesso, chiudete pure d'imperio il blog, se quella frase non piace.

[13.10.2008, Anno III, post n. 311 (688)]

Scritto il 13/10/2008 alle 17:22 nella Giornalismo | Permalink | Commenti (1)


11/10/2008
Famolo strano
Famolo Famolo strano sto blog...

Le statistiche sono utili. Il blocco di segnalazione dei blog in home page della
"Stampa" ha funzionato fra maggio e settembre come minimo per 44 volte (6
a maggio, 9 a giugno, 10 a luglio e settembre, 9 in agosto).

Mai un blocco di segnalazione è durato 24 ore, come quello del 9 settembre.


Mai un blocco di segnalazione è stato riproposto quasi uguale, cioè con tre
rimozioni soltanto e cinque riconferme.

Però è successo un altro fatto che mi riguarda, il primo luglio: non ho la


relativa documentazione fotografica ma un commento postato da Osman: "Io
stamattina 1 luglio ore 11 vi ho visto in HP (Gobettiano e Antonio). Vi ho
cliccato e quando sono tornato di nuovo in HP (10 minuti) eravate spariti. Lo
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 60
giuro". Forse il post era quello dedicato al "professorino" Veltroni?

Soltanto una precisazione: il link fisso nella pagina politica mi è stato


assegnato dalla redazione Internet nel marzo 2007. Da quel momento ho
creduto di intendere che dovessi occuparmi prevalentemente di quel tema. Se
mi sono sbagliato, fatemelo sapere.

Altrimenti sono costretto a farlo "strano" sto blog. Dalla pagina internet della
politica, parlerò di coleotteri e resti fossili.

[11.10.2008, Anno III, post n. 310 (687)]

Avvisto_stampa_ago2008

Scritto il 11/10/2008 alle 17:38 nella Internet e media | Permalink | Commenti


(3)
10/10/2008
Segnalati di ieri e di oggi

200810confronto910

In rosso indico i post rimossi oggi dalla lista di ieri (a sinistra), ed in verde i
testi o gli autori rimasti in elenco.

Grazie per la segnalazione di ieri.

Scritto il 10/10/2008 alle 17:10 nella Internet e media | Permalink | Commenti


(0)
Solito trucco
Tremontiinsenato Nessuno ne sapeva niente di quell'emendamento che
doveva salvare Geronzi, Tanzi e Cragnotti? E' passato al Senato il 2 ottobre.
Scappa fuori la Gabanelli che preannuncia la sua trasmissione prevista per
domenica 12, e scoppia il caso.

Tremonti s'arrabbia (nella foto), in Senato: via l'emendamento o via il ministro


dell'Economia. Il capo del governo non ne sapeva nulla. Minimizza: trattasi
soltanto di un "disguido". Di Alfano ("Grazie e Giustizia") non conosciamo il
parere. L'opposizione non s'è accorta di niente. La felicità, come nei casi dei
cornuti, nasce dal non conoscere le cose.

Quell'emendamento inserito a sorpresa nel decreto Alitalia, è il solito, vecchio


trucco da prima Repubblica, a dimostrazione che essa è ancora viva e lotta
contro di noi.

[10.10.2008, Anno III, post n. 309 (686)]

Scritto il 10/10/2008 alle 12:04 nella Politica | Permalink | Commenti (2)


09/10/2008
Una domanda
Brunettaetmoda Una sola domanda unisce le due foto.
La signorina che sfila per la biancheria intima ed il ministro Brunetta, che cosa
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 61
si sono messi in testa?

Per la fanciulla la risposta è chiara.


Trattasi di un diversivo, oltretutto illogico: perché con tanta bellezza esposta,
uno dovrebbe guardare il cappello?

Per il ministro, occorre un'addizione alla foto nuda e cruda.


Brunetta ha detto che gli insegnanti italiani guadagno troppo.
Aveva già dichiarato che essi "non formano, non preparano, non producono",
e quindi non meritano altri soldi.
Siamo dunque alla fissazione maniacale?

Mentre la signorina si è esposta per il breve flash di una sfilata, Brunetta resta
sulla ministerial poltrona ed insiste contro gli insegnanti con un fervore che
sembra sublimare più secreti ardori. O celare antichi rancori.

Bacio

[09.10.2008, Anno III, post n. 308 (685)]

Fonte foto Brunetta, Panorama

Scritto il 09/10/2008 alle 17:37 nella Politica | Permalink | Commenti (0)


Mal di stomaco
Veltroni250908 Lo scorso 11 settembre ("Libro e confetto") riportavo lo slogan
di Tremonti "Un voto, un libro e un maestro", aggiungendo che non ci
piacerebbe che dietro "un solo libro" ci fosse "il pensiero unico".

Il 28 settembre citavo l'intervista di Veltroni al "Corrierone": l'Italia rischia il


"modello Putin". Pure da noi comincia ad esserci un "pensiero unico".
Il 6 ottobre Veltroni ha rincarato la dose: in Italia "il sistema della
comunicazione è piegato al pensiero unico".

Ieri il senatore Paolo Guzzanti (Pdl), a cui di recente è stata tolta la scorta, ha
dichiarato che il Berlusconi difensore di Putin sulla Georgia, lo fa "vomitare".
Dunque pure lui si sta lentamente accorgendo del trionfo del "pensiero unico"
nella politica?

Guzzantistampa Questi signori, sia del governo sia dell'opposizione, debbono


avere i riflessi meno lenti.
Intanto su Guzzanti piovono le solite accuse da "pensiero unico": ha distorto la
realtà, non si parla così al capo del governo...

Stamani a Radio3 il ministro Alfano ha portato un altro autorevole contributo


alla pratica del "pensiero unico": la gente ha votato Berlusconi, i sondaggi
sono con noi, lui deve governare ed incontrare il papa, mica andare in
tribunale, quindi il "lodo Alfano" non va criticato ma accettato...
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 62

Senatore Guzzanti, oltre a Putin si dedichi al "lodo Alfano": e veda se pure


esso la fa "vomitare" come a molti altri italiani.

Tremonti

[09.10.2008, Anno III, post n. 307 (684)]

Scritto il 09/10/2008 alle 11:35 nella Politica | Permalink | Commenti (2)


08/10/2008
Se Silvio segna
Brunetta081008carmen Sconvolgente scoperta del ministro Brunetta. Gli
insegnanti non sono calciatori. Che guadagnano di più se vincono, con il
premio partita.
Gli insegnanti non sono bravi, e quindi possono fare la fame legalmente: "non
formano, non preparano, non producono". E quindi nessun premio partita per
loro.
Lo ha detto a Madrid, e ne riferisce su "Repubblica" di oggi in una lettera un
docente del liceo italiano di quella capitale, il prof. Salvatore Coppola.

Il "discorso" di Madrid di Brunetta è in perfetta sintonia con il "Non me ne


frega niente" di Berlusconi diretto all'offerta veltroniana di collaborazione sulla
emergenza economica.
Il cavaliere ha giustificato la battuta: di notte non parlo con i giornalisti. Bacio
Aveva fretta per rispettare il suo ruolino di marcia, illustrato al popolo di
recente. Tre ore di sonno per fare tre ore d'amore. Brunetta, se il cavaliere
segna, gli dà il premio partita.

[08.10.2008, Anno III, post n. 306 (683)]

07/10/2008
Ci fanno
Ci sono e ci fanno, i ministri. Diventano macchinette che sfornano parole. Il
cervello non ha il tempo necessario per formulare un pensiero organico.
Nel sistema delle conoscenze, come s'intitola un volume di Umberto Eco,
dall'albero siamo passati al labirinto.
Dall'albero discendono le scimmie, e dalle scimmie noi umani, Roma
permettendo.
Nel labirinto non si cerca soltanto la via d'uscita, ma ci si può pure perdere per
sempre.

Tremonti nel 2003 proponeva mutui sulle case seguendo quello stile Usa di cui
si raccolgono gli effetti dirompenti ora.
Non è colpa di Tremonti. Lui, lo fanno parlare dappertutto. Tranne che al
consiglio dei ministri dove la legge finanziaria l'hanno approvata in nove
minuti nove.
Ha le feste di partito, le interviste, le chiacchierate con i cronisti, le bicchierate
con gli amici, le prediche di Re Silvio e le lezioni di etica delle signore
Berlusconi figlie...
Poveretto, non trova un attimo di riposo. Per elaborare un pensiero.
Se al Corrierone ha detto: "Non è la fine del mondo, ma la fine di un mondo",
la colpa è di Domenico Siniscalco che lo aveva già scritto sulla "Stampa".
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 63

Un filosofo ha "copiato" alcune cose altrui in propri libri? Si è difeso (ha


raccontato PG Battista su "Magazine") con una sublime definizione del
pensiero: "Non è un ragionamento".
Quindi anche i migliori intellettuali e ministri possono sragionare pur
pensando. Alberto Ronchey sul "Corrieronne" ha scritto oggi che qualche voce,
nel presente marasma dei mercati, tende "all'ipotesi che il celebre 'homo
oeconomicus', in certi casi, non sia del tutto sano di mente". Ovvero ci fanno
ma non ci sono.

[07.10.2008, Anno III, post n. 305 (682)]

Scritto il 07/10/2008 alle 16:24 nella Politica | Permalink | Commenti (1)


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06/10/2008
Silvio il Rosso
Adirato Ha vinto, ha stravinto, ma si sente insicuro. Quando si guarda allo
specchio si vede minacciato da fantasmi armati di lunghi coltelli. Accusa gli
"altri" di sfascismo. Gli amici di cui si è circondato lo hanno tirato sù a pane e
memorie comuniste. Adesso vede l'opposizione con lo stesso occhio di un
"cumunista" degli Anni Cinquanta.
Povero Silvio Re di Arcore, trasformato dagli amici in Silvio il Rosso, che non
vuol sentire le opinioni dei dissidenti e dei frazionisti. Se gli volete bene,
signori della sua corte, smettetela di fargli credere che Lenin sia un modello
da imitare.

[06.10.2008, Anno III, post n. 304 (681)]

Sitemeter

Scritto il 06/10/2008 alle 17:36 nella Politica | Permalink | Commenti (7)


Le vie della guerra
Sanlorenzo Un viaggio nel passato. In quel passato che vuol dire soltanto
guerra. Ne è nato un libro che il suo autore, Fabio Glauco Galli, ha intitolato
"La città invisibile". E che lui stesso spiega così: è una specie di "mappa" verso
un luogo sconosciuto, appunto la guerra 1940-44, compiuto da chi non c'era,
interrogandone i testimoni.

Il testo prosegue in questa pagina speciale.

[06.10.2008, Anno III, post n. 303 (680)]


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 67

Nella foto la chiesa di San Lorenzino a Riccione.

Scritto il 06/10/2008 alle 17:14 nella Storia | Permalink | Commenti (0)


05/10/2008
Cosa nostra
MarinabisHo definito "confuse" le proposte avanzate da Marina Berlusconi per
uscire dall'emergenza economica del momento.
Mi conforta oggi l'illustre parere di Barbara Spinelli che ha chiamato "singolare
e parecchio infelice" oltre che "immemore", quella dichiarazione di Marina
Berlusconi.

Il discorso di Barbara Spinelli affronta tutti i principali temi dell'attualità


politica italiana ed internazionale, legandoli fra loro come è inevitabile: la
campagna elettorale degli Usa, i progetti berlusconiani che fanno temere una
prospettiva da regime, l'uso antidemocratico che può essere fatto
dell'emergenza finanziaria con rinvio storico a quanto già accaduto nella
Repubblica di Weimar.

Il misero spazio di un post e la pochezza di un "lettore" non permettono altro


che di fare una modestissima aggiunta.
Ha ragione Barbara Spinelli, occorre "vigilare sulla società aperta e i suoi
nemici interiori".
Ma quella "libera informazione" (che lei elenca assieme a verità e separazione
dei poteri come presidii della democrazia), deve essere veramente "libera". Da
chi dipende ciò? L'informazione italiana ha sufficiente forza per essere
"libera"?
Se le proposte di Marina Berlusconi sono "cose di casa" sua, la democrazia è
"cosa" nostra, la cosa e la casa di tutti s'intende.... Ecco perché occorre avere
cara la "libera informazione".

[05.10.2008, Anno III, post n. 302 (679)]

Sitemeter

Scritto il 05/10/2008 alle 17:44 nella Politica | Permalink | Commenti (2)


04/10/2008
La nostra crisi
Tremonti Quanto pesano in politica i disprezzati "conti della serva"? Che
sarebbero poi l'occhiata al portamonete ed il confronto con i cartellini dei
prezzi. Dietro il gran parlare di crisi dei mercati, c'è nascosta questa piccola
verità: con le teorie degli illustri economisti non ci si riempie la pancia.
La crisi economica è mondiale. Il suo terremoto (scrive oggi sul "Corrierone"
Galli della Loggia), preannuncia grandi mutamenti "non solo negli Stati Uniti
ma in tutto l'occidente e forse neppure qui soltanto".
In questo contesto "le leadership esistenti, specie economiche" sono colpite
da un'ondata di discredito che favorisce insofferenze nella popolazione, e
causa le "delegittimazioni delle classi dirigenti e degli assetti politici
tradizionali". Noi abbiamo già dato.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 68

La destra italiana al governo, ha un suo teorico dell'Economia in Giulio


Tremonti a cui Piero Ostellino (ancora sul "Corrierone") dà un sonoro schiaffo,
pur essendone amico: quando Tremonti parla di "mercatismo" usa una parola
nuova per dimenticare il "mercantilismo, e non ragiona da liberale. Ovvero
(traduco) non ragione da berlusconiano, ma da uomo (addirittura) di Antico
regime... Per cui il Re Sole sarebbe Berlusconi (come già sapevamo...).

Da liberale sincero Ostellino, senza affermarlo, finisce per condividere i timori


della sinistra sulla democrazia in pericolo.
Resta come verità quello che su "Repubblica" scrive Vittorio Zucconi a
proposito delle elezioni americane: "Il dibattito fra persone conta poco di
fronte al dibattito della realtà". E Berlusconi in agosto negava che fosse
possibile una recessione dell'economia.
Galli della Loggia spiega: "La crisi appare economicamente mondiale ma
politicamente è quasi esclusivamente nazionale". Poveri noi, dunque.

[04.10.2008, Anno III, post n. 301 (678)]

Sitemeter

Scritto il 04/10/2008 alle 17:37 nella Politica | Permalink | Commenti (0)


03/10/2008
Spunta il Colle
Napolitano "Deve fare qualcosa di più", aveva detto Antonio Di Pietro
riferendosi al capo dello Stato, e non limitarsi a dire: "Voletevi bene". E
stamani sembra che Giorgio Napolitano abbia seguito il suo suggerimento.
Parlando a nuora perché suocera capisse.

Napolitano ha telefonato al digiunatore Marco Pannella, e lo ha fatto sapere.


Tema, l'elezione del presidente della commissione di Vigilanza Rai e quella del
giudice della Corte costituzionale. Sono "obblighi a cui il Parlamento non può
ulteriormente sottrarsi, in quanto toccano la funzionalità di importanti istituti
di garanzia". Ogni forza politica può dare la sua diversa valutazione, ma deve
prevalere "la consapevolezza dell'inderogabile dovere costituzionale da
adempiere".

Dunque qualcosa di nuovo si muove nella situazione politica italiana? Il Colle


adempie la sua funzione. Ma, ragionando terra terra, son cose che senatori e
deputati dovrebbero comprendere da soli.
Perché ci si sia mantenuti nello stallo, lo si capisce. Il governo voleva
intrappolare la minoranza. La quale, nel ramo veltroniano del Pd, ha fatto di
tutto per dare una mano al governo, attaccando Di Pietro e definendo
inaccettabili le sue parole di critica a Napolitano.

Ma Napolitano sembra oggi dare più ragione a Di Pietro che a Veltroni ed al


governo.

[03.10.2008, Anno III, post n. 300 (677)]


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 69
Scritto il 03/10/2008 alle 16:40 nella Politica | Permalink | Commenti (1)
02/10/2008
Cose di casa
Marinabis La signora Marina Berlusconi, grazie al Cielo ed a suo papà, può
avere le idee chiare sulla confusione mondiale del momento. E può avanzare
proposte confuse più per merito dell'ambiente in cui vive ed opera, che per
colpa propria.
Idee chiare: "C'è finanza e finanza" ha detto in un'intervista al "Corrierone".
Quella da giocatori di poker con le carte truccate. E quella "sana,
parsimoniosa" come la sua Mediobanca.

Idee confuse. Occorrono più regole, ma soltanto per l'emergenza. Poi dopo
"non spazziamo via quei semi della cultura liberale che a fatica stavano
germogliando anche da noi".

Non ci eravamo accorti che ci fossero i frutti di un'economia socialista, a meno


che tali non siano considerati gli aiuti che lo Stato in passato ha fornito ad
industrie automobilistiche private.
La signora sa che per l'Alitalia, i debiti sono stati caricati sulle tasche di tutti i
cittadini. Questo lei lo chiama liberalismo?

Politica. La signora ha detto: "Di governi che decidono non c'è mai stato tanto
bisogno come adesso". Ha ragione, vedere appunto l'Alitalia. Se questo, e non
può essere diversamente, è il concetto di Stato della signora Marina, non c'è
bisogno di un'intera pagina del "Corrierone" per spiegarla sotto il titolo
catastrofico: "Il mondo è in piena crisi e Veltroni parla di regime...".
Pagina che le serve soltanto per dire: con tutto 'sto casino economico, Veltroni
parla ancora di vecchie cose come il conflitto di interessi.

Merita dieci e lode la signora (ammesso che la ministra Gelmini conceda la


lode) perché ha tirato l'acqua al suo mulino fingendo di assumere il ruolo di
avvocato del popolo. Tutta suo padre che minaccia decreti legge giornalieri,
dimenticandosi che deve firmarli il capo dello Stato. Per cui, come al solito, il
cavaliere ha dovuto far marcia indietro e pensare che sopra palazzo Chigi c'è il
Quirinale.

Oggi alla Bocconi è cominciato quel convegno sull'etica nell'economia che è


organizzato tra gli altri da Barbara Berlusconi. E' intervenuta anche sua
madre, Veronica Lario.
Anche Barbara aveva messo in ombra il discorso sul conflitto d'interessi. Sì
merita una regolamentazione, però non interessa alla gente.

In un modo o nell'altro la famiglia Berlusconi è d'accordo sul fatto che non se


ne parla e non se ne parlerà per le diverse motivazioni addotte.
La signora Lario ci ha confortato: esistono difficoltà economiche in Italia, "si
sentono e si toccano con mano".
Insomma non sono un'invenzione di Veltroni. Il quale non è stato riconoscente
verso il cavaliere: non potrà mai diventare capo dello Stato, ha detto, perché
al Quirinale salgono soltanto "figure che garantiscano la Costituzione,
conoscano le regole del gioco, rispettino le opinioni di tutti, accettino il
dissenso. Tutto ciò che Berlusconi non è".

Oggi Berlusconi ha smentito di aver definito "inesistente" il segretario del Pd.


Berlusconi lo aveva detto, anche se in "privato" e non in pubblico, e lo si era
letto sui giornali: "Veltroni? Aveva cominciato bene, ma nei fatti è adesso del
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 70
tutto inesistente". Vedere sul web, 17 settembre, incontro del comitato
costituente del Pdl, a porte chiuse al Tempio di Adriano, a Roma.

[02.10.2008, Anno III, post n. 299 (676)]

Scritto il 02/10/2008 alle 17:26 nella Politica | Permalink | Commenti (4)


01/10/2008
L'antipapista
Papista E adesso chi lo ferma più Veltroni?
Stamani ha risposto a PG Battista che sul "Corrierone" lo aveva accusato di
usare vecchi schemi mentali.
Ha ragione, Veltroni, quando sostiene di essere stato insultato da Berlusconi
con la qualifica di leader "inesistente" e con il giudizio di essere politicamente
un "fallito" che dovrebbe "ritirarsi dalla politica".

Ma meraviglia la sua meraviglia. Che cosa di meglio avrebbe dovuto incassare


da un signore che è abituato a ragionare in termini non di rispetto della
democrazia e delle altrui opinioni, ma di mercato: per cui chi più ha, più è.

Poi Veltroni oggi se l'è presa con Di Pietro. Il quale aveva tirato le orecchie a
Giorgio Napolitano con quella schiettezza che fa perdonare anche le
(presunte) impertinenze: "Il Capo dello Stato dice cose giuste, ma un po'
ovvie, nel senso che dice 'amatevi e voletevi bene'. Questo è un
comportamento da papista, ma il capo dello Stato deve fare qualcosa di più".

Veltroni01g
Sinceramente Di Pietro non ha tutti i torti. Veltroni però sostiene che sono
parole inaccettabili, quelle di Di Pietro, e Veltroni è uomo d'onore. Per cui
dobbiamo credergli. Anche se nel nostro intimo la questione della firma del
"lodo Alfano" è un particolare non di poco momento nella questione del
rispetto della Costituzione.

Giorgio Napolitano ha un progetto onesto. Mettere d'accordo tutti per salvare


l'Italia. A questo tema si riferiva Di Pietro, quando ha commentato che è inutile
che Napolitano "ci dica di volerci bene. Imponga il suo ruolo per far nominare
il giudice della Corte Costituzionale", ad esempio.

Dalla mozione degli affetti alle questioni costituzionali, il passo è lungo. Di


Pietro lo ha compiuto senza doppi fini. Veltroni invece nel difendere
Napolitano accusa il suo alleato Di Pietro di muovere attacchi ciechi e
strumentali.
E' un Veltroni molto berlusconiano. Che dimentica di essere stato definito dal
cavaliere un "fallito". La stessa cosa in fin dei conti pensa Veltroni a Di Pietro.
Ma tutto ciò a chi giova?

[01.10.2008, Anno III, post n. 298 (675)]

30/09/2008
Dolcetti Usa
E' un bel paradosso che il conservatore Bush sia odiato da molti suoi elettori
che lo accusano di esser divenuto "socialista" con il piano Paulson per il
salvataggio della finanza americana.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 71
Bocciato alla Camera per la defezione di 35 deputati repubblicani che non
hanno accolto l'appello a votarlo, il piano non è apparso alla gente "una legge
coraggiosa" (come l'aveva definita Bush). E necessaria, anche se dura da
digerire.

L'opinione pubblica ha vinto: il mondo della finanza si arricchisce presentando


a noi il conto. Il piano Paulson è risultato indigesto e non è passato. Un
deputato georgiano l'ha chiamato "una grossa merda di vacca con un dolcetto
in mezzo".
Alla fine ha ragione la democratica Nancy Pelosi: "la festa è finita", e con essa
un "sistema senza regole e controlli". Ovvero il "vecchio" mondo ha
dimostrato di non saper funzionare. Domanda: come sarà il "nuovo" mondo?

Paul Samuelson, Nobel per l'Economia nel 1970, ex consigliere di JFK, spera in
una vittoria di Obama. Se andrà alla Casa Bianca, ha detto a "Repubblica",
sarà grazie a McCain ed al suo vice, quella "almost a joke", cioè quella
"barzelletta" Sarah Palin: "Voi italiani sapete benissimo di cosa sto parlando.
Non avete un Parlamento pieno di soubrette?".

Appunto: e noi? Illuminante l'accusa di PG Battista nel fondo del "Corrierone" a


Veltroni. Il quale si sarebbe scagliato contro il "putinismo" del cavaliere
soltanto perché la sinistra segue unna vecchia "narrazione". Quella che vede
offese alla democrazia in ogni oppositore.
PGB avrebbe ragione se l'avversario Berlusconi non fosse il simbolo di quel
"pensiero unico" di cui soltanto ora Veltroni si è accorto. (Al conflitto
d'interessi il governo Prodi non ha pensato...)

Anche Enrico Letta è costretto ad ammettere (al "Corrierone") che "il


problema è lui, Berlusconi". Anche se poi si avvita in una contraddizione tutta
democristiana: Veltroni ha fatto bene a denunciare l'allarmante riduzione, nel
nostro Paese, di certi spazi di democrazia", però non possiamo pensare di
vincere le elezioni con l'antiberlusconismo.
Senza antiberlusconismo le hanno già perse una volta. Una competizione
elettorale non è un calmo té nel salotto buono.
Se fossimo negli Usa, Letta guarderebbe soltanto al dolcetto centrale di cui
parla quel deputato georgiano. In base alla teoria che anche le merde di vacca
servono a qualcosa. Peggio per chi è costretto a viverci dentro, come talora
succede. I politici hanno sempre il dolcetto. A noi resta il resto.

[30.09.2008, Anno III, post n. 297 (674)]

Questo post è stato segnalato il primo ottobre in home della Stampa.it.

29/09/2008
Chiodi fissi
Da giovani, a chi parlava soltanto della rosa fresca aulentissima, gli si diceva
che ce l'aveva stampata sulla fronte. Insomma un chiodo fisso.
Lo stesso è per Berlusconi, circa la Giustizia. Si sente un perseguitato. Dopo
l'intervista di Veltroni, la sua reazione è stata di dichiararsi sicuro che il lodo
Alfano "passerà al vaglio" della Corte Costituzionale. E che in caso contrario
"servirebbe una profonda riflessione sulla giustizia...". Come dire: se i supremi
giudici mi fanno questo torto, ci penso io.

Oggi si ha la rivelazione che conferma la nostra teoria del chiodo fisso. Nel
prossimo libro di Bruno Vespa si leggeranno queste parole di Berlusconi: il
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 72
lodo Alfano è "un provvedimento necessario in un sistema giudiziario come il
nostro in cui operano alcuni magistrati che invece di limitarsi ad applicare la
legge, attribuiscono a se stessi e al loro ruolo un preteso compito etico".

Veltroni non ha nessun merito e nessuna colpa nell'avere fatto infuriare il capo
del governo. Ricordiamo quell'intervista concessa dal cavaliere ad Enzo Biagi:
"Sono sceso in politica per salvare l’azienda e per evitare la galera". Il
programma continua.

Ha ragione Dario Franceschini, vicesegretario del Pd: è un "tentativo


gravissimo di Berlusconi di intimidire la Corte Costituzionale".
Aggiungiamo: le parole di Berlusconi dimostrano che non conosce la
Costituzione. La Corte costituzionale non fa parte dell'ordine giudiziario: si
veda al Titolo VI. Garanzie costituzionali, Sezione prima. La Corte
costituzionale, articoli 134-135.

Altro chiodo fisso, questa volta nel Pd: prendersela con Prodi. E' sua la colpa,
secondo Giorgio Tonini, dell'autoritarismo di Berlusconi.

Chiodo scaccia chiodo. Berlusconi resterà tranquillo a governare con


quest'opposizione veltroniana, e diventerà presidente di una Repubblica che
adatterà alle proprie idee.
Già nei tribunali la scritta "La legge è uguale per tutti" è stata sostituita dalla
massima "La Giustizia è amministrata in nome del popolo italiano". Come per
dire: noi abbiamo avuto i voti e facciamo quello che ci pare.
Ha ragione Curzio Maltese: "la Costituzione è già morta e quasi nessuno se n'è
accorto".

[29.09.2008, Anno III, post n. 296 (673)]

28/09/2008
Veltronismi
Rischiamo il modello Putin, dice Walter Veltroni al "Corriere della Sera". Ma la
colpa non è di Berlusconi, se tutto l'Occidente si trova nella stessa condizione,
con una "organizzazione del potere che rischia di apparire autoritaria".

Più cauto di così, Veltroni non poteva essere. Poco dopo però dichiara che in
Italia non ci sono più "le condizioni minime, fisiologiche del confronto". Che
comincia ad esserci un "pensiero unico". E che non spetta al dottor Bonaiuti
dare patenti di democrazia...
Ma se siamo messi così male, Veltroni non avrebbe dovuto confondere la
situazione italiana nel contesto europeo. Oltretutto sulla Gelmini che arriva a
Cernobbio in elicottero, dà una notizia già smentita dall'interessata.

Veltroni dovrebbe cominciare a ragionare dalle conclusioni, sul "pensiero


unico" e chiedersene le cause. Troverebbe che il contesto occidentale non
c'entra nulla, e che la colpa è di colui per il quale il dottor Bonaiuti ci affligge
dai telegiornali criticando qualsiasi opinione l'opposizione esprima sul
governo.
A volte si vede benissimo che anche a Bonaiuti viene da ridere, per cui corre
veloce a dare le sberle agli avversari. Aumentando la comicità dei tiggì.

Nelle frasi di Veltroni non poteva mancare il richiamo agli Usa: "Guardiamo
agli Stati Uniti dove Bush chiama ed i democratici rispondono".
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 73
Là dalla Casa Bianca chiamano l'opposizione perché il partito di governo (i
repubblicani) non riesce a digerire la faccenda del sostegno di Stato alle
finanze private, il piano Paulson. Negli Usa tacciono attoniti gli ideologi del
liberismo, scrive Massimo Gaggi sullo stesso "Corriere". Dove Maria Laura
Rodotà osserva: "Nessuno capisce niente di questa elezione anche per via
della balcanizzazione dell'informazione".

Se sono messi male loro negli Usa, il nostro modello citato da Veltroni tre volte
al giorno prima dei pasti, figurarsi la nostra povera Penisola. Che grazie al
cielo non ha ancora avuto un personaggio come Sarah Palin, "tenuta lontana
dai giornalisti" dopo che "le sue uniche tre interviste sono state penose",
c'informa Rodotà. Una repubblicana, Katlheen Parker, ha scritto su "National
Rewiew" che Sarah Palin è diventata un "imbarazzo" per McCain per la sua
ignoranza in economia e politica estera. E l'ha invitata a ritirarsi, "forse
spiegando che vuole dedicare più tempo al suo ultimo nato".
Veltroni potrebbe trasferirsi negli Usa dove ha comprato casa per la figliola
mandata là a studiare.

Su Veltroni, un precedente post "Crisi bipartisan".

[28.09.2008, Anno III, post n. 295 (672)]

27/09/2008
Lodo Collodi
Modesta proposta. In attesa che si pronunci la Corte costituzionale, al "lodo
Alfano" cambiamogli nome, chiamiamolo "lodo Collodi". Indica meglio la sua
natura. A chi l'ha proposto dovrebbe crescere il naso come a Pinocchio. L'art.
1 è uguale all'art. 1 comma 2 del "lodo Schifani" (2003) dichiarato
incostituzionale dalla Suprema Corte nel 2004.
Ieri sera a Milano il tribunale in cui è in corso una causa che vede come
imputato Silvio Berlusconi, ha deciso di chiedere il parere della Corte
costituzionale.

A richiamare l'attenzione della sentenza del 2004 relativa all'articolo del "lodo
Schifani" travasato in quello di Alfano, è stato di recente il presidente emerito
della stessa Corte costituzionale Antonio Baldassarre, in un'intervista al
"Corriere della Sera".
Oggi il quotidiano di via Solferino dimentica quella intervista, anche se ricorda
la sentenza del 2004. E riapre il discorso con due pareri opposti. A favore del
"lodo Alfano" è un altro ex presidente, Alberto Capotosti. Contro, il
costituzionalista Alessandro Pizzorusso. Ma la sentenza del 2004 dovrebbe
tagliare la testa al toro.

Questo però non lo si può scrivere perché si aprirebbe un delicato problema di


carattere politico ed istituzionale: come mai il Quirinale ha firmato il "lodo
Alfano" nonostante la sentenza della Corte costituzionale del 2004?
Indirettamente alla domanda risponde Curzio Maltese nel supplemento libri di
"Repubblica" recensendo "Bolzaneto" di Massimo Calandri: in Italia "la
Costituzione è già morta e quasi nessuno se n'è accorto".

La vicenda del "lodo Alfano" copia-conforme dello Schifani, per il modo in cui è
stata oscurata rientra tra quelle "solite litanie quotidiane" di cui parla stamani
sulla "Stampa" Lucia Annunziata. E che impediscono di vedere i veri problemi.
Lo "scenario terrificante" di cui Lucia Annunziata parla a proposito degli Usa,
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 74
("un vuoto di potere al centro dello stesso potere mondiale"), potrebbe essere
lo stesso su cui collocare la vicenda del "lodo Alfano", per i motivi indicati da
Curzio Maltese: "la Costituzione è già morta e quasi nessuno se n'è accorto".

La responsabilità maggiore ricade sulle spalle dei politici o del "quarto potere"
dell'informazione?
Un opinionista moderato e conservatore come Piero Ostellino nello stesso
"Corriere della Sera" di oggi censura lo scandalismo che predomina in certi
giornali che non amano le inchieste.
La vicenda del "lodo Alfano" non rientra nella categoria dello scandalismo o
dell'inchiesta. Racconta le paure di un'informazione che teme di turbare gli
attuali equilibri politici.

Speriamo che, in un giorno non lontano, si possa leggerne qualcosa sul tipo di
quanto oggi sulla "Stampa" ci ha offerto Mattia Feltri con l'impeccabile
ricostruzione della biografia politica di Luciano Violante.

Fonte foto: liberoblog.libero.it

[27.09.2008, Anno III, post n. 294 (671)]

26/09/2008
Fregoli Alitalia
Leopoldo Fregoli, l'attore trasformista "nonno" artistico del più celebre Arturo
Brachetti, ha ispirato i capitani coraggiosi di Alitalia. Come ha rilevato Luca
Piana, e come leggo nel blog "unoenessuno", "Luca Piana de l'Espresso ha
messo in luce un aspetto poco noto: la banca che ha valutato la parte sana di
Alitalia si chiama Banca Leonardo, che ha tra gli azionisti anche alcuni
esponenti della cordata (Ligresti e Benetton). Chi ha comprato è stato anche
dietro a chi valutava il prezzo".

Immaginate le scena: il banchiere legge i bilanci, stabilisce il valore. Poi esce


da una porta ed entra dall'altra presentandosi come acquirente di Alitalia.
Divertente, il capitalismo italiano.

A proposito di fatti eclatanti. Il ministro Brunetta ha dovuto ammettere che "i


concorsi per i primari negli ospedali, nella stragrande maggioranza, non sono
trasparenti e non premiano i migliori".
Su "Repubblica" di oggi il dottor Salvatore Belcastro, un ex primario di
Chirurgia con circa 40 anni di esperienza, scrive: "Qualcuno ricorderà che poco
più di un anno fa venne denunciata sulla stampa e sui media la estrema
politicizzazione della scelta dei primari". In Lombardia comanda Cielle, in
Emilia il Pd, in Sicilia e Calabria il centro-destra. Ma "spesso i posti vengono
distribuiti col metodo consociativo, 'uno a loro ed uno a noi'...".

Adesso che Brunetta ha ammesso che "i concorsi per i primari negli ospedali,
nella stragrande maggioranza, non sono trasparenti e non premiano i
migliori", ci aspettiamo qualche suo intervento. Chieda un passaggio ai
colleghi che vanno con i soldati nelle strade. Possono prestargli qualche
Finanziere.

[26.09.2008, Anno III, post n. 293 (670)]

Il post di ieri, Crisi bipartisan, è segnalato oggi in home della Stampa.


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 75

25/09/2008
Crisi bipartisan
"Vale a destra come a sinistra", scrive don Antonio Sciortino a proposito
dell'eclisse della partecipazione e della crisi della "democrazia di opinione" in
Italia. Sotto accusa quindi è tutta l'attuale classe politica.
Vorrei tanto dire che don Sciortino, direttore di "Famiglia Cristiana", ha torto.
Ma non posso, per non contraddire quanto penso da tempo.

Il suo saggio destinato a "MicroMega" è anticipato oggi su "Repubblica". Dove


un completamento a questa diagnosi si può trovare in un altro pezzo che non
parla dell'Italia, ma della politica americana vista sotto l'aspetto medico.
Mario Calabresi riferisce della "Mente politica" un saggio di Drew Westen,
docente di Psicologia clinica. Wester teorizza: "Devi difenderti quando ti
attaccano", altrimenti perdi le elezioni.
Ricordate Veltroni: basta con l'antiberlusconismo, ed infatti le urne gli hanno
dato una bella sberla.
Sul ring ho imparato, aggiunge Westen, che al primo colpo che ricevi sotto la
cintura lo dici all'arbitro, "ma la seconda gliene restituisci uno forte il doppio,
così non ci riprova più".

Da noi con il Pd sta succedendo come nella celebre scenetta di Totò, a cui uno
dava schiaffi chiamandolo Pasquale. E lui non reagiva perché mica si
chiamava Pasquale.
Veltroni le ha prese. Adesso ragiona come il suo antagonista, in base ai
sondaggi. Si dichiara felice delle percentuali registrate. Che sono inferiori a
quelle del voto alle politiche.

Ma non diamo tutte le colpe a lui. Temo che un po' in tutt'Italia stia
succedendo quello che avviene a Rimini. Dove un consigliere provinciale del
Pd ha lanciato un appello ai ciellini (che hanno contribuito ad eleggere la
giunta locale di centro-sinistra ma sono con Berlusconi a Roma). Ne ha scritto
un lettore, Alberto Cristofano, in un commento. Era un invito ad interloquire
senza "rivalse personali" e "rancori".
Il commento del lettore finiva con un dubbio: "A quel segnale mi sembra che
non abbia fatto seguito alcun pubblico riscontro. Tutto viene fatto
sottobanco?".
Ecco perché ha ragione don Sciortino, anche il Pd non ama la "democrazia di
opinione" e spaccia per partecipazione le chiacchiere fra i soliti quattro noti.

[25.09.2008, Anno III, post n. 292 (669)]

24/09/2008
Se Barbara B. obietta
Barbara Berlusconi aveva detto: nel mondo della finanza debbono esserci
delle regole morali, "valori comuni che contrastino atteggiamenti
illegittimamente consentiti e pericolosamente individualisti". Ed aveva
ricordato i 27 mila dipendenti di Lehman Brothers, "che da un giorno all'altro
si ritrovano senza lavoro".

"Liberazione", il foglio di Rifondazione, ha commentato: sono parole più forti di


quelle pronunciate «da tutta l'opposizione parlamentare», a dimostrazione che
ormai in Italia «governo e opposizione sono in una famiglia sola».
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 76

E da una sola famiglia, quella appunto del cavaliere, sono venute fuori
posizioni divergenti con quelle del capo del governo, se la signora Barbara ha
potuto sostenere: "Prima o poi la ricerca del profitto si scontrerà con le norme
etiche e imporrà di scegliere tra l'una e le altre".

A Luca Ubaldeschi che l'intervistava sul conflitto d'interesse paterno, Barbara


Berlusconi ha spiegato: "Il caso di mio padre è altra storia rispetto a ciò di cui
abbiamo parlato finora. Sono convinta che il tema del conflitto di interessi
abbia bisogno di una regolamentazione, ma il voto ha dimostrato che gli
italiani non lo vivono come una necessità. Diciamo che esiste l'esigenza, non
la richiesta".

Qui la giovane aspirante manager ha compiuto una brillante capriola nel


discorso. Come al solito, la colpa è del popolo bue che non fa la richiesta di
regolazione del conflitto d'interesse, mentre le menti più elette come la sua ne
avvertono giustamente l'esigenza. A questo punto vale soltanto la pena di
ricordare che se "gli italiani non lo vivono come una necessità", il conflitto
d'interessi, un buon motivo ci deve pur essere. Forse se la signora Barbara
s'aggira cautamente per casa, in qualche angolo lo dovrebbe trovare.Leader

[Anno III, post n. 291 (668)]

23/09/2008
Buona scuola, nel 2006
Il programma elettorale di Berlusconi del 2006 esaltava la riforma Moratti
(2003), la prima ad 80 anni da quella fascista di Gentile. "Più istruzione per
tutti. La scuola cresce", diceva un grande titolo. Sottolineava le 130 mila
assunzioni dei docenti precari.

Nel 2008 Berlusconi è tornato al governo. Il nuovo ministro della Pubblica


Istruzione quando sente parlare della scuola, quella riformata da Berlusconi
nel 2003, ha una piega amara sul viso, come se venisse pronunciata una
parolaccia. Forse non ricorda il programma elettorale del cavaliere di due anni
fa.
Adesso molti di quei precari torneranno ad essere tali o disoccupati, non so
quale caos stiano preparando a Roma.

Il programma distribuito nel 2006 a tutti i cittadini s'intitolava "La vera storia
italiana". La "vera bufala" dovrebbe essere ribattezzata oggi, dopo i discorsi
della ministra Gelmini e del ministro Brunetta. Lei è convinta che la scuola sia
quella voluta da comunisti del '68. Lui crede di essere l'unico in grado di saper
far funzionare lo Stato. Il quale, a questo punto, è in uno stato pietoso. Non
per colpa degli italiani, ma dei suoi governanti attuali. Due anni fa esaltavano
quello che adesso denigrano.

Due anni fa quel programma cominciava con la più infondata opinione


economica: "Addio alla lira: il grave errore di Prodi".
Un mese fa Berlusconi, mentre la parola "recessione" circolava nei commenti
economici dagli Usa all'Europa, la rifiutava come prospettiva impossibile. I fatti
gli hanno dato torto, ma lui crede di aver egualmente ragione.

[Anno III, post n. 290 (667)]


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 77

Sitemeter

Scritto il 23/09/2008 alle 17:52 nella Politica | Permalink | Commenti (2)


22/09/2008
Brunetta capisce
Brunetta_cuccarini Il ministro Renato Brunetta comincia a capire. In
"Repubblica" di ieri s'è letta questa sua nuova dichiarazione sui medici: "I
macellai lavorano perché perché i concorsi per i primari negli ospedali, nella
stragrande maggioranza, non sono trasparenti e non premiano i migliori".

Benissimo. E' quello che abbiamo qui sostenuto il 18 scorso chiedendo di fare
luce appunto sui misteriosi concorsi: "Brunetta ha tutte le ragioni di questo
mondo. A patto che, scoperto chi è il "macellaio" in attività ospedaliera, ci
spieghi come è stato assunto, per quali meriti, contributi scientifici o calci nel
deretano (e da parte di chi questi ultimi sono stati mollati)".

Dunque ministro Brunetta? Vuol fare luce appieno o si accontenta di stare alla
ribalta con queste striminzite dichiarazioni?
Se farà luce le perdoneremo quella ridicola definizione che ella ha dato di sé
stesso, chiamandosi "la Lorella Cuccarini del governo".

[Anno III, post n. 289 (666)]

Scritto il 22/09/2008 alle 17:14 nella Politica | Permalink | Commenti (7)


20/09/2008
Scatoloni Alitalia
Cordata "Se Fiumicino non fa gli scatoloni" è il titolo di un brillante pezzo di
Maria Laura Rodotà pubblicato dal "Corriere della Sera" di stamani. Comincia
così: "A Londra e New York sono usciti sobri, silenziosi, con i loro scatoloni di
cartone. A Fiumicino, a Linate, davanti al milanese palazzo Clerici si faceva
casino, si gridavano slogan, si lanciavano battute, si festeggiava la rottura
delle trattative".

Il 15 scorso sul "Sole-24 Ore" abbiamo invece letto da Nuova York: "Nel
complesso la gente è veramente arrabbiata. L'opinione comune è che questa
crisi sia stata provocata dal top management".

Lo stesso discorso per Londra, nel medesimo articolo del "Sole-24 Ore": ""In
tutto il mondo stanno vuotando gli uffici, c'è molta gente triste", ha
testimoniato Duo Ai, 26 anni: "Molti dipendenti sono in preda alla rabbia, cosa
assolutamente comprensibile: eravamo tutti convinti che ci sarebbe stato un
acquirente per Lehman", ha concluso il giovane analista, rompendo il silenzio
espressamente richiesto dai vertici locali dell'istituto finanziario".

Wallstrettespresso La Rodotà aggiunge: "I lavoratori occidentali sono quelli


che stanno meglio al mondo. Ma quando la loro azienda cola a picco, di colpo
o con una lunga agonia, si sentono soli. E ognuno reagisce come è stato
abituato. Nella finanza anglosassone si riempiono velocemente un paio di
scatoloni, come usa, come si vede al cinema".
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 78
Non so se sia soltanto questione di abitudini personali o collettive, dato che il
silenzio è "espressamente richiesto dai vertici locali dell'istituto finanziario".

Forse i lavoratori americani ed i loro problemi vanno collocati in un contesto


meno folcloristico. Forse è utile ricordare che negli Usa prima di essere
soccorsi da un'ambulanza ti chiedono l'assicurazione malattia. Questo non
succede in Italia. Dove la destra liberale ha sempre tuonato contro lo Stato
sociale, ed ora vorrebbe farvi ricorso ad esempio per gli "ammortizzatori
sociali" nel caso Alitalia.

Una contraddizione da nulla davanti all'intervento dello Stato americano per


salvare la libera finanza di mercato. Per la quale valgono le parole (lette su
"Repubblica") di Nancy Pelosi, presidente democratica della Camera Usa:
"Vogliamo appurare com'è accaduto che i capitani dell'alta finanza hanno
accumulato milioni di dollari di salari individuali, le loro aziende falliscono, e il
popolo americano deve subentrare ad accollarsi tutti i danni".

Tornando al pezzo della Rodotà. Forse il "casino" da lei descritto per


Fiumicino/Alitalia, è molto più democratico del "silenzio espressamente
richiesto" negli Usa ai licenziati da Lehman Brothers.
Barocco07
Forse la signora Rodotà sognava un'uscita di scena delle hostess dell'Alitalia
con lo stile di una sfilata di Rocco Barocco (vedi foto)?

[Anno III, post n. 288 (665)]

Sitemeter

Scritto il 20/09/2008 alle 17:40 nella Politica e attualità | Permalink |


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19/09/2008
Tremonti, anzi...
Tremonti Ieri 18 settembre il "Corriere della Sera" ha pubblicato una lunga
intervista di Aldo Cazzullo al ministro Giulio Tremonti.

Il quale ha iniziato il suo discorso con queste parole: "Non è la fine del mondo,
ma la fine di un mondo".

Si dà il caso che la frase di Tremonti sia identica come contenuto a quella con
cui si chiudeva il 7 luglio scorso un editoriale di Domenico Siniscalco sulla
"Stampa", intitolato "Oltre la crisi globale": "Non siamo alla fine del mondo.
Quasi certamente siamo alla fine di un mondo".Siniscalco
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 82
[Anno III, post n. 287 (664)]

Scritto il 19/09/2008 alle 18:06 nella Politica | Permalink | Commenti (1)


18/09/2008
Brunetta, ci spieghi...
Brunetta_scienza "Se devo farmi operare ho il diritto di sapere se il mio
medico è un macellaio oppure una persona efficiente. Se ammazza o salva le
vite". Così Renato Brunetta ministro dell'attuale governo, ha detto in
un'intervista a Radio Radicale.
Brunetta ha tutte le ragioni di questo mondo. A patto che, scoperto chi è il
"macellaio" in attività ospedaliera, ci spieghi come è stato assunto, per quali
meriti, contributi scientifici o calci nel deretano (e da parte di chi questi ultimi
sono stati mollati).
Nella mia lettera aperta alla reverenda ministra Gelmini, pubblicata pure su
"Corriere Romagna" del 16 scorso, ho scritto una cosa scandalosa: "...
sappiamo che poi la famiglia politica, o quella sindacale o quella ecclesiastica
o quella massonica sono i luoghi deputati alla promozione ed alla sorte delle
carriere negli ospedali, nella scuola, nella magistratura".

Se la riscrivessi oggi, citerei a sostegno della mia povera opinione l'illustre


parere che ne consegue dalle parole del ministro Brunetta. Ci sono dei perfetti
cretini che fanno brillanti carriere. Ed un motivo ci deve essere... Non creda il
Brunetta che ci accontentiamo dei suoi sfoghi. Che sono un po' come il ruttino
degli infanti. Da uomo adulto e vaccinato, dopo il ruttino, canti la romanza,
ovvero sputi il rospo, non si limiti a lanciare il sasso e ritirare il braccio.

Tra ieri ed oggi in "Repubblica" edizione di Bologna (vedi foto sotto un collage)
si parla di cose tutte legittime, le carriere dei figli di due cattedratici felsinei.
Cose legittime, ma, aggiunge il Magnifico Rettore Calzolari, "la vicenda si pone
in una zona grigia, faremo chiarezza".
Bologna_collage
Per carità, guai se i figli intelligenti al pari dei loro padri non potessero fare
carriere universitarie.
Ma il ministro Brunetta ci creda: nella trasmissione ereditaria del diritto alla
carriera, possono avvenire salti genetici come per i pomodori o i piselli, e
talora venir fuori quei prodotti intellettuali che lo stesso ministro liquida
brutalmente con l'appellativo di "macellai" se esercitano la professione
medico-chirurgica.

Dalla collega Gelmini il ministro si faccia spiegare come certi fenomeni


accademici accadono scientificamente, se non gli garba il riassunto che noi
abbiamo fatto circa le appartenenze alle tante famiglie che garantiscono
carriere, cattedre e successi di ogni tipo nell'ampio giro che quelle famiglie
hanno in Italia ed all'estero...

Nel post "Antidoping per tutti" ho già raccontato che "in una illustre collana
curata oltretutto da un nome di grido della cultura italiana in campo
internazionale, un prestigioso editore nazionale" ha offerto "una traduzione
originale dalla lingua latina, mentre si tratta di un'opera taroccata: ovvero
traduzione da una precedente traduzione in francese, facilmente consultabile
su Internet... Il retroscena di tutta la storiella sta in un particolare ininfluente,
o forse fondamentale. Il signore che ha copiato il compito è un adepto di una
loggia...".
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 83

Ministro Brunetta, possono essere definiti tecnicamente macellai anche i finti


traduttori? In fin dei conti anche loro massacrano qualcosa di prezioso come la
vita, la serietà che dovrebbe presiedere alla vita stessa ed alla sua
salvaguardia. Se uno imbroglia con il latino grazie alle protezioni, un altro può
macellare in ospedale sempre grazie alle pedate nel deretano ricevute dalla
famiglia di appartenenza.

Signor ministro, non ci prenda in giro. Completi il testo della sua intervista con
una dichiarazione ufficiale: "Di ogni macellaio sarà detto il nome del santo
padrino".
E di già che c'è, come suol dirsi, cerchi d'informarsi di come fanno i signori
Prefetti a nominare i cavalieri della Repubblica. Faccia pubblicare sul sito del
ministero degli Interni le relazioni inviate all'Autorità competente. Sì che ci
sarebbe da ridere.
La faccia feroce, illustre Brunetta, la faccia con tutti, non si limiti a fare un
numero di varietà per farci credere chissà che cosa. Altrimenti vada a spasso
con la sua bella fidanzata, è tempo utilizzato meglio. Auguri e "facciam voti
che meglio vengano i nipoti"...

[Anno III, post n. 286 (663)]

Sitemeter

Scritto il 18/09/2008 alle 18:11 nella Politica | Permalink | Commenti (0)


17/09/2008
Occhiello e strillo
Gelmini_panorama Copertina di "Panorama". L'occhiello in alto a destra dice:
"Troppe madonne che piangono". E sotto nello splendore della solenne
ministerialità romana, l'avvocato lombardo Gelmini. Che quasi fa l'occhiolino.
Lipperlì colleghi occhiello e foto, ma poi scopri che non c'entra nulla l'avvocato
Gelmini con lo strillo sulle madonne che piangono e che sono troppe.
Sono troppe anche le lamentazioni delle ministre come l'avvocato Gelmini.
Cultura ed istruzione sono cose serie, fa semplicemente pena la posa della
signora ministra tutta sorriso soltanto nella foto, perché quando parla ha il
dente avvelenato, considerandosi investita di chissà quale missione salvifica.
"La maestrina dalla penna rossa" è il titolo del servizio che "Panorama" le
dedica. Rossa quanto? La scala dei colori è infinita pure per il rosso, si va dalla
bandiera dei "cumunisti" a quella della matita doppia per le correzioni che era
anche blu, almeno ai miei tempi... Per una ministra "azzurra" è proprio troppo
essere "rossa" anche soltanto in fotografia.
Nella foto in basso, come forse sogna di apparire l'avvocato Gelmini agli occhi
di studenti ed insegnanti, una copia italica della signora Palin...

Gelimini_palin

[Anno III, post n. 285 (662)]

Sitemeter

Scritto il 17/09/2008 alle 16:05 nella Politica | Permalink | Commenti (1)


16/09/2008
Squilla la squillo
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 84
Mucchetti_la7 Insomma, il contro-spionaggio della Telecom ha reso grandi
servizi all'azienda ed alla Patria. Chi ne era responsabile ha detto molte
parole, ieri sera all'"Infedele" di Gad Lerner, ma il sugo del discorso è tutto qui.
Il giornalista Massimo Mucchetti (foto) del "Corriere della Sera" si è visto
visitato il computer ed il conto in banca. Per cui può amaramente concludere
che sono le solite antiche (ed inutili) storie di spie. Peter Gomez, cronista
dell'"Espresso", rivela un particolare soltanto in apparenza comico: per
Mucchetti è stata usata anche una peripatetica di lusso. Ovvero, se suona il
telefono e squilla la squillo...

C'è poco da ridere, però. Tutte queste storie a metà strada fra l'assurdo e
l'illecito, storie costose, affari che ingrassano certe tasche, avranno pure uno
scopo meno idealistico, se poi alla fine se la prendono (come sempre) con un
giornalista che ha l'abitudine di indagare e scrivere sul mondo della finanza
con annessi e connessi.

Appunti personali sul tema. Ho raccontato già che tra 16 e 17 luglio il mio
telefono è stato mandato fuori servizio in qualche centrale, come risultato da
un controllo della linea.
Qualche anno fa, nottetempo, qualcuno aprì la centralina stradale a cui fa
capo la mia linea, non completò il lavoro di manomissione, per cui il telefono
divenne muto.
Il primo agosto scorso chiamo un amico. Sul suo telefono anziché apparire il
mio numero, ne appare un altro che non risponde se lo si forma: 543.1300001.
Qualcuno sa spiegare il mistero?
Non mi sono mai occupato di economia, ma di varia umanità come si diceva
una volta. Anche i discorsi noiosi danno fastidio, con l'aiuto pure di qualche
avvocato che firma carte diffamatorie che dice di non aver letto e che poi è
assolto dal suo Ordine.

Nel 2002 scrissi in una mia rubrica sopra un foglio locale alcune cose che
riproduco qui:

"Dalla Virginia, scrivono giornali solitamente bene informati, un Grande


Fratello americano sorveglierà il mondo raccogliendo tutti i dati della nostra
vita quotidiana. Lo guiderà un personaggio non proprio cristallino, coinvolto
tempo addietro in uno scandalo relativo ad armi vendute illegalmente in Iran.
Questa è già una garanzia: il Grande Fratello sarà qualcosa di losco, come le
premesse relative al suo direttore garantiscono. [...] Per spiarci, bastano ed
avanzano i delatori. Parola che lo storico Mimmo Franzinelli usò lo scorso anno
come titolo di un volume dedicato a «Spie e confidenti anonimi: l'arma segreta
del regime fascista». Chi ha la mia età, ricorda la famosa storia dei fascicoli
del Sifar (servizi segreti, anni Sessanta) che ufficialmente furono bruciati:
erano strumenti di ricatto politico, non di controllo su persone pericolose per
l'ordine pubblico. C'è sempre qualcuno nella vita che vuole fregarti a suo
vantaggio: Grande Fratello ma Piccolo Cervello.
Ricordi personali. Superiori pii e devoti di mio padre, che lavorava all'Azienda
di soggiorno, progettando di sostituirlo con raccomandati di partito, fecero
fare a suo carico tre indagini dalla Guardia di Finanza: quel Comandante lo
rassicurò, non avevano trovato niente sul suo conto. Un altro mio congiunto,
giornalista a Milano, impegnato nella "controinformazione" dopo la strage di
Piazza Fontana (1969), fu anch'egli rassicurato dal Questore della sua città:
"Non siamo mai riusciti ad incastrarla"."

Fine della citazione del 2002 . Breve aggiornamento del 2008. Uno di quei
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 85
superiori pii e devoti di mio padre nel frattempo è scomparso, e adesso lo
additano dalle cattedre ecclesiastiche come esempio di virtù cristiane da
imitare.

Ha ragione Mucchetti, il caso del contro-spionaggio Telecom è una delle solite


storie di spionaggio per tentare di far fuori qualcuno. Per Mucchetti, s'è detto,
hanno usato anche una squillo d'alto bordo. L'unica cosa che resta da chiarire
è se il più antico mestiere del mondo sia quello delle battone o delle spie.

[Anno III, post n. 284 (661)]

Sitemeter

Scritto il 16/09/2008 alle 18:48 nella Politica e attualità | Permalink |


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Lettera alla Gelmini, pubblicata

Gelmb1
Il "Corriere Romagna" di oggi pubblica la mia lettera aperta alla ministra
Gelmini inviata il 4 settembre, qui preannunciata e poi discussa in due post,
"Sapere l'oggi" (qui il 9 settembre) ed in altro blog "Censure giornalistiche"
(10 settembre).

Eccone comunque il testo apparso oggi:

Signora Ministra Gelmini.


Ha avuto l'onore di un'intera pagina sul "Corriere della Sera" (4. 9), scritta
dallo specialista in caste politiche Gian Antonio Stella. Lei appartiene ad una
delle più potenti caste dell'Italia (non so che cosa accada all'estero), quella
degli avvocati. Talmente potente che mezzo secolo fa un avvocato poteva
insegnare anche Filosofia nei Licei, pur avendola studiata soltanto al Liceo.
Non mi dica che non era una posizione di privilegio.
Anche oggi voi avvocati godete di tante posizioni di privilegio. Tutte cose
legittime, beninteso, legittime perché siamo un po' gli eredi
dell'Azzeccagarbugli ed un po' i nipotini di don Rodrigo. Stretti in questa
morsa fatale, noi semplici cittadini che non contiamo nulla dobbiamo restare
sempre con la bandiera bianca della resa davanti a voi potenti che prima fatte
le vostre giuste cose, e poi le giustificate sapendo bene che ciò che conta non
è la verità ma il modo con cui la si racconta. (Se dovessimo stilare una
graduatoria della pericolosità sociale, proprio per questo, rischiereste di finire
in testa a tutti, anche a quelli che difendete...)
Tanto scandalo per avere lei sostenuto certi esami professionali in quel
profondo Sud che non le piace troppo, è forse l'inevitabile gioco delle parti in
una società in cui non cambia nulla. In cui Cristo si è fermato ad Eboli, e chi
aspetta giustizia sta sempre una stazione troppo in là. In cui, mezzo secolo fa,
noi studenti del Nord sapevamo che le lauree al Sud erano talora qualcosa di
più leggero da conseguire.
Quindi gli scandali odierni (o presunti tali) in noi che abbiamo una certa età
non destano alcuna sorpresa. Anche perché sappiamo che poi la famiglia
politica, o quella sindacale o quella ecclesiastica o quella massonica sono i
luoghi deputati alla promozione ed alla sorte delle carriere negli ospedali,
nella scuola, nella magistratura. Insomma là dove c'è una sedia, la scelta del
deretano che vi si deve posare delicatamente per diritto naturale o
soprannaturale è sempre qualcosa che in molti casi, in moltissimi casi, in
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 86
troppi casi, è addirittura deciso prima della pubblicazione dei bandi di
concorso.
All'università, si è letto poco tempo fa, mancano soltanto i nomi dei vincitori in
quei bandi.
Caro Ministra, lei risponda alle critiche con una modesta constatazione:
"Rappresento quest'Italia alla quale pochi si rivoltano...". La maggioranza è
quella che conta in democrazia, lo sanno tutti. Vada orgogliosa dei suoi esami
professionali nel profondo Sud. Sarà un motivo in più per tanti a cui nessuna
carriera arrise, per dire che fatta l'Italia tanto tempo fa, vanno ancora fatti gli
italiani, e forse sarà sempre un traguardo irraggiungibile. Sarà così, lei, proprio
il ritratto perfetto delle imperfezioni italiane che hanno reso grande la sua
parte politica. Che di lei andrà gloriosa ora e sempre. E così sia.
Antonio Montanari
Rimini

Scritto il 16/09/2008 alle 11:31 nella Diario personale | Permalink | Commenti


(1)
15/09/2008
Maestri
Amarcord13a Ieri ho letto in due belle pagine di "Repubblica" sui maestri
elementari, un articolo di Jenner Meletti, un breve testo di ElleKappa sul
meraviglioso panino della sua insegnante mangiato durante la ricreazione, e
quattro ricordi autobiografici affidati agli scrittori Margherita Oggero, Marco
Lodoli, Mauro Corona, Simona Vinci.

Mi è tornato in mente che tempo fa avevo progettato di comporre un testo


intitolato (appunto) "Maestri". Stamani l'ho cercato sul computer, scoprendo
che lunedì 23 dicembre 2002 avevo steso soltanto una "Divagazione"
introduttiva, intitolandola "Del guardaroba mentale". Tutto qui:

"Avanzano, della gioventù, le consapevolezze che allora non c’erano. Di


null’altro adesso conosci il valore, che delle cose non possedute.
E’ la ricchezza dei sogni di allora. Ragazzi, significava invece sentire il senso
del limite. Crescere era scontrarsi con l’impossibilità. Desiderare ma non
avere.
La febbre della vita brucia nelle regole da rispettare. Dovevamo non scottarci.
E scegliere, cercare la via dell’uscita dal labirinto.
C’era a fianco delle nostre parole, in mezzo ai nostri giorni, il gioco delle
eventualità, il rimescolarsi delle varianti, l’affacciarsi a trivi e quadrivi. Era
vicino a noi, più minaccioso che confortevole, il guardaroba mentale dove
scegliere che cosa indossare.
La volontà respingeva, ogni abito si faceva sentire stretto, come se un panno
di cattiva qualità si fosse ritirato ancor prima dell’uso, e deluso c’insegnasse la
morale della favola: non sei tu che modelli il vestito.
Le prove le fanno i sarti, con ago e fili e spilli da puntare. La vita ti offre la
carità d’un panno non su misura.
Cerchi il meno peggio tra quelli che sono già confezionati. Uno che abbia
sintonia con il tuo modo di leggere la pianta topografica della realtà, dove
tutto è disegnato. Tranne le strade. (Arràngiati, lo ripetono da millenni.)
Ti dicono che ci sono gli orchi, i precipizi, le sublimazioni amorose. Ma devi
indovinare dove si nascondono, o fugacemente si mostrano, quando le luci
delle giornate favoriscono l’osservazione, e se soprattutto le apparizioni o le
scoperte permettono d’essere annotate con un lapis ormai spuntato, sopra un
muro a secco che delimita la corsa e la vista.
Lì hai scritto un appunto, confidando di ritrovarlo ogni volta. Ogni volta che
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 87
fossi passato. Ma poi diluvia sulla piccola traccia della matita. Oppure si
scuotono i mattoni antichi senza più l’impegno di testimoniare ad altri del loro
stare di guardia al disinteresse del viandante.
In quel muro avevi segnato una traccia per percorrere il labirinto invisibile,
raccontarti l’itinerario possibile, riposare l’affanno, raccogliere l’unica
testimonianza onesta: io ci ho provato, non è per colpa mia se ora tutto mi
sfugge, scusate l’ardire, ma io avevo scoperto che la strada passa di qua.
Non avevo altra bussola che quella del sole. Ma subito arrivarono le nuvole a
confondere l’ansia di uscire da un deserto che non c’è, a giudicarmi indocile
perché ho firmato il contratto dell’esistenza ed adesso non trovo le clausole a
cui appigliarmi, per preparare la difesa.
Provo a cercare nell’abito che mi hanno consegnato, non so più se all’ingresso
in casa o all’uscita di scuola. Ma le tasche sono cucite, e lentamente i calzoni
cedono, le gambe s’allungano, comicamente il panno si restringe.
Non ci sto più. Forse sono cresciuto. Oppure è la cattiva stoffa che ti rende
ridicolo. Riprova a cercarne un altro, di vestiti. Ma per andare al guardaroba
devi ricominciare daccapo. Il giudice della gara non azzera il tempo.
Sul taccuino registra le penalità degli errori di percorso. Hai abbattuto ostacoli,
dice.
Dov’erano, chiedi. Io non li ho visti, lo giuro. Era notte, o per colpa del sole? Ti
deride. Non preoccuparti mugugna: devi proseguire.
Ma il guardaroba dov’è, gli chiedo. Continua, mi ordina.
Così, passo dopo passo, riprendevi a camminare.
Un attimo mi fermo. Per dire grazie a chi non fu giudice di gara, ma maestro
per l’intelletto".

Una quindicina d'anni fa composi altri meno impegnativi ricordi poi pubblicati
in un volumetto dal titolo "Anni Cinquanta".
Di lì riprendo il passo sul grembiule, capo di vestiario oggi diventato simbolo
politico nelle chiacchiere correnti sulla scuola, in mancanza di meglio (sotto
l'aspetto pedagogico):

"La nostra divisa scolastica era composta di tre parti. Un grembiule nero, un
colletto bianco ed un fiocco azzurro. Il colletto era concepito come
indipendente dal grembiule. Il grembiule aveva una sua antica caratteristica
oggi per fortuna scomparsa: doveva inevitabilmente chiudersi sul retro. Chi
avrà mai inventato questa straordinaria divisa, priva di ogni praticità?
L'apertura posteriore del grembiule ai maschi poneva un problema funzionale,
perché in taluni frangenti non coincideva con quella dei calzoni.

Il colletto girava perennemente su se stesso, per cui il fiocco cedeva a


posizioni oblique volando da ogni parte, tranne che in quella giusta. Sul petto
dalla parte sinistra, infine, la decorazione della riga doveva indicare la classe
che si frequentava. Qualcuno si fregiava della decorazione sul braccio come i
militari. E tali forse erano i padri dei figli che così venivano esibiti.

Il mio grembiule, con quale stoffa fosse stato confezionato, me lo spiegò mia
madre pochi anni fa. Era la camicia nera di mio padre. La fortuna volle che io
fossi stato soltanto "figlio della Lupa". Mi avevano dichiarato tale alla nascita,
nel 1942. La guerra, con le sue tragiche pagine, mi evitò di salire ai gradi
superiori del cursus fascista. Così, non sono mai stato "balilla". Tuttavia, ho
portato in me il segno del passato regìme con il candore dell'innocenza, pari a
quello con cui mio padre aveva indossato la camicia nera, obbligatoria per
mangiare, quando la tessera del fascio veniva chiamata la "tessera del pane".
Candore che capisco soltanto ora, ripensando che mio padre non ricordava
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 88
mai "lui", cioè il duce, e che non ha poi avuto nostalgie politiche. Aveva capìto
durante la guerra (penso io), quanto fossero state scioccamente illusorie le
sfilate, le parole d'ordine, che nessuno tranne pochi, sul finire di quegli anni
Quaranta, voleva rammentare o riproporre a noi giovani, a conflitto mondiale
concluso".

L'immagine che metto in testa a questo post, c'entra (di riflesso) con un altro
breve passo di "Anni Cinquanta":

"Il carro funebre che stazionava difronte alla chiesa, dichiarava lo stato sociale
del defunto. C'erano "accompagni" di prima, seconda o terza classe, come i
viaggi in treno. I più benestanti offrivano un supplemento di presunta
filantropia, rivolto agli orfanelli che, accompagnati dalle suore, prestavano
servizio all'inizio del corteo, nelle loro divise con una corta mantellina, come si
vedono anche in certe immagini di Fellini relative però agli Anni Trenta. I
maschi anche d'inverno portavano calzoni corti su minuscole gambe arrossate
dal freddo. Per primi uscivano dalla chiesa dopo la funzione, e poi dovevano
stazionare immobili, ci fosse il sole o la neve, fino a che si completava il rito
del saluto dei parenti, recitando preghiere a suffragio dell'anima del defunto.
Che la pietà con cui le orazioni venivano pronunciate, fosse o no pari alla
spontaneità, nessuno può sapere: ma è facile immaginare quanti amari segni
abbia lasciato in quei bambini l'esibizione, oltre tutto frequente, in scenari di
dolore che rubavano loro ogni ipotesi di sorriso, instillandogli invece gocce di
tristezza supplementare al loro già amaro destino di creature senza un padre
o una madre.

Altri poveri passavano per il Borgo San Giovanni, salendo dall'arco d'Augusto
alla Caserma Giulio Cesare lungo la via Flaminia, nel pomeriggio, all'ora della
distribuzione del rancio. Portavano in mano una gavetta militare ed
indossavano abiti la cui abbondanza, rispetto al corpo che ricoprivano,
denunciava la provenienza in gesti caritatevoli di soccorso. Era una fila lunga
soprattutto d'inverno, costituita in prevalenza da persone anziane che
s'affidavano alla pietà dello Stato che non aveva altri modi per intervenire. I
Comuni, per l'assistenza sanitaria ai "bisognosi", rilasciavano un documento
su cui, a scanso di equivoci, si leggeva: "Tessera di povertà". Un Commissario
prefettizio di Rimini, in quegli anni, rifiuterà la domanda per una dentiera,
allegando un consiglio: "Se non può mangiare, inzuppi del pane nell'acqua"."

Tornando all'immagine. Non ho trovato la scena del funerale di "Amarcord" di


cui parlo nel testo. Mi sono accontentato del solenne cortile del ginnasio liceo
"Giulio Cesare" che fu frequentato anche dallo stesso Federico Fellini. Ed a cui
io da ragazzino non volli iscrivermi per il terrore che da quella scuola emanava
in città.

Post scriptum. Un maestro universitario da me ricordato sul web è il


pedagogista Giovanni Maria Bertin.

[Anno III, post n. 282 (659)]

Scritto il 15/09/2008 alle 10:56 nella Cultura e società | Permalink | Commenti


(1)
14/09/2008
Cagliostro, l'impostore
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 89
Riminicagliostro "Lo storico Nevio Matteini dice che tentò a più riprese di
guadagnarsi la fiducia dei massoni romani, ma con scarsi risultati...". Nel
capitolo dedicato ad Alessandro Cagliostro, nella sua storia d'Italia del
Settecento, Indro Montanelli ha destinato ad una notorietà internazionale lo
studioso Nevio Matteini (Rimini 1914-1992) per il suo saggio del 1960 dedicato
a Giuseppe Balsamo conte di Cagliostro, ora riproposto (settima ristampa)
dalla Città di San Leo con prefazione di Annio Maria Matteini, figlio dell'autore.
"Chi fu Cagliostro?" si chiedeva Nevio Matteini. La sua risposta è chiara: si
trattava di un "povero essere psicopatico e gravemente minato nel fisico".
Il giudizio nasce dalla documentazione raccolta: i rapporti ufficiali del
castellano di San Leo al presidente della legazione d'Urbino. "Inquietissimo",
Balsamo manifesta le "più scandalose smanie" non moderate neppure dall'uso
del bastone.
Che alla fine dei suoi giorni, incarcerato e malato, Cagliostro esplodesse in
siffatto comportamento, non meraviglia. Ciò che stupisce ancor oggi è tutta la
sua vita precedente. Per una complessa serie di circostanze, essa diventa
qualcosa che (forse) Cagliostro non fu.

Il 7 aprile 1791 Cagliostro è condannato a morte. Papa Pio VI lo grazia e lo fa


rinchiudere nel carcere di San Leo. Da questo momento l'uomo vecchio, quel
Giuseppe Balsamo nato nel 1743 a Palermo, si trasforma in simbolo di tante
cose, a volte speculari e contrapposte fra loro (il libero pensiero e
l'oscurantismo ecclesiastico), a volte lontanissime dalle grandi questioni
intellettuali, come il ruolo di sua moglie Lorenza Feliciani.
E' lei che fa la prima denunzia contro il marito nel 1789. A Parigi i rivoltosi
hanno preso la Bastiglia. A Roma le spie covate in famiglia collaborano al
sistema politico ecclesiastico basato sulla delazione e sul sospetto, trionfante
dalla Controriforma in poi.
Balsamo ha viaggiato per l'Europa spacciandosi per il conte Alessandro
Cagliostro. Lorenza è romana, una popolana di Trastevere, "avida di denaro, di
lusso e di piaceri", la racconta Matteini. Secondo Cagliostro, la moglie si era
mossa contro di lui a causa delle mene della corte di Francia.
Cagliostro confessa di averla fatta nuotare nell'oro, e di averla portata a
sedere a fianco delle più superbe dame delle alte corti. Ma non può essere
stata lei a tradirlo, si consola: soltanto perché non "acuta di mente", lei è stata
la prima vittima di qualche seduzione.

Certo è che la bella Lorenza amava la vita. Arrestato il marito, seduce il


cappuccino incarcerato con lui, un teologo svizzero in procinto di diventar
vescovo. Condannato a dieci anni, lui riesce ben presto a liberarsi dai ceppi
della legge, forse nel gennaio 1793 (quando avviene a Roma il linciaggio del
giornalista Hugo di Bassville, segretario dell'ambasciata francese), per finire
fra le braccia accoglienti di lei.

Come osserva Matteini, alla fine la Chiesa di Roma fece "di un avventuriero
che mirava solo a mungere quattrini, un martire del pensiero".
Di recente un amico mi ha mostrato una pagina inedita di Aurelio Bertola
(marzo 1788) che parla di Cagliostro: "... straordinario uomo; straordinario
veramente, giacché senza una gran ragion, senza gran ricchezza, senza gran
sapere, senza alcuna amabilità di tratto, senza alcuna eloquenza, sempre ha
avuto il segreto di diventar ricco, di passar per dottissimo, di avere amici e
fautori e partigiani, quanto forse alcun altro non abbia mai". Insomma un gran
ciarlatano.
Annio Matteini presenta la ristampa con un commosso ritratto del padre, ed
utili notizie sulle novità presenti in questo antico saggio su Cagliostro.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 90

[Anno III, post n. 281 (658)]

Scritto il 14/09/2008 alle 17:36 nella Storia | Permalink | Commenti (2)


13/09/2008
Noi bravi scolari di una volta
Doctores Noi bravi scolari di una volta..., m'è venuto da pensare ricordando un
vecchio insegnante universitario, Achille Ardigò, appena scomparso. Docente
di Sociologia alla Facoltà di Magistero (primi anni Sessanta), Ardigò non mi ha
lasciato memorie particolari.
Un po' incolore nelle lezioni, moderatamente cortese negli esami, la sua
materia allora andava di moda, ma a me non interessava in maniera
particolare. Insomma un esame come un altro, se non fosse che di tutte le sue
lezioni e di tutte le letture annesse, a mezzo secolo di distanza è
sopravvissuto (per mia colpa) ben poco.

Un primo ricordo. In una pagina di un suo testo Ardigò studiava la dislocazione


dei vari gruppi di sensali in piazza Maggiore nelle giornate di mercato. Ne
parlai una volta con un rappresentante editoriale bolognese che si mise a
ridere, dicendomi nel suo dialetto: "Eh, ci voleva Ardigò per scoprire una cosa
che sappiamo tutti...".
L'assistente di Ardigò, il dottor Paolo Guidicini, era un giovane elegante e
cordiale, anche troppo con le nostre ragazze se ci accompagnavano nel suo
studio quando dovevamo "prendere l'esercitazione". Si trattava di una ricerca
da portare all'esame, e da svolgere sul campo. "Ah, lei è di Rimini, allora vada
al tal centro professionale, e faccia questo lavoro...".
M'inventai tutto, dai nomi e cognomi degli intervistati, alle statistiche relative
alle loro risposte al questionario affidatomi da Guidicini. Dopo qualche anno,
ho trovato quelle statistiche pubblicate in un bel volume scientifico.

Gli assistenti non sempre erano simpatici come Guidicini.


Il testo prosegue qui...

[Anno III, post n. 280 (657)]

Scritto il 13/09/2008 alle 16:49 nella Cultura e società | Permalink | Commenti


(0)
12/09/2008
100 lire per la Merica
Morinpd Il mitico Edgard Morin, filosofo e sociologo, 87 anni, ha aperto i lavori
della scuola estiva del Pd (mi rifiuto di riportare la intitolazione inglese che
lorsignori usano). Non devono avergli spiegato che cos'è il Pd, con rispetto
parlando, se se ne è uscito con questa frase: bisogna ritornare "alle tre grandi
fonti della sinistra: il pensiero libertario, il socialismo e il comunismo".
Nessuno gli ha detto evidentemente che il Pd è nato per negare, rinnegare o
cancellare (scegliete voi) queste grandi tre fonti della sinistra.
Sinistra che non abita nel Pd, evidentemente per sillogismo, se si è allontanato
in toto da quelle memorie, non dico da quelle "ideologie".

Ieri un'altra frase memorabile è stata pronunciata dal presidente del Consiglio
intervenuto in camicia nera ad un raduno dei giovani di An: "Italo Balbo in
Libia ha fatto cose egregie".
Meno eclatante ma molto più pericolosa la sua promessa di investire presso
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 91
don Verzé in studi medici che portino la vita media a 120 anni...
Ne aveva già parlato a febbraio da Vespa. Poi De Mita con molta rabbia in
corpo disse che lui di anni ne ha 80, ma ne dimostra appena 65. Come si
vede, la questione è soggetta a contagio. Quindi socialmente pericolosa.
Forse Berlusconi può essere distolto dai suoi progetti insani soltanto da
discorsi come quello del prof. Morin con l'invito a tornare "alle tre grandi fonti
della sinistra: il pensiero libertario, il socialismo e il comunismo".

Ieri ai giovani di An il cavaliere ha raccontato barzellette sui comunisti. Una


ragazza ha sbuffato: la nostra preoccupazione è il precariato. Con un colpo di
genio da grande imprenditore, Berlusconi le ha risposto di non cercare il posto
fisso. E se necessario d'andare a cercare un'occasione a Parigi, Londra, Los
Angeles.
Come capo di un governo mica male, il suo invito a scappare all'estero per
poter mangiare. Una volta si chiamava emigrazione. "Mamma mia dammi
cento lire che in Merica voglio andar...".

Fonte foto: www.flickr.com/photos/pdnetwork

[Anno III, post n. 279 (656)]

Scritto il 12/09/2008 alle 17:33 nella Politica | Permalink | Commenti (1)


11/09/2008
Libro e confetto
Gelmini Soltanto per colpa dell'età posso affermare che i discorsi sulla scuola
che va male, e sugli insegnanti che sono i peggio pagati in Europa, non
risultano purtroppo una novità. Anzi, sono una ripetizione anche noiosa di
quelli che si ascoltavano già nei primi anni Sessanta.

Oggi c'è di nuovo il fatto che, chi ne parla non sa che appunto se ne parlava
già allora. Lo spirito del tempo contemporaneo, non è per nulla storico. Se lo
fosse, il ministro dell'Economia Giulio Tremonti ci risparmierebbe certe battute
sulla riforma che vuole imporre alla scuola la sua collega Gelmini. Tramonti la
riassume in tre parole: "Un voto, un libro e un maestro".

Vorremmo chiedere al portavoce Capezzone, quello che quando parla alza il


ditino ammonitore contro l'opposizione per spiegarle quanto sbagli nel
dissentire dal governo; vorremmo chiedergli se quel solo voto, quel solo libro e
quel solo maestro non siano per caso, nel retro-pensiero (ovvero nelle
intenzioni più segrete ma non troppo) della maggioranza, pericolosi sintomi di
una negazione del valore del dialogo per affermare "una sola verità".
Tremonti
Esimio ministro Tremonti, fa leggermente paura quel suo dire "un libro" come
se appunto la confusione nella mente dei giovani nascesse dal confronto tra
due libri, tra due maestri, tra due opinioni diverse. Insomma non ci piacerebbe
che dietro "un solo libro" ci fosse "il pensiero unico".
Alla generazione precedente la mia imposero "libro e moschetto". Adesso
Tremonti e Gelmini, spiegano che "basta la parola", come per il confetto
Falqui. Quindi "libro e confetto"? Ovvero una versione edulcorata dell'olio di
ricino?

[Anno III, post n. 278 (655)]


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 92

Scritto il 11/09/2008 alle 17:52 nella Politica | Permalink | Commenti (0)


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10/09/2008
Pd contro Gelmini. Marchioni attacca
Marchioni Il deputato riminese del Pd Elisa Marchioni ha reso noto questo
interessante testo sulle proposte del ministro Gelmini, intitolato "I turisti
dell'educazione".

"Dopo i piloti Alitalia 'riconvertiti' come postini, le maestre si ritrovano


candidate a divenire operatori turistici, non si sa bene se nel ruolo di guide,
animatrici di villaggi vacanze, o altre fantasiose invenzioni.

Sebbene pare l'ipotesi si sia già smentita da sola, la proposta formulata nei
giorni scorsi dà però una misura della considerazione che il Governo ha nei
confronti di chi ha speso una vita ad insegnare, e nei confronti di un comparto
economico ancora una volta considerato accessorio.

Per la scuola italiana sono in arrivo pesanti 'tagli'. Tra il 2009 e il 2011,
saranno 87mila i docenti e 43mila i tecnici, bidelli, amministrativi, in meno.
Dai primi, pur approssimativi, calcoli, potrebbero essere circa 200 i posti in
meno anche in provincia di Rimini. Per la prima volta, avremo un Dirigente
provinciale a metà servizio con Ravenna.

E' previsto che chiuderanno le scuole con pochi alunni: quelle dei piccoli paesi,
che a volte sono l'unico presidio vitale ed educativo per i bambini, che
diventeranno baby-pendolari: anche i nostri nonni lo erano... è un passo avanti
tornare al passato? Saranno di meno anche gli insegnanti di sostegno per gli
alunni portatori di disabilità. Diminuiranno le risorse per fornire supporto agli
alunni che non parlano la lingua italiana, e per coloro che abbandonano la
scuola troppo presto, senza aver conseguito titolo di studio: sono quasi
sempre i figli delle famiglie già maggiormente in difficoltà, e senza
un'attenzione specifica li abbandoniamo, ritirando la mano e il senso di uno
Stato responsabile.

Non una sola motivazione pedagogica, filosofica, di merito è stata fornita. Il


dossier atteso da un mese in Commissione parlamentare, per aprire il
confronto, non mi risulta ancora giunto. Domani intanto, in Commissione si
affronta il tema del ritorno al maestro unico. Ci pensa il Ministro Bossi a
chiarire la ratio del provvedimento: così si risparmia. Il Ministro Gelmini insiste
sul fatto che la razionalizzazione fosse necessaria, davanti alla crisi del Paese.
Non sono solo i tagli, allora a preoccuparci: ma il fatto che siano stati
predisposti senza un progetto complessivo, un'idea di riforma, di scuola più
efficace ed efficiente. Senza nessun confronto, nessuna concertazione,
nessuna possibilità di condividere valori e prospettive. Alla fine, si rafforza
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 96
davvero il sospetto che il Governo sia stato più preoccupato di realizzarli in
fretta, piuttosto che con una logica.

Il Partito democratico ha dato da sempre la disponibilità ad un'opposizione


responsabile e di merito. Non siamo a difendere a tutti i costi lo status quo. Ma
chiediamo di ragionare davanti ad un progetto complessivo di scuola pensata
per la crescita dei nostri bambini e ragazzi. Insieme agli insegnanti, ai
dirigenti, alle famiglie.

Di per sé, il ritorno del 7 in condotta può avere senso, sanziona chi dà
problemi, ma non è un modo per dare risposta ai problemi del bullismo. Il
grembiule uguale per tutti evita le derive dell'eccesso di lusso, ma non è la
risposta ad un'integrazione vera. L'uguaglianza si garantisce con la parità di
dignità e opportunità. La scuola, per noi, è la palestra di vita, il punto di
partenza pari per tutti che dà a ciascun bambino l'occasione di far fiorire tutti i
doni di cui è portatore, di vedere ascoltati i suoi bisogni, realizzati i suoi diritti.
La scuola è lo strumento per ogni persona per crescere, e per una società per
garantirsi il futuro attraverso i piccoli cittadini che imparano e costruiscono il
proprio avvenire. Impoverire la scuola, penalizzarne gli insegnanti e tutti gli
operatori, escludere le famiglie, è un errore per il presente e un enorme
rischio per il futuro. Intanto però il Governo prova a farlo con 'l'aiuto' del
Turismo. Anche qui, offerta speciale. Due drammatiche sciocchezze al prezzo
di una".

[Anno III, post n. 277 (654)]

Scritto il 10/09/2008 alle 18:06 nella Politica e attualità | Permalink |


Commenti (1)
Quelli del 1943
Tremartiririmini Primavera 1954. Ultimo giorno di scuola della prima media,
con l'insegnante di Lettere, Romolo Comandini. Lo salutammo regalandogli un
libro, le "Lettere dei condannati a morte della Resistenza". Il professore lo aprì
e ne lesse alcune pagine, piangendo. Per la prima volta scoprimmo il vero
volto della Storia, con atrocità e tragedie.

Più avanti negli anni avrei compreso il motivo di quel pianto.


Nel 1942-43, richiamato alle armi, Romolo Comandini si trova ad operare in
zona di guerra, in Jugoslavia: "[…] se si guardano i bimbi", scrive in un inedito,
"un nodo sale alla gola: sono ombre di se stessi. Hanno fame. Vedo alcune
madri che colle mani sgranano spighe di grano, che poi viene macinato tra
due pietre".

È il 13 giugno 1943, giorno di Pentecoste, nel villaggio di Zaton in Dalmazia,


verso le 10 del mattino: i soldati italiani spartiscono con quelle madri e quei
bimbi il loro rancio.
La VII Compagnia comandata dal tenente Comandini è poi inviata in una
località vicina. Nel frattempo, tredici donne (la più giovane ha 17 anni),
vengono passate per le armi da altri militari italiani: con loro, sono fucilati
anche un ragazzo di 16 anni e quattro uomini.
Tutte le diciotto vittime sono ufficialmente considerate "favoreggiatori ribelli",
e responsabili dell'uccisione di alcuni appartenenti a bande anticomuniste
italiane, avvenuta ad otto chilometri da Zaton, villaggio da cui non si poteva
né entrare né uscire, per ordine delle nostre autorità. Fatto prigioniero,
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 97
Comandini è deportato in Germania, dall'ottobre 1943 all'agosto 1945.

Nel rendere omaggio alla sua memoria, richiamo il tema di cui si parla in
questi giorni, il valore dell'antifascismo, oggi.

Savino Pezzotta, deputato dell'Udc, stamani con "Repubblica" ha ricordato il


sacrificio di suo padre, Giuseppe Francesco, morto a Dachau a 29 anni. Era un
alpino sopravvissuto alla campagna di Russia, non aderì alla "repubblichina" di
Salò, fu uno di quelli che "scelsero di morire di fame e di stenti per fedeltà allo
Stato non a Mussolini".
Conclude Pezzotta con una dolorosa constatazione storica: "...avanza questa
specie di revisionismo che vuole svuotare l'elemento fondativo della
Repubblica. In molti modi stanno cercando di mettere in discussione la
Costituzione".
Onorevole Pezzotta, si ricordi di queste sue parole e delle storia di suo padre,
anche quando come Udc fate l'occhiolino ai signori del governo Berlusconi od
ai loro stretti parenti.

Nella foto, i Tre Martiri di Rimini, da "Vuoti di memoria" in questo blog.

[Anno III, post n. 276 (653)]

Scritto il 10/09/2008 alle 16:58 nella Politica | Permalink | Commenti (4)


09/09/2008
Sapere l'oggi
Emiliani Il quotidiano locale a cui sono abbonato pubblica stamani un
editoriale firmato da Vittorio Emiliani: "Ai giovani bisogna dire che guasto fu la
dittatura".

Sono in sostanza, ed in sintesi, le stesse cose che leggiamo in un altro fondo


del medesimo Vittorio Emiliani, con un diverso taglio, su "l'Unità": "Il fascismo
'male assoluto', come ha affermato Gianfranco Fini, o male relativo, come ha
sostenuto pochi giorni fa il suo confusionario allievo Gianni Alemanno sindaco
di Roma? Andiamo a vedere allora i principali guasti prodotti dal fascismo, in
dati e cifre"...

Emiliani ha ragione, i giovani debbono sapere "che guasto fu la dittatura". Ma


tutti noi, giovani e vecchi, abbiamo diritto di sapere pure quello che succede
oggi, perché altrimenti va a farsi friggere la nostra idea di democrazia che
giustamente contrapponiamo alla sua negazione "assoluta" (coma va di moda
dire oggi).

Si dà il caso che poco tempo fa (12 agosto) allo stesso quotidiano locale a cui
sono abbonato, abbia inviato una lettera che non è stata pubblicata (non oso
dire censurata). E che cominciava così: "Presidente della Provincia e sindaco di
Rimini si sono detti notevolmente preoccupati per notizie che "configurano un
quadro di infiltrazione malavitosa in diversi settori del tessuto economico-
imprenditoriale" locale. Ma il problema non è nuovo, come documentano
alcuni dati 'storici'".

Tra fine maggio ed inizio giugno un'altra mia lettera non era stata pubblicata.
Eccola integralmente: "A Riccione è stata cancellata la via Jan Palach, il
martire politico del 1969, uccisosi per protestare contro i sovietici. Potresti
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 98
informati sul "dove come quando e perché" ciò è accaduto?".

Non so se subirà la stessa sorte (temo purtroppo di sì) un altro testo spedito il
4 settembre, una lettera aperta alla ministra Gelmini. Dove le cose pericolose
scritte, e che possono aver sconsigliato la pubblicazione, sono
sostanzialmente due:
1. Se dovessimo stilare una graduatoria della pericolosità sociale, gli avvocati
rischierebbero di finire in testa a tutti, anche a quelli che difendono;
2. "la famiglia politica, o quella sindacale o quella ecclesiastica o quella
massonica sono i luoghi deputati alla promozione ed alla sorte delle carriere
negli ospedali, nella scuola, nella magistratura". (Non si tratta di un'opinione
soggettiva, ma di un dato di fatto.)

Prometto solennemente qui di non disturbare più con le mie lettere i colleghi
del quotidiano locale a cui sono abbonato.

[Anno III, post n. 275 (652)]

Scritto il 09/09/2008 alle 17:04 nella Politica | Permalink | Commenti (7)


08/09/2008
8 settembre 1943
Otto settembre 1943. Il giorno del suo ventesimo compleanno per Alfredo
Azzalli trascorre come tutti gli altri. In guerra. Tra le guardie di frontiera. A
Villa del Nevoso, sulla strada che da Fiume porta a San Pietro del Carso,
Postumia e molto più avanti a Lubiana. Alle 19,42 la Radio italiana annuncia
l’armistizio.
Il re e la regina hanno appena lasciato Villa Savoia. Al Quirinale si è temuto un
colpo di mano. L’Eiar è stata preceduta da Radio Londra. Badoglio legge un
proclama: «Ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare
da parte delle forze italiane, in ogni luogo. Esse però reagiranno a eventuali
attacchi da qualsiasi altra provenienza».
Verso le quattro del pomeriggio, Alfredo Azzalli è partito in autoblindo per fare
la solita scorta al generale Didio.
«Noi seguivamo la sua macchina. Temevamo gli attacchi dei partigiani. Ma
tutte le volte che ci siamo spostati non è successo nulla. Siamo sempre
arrivati tranquilli a destinazione. Andavamo a Trieste o nei paesi vicini a Villa
del Nevoso. Percorrevamo ogni volta una sessantina di chilometri.»
Il piccolo corteo è preceduto da un motociclista. Nell’autoblindo sono
ammassati una ventina di ragazzi. Quel pomeriggio viaggiano verso Fiume.
Arrivano che sono le due di notte del nove settembre: «C’era la luna piena.
Non sapevamo niente di quello che era successo la sera prima. Forse il
generale conosceva la notizia. Non noi. Lui aveva a bordo una radio. Ogni
tanto la nostra colonna si fermava. Forse in quei momenti si metteva in
contatto con altre postazioni. A Fiume ci siamo resi conto che doveva essere
successo qualcosa di grosso. La gente era in giro per le strade, ed esultava. I
civili prendevano le armi ai militari: sparavano per aria, le pallottole
fischiavano sopra le nostre teste. Nei fossi c’erano i cannoni italiani
abbandonati dai nostri in fuga. Tutti cercavano di scappare e rientrare in Italia.
Una baraonda indescrivibile».
Verso le otto del mattino, il generale raduna quella ventina di soldati, e gli
parla: «Da questo momento, io non sono più il vostro comandante. Fate quello
che volete. Se riuscite ad andare a casa, potete farlo». Commenta Alfredo
Azzalli: «Il generale doveva avere anche lui i suoi pensieri. Lo faceva capire il
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 99
tono con cui ci mise in libertà».
Andare a casa, ma come? «Bisognava gettare la divisa. I civili di Fiume ci
offrivano vestiti borghesi che a noi servivano per non essere riconosciuti dai
tedeschi, e per non essere catturati. I civili avevano bisogno delle nostre armi.
Le passavano anche ai partigiani.»
Non era facile pensare al cambio fra un fucile «modello 91», quello della
Grande guerra, e quattro stracci con cui nascondere il proprio stato di
combattente italiano. Non per nostalgia militarista od orgoglio.
«La nostra paura era che, una volta consegnate le armi, i civili ci
ammazzassero tutti. Per fortuna non fu così. Ci hanno trattato con i guanti.
Non ci hanno fatto alcun male. Sono stato invitato ad entrare in una casa. Mi
hanno dato da mangiare anche un pezzo di formaggio, e mi hanno regalato
degli indumenti civili in cambio della divisa.»
Ora che è in borghese, la guardia di frontiera Azzalli Alfredo ripensa ai suoi
otto mesi di vita da soldato: arruolato il 5 gennaio 1943, partito dal distretto di
Ferrara, destinato per addestramento alla caserma «Principe di Piemonte» a
San Pietro del Carso. Qui trascorre due mesi.
«Le divise ce le diedero soltanto diciassette giorni dopo l’arrivo. Avevamo
vestiti civili leggeri, non adatti a quel clima rigido. Dormivamo in coppia nella
stessa branda per utilizzare due coperte che però non bastavano a
proteggerci dal freddo. Incontrai un compaesano che conoscevo bene, Bruno
Musacchi. Era di servizio sedentario da tre anni come attendente del capitano
medico, nella stessa caserma di San Pietro del Carso. Venne nelle camerate a
vedere se c’erano ragazzi delle nostre parti. Ci siamo abbracciati. Mi sono
messo a piangere come un bambino.»
Da Argenta i genitori di Alfredo arrivano a trovare il loro figlio a San Pietro del
Carso. Dentro il pacco di viveri che gli consegnano, ci sono anche i cappelletti.
Hanno progettato di fermarsi nell’albergo del paese, ma Bruno Musacchi li
consiglia, per motivi di sicurezza, di non pernottare e di tornare a casa.
Il primo trasferimento di Alfredo è a circa un chilometro, in un accampamento
di baracche di legno. Vi resta per tutto marzo ed aprile.
«Si vedevano soltanto persone che entravano nel bosco a tagliare la legna: ne
uscivano con carri pieni di tronchi. Non parlavamo con nessuno. C’erano paura
e diffidenza. Bruno Musacchi, di nascosto, ogni giorno mi portava una gavetta
di maccheroni.»

Dal volume Stellette addio. L’8 Settembre 1943 del soldato Alfredo Azzalli di
Antonio Montanari, leggibile integralmente qui.
Alfredo Azzalli, mio suocero, è uno di quei tanti giovani che rifiutarono di
obbedire a Salò. Oggi ha compiuto 85 anni.

Fonte web:
www.webalice.it/antoniomontanari1

[Anno III, post n. 274 (651)]

Scritto il 08/09/2008 alle 17:32 nella Storia | Permalink | Commenti (3)


Storie malatestiane

Continuo a pubblicare alcune pagine di storia malatestiana. Dopo quella


dedicata al ruolo svolto in Europa e nella Chiesa dalla signoria riminese ("Papi
scismi imperatori"), oggi è la volta di altri due argomenti:
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 100

- la presa del potere nel 1295, grazie al raglio di un asino in amore...

- Paolo Malatesti fra politica e poesia dantesca (se invece di un delitto d'onore
si fosse trattato di un delitto politico?).

[Anno III, post n. 273 (650)]

Scritto il 08/09/2008 alle 11:07 nella Storia | Permalink | Commenti (0)


07/09/2008
Censure
Palin_mayor_0901 Sarah Palin, la candidata alla vice-presidenza degli Usa
scelta da John McCain, è stata sindaco di Wasila (foto "Time"), in Alaska.
Un giorno chiese alla bibliotecaria pubblica, Mary Ellen Baker, di togliere dagli
scaffali "certi volumi, per il loro linguaggio riprovevole, e quando la Baker si
rifiutò di intervenire, il sindaco la fece esonerare dall'incarico". Così ricorda sul
"Corriere della Sera" di oggi lo scrittore Jay Mcinerney.
Il quale cita il "Washington Post" per un altro episodio: come governatrice
dell'Alaska, Sarah Palin "ha negato fondi a un alloggio protetto per ragazze
madri".

Da brava "cristiana fondamentalista" Sarah Palin otterrà un buon successo tra


la destra italiana. Dove le signore con pruriti razzistici e nostalgie reazionarie
sono una bella folla pronta a tutto. Con una non indifferente differenza.
Sarah Palin ha corso da sola e per se stessa. Le altre, le nostre signore
indigene, sono le eterne gregarie di un capo maschilista, che le ha scelte e
premiate in base a meriti che nessun elettorato ha mai potuto conoscere ed
approvare.
Sarah Palin rischia in proprio, le nostre signore per conto terzi, il che equivale
ad aver stipulato un'assicurazione sulla carriera con il nostro sistema elettoral-
politico.

Oggi il papa da Cagliari ha detto che la politica "necessita di una nuova


generazione di laici cristiani impegnati, capaci di cercare con competenza e
rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile".
La frase si può leggere in tanti modi. Compreso questo: quelli attualmente
sulla scena non valgono nulla?

La storia di Sarah Palin, si può leggere nel "Time", citato stamani dal blog
"Cattiva Maestra". E nel foglio locale di Rasila, Frontiersman. Dove c'è un
album di Sarah Palin.

[Anno III, post n. 272 (649)]

Scritto il 07/09/2008 alle 16:33 nella Politica | Permalink | Commenti (1)


06/09/2008
Impronte/2
Zingarielemosinabambini Il testo ufficiale integrale delle direttive ministeriali
circa le impronte, citato qui ieri in breve da un articolo di giornale, si può
scaricare dal sito www.statewatch.org.
Esso è del 17 luglio 2008. E richiama tre ordinanze del 30 maggio 2008.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 101
La sua lettura è molto istruttiva. Si dichiarano le intenzioni che hanno
presieduto alle ordinanze: evitare il degrado, secondo i richiami internazionali
ed europei; ed il ripetersi di fenomeni di razzismo.
Si precisa: "Sarà cura dei Commissari procedere in modo da escludere effetti
che possono essere considerati direttamente o indirettamente discriminatori".
Ecco, questo è il punto dolente. Quando si affida alla cura dei singoli
l'esecuzione di una norma, allora ci si può aspettare di tutto, come è accaduto
all'assalto al treno Napoli-Roma. Che si doveva instradare su un binario morto,
altro che far giungere nella capitale.

[Anno III, post n. 271 (648)]

Scritto il 06/09/2008 alle 18:17 nella Politica | Permalink | Commenti (0)


05/09/2008
Impronte
Zingarielemosinabambini Impronte ai nomadi. Il commissario europeo Jacques
Barrot, del partito di Sarkozy, le approva. Il governo esulta. L'opposizione in
parte si pavoneggia (facendo cambiare il testo abbiamo evitato all'Italia una
pessima figura) ed in parte critica. I passi indietro della maggioranza sono
merito nostro, dichiara Giuseppe Fioroni che però avverte: lo spirito di quei
provvedimenti "resta profondamente negativo", come leggiamo nell'intervista
al "Corriere della Sera" di oggi.

La rilevazione delle impronte deve avvenire "solo in casi estremi". La


precisazione ha appagato il commissario europeo, ma inquietato il presidente
dell'Agenzia nazionale dei rom di Romania, Gruia Bumbu. Obiettivamente ci si
trova davanti a quelle soluzioni pilatesche che si affidano alla scelta della
"parola giusta", convinti che le azioni siano conseguenze delle parole, mentre
le parole sono conseguenze delle cose. E' il solito trucco del burocratese?

"Dal rapporto ricevuto emerge che non c'è nulla di discriminatorio nelle misure
proposte dal governo italiano", ha fatto comunicare Barrot: "La raccolta delle
impronte digitali non è sistematica, ma limitata, in particolare in relazione ai
minori. Per cui è limitata ai casi in cui è strettamente necessaria
l'identificazione in assenza di documenti".

Sul sito di Palazzo Chigi abbiamo trovato che il 31 luglio Berlusconi aveva
dichiarato: non è una misura costrittiva, ma "atta a garantire che questi
bambini vadano veramente a scuola". Lo aveva detto pure il 15 luglio:
"affermiamo la ferma volontà del governo di garantire che possano andare a
scuola". Ovviamente al nostro presidente del Consiglio difettava in quei
momenti il senso dell'umorismo, oppure lanciava un nuovo programma
educativo "erga omnes". Dammi l'impronta e poi ti mando a scuola dalla
Gelmini... Più che una promessa, una minaccia.

Sul sito del Ministero dell'Interno, si legge questa frase attribuita la ministro
Maroni: "Non è necessario prendere le impronte ai bambini, i rilievi segnaletici
necessari, infatti, possono essere effettuati in diversi modi".

Questo il testo dell' Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 30
maggio 2008 (n. 3676) che riguarda il problema:
"b) monitoraggio dei campi autorizzati in cui sono presenti comunità nomadi
ed individuazione degli insediamenti abusivi;
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 102
c) identificazione e censimento delle persone, anche minori di età, e dei nuclei
familiari presenti nei luoghi di cui al punto b), attraverso rilievi segnaletici; (...)
h) interventi finalizzati a favorire l'inserimento e l'integrazione sociale delle
persone trasferite nei campi autorizzati, con particolare riferimento a misure
di sostegno ed a progetti integrati per i minori, nonchè ad azioni volte a
contrastare i fenomeni del commercio abusivo, dell'accattonaggio e della
prostituzione".

Infine, il ridimensionamento della normativa dell'ordinanza 3676 è dovuto alle


direttive impartite dal Ministero alle prefetture ("il Sole-24 Ore" del 24 luglio).
Riporto un brano dell'articolo di Angela Manganaro:

"Il punto più delicato, la rilevazione delle impronte, rientra nei binari "della
legislazione vigente". Si procederà infatti ai rilevi dattiloscopici solo quando
«l'identificazione non sia altrimenti possibile in base a documenti disponibili e
circostanze attendibili, secondo quanto previsto dal Testo unico delle leggi
sulla sicurezza». Le impronte ai bambini sotto i 14 anni, ma
sopra i 6, possono essere prese solo quando si tratta di cittadini extra Ue e
solo per il rilascio del permesso di soggiorno secondo quanto stabilito dal
regolamento comunitario 380/2008. I bambini rom tra i 6 e 14 anni italiani e
comunitari restano fuori dalla schedatura a meno che non la disponga
il tribunale dei minori. I rilievi dattiloscopici a bambini sotto i sei anni non sono
permessi a prescindere dalla nazionalità, a meno che non siano abbondati o
vittime di un reato ma la rilevazione va fatta sempre d'intesa con Tribunale
dei minori e polizia. Nelle linee guida si raccomanda più volte il rispetto della
dignità della persona e della privacy".

Circa le dichiarazioni di Fioroni (per le correzioni apportate dal governo), forse


c'è una punta di eccessivo ottimismo: non è stata mutata l'ordinanza, a
quanto pare, ma è stata aggiunta una direttiva per l'applicazione
dell'ordinanza stessa.
Resta soltanto un problema (tutto italiano): le direttive hanno lo stesso valore
di un'ordinanza pubblicata sulla "Gazzetta Ufficiale"?
Maroni ha dovuto sedare l'opposizione, ma non ha ottemperato alla massima
della semplificazione del suo collega Calderoli e del di lui ministero.

Fonte foto: troviamoibambini.it


Aggiornamento, 6.9.2008, 11:32. Il post è segnalato in home della
"Stampa.it".
Si veda il seguito di questo post, 6.9.2008, 18.18, circa il testo delle direttive
ministeriali, scaricabile in pdf.

[Anno III, post n. 270 (647)]

Scritto il 05/09/2008 alle 17:56 nella Politica | Permalink | Commenti (3)


04/09/2008
Signora Ministra Gelmini
Gelmb1 Signora Ministra Gelmini.
Dopo la citazione nel blog di Flavia Amabile il 27 agosto, oggi lei ha avuto
l'onore di un'intera pagina sul "Corrierone", scritta dallo specialista in caste
politiche Gian Antonio Stella.
Lei, signora Ministra, appartiene ad una delle più potenti caste dell'Italia (non
so che cosa accada all'estero), quella degli avvocati. Talmente potente che
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 103
mezzo secolo fa un avvocato poteva insegnare anche Filosofia nei Licei, pur
avendola studiata soltanto al Liceo. Non mi dica che non era una posizione di
privilegio.

Anche oggi voi avvocati godete di tante posizioni di privilegio. Tutte cose
legittime, beninteso, legittime perché siamo un po' gli eredi
dell'Azzeccagarbugli ed un po' i nipotini di don Rodrigo. Stretti in questa
morsa fatale, noi semplici cittadini che non contiamo nulla dobbiamo restare
sempre con la bandiera bianca della resa davanti a voi potenti che prima fatte
le vostre giuste cose, e poi le giustificate sapendo bene che ciò che conta non
è la verità ma il modo con cui la si racconta. (Se dovessimo stilare una
graduatoria della pericolosità sociale, proprio per questo, rischiereste di finire
in testa a tutti, anche a quelli che difendete...)

Tanto scandalo per avere lei sostenuto certi esami professionali in quel
profondo Sud che non le piace troppo, è forse l'inevitabile gioco delle parti in
una società in cui non cambia nulla. In cui Cristo si è fermato ad Eboli, e chi
aspetta giustizia sta sempre una stazione troppo in là. In cui, mezzo secolo fa,
noi studenti del Nord sapevamo che le lauree al Sud erano talora qualcosa di
più leggero da conseguire.

Quindi gli scandali odierni (o presunti tali) in noi che abbiamo una certa età
non destano alcuna sorpresa. Anche perché sappiamo che poi la famiglia
politica, o quella sindacale o quella ecclesiastica o quella massonica sono i
luoghi deputati alla promozione ed alla sorte delle carriere negli ospedali,
nella scuola, nella magistratura. Insomma là dove c'è una sedia, la scelta del
deretano che vi si deve posare delicatamente per diritto naturale o
soprannaturale è sempre qualcosa che in molti casi, in moltissimi casi, in
troppi casi, è addirittura deciso prima della pubblicazione dei bandi di
concorso.
All'università, si è letto poco tempo fa, mancano soltanto i nomi dei vincitori in
quei bandi.

Cara Ministra, lei risponda alle critiche con una modesta constatazione:
"Rappresento quest'Italia alla quale pochi si rivoltano...". La maggioranza è
quella che conta in democrazia, lo sanno tutti. Vada orgogliosa dei suoi esami
professionali nel profondo Sud. Sarà un motivo in più per tanti come il
sottoscritto, a cui nessuna carriera arrise, per dire che fatta l'Italia tanto
tempo fa, vanno ancora fatti gli italiani, e forse sarà sempre un traguardo
irraggiungibile. Sarà così, lei, proprio il ritratto perfetto delle imperfezioni
italiane che hanno reso grande la sua parte politica. Che di lei andrà gloriosa
ora e sempre. E così sia.

[Anno III, post n. 269 (646)]

03/09/2008
Pd(iluvio)
L'hanno chiamata festa dell'Unità, intendendo quella del partito, il Pd
bolognese. Ma il nubifragio scatenatosi lunedì pomeriggio ha provocato una
reazione a catena che forse non è casuale. Assente Cofferati, assenti i vecchi
"compagni", a riempire il salone del festival c'erano soltanto venti leghisti al
seguito del sindaco di Verona Flavio Tosi. Il quale ha tenuto il suo comizio fino
a che dopo una mezz'oretta gli hanno chiesto di chiudere, cortesemente.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 104
Legapdrepbologna L'episodio è molto simbolico. Un vecchio segretario del Pds
ha dichiarato a "Repubblica" di Bologna cose ovvie ("i comunisti non esistono
più") ma anche cose nuove: la situazione politica è molto seria.
Per cui la vicenda bolognese assume un valore simbolico, non legato alla
semplice disaffezione, ma al travaglio di un partito che non c'è, che la gente
non vede anche se gli organismi si agitano, i capi dichiarano, discutono,
litigano. Mentre da Bologna il segretario della Lega Manes Bernardini proclama
"Siamo noi il Pci di una volta". Lo dica a Berlusconi, saremmo curiosi di averne
il commento.

Rimini, la mia città, sembra a proposito del Pd, una delle dannunziane "città
del silenzio". Tutti tacciono. Conquistate le poltrone, tutto il resto è noia?

[Anno III, post n. 268 (645)]

03/09/2008
Papi scismi imperatori...
Il quindicesimo secolo vede Rimini ed i suoi signori, i Malatesti, alla ribalta
dell'Europa. Ne raccontiamo la storia in questa pagina...

02/09/2008
L'attesa di Bristol
Blogstampapalin Nelle foto dei giornali Bristol Palin sorregge il fratellino Trig,
quattro mesi, con l'affetto di una madre. I blog maligni dicono che sia suo
figlio. La verità ufficiale è che lei, 17 anni, è incinta di cinque mesi. Una storia
come tante se non fosse per quelle foto che nascono dalla candidatura di sua
madre Sarah Palin alla vice-presidenza degli Usa.
Tra quattro mesi se tutto andrà bene come le auguriamo, i blog maligni
saranno smentiti. Sarà una famiglia fortunata. La nonna con un piccino suo ed
uno della figlia. Da affidare alla baby-sitter dato il gran daffare che ha ed avrà
in politica, sia che vinca sia che perda le elezioni. E la figlia stessa con l'erede
ed un fratello quasi coetanei. Un quadretto che speriamo nessuno voglia
rovinare con le polemiche derivanti da ciò che Sarah Palin rappresenta, il
mondo chiuso di chi non vuole educare al sesso i giovani. I quali, grazie al
cielo, ci pensano da soli e non aspettano queste suocere che amano il fucile e
che potrebbero agire d'impulso.
Commentatori illustri, penne famose, non criticate troppo, richiamando i serial
televisivi, lasciamo Bristol Palin nella felice attesa. Non ha colpa alcuna, non si
è scelta i genitori, speriamo che abbia avuto giudizio nel cercare il compagno
che l'ha messa incinta. Sennò pazienza. Sono i casi della vita. Bando ai
moralismi, bando alla puzzetta sotto il naso come dimostra sempre Maria
Laura Rodotà che non a caso oggi sul "Corrierone" avvia il suo pezzo con il più
classico degli incipit da evitare: "Conoscete qualcuno appassionato di
Beautiful? ".
Lasciamo stare la tivù, le polemiche sulle scelte politiche della madre di
Bristol. Auguriamo alla creatura di Bristol di crescere con un sano realismo, di
poter avere dalla natura quella forza che i politici ignorano o vogliono imporre
o cancellare, secondo i casi e gli argomenti.

[Anno III, post n. 267 (644)]

01/09/2008
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 105
Imprudenti
Nella categoria degli "imprudenti" (parola del sindaco Alemanno) a Roma ci
sono i turisti olandesi che le prendono di santa ragione dai pecorai romeni. A
Napoli ci sono i viaggiatori che di domenica pretendono di andare a Roma,
disturbando le tifoserie in trasferta.
In quest'Italia tranquilla dalle magnifiche sorti e progressive, ha ragione il
Giannelli del Corrierone. Nel treno pieno di facinorosi, il poliziotto ammonisce
l'unico viaggiatore estraneo al gruppo: "E lei che non è un tifoso eviti
provocazioni". Appunto sia prudente, secondo la ricetta Alemanno.

[Anno III, post n. 266 (643)]

31/2008/2008
Sospettosi
Il ministro ombra della Giustizia, Lanfranco Tenaglia, ricorda oggi a Sergio
Romano che se adesso a parlare delle intercettazioni di Prodi è stato
"Panorama", per il caso Unipol era stato "Il giornale": "Sarà un caso ma
entrambi sono di proprietà del presidente del Consiglio".
Risponde Romano: "Ma io ho scritto un articolo proprio per sostenere che
maggioranza ed opposizione dovrebbero smetterla di sospettarsi a vicenda...".

Ovviamente ciò che Romano chiama sospetti, sono certezze per i casi Prodi ed
Unipol. Le testate che ne hanno trattato sono appunto "made in
Berlusconlandia". Su questo non ci piove.
Romano, a metà strada tra un filosofo scolastico e donna Prassede, nega
l'evidenza dei fatti, trasformando la parte offesa (Prodi e Pd) in attori del
malfatto: il non volere una legge sulle o contro le intercettazioni. Risponde
Tenaglia: un nostra proposta al riguardo è stata già depositata.

Il problema è molto semplice: riconoscere quei fatti, quelle evidenza, e non


trasformarli in "sospetti". E' lo stesso problema che emerge da un altro
editoriale, quello odierno di Galli della Loggia, sempre sul "Corriere". Vi si
accusa la "televisione italiana" di falsare la rappresentazione del Paese
attraverso le fiction che sono il "finto delle stoffe dei magliari", non "la grande
finzione delle favole".

Ha ragione. Ma parlando di "televisione italiana" occorrerebbe aggiungere che


essa è una statua bifronte con un unico cervello che deve accontentare
Mediaset e Rai da parecchio tempo, e che per molti anni (come adesso) le due
facce sono gemellate dal capo del Governo che le controlla o le fa
controllare...

Scalfari nell'editoriale su "Repubblica" richiama quello di ieri di Romano: "Non


riesco a capire per molti ed egregi opinionisti il ruolo dell'opposizione...", deve
collaborare su tutto secondo loro, resta campo libero soltanto "sulle fontanelle
di quartiere, sindaci di destra permettendo?".

Per questi opinionisti di stretta osservanza conservatrice, l'opposizione sbaglia


se vince le elezioni, sbaglia se le perde, sbaglia se parla, sbaglia se tace.
Insomma, illustri professori, l'analisi politica dovrebbe essere un poco più
convincente. Non si può ripetere ogni giorno questa tiritera che oltretutto
annebbia un discorso sul ruolo dell'opposizione che in Italia rischia sempre di
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 106
essere od apparire accomodante, come il debutto di Veltroni ha ampiamente
dimostrato.

Più degli stessi politici dell'opposizione, questi commentatori sembrano molto


sospettosi al punto di presumere di possedere una ricetta magica per tutti, per
chi vince e per chi perde le elezioni. Ma agli analisti politici non tocca fornire
ricette, bensì esaminare freddamente i fatti.
Purtroppo siamo in Italia dove la divagazione resta un genere letterario troppo
frequentato anche da chi non dovrebbe farlo, come appunto gli editorialisti.
Invece, da noi si tende a predicare. Come dimostra pure il titolo del fondo di
Franco Locatelli sul "Sole 24 Ore": "Chi investe non è donatore di sangue". Lo
sapevamo, infatti le sanguisughe le applicheranno, per l'Alitalia come per altri
casi antichi, alle tasche dei cittadini qualunque... C'è più fiction qui che nelle
programmazioni televisive.

[Anno III, post n. 265 (642)]

30/2008/2008
La moglie di Cesare
Nessuna ombra sulla moglie di Cesare, è un modo di dire oggi del tutto
dimenticato ed ignorato. Cesare fa quello che gli fa comodo, e suo moglie
spesso pure. Non sempre tutti i Cesari sono però uguali, non sempre tutte le
loro mogli fanno dubitare.
Il bailamme delle intercettazioni serve ad alimentare un'industria. Non se ne
dimentichino i commentatori superciliosi di oggi. Il caso Montesi nel 1953 fu
montato ad arte per allontanare dalla scena politica l'on. Attilio Piccioni
coinvolgendo l'innocente suo figlio in uno strano omicidio. Se oggi ci sono
soltanto questioni di "affari di famiglia" gli interessati coinvolti non a caso, se
ne rallegrano. Appunto perché una volta succedeva di peggio.

Ha ragione Mattia Feltri sulla "Stampa" di oggi. Prodi avrebbe dovuto "dire ho
ceduto, mi dispiace, chiedo scusa, ma garantisco di non aver sconfinato
nell'illegalità".
Purtroppo i politici italiani, belli o brutti, buoni o cattivi, hanno un riflesso
condizionato, la "strizzatina d'occhio", considerata un peccato veniale e non di
quelli che rovinano la reputazione anche nelle misere cose mondane non
soltanto nel Regno dei Cieli. La dimostrazione che fra la "strizzatina d'occhio"
e la gestione arrogante del potere non passi poi molta differenza è data da tre
fatti:
1. si è creata la verginità temporanea per le alte cariche dello Stato con il
"lodo Alfano";
2. si è fatta una legge con un articolo già dichiarato incostituzionale dalla
Corte costituzionale;
3. nessuno ne parla, come se si fosse trattato di una stravaganza
estemporanea e non di un grave vulnus in termini di Diritto e di politica.

Simpatico il riflesso condizionato da perfetto conservatore che Sergio Romano


ha sfoderato nell'editoriale odierno del "Corriere della Sera". Dopo aver detto
che i politici usano le intercettazioni "per colpire l'avversario o speculare sulle
sue intenzioni", conclude serafico che questa volta gli sembra che la
responsabilità sia "soprattutto dell'opposizione".
Il prof. Romano avrà letto senz'altro le parole di Cossiga allo stesso giornale:
non è la classe politica al governo o in parlamento a guidare i servizi, ma
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 107
succede il contrario. Dunque?

Perfetta in ogni dettaglio essenziale la ricostruzione che Giuseppe D'Avanzo su


"Repubblica" ha fatto della questione intercettazioni nel fondo intitolato
"L'ultimo trucco del mago di Arcore". Il caso Prodi è "fasullo", ma sembra
preannunciare un autunno "freddissimo per la Costituzione". Scusate se
insisto, ma questo inverno "freddissimo per la Costituzione" è già qui. Dal
giorno del "lodo Alfano", con quella norma incostituzionale su cui quasi tutti
fanno finta di nulla. Al governo ed all'opposizione. Per tale faccenda vanno
bene le parole di Romano, "soprattutto dell'opposizione", ovvero del Pd,
dovendosi escludere Di Pietro promotore di un referendum sulla legge in
questione.

Archivio:
Contro Prodi finti scandali (2006)
Servizi...etti segreti (2006)

[Anno III, post n. 264 (641)]

29/2008/2008
Bandiere rosse
Ormai le bandiere rosse non fanno più paura a nessuno, confida un
amministratore pubblico mio concittadino. Non si riferisce a quelle dei partiti
(magari, del suo ex partito), ma dei "salvataggi" in riva al mare. Soluzione.
Imporre la bandiera nera, tanto per far capire che, se uno vuole affogare, lo
può fare ma è meglio con un altro colore, ed a proprio rischio e pericolo (come
sempre).
Siamo la patria delle gride manzoniane ("Grida fresca, son quelle che fanno
più paura", disse l'Azzecca-garbugli al povero Renzo Tramaglino). Basta dare
l'impressione che ci diamo una mossa (fare ammuina, dicono altrove), legge
nuova va obbedita, bandiera rossa non trionfa più, il nero va di moda da
qualche tempo. Ma la gente capirà? O scherzerà pensando che siano ritornati i
pirati?

La storia della bandiera rossa che non fa più paura a nessuno richiama alla
mente quella dei pomodori da non coltivare "dietro casa", di cui ha parlato
Concita De Gregorio nel suo primo editoriale lunedì scorso come direttore de
"l'Unità".
Sull'argomento riferisce oggi Michele Serra nella sua rubrica quotidiana di
"Repubblica" perché molti lo hanno interpretato come un invito anti-ecologico.
Si tratta di una metafora, azzarda il buon Michele Serra, rivolgendosi ai
colleghi giornalisti con quell'ottimismo della volontà che non vela il
pessimismo della (sua) ragione. Per cui osserva con discreta brutalità: in
"questo vecchio e scellerato mestiere" (il giornalismo), la gente (i giornalisti)
non capisce le metafore usate dai direttori degli stessi giornali.
Serra propone di far studiare alle scuole di giornalismo questo "caso dei
pomodori". Che "ha scatenato un dibattito di carattere socio-economico"
lontano mille miglia dal senso del testo della direttrice de "l'Unità".

Circa la bandiera rossa riminese che non fa più paura a nessuno, anch'io avrei
una proposta. Quella frase la prenderei come tema di una disquisizione storica
per spiegare alcune cosette politiche. Ovvero come una giunta di centro-
sinistra ha vinto a suo tempo le ultime elezioni amministrative con voti
tradizionalmente dedicati (a livello nazionale) al centro-destra. Per cui adesso,
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 108
per poter procedere alla sistemazione della Marina, con progetti grandiosi e
non "minimalisti", si va al rendimento dei conti. Tutti hanno votato, tutti hanno
il diritto di partecipare a quei progetti grandiosi (come un grattacielo quasi fra
le onde...). E questo appunto perché la "bandiera rossa" non fa più paura a
nessuno. Ma la storia è vecchia, come quella della nonna di Cappuccetto
Rosso (a proposito di colori). Lupo non sbrana lupo. La speculazione edilizia in
Riviera è sotto gli occhi di tutti, non un'invenzione di qualche cronista
stravagante.

Anche questo discorso, come i pomodori da non coltivare "dietro casa" di


Concita De Gregorio, andrebbe studiato ai corsi di giornalismo.

[Anno III, post n. 263 (640)]

28/2008/2008
Volto umano
Chi avrebbe mai pensato di poter definire Giulio Andreotti il "volto umano
della politica"...
Mi è capitato ieri pomeriggio. L'auto con il senatore mi è passata
tranquillamente sotto il naso, davanti al cancello di casa. Lui stava seduto a
fianco dell'autista. Nessuna sirena, nessuna scorta, in fila a passo d'uomo
verso il Meeting alla nuova Fiera di Rimini.
I suoi giovani colleghi politici, ministri in carica, sono passati con cortei di auto
blindate ed oscurate, preceduti da vigili urbani a sirena spiegata anche se un
po' starnazzante, carabinieri, poliziotti e persino, per il capo degli Esteri, un
elicottero della Polizia che, profano, seguiva dall'alto dei Cieli, non confidando
nell'aiuto soprannaturale che emana dal Meeting ciellino per decreto
pontificio...
Se Andreotti è il "volto umano della politica", siamo messi proprio bene, ho
riflettuto dopo qualche ora e dopo aver applaudito in silenzio la discrezione
con cui l'antico leader democristiano ha viaggiato per Rimini. Ad multos
annos, senatore: e spieghi a questi "giovanotti" governativi qualcosina di utile
per riuscire ad apparire meno arroganti e prepotenti (vedi la ministra
Gelmini...).

[Anno III, post n. 262 (639)]

Lodo Alfano incostituzionale

Con il titolo "Lodo Alfano incostituzionale" appare oggi 27 agosto su "Corriere


Romagna" questo mio intervento:

Il presidente emerito della Corte costituzionale prof. Antonio Baldassarre ha


dichiarato al "Corriere della Sera" di domenica 24 agosto: "C'è un requisito
della sentenza della Corte che dichiarò illegittimo il lodo Schifani che non è
stato soddisfatto dal lodo Alfano".
Nel "lodo Alfano" (ovvero "Disposizioni in materia di sospensione del processo
penale nei confronti delle alte cariche dello Stato", DDL 903/2008), si trova
all'art. 1: "...i processi penali nei confronti dei soggetti che rivestono la qualità
di Presidente della Repubblica, Presidente del Senato della Repubblica,
Presidente della Camera dei Deputati e presidente del Consiglio dei Ministri,
sono sospesi dalla data di assunzione e fino alla cessazione della carica o della
funzione. La sospensione si applica anche ai processi penali per fatti
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 109
antecedenti l’assunzione della carica o della funzione".
E' lo stesso testo che si incontrava nella legge 20.6.2003, n. 140, art. 1,
comma 2: "Dalla data di entrata in vigore della presente legge sono sospesi,
nei confronti dei soggetti di cui al comma 1 e salvo quanto previsto dagli
articoli 90 e 96 della Costituzione, i processi penali in corso in ogni fase, stato
o grado, per qualsiasi reato anche riguardante fatti antecedenti l'assunzione
della carica o della funzione, fino alla cessazione delle medesime".
Ma questo art. 1, comma 2 della legge 140/2003 è stato fatto oggetto di una
pronuncia della Corte Costituzionale (sentenza del 20 gennaio 2004, n. 24), su
questione di costituzionalità sollevata dal Tribunale di Milano durante la
celebrazione di un processo che aveva come imputato Silvio Berlusconi. Il
prof. Baldassarre richiama questa pronuncia nell'intervista del 24 agosto al
"Corriere della Sera".
La Corte dichiarò nel 2004: "la misura predisposta dalla normativa censurata
crea un regime differenziato riguardo all’esercizio della giurisdizione, in
particolare di quella penale", violando pure l'art. 3 della Costituzione. La
norma censurata "accomuna in unica disciplina cariche diverse non soltanto
per le fonti di investitura, ma anche per la natura delle funzioni e distingue,
per la prima volta sotto il profilo della parità riguardo ai principi fondamentali
della giurisdizione, i Presidenti delle Camere, del Consiglio dei ministri e della
Corte costituzionale rispetto agli altri componenti degli organi da loro
presieduti". Conclusione: "La questione è pertanto fondata in riferimento agli
articoli 3 e 24 della Costituzione". E quindi la Corte dichiara "l’illegittimità
costituzionale dell’articolo 1, comma 2, della legge 140/03".
Noi oggi ci troviamo con una nuova legge (il "lodo Alfano") che ha riproposto
un vecchio testo (il "lodo Schifani") dichiarato incostituzionale. Dopo l'accenno
al problema da parte di un autorevole giurista come il prof. Baldassare, è da
augurarsi che se ne discuta ampiamente, come invece sino ad oggi non è
stato fatto.

Antonio Montanari

Sul tema del "lodo Alfano" si veda questo post.

26/2008/2008
Botte da spiaggia
I giornali nazionali citano il caso di Termoli. Titola "Repubblica" di oggi sopra
una pagina intera: "Vigili maltrattano ambulante, rivolta dei passanti". Michele
Serra ci ha scritto sopra un lungo fondo.
Di Rimini non parla nessuno. Eppure la materia c'è. Il "Corriere di Romagna"
riporta una dichiarazione di Marina Cremaschi, turista bolognese: un cerchio di
bagnanti che urla "picchiateli, ammazzateli", rivolgendosi a due poliziotti che
"prendevano a calci e pugni" un uomo di colore ammanettato e trattenuto
steso sulla sabbia.

Giorgio Cremaschi sviluppa il discorso oggi sul web ("Caccia all’uomo in


spiaggia... Boicottiamo Rimini..."), e cita un altro foglio locale che intitola:
"Belva africana si scaglia contro i poliziotti sulla spiaggia".

Il "Corriere di Romagna" ha intervistato il sindaco di Rimini che mette a tacere


due assessori in lite continua tra loro, uno in difesa dei senegalesi "abusivi" e
l'altro dei vigili urbani aggrediti: una cosa è il disagio sociale (che non deve
essere una scusa per commettere reati); un'altra è la realtà del fenomeno dei
"venditori", perché non tutti sono dei criminali.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 110

Giorgio Cremaschi scrive: "Rancore, cattiveria, intolleranza percorrono la


riviera sotto traccia. Sono i commercianti, si dice, che hanno preteso e
sostenuto la caccia all’uomo che si è scatenata metodicamente sulle spiagge.
Essi sostengono che gli ambulanti abusivi portano via gli affari. E allora questo
che c’entra con il razzismo? Pochi giorni prima un gruppo di arabi mal vestiti
era stato scacciato da una discoteca perché stonava con l’ambiente, poi si è
scoperto che erano un gruppo di ricchissimi giovani sceicchi".

Ilvo Diamanti scrive oggi da Rimini su "Repubblica.it": "Domenica scorsa,


tardo pomeriggio, sono passato per Rimini con la famiglia. Il tempo di una
vasca lungo le vie parallele al lungomare, in attesa di recarci a cena da amici.
(...) Questa breve visita occasionale mi ha riservato una scoperta inattesa.
L'immagine del duce, Benito Mussolini, disseminata lungo il passeggio
commerciale. Esposta in numerosi negozi (davvero tanti). Mussolini: in
vendita, come un prodotto di consumo popolare. (...) Ma l'iconografia del
Ventennio non si riduce alla sola immagine del duce - proposto perlopiù in
primo piano, di profilo, la mascella volitiva e l'elmo bellicoso. Su t-shirt, poster,
stoviglie e bottiglie incontriamo massime del duce e slogan del regime. Gli
stessi che resistono - talora sbiaditi dal tempo, talora rinfrescati - ancora in
alcuni edifici del tempo. Tipo: "è l'aratro che traccia il solco ma è la spada che
lo difende"; oppure il noto "molti nemici, molto onore" ... Inoltre, molte
immagini del führer Adolf Hitler. Spesso accostato al Duce. Lungo il passeggio,
in bella evidenza, un grande mobile- cantina, decine carico di bottiglie
allineate. Il sangiovese di Benito alternato al nero di Adolf. Tutto ciò esposto
alla luce del sole (domenica sera era ancora forte e caldo). Senza pudore e
senza problemi. Perché, evidentemente, un problema di pudore non esiste, in
questo caso. Prodotti come gli altri".

[Anno III, post n. 261 (638)]

25/2008/2008
Segnali di fumo
Agosto 2007. Il segretario di Stato vaticano monsignor Tarcisio Bertone dal
Meeting ciellino di Rimini fa un richiamo all'obbligo di pagare le tasse, cita San
Paolo, e sottolinea la necessità di leggi giuste. Romano Prodi, presidente del
Consiglio, si dichiara d'accordo con "tutte" le parole di Bertone.

Giancarlo Cesana chiude il Meeting 2007 con una bella battuta: l’Italia è "un
Paese nel quale, davanti ai problemi, non ci si mette a risolverli, si grida". Il
disprezzo ciellino verso Prodi si estende al cavaliere, quando Cesana si
riferisce alla proposta di Giulio Tremonti di fare l’alzabandiera nelle scuole (chi
se ne ricorda più oggi?): "Ho il sospetto che l’unica bandiera da alzare sia
quella bianca".
La delusione di Cesana per Forza Italia ed il suo leader dev'essere molto forte
se ha risposto con un commento che più velenoso non si può".

Agosto 2008. Il cardinal Bagnasco apre il Meeting sostenendo che "oggi, come
in altri periodi della storia, si vuole che la Chiesa rimanga in chiesa. Si
vorrebbe negare la dimensione pubblica della fede". E' un segno di delusione
verso i politici (leggi: cattolici in politica) non soltanto del governo ma pure
dell'opposizione?

Tra questo Meeting e quello passato c'è stata la batosta elettorale di Casini a
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 111
cui Roma (la Roma papalina) aveva guardato come simbolo di una nuova linea
politica.
Nel febbraio scorso, il direttore di "Avvenire" aveva benedetto ufficiosamente
l'avventura dell'ex dc bolognese: "A me pare che sia interesse dei cattolici, e
che possa essere interesse anche dello stesso Polo, che sia salvaguardata la
persistenza di un partito che fa direttamente riferimento alla dottrina sociale
cristiana".
Aveva in precedenza detto Ruini difendendo sue passate dichiarazioni: "La
Chiesa non detta l'agenda ai politici, ma chi lo fa? Sembra che nessuno riesca
a dettarla e che l'agenda cambi ogni giorno". Aveva chiesto il cardinale
segretario di Stato vaticano Bertone a Veltroni che i cattolici non fossero
"mortificati" nel Partito democratico.
Il discorso di ieri a Rimini conferma la sponsorizzazione di Casini, al di là della
preoccupazione vaticana per l'Italia che non vorrebbe i cattolici "fuori di
chiesa"? E' un segnale di fumo che da Roma va verso Bologna, la Bologna di
Casini e non più di Prodi?

Alberto Melloni, studioso eminente della storia della Chiesa, ha detto stamani
a "Repubblica" che la chiamata di Bagnasco ad aprire il Meeting ciellino gli
"sembra il segno che la Chiesa, dopo aver pensato che il suo problema fosse il
centrosinistra, ha scoperto che non ha nel centrodestra delle sponde sicure ed
affidabili".
Infine, proprio in queste ore, si legge di un'offerta di Berlusconi a Casini. Il
tema non è una divagazione estiva. Non è Casini che torna all'ovile. E' il
cavaliere che cerca in Casini la salvifica sponda vaticana. A dimostrazione che
il discorso riminese di Bagnasco non era una dotta parentesi teologica, ma un
preciso atto politico. Anche se avvolto dalla premessa che abbiamo citato:
oggi "si vorrebbe negare la dimensione pubblica della fede".
Non lo diciamo noi, lo scrive stasera il SIR: dall’intervento di Bagnasco
"emergono indicazioni precise e piste chiare per quella nuova stagione
dell’impegno dei cattolici, della storia del movimento cattolico italiano, che si
sta cominciando a delineare in questi primi anni del nuovo secolo e sarà
certamente uno dei temi di fondo da seguire nel nuovo anno di lavoro che sta
iniziando".

In un'intervista alla Radio Vaticana, oggi Bagnasco corregge un po' il tiro sulla
questione europea: "Non so in questo momento, con precisione, se si possa
parlare di fondamentalismo anticlericale o anticattolico in Europa". Ieri aveva
detto a Rimini che c'è un secolarismo europeo "poco cristiano" che "dimentica
il passato e costruisce una storia senza Dio e contro l'uomo".

[Anno III, post n. 260 (637)]

24/2008/2008
Alfano svelato
Ci sono notizie urlate ed altre suggerite. Timidamente. E' quello che fa oggi il
"Corriere della Sera". Nella doppia pagina dedicata al momento politico, tra il
referendum promosso da Di Pietro contro il "lodo Alfano" e l'annuncio del
discorso di Bagnasco a Rimini ("La Chiesa sta nella politica"), presenta
un'intervista ad Antonio Baldassarre, ex presidente della Corte costituzionale.
Secondo Baldassarre (sintetizza il titolo dell'intervista) la Corte costituzionale
"dirà no all'immunità" prevista dal lodo Alfano. Il testo è ovviamente più
articolato: la Corte potrebbe pronunciarsi sul tema, se "dovrà esprimersi
sull'iniziativa referendaria di Di Pietro".
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 112
Nell'intervista c'è un altro passo che contiene la notizia più importante,
nascosta non si sa perché. E' un testo non facile nel rigoroso eloquio del
giurista: "C'è un requisito della sentenza della Corte che dichiarò illegittimo il
lodo Schifani che non è stato soddisfatto dal lodo Alfano".
Tradotto in soldoni, come dovrebbero fare i giornalisti, significa che il "lodo
Alfano" ricalca il "lodo Schifani" poi dichiarato illegittimo dalla stessa Corte
costituzionale con sentenza del 20 gennaio 2004, n. 24. Come qui
sostenemmo nel post "Sono uguali?".
Ci auguriamo che nei prossimi giorni le parole del presidente emerito Antonio
Baldassare diano una spintarella per una discussione più approfondita. Che è
politicamente necessaria, per quanto possa apparire fastidiosa. Come
dimostra la successiva domanda dell'autrice dell'intervista, Maria Antonietta
Calabrò, al prof. Baldassare: "Ma lei non era considerato un 'giurista di
destra'?" ("Sì, certo...").

[Anno III, post n. 259 (636)]

21/2008/2008
I dibattiti nei poli
Con il titolo I dibattiti nei poli e i "magazzini d'idee", il "Corriere Romagna" di
oggi pubblica questa mia nota nella Pagina aperta, in parte anticipata ieri sera
in questo blog nel post "Caserma Italia".

L'agosto 2008 finirà in archivio per due dibattiti, uguali e contrari. Nel centro-
destra il leader leghista Umberto Bossi ha sconfessato la linea politica del
governo di cui fa parte, sopra uno dei temi fondamentali del programma
attuato nei "primi cento giorni", l'abolizione dell'Ici. Bossi vuole che
quell'imposta sia reintrodotta in nome del federalismo e con le modalità di un
progetto del ministro Calderoli. Il progetto è condiviso dal primo cittadino di
Genova Marta Vincenti, in nome di una linea riassumibile col motto "più poteri
ai sindaci" anche in settori destinati alle Regioni.
Bossi è il solito scomodo leader-ombra, capace ora di raccogliere un cartello di
pubblici amministratori "con i piedi per terra". Ovvero consapevoli che ai
servizi richiesti dalla collettività debbono corrispondere i necessari
finanziamenti. L'unica nota stonata in coda ai suoi discorsi, è il consueto
richiamo ai colleghi di governo: "...altrimenti bisognerà procedere coi mezzi
più sbrigativi, quelli che il popolo conosce bene e sa come usare".
Nel Pd il dibattito è oggi considerato effetto di una situazione di degrado
politico del Paese. Nanni Moretti ha detto che in Italia non esiste più
"l'opposizione" grazie al "dominio di Berlusconi sulle reti televisive", con il
quale il cavaliere "ha spostato e devastato il modo di pensare degli italiani".
Richiamando Moretti, Eugenio Scalfari ha ribadito che esistono "tante opinioni
private senza più una visione del bene comune". Infine Walter Veltroni ha
spiegato la crisi del Paese come frutto di "una frenetica bulimia del presente"
che rifiuta "la coscienza e i valori che vengono dalla storia, perché inutili".
Giuseppe De Rita contesta a Moretti, Scalfari e Veltroni di credere "nel primato
dell'opinione", aggiungendo: la parola opinione è "figlia di processi culturali
che mirano a far opinione con emozioni, mai con la coscienza".
Come si vede, si tratta di un bel dibattito in cui maggioranza ed opposizione
sono unite da una ricerca nei rispettivi "magazzini". Chiusi non per ferie ma
per procedere al loro inventario. Una volta concluso, esso potrebbe provocare
ulteriori difficoltà. Berlusconi non vorrà lasciare a Calderoli la passerella
mediatica, anche se finora gli ha fatto comodo per far credere che nei "primi
cento giorni" è stata attuata la promessa semplificazione eliminando 3.574
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 113
leggi "inutili". La riforma Calderoli è chiara: il governo deve provvedervi entro
180 giorni dal 25 giugno 2008, fatto salvo quanto disposto dalla legge
246/2005 circa le norme incancellabili.
Veltroni promette di avere per primo "il coraggio di essere sé stessi, quando
questo appare più difficile". Ma quando anche gli altri, di diversa "nascita", nel
Pd ripeteranno le sue parole, le cose saranno più chiare o ingarbugliate?
Antonio Montanari

20/2008/2008
Caserma Italia
Nadia Urbinati, una romagnola che insegna Teoria politica alla Columbia
University di New York, spiega oggi su "Repubblica" che l'Italia attuale
"assomiglia a una grande caserma, docile, assuefatta, mansueta". E' una
società "autoritaria e paternalistica" in cui l'opposizione "pare un male da
estirpare".

Tutta colpa di chi governa o anche di chi, per compito istituzionale, dovrebbe
opporsi a chi gestisce il potere?
La risposta della prof. Urbinati è in questo passaggio del suo articolo:
"Commissioni bipartisan nascono ogni giorno: servono ad abituarci a pensare
che l'opposizione deve saper essere funzionale alla maggioranza, diventare
un'opposizione gradita alla maggioranza".
E' dunque il trionfo di chi, in nome degli "interessi della gente", crede già da
tempo che non esistano più differenze fra destra e sinistra.

L'agosto 2008 finirà in archivio per due dibattiti, uguali e contrari. Nel centro-
destra il leader leghista Umberto Bossi ha sconfessato la linea politica del
governo di cui fa parte, sopra uno dei temi fondamentali del programma
attuato nei "primi cento giorni", l'abolizione dell'Ici.
Bossi vuole che quell'imposta sia reintrodotta in nome del federalismo e con le
modalità di un progetto del ministro Calderoli.
Bossi è il solito scomodo leader-ombra, capace ora di raccogliere un cartello di
pubblici amministratori "con i piedi per terra". Ovvero consapevoli che ai
servizi richiesti dalla collettività debbono corrispondere i necessari
finanziamenti. L'unica nota stonata in coda ai suoi discorsi, è il consueto
richiamo ai colleghi di governo: "...altrimenti bisognerà procedere coi mezzi
più sbrigativi, quelli che il popolo conosce bene e sa come usare".

Nel Pd il dibattito è oggi considerato effetto di una situazione di degrado


politico del Paese. Nanni Moretti ha detto che in Italia non esiste più
"l'opposizione" grazie al "dominio di Berlusconi sulle reti televisive", con il
quale il cavaliere "ha spostato e devastato il modo di pensare degli italiani".
Richiamando Moretti, Eugenio Scalfari ha ribadito che esistono "tante opinioni
private senza più una visione del bene comune".
Infine Walter Veltroni ha spiegato la crisi del Paese come frutto di "una
frenetica bulimia del presente" che rifiuta "la coscienza e i valori che vengono
dalla storia, perché inutili".
Giuseppe De Rita contesta a Moretti, Scalfari e Veltroni di credere "nel primato
dell'opinione", aggiungendo: la parola opinione è "figlia di processi culturali
che mirano a far opinione con emozioni, mai con la coscienza".

Si tratta di un bel dibattito in cui maggioranza ed opposizione sono unite da


una ricerca nei rispettivi "magazzini". Chiusi non per ferie ma per procedere al
loro inventario. Una volta concluso, esso potrebbe provocare ulteriori
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 114
difficoltà.
Berlusconi non vorrà lasciare a Calderoli la passerella mediatica, anche se
finora gli ha fatto comodo per far credere che nei "primi cento giorni" è stata
attuata la promessa semplificazione eliminando 3.574 leggi "inutili".
Veltroni promette di avere per primo "il coraggio di essere sé stessi, quando
questo appare più difficile". Ma quando anche gli altri, di diversa "nascita", nel
Pd ripeteranno le sue parole, le cose saranno più chiare o ingarbugliate?

Intanto non ci resta che meditare sulle parole della prof. Urbinati: l'Italia
attuale "assomiglia a una grande caserma, docile, assuefatta, mansueta".

Nella foto, la prof. Nadia Urbinati riceve dal presidente della Repubblica (8
marzo 2008) le insegne di commendatore.

[Anno III, post n. 258 (635)]

19/2008/2008
Il diavolo a Riccione

Da un blog locale, riporto l'inizio del mio post "Il diavolo a Riccione":

Se il diavolo soggiorna a Riccione, e si spera soltanto d'estate, come ha


dichiarato sul web don Davide Banzato (www.chihasetevengaame.it), non
dobbiamo preoccuparci. Basta leggere con attenzione la risposta di un altro
sacerdote, don Franco Mastrolonardo: "Noi preti cadiamo volentieri nella
trappola di non voler vedere", perché "non tiriamo mai fuori il capo dalle
sagrestie". Se vogliamo allargare il discorso, la Chiesa oggi sta molto chiusa
nelle sagrestie soltanto in apparenza.
Di recente un'amica mi ha chiesto per il suo blog un commento sul tema del
testamento biologico...

18/2008/2008
Una voce poco fa
In principio fu Nanni Moretti. Non quella volta che disse ai signori della Sinistra
di andarsene tutti a casa per evitare ulteriori sconfitte. Ma questa, di Locarno:
"In Italia l'opposizione non esiste più". E, soprattutto, "non c'è è più opinione
pubblica".

In un Paese stranamente democratico come l'Italia, se a sostenere qualcosa di


simile è un cittadino qualsiasi (non dico qualunque, a ragion veduta...), lo si fa
passare per "matto".
Se lo dice un Nanni Moretti, allora il buon filosofo Eugenio Scalfari c'imbastisce
sopra l'editoriale della domenica su "Repubblica" (ieri). E si sveglia dal letargo
estivo persino Walter Veltroni che ha scritto due belle cose sulla stessa
"Repubblica" di oggi.

Riferendosi alla maggioranza, ha spiegato che "Lo "spirito del tempo" si


alimenta di una frenetica bulimia di presente, rifiuta la coscienza e i valori che
vengono dalla storia, perché inutili".
Timida osservazione relativa all'odierna opposizione. Se la maggioranza ha
"una frenetica bulimia di presente", l'opposizione veltroniana (sia detto senza
offesa per nessuno) soffre di un'opposta anoressia. Ovvero non guarda, non
pensa, non discute.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 115
Non parlo tanto dei vertici nazionali, quanto delle periferie. Di certe periferie.
Non vorremmo che l'unica voce ad alzarsi in questi grigi momenti fosse quella
del segretario nazionale del Pd. Una voce poco fa, se resta sola.

L'altra "bella cosa" è in questo passo: "Credo che a noi, a me, spetti in primo
luogo il coraggio di essere sé stessi quando questo appare più difficile".
Non dubito del suo coraggio, mi riferisco sempre alle periferie, a certe
periferie.

Noi fuori dei partiti, possiamo avere lo stesso coraggio impunemente, oppure
se diciamo o scriviamo certe cose, dobbiamo aspettarci qualche dispettuccio
dai ras del partito veltroniano?
Personalmente siamo convinti, non per testardaggine, che occorra esprimere
le proprie opinioni (beninteso nei dovuti modi). Ma siamo altrettanto
documentati sul fatto che ciò non piace ai padroni del vapore.

Post scriptum.
Un esempio di "opinione personale locale" del sottoscritto si legge qui.

[Anno III, post n. 257 (634)]

17/2008/2008
Piagnistei? E' crisi
Nell'intervista concessa alla "Stampa" di oggi, il sottosegretario al Turismo
Michela Vittoria Brambilla parla del settore di sua "competenza"
arrampicandosi molto sugli specchi, e dandoci l'impressione di non avere
molte argomentazioni valide per affrontare la questione della crisi che lo
attraversa.

Ammette che "anche la Francia e la Spagna registrano segnali altrettanto


negativi". "Però" aggiunge, noi "indulgiamo di più ai piagnistei". Se questo è il
pezzo forte del suo comprendere ed esaminare il problema, non ci siamo per
nulla.

Altra affermazione temeraria. La politica è stata in sonno, in campo turistico,


per colpa del referendum del 1993 che abolì il relativo ministero.

Il sottosegretario Brambilla dimentica che nel 1993 fu abolito anche il


Ministero dell'Agricoltura e foreste, con lo stesso referendum che lei ricorda
per il Turismo. Ma oggi come oggi il governo comprende un Ministero delle
Politiche agricole. A dimostrazione che non è tutta colpa degli "italiani" tirati in
ballo dalla signora MVB, se non abbiamo un ministro delle Politiche turistiche o
del Coordinamento turistico fra Stato e Regioni.

Circa i "piagnistei", la parola che il sottosegretario usa ben s'adatta alla sua
forma mentis di presidente dei "Circoli della Libertà". I quali sono stati proprio
l'espressione più coerente e concreta della sua concezione della politica come
eterno piagnisteo. L'iniziativa "vuole dare corpo e voce a tutte quelle persone
che non trovano più un’adeguata rappresentanza nei vecchi rituali della
politica", era la premessa ancora oggi leggibile nel sito della "associazione"
finanziata da Berlusconi.

Sul sito del giornale dei "Circoli" ancora oggi si trovano appunto i "piagnistei"
contro il governo Prodi che "spalancava le porte all'immigrazione clandestina".
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 116
Signora Brambilla, faccia aggiornare la pagina anche se il giornale non esce
più. Qualcuno potrebbe scambiare quel titolo per un attacco al governo di cui
lei fa parte.

[Anno III, post n. 256 (633)]

16/2008/2008
Bossi bussa
Bossi bussa alla cassa, sa che senza Ici le Regioni ed i Comuni non vanno da
nessuna parte, per cui ieri ne ha riproposto l'introduzione. Ma con l'intenzione
già nota, che l'Ici è mia e me la gestisco io.

Forse l'opposizione gradirà il pensiero, certo è che la maggioranza non può


smentirsi. Calderoli, più mistico (ovvero illuso) del capo della Lega, ma pure
fissato nelle presunte semplificazioni, annuncia un unico tributo per i Comuni
al posto delle varie tasse ai versi destinatari.

Forse Calderoli semplificando semplificando produrrà una nuova legge in cui i


destinatari delle risorse comunali saranno solamente persone che in qualsiasi
regione d'Italia abitino, risultino essere generati da antichi abitanti del Nord-
Est.

Ma Calderoli e Bossi fingono di non sapere che non soltanto lo Stato butta via i
denari. Pure i Comuni ci mettono un bell'impegno nello spreco delle risorse.

Allo stesso modo il ministro Brunetta, da uomo di mondo, finge di non sapere
che nei ministeri, al centro ed alla periferia, i fannulloni sono figli non dei
pubblici concorsi ma delle assunzioni dei grandi capi.
Ricordiamo, così di passaggio, i protetti socialdemocratici alle Finanze
all'epoca di Luigi Preti, i raccomandati democristiani (migliaia di bidelli)
all'epoca della Pubblica Istruzione guidata dal ministro Misasi (40 anni fa...).
Chi più ne ha più ne metta.
Nella mia scuola (temporibus illis) venne mandato in segreteria dall'assessore
provinciale un "trimestralista" che dichiarò pacificamente le sue intenzioni:
"Con una raccomandazione così, pretenderete mica che lavori...".

[Anno III, post n. 255 (632)]

15/2008/2008
Come al solito
Famigliacristiana Come al solito, sotto qualsiasi governo, a qualsiasi latitudine,
si segua il calendario romano oppure quello ambrosiano, in Italia è difficile (se
non impossibile) discutere di un qualsiasi argomento politico con quel minimo
di calma che dovrebbe escludere le aggressioni personali ed i travisamenti dei
dati di fatto.

Un giornalista di "Famiglia cristiana", Beppe del Colle, riporta una frase dalla
rivista francese dei Gesuiti "Esprit": "gli italiani sono incredibilmente duri
contro i romeni e gli zingari". Ed aggiunge di suo: "Speriamo che non si riveli
mai vero il suo sospetto che stia rinascendo da noi sotto altre forme il
fascismo".

Il tutto diventa nel dibattito pubblico nostrano: "Famiglia cristiana" accusa il


governo Berlusconi di essere fascista.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 117

Miopia della stampa italiana, pigrizia intellettuale dei politici, tutto va bene:
ma poi se si muove persino "il Vaticano"... Ed allora c'è da pensare che pure al
di là delle mura leonine hanno preso fischi per fiaschi, arrivando addirittura
alla autorevole dichiarazione di padre Lombardi che non potendo dire altro
sostiene la cosa più ovvia di questo mondo: "Famiglia cristiana" non
rappresenta nè il Vaticano né la Cei.

Ma nessuno, adulto e vaccinato, lo ha pensato. Per cui il direttore del


settimanale dei Paolini ha facilmente puntualizzato: "Mai ci siamo sognati di
rappresentare ufficialmente il Vaticano o la Cei, che hanno loro organi ufficiali
di stampa: l'Osservatore Romano e l'Avvenire".

Al direttore del settimanale sono state indirizzate quintalate di improperi, ivi


compresa l'accusa di essere un gaudente perché si trovava in qualche zona di
mare.

Il prof. Luca Ricolfi ha scritto oggi un bel fondo sulla "Stampa".


Prima ha richiamato la sana ricetta di Luigi Einaudi, "Conoscere per decidere".
Ma poi si è fatto avvolgere pure lui dal fascino della polemica, osservando:
"L’aggettivo «fascista», che quand’ero studente universitario veniva brandito
contro chiunque la pensasse diverso (dal politicamente corretto del
momento), viene ora dissepolto dal settimanale Famiglia Cristiana per
stigmatizzare alcune decisioni del governo in carica, in particolare sull’esercito
per le strade, le impronte ai bambini rom, la social card di Tremonti (bollata
come «carità di stato»: paura di perdere il monopolio, cara Chiesa?)".

Come si è visto Beppe Del Colle non ha usato l'aggettivo "fascista" per
"stigmatizzare alcune decisioni del governo in carica".
Ma ha soltanto riportato un sospetto di "Esprit", augurandosi che esso non sia
vero ("Speriamo che non si riveli mai vero il suo sospetto che stia rinascendo
da noi sotto altre forme il fascismo").

Il quotidiano cattolico "La Croix" ha ripreso un lancio AFP in cui si legge:


"Mercredi, l'éditorialiste, Beppe Del Colle, a rappelé à l'attention de M.
Giovanardi les inquiétudes du Parlement européen, citant aussi la revue
jésuite française Esprit qui avait parlé du "ton incroyablement dur des Italiens"
envers les Tziganes et les Roumains".

Non sono riuscito a trovare sul sito di "Esprit" il testo citato da Del Colle.

C'è forse un accenno indiziario nell'editoriale dell'ultimo numero (08-09/2008):


"Il aborde deux phénomènes paradoxaux (la "barbarisation du bourgeois" et
l'"embourgeoisement du barbare") qui manifestent bien l'effacement des
frontières traditionnelles entre démocraties libérales et État autoritaires".
Se qualche lettore ha sottomano il numero di agosto-settembre di "Esprit",
può illuminarci con una citazione esatta e completa.

Una curiosità della serie "non si muove foglia...". Mentre a Beppe del Colle le
forze di governo hanno indirizzato la classica e ammuffita accusa di "catto-
comunismo" (immemori delle critiche che il suo settimanale aveva rivolto al
precedente governo di centro-sinistra), oggi Fabio Martini su "La Stampa"
ricostruisce il retroscena della crisi dell'esecutivo guidato da Romano Prodi,
riprendendo una notizia relativa al cardinal Bagnasco. Ore 17:05 del 21
gennaio 2008, l'Ansa batte una dichiarazione del porporato presidente della
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 118
Cei: l'Italia è "sfilacciata" e ridotta a "coriandoli". Nessuno parlò allora di catto-
fascismo...

Altri interventi di Bagnasco, citati nel mio blog (cerca tutto con Google):
- maggio 2007, denuncia la povertà che si diffonde in grandi fasce della
popolazione;
- ottobre 2007, si chiede lavoro stabile per creare famiglie fondate sul
matrimonio;
- gennaio 2008, l'Italia ha bisogno di serenità;
- maggio 2008, sull'importanza del ruolo degli immigrati nella nostra società.

[Anno III, post n. 254 (631)]

15/2008/2008
Cossiga, verità scomode
Ieri, Bassam Abu Sharif, ex portavoce del Fronte popolare per la liberazione
della Palestina, in un'intervista al "Corriere della Sera" confermava quanto si
sapeva già da tempo. Esisteva al tempo di Aldo Moro un patto segreto fra
l'Italia e lo stesso Fronte: "Ci veniva concesso di organizzare piccoli transiti,
passaggi, operazioni puramente palestinesi, senza coinvolgere italiani.
Dovevamo informare le persone opportune: stiamo trasportando A, B, C...
Dopo il patto, ogni volta che venivo a Roma, due auto di scorta mi
aspettavano per proteggermi. Da parte nostra, garantivamo anche di evitare
imbarazzi al vostro Paese, attacchi che partissero direttamente dal suolo
italiano".

Lo scorso 8 luglio, in un'intervista concessa ad Aldo Cazzullo per lo stesso


quotidiano di via Solferino, Francesco Cossiga aveva ribattezzato quell'accordo
segreto fra Italia e FPLP come "lodo Moro". Aggiungendo: «La strage di
Bologna è un incidente accaduto agli amici della "resistenza palestinese" che,
autorizzata dal "lodo Moro" a fare in Italia quel che voleva purché non contro il
nostro Paese, si fecero saltare colpevolmente una o due valigie di esplosivo.
Quanto agli innocenti condannati, in Italia i magistrati, salvo qualcuno, non
sono mai stati eroi. E nella rossa Bologna la strage doveva essere fascista. In
un primo tempo, gli imputati vennero assolti. Seguirono le manifestazioni
politiche, e le sentenze politiche".

Oggi Francesco Cossiga torna sull'argomento con una lettera al "Corriere della
Sera", impaginata assieme ad un servizio in cui parla Giovanni Pellegrino, già
presidente della Commissione stragi. Pellegrino ricorda che, dell'accordo con il
FPLP, accenna lo stesso Aldo Moro in una lettera durante la sua prigionia: "Noi
con i palestinesi ci regoliamo in altro modo" aveva scritto.

Cossiga con quel suo stile che mescola amare verità a sottili ironie, dice
sostanzialmente queste cose:

- del "patto di non belligeranza segreto" fra Italia e FPLP Cossiga ha saputo
"non da carte o informazioni ufficiali" che gli "sono state sempre tenute
segrete";
- Aldo Moro gestiva personalmente i servizi segreti "saltando la scala normale
gerarchica";
- non è la classe politica al governo o in parlamento a guidare i servizi, ma
succede il contrario: la riforma se la faranno "loro" (ovvero i servizi), spiega
Cossiga, "quando vorranno e come riusciranno a farla anche in relazione ai
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 119
rapporti di forza, non certo determinati del potere politico!";
- infine: "E non pretendano i politici di conoscere i veri segreti di Stati:
purtroppo non c'è più neanche la vigilanza del Partito Comunista che qualche
volta ce ne metteva a parte!".

Chissà se trascorso il ferragosto e chiuse le feste di partito, i nostri politici


troveranno tempo e modo per chiarire le questioni poste da Cossiga sul
problema dei rapporti tra parlamento, governo e servizi segreti.
Le scomode verità ricordate da lui oggi nella lettera al "Corriere della Sera",
non ammettono che non se ne parli, al di là della questione della strage di
Bologna che viene legata a quel patto segreto.

Cossiga aveva detto, sempre al "Corriere" l'8 luglio, come abbiamo già
riportato: "La strage di Bologna è un incidente accaduto agli amici della
"resistenza palestinese", che si fecero saltare colpevolmente una o due valigie
di esplosivo".
Ieri Bassam Abu Sharif nella sua intervista lo ha smentito categoricamente:
"Non c'entriamo niente. Nessuno ordine è venuto da me. Il massacro non ha
niente a che vedere con organizzazioni palestinesi. Neppure un incidente. Non
c'era nessuna ragione per farlo, soprattutto a Bologna".

La lettera di oggi è una risposta a Bassam Abu Sharif, con una serie di inediti
particolari, tra cui quello della irregolare dotazione di armi pesanti per la
rappresentanza diplomatica della Lega araba, e l'altro del "noto esponente
della sinistra extra-parlamentare" che conduceva "un missile terra-aria
intercettato da una normale pattuglia della Stradale".

Circa il passo della lettera di oggi in cui Cossiga scrive che "purtroppo non c'è
più neanche la vigilanza del Partito Comunista che qualche volta ce ne
metteva a parte!", va ricordato un episodio del novembre 2007. Allora Cossiga
sostenne che, al tempo della prigionia di Moro, ben mille comunisti
"sapevano".
Allora ci chiedemmo: "come mai, se mille comunisti sapevano, nessuno delle
migliaia di agenti dei cosiddetti 'servizi' che hanno sempre controllato i politici
di governo e di opposizione, ha appreso che 'quelli' sapevano?".
Su questo problema potrebbe tornare lo stesso presidente Cossiga. Alle
scomode verità ricordate da lui oggi, si aggiungono le oscure allusioni del
passato. Forse gli stessi politici dovrebbero studiarle. E dircene qualcosa.

Archivio "Cossiga" in questo blog:


- cerca con Google
- le "dimissioni" del 2006
- i "mille" che sapevano
- "enfant terrible".

[Anno III, post n. 253 (630)]

13/2008/2008
La voce del padrone
Cosa fatta (in politica), Capezzone ha. Passato dalle barricate pannelliane alla
guardia del fortino berlusconiano, non mai ha mostrato una piega amara su
quel volto così severo nella sua dogmatica serenità, né prima né dopo.
Né quando era radicale, e quindi in sempiterna opposizione, né da quando è
governativo. Ovvero devoto al verbo del suo Partito e del suo Governo. Le
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 120
maiuscole non sono nostre. Ci sembra di vederle dominare la sua mente ed il
suo eloquio così elegante e nello stesso tempo sfottente.

Non invidiamo il suo ruolo di portavoce del Capo. Non ci stupisce la prontezza
con cui confeziona una dichiarazione: su qualsiasi argomento e con qualsiasi
tempo.
Constatiamo soltanto la felice condizione di un uomo che sa di trovarsi sempre
dalla parte giusta. Di una persona che del dubbio ha fatto carta straccia, che
se ne va sicuro con le sue certezze politiche, o che almeno dà a bere che lui
conosce il segreto per risolvere qualsiasi problema si ponga. Con un tono
talora leggermente arrogante.

Come quando ieri, alla notizia dell'articolo di "Newsweek" dedicato ai miracoli


politici del cavaliere compiuti in soli 100 giorni (salvo complicazioni), non
soltanto ha gioito legittimamente definendo quella del settimanale americano
una "analisi lucida", ma ha sentenziato con una sintesi garibaldina: "Il Pd
rifletta".

Non un suggerimento, ma un ordine "categorico" (come avrebbe detto il


cavalier Benito). L'on. Amato, che ha aderito alla "Attalì de Noantri", pare
abbia avuto un brivido di emozione pensando (segretamente) di aver precorso
l'imperativo categorico del buon Capezzone.

Dobbiamo confessare che il richiamo al cavalier Benito, dopo aver parlato dei
miracoli del cavalier Silvio, ce lo ha tirato fuori con le pinze un articolo di
"Famiglia cristiana" lanciato alle agenzie poco fa. Il settimanale paolino si
augura che in Italia non "stia rinascendo sotto altre forme il fascismo".
Prima di sapere che cosa ne pensiamo noi stessi, attendiamo una reazione
ufficiale del portavoce Capezzone, per poi sostenere tutto l'opposto di quanto
vorrà graziosamente dirci.

[Anno III, post n. 252 (629)]

12/2008/2008
Resta il Migliore?
A San Mauro Pascoli hanno "processato" Palmiro Togliatti. Padre della
democrazia o servo di Mosca? Il "Migliore" se l'è cavata per un pelo (quattro
voti a favore e tre contrari), dopo le arringhe di accusa e difesa, e grazie ad
una giuria "popolare" composta da un "industrial manager" (il presidente,
Fabrizio Casadei), e sei giornalisti tutti di testate locali.

Uno di questi giornalisti è soltanto esperto di questioni economiche, due altre


colleghe sono ben ferrate in storia e politica, un altro dichiara nel suo sito tra i
fatti memorabili della sua vita che è stato decorato del titolo di commendatore
al merito della Repubblica da Silvio Berlusconi e di essere stato pure cantante-
ballerino.

Riproduco il commento che un altro giornalista locale (non in giuria), Filippo


Fabbri, ha composto nel suo blog: "Decisamente noioso il Processo a Togliatti.
Ravvivato dal colpo di coda dell'assoluzione finale. Guardando la giuria, un
mezzo miracolo. Certo che sarebbe stato un bel colpo: Togliatti condannato a
casa propria. Intendendo per casa la Romagna Rossa e non certo le sue origini
anagrafiche. Personalmente avrei optato per l'assoluzione".
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 121
In un paese come l'Italia in cui si fa fatica a far giustizia con i vivi, figuriamoci
se è "facile" gestirla nei confronti di trapassati illustri come Togliatti. Il
comunismo (anche) in Italia non è mai stato soltanto un fatto politico, ma
soprattutto una "religione" neppure tanto laica.
Sarebbe curioso conoscere il pensiero segreto dei giurati sul comportamento
avuto da Togliatti in Russia, quando i suoi connazionali antifascisti rifugiatisi
nella patria del comunismo, subirono una tragica fine. Oppure non ne
sapevano nulla?

Togliatti, ha scritto Enrico Nistri, "avallò la deportazione in Siberia di


antifascisti italiani ritenuti da Stalin 'deviazionisti' o giustificò con
argomentazioni paludate di hegelismo d’accatto il trattamento inumano dei
nostri prigionieri in Russia".

Un "processo" divenuto spettacolo con troppi giurati "popolari" estranei alle


tematiche storiche, resta un fatto "estivo", divertente o noioso che sia.

Sul tema, si può leggere questo interessante pezzo che esula dai fatti
contingenti (il processo di San Mauro a Togliatti), ma pone una seria
questione: che cosa significa giudicare un personaggio storico?

[Anno III, post n. 251 (628)]

11/2008/2008
Radames Calderoli
Ritorna vincitor. Si scrive sui giornali e sul web che il ministro Calderoli ha già
abrogato 3.500 leggi. Il decreto legge n. 112 del 25 Giugno 2008 prevede che
si provveda entro 180 giorni (art. 24, primo comma). Ma a questo elemento si
aggiunge: "Il Governo individua, con atto ricognitivo, le disposizioni di rango
regolamentare implicitamente abrogate in quanto connesse esclusivamente
alla vigenza degli atti legislativi inseriti nell'Allegato A". Il quale contiene un
elenco di 3.574 leggi.

Nel primo comma si legge che è fatta "salva l'applicazione dei commi 14 e 15
dell'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246".
Il comma 14 della legge 246 rimanda al comma 12 che prevede: "Al fine di
procedere all’attività di riordino normativo prevista dalla legislazione vigente,
il Governo, avvalendosi dei risultati dell’attività di cui all’articolo 107 della
legge 23 dicembre 2000, n. 388, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata
in vigore della presente legge, individua le disposizioni legislative statali
vigenti, evidenziando le incongruenze e le antinomie normative relative ai
diversi settori legislativi, e trasmette al Parlamento una relazione finale".

Poi il comma 14 precisa: "Entro ventiquattro mesi dalla scadenza del termine
di cui al comma 12, il Governo è delegato ad adottare, con le modalità di cui
all’articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni,
decreti legislativi che individuano le disposizioni legislative statali, pubblicate
anteriormente al 1º gennaio 1970, anche se modificate con provvedimenti
successivi, delle quali si ritiene indispensabile la permanenza in vigore, nel
rispetto dell’articolo 1, comma 2, della legge 5 giugno 2003, n. 131, e secondo
i seguenti princìpi e criteri direttivi: a) esclusione delle disposizioni oggetto di
abrogazione tacita o implicita; b) esclusione delle disposizioni che abbiano
esaurito o siano prive di effettivo contenuto normativo o siano comunque
obsolete; c) identificazione delle disposizioni la cui abrogazione
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 122
comporterebbe lesione dei diritti costituzionali dei cittadini; d) identificazione
delle disposizioni indispensabili per la regolamentazione di ciascun settore,
anche utilizzando a tal fine le procedure di analisi e verifica dell’impatto della
regolazione; e) organizzazione delle disposizioni da mantenere in vigore per
settori omogenei o per materie, secondo il contenuto precettivo di ciascuna di
esse; f) garanzia della coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa;
g) identificazione delle disposizioni la cui abrogazione comporterebbe effetti
anche indiretti sulla finanza pubblica."

Da parte sua il comma 15 prescrive: "I decreti legislativi di cui al comma 14


provvedono altresì alla semplificazione o al riassetto della materia che ne è
oggetto, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui all’articolo 20 della
legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, anche al fine di
armonizzare le disposizioni mantenute in vigore con quelle pubblicate
successivamente alla data del 1º gennaio 1970".

Ma non dimentichiamo il comma 17 della n. 246:


"Rimangono in vigore: a) le disposizioni contenute nel codice civile, nel codice
penale, nel codice di procedura civile, nel codice di procedura penale, nel
codice della navigazione, comprese le disposizioni preliminari e di attuazione,
e in ogni altro testo normativo che rechi nell’epigrafe l’indicazione codice
ovvero testo unico; b) le disposizioni che disciplinano l’ordinamento degli
organi costituzionali e degli organi aventi rilevanza costituzionale, nonchè le
disposizioni relative all’ordinamento delle magistrature e dell’avvocatura dello
Stato e al riparto della giurisdizione; c) le disposizioni contenute nei decreti
ricognitivi, emanati ai sensi dell’articolo 1, comma 4, della legge 5 giugno
2003, n. 131, aventi per oggetto i princìpi fondamentali della legislazione dello
Stato nelle materie previste dall’articolo 117, terzo comma, della Costituzione;
d) le disposizioni che costituiscono adempimento di obblighi imposti dalla
normativa comunitaria e le leggi di autorizzazione a ratificare trattati
internazionali; e) le disposizioni tributarie e di bilancio e quelle concernenti le
reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco; f) le disposizioni in
materia previdenziale e assistenziale; g) le disposizioni indicate nei decreti
legislativi di cui al comma 14".
Il cerchio si chiude: dal comma 14 siamo partiti, al comma 14 siamo arrivati.

Auguri ministro Calderoli. Se questa è la semplificazione spacciata dalle


notizie che dichiarano già svanite nel nulla già 3.574 leggi "inutili", ha proprio
bisogno di tanti auguri.
Una curiosità: la prima normativa da cancellare, è del 1864 (dico: 1864) e
riguarda "L'AFFRANCAMENTO DEI CANONI ENFITEUTICI, LIVELLI, CENSI,
DECIME ED ALTRE PRESTAZIONI DOVUTE A CORPI MORALI".
Calderoli, come Radames, ritorna vincitor... Abbiamo i nostri dubbi sulla
riuscita dell'impresa. E non per colpa del ministro.

[Anno III, post n. 250 (627)]

10/2008/2008
Cemento "armato"
Sulla "Stampa" di oggi si parla anche della mia città, Rimini, a proposito delle
"archistar", ovvero delle stelle della progettazione urbanistica, e delle
"speculazioni griffate".
Vedo che Rimini è in buona compagnia. Ma non è vero che "mal comune,
mezzo gaudio".
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 123

Quel lungomare cementificato che si prospetta sulla costa riminese, solleva


molti dubbi. Alcuni sono legati alla realtà locale. Come si è letto su qualche
giornale romagnolo, non sappiamo se siano stati fatti studi sulla situazione
geologica riminese.
Di certo non si è tenuto presente che il momento attuale è di annuncio di una
grave crisi economica planetaria. Per cui quando avranno creato luoghi da
vendere a caro prezzo, chi avrà i soldi per comprarli?

In questi giorni si è affacciato ufficialmente il discorso del riciclaggio del


denaro sporco sulla nostra costa.
Il presidente della Provincia ed il sindaco di Rimini si sono detti notevolmente
preoccupati per notizie che "configurano un quadro di infiltrazione malavitosa
in diversi settori del tessuto economico-imprenditoriale" locale.
Ma il problema non è nuovo così come sembrano credere i nostri
amministratori odierni.

1993. Il presidente dell’Antimafia, Luciano Violante, dichiara: "La mafia in


Riviera ha vestito i panni puliti della intermediazione finanziaria, ma è ben
presente". Gli usurai hanno "i colletti bianchi": a gennaio sono stati eseguiti
nove arresti, e quattro società dal credito ‘facile’ sono finite sotto inchiesta
con l’accusa di truffa ed associazione a delinquere.

1994. Un tecnico, Giancarlo Ferrucini, occupandosi del "balletto dei fallimenti",


ipotizza che vi sia interessata anche la mafia, con infiltrazioni (già denunciate
dalla Commissione parlamentare antimafia) che "potrebbero attecchire più
facilmente nei settori dell’abbigliamento e della ristorazione, dove fra l’altro si
verificano frequenti turn over nella titolarità delle aziende".

1994. Il senatore Carlo Smuraglia, estensore per la Commissione antimafia del


dossier sugli insediamenti mafiosi in "aree non tradizionali" spiega che "in
Romagna è ben presente la mafia che lavora in camicia e cravatta, quella che
è più difficile" da combattere rispetto a quella che spara e prepara stragi.

1994, ancora. La Rete di Leoluca Orlando, sezione di Rimini, in occasione


dell’assemblea nazionale tenutasi a Riccione lancia pesanti accuse alle Giunte
di sinistra che avrebbero sottovalutato il fenomeno mafioso in Romagna.

Dicembre 2005. Il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso spiega: anche


per Rimini vale il principio che il denaro si accumula al Sud e si investe al
Nord.

Quindi, è fuori luogo l'odierna sorpresa dei pubblici amministratori circa "le
notizie emerse nelle ultime settimane". Anzi sorprende la loro sorpresa.
Una volta erano i Comuni a controllare ad esempio la concessione delle
licenze commerciali. Adesso non si usa più? Basterebbe questo strumento per
tener d'occhio una realtà urbana e le persone che vi arrivano da fuori o i
prestanomi locali nullatenti. Non occorre attendere il "Patto per la Sicurezza
che entro l’autunno, Provincia, Comune e Prefettura di Rimini definiranno e
sottoscriveranno con il Ministro degli Interni Roberto Maroni" di cui parlano
presidente della Provincia e sindaco di Rimini nella dichiarazione di due giorni
fa.

Precedenti post sul tema: "Balle e non fatti", "Il partito del cemento".
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 124
[Anno III, post n. 249 (626)]

09/2008/2008
Col seno di poi
Nulla ci calerebbe della vita erotica o puramente sentimentale dei nostri
leader politici, se non fosse per via della solfa che essi fanno in difesa del
modello cristiano della famiglia, quando a buon diritto sono palesemente
libertini e poligami, secondo quel modello.
Ad altrettanto buon diritto, dovrebbe essere lasciata pure agli altri la stessa
possibilità di scelta che essi hanno operato con quelle piccole garanzie per le
"coppie di fatto" che scandalizzano lorsignori. Fermo restando il dato che il
sottoscritto ha seguìto il modello cristiano, senza pentimento alcuno, ma anzi
sempre più convinto che esso possa in moltissime situazioni essere un'ancora
di salvezza ben salda. Ma ciò non significa che poi agli altri non debba essere
lasciata ogni libertà laicamente e legalmente intesa.

Nulla dunque ci interesserebbe delle recenti foto che ritraggono il nostro


premier con relativa attuale consorte, se non fossimo costretti a riflessioni non
superficiali da quanto sopra di esse scrivono i giornali.

Dove l'interpretazione politica ovviamente prevale sul puro pettegolezzo


inteso come divagazione da chiacchiera estiva tanto per passare il tempo.
Sul "Corsera" Maria Latella che bene conosce Veronica Lario (a cui nel 2004 ha
dedicato una biografia "autorizzata", "Tendenza Veronica"), attribuisce a
quest'ultima una battuta pungente al punto da apparire autoconsolatoria. Il
cavaliere ha indispettito varie volte la consorte. Il farsi ritrarre felice assieme a
lei può aver rattristato, secondo la signora Lario, quanti speravano in un loro
divorzio.
Da usare come arma politica, aggiungiamo, allo stesso modo con cui è stata
utilizzata la presenza di questi libertini bigami in piazza San Pietro per la
difesa dell'ideale cristiano di famiglia.

Proprio la presenza insolita della signora Lario sulla scena dell'attualità, induce
Maria Latella a scrivere che se "la casalinga di Macherio" ha lasciato il suo
eremo, "una qualche sostanza ci dev'essere".

Nel settimanale femminile allegato al "Corsera" odierno, Guia Soncini offre


un'interpretazione inizialmente in linea con quella di Maria Latella, ma con
conclusioni opposte.
Le "foto di Portofino" di Veronica Lario offrono un'imperdonabile criniera al
vento, tessuti lucidi peggio di quelli delle ballerine di Drive-In, la scollatura
"scesa", scrive Gaia Soncini. Che in base a tutto ciò ritiene che la signora Lario
abbia voluto esprimere "un boicottaggio politico del marito": "Il messaggio alla
nazione suona qualcosa come: se non riesco a far star su il décolleté di mia
moglie, figuriamoci il Paese".

Insomma, l'abito fa il monaco e fa pure la consorte del premier. Anzi dice dello
stesso premier quello che nessuno oserebbe ammettere nel suo ambiente.
Veronica Lario, dunque, per Gaia Soncini, è la "metafora del crollo di un
sistema-Paese". Lo Stivale cede come il "balconcino" della signora del primo-
ministro.

Crolla la spesa pubblica, cala la moneta circolante. Se anche uno sguardo


levato in alto costringe ad abbassare gli occhi, allora cascano veramente le
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 125
braghe, come dicevano una volta.

[Anno III, post n. 248 (625)]

08/2008/2008
Cattivi esempi
Quel Berlusconi napoletano con la ramazza, rassomiglia tanto ad una befana
qualsiasi. Lui la brandiva, la befana la cavalca quando, nelle rituali occasioni
da calendario, invita a fare festa ed a recare doni a chi crede ancora alle
favole.

Noi siamo come quella sua guardia del corpo, piuttosto perplessa ed
amareggiata, che gli sta sopra la testa e guarda tristemente l'esibito trofeo.
Una ramazza, appunto. Che dà icasticamente l'idea della condizione in cui si
trova il Bel Paese.
Un mondo di ciarlatani che diffonde il contagio anche a chi arriva dall'estero.

Esperienza fresca fresca, come il pesce appena pescato. Di stamani. Conosco


una signora russa che assiste una mia parente. Le ho chiesto di procurarmi
una badante per un mio congiunto. Ci troviamo noi tre, la signora, la badante
russa da impiegare, ed il sottoscritto.
Pattuiamo il compenso secondo i contratti vigenti. La badante da impiegare
vuole vedere il malato da assistere che non è ancora stato dimesso
dall'ospedale. La accompagniamo a vedere il malato da assistere.
Poi vuole vedere la casa dove abita il malato. Le facciamo vedere la casa, la
sua stanza (della badante), il suo letto (idem). La facciamo sedere a tavola.
Mangia pochissimo, due spaghetti, un po' di carne, due foglie d'insalata,
mezzo bicchiere d'acqua, un po' di cocomero.

Chiede di vedere il giardino. Le facciamo vedere il giardino. Lo ispeziona con


sguardo attento. Sa soltanto lei che cosa significhi il tipo ed il disegno del
giardino (tutta roba semplice e grezza) con l'assistenza al malato.
Alla fine quando deve comunicarci se accettare o meno l'incarico di badante
("tutto in regola"), prima assume il tono austero di chi deve pronunziare una
sentenza in tribunale, poi corregge la cifra detta al mattino, e vi aggiunge altri
cento euro.

La ringraziamo di cuore rifiutando il contratto, le diamo 15 euro per il disturbo


recatole, la riaccompagniamo dove deve andare. Con sorriso sulle labbra di
tutti. Ed un retropensiero, in me: "Ma guarda come questi stranieri imparano
subito da noi italiani a taroccare le carte".

I cattivi esempi trionfano. La ramazza del Cavaliere è l'alibi per questo "Paese
di ladri o con vocazione ladresca", come lo chiama Giorgio Bocca sul "Venerdì
di Repubblica" uscito oggi. L'alibi per coprire il ridicolo. Gli affamati che
cercano nei bidoni gli scarti alimentari commestibili sono equiparati a temibili
delinquenti. Contro di loro si scateneranno le forze dell'Ordine.

La ramazza del Cavaliere riassume un atteggiamento poco nobilmente politico


e per nulla democratico: quello di chi crede di aver sempre ragione e di
considerare dalla parte del torto tutti gli altri.

La ramazza del Cavaliere è uno di quei cattivi esempi che il governo (centrale
o periferico non fa differenza) poi trasforma in decreti, dando la caccia ai morti
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 126
di fame. E spiegando a tutto l'universo mondo che il più intelligente è chi fa il
furbo, come la gentile signora russa che in tre ore ha alzato di cento euro la
tariffa legale e chiedendo un compenso extra se la camicia da stirare non
apparteneva al malato ma ad altra persona di casa.

[Anno III, post n. 247 (624)]

07/2008/2008
Rimini non è solo "nera"
Caro Pierangelo Sapegno.
Ieri sera sono stato profetico (è soltanto questione di culo, se mi passa la
parola, non d'intelligenza).
Kursaa Ho scritto un post "Sole nero" in cui sottolineavo come dalla cronache
della Rimini turistica emergesse soltanto un volto criminale. Che non è tutto e
che non giova all'immagine propagandistica della nostra riviera.

Lei oggi, autorevolmente per la sua firma e per la testata in cui appare,
conferma ad abundantiam il mio povero scritto. Titolo della pagina della
"Stampa": "Tutta un'altra Rimini. Prostitute cacciate, discoteche chiuse: lo
sballo è in crisi, la città guarda alle famiglie".

Storicamente, Rimini ha sempre "guardato alle famiglie". Anche se poi quelli


con il "brillore da Sangiovese" di cui lei parla, hanno imposto il modello folle
dello sballo.
Ma questo è un discorso troppo lungo e serio da fare di primo mattino.

Per cui mi soffermo soltanto su una didascalia, che evidentemente non è


opera sua (come invece collocare il nuovo Palacongressi alla Fiera: alla
vecchia Fiera, va precisato, perché anche essa ha cambiato sede, e pure
questo sarebbe un lungo discorso politico da fare sulla questione urbanistica
riminese, che si allaccia a quella dei progetti di cui lei parla per il
lungomare...).

Dunque la didascalia. Soggetto il Kursaal del 1873: "verrà ristrutturato..." Ma


dove se non c'è più dal dopoguerra? Prima le bombe e poi gli uomini a
smontarlo mattone dopo mattone perché era simbolo dei "ricchi" che
dovevano scomparire nella nuova società da costruire anche in Italia come in
Unione sovietica...
«Quella bruttura del Kursaal» disse il sindaco comunista di Rimini nel 1948...
Qui si può leggere la ricostruzione della vicenda.

Cari saluti e scusi l'ardire del presente post. Buon lavoro

[Anno III, post n. 246 (623)]

06/2008/2008
Sole nero
"Estate nera del turismo": è il titolo al servizio di due pagine sulla "Stampa" di
oggi, curato da Raffaello Masci.

"La Riviera piange", scrive Maurizio Fico. Si allude alla Liguria. In Romagna,
dove abito io, il pianto è un'abitudine che si tramanda nei secoli fedele, utile
maschera per non pagare le tasse. Nel 1986 la rivista dell’Inps battezzava
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 127
Rimini capitale italiana del "sommerso".
Oggi la parola "sommerso" non usa più. La pratica del lavoro in nero è rimasta
più forte che pria.

Quest'anno sul serio c'è la crisi del turismo. Anche in Romagna. Perché c'è il
vuoto nei portafogli degli italiani che vengono o che avrebbero voluto venire in
vacanza da noi.

Il fatto strano è che la signora Michela "Sconfitta" Brambilla (come l'ho


chiamata altra volta qui), vice ministro al turismo, non dica nulla della
questione, e si occupi soltanto della chiusura della sua tivù personale.
Il 10 maggio scorso osservai: "Ma che governo interessato ai problemi
economici, è mai questo, se "dimentica" il portafoglio al Turismo, una delle
fonti della ricchezza nazionale, e ne fa semplicemente un sottosegretariato
come al tempo in cui De Gasperi lo affidò al proprio cognato, che di cognome
faceva Romani?".
Brambillamoderato

Il problema resta. Purtroppo nessuno ha voluto la Brambilla ministra, il Capo


ha dovuto manifestarle riconoscenza, noi ci siamo beccati questo suo
sottosegretariato che per lei è una bella patacca appuntata sul petto, e che
per il Paese non significa nulla, stando a quello che sinora non si è visto fare
da lei.

Un altro problema del turismo locale è che non basta una sola "notte rosa" per
raddrizzare le sorti di un'economia. La si strombazza, quella "notte rosa",
perché si deve gratificare chi l'ha ideata ed organizzata. Giusto. Ma poi si
rincorre la cronaca con altre notti che non sono rosa ma nere.

Il tripudio delle autorità per i 40 fogli di via alle prostitute straniere allontanate
da Rimini, è un discorso che nuoce all'immagine della città e della Riviera.
Lo si fa per accreditarne un volto di legalità, quando i problemi sono molto più
complessi. Come recenti dichiarazioni del procuratore della Repubblica hanno
messo in luce. Ci sono stati atti intimidatori contro un avvocato, a Riccione.
Bisogna dimostrare che certe azioni qui non finiscono nel calderone del
silenzio, è stato fatto capire senza mezzi termini.

Hanno organizzato vivaci cacce ai venditori abusivi, con multe salate agli
incauti acquirenti. Hanno fuso tutto proprio sulla battigia, in uno spettacolo
che produce un'immagine triste e svilita del nostro turismo. Mai si sono messe
le mani su chi organizza il racket. Si accontentano i giornalisti a caccia di
colore e gli operatori tivù senza fantasia. Ma non si pensa al "danno
d'immagine". Rimini è soltanto questa cronaca giudiziaria?

Mescolare veloci notti rosa e persistenti notizie di nera, indica che non si è
compreso che cosa sia il turismo. Non va nascosta la realtà, ma bisogna
sapere attirare l'attenzione della potenziale clientela. Né Roma (con la
Brambilla) né la Riviera hanno compreso che la crisi del settore si stava
avvicinando. Qui a Rimini vogliono gettare altro cemento, questa volta ancora
più in riva al mare. Sarebbe un atto di finale rovina per la nostra costa. Ne
abbiamo già parlato.

[Anno III, post n. 245 (622)]


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 128

05/2008/2008
Brambillismi
Un anno di successi, recita l'ultimo avviso del sito www.tvdellaliberta.it, datato
31 luglio. Ma la tivù della libertà chiude.
Si sono giustamente resi conto che era un doppione, con tutte quelle reti
prone al governo della libertà, rai, mediaset, qualche network locale.
Un sano principio, quello di risparmiare nelle spese divenute inutili, sta dietro
la decisione venuta dall'alto, anzi dall'Altissimo. Ne siamo molto soddisfatti.
Se alla Verità del Tiepolo hanno messo un velo sopra un seno, alla Libertà
della Brambilla lo hanno piazzato sulla bocca. Le mani le aveva legate già da
prima.

[Anno III, post n. 244 (621)]

04/2008/2008
Cafonal
A proposito della lettera apparsa sulla "Stampa" di oggi sotto il titolo "Che
vergogna gli italiani a Londra", verrebbe da dire che vergogna gli italiani in
Italia.

Non si rispettano i semafori, ci si ferma a leggere il giornale in auto sulle piste


ciclabili. Si sosta sulle stesse per telefonare tenendo un piede fuori del
finestrino del potente suv o come cavolo si chiama un macchinone che
sembra un mezzo blindato della polizia. Ed il piedino sporgente calza un
sandalo infradito di vil plastica, in fin dei conti siamo in una città di mare...
Visto proprio stamani a pochi passi da casa.
Sulla stessa pista ciclabile gli handicappati in carrozzina non possono passare
ma debbono stare sulla mezzeria delle auto.

Che vergogna gli italiani che scendono dalla macchina all'edicola e


pretendono di avere il giornale prima di chi è già arrivato in bicicletta, e lo
chiedono con quell'aria imperativa che dice tutto della loro idiozia congenita
(trattasi pur sempre di una malattia...).

Calderoli Ho brevettato il titolo per un rimedio, "Cafonal", se qualcuno sa cosa


mettere dentro la pillola o la boccetta, mi scriva.
A Londra, come scrive quel lettore, "sono quasi sempre solo italiani i turisti
incivili e cafoni". In Italia è difficile trovare chi cerca di evitare di essere incivile
e cafone. Ce ne sono ancora di persone perbene, ma corrono il rischio
dell'emarginazione. Non le salveranno portandole ad esempio, ma prima o poi
le rinchiuderanno in un ghetto, isolate dal resto del bel Paese.

Per atavica abitudine e spirito di autodifesa, sono gentile con i gentili e cafone
con i cafoni. Non mi autocensuro, anzi ho ancora una fantasia ben fervida
nell'inventare oscenità se l'obiettivo le merita.

[Anno III, post n. 243 (620)]

03/2008/2008
Veli e veline
Se era la "Verità svelata dal Tempo", non doveva essere ricoperta neppure
nella riproduzione. La quale è diventata così simbolicamente la "Verità velata
dal Tempo", ovvero dai posteri e dai loro poteri.
Lo si è saputo proprio nello stesso giorno in cui le cronache riferiscono delle
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 129
celebrazioni di ieri a Bologna, per la strage del due agosto 1980. Quasi a
rappresentare i tentativi che si fanno per riscrivere la storia di quell’evento.

Non tocca certo alla terza carica dello Stato, il presidente della Camera,
insinuare qualcosa con quell’accenno per nulla velato a "zone d’ombra" da
dissolvere per accertare "la verità".
Come se l’operato di un altro potere dello Stato, quello giudiziario, fosse stato
incerto o poco limpido. L’ex procuratore della Repubblica di Bologna gli ha
risposto: "Non c’è più nulla da accertare". Ovvero i risultati a cui sono
pervenute cinque sentenze non sono stati velati da pregiudizi o da trucchi.

Il rappresentante del governo alla manifestazione di Bologna (in sostituzione


del collega Alfano), il ministro Gianfranco Rotondi, ha debuttato fra i fischi con
una battuta ironica decisamente fuori posto. Il suo maestro Andreotti
l’avrebbe riservata ai cronisti, alla fine della cerimonia. I fischi, ha detto, "sono
i soli che mi considerano un ministro".
Roba da psicanalisti come il velo alla "Verità svelata". On. ministro, ha voluto
confessare che gli altri suoi colleghi non la prendono troppo su serio come
capo di un dicastero?
Scusi la curiosità, ma la colpa è sua. Delle sue parole infelici. Alle quali ha
voluto rimediare entrando in un tunnel di onesti giudizi politici e storici che
non sono piaciuti ai suoi colleghi di area. Come quando ha spiegato che
l’antifascismo "è la radice costitutiva della nostra democrazia".

Lo vada spiegare a Roma agli "amici" di governo, non alla piazza di Bologna
che non ha bisogno di essere blandita per guadagnarne il silenzio. Anche a lei,
egregio ministro, caleranno un velo sulla "verità" che ha detto, come sulla
riproduzione del Tiepolo.
Lei che è uomo di mondo (essendo "democristiano") sa che oggi le uniche
persone autorizzate a togliersi i veli, per servizio istituzionale, sono le "veline"
di certe reti televisive. Con un rito che a qualcuna ha portato fortuna sotto
forma di veloce e fortunata carriera politica.

Svelata dalla tivù, la donna-tipo del suo leader, egregio ministro, è quella che
sogna di velare poi tutto l’universo mondo. Non sapendo che il povero Tiepolo
non era un guardone, ma adottava semplicemente quelle allegorie che
usavano ai suoi tempi. E che oggi nessuno comprende più.

[Anno III, post n. 242 (619)]

02/2008/2008
Già fatto, Fabio Fazio
Fabio Fazio ha scritto oggi per "La Stampa" un editoriale sull'"astensionismo
certamente sofferto ma di fatto compatto e disciplinato (roba da centralismo
democratico...) del Pd sulla vicenda Englaro".
Ne ho discusso ieri sera qui.

Cito soltanto la conclusione dell'editoriale, laddove Fazio sottolinea come


tocchi ad ognuno tra "le varie responsabilità", pure "quella di dire
apertamente quello che si pensa; in altri termini, di rompere le scatole".
Circa il "rompere le scatole", posso orgogliosamente dire: "Già fatto". Appunto
ieri sera. Ma non mancheranno occasioni per il futuro.

[Anno III, post n. 241 (618)]


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 130

02/2008/2008
Zero in condotta
Come diceva il titolo di un vecchio film, si può arrivare anche allo zero in
condotta. Non sarebbe sanamente democratico se ci si fermasse al sette. Sia
chiaro, il sette soltanto per i bulli di pura razza lumbarda. Per gli altri si
decresce in senso geografico: tre ai romani, due agli altri meridionali, e poi lo
zero tondo ai bambini extracomunitari.
Vedrete i pii ed onesti borghesi rallegrarsene e provare le pure gioie ascose
che meritano la buone decisioni governative.

Questi pii ed onesti borghesi sono già allenati, non rifiuteranno le graduatorie
"a scendere" per i bambini che non appartengono alla loro habitat sociale, alla
loro area geografica. Che non rientrano nei parametri della loro cultura
politica. Come fare altrimenti a distinguere i loro nipotini vezzeggiati ed
eleganti (tutto regolarmente firmato, come le cambiali o gli assegni)?

Questi pii ed onesti borghesi sanno quello che si fanno. Mettono in giardino i
loro cani di sicura discendenza nazista, visto il tono dell'abbaiare per circa 14
ore al giorno.
E se nel giardino del vicino, separato dalla regolamentare rete metallica (che
garantisce da ogni contagio ideologico), gioca una bambina nera figlia di una
domestica impiegata dalla famiglia dello stesso vicino, allora la pia ed onesta
borghese padrona dei cani cerca a gesti, per non farsi notare da alcuno, di
allontanare quella piccola creatura.
Perché a modo di vedere della medesima pia ed onesta padrona dei cani,
questi ultimi non abbaiano spontaneamente in quel momento come fanno per
le altre quattordici ore della giornata, ma sono provocati ed agitati dalla
presenza della bimba di colore che corre in tondo nel giardino del vicino. E che
quindi dovrebbe allontanarsi dal medesimo giardino del vicino perché con la
sua presenza turba la quiete dei suoi cani che in quiete non stanno mai per
quattordici ore al giorno.

Tutto ciò ho visto con i miei occhi ed occhiali, in casa dell'amico che ospitava
nel giardino la bambina nera.
Si può dare un voto in condotta anche alle pie ed oneste borghesi signore che
amano i cani (a cui riservano calorosi baci sul muso), e che non sopportano i
bambini di colore nel giardino del vicino?
Signora Ministra della Pubblica Istruzione, introduca il voto in condotta
obbligatorio anche per genitori e nonni. Sarà l'unica soluzione per battere il
bullismo. Mi creda.

[Anno III, post n. 240 (617)]

01/2008/2008
Non prendeteci in giro
Ieri "con una sofferta mediazione" il Pd è stato unito e compatto. Il gruppo
teodem del Pd alludeva alla decisione di non partecipare al voto sulla
cosiddetta questione di Eluana Englaro.

Ignazio Marino, capogruppo del Pd in commissione Sanità al Senato, ha


dichiarato ad Ecoradio: "In Italia non abbiamo una legge" sul testamento
biologico. "Mentre negli Stati Uniti esiste dal 1976 così come esiste in Spagna,
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 131
Francia, Spagna, Germania, Svezia, Norvegia e Australia".

Dunque la "sofferta mediazione" ha avuto come risultato il silenzio assoluto


sulla questione del testamento biologico.

Per questo motivo, credo che abbia ragione Miriam Mafai quando nella
"Repubblica" di oggi scrive che "attorno a un caso drammatico che investe la
coscienza di tutti noi, era lecito attendersi una posizione limpida ed equilibrata
dei deputati del partito Democratico. Non c'è stata. È una brutta giornata,
questa, per chi crede nel partito Democratico e nella laicità del nostro Stato".

Non so se questa sera a Riccione il Pd provinciale sarà capace di parlare della


questione di Eluana e della "sofferta mediazione" che ha condotto a non
partecipare al voto alla Camera.
A Riccione, con musica, rinfresco e spazio per i bimbi, si parlerà del "gioco
delle differenze". Molto probabilmente si racconteranno le solite storielle delle
due anime del partito, si "giocherà" parecchio sulla parola "gioco" (simbolo e
sintomo di democrazia interna), si illustreranno le "differenze" tessendone le
lodi e le conseguenti magnifiche sorti, e progressive.
Si farà retorica, finta politica, perché alla fin fine uno dei due oratori di questa
sera debuttò in politica dichiarando di non volersi interrogare "sul centro-
destra o sul centro-sinistra", ma di operare "per le persone".

Sarà il caso di ricordare che il dramma di Eluana è proprio uno di quei casi in
cui un politico dovrebbe impegnarsi "per le persone". Ma poi arrivano i
teodem, con gli ordini ecclesiastici, la "sofferta mediazione", ed i laici del Pd
calano le braghe.
Non fate più tanti proclami, signori del Pd, perché non siete in grado di
garantire la laicità dello Stato. Non prendeteci in giro su queste cose
tremendamente serie.

Per leggere altra mia pagina sul testamento biologico, richiestami dall'amica e
collega Maria Cristina Muccioli, si può visitare il suo blog a questa pagina.
[Anno III, post n. 239 (616)]

31/07/2008
Basta poco

Basta poco per aprire e chiudere dignitosamente il discorso sul "lodo Alfano".

Basta leggere le dichiarazioni del primo ministro israeliano Ehud Olmert: "Un
premier non può essere al di sopra della legge. [...] ...anche un primo ministro
deve essere giudicato come tutti gli altri". Per questo motivo, lascerà la carica
di primo ministro "in modo dignitoso".

Ed ora non si dica, in Italia, che è semplicemente una questione di politica


estera. Per "blindare" le quattro alte cariche dello Stato, si sono citati esempi
stranieri. Possiamo contrapporre a quelle scuse teoriche, un esempio
concreto.

[Anno III, post n. 238 (615)]

30/07/2008
Pesciolini
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 132
Gatto Una lettrice del quotidiano locale a cui sono abbonato, il “Corriere di
Romagna", racconta nella pagina delle lettere alcuni casi di ordinaria tortura
di piccoli pesci e di granchi che da sempre sono stati in riva al mare. Sembra
che adesso i granchi facciano più paura di una centrale nucleare francese, per
cui qualcuno provvede a schiacciarli con sadiche bottiglie di vetro.

Nel "Buongiorno" di Massimo Gramellini c'è un argomento analogo: pesciolini


torturati in riva al mare a Varigotti.
Ovvio, la stupidità umana non ha delimitazioni geografiche, l'Italia sotto
questo profilo è una ed indivisibile, non c'è leghismo che tenga, per poterla
peggiorare.
Scrive Gramellini: "Ciascuno sfoga la sua irrilevanza torturando i pesciolini che
può. E ciascuno è a sua volta il pesciolino di qualcun altro".

Santa verità. Con una postilla. Nella Bibbia si legge che bisogna temere l'ira
dell'uomo mansueto. Di solito è mansueto il pesciolino preso di mira da
qualcuno che si crede una balena od è un pescecane.
Ma da sempre, non soltanto oggi, il mansueto è scambiato per una persona
affetta da disturbi caratteriali per cui, come il classico "scemo del villaggio",
dovrebbe subire e tacere. No. Il pesciolino-mansueto è quello che poi alla
balena provoca una piccola tortura che annienta tutta la sua stazza. Che al
pescecane fa rimpiangere di non aver fatto scorta di digestivi per poter
ingoiare in pace i rospi.

C'è un ultimo aspetto della sociologia zoologica di balene e pescecani divenuti


maschere di umana perfidia. Essi viaggiano in branco, mentre il pesciolino
torturato è lasciato solo. Per cui il branco, se il pesciolino mansueto mette in
pratica quell'ira di cui parla la Bibbia, dapprima gli urla scemo, scemo, poi si
convince a tacere, ed alla fine ognuno se ne va per i fatti suoi.

L'ira di cui parla la Bibbia è un atto dovuto di moralità. Non è giusto che
l'uomo mansueto sia deriso ed offeso. Per cui ogni sua reazione anche
eccessiva è lecita. Soprattutto se essa smaschera l'omertà del branco, le
benedizioni fasulle, le protezioni interessate e perverse.

Quante cose rappresenta "il pesciolino torturato", soprattutto se la giustizia


degli uomini chiude gli occhi su di lui non volendo difenderlo, perché ascolta il
canto del branco. Sono soltanto balene e pescecani ma sembrano le sirene
ammalianti della mitologia greca, anche se ricevono regolari benedizioni
apostolico-romane.

Il gattino goloso della foto rappresenta l'innocenza dell'istinto che dà la caccia


al pesciolino. Ciò che è pericoloso è la razionalità di chi studia il male altrui, di
chi finge di non vederlo facendosene complice, di chi sa e mente dicendo di
non sapere. Quanti Giuda ci sono in giro.

[Anno III, post n. 237 (614)]

29/07/2008
I monologhi di Silvio
«Il luogo del confronto è soprattutto il Parlamento». Le parole pronunciate dal
presidente della Repubblica due giorni fa, rispecchiano il concetto
fondamentale di ogni democrazia costituzionale. Ovvero che il "gioco" fra
maggioranza ed opposizione deve avvenire sul terreno delle questioni reali, ed
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 133
il luogo, l'unico luogo dove questo può accadere è il Parlamento.
Punto e basta. Anzi, a rigore di logica costituzionale, quel "soprattutto" di
Napolitano è una concessione alla retorica politica che nasce dal vezzo tutto
italiano di considerare i partiti una specie di anticamera del Parlamento. Per
cui scambi di opinioni o bisticci fra segretari di questo o quel movimento
sarebbero già una dimostrazione di democrazia.

Agli uomini di apparato quest'idea piace, ma non è essa il vero sale della
democrazia costituzionale. I partiti hanno generato i "manuali Cencelli", il
Parlamento si è adeguato. I partiti hanno portato in scena oscenità in una
delle due Camere, il Parlamento non si è ribellato.

E' molto sottile il confine fra l'arbitrario concetto che, data una serie di partiti,
esiste una democrazia; ed il principio costituzionale che soltanto il confronto
nel Parlamento è espressione di democrazia (ne ho parlato qui).

Questo discorso è soltanto richiamo ad una noiosissima teoria. Nella vil pratica
italiana, noi abbiamo visto che un capo del governo ha detto papale papale: io
con questa opposizione non ci dialogo.
Lasciamo perdere i risvolti comici della faccenda (dietro ogni commedia può
celarsi una tragedia). Nessun capo del governo che sia responsabile può
permettersi di irridere alle regole della Costituzione come se la gestione del
Parlamento fosse un suo affare privato.

Berlusconi non ama il dialogo, ama il monologo costruito in una forma


apparente di discussione: lui dice certe cose per rispondere a certe altre degli
avversari, ma quelle certe altre cose non stanno come le racconta lui. Tutto
qui.
Quali riforme si possono fare con un leader di governo di questo tipo?
Anche perché il partito di opposizione potrebbe dare luogo ad una serie di
testimonianze da presentare nella famosa trasmissione televisiva "Chi l'ha
visto?".

Per chi ha qualche ricordo un po' in là nel tempo, sa che l'estate non ha mai
portato troppi consigli alla politica ed ai politici. Anzi. Che cosa accadde, ad
esempio, un due agosto alla stazione di Bologna? Un 4 agosto, ci fu la strage
dell'Italicus.
Prima di un ferragosto un partito di destra inonda l'Italia con un manifesto
beneaugurante. Dieci giorni dopo, a Torino la magistratura scopre il "golpe
bianco" di Edgardo Sogno con il sostegno della loggia P2 di Licio Gelli, e
previsto appunto per ferragosto. Con l'intervento dei militari si voleva
realizzare una repubblica presidenziale. Era il 1974.
Dobbiamo andare in vacanza con l'incubo che il passato ritorni?
[Anno III, post n. 236 (613)]

28/07/2008
Sono uguali?
Cerco qualcuno che mi spieghi la differenza che passa tra due articoli di legge
che riporto.

Caso A. Legge 20.6.2003, n. 140. Articolo primo, comma secondo: "Dalla data
di entrata in vigore della presente legge sono sospesi, nei confronti dei
soggetti di cui al comma 1 e salvo quanto previsto dagli articoli 90 e 96 della
Costituzione, i processi penali in corso in ogni fase, stato o grado, per qualsiasi
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 134
reato anche riguardante fatti antecedenti l'assunzione della carica o della
funzione, fino alla cessazione delle medesime".

Caso B. "Lodo Alfano", ovvero "Disposizioni in materia di sospensione del


processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato" (DDL 903, 2008),
art. 1: "...i processi penali nei confronti dei soggetti che rivestono la qualità di
Presidente della Repubblica, Presidente del Senato della Repubblica,
Presidente della Camera dei Deputati e presidente del Consiglio dei Ministri,
sono sospesi dalla data di assunzione e fino alla cessazione della carica o della
funzione. La sospensione si applica anche ai processi penali per fatti
antecedenti l’assunzione della carica o della funzione".

Non trovo nessuna differenza tra il testo del caso A e quello del caso B.
Come leggo su "terzoocchio", a conferma del mio debol parere/dubbio,
l'articolo del caso B è uguale a quello del caso A ("un evidente ed anche un
po’ presuntuoso copia/incolla").

Ma il problema è che tra il testo del caso A e quello del caso B, c'è di mezzo
una pronuncia della Corte Costituzionale (sentenza del 20 gennaio 2004, n.
24), su questione di costituzionalità sollevata dal Tribunale di Milano durante
la celebrazione di un processo che aveva come imputato Silvio Berlusconi.

La Corte dichiara: "la misura predisposta dalla normativa censurata crea un


regime differenziato riguardo all’esercizio della giurisdizione, in particolare di
quella penale", violando pure l'art. 3 della Costituzione.
La norma censurata "accomuna in unica disciplina cariche diverse non
soltanto per le fonti di investitura, ma anche per la natura delle funzioni e
distingue, per la prima volta sotto il profilo della parità riguardo ai principi
fondamentali della giurisdizione, i Presidenti delle Camere, del Consiglio dei
ministri e della Corte costituzionale rispetto agli altri componenti degli organi
da loro presieduti".
Conclusione: "La questione è pertanto fondata in riferimento agli articoli 3 e
24 della Costituzione". E quindi la Corte dichiara "l’illegittimità costituzionale
dell’articolo 1, comma 2, della legge 140/03".

Ovvero la norma del caso A (2003) è stata dichiarata anticostituzionale nel


2004. Di conseguenza logica, se il caso B (2008, "lodo Alfano") è uguale al
caso A, anche il caso B è anticostituzionale.

Oggi il presidente della Repubblica ha detto sul "lodo Alfano": "Ho nel modo
più meditato e motivato firmato la promulgazione indipendentemente da
sollecitazioni di qualsiasi senso. Mio solo punto di riferimento è stata, nei
termini che ho indicato, la sentenza emanata nel 2004 dalla Corte
Costituzionale".

Davanti a parole così autorevoli, debbo ricredermi su tutto il ragionamento


fatto sinora? Oppure come cittadino ho il diritto di ritenere ed esprimere
pubblicamente che, proprio per quella sentenza del 2004, il "lodo Alfano" è
anticostituzionale?
Grazie a chi mi spiegherà (anche a pagamento, se la parcella non è alta) che
non ho compreso nulla.

[Anno III, post n. 235 (612)]


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 135

28/07/2008
Il partito del cemento
Rimini come la Liguria. Ieri sul "Corriere della Sera", lo storico Sergio Luzzato
ha parlato delle "devastazioni bipartisan" riferendosi appunto alla Liguria ed al
libro che le denuncia, "Il partito del cemento" di Marco Preve e Ferruccio
Sansa, ed. Chiarelettere.
Anche a Rimini ci sono (e ci sono state) "devastazioni bipartisan" , e c'è da
sempre "il partito del cemento".

Adesso pensano addirittura di stravolgere il lungomare, mentre tutto il


sistema ricettivo mostra le sue rughe. E cominciano a cadere a pezzi (nel vero
senso della parola) i vecchi alberghi: è successo al tetto di un hotel in via
Catania, a Rimini.

Un esperto spiega (in base ai primi dati disponibili) che alla fine della stagione
non crescerà il fatturato e caleranno le presenze. Un altro tecnico del settore,
che sinora era sempre stato ottimista, preannuncia una diminuzione di
presenze fra il 2,7 ed il 3,7 per cento, di fronte ad un calo generale dell'Italia
del 5 o del 6.

A questo punto verrebbe da chiedersi che cosa ne dice l'on. Brambilla,


sottosegretario al Turismo. Già il declassamento da ministero a
sottosegretariato, non è stato un buon segno di indirizzo politico dimostrato
dal governo. Poi la gentile signora non ha particolare competenza nel settore.
Se comincia ad andar male il turismo romagnolo, ne derivano gravi
conseguenze all'economia nazionale.

Davanti a questo scenario di crisi più o meno seria, a che cosa pensano gli
amministratori di Rimini? A rifare il lungomare con dei progetti che sono stati
di recente presentati a Rimini ed a Torino, ad un convegno di architetti. Sino
ad oggi non è dato di sapere (come ho scritto su "LiberaRimini"), se quei
progetti sono stati disegnati dopo studi geologici necessari in un territorio
come Rimini, con particolare morfologia della costa e con storica sismicità.

Rimini è da sempre avvolta dai fumi dei sogni. Che una volta sono felliniani,
ed un’altra travestimenti di pateracchi politici. Questi fumi non le fanno
vedere dove poggia i piedi, in una materia in cui è fondamentale andare con i
piedi di piombo e tenere i piedi medesimi ben piantati per terra.

Noi a Rimini siamo abituati a divagare. La città vuol darsi un volto nuovo sulla
riva del mare, ma conserva il rudere di palazzo Lettimi dal 1944, per non dire
del fantasma del teatro Galli. Tutto ciò potrebbe essere considerato come
morboso attaccamento al passato. Forse si tratta soltanto di incapacità di
leggere il presente.

Tornando al libro citato da Luzzatto ed alle «devastazioni bipartisan» della


Liguria: dopo «rapalizzare» non per nulla nel 1988 (!) è nato «riminizzare».
Allora un ex federale del Pci, Nando Piccari, dichiarò: quel dizionario usa un
termine di cui è evidente «la natura gratuita, falsa ed offensiva». E chiese al
sindaco «di prendere provvedimenti». Fu la famosa “disfida di Burletta”.
Sulla quale pubblico questa pagina, tolta da un mio libro.

[Anno III, post n. 234 (611)]


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 136

26/07/2008
Tutto il potere a Silvio

Dicono che i giovani studenti tedeschi non conoscono la Storia, se


attribuiscono agli alleati americani la costruzione del muro di Berlino.
Ma forse anche Gianni Baget Bozzo non ricorda bene il passato dell'Europa nel
secolo XIX, se sogna di dare tutto il potere ai Silvio, come una volta in Russia
vollero dare tutto il potere ai soviet.

Baget Bozzo cerca di superare partiti ed equilibri costituzionali dello Stato di


Diritto, per consegnare l'Italia al governo personale di Berlusconi, proponendo
la revisione dell'art. 138 della nostra legge fondamentale.
Baget Bozzo giustifica la sua proposta mascherandola sotto l'insegna del
motto "tutto il potere al popolo". Che non soltanto appunto rassomiglia tanto
al ricordato proposito rivoluzionario di "tutto il potere ai soviet" d'infausta
memoria, ma è un trucco logico che parte da una premessa di tipo teologico:
"Berlusconi è diventato il volto della politica italiana".

Questo lo "crede" (appunto fideisticamente) don Baget Bozzo. Ma non


risponde alla verità effettuale. L'uomo solo al comando non significa un uomo
solo nell'agone politico. Vada per Fini, eclissato nella presidenza della Camera.
Ma Bossi e la Lega dove li mettiamo?

Il cavaliere per ora sta facendo il gioco delle tre carte, ipnotizzando
l'opposizione non perché sia un mago, ma perché il povero Fassino cade nel
tranello dell'applauso unanime contro i giornali che rivelano certe notizie. Per
cui Berlusconi può presentarsi come quegli attori di varietà che ballano il
tango con metà corpo vestito da uomo e metà da donna. E così dire, come ha
fatto ieri, di essere il capo della destra che fa una vera politica di sinistra.

Ha ragione Giuseppe D'Avanzo a scrivere su "Repubblica" di oggi che


"l'applauso corale che ha accolto Fassino alla Camera è degno di attenzione.
Annuncia una brutta stagione per l'informazione imputata di essere, quando fa
il suo lavoro, soltanto 'disinformazione'".
Giustamente D'Avanzo richiama il precedente di "Telekom Serbija" (2006) e la
"maligna macchinazione" contro Prodi e lo stesso Fassino. D'Avanzo scrive
pure che in questa storia (Tavaroli-Telecom) "sono proprio i fatti che si
preferisce omettere".

Ma la "scomparsa dei fatti" è una specie di marchio di fabbrica di Marco


Travaglio, il quale di recente a D'Avanzo non è risultato troppo simpatico.
Adesso D'Avanzo sembra arrivare come conclusione alle "premesse" di
Travaglio che gli erano rimaste indigeste, a proposito del "caso Schifani".
Comunque è positivo che già due firme di peso dicano la stessa drammatica
cosa, il potere italiano si basa su trame oscure e sulla "disinformazione" da
troppi anni. Altro che Berlusconi volto nuovo della nostra realtà politica.
[Anno III, post n. 233 (610)]

25/07/2008
Nebbia sul Colle

Sul primo Colle d'Italia, che è il Quirinale di Napolitano non il Pordoi di Coppi,
si corre una gara che mira non a distruggere ma a consolidare la Costituzione.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 137
Il traguardo è avvolto da qualche nebbia. Non tutti sono d'accordo sulla firma
posta da Napolitano alla legge conosciuta come "lodo Alfano".
Con il quale quattro cittadini oggi sono più uguali degli altri rispetto alla stessa
Costituzione ed alle comuni norme di Diritto.
Se uno dei presidenti delle prime quattro cariche dello Stato scaricasse
proiettili di piombo nel corpo di una moglie o di un'amante, nessuno potrebbe
trarlo in arresto.
Non soltanto per la fede si deve dire che si crede "quia absurdum". L'assurdo
rientra tra le ipotesi normative delle cose.

Napolitano è una persona perbene. La sua prudenza politica lo ha portato a


scegliere la firma del "lodo Alfano", quando avrebbe potuto percorrere altre
due strade.
Richiedere che quella legge fosse approvata con l'iter previsto dalla
Costituzione all'art. 138. Oppure inviare un messaggio alle Camere (art. 87).
Il rifiuto della firma avrebbe dovuto essere accompagnato da un messaggio
"motivato" (art. 74), che è diverso da quello dell'art. 87. Quest'ultimo tipo di
messaggio doveva partire dal Colle prima dell'approvazione parlamentare del
"lodo Alfano".

Ciò non è avvenuto, come spiega con ineccepibile dottrina, il prof. Carlo
Federico Grosso sulla "Stampa" di stamani, perché è stata scelta la strada del
"male minore".
L'articolo di Grosso è emblematicamente intitolato "Di male minore in male
minore", per avvertirci che così facendo si è intrapresa una strada pericolosa:
"Di mediazione in mediazione, il quadro delle riforme compiute o in gestazione
(...) è comunque desolante. Si è trasformato il presidente del Consiglio in una
sorta di Principe liberato, sia pure a termine, dalle normali, doverose,
responsabilità giudiziarie...".

Passando alla "ventilata riforma d'ottobre della giustizia italiana, Grosso


osserva che "vi sono motivi di grande preoccupazione".
Queste cose il prof. Grosso le scrive in un "articolo di fondo" della "Stampa". E'
la prima volta, lo dico legittimamente (nessun s'offenda) come lettore in
questo "spazio del lettore", che il quotidiano torinese affronta la questione
berlusconiana con un editoriale a tinte così fosche. Che non sono esagerate,
ma il perfetto ritratto di una situazione grave. Come la ritrae l'autore del
pezzo.

A proposito di giornali. "L'Unità" ha parlato di un "forte disagio" per il "lodo


Alfano", con un invito a Napolitano a dire qualcosa al proposito.
Immediatamente si è voluta creare una contrapposizione fra il vecchio
quotidiano comunista ribelle a Napolitano ed un ossequiente pensiero di
Walter Veltroni.
Ma anche Veltroni è d'accordo sul fatto che sarebbe stato meglio "una legge
costituzionale" (vedi art. 138).
Così si è espresso pure il "parisiano" Franco Monaco. L'unica nota stonata è
quella venuta da Franca Chiaramonte, figlia di Gerardo ex direttore del foglio
quand'era organo del Pci. Criticando Antonio Padellaro che guida la testata
fondata da Gramsci, la signora Franca mostra come sia difficile percorrere
strade nuove senza rimpiangere quelle vecchie.

E' questo il dramma interno al Pd. Grazie al quale oggi Berlusconi ha potuto
rivendicare una patina di sinistra al proprio governo. E definire la sinistra
suddita delle procure.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 138
A questo punto il dramma del Pd rischia di diventare il dramma dell'Italia,
passando "di male minore in male minore".
[Anno III, post n. 232 (609)]
L'argomento del "lodo Alfano" è ripreso in questo post del 28 luglio.

24/07/2008
Un intellettuale non di provincia

Merita un ricordo non soltanto "locale" Liliano Faenza, studioso, storico,


saggista, scomparso ieri ad 86 anni.

Pubblico qui il testo che ho inserito nel mio blog intitolato "Rimini si racconta"
che si legge sul sito ufficiale della Provincia di Rimini.

Liliano Faenza. La storia sono loro

Adesso di Liliano Faenza (era nato nel 1922) restano soltanto libri, articoli,
saggi, il ricordo di una competenza messa più al servizio della cultura italiana
che della città in cui è vissuto. E dalla quale non si era mai voluto allontanare.
Con quella pigrizia fisica che visse come sfida a se stesso prima che al mondo.
Quasi per dimostrare che bastava poco per vivere “bene”. Nei limiti di un
concetto di bene che nulla aveva di cattolico, ma semmai era tutto socratico.

Quando parlava di religiosi, il gusto dell’aneddoto graffiante sui vizi segreti di


certi ecclesiastici in vista, era l’inevitabile premessa all’elencazione di dati
indiscutibili, cioè rispondenti alla verità effettuale delle cose. Aveva un gusto
del pettegolezzo come certi scrittori che lo avevano elevato a cornice del
ritratto di un personaggio.

Conosceva i classici della letteratura come le sue tasche, non sbagliava i


riferimenti, abbondava in citazioni. Non per sfoggio erudito, non per
esibizionismo culturale. Soltanto per confermare all’interlocutore che, in
fondo, ognuno di noi è una specie di summa dei libri letti. Perché la vita e la
Storia insegnano poco, affidate come sono agli egoismi delle persone e agli
affari dei gruppi di potere economico e degli apparati politici.

Il suo modo di vivere spartano e vagamente da misantropo, s’accompagnava


ad un filantropismo ideologico da socialista ottocentesco, in lotta continua con
il trionfante comunismo di mezzo secolo scorso, a cui dedicava derisione e
censure.
Per formazione intellettuale avrebbe dovuto sostenere che “la Storia siamo
noi”. A rappresentare l’idea poteva bastare un’immagine del “Quarto stato” di
Pelizza da Volpedo. Invece finiva per constatare con amarezza e non celato
disgusto che “la Storia sono loro”, i potenti di turno che gestivano la cosa
pubblica.
Questi potenti si sono sempre disinteressati di lui. Soltanto quando ormai era
molto avanti negli anni gli consegnarono un riconoscimento un po’ platonico
ed un po’ patetico, il “Sigismondo d’oro”, più utile agli amministratori cittadini
per farsi belli che ai premiati per sentirsi finalmente famosi.

Un ricordo personale del 1961. Mi ero appena diplomato maestro elementare,


avevo 19 anni. Partecipai al concorso indetto a Forlì. Mi ritrovai Faenza come
vicino di banco. Già allora per noi era un mito. Lui aveva vent’anni più di me.
Era laureato, lavorava alle Ferrovie dello Stato. Non aveva nessuna intenzione
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 139
di cambiare mestiere. Voleva soltanto misurarsi in una prova intellettuale,
ammesso che possa essere considerata tale un esame di concorso.

Leggendario era il racconto che si faceva del suo ufficio alle FFSS. Poche carte
sul tavolo, inerenti al lavoro. Poi il cassetto della scrivania semiaperto, con i
libri da leggere o da citare sui fogli che Faenza andava riempiendo. Agli occhi
dei superiori erano carte d’ufficio. Invece si trattava di stesure di articoli, libri,
saggi che Liliano Faenza stava componendo, perché poi nel tempo fuori
dall’ufficio aveva altro da fare. Passare in libreria, vedere le ultime novità,
lanciare qualche divertente frecciata verso questo o quel personaggio
pubblico, poi rintanarsi nella biblioteca civica a sfogliare altre carte, a pensare
per scrivere altre storie.

23/07/2008
A prescindere

Piccole annotazioni da tenere a mente nella lettura dei giornali e nell'ascolto


dei tg. Nei giorni scorsi circa il caso Telecom si era compreso, credo, che tutto
era stato concluso per il meglio per quanto riguarda i papaveri della vicenda.
Oggi Giuseppe D'Avanzo su "Repubblica" spiega che si è trattato soltanto di
un annuncio di fine indagine. Che non c'è stato alcun proscioglimento. Che
insomma il caso non è chiuso.

Questa annotazioni che riguardano il caso Telecom, sono un po' utili anche per
tutto il resto che ci passa il convento dell'informazione.

Abbiamo un giornalismo diviso fra opposte tifoserie. Siamo molti caldi nel
prender la parte di questo o di quello, "a prescindere" da tutto, dalla
conoscenza dei fatti, dalla correttezza delle parole usate per presentarceli, dal
giochetto di prestigio continuo che i tg fanno nel costruire la scaletta delle
notizie, nel vestirne la presentazione, nel ricercare le immagini più adatte a
colpire l'attenzione, non a fornire informazioni.

Il delitto di Ravenna di cui parlammo giorni fa, se fosse stato compiuto da un


rumeno avrebbe scatenato l'iradiddio. Colpevoli sono stati soltanto degli
italiani, e la vicenda è finita in coda ai tg.

Tutto bene, dunque, madama la marchesa? Ma non diremmo, viste le


conclusioni di D'Avanzo: in quella vicenda è un via vai di persone che
decidono sulla cosa pubblica senza avere alcuna responsabilità istituzionale,
cominciando da "una filiera di immarcescibili massoni che lo scandalo della P2
non ha eliminato dalla scena".

Forse questi sono dati utili come dimostrazione da manuale di che cosa
s'intende nella politica italiana per conservatorismo. Non si butta via nulla,
soprattutto ciò che dovrebbe essere accantonato per primo. E' un po' la storia
gastronomica del porco, di cui si utilizza tutto. Non per nulla abbiamo una
legge elettorale che il suo genitore ha definito "porcata". Purtroppo sembra
non essere l'unica della scena politica contemporanea.
[Anno III, post n. 231 (608)]

22/07/2008
Pirati e lodi scolastiche
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 140

Pirati della strada e lodi agli studenti della maturità sono in crescita. Tra breve
avremo qualche istituto di ricerca che ci illuminerà, dopo attento studio dei
fenomeni, circa la possibilità che essi siano correlati fra loro.

Tra gli studenti la palma va alle ragazze. Sono ancora donne quelle che si
pentono sempre di più dei tatuaggi procurati "sulla loro pelle" (negli USA).

Forse i tre dati hanno un terribile punto in comune, l'incoscienza e la finzione.


Sì perché i bravissimi che escono con le lodi dalla nostra scuola alla fine delle
superiori, non sanno quasi nulla di matematica.
Ed allora? Il pirata dimentica i propri doveri, gli studenti fingono di sapere, si
fanno un bel tatuaggio di lodi sulla fronte e tra qualche anno, alle vere prove
della vita, se ne pentiranno.Tatu
Ed allora se diranno di essere stati traditi da una scuola fanfarona, non
avranno tutte le ragioni di questo mondo ma neppure tutti i torti. Intanto
conservino con cura la lista dei ministri della PI degli ultimi vent'anni.
[Anno III, post n. 230 (607)]

21/07/2008
Federalismo giudiziario

Vedrete che andrà a finire così. Per i bambini rom. In qualche regione gli
prenderanno le impronte. In qualche altra, per far prima, gli taglieranno le
manine. Questa sì che si chiama prevenzione. E chi si scandalizzerà?
Ogni giorno la società italiana diventa orribilmente più violenta. A pochi
chilometri da dove abito, nella civilissima Ravenna, un ragazzo di 35 anni è
morto accoltellato.
Leggetevi la notizia. No comment.

"RAVENNA. A nulla sono valsi la corsa in ospedale e i tentativi di rianimazione


del 118, durati circa un’ora, attivati per salvare la vita ad un ragazzo di 35
anni, residente a Marzabotto, che è stato soccorso ieri sera, intorno alle 22.45,
a Porto Corsini a Ravenna. Il giovane è stato trovato in un lago di sangue,
dopo aver ricevuto diverse coltellate da un coetaneo che, insieme ad altri due,
era appoggiato alla sua auto, parcheggiata in via Lagosanto. La vittima, che si
era allontanata dall’automobile per una passeggiata con la sua fidanzata, al
ritorno ha trovato i tre appoggiati all’Audi TT di proprietà della ragazza.

Ha quindi chiesto al gruppo di spostarsi per poter andare via e da qui è nato
un diverbio che è sfociato nella tragedia. Al giovane sono giunte diverse
coltellate che gli hanno procurato una fortissima emorragia. Il ragazzo è morto
a bordo dell’ambulanza, lungo il tragitto verso l’ospedale di Ravenna".
[Anno III, post n. 229 (606)]

20/07/2008
Laurea in Lecce

Altro che magnifico rettore dell'Università di Lecce. Lo chiameranno splendido,


i suoi studenti fuoricorso se funzionerà il sistema escogitato (non ho compreso
da chi) per far recuperare in poche ore e tramite le risposte ad un certo
numero di quiz, gli esami perduti, non dati, non riusciti etc.
Sarà una laurea in Lecce quella per le Scienze sociali, dove il sistema
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 141
dovrebbe debuttare il 25 luglio prossimo venturo. Data fatidica. C'è sempre un
25 luglio nella storia delle istituzioni italiane...

Oggi 20 luglio, da segnare nel calendario, un potente ministro, quello per le


Riforme, Umberto Bossi, ha detto la sua non sul fatto di Lecce, immaginiamo,
ma così in generale sulla "Scuola": "Dopo il federalismo bisogna passare
anche alla riforma della scuola. Non possiamo più lasciare martoriare i nostri
figli da gente che non viene dal Nord".
Bossi
Oggi 20 luglio, il ministro Bossi ha avuto la nostalgia canaglia di
un'archeologia culturale, quando ha spiegato: "Dopo trent'anni di scuola di
sinistra, di esami di sinistra, di professori di sinistra, di presidi di sinistra i
nostri ragazzi sono disorientati".

Per orientarli meglio ha mostrato una mano, mentre risuonava l'Inno di


Mameli, quello che si canta alle partite internazionali di calcio, ed ai giovani
leghisti ha indicato la direzione da seguire. Chissà perché anziché usare
l'indice, ha orgogliosamente esposto il medio. I cronisti subito a malignare, lo
hanno definito un gestaccio.

Al magnifico anzi splendido rettore di Lecce, un timido suggerimento. Lasci


perdere i quiz per i fuoricorso. Una volta le indulgenze si vendevano, oggi le
volete regalare voi? Lo faccia per non dare soddisfazione al ministro delle
Riforme che non sa vedere politicamente oltre la Linea Gotica.

Ragazzi fuoricorso, già Renzo Arbore cantava che "la vita è tutta un quiz". Ma
lo faceva per scherzarci su, mica per diventare ministro dell'Università.
[Anno III, post n. 228 (605)]

19/07/2008
Antidoping per tutti

L'antidoping, cioè la verifica se le prestazioni espresse sono frutto di sola


capacità naturale o di un artificio procurato in qualsiasi modo, andrebbe
esteso ad esempio anche alla cultura.

Perché non è giusto che, a 31 euro in una illustre collana curata oltretutto da
un nome di grido della cultura italiana in campo internazionale, un prestigioso
editore nazionale offra al lettore una traduzione originale dalla lingua latina,
mentre si tratta di un'opera taroccata: ovvero traduzione da una precedente
traduzione in francese, facilmente consultabile su Internet...

Il retroscena di tutta la storiella sta in un particolare ininfluente, o forse


fondamentale. Il signore che ha copiato il compito è un adepto di una loggia di
cui non faremo il nome, soltanto perché non merita tanta gloria.

Personalmente abbiamo grande rispetto della massoneria ottocentesca, per


cui persone che conoscono tema ed ambiente come ad esempio Francesco
Cossiga, dovrebbero impegnarsi non in stravaganti uscite occasionali, ma in
una metodica opera di convincimento che, per rispetto dei grandi nomi del
passato, non si dovrebbero commettere "imprudenze" che recano discredito
alla memoria di quegli antichi personaggi.
Siamo anche convinti, pur non interessando a nessuno questo aspetto, che
oggi la gente miri a "far legna", cioè badi al proprio "particulare" senza
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 142
interessarsi ai valori ideali.

Nel quadro generale del problema s'inserisce l'osservazione geografica


limitata alla mia città. Dall'antica capitale Ravenna dicono i capi della
massoneria ufficiale che il quadro locale riminese è pietosamente misero. Loro
usano altri termini che la decenza vieta di riportare. Ma questo non impedisce
a quel quadro locale di cavarsi le sue belle soddisfazioni, anche se spesso
sono soltanto apparenti perché poi si scopre, senza ombra di dubbio, che
certe imprese che fecero grande l'ambizione con tanto di pubblici onori
indigeni, altrove sono considerate qualcosa su cui è bello tacere.

Non va passato sotto silenzio il fatto che quell'editore dovrebbe in parte


rimborsare i clienti perché l'opera così uscita dalla tipografia non merita i 31
euro di copertina. Testo latino e traduzione francese sono gratis sul Web...
[Anno III, post n. 227 (604)]

18/07/2008
Pronto, chi ascolta?
Andiamo con ordine.
16 luglio h. 21. Sono in casa. Mi chiamano al telefono ma la telefonata non è
inoltrata al mio apparecchio. Resta traccia nella segreteria Telecom.
17 luglio h. 13. La cosa si ripete.

Io non controllo la segreteria quando sto in casa, quindi non mi accorgo delle
due chiamate ricevute da Torino, e delle relative registrazioni, per
comunicarmi la scomparsa di mia cugina Antonia.

17 luglio h. 15.30. Alzo la cornetta del telefono. Muto. Riprovo, ascolto una
musichetta ed il parlato di una radio privata... Altro tentativo: si ascolta,
balbuziente, l'avviso della segreteria... Riprovo, finalmente segnale buono e
messaggio della segreteria... Che ascolto immediatamente.
Dopo aver chiamato i parenti di Torino, avverto il 187 degli episodi occorsi alla
mia utenza.
Stamani un tecnico fa le prove in linea e passa addirittura a casa mia alle 14
per controllare tutto l'itinerario del cavo. Che risulta completamente a posto.

A questo punto si può ipotizzare che sulla mia utenza si è intervenuti in


qualche centrale?
Un fatto analogo accadde qualche anno fa, come già raccontato qui, quando
nottetempo qualcuno aprì la centralina stradale a cui fa capo la mia linea, e
non riuscì a compiere la "mission" facilmente immaginabile, per cui la mattina
dopo il telefono risultò muto essendo rimasta staccata la spina del mio cavo.

Vado lontano dal vero se ipotizzo che qualcuno non ha gradito un mio recente
testo, intitolato "Se il buffone non è il comico"?
Potrei aggiungere come sottotitolo "I servi amano sempre certi servizietti". Per
"... non parlar del cane", come dice il titolo di "Tre uomini in barca".
[Anno III, post n. 226 (603)]

17/07/2008
Sanità e cemento

Ho ricevuto un commento ad un mio precedente post, "Fame e lavoro". In


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 143
questo commento si parla di una vicenda locale molto interessante: un
vecchio edificio della Sanità pubblica appena restaurato e destinato alla
demolizione.
Aggiungo altri dati non presenti in quel commento. Quando fu fatta balenare
la prima ipotesi di demolizione dell'edificio, il capo della Sanità pubblica locale
fornì dati statistici sottodimensionati. Ovvero parlò di 50 (cinquanta) utenti al
giorno. Questi dati non corrispondono alla massa di lavoro che è svolto in
quella sede.

Come qualunque cittadino può constatare se va a ritirare i referti alla


guardiola. Non riporto dichiarazioni del personale fatte privatamente a
persone private come gli utenti.

Quale cittadino, qualificandomi con nome e cognome, qualche mese fa


telefonai all'Ufficio stampa della Sanità pubblica per sapere l'ammontare del
costo dei lavori compiuti, e che adesso andrebbero a finire nel nulla con la
demolizione dell'edificio. Non potei conoscere quella cifra, in cambio mi fu
chiesta la motivazione di tanta curiosità.

In breve, perché quello storico edificio in pieno centro storico dovrebbe essere
demolito?
Per aprire il fossato quattrocentesco attorno alla Rocca malatestiana,
Castelsismondo, bisogna spostare il mercato ambulante bisettimanale dalla
piazza dello stesso castello. Dove metterlo se posto non c'è? Idea! Buttiamo
giù la "mutua" postbellica e un vecchio asilo, e lì trasferiamo il mercato
ambulante. Ma ciò impedirebbe il transito veicolare dal ponte di Tiberio alla
Rocca. Altra idea!! Spostiamo anche il traffico: nelle vie interne. Nella zona di
queste vie interne dovrebbe però sorgere qualche nuovo "motore
immobiliare"...

Alla fine c'è la domanda che il lettore ha fatto nel suo commento: il mercato
edilizio riminese è in grado di sopportare tutto ciò, con questi chiari di luna?
Rimini va avanti tranquilla. Forse la risorsa del "riciclaggio" meriterà una
depenalizzazione da parte del governo. Ed allora tutti a Rimini, maggioranza
ed opposizione, saranno felici e contenti.
[Anno III, post n. 225 (602)]

16/07/2008
Amnistia cercasi

Non esistono motivi di seria preoccupazione se Tremonti prevede un nuovo


1929 e dichiara che "qui" nessuno si rende conto di che diavolo sta
succedendo.

Personalmente siamo ottimisti, ed abbiamo le nostre buone ragioni. Il


successo elettorale del cavaliere, l'esistenza di un ministro della
semplificazione, le parole del ministro Brunetta che ci dà ragione...
Brunetta pensa che la crisi sia limitata perché i "fondamentali" dell'economia
vanno bene.

Non sappiamo che cosa siano i fondamentali dell'economia, ma crediamo di


essere in buona compagnia. Se lo sapessero anche gli esperti che stanno con
Tremonti, saremmo a posto: ed invece di temere un nuovo 1929,
comincerebbero a guardarsi allo specchio e, pronunciando parole irriferibili,
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 144
dire che cosa hanno fatto finora agli italiani i nuovo governanti.

Al massimo della sicurezza ci portano le parole del capo del governo: nessuno
lo fermerà nella riforma della giustizia.
Siamo in grado di anticipare che sarà una riforma duoble-face come i cappotti
dell'Italietta post-bellica, logori dentro e belli fuori. Insomma quegli indumenti
che erano rivoltati per necessità, quando le pezze ai pantaloni si mettevano
per necessità e non per deformazione psichica dei signori della moda.

La riforma Berlusconi garantirà l'immunità agli eletti. E nelle liste elettorali


vedrete che sarà proibito presentarsi con il certificato penale immacolato.
Seguendo l'aurea massima malavitosa che le persone più pericolose sono
quelle oneste. "Non sapete quali casini possono combinarvi".
Pregiudicati più pregiudicati meno, staranno serenamente a pensare ai loro
processi: sospesi, rimandanti, amnistiati, "indultati" (si dice così?).

Ci torna in mente un vecchissima vignetta del grande Giovanni Mosca sul


"Corriere d'Informazione": "Lei è una persona onesta? Non si preoccupi, verrà
un'amnistia anche per lei.
[Anno III, post n. 224 (601)]

16/07/2008
Uno scolaro del XV secolo

Novello Malatesti, scolaro a corte. Educazione umanistica e progetto della


Biblioteca Malatestiana

Brescia, ottobre 1418. Verso il giorno 20 papa Martino V arriva da Milano


presso Pandolfo III Malatesti signore della città. Rientra da Costanza dove il 22
aprile ha chiuso il concilio che ha posto fine allo scisma occidentale. Pandolfo
ha due fanciulli: Domenico (che si farà chiamare Malatesta Novello) di sei mesi
e mezzo, e Sigismondo Pandolfo nato sedici mesi prima. La loro madre è una
concubina, Antonia da Barignano. Martino V conosce bene i Malatesti. Sua
nipote Vittoria Colonna nel 1416 ha sposato Carlo, figlio del signore di Pesaro,
Malatesta I. Li apprezza per quello che hanno fatto prima e durante il concilio
di Costanza. Ai cui lavori è intervenuto un altro Carlo Malatesti (1368-1429),
signore di Rimini e rettore vicario della Romagna dal 1385, di due anni più
vecchio del fratello Pandolfo III (1370-1427) che governa pure Fano. Carlo era
procuratore speciale di Gregorio XII «ad sacram unionem perficendam».
Il testo prosegue qui.

16/07/2008
Giuseppe Bonura
Era stato un po' anche mio concittadino, a Rimini, lo scrittore Giuseppe Bonura
scomparso due giorni fa.
Ma di quella parentesi (fallimentare) come libraio a Rimini, preferiva sempre
tacere nel raccontare di se stesso.

Nelle biografie ufficiali lo si dice passato dalla natìa Fano a Milano nel 1961. In
quell'anno andò a Milano, è vero, ma partendo appunto da Rimini. E fu
assunto dal mitico conte Alberto Rognoni "padrone" del Cesena Calcio, a
lavorare in un settimanale allora famoso, "Le Ore", unico periodico hard
dell'editoria italiana del tempo, di proprietà dello stesso conte Rognoni.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 145

Ma pure di questo debutto Bonura preferì sempre tacere, soprattutto dopo


essere diventato un intellettuale dichiaratamente cattolico e firma illustre di
"Avvenire".
[Anno III, post n. 223 (600)]

15/07/2008
Se il buffone non è il comico

Non c'è nulla di più divertente di un arguto conservatore che vuole insegnare
alla nuova sinistra come comportarsi, e la invita con grazia ad imitare
addirittura i vecchi modelli della vecchia sinistra rivoluzionaria.

E' successo con Enzo Bettiza nell'editoriale che ieri ha pubblicato "La Stampa".
Bettiza parla della "brutta e pericolosa" manifestazione organizzata da Antonio
Di Pietro a piazza Navona che è stata caratterizzata da un antiberlusconismo
"mescolato a volgarità da talamo".

A Bettiza si può rispondere con quanto argomenta, sempre ieri, su


"Repubblica, Alexander Stille il quale in un lungo saggio documenta che
"introdurre la propria vita sessuale nella sfera pubblica è una caratteristica
saliente del politico Berlusconi".
Per cui, aggiungiamo noi, Sabina Guzzanti non ha fatto altro che sottolineare
per deridere, esponendo quelle "volgarità da talamo".

Bettiza sostiene che a piazza Navona c'è stata una emergenza democratica
perché si è svillaneggiato anche il capo dello Stato.
Lì "nani e ballerine sono saliti sul podio". Lì la satira si è confusa con la
politica. Lì sono avvenute "certe deviazioni del buon galateo di sinistra".
Si ricordi Antonio Di Pietro: per parlare di Berlusconi, si deve usare il "buon
galateo di sinistra". Di che si tratti non lo abbiamo compreso (ovviamente per
colpa nostra). Berlusconi ha sempre detto e ripetuto che i comunisti mangiano
i bambini. Bettiza ora commenta che questo era appunto il "buon galateo di
sinistra".

Stille elenca tutte le buoni ragioni per cui all'estero un leader come il cavaliere
non potrebbe governare, tra cui la legge elettorale da lui fatta approvare e per
la quale parlamento e governo sono "un'estensione del suo potere personale".

Il governo degli Usa, per quanto amico, lo ha pubblicamente definito "un


politico dilettante" in un "paese noto per la corruzione". A Berlusconi sono
state presentate le scuse ufficiali.
Resta l'episodio, di per sé sintomatico. All'estero, aggiunge Stille, egli "è
considerato pressoché universalmente un buffone", mentre da noi le sue gaffe
sono minimizzate o celate grazie ad una "stampa ampiamente controllata e
accomodante". (Ovvero, se il "buffone" non è il comico...)

Dunque, Stille racconta un cavaliere "macchietta" presso la più quotata


opinione politica internazionale. Bettiza, lo presenta invece come una vittima
della stupidità della nuova sinistra che non usa più il "buon galateo" dei
rivoluzionari comunisti di un tempo, ma la terribile arma impropria della satira.
A Bettiza si può contrapporre anche un lucido parere di Ilvo Diamanti (su
"Repubblica" di domenica): "La buona satira non è riformista, ma
rivoluzionaria".
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 146

Il dramma italiano è che, satira o non satira, questa sinistra fa ridere perché
non va da nessuna parte. La satira non basta, come conclude Diamanti: "C'è
bisogno d'altro. Presenza nella società, organizzazione. Identità. Speranza".
Questa sinistra, divisa "fra dialogo senza opposizione e opposizione senza
dialogo", rischia "di rimanere solo senza speranza".
Ma tuttavia con molti posti nei ponti di comando, ed è soltanto quello che
conta per molti, purtroppo.

15/07/2008
Vita da discoteca, 1992

E' nato a Rimini il modello del divertimento sfrenato di cui nei giorni scorsi si
sono occupate le cronache per un delitto avvenuto in Spagna. Ritorniamo al
1992, allora scrissi questo articolo "Vita da discoteca".

«È bene, giungendo al mare, stabilirsi sin dall'inizio un regolare ritmo di vita.


Ciò permetterà di dedicare alle varie cure le ore più adatte del giorno,
alternandole saggiamente e nella misura voluta con le ore di svago, di riposo,
di sonno. Quest'ultimo soprattutto è facilmente frodato mentre ha diritti
specialissimi durante le cure al mare. Gli adulti non dovrebbero dormire mai
meno di otto ore…». Così suggeriva nel 1950 il dott. Guido Nanni, ufficiale
sanitario al Comune di Rimini, in una «Guida alle cure marine» edita, a cura
dell'Azienda di Soggiorno, dal Centro di studi talassoterapici, del cui comitato
di consulenza scientifica facevano parte luminari della Medicina come Antonio
Gasbarrini e Gaetano Salvioli.
I consigli sanitari lasciavano intravedere abitudini diffuse, con quell'accenno al
sonno «facilmente frodato». Se Rimini voleva dire sole e spiaggia, i suoi ospiti
non potevano però dimenticare la notte della Riviera che esercitava, anche
allora, il suo fascino sull'ospite.

1956, un depliant dell'Azienda di Soggiorno, riassume la mondanità notturna


del tempo nella foto austera di Brunella Tocci (oggi giornalista della Rai), con
lungo abito bianco, incoronata miss nel classico dancing che allora andava di
moda. Il testo ha un accenno discreto a tutto ciò che non è semplicemente
bagno di mare e passeggiata sulla spiaggia: «In ogni tratto della Riviera di
Rimini, è fervida la gioia di vivere».

A metà degli anni '60, l'Ente provinciale per il turismo racconta la nostra
spiaggia con la foto di una bionda turista nordica che, in costume “due pezzi”,
prende il sole in una Rimini che «non ha paragoni e non è seconda a nessuno.
È un mito, non una città. Qui, in tema di vacanze, accade oggi quello che,
domani, troveremo altrove». È forse molto più osée la canzonetta che, in quei
tempi, le gemelle Kessler, in pesanti calzamaglie nere, cantano dai
teleschermi della Rai: «La notte è piccola per noi, troppo piccolina».

Anni '70, dal vecchio dancing si passa alla discoteca. Si licenziano gli
orchestrali del “lissio” e del ballo del mattone, e si introducono congegni
“americani”, magari costruiti in Italia. Negli Usa, all'inizio di quel decennio,
nasce la parola discoteca non per indicare una raccolta di dischi (sul modello
di biblioteca), ma un luogo dove si va a ballare. E dove un nuovo e strambo
personaggio il di-gei (o disc-jockey) debutta, preannunziando quella
rivoluzione strisciante delle notti giovani, che si consuma poi nei primi anni
'80. Non più balli tranquilli e languidi, ma decibel che assordano e ballerini
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 147
trasformati in atleti che si dimenano come in preda alla follia. La Riviera si
adegua. I “creativi” inventano il mito della notte romagnola che non finisce
più.

Niente di nuovo sotto il sole, anzi sotto la luna, commentano i vitelloni di


felliniana memoria, quelli del ballo tradizionale, quei giovani del dopoguerra, i
quali ricordano le loro notti brave concluse all'insegna del giro in spiaggia a
vedere l'alba, con gli occhi socchiusi da tanta voglia di sonno. Il ritorno a casa
avveniva su vecchi “catenacci”, bici o moto: le auto, negli anni '50, erano una
rarità, e chi ne possedeva una doveva trasformarla in una specie di minibus,
con dieci, dodici amici a bordo. Quindi, niente follia del correre a tutto gas, ma
semmai un procedere lento, all'insegna del ricordo della notte appena
passata.

Dalla sera al mattino, una notte tutta per voi, sembra essere lo slogan
pubblicitario di «Rimini & Co.», a cura della neonata Apt, sul finire degli anni
'80, quando a guidare l'ente è Piero Leoni. «La città della notte» s'intitola
infatti un capitolo che fino al 1991 è stato proposto ai turisti: «I re della notte
sono i giovani, ragazzi e ragazze che ballano la musica da discoteca, delle hit
parade internazionali o dei revival degli anni '60 e '70. In tutti gli animatissimi
locali notturni si incontra un pubblico variopinto di età, razze, culture diverse.
(…) Questo trascorrere naturale del giorno nelle ore notturne che si estendono
fino all'alba successiva senza che il movimento si fermi, ha anche effetti
positivi sulla sicurezza delle notti della costa riminese e di tutte le altre
località. Strade sempre frequentate, locali aperti tutta la notte, shopping fino a
tarda sera ed anche questo ritrovarsi tra gente di ogni razza nel comune
desiderio di star bene insieme divertendosi, allontanano quelle forme di
piccola e grande criminalità presenti negli spazi notturni delle aree
metropolitane». Il sottotitolo dichiara: «Momenti magici senza spiacevoli
avventure». I bikini cedono il passo, nelle foto, al topless.

Si crede che il “modello Rimini”, come dichiara nell'estate '91 il sindaco


Moretti, sia fatto di libertà, ma non di trasgressione. L'otto agosto dello stesso
anno, in una lite tra ragazzi per futili motivi (si parla di una discussione sul
calcio), fuori di una discoteca, viene ucciso nei pressi di piazza Tripoli, Luca
Scio, 16 anni, milanese, una “testa rapata”. Sul luogo del delitto i suoi amici
scrivono: «Qui è morto un eroe».

Il “modello Rimini”, che era stato propagandato come simbolo del


divertimento e della voglia di vivere, diventa il negativo di se stesso. Mario
Deaglio, sulla «Stampa» lo prende come esempio per indicare la «cupa china
di violenza» su cui gli italiani stanno scivolando, anziché «sentirsi liberi,
contenti e appagati». Scrive allora un editoriale del «Ponte»: «È certo che
molti ragazzi italiani vengono in Riviera come in una terra dove tutto è
promesso e permesso. C'è quasi la corsa verso l'evasione dalle città grandi o
piccole. Ieri, bastava una giornata al mare, per fuggire dalla monotonia del
ritmo quotidiano. Oggi, vengono proposti sui mass-media altri modelli, e la
parola “trasgressione” si è venuta riempiendo di mille significati. Ci sono
dentro i bomboloni all'alba, ma anche i francobolli drogati all'lsd» (25.8.1991).

Il depliant '91 dell'Apt parla della notte come «protagonista di uno spettacolo
ricco di sorprese e colpi di scena», cita la presenza delle discoteche con i loro
«frenetici ritmi», a cui si contrappongono le «tranquille alternative» di altri
modi di passare lietamente la vacanza. Quando però, in un'interessante
mostra fotografica all'Apt, si presenta il materiale da cui è nato l'opuscolo
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 148
turistico, si torna a battere sul mito di una «notte tentacolare, ammaliatrice,
misteriosa».

Negli ultimi anni, la notte in discoteca è diventata, oltre che questo mito che si
è poi diffuso a macchia d'olio in tutt'Italia, anche un importante affare che ha
condizionato il costume nazionale. Nel 1988, sul «Ponte», la prima puntata di
un'inchiesta intitolata «Rimini come», affrontava proprio il tema della costa
divenuta un immenso “villaggio-discoteca” senza più una propria identità:
«Quello che succede qui, oramai avviene a Milano, sulla costa ligure, nei
villaggi turistici delle coste meridionali. E si verifica anche il contrario; quanto
càpita fuori di casa, dev'essere subito importato: nascono gli slogan, ovvero i
nuovi imperativi categorici di fine secolo». I comportamenti diventano così
sempre più massificati, «con guizzi di fantasia che trovano conforto nella
chimica di basso profilo, ed allora s'importano pasticche che piano piano si
diffondono e cominciano a circolare in un giro che s'allarga da Rimini fino a
Cortina… Bomboloni ed afrodisiaci, ecco la nuova miscela dei gusti
standardizzati» dal culto della discoteca.

La settimana scorsa, una ragazza con cappello a cilindro e tuta nera aderente,
commentava amaramente la drammatica vicenda di Riccione, dove nel
parcheggio di una discoteca, Maurizio Mazzocchetti, 24 anni, di Pescara, ha
perso la vita all'alba di domenica 26 aprile, per un'aggressione da parte di altri
giovani, ed aggiungeva il suo credo in quella vita di musica a tutto decibel:
«Darei mia madre per venire sempre a ballare qui».
Piero Leoni, ora presidente dell'agenzia turistica regionale, si ribella alle
immagini aberranti del divertimentificio regolato sulla trasgressione e
sull'esibizionismo. Il suo sogno di «momenti magici senza spiacevoli
avventure», non si è avverato.

Tutti ora vogliono cambiare pagina. Un uomo di scuola come il preside di


Morciano Giuseppe Prosperi ha scritto al suo sindaco che in quello che sta
accadendo ci sono anche «responsabilità delle istituzioni» che hanno
trasformato le nostre città rivierasche in «sinonimo di divertimento e
trasgressione». Dice Prosperi che «fra molti giovani sta emergendo una
concezione della vita come divertimento continuo e guadagno facile, rifiuto
della fatica e della cultura».

Ma la discoteca è la causa o l'effetto? Ci sembra che responsabilità esistano


per gli operatori economici locali, i quali hanno fatto di tutto per creare questi
templi rumorosi e folli che, come carta moschicida, attaccano a loro stessi
tanti altri problemi (dalla droga all'alcol, alle stragi sulle strade nelle notti dei
fine-settimana). Però, ci sembra pure che la discoteca sia soprattutto il
sintomo di una crisi di valori della società; cioè, il luogo dove si trova riparo
non avendo nulla di meglio verso cui orientarsi. Quel tizio che scrisse che «la
vita non è già destinata ad essere un peso per molti, e una festa per alcuni,
ma per tutti un impiego», cioè un impegno, è da parecchio tempo che lo
vogliono radiare dai programmi scolastici della nuova scuola superiore. Si
chiama Alessandro Manzoni. Uno che di notti che fanno pensare, se ne
intendeva.
[Anno III, post n. 222 (599)]

14/07/2008
Mitici blog? Facciamo una pausa...
Ogni anno d'estate, "Il Sole-24 ore" inventa un gioco divertente per i suoi
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 149
lettori. Quello del 2008 riguarda i "Miti d'oggi", con tanto di iniziale maiuscola
nella prima parola del titolo.

Ieri il supplemento culturale della domenica ha ospitato ben sei risposte


contro la preventivata unica selezione.
Uno dei messaggi inviati ed offerti alla nostra attenzione, riguarda proprio il
"Blog". Antonio Fiori osserva che all'inizio sembrava un bluff. Poi si è scoperto
invece che "il blog funziona".

Qui sopra ho cominciato il 19 novembre 2005. Forse è anche giunto il


momento di smettere. Mi prendo, qui sopra, una pausa di riflessione.
Ricordo quanto un lettore ha commentato il primo luglio scorso. Un mio post
era stato inserito in home, lui l'ha visto: dopo dieci minuti era scomparso, il
post... Forse era quello dedicato al "professorino" Veltroni? Non so. Non posso
far altro che constatare.
Oggi vorrei scrivere del fondo di Bettiza sulla "Stampa" di stamane, ma
preferisco farlo altrove per non creare imbarazzo nei "padroni di casa".
[Anno III, post n. 221 (598)]

12/07/2008
Forza e coraggio

Forza e coraggio era l'insegna di una società ciclistica dell'Ottocento


romagnolo, ed è tuttora quella di una società ginnastica milanese nata verso
la fine di quel secolo.
Francesco Rutelli l'ha adottata come etichetta politica. Ma nella vita non si può
avere tutto. Se "Coraggiosi" si sono definiti lui ed i suoi seguaci come corrente
di destra del Pd, non possono però chiamarsi pure forti se vanno verso un
abbraccio un poco periglioso, quello con l'Udc di Pier Ferdinando Casini.

A Montecatini Rutelli oggi ha attaccato Veltroni in puro stile democristiano.


"Siamo qui per aiutarlo e sostenerlo" si è espresso, mentre rivendicava
l'originalità di una diagnosi infausta per l'Italia dei Valori e la sua alleanza con
il Pd. Morale della favola, bisogna cambiare partner. Liquidare Di Pietro ed
andare con Casini.

In tutto ciò non c'è molto di originale né di fantasioso. Casini era stato la
pedina su cui aveva puntato il Vaticano. Gli elettori lo avevano bocciato. Quale
migliore occasione che riscoprilo ora come alleato, prendendo due piccioni con
una fava, ovvero la benedizione d'oltre Tevere e lo scalpo di Veltroni.

Ma ci sono in Italia le condizioni per fare tutto questo sconquasso? E' vero che
l'appoggio della Chiesa a Berlusconi è venuto a mancare sin dallo scorso
agosto. Quando scrissi a proposito del meeting riminese di Comunione e
Liberazione, un post intitolato "CL, Silvio addio".
Allora alla proposta di Giulio Tremonti di fare l’alzabandiera nelle scuole,
Cesana rispose con un commento che più velenoso non si poteva: «Ho il
sospetto che l’unica bandiera da alzare sia quella bianca». Osservai che nella
visione religioso-filosofica di un movimento ecclesiale quale CL, la politica
entra come un accidente della Storia, ovvero come qualcosa che deve aderire
e mirare a valori eterni (la Verità di cui si discuteva al Meeting).

Da allora di strada ne è stata fatta, sembra che CL sopporti sempre di meno il


cavaliere. Di qui l'orientamento vaticano nelle ultime elezioni di portare a
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 150
palazzo Chigi il buono e bravo Casini. Ma che a tentare l'impresa dopo il
fallimento nelle urne sia un esponente del Pd, per quanto "uomo di centro", è
una cosa veramente comica.

In queste ore si discute tanto della norma che mirerebbe a sospendere i


processi, "per reati commessi fino al 2 maggio 2006", affidando
l'individuazione dei criteri di rinvio ai "dirigenti degli uffici".
Non voglio farla lunga, dico soltanto che la cosa sembra molto contraria al
dettato costituzionale dell'uguaglianza fra tutti i cittadini.
Volevo parlare di questo argomento, Rutelli ha occupato tutto lo spazio, mi
limito a dire che sottoscrivo la posizione dei "Cento costituzionalisti" contro il
Lodo Alfano. I quali hanno espresso "insuperabili perplessità di legittimità
costituzionale".
[Anno III, post n. 220 (597)]

12/07/2008
Giovinezze e studio

Due lettere da "Repubblica" di ieri e di oggi sul mondo della scuola.

Un "maturato" uscito con 70, chiede che gli sia abbassato il voto: "Io, un pigro
furbo valgo di più del diligente".
Giustamente questo ragazzo si vergogna che chi ha studiato bene per cinque
anni abbia avuto di meno come voto o addirittura sia stato condannato a
ripetere la quinta.

Un laureato che a Pisa ha studiato con ottimi risultati per cinque anni, ha dato
l'esame di abilitazione, conseguendola, ed ha vinto il dottorato di ricerca,
dovrebbe studiare per altri tre anni senza ricevere un euro dallo Stato.
La situazione disagiata della sua famiglia siciliana è peggiorata nel frattempo,
e lo costringe a tornarsene a casa. Spera di guadagnare qualcosa lavorando
nella stagione della vendemmia.
[Anno III, post n. 219 (596)]

11/07/2008
Il trucco c'è

Il fuoco concentrico che è stato indirizzato contro Antonio Di Pietro, puzza di


bruciato da mille miglia.
Il Pd si vede surclassato nel contatto con la realtà. Non può stare alla finestra,
deve per forza dimostrare di esistere. E questo scoccia parecchie persone.

L'ultimo a colpire con la sua tirata d'orecchie il capo dell'Idv, è stato un


fremente Gad Lerner che con logica stringente ha dimostrato una verità
inattaccabile, su "Repubblica". Al populismo del governo Berlusconi ha riposto
il populismo di Di Pietro.

Ma tutte le verità contengono in sé per inevitabile destino, gli strumenti logici


per demolirle. Ammesso che Di Pietro possa esser considerato populista e
giustizialista come lo accusano da destra e da sinistra, bisogna chiedersi: ma
chi lo ha "costretto" ad apparire (non dico ad essere) tale? Insomma, il trucco
c'è e si vede bene.

La politica è la scienza dell'opinabile, ovvero non è neppure una scienza nel


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 151
senso che diamo alla parola aggiungendovi l'aggettivo "esatta". In politica
tutti si credono portatori del verbo divino. Di Pietro ha espresso idee non
forcaiole, non reazionarie, ha parlato del primato della Legge e della
Costituzione su tutti gli interessi di parte.
Lo avrà detto rumorosamente (e questo lo rende simpatico perché non finge
di essere una "gatta morta"). Lo avrà detto con una schiettezza che gli angoli
bui delle sedi parlamentari rifuggono come la peste. Ma almeno la sua è stata
una voce che ha avuto il coraggio di spiegare che siamo davanti alla stessa
messa cantata piduista di cui parlano i libri, ma che i politici di oggi fingono di
considerare un fatto ormai archiviato.

E' vero che il pollo a tavola si mangia con coltello e forchetta, come spiega
oggi Lerner nel suo manuale dell'oppositore perfetto e non sbracato. Ma è pur
vero che in caso di fame pesante, il galateo non è la prima esigenza da
soddisfare.

Si va tanto per il sottile, si gira in un ridicolo tour che inanella critiche ai critici
e non ai criticati. Sembra, ultimo Nanni Moretti dixit, che la crisi della
repubblica dipenda soltanto dalle intemperanze verbali dei comici.
Dice l'Ecclesiaste che c'è un tempo per tacere ed uno per parlare...Nella
politica ce n'è uno per le argomentazioni giuridiche, ed è quello del
Parlamento, ma ce ne può essere uno anche per le satire dei comici, ed è
quello che è avvenuto con Sabina Guzzanti, tra lo scandalo dei benpensanti
del Pd. Che specularmente a quelli del Pdl odiano il "populista" Di Pietro, il
quale è oggi considerato il capro espiatorio da sacrificare sull'altare del
realismo politico.Guzzanti

Per innata e cattiva abitudine, stiamo dalla parte di chi rompe le scatole, non
di chi dalle scatole porta via il contenuto. Avrà tutti i torti di questo mondo nel
suo condurre questa maniera di opposizione, il segretario dell'Idv. Ma per
dimostrarlo occorrerebbe che ci fosse una seria e ferma opposizione da parte
del Pd, non una censura che suona uguale nella sostanza a quella della classe
berlusconiana verso Di Pietro.

Un'ultima annotazione. In un regime democratico, è lecito criticare anche il


capo dello Stato, dato che non parla ex cathedra e non è infallibile come il
papa. In un regime democratico, è lecito invitare pubblicamente il capo dello
Stato a non proteggere il capo del governo dalla sovranità della Legge come
sta per accadere in Italia, unico Stato al mondo ad adottare un simile
provvedimento.
Non si manca di rispetto a nessuno dicendo che Pertini avrebbe avuto una
reazione diversa, anche perché sinora non sappiamo se Napolitano accetterà
di firmare una legge anticostituzionale.
Definire anticostituzionale un provvedimento come quello che proteggerà
Berlusconi, non è un reato di diffamazione né verso di lui né verso Napolitano:
è semplicemente un giudizio politico molto motivano, e ben diverso da quello
che spinse il cavaliere a chiamare coglioni gli elettori di Prodi.

Il trucco c'è e si vede. Quanto sta accedendo "contro" Di Pietro (qui un suo
intervento di questa sera appena giunto) da parte di prestigiosi intellettuali del
Pd, è la dimostrazione che Veltroni e compagnia bella non sanno che pesci
pigliare. Debbono accontentare troppe istanze contraddittorie, non c'è valenza
laica nel loro programma, affidano all'arte del compromesso una situazione
che purtroppo è già troppo compromessa per poterla sopportare.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 152
Sarà facile logorare Di Pietro, "uomo solo al comando", con un partito che in
periferia ha la consistenza di un alito di vento, mentre gli altri sono potenti
bufere capaci di provocare grossi naufragi. Ma questa facilmente prevedibile
vittoria sul segretario dell'Idv, non rafforzerà il Pd: al quale potrà essere
rinfacciato di aver sfilacciato un alleato indocile sì ma onesto.
[Anno III, post n. 218 (595)]

10/07/2008
Vento di porcella
Nel commento scritto da Arturo Parisi per la Stampa di oggi, c'è un simpatico
errore di stampa. La legge elettorale conosciuta come "Porcellum" è diventata
"Procellum". Mettendo tutto al femminile (trattandosi appunto di una legge), la
"Porcella", è diventata "Procella".

Ed in questi ultimi giorni la procella c'è stata, con l'accusa a qualche


esponente di governo di essere stata una porcella, non nel senso
propriamente elettorale del termine. Sempre scelte sono, ma intimamente
private come ha testimoniato la gustosa arringa di Sabina Guzzanti.

Se niente succede a caso, l'errore tipografico nel pezzo di Parisi rivela ciò che
non si voleva far vedere. Ovvero che certi "peccati" carnali, che si tendono a
nascondere a tutti i costi, alla fine emergono e stazionano rumorosamente a
galla.

Quanta procella ci sia stata a Roma e dintorni, lo dimostrano molte notizie.


Una delle quali ci permette di essere solidali con Paolo Guzzanti che
giustamente si è indignato per esser stato tirato in ballo quale padre
dell'attrice Sabina che ha turbato i sensi dei commentatori politici più
tranquilli, con un linguaggio "comico", ovvero giustamente plebeo e volgare.

Se non sono i comici a fare i comici, lo spazio è occupato dai politici e dai capi
di governo. Ce n'è uno che è abbastanza avvezzo a raccontar barzellette come
se niente fosse. Meglio che i professionisti della risata facciano il loro mestiere
e che i politici si comportino da persone serie.
Che poi le signore del parlamento si scandalizzino, solidarizzando da destra a
sinistra, è un discorso tutto politico sul quale non vorremmo inoltrarci. Se non
per osservare en passant che c'è sempre modus in rebus.
I miracoli li fanno a Lourdes, non a Palazzo Chigi, tanto per dirne una.

Resta il problema denunciato da Parisi. La gente s'indigna nelle piazze con


un'opposizione che lui chiama maleducata, contrapposta a quella educata dei
parlamentari. Ma ciò che le unisce, è il fatto che entrambe sono impotenti.
Qui sta il dramma della politica del Pd, che non riesce ad incidere sul presente
e sul futuro del Paese.
A questo punto però sembra inutile prendersela con l'opposizione
"maleducata". Se tale è od appare, non è forse soltanto colpa di quella
"educata", troppo legata a riti che, come sostiene Parisi, rendono impotente la
democrazia?

Sono tempi duri nella vita di ogni giorno. Anche per il Vaticano. Investendo in
dollari, la Santa Sede ha perso nove milioni di euro quest'anno. Di recente un
consigliere economico laico del papa ha ricevuto come ricompensa
un'importante decorazione pontificia. A questo punto dovrebbe restituirla.
Per il resto, i consigli economici di tanto tempo fa non portarono bene a chi li
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 153
fornì. Infine, il papa chiede l'elemosina ai fedeli. Non credo che per far ciò,
abbia bisogno di tanti suggerimenti tecnici. A parte il fatto che, come nel
medioevo le decime erano dei "poveri che sono di Dio", anche le grandi
ricchezze del Vaticano potrebbero andare ad aiutare chi muore di fame, pure
con la perdita di nove milioni di euro in un anno.
[Anno III, post n. 217 (594)]

09/07/2008
Fame e lavoro

Lavorano in cantiere edili. Non hanno vinto l'appalto, neanche sono in


subappalto, ma semplicemente sono stati arruolati, al terzo grado della scala
economica, da chi ha preso in consegna l'attività d'impresa.

Da vari mesi sono senza paga, hanno moglie e figli da sfamare, affitti da
pagare. Ieri uno di loro, sotto un sole che spaccava le pietre e con un vento
africano da stendere un gorilla, è salito sulla gru del cantiere. Quando sono
arrivati i pompieri, non ci ha messo molto a lasciarsi convincere a scendere.
Per lui hanno protestato i colleghi. Lavoriamo ma non riceviamo i soldi a fine
mese, hanno detto ai cronisti. Qualcuno, nella parte del datore di lavoro, ha
detto agli stessi cronisti di stare attenti a quello che avrebbero scritto perché
altrimenti lui avrebbe querelato.

Non è semplicemente un episodio di cronaca nera in una città come Rimini.


Il sistema degli appalti, dei subappalti e del lavoro in dipendenza da questi
ultimi, non è nuovo. Anzi. Ma è la prima volta che i giornali sono stati costretti
a parlarne.

Chi c'è dietro a tutto questo giro di lavoro e di imprese?


Di recente un settimanale riminese, "il Ponte" ha trattato del tema: "Da dove
arrivano questi soldi?". Potremmo chiederci: da dove arrivano queste imprese?
Chi c'è dietro di loro?

Lasciamo stare questo discorso. E ritorniamo a quell'altro: "Da dove arrivano


questi soldi?" Tutti questi soldi...
Ha spiegato al "Ponte" Enzo Ciconte, scrittore, politico, esperto del settore:
"Dobbiamo insospettirci davanti a cambi di gestione delle attività troppo
frequenti. Dobbiamo insospettirci davanti a negozi vuoti che continuano a
sopravvivere. Queste sono situazioni nelle quali è possibile ipotizzare che si
annidino le criminalità organizzate, e che quelle attività in realtà siano delle
lavanderie”.

Ribadisce Ennio Grassi, anche lui politico ed ottimo conoscitore delle cose
locali e nazionali: "Rimini non è Napoli o Palermo, è impensabile pensare di
vedere scene di ordinaria violenza o intimidazioni. La mafia piuttosto si
manifesta secondo forme che non sono leggibili dalla collettività. Si infiltra
attraverso forti quantità di denaro, creando, in seconda battuta, dei problemi
nel normale andamento del mercato, qualunque esso sia".

Un po' di storia, come esempio. 1993. A febbraio l’operazione "Romagna


pulita" si conclude con 106 arresti e sequestri di armi e droga: "Alcuni
spacciatori, inchiodati dalle prove, hanno cominciato a ‘cantare’, e la lista
degli inquisiti si è gonfiata a dismisura". Ventitré imputati sono poi assolti dal
Giudice delle indagini preliminari che non crede ai pentiti: i carabinieri poi non
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 154
avrebbero trovato sufficienti indizi. I principali imputati sono condannati nel
1993 a pene da uno a nove anni di reclusione. Alcune assoluzione sono dovute
al cambiamento della legislazione sulla droga provocato dal risultato del
recente referendum. Nel 1994, alla conclusione di tutto il processo per
"Romagna pulita", saranno state irrogate pene per complessivi 204 anni, e
multe miliardarie. In Corte d’Appello ci saranno delle riduzioni.

Un killer mafioso di un clan siciliano viene arrestato a settembre a Porto


Verde. Il presidente dell’Antimafia, Luciano Violante, dichiara: "La mafia in
Riviera ha vestito i panni puliti della intermediazione finanziaria, ma è ben
presente". Gli usurai hanno "i colletti bianchi": a gennaio sono stati eseguiti
nove arresti, e quattro società dal credito ‘facile’ sono finite sotto inchiesta
con l’accusa di truffa ed associazione a delinquere.

Per altre notizie, scaricate il mio testo "Rimini 1859-2004".


[Anno III, post n. 216 (593)]

08/07/2008
Periferie politiche

Qualcosa comincia a muoversi in periferia. Oggi il Corriere di Romagna


pubblica un articolo di un componente l'Assemblea provinciale del Pd di
Rimini, Giovanni Benaglia, intitolato: "Serve il parricidio per salvare il Pd".
C'è un quadro fosco e tragico delle nostre situazioni locali, come mai sinora si
erano lette. Speriamo bene.

Cito soltanto un passaggio. Per la sicurezza, ci si preoccupa dei "falsi" venduti


in spiaggia: "Peccato che intorno ci sia un'indagine per riciclaggio su una
banca di proprietà di virtuosi imprenditori locali. [...] Peccato che ci siano
indagini su finanziarie e banche sammarinesi amministrate da stimati
professionisti riminesi".

Nella stessa pagina è ospitato un intervento dell'amica Anna Rosa Balducci, "Il
dibattito che non c'è" contro la colata di cemento che si preannuncia come
seconda ed ultima "riminizzazione". Ultima perché dopo non ci sarà più nulla
da distruggere. Il suo testo integrale si legge qui.

L'altro ieri sullo stesso Corriere di Romagna è stata ospitata una mia breve
lettera sul "modello Rimini", intitolata "Uno strano rapporto maggioranza-
opposizione".
Eccola: "Concordo sulla diagnosi politica formulata dal dottor Gilberto
Mangianti (lettera del 4 luglio). Anch'io "questi amministratori li ho pure
votati". Ciò non toglie che mi senta in disaccordo ed a disagio. Mi permetto
soltanto di aggiungere qualcosa sul rapporto maggioranza-opposizione.
Riguarda ciò che io chiamo il "modello Rimini": alle elezioni comunali del 2006,
Forza Italia perde il 52,13% dei voti, mentre AN sale del 16,26. Una fetta del
Polo vota per il Centro-sinistra. Segno che con la sua precedente
amministrazione il Centro-destra (od almeno una sua parte) non se l'era poi
passata così male. Luglio 2006. L’ex candidato sindaco del Polo decide di non
votare contro la giunta ma di astenersi sulle linee programmatiche del
governo cittadino. Il resto è storia di questi giorni."

E' un discorso che qui sopra ho già fatto anche di recente.


Rimandando a precedenti testi. Ad esempio, questo del 4 maggio 2007, che
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 155
ripropongo non perché oggi non abbia nulla da dire, ma perché la situazione è
rimasta tale e quale, anzi peggiorando con la minaccia di quella nuova colata
di cemento di cui ho detto sopra.

"A Rimini il costo della vita aumenta del 3,2% annuo contro l'1,5 nazionale.
Non è un fatto nuovo. Città cara lo è sempre stata, sin dagli anni Sessanta.
Città ricca anche grazie ad un tipo di economia molto sommersa. Sulla quale
si reggono le fortune di pochi. E dalla quale derivano i grattacapi di tanti. Cioè
di quelli che ad esempio debbono pagare affitti elevati.
Città nella quale la speculazione edilizia è diventata un fenomeno politico
incontrastato per un patto non tanto segreto di spartizione della torta. Per cui
se qualcuno osa impostare una campagna giornalistica contro, ci rimette il
posto. È successo. Era prevedibile. Non ha turbato nessuno. Anzi.
Immaginiamo i commenti. Hai visto quello venuto da fuori, chissà chi credeva
di essere.
E dietro sta un compromesso politico per nulla segreto, con due assessori
all'edilizia defenestrati perché contrari al troppo cemento, e poi un bel
risultato elettorale. Comunali 2006. Forza Italia perde il 52,13% dei voti,
mentre AN sale del 16,26. Una fetta del Polo vota per il Centro-sinistra. Segno
che con la sua precedente amministrazione il Centro-destra (od almeno una
sua parte) non se l'era poi passata così male.
Luglio 2006. L’ex candidato sindaco del Polo decide di non votare contro la
giunta ma di astenersi sulle linee programmatiche del governo cittadino.
Inciucio o preveggenza? Negli stessi giorni il presidente della Camera
Bertinotti dice alla «Stampa»: «Le difficoltà si possono superare allargando la
maggioranza di governo» con una discussione franca che «sotto traccia è già
in corso».
Il presidente del Senato Marini ricorre ad una contorta formula per invocare
più confronto con l’opposizione e meno voti blindati per addivenire a scelte
condivise.
A questo punto Rimini diventa una specie di simbolo del quadro politico
nazionale. Sembra anticipare una condizione di un accordo nazionale
bipartisan.
Ma a spese di chi? Di chi deve subire il vertiginoso aumento del costo della
vita, la gente delle classi non privilegiate, mentre aumenta la ricchezza di un
ceto vasto, che è senza differenza politica perché il lusso non ha tessera di
partito, omologa tutti tranne pochi critici guardati male e segnati a dito come
pericolosi sovversivi". Fine della citazione.

Preciso, per completare il quadro della situazione locale alcuni particolari non
secondari.
Nel 1988 appare il Dizionario italiano ragionato che spiega il nuovo verbo
"Riminizzare" così: "Deturpare con un’eccessiva concentrazione di costruzioni
o, come si dice, con ‘colate di cemento’".
Politici ed intellettuali insorgono. L’avv. Veniero Accreman per giustificare il
grattacielo, da raffinato intellettuale borghese che ha ben imparato la lezione
di Marx, inframmezzando citazioni dotte da Dante e Carducci, ricorda "le
schiere di disoccupati rumoreggianti che chiedevano lavoro". L’ex sindaco
Ceccaroni fa spallucce: Rimini non è peggio del resto del Paese, e poi allora
bisognava ricostruire. Il passato, cioè, non si discute. Un ex federale del Pci,
Nando Piccari, dichiara che quel dizionario usa un termine di cui è evidente "la
natura gratuita, falsa ed offensiva", chiedendo al sindaco Conti di prendere
provvedimenti.
L'ho battezzata la "disfida di Burletta".
Lo stesso sindaco Conti dichiarò: "Rimini sta cambiando più di quanto non sia
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 156
dato a vedere", anche per merito del vento di garbino "che ci aiuta a capire i
problemi e a trovare il modo di risolverli compostamente". Il vento di garbino,
vento caldo africano, è quello che in Romagna chiamano "il vento dei matti"
perché fa aumentare i casi dichiarati di disturbi mentali con la sua aria
insopportabile.

Una curiosità. Nel 2000 il Comune fu obbligato ad abbattere un muro di


cemento armato appena costruito all’Anfiteatro perché abusivo. Quel muro
non doveva cadere. Aveva uno scopo: raccontava la riminizzazione, una vera
storia. Un Comune addirittura abusivo verso se stesso. Roba da Guiness dei
primati.

Post scriptum. L'immagine c'entra, eccome. Rimanda alla "notte rosa" il cui
ricordo fa fremere di pura gioia ascosa gli animi dei nostri amministratori.
[Anno III, post n. 215 (592)]

07/07/2008
Le caramelle di Silvio

Dice un titolo di Repubblica di oggi, che il "Pd non deve chiudere un occhio",
nel senso di non abbassare la guardia e di non far sconti al governo.
Si potrebbe giocare su quel titolo, dicendo che Veltroni non deve far chiudere
occhio a Berlusconi, ovvero che non gli deve dare tregua. Ma ormai la
situazione del Pd è tale che forse a non chiudere occhio, cioè a non poter
dormire sonni tranquilli, sarà sempre di più lo stesso Veltroni.

Il titolo introduce un articolo del prof. Giancarlo Bosetti, docente di Sociologia


della comunicazione. Il quale conclude scrivendo che l'opinione pubblica "è a
due velocità".
C'è chi (la cosiddetta "cittadinanza competente", non maggioritaria) è più
sensibile e meno indifferente alle paure provocate dal berlusconismo.
Gli altri, in maggioranza, non ne sono ancora pienamente convinti. Forse in
attesa di qualcosa che potremmo chiamare il peggio.

Personalmente, credo che il Pd abbia fatto poco per spiegare ai suoi elettori i
rischi che l'Italia corre ignorando che il rispetto della Costituzione non dipenda
dalle liti o dai sorrisi fra Silvio e Walter.
La moda americana di personalizzare la campagna elettorale, il trucco poco
logico e per nulla elegante (oltre che corretto) usato per accantonare Prodi
("doveva accontentare troppi partiti"), l'ansia di bruciare le tappe non per
conquistare il governo ma soltanto per controllare la burocrazia dell'impero
partitico (Ds più Margherita), sono tutti fattori che hanno contribuito a creare
l'illusione che al governo si possano chiedere "risposte riformiste" come le
chiama Bosetti dipingendo il gruppo maggioritario del Pd.

Ho già avuto occasione di annotare che il dialogo tra maggioranza ed


opposizione, in un libero Parlamento come quello disegnato dalla nostra Carta
costituzionale, è nella logica delle cose politiche. L'esame lucido ed
approfondito di Bosetti mi convince ancora di più in questa idea.
Per cui mi vien da pensare che se il Pd chiede dal governo una serie di
"risposte riformiste", lo può fare soltanto per interessi di bottega dei suoi
leader, non per l'interesse del Paese.

Berlusconi chiamò coglioni gli elettori di sinistra, come per lui sono tutti quelli
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 157
che non lo votano o non scelgono i suoi alleati.
Adesso può fare il gioco delle tre tavolette per convincere Veltroni o Rutelli a
prendere qualche caramella onde addolcirsi il palato. Domani, il cavaliere più
forte che pria sarebbe capace di raddoppiare la dose: avete votato gente che
ha riconosciuto il mio primato politico, e mi ha rafforzato agli occhi di tutto il
mondo...
Ragazzi, non prendete le caramelle nemmeno dai conosciuti.
[Anno III, post n. 214 (591)]

07/07/2008
Dante, un triangolo cosmico.
Ipotesi di una geometria 'nascosta' della Commedia

Il primo sostantivo che incontriamo nella Commedia è «mezzo». Esso rimanda


al versetto di Isaia «In dimidio dierum meorum...» [XXXVIII, 10].
Non interessa qui il problema a cui il termine è solitamente collegato (la
lunghezza della vita: Ps. LXXXIX, 10, «dies annorum nostrorum [...]
septuaginta anni»), ma il suo aspetto esclusivamente simbolico.
Per tale aspetto, dobbiamo considerare che Dante compie un percorso dal
mezzo [da ciò che non è completo, l'uomo nel peccato, e quindi non perfetto]
all'intero [Dio, il Tutto].

Questo percorso consta di due parti. Un viaggio 'terrestre' nell'oltretomba ed


uno celeste.
Il viaggio 'terrestre' riguarda la voragine dell'Inferno e la montagna del
Purgatorio.
Si è soliti dire che la Divina Commedia è un'opera dominata
fondamentalmente dal valore allegorico e dalle esemplificazioni strutturali del
numero tre. Ma in essa gioca anche questo 'codice binario' del mezzo e
dell'intero, di vita e morte, Dante e Virgilio, Teologia e Filosofia, Fede e
Ragione (Beatrice e Virgilio), corpo ed anima, ad esempio.

Dante ai primi due oltramondi dedica i primi 34 canti dell'Inferno ed i


successivi 33 del Purgatorio.
Quale è il «mezzo» (sempre nel senso di metà) di queste due cantiche?
Sommando il numero dei canti (67), e dividendolo per due, lo si individua nel
XXXIV dell'Inferno, canto nella cui metà (al v. 69) si conclude effettivamente il
percorso infernale, per ritornare «a riveder le stelle» (v. 139).
Al v. 69 leggiamo infatti: «è da partir, ché tutto avem veduto».
Dobbiamo partire. Ma allegoricamente (ancora una volta), «partire» ci invita a
considerare qui il suo significato di «dividere». E quel verso in effetti divide i
primi due mondi ultraterreni ma collocati in un orizzonte 'terrestre'.
In questo primo blocco da Inf. I, 1 ad Inf. XXXIV, 69, troviamo una simmetria
perfetta (come in altri luoghi danteschi) tra il secondo verso dell'inizio (Inf. I,
2) e penultimo della fine (Inf. XXXIV, 68); tra la «selva oscura» e «la notte»
che «risurge».
A metà di tutta la cantica prima, c'è il c. XVIII (Malebolge, divise in dieci parti
concentriche), che dà inizio alla seconda parte della cantica dell'Inferno.
Passo al Purgatorio.
La metà di questa cantica è al c. XVII, 70, da dove inizia la spiegazione
virgiliana dell'ordinamento morale del Purgatorio medesimo:

«Già eran sovra noi tanto levati


li ultimi raggi che la notte segue,
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 158
che le stelle apparivan da più lati» (vv. 70-72).

La terzina anticipa il passaggio dalla notte del peccato alla luce divina, sancito
dal verso finale della cantica: «puro e disposto a salire a le stelle» (XXXIII,
145).
Il viaggio 'terrestre' dalla voragine dell'Inferno alla montagna del Purgatorio, lo
si può rappresentare graficamente come la base di un triangolo equilatero, il
cui vertice è ovviamente 'presieduto' dal sole (Pd, XXXIII, 145, «l'amor che
move il sole e l'altre stelle»). E soltanto 'lassù' che si raggiunge la perfezione
come anticipa Pd I, 1: «La gloria di colui che tutto move» (altra simmetria
interna alla cantica nel verbo «muovere»).

Cerchiamo di costruire le varie parti di questo triangolo dantesco (ACB):


Il lato base AB è dunque occupato dall'Inferno (AD) e dal Purgatorio (DB).
La salita al Paradiso si rappresenta con il lato BC.
All'interno del triangolo ACB occorre distinguere però le varie parti che lo
compongono: sono altri tre triangoli corrispondenti ai tre regni (Inferno,
Purgatorio e Paradiso), più un triangolo centrale che rappresenta la Terra
centro dell'universo astronomico, punto di partenza del racconto di Dante, e
luogo che ospita i due primi regni. Complessivamente sono quattro triangoli
(due coppie di due: Terra e Cielo, oltre che Inferno e Purgatorio).

Per delineare questi triangoli minori, si opera nel modo seguente.


1. La perpendicolare dal punto D sul lato CB determina il punto E. (Il punto E,
come vedremo, è intermedio alla stessa salita.)
2. La perpendicolare dal punto D sul lato AC determina il punto F.
3. Collegando i punti E ed F otteniamo il triangolo centrale FDE ("Terra")
Il punto E, intermedio del percorso del Paradiso, corrisponde al v. 71 del c.
XVII, «la cortesia del gran Lombardo», verso autobiografico, direi quasi
terrestre perché parla delle esperienze di Dante uomo-poeta e non di Dante
personaggio. E questo punto è sulla base FE del triangolo rovesciato della
"Terra", cioè anche della vita stessa di Dante.
[A proposito del «gran Lombardo», una curiosità. A metà del primo canto
(quello considerato introduttivo) dell'Inferno, troviamo le parole di Virgilio: «e
li parenti miei furon lombardi» (v. 68).]

Desidero infine soffermarmi su una simmetria di non secondaria importanza,


che potrebbe confermare l'ipotesi di lettura svolta sinora sulla geometria
'nascosta' della Divina Commedia.
La figura del Veltro appare in Inferno, I, 101-102. Il Purgatorio si chiude con
l'immagine del DVX («un cinquecento diece e cinque, messo di Dio», XXXIII,
43-44).
La simmetria è data dal fatto che il DUX si trova, nel Pg XXXIII, rispetto alla
fine del canto, alla stessa 'distanza' che intercorre tra il Veltro e l'inizio del c. I
dell'Inferno (101-102).
Il XXXIII del Pg ha 145 vv. Se calcoliamo 145 meno 102 e meno 101,
otteniamo 43 e 44, appunto i versi in cui appare l'immagine del DVX.

07/07/2008
Napoli e Rimini, Natale 1999

Questo testo apparve nel settimanale riminese "il Ponte" nel gennaio 2000. Lo
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 159
ripropongo in una nuova sezione del mio blog, "Archeo, satira stagionata" (al
suo indice).
RINGRAZIO le autorità di Napoli che hanno affisso vicino a casa mia un
manifesto gigante per reclamizzare l’arte dell’intrattenimento nella loro città
per le feste di fine anno. Ero incerto tra Napoli, Palermo ("ombelico del
mondo" grazie a Jovanotti), Londra e Nuova York. Alla fine, sono rimasto
davanti al televisore per gustarmi la diretta da Rimini.

Sinceramente che si trattasse di Rimini, almeno sino alle ore 00.30, non l’ho
capito per nulla, ma si sa che sono molto limitato. Va tuttavia detto che la
regìa ha valorizzato magnificamente il nero della notte rivierasca,
incomparabile come sempre e romantica più del solito grazie alla presenza di
RaiUno, forse trascrizione di qualche immagine d’autore indiscusso (Fellini,
Tonino Guerra?).

Comunque quella ripresa è apparsa dignitosa nel suo riserbo, stile "Chi vuol
capire capisca, mica dobbiamo dire a tutti chi siamo, peggio per chi non ci
arriva". La scelta è stata ottima. Ed abbondante. Come il rancio militare delle
barzellette. E quindi indiscutibile. Anzi certamente da approvare. Tanto le
critiche non servono a nulla. Qui se la cantano e se la suonano ("Siamo stati
bravissimi a realizzare l’evento"), mica aspettano il tuo parere o l’esito di un
sondaggio (il quale, dato che viene commissionato a fior di quattrini, non può
essere di risultato contrario alle aspettative).

Al solenne, omogeneo fondale scuro del collegamento n. 1 da Rimini, quello


del lancio, quando la gente ha più tempo per stare davanti al video e quando
parte l’immagine destinata a lasciare il segno negli spettatori, da Sanremo ha
fatto da contrappunto la luce, l’idea che lì c’è un mare, un turismo, una riviera
e persino una specie di bastimento, sul quale sono poi saliti i presentatori. Da
noi non c’era nemmeno un moscone. L’ultimo lo hanno regalato a Ciampi
l’estate scorsa. (Signora Franca, lo ha mai usato il presidente?) Nemmeno una
barchetta di carta, neanche un’esibizione in costume da bagno delle autorità
(chi è che ha il fisico più canzonettistico, cioè "bestiale", indipendentemente
dalle liste di appartenenza?). Leggo che poi in ora antelucana è apparso come
per miracolo il "Rex", quello che a Rimini non è mai transitato, ma se lo è
inventato Fellini, et ipse dixit, quindi la leggenda diventa storia.
Meravigliamoci solo della sfacciataggine di quelli di Sanremo che hanno
preteso di farsi pubblicità pure nella notte di Capodanno. [743]

06/07/2008
Cicoria in frigo
Dal frigo di casa Rutelli uscirà la cicoria immagazzinata tre anni fa?
Allora la giovane promessa della Sinistra moderata rivendicò per sé un
passato fatto di sudore e fatica, sacrifici e speranze. Riassunse il tutto in un
fervido grido di dolore all'insegna del motto "pane e cicoria" con cui aveva
sostentato il fisico nelle gloriose giornate di lotta e di governo.

Rutelli parlò per non giocare un ruolo subalterno a Prodi. Erano i giorni in cui
nel Comune di Bolzano, aldilà di ogni previsione logica, era eletto un sindaco
di destra con una maggioranza di sinistra.
Adesso Rutelli fa fuoco e fiamme, ma in silenzio, dopo che il coordinatore del
Pd Goffredo Bettini lo ha accusato di essere la causa del trionfo della destra al
Comune di Roma.
Rutelli ha detto ai giornalisti che non se ne starà zitto, e che quando
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 160
risponderà a Bettini, non farà sconti a nessuno. L'ex sindaco della capitale
rischia di passare alla storia come colui che non vincendo nessuna battaglia,
incolpa sempre nemici ed alleati di rompergli le uova nel paniere.

Quando l'altro ieri Barbara Palombelli, sua moglie, ha scritto alla "Stampa" che
il Pd ormai è come una balena spiaggiata, forse ha rivelato segreti di famiglia,
anticipando il prossimo j'accuse del consorte.
Al simpatico Rutelli, un modesto suggerimento. Alle prossime elezioni mandi la
moglie: non a votare ma in lista.
[Anno III, post n. 211 (588)]

05/07/2008
Meteo Veltroni
Aria nuova in cucina, diceva un vecchio slogan pubblicitario. Clima nuovo in
politica, stabilisce Walter Veltroni. Basta che avvenga "il ritiro
dell'emendamento per bloccare i processi".
Il segretario del Pd è molto ottimista, oppure non comprende che l'egemonia
berlusconiana naviga e navigherà con arroganza e disprezzo del dettato
costituzionale anche senza bisogno di quell'emendamento?

Ieri il cavaliere ha tenuto una conferenza-stampa in cui ha piazzato addirittura


lo spot del suo partito. Sfido chiunque a documentare un evento simile in
qualsiasi altra parte del mondo "civilizzato" (sia detto senza offesa per
nessuno).
La campagna elettorale è finita da un pezzo, è lecito anche se ridicolo che il
capo del governo usi certi sondaggi per dire che ogni giorno che passa
aumenta il suo gradimento. Prima di Natale per stabilire le percentuali dovrà
sfondare il tetto massimo consentito dalla matematica, precisando che i dati si
riferiscono anche a Vaticano ed ex colonie italiane in Africa.

Mentre tutti applaudono il cavaliere, Walter si è preso una nutrita dose di


fischi dai socialisti. La colpa? Essersi alleato con Di Pietro.
Qui ha ragione Veltroni, nel respingere l'attacco diretto alla sua persona ed a
quella di Di Pietro. Al quale hanno affibbiato l'etichetta ridicola di
"giustizialista" perché nutre la pretesa (in verità obiettivamente molto
stramba nel Bel Paese) che il primato della Legge valga per tutti.

Ciò che addolora è che i socialisti, con quel nome che ha un passato
importante prima delle disavventure giudiziarie craxiane, abbiano ceduto alla
tentazione di scambiare la causa con l'effetto.
La loro rovina è stata determinata non dai giudici che hanno colpito la
corruzione, ma appunto dalla corruzione di poche o molte persone. Lo
dovrebbero sapere loro stessi.

In tutto questo confuso contesto, il clima parlamentare non può diventare più
sereno con il semplice ritiro di un provvedimento che finisce per non apparire
logico neppure ai più fidati collaboratori di Berlusconi.
Da loro è partita l'idea di non sputtanare i magistrati in tivù in un canale di
famiglia.
Lario
Dalla signora Veronica Lario, secondo quanto leggiamo oggi in Repubblica, è
partita un'iniziativa non privata nel senso comune del termine: spiegare al
marito (ed al primo ministro) che la questione delle intercettazioni non è la
burletta del gossip sulle fanciulle più o meno intime del cavaliere, ma un
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 161
problema di "morale pubblica".

I vizi privati del consorte se li governa lei. E' già successo il 31 gennaio 2007.
Lui aveva detto pubblicamente (durante la cena di gala dei Telegatti) ad una
signora: " ... se non fossi già sposato la sposerei subito", "con te andrei
ovunque".
Lei, la moglie di Arcore, scrisse una lettera aperta al direttore di Repubblica.
Lui chinò la testa.
L'altra, quella che aveva fatto girare la testa a Berlusconi e l'aureola a donna
Veronica, intanto è finita ministra di Stato, ed ieri era l'unica donna presente
nel banco del governo alla conferenza-stampa del cavaliere.
Il suo nome è Mara Carfagna.Carfagnabild08 Sono definitivamente smentite le
voci di un primato della MVBrambilla come favorita di regime?Brambilla
[Anno III, post n. 210 (587)]

04/07/2008
Suo marito ne sa nulla?
Barbara Palombelli ha scritto una bella lettera alla "Stampa" per trattare del
problema delle impronte digitali estese ai bambini dei rom.
Ci interessa qui la conclusione, dopo esserci dichiarati d'accordo con lei nella
sua posizione di rifiuto del provvedimento governativo.
Conclusione che riguarda il Pd, le "prevedibili modestie del Pd, partito nato al
gazebo, insediato all’ombra e finito spiaggiato o sdraiato".
Vorremmo sapere, signora Palombelli, se dell'argomento ha mai parlato in
famiglia.

[Anno III, post n. 209 (586)]

04/07/2008
Lo faccio apposta
Lo faccio apposta a non farmi capire dalle macchine, dai logaritmi e
soprattutto dagli spacciatori di verità teologiche che sono tautologie.

Adesso mi piacerebbe vedere la faccia degli esperti di Wikio, i "documentalisti


italiani ed europei" che ne sarebbero la colonna portante, davanti alla parola
"tautologia" applicata alla struttura del mondo Web...

Quello che ho scritto sul problema delle catalogazioni, non era finalizzato a
scovare i sistemi di scalata nelle classifiche. Mi diverto con poco, e so per
vecchia pratica di mondo che molti sono i chiamati e pochi gli eletti...

Prego di prendere la mia affermazione in senso ironico. Cioè non come


lamento ma come innocuo sfottò.

Una piccola divagazione. Ho notato un effetto negativo del web, la lettura


veloce: per cui molti (ma non è il caso di questa tornata) prendono lucciole per
lanterne. Condivido appieno la conclusione di Bourbaki: "Wikio non mi
interessa un gran che, ma la cosa che mi fa sbarellare è quando typepad...".
Ecco perché scrivevo tempo fa, parodiando Palazzeschi, "e lasciatemi
divertire".

Rassicuro PogoStik, e lo ringrazio del consiglio: «"Fatemi capire" è un titolo


che difficilmente un robot che legge decine di migliaia di post al giorno potrà
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 162
capire per cui usate post un pochino più "giornalistici" tipo "classifica di wikio,
fatemi capire"». Miro proprio a che il robot non mi capisca. E spiego il perché
della mia filosofia.

Sono sul Web dal 1999. Qualche anno fa riportando un brano da un libro di
storia sull'età fascista, dovetti citare anche il nome del capo della polizia di
Mussolini, Arturo Bocchini. Un giorno un collega "giornalista" mi accusò di aver
curato pagine web porno, soltanto perché (limitato dalla sua intelligenza
esplosiva) aveva scoperto che il titolo del mio sito era stato linkato in un
portale appunto porno. Con il rinvio a quella pagina dove era menzionato
Arturo Bocchini.

Quel giorno il collega sbagliò a citare il titolo del mio sito. Stranamente questo
errore suo l'ho poi ritrovato in atti giudiziari quando dovetti denunciare per
diffamazione un legale che aveva accusato me di essere sottoposto a duplice
indagine giudiziaria per diffamazione.
Vero niente, ma la coincidenza mi fece accertare, tramite quegli atti giudiziari,
che il collega era stato poi alla base dell'altrui diffamazione.

Quindi a preoccuparmi o ad interessarmi non c'è questo o quel motore o


distributore di medaglie informatiche, ma c'è stato in passato quel qualcuno
che adesso è anche pagato per spiare quello che scrivo. Accadde l'anno
scorso quando un personaggio altolocato mi inviò lettere di fuoco per smentire
notizie mie personali (non pubblicate in questo sito della Stampa, ma in altro
loco internettiano).
In quelle lettere di fuoco si dichiarava di aver appreso "per caso" da un
amico... Sì è vero che l'informatore è un amico (nel senso anche da portale
porno), che lui lo paga anche per lavorare, e che tra i lavoretti sporchi che gli
fa fare c'è quello di spiare e di scrivere lettere anonime che poi compiacenti
giornali pubblicano "senza vergogna" vincolati da contratti pubblicitari...
Accaduto contro il sottoscritto nel marzo 2007... sopra una questione storica
del XV secolo che anche i muri delle biblioteche conoscono a memoria, ma
che il "giovin signore" negava esistere per questioni che sarebbe troppo lungo
spiegare.

A proposito di controlli, ho già raccontato che tre anni fa manomisero di notte


la mia linea telefonica nella centralina posta ad un incrocio stradale...
Concludendo: se mi sentirete deridere questi sistemi di classificazione, lo
faccio soltanto per divertirmi, sono un tipo allegro soprattutto se mi metto in
testa di sfottere qualcuno con toni tanto seri che quel qualcuno casca dentro il
tranello con allegria e felicità. Olè.
[Anno III, post n. 208 (585)]

03/07/2008
Sento l'Eco dei passi perduti
Eco ha scritto una letterina sulla "democrazia in pericolo". C'è in essa un passo
molto inquietante, quello conclusivo: "Quando la maggioranza sostiene di aver
sempre ragione e la minoranza non osa reagire, allora è in pericolo la
democrazia".
Si sa come vanno le cose in politica. Chi grida che il re è nudo, spesso, molto
spesso è scambiato per un matto. Ma questa volta l'autorevolezza della fonte,
dovrebbe evitare simile etichettatura.

Credo che Umberto Eco abbia ragione. Non per motivi legati alla sua
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 163
autorevolezza, Non per quell'ipse dixit che lui per primo rifiuterebbe, se gli
fosse sbattuto in faccia più come accusa che come giustificazione.

Credo che abbia ragione obiettivamente per la seconda parte della sua
conclusione: "la minoranza non osa reagire".
Ed il perché questo accada, ce lo dovrebbero spiegare i politologi di
professione.
Il sottoscritto che di professione fa il "perditempo", ha in testa una sua vecchia
idea. Non scambiatela per un'idea fissa. Essa dice che sta trionfando a livello
nazionale quel "modello Rimini" di cui qui sopra ho riferito varie volte in
passato, a far tempo dalle elezioni comunali del 2006.

Ripropongo un passo che ho citato anche nel maggio del 2007: "Forza Italia
perde il 52,13% dei voti, mentre AN sale del 16,26. Una fetta del Polo vota per
il Centro-sinistra. Segno che con la sua precedente amministrazione il Centro-
destra (od almeno una sua parte) non se l'era poi passata così male. Luglio
2006. L’ex candidato sindaco del Polo decide di non votare contro la giunta
ma di astenersi sulle linee programmatiche del governo cittadino".

Gli effetti locali di quel risultato sono in questi giorni al centro di un dibattito
enigmatico per la nuova immagine di Rimini, credo che la chiamino
"cartolina". Vorrebbero cementificare tutto il lungomare, distruggere quel
poco che resta di natura "incontaminata" (sino ad un certo punto. Ma questo è
un altro paio di maniche).

A livello nazionale, la grande manovra anestetica di Veltroni, messa sotto


accusa da Umberto Eco, è frutto delle sommatorie locali. Non si può governare
l'Italia dei paesi e delle città in un modo, e poi da Roma sbaraccare tutto con
un'opposizione ferrea e non arrendevole.

La vecchia lezione dei tempi passati, quando in loco comandava il Pci che a
Roma aveva più ascolto della Dc governativa, si ripropone, con la speranza
che la gente sia di memoria corta, di comprendonio leggero e soprattutto
fortemente compromessa con il potere.

Sì, molti sono di memoria corta. Molti non capiscono o fingono di non capire. E
moltissimi sono soprattutto legati a doppia mandata con i pubblici
amministratori: per cui i favori ricevuti si ripagano in sede elettorale, ed amen.
Però non tutti sono pronti a bere quello che passa il convento. Spero che le
parole di Eco facciano riflettere al centro ed alla periferia.
Quelli che Filippo Andreatta chiama i "democratici" senza tetto, dovrebbero
trovare ascolto in questo passaggio epocale.
Ed invece il buon Veltroni che cosa fa? Si mette assieme a Casini, l'uomo del
Vaticano non amato dagli elettori. Parlano di nuovo asse riformista. Sarebbe
più logico definirlo moderato e "senza vergogna" (come quell'orchestra di
Renzo Arbore). E legarlo però al ragionamento di Umberto Eco. Per
comprendere la pericolosità di questi legami che hanno in comune soltanto
quel presupposto rifiutato oggi da Veltroni, ovvero l'antiberlusconismo.
[Anno III, post n. 207 (584)]

03/07/2008
Grazie VB, comincio a capire
A proposito dell'analisi semantica del testo, che Wikio propaganda, e del mio
post di ieri "Fatemi capire", ringrazio Vittorio Bertola del commento e della
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 164
spiegazione: ora comincio a comprendere che anche i freddi algoritmi sono più
furbi che intelligenti.

La sua conclusione, "Morale: lasciate stare le classifiche e pensate a scrivere


un blog che sia vostro e che vi piaccia...", mi sembra molto valida come punto
di partenza e di arrivo del nostro "bloggerismo". Per cui cancello la lista a
fianco con il rimando a Wikio.
[Anno III, post n. 206 (583)]

02/07/2008
Semantica
L'analisi semantica del testo che Wikio propaganda come strumento della
propria azione classificatoria, mi sembra un'affermazione di quelle che
meritano una risata oppure un monumento.

C'era una vecchia scienza nuova, la cibernetica (con Aldo Ceccato) che
cercava di riprodurre le operazioni intellettuali, mettendo a nudo il modo di
agire del nostro cervello.
Al di là dell'occhio che distingueva la mela dalla pera, non mi sembra che si
sia andati.

Un'analisi semantica è un'operazione talmente complessa che può esser


accreditata soltanto come specchietto per le allodole: è dell'informatico il fin la
meraviglia.

Faccio un esempio serissimo. Scrivo: "Virgilio sostiene nell'Eneide che tutti i


Romani sono figli di Troia, discendendo da Enea...". Un elaboratore elettronico
inserisce la mia citazione nei link dei siti porno e non in quelli di letteratura
latina o di storia del Mediterraneo.
Potrei fornire centinai di questi esempi. Per rispetto del "buon costume",
taccio.

Se si vuol discorrere seriamente dei blog, torniamo indietro all'... età della
pietra.
Tutto documentato: 10 aprile 2006, Anna Masera decide "di avviare una
piccola sperimentazione di "citizen journalism", cioè un modello di giornalismo
partecipato dai lettori".
Quipagiristampa2006 Questa è una mail inviatami dalla sua collaboratrice
Marina la quale mi comunicava: "Pertanto, il suo post "Qui Parigi" è stato
linkato nella home page del sito de La Stampa, in relazione alle notizie sulla
CPE."
Sono stato io ad inaugurare quel servizio... Scusate se me ne vanto.

Punto secondo. 29 marzo 2007. La "Stampa" inaugura le segnalazioni dei blog


nelle varie sezioni del giornale.
Blogstampapolitica2007 Quel giorno scrivo qui sopra:

"Cari lettori, dalla redazione ricevo una mail: il mio blog è finito «linkato in
modalità fissa» nella pagina di «Politica» del sito StampaWeb.
Sono commosso (sinceramente) e preoccupato. Da vecchio cronista so che
occorre essere sempre all'altezza della situazione, in ogni momento. Questo
mi costringe a non prendere sottogamba né il blog né l'onore che ricevo dalla
segnalazione.
Dico tutto ciò non per smanceria, ma per scusarmi in anticipo con eventuali
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 165
navigatori delusi o disillusi".

Punto terzo. Leggo nel commento di Osman di stamani al mio post "Fatemi
capire": "Io stamattina 1 luglio ore 11 vi ho visto in HP (Gobettiano e Antonio).
Vi ho cliccato e quando sono tornato di nuovo in HP (10 minuti) eravate
spariti. Lo giuro."

Osman come Bruto è un uomo d'onore e debbo credergli. Se le cose che scrivo
nel blog prescelto dalla redazione per la sezione politica, non vanno bene,
basta che mi tolgano dalla sezione politica, e mi metto a scrivere di altre cose.
Ma se mi hanno scelto e mi hanno messo lì loro, continuo a seguire le loro
indicazioni, il loro suggerimento.

Ieri ho fatto un'ipotesi, rifiutandola: "A maggio ho avuto cinque segnalazioni in


home della Stampa. A giugno soltanto tre, l'ultima il giorno 13 giugno.
Poi la mia proposta (12 giugno) del blog collettivo è stata realizzata il giorno
15 da Gobettiano. Quindi casualmente, di certo, non sono stato più
segnalato".

Oggi la riprendo e non so se debba essere ancora rifiutata dopo il commento


di Osman. Oppure sono intervenuti altri fatti di cui io sono all'oscuro? Ne
dovrei essere informato formalmente se ci fossero, per deontologia.

Quel blog collettivo non è altro che un innocuo divertissement che ci siamo
presi per dimostrare che la manualità non può essere scacciata dalla
tecnologia. Sino a prova contraria le cose stanno così.
Non ne faccio una questione di teorie dei massimi sistemi che reggono
l'universo, ma soltanto la dimostrazione che anche la cosa più semplice ed
innocua può essere equivocata, se quel blog collettivo ha provocato mancate
adesioni e rifiuti dogmatici.

In mezzo a tutto ciò, trionfa una constatazione: ma come sono diventati


importanti i blog...
[Anno III, post n. 205 (582)]

02/07/2008
Dialogo o fumo negli occhi?

Se la cultura costituzionale della nostra classe politica fosse ben salda, non si
starebbe tanto a discutere della necessità di «dialogo» fra maggioranza ed
opposizione.

L’art. 67 della nostra Carta recita: «Ogni membro del Parlamento rappresenta
la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato». Il candidato
eletto nelle liste di un partito, nel momento in cui entra a far parte delle
Camere non vi appartiene più, ma assume la funzione di tutore degli interessi
collettivi o comuni. In questo contesto, il dialogo sta nella pratica dell’
ordinario confronto parlamentare.

Per muovere le acque o gettare fumo negli occhi, si inventa la necessità di


«dialogo» su certe riforme, come quelle cosiddette istituzionali. Si compie
un’operazione inutile nella sostanza, ma vantaggiosa partiticamente (e non
politicamente). Il dialogo è nella natura della vita parlamentare, secondo la
Costituzione.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 166

Quindi quando il presidente del Consiglio urla, come ha fatto di recente, che
non può esservi dialogo con “questa” opposizione, recita un copione che non
rispetta il dettato costituzionale, violandone spirito e forma.

Ma di ciò nessuno parla tra i politici non governativi, tranne uno solo, perché si
ritiene che l’etichetta del dialogo, anche se strappata platealmente dal
premier, possa tornare utile in futuro alla minoranza silenziosa. Che oggi
inghiotte il boccone amaro sperando di poter sputare il rospo in futuro.

Per la Costituzione, sui problemi da affrontare e risolvere, c’è soltanto quanto


imposto dall’art. 67. Non questo rituale deprimente e non rispettoso della
legalità repubblicana. Deputati e senatori non hanno «vincolo di mandato»,
cioè non rappresentano più gli interessi di chi li ha eletti.

Purtroppo l’involuzione giuridica della politica italiana, porta a constatare


come la maggioranza oggi sia costretta ad agire in Parlamento non tanto per
vincolo degli elettori, ma per vincolo di chi ha proposto i candidati eletti. Fuori
dai giri di parole: le liste bloccate grazie alla legge elettorale (definita una
«porcata» da chi l’ha generata), hanno permesso a Berlusconi di scegliersi
uomini e donne di fiducia che ora agiscono ovviamente per difendere gli
interessi del loro stesso patron.

Noi così assistiamo al pericoloso tentativo di trasformare un’assemblea


legittimamente eletta in uno strumento di azione illegittima contro la
Costituzione.

[Questo testo è pubblicato oggi da "Corriere Romagna".]


[Anno III, post n. 204 (581)]

01/07/2008
Tirata d'orecchie

Autorevole tirata d'orecchie al "professorino" Walter Veltroni da parte di


Emanuele Macaluso.
Il giorno 29 giugno avevo commentato una lettera del segretario del Pd
pubblicata sulla "Stampa". Mi ero permesso di dubitare della bontà della
posizione di Veltroni circa la "laicità del futuro", ovvero del suo partito,
assunta partendo dal rapporto fede-ragione trattato dall'allora cardinale
Ratzinger e da Habermas.

Oggi Macaluso osserva sulla "Stampa" che non si possono fare "discorsi
generici" spiegando il pensiero di Habermas: "Occorrono fatti e atti che danno
senso a una politica".
Macaluso ricorda quanto è successo sui temi "eticamente sensibili", ovvero
quei valori detti "indiscutibili" da parte della Chiesa. Prodi si era definito
"cattolico adulto" circa il referendum sulla procreazione assistita, ed "ha
pagato quel gesto".

La conclusione di Macaluso è drastica: le scelte debbono essere "nette e


concrete". Ma ciò facendo non si potrà raggiungere mai l'unanimità
sbandierata ad Orvieto dal Pd. Però quelle scelte sono necessarie a capire
"cos’è e cosa vuole" il nuovo partito.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 167
In tema di rapporto fra Stato e Chiesa, va registrata con soddisfazione la presa
di posizione di "Famiglia Cristiana" contro le impronte digitali per i bambini
rom: "...uno Stato di polizia mostra il volto più feroce (...). Perché non c'è la
stessa ostinazione nel combattere la criminalità vera in vaste aree del Paese?
Rende meno, forse, politicamente? (...) La schedatura di un bambino rom, che
non ha commesso reato, viola la dignità umana".

Sul tema, vedi il mio post "Indifferenti" del 27 giugno.


[Anno III, post n. 203 (580)]

01/07/2008
Fatemi capire
maggio ho avuto 12.391 visitatori. A giugno 4.819.
A maggio i nuovi visitatori sono stati 11.179 (90,22%). A giugno 3,937
(81,7%).
Le pagine viste a maggio, 16.974; a giugno 6.913.
Il calo è stato spaventoso: 10.061 in meno, quasi il 60%.
Eppure: sono rimasto al sesto posto nella graduatoria della Stampa, e sono
salito dal 669° al 543° in quella generale dei blog.
Qui c'è qualcosa che non va... me lo spiegheranno gli esperti?

A maggio ho avuto cinque segnalazioni in home della Stampa. A giugno


soltanto tre, l'ultima il giorno 13 giugno.
Poi la mia proposta (12 giugno) del blog collettivo è stata realizzata il giorno
15 da Gobettiano. Quindi casualmente, di certo, non sono stato più segnalato.

Dovevo, stando così le cose, retrocedere: invece no, sempre al sesto posto nei
blog della Stampa, ed anzi migliorato nei top blogs.
Fatemi capire. Intanto divertiamoci con la statistica, i numeri sono fatti: le
graduatorie elettroniche un mistero.

I post correlati: "Il silenzio premia".


Il blog collettivo.
Noi frazionisti.
Segnalazioni 2008.
Segnalazioni 2006-2007.
[Anno III, post n. 202 (579)]

29/06/2008
Professorino

Un segretario di partito come Veltroni non può assumere a giustificazione di


una così grave sconfitta elettorale, le frasi di un commentatore politico, per
quanto questi sia autorevole. Ad ognuno il suo mestiere.
Il concetto di "esito elettorale raggiunto", da tenere come punto di partenza e
non di arrivo, è un alibi, un placebo, un mascheramento.

Alibi, perché queste cose vanno dette prima. E Veltroni era sicuro di vincere.
Placebo, perché non risolve le questioni. Ma è utilizzato per anestetizzare le
critiche.
Mascheramento, infine, perché un segretario di partito non può indossare i
panni "terzi" delle commentatore.
I ruoli vanno sempre rispettati e tenuti distinti.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 168

Soltanto i professori di filosofia di un tempo parlavano per citazioni,


premettendo ad ogni loro discorso quel noioso "come diceva il tale" (Croce,
Marx o Gramsci, secondo gli orizzonti e le latitudini del loro pensiero).

I politici pensano (bene o male) con la loro testa (buona o cattiva). Veltroni
non faccia il professorino, come nell'intervista a "Repubblica" che abbiamo
sinora citato.
Ha già perso troppo per coltivare certi lussi della retorica politica. Non può
concludere oggi che, l'esito delle urne, come punto di partenza per il futuro è
"tutto sommato un buon risultato".
A quanto "l'importante è partecipare, non vincere"?

Invece, Veltroni fa il professorino non soltanto in quell'intervista a


"Repubblica" ma pure in una lettera alla "Stampa". Dove risponde ad
Edmondo Berselli, direttore de "il Mulino", stanando addirittura un passo di
Habermas sulla "vita comune delle comunità religiose".
Arrivare a trattare della "laicità del futuro", la laicità del Pd (e della politica
italiana), partendo dal rapporto fede-ragione trattato in un dialogo fra l'allora
cardinale Ratzinger ed appunto Habermas, secondo Veltroni è uno di quei
modelli di democrazia partecipata che può convincere cautamente la gente a
votare per il Pd.

"Avete fame, pochi soldi, molti problemi, ed il futuro della vostra famiglia vi
preoccupa? Allora Habermas propone quello che fa per voi...", deve aver
pensato.

Quando assume la "laicità delle istituzioni" come condizione perché la


religiosità diffusa, "una delle grandi risorse del nostro Paese", "possa tradursi
in energia civile e democratica", Veltroni prende come punto di partenza ciò
che invece è soltanto un risultato non sempre (e faticosamente) conseguito.

Le nostre istituzioni dovrebbero essere laiche, anche per rispetto della


Religione. Mentre la "religiosità diffusa" oggi contiene anche quei modelli di
famiglia allargata proposti dai nostri leader di governo. Inginocchiati davanti
alle autorità vaticane.

La "cultura unificante" richiesta da Berselli, è tradotta da Veltroni nel binomio


ragione-Religione. Il più controverso ed inutile binomio sul piano della politica.
La quale deve tener distinti i due termini rispettandoli entrambi, ma non
unificandoli in un'operazione impossibile.
Soprattutto oggi, dove è moneta corrente l'accusa ratzingeriana verso il
"secolo", di essere relativista ed edonista.
Nessuna adesione vaticana verrà mai alla politica di Veltroni sui temi legati a
valori detti "indiscutibili".

Il professorino ha fatto la sua bella lezioncina ma non troverà interlocutori


sull'altra sponda del Tevere.
Pacs e dico dimostrano che, se lo Stato vuole legiferare su certi argomenti,
non può trattare perché incontra un rifiuto a priori. Ed allora, a che serve tutto
il discorso veltroniano di oggi?

Filippo Andreatta sul "Corriere della Sera" tira le orecchie a Veltroni. Il quale
nega "che vi sia stata una vera sconfitta", e vuole "rimanere in sella a tutti i
costi per tutta la legislatura". Mentre "potrebbe mantenere la leadership
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 169
abbandonando però la pretesa di essere per forza il prossimo candidato alle
elezioni".

Se accettasse questa linea suggerita da Andreatta, Veltroni imprimerebbe


quella svolta al Pd che, come aggiunge lo stesso Andreatta, è richiesta dai
fatti.
Nel Pd ci sono Ds e Margherita, mancano però i "democratici" che non
avevano casa ed i nuovi arrivati fiduciosi in un partito "nuovo". Non come
sommatoria dei due confluiti in esso. Con i difetti che reciprocamente associati
hanno proliferato qualcosa che appare indecifrabile a molti, tra cui il
vituperato Parisi. A cui Veltroni oggi tira duramente le orecchie nell'intervista
che abbiamo citato.
[Anno III, post n. 201 (578)]

28/06/2008
Inquisitori
Inquisitori280608 Un funzionario Rai le chiese di mostrargli le tette. Lei di
rimando gli ordinò: "Fammi vedere il tuo culo". Oggi, aggiunge Ida di
Benedetto, la situazione è cambiata: "Sono le ragazze che vanno a cercare gli
uomini potenti".
Per gli impotenti c'è la mutua, immaginiamo.
Ida di Benedetto è convinta che l'Italia sia un Paese corrotto ed ipocrita: "Lo
scopriamo adesso come vanno le cose?".

Clementina Forleo è stata assolta dal Csm, non ha commesso alcun "illecito
disciplinare". Aveva definito Massimo D'Alema complice "di un disegno
criminoso", al tempo di Clemente Mastella ministro di Grazia e Giustizia.

D'Alema ha parlato ieri a Roma. E' una "via obbligata" l'alleanza dei riformisti
con la sinistra. A patto che la stessa sinistra sia "capace di fare autocritica sul
suo passato".
Come la signora di Benedetto, D'Alema potrebbe dichiarare: "Scopriamo
soltanto adesso come vanno le cose?".
Con una differenza molto piccola, non è la sinistra che vuole cadere tra le sue
braccia, ma è lui che le chiede di fargli vedere qualcosa. In questo caso,
l'autocritica. Che è sempre un mettersi a nudo. Ma con pudicizia e
circospezione.

Autocritica è parola classica non dei riformisti tra i quali D'Alema oggi si
colloca. Ma di quella sinistra da cui si aspetta tanto, soprattutto "un dialogo"
più indispensabile a lui che a lei.

Non sappiamo se oggi il cadere tra le braccia altrui, come le ragazze "che
vanno a cercare gli uomini potenti", possa essere definito "dialogo" in
linguaggio politicamente corretto.
E' soltanto una ben curiosa pretesa quella di chiedere l'autocritica ad una
diversa forza politica. C'è più arroganza intellettuale di quella degli antichi
comitati centrali del pci contro frazionisti ed aspiranti scissionisti di un tempo.
C'è il segno da aristocratico inquisitore del sacro romano partito.

Forse per D'Alema l'autocritica della sinistra è pensata come un ritorno


all'ovile con le mani alzate in segno di resa per aver sbagliato tutto.
Strana convinzione, se stessero così le cose, in un personaggio che richiede il
dialogo ai vecchi compagni di strada. Abbandonàti, vilipesi, ma poi ridiventati
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 170
utili per contenere la sconfitta elettorale di Veltroni. Secondo Filippo Andreatta
"almeno un milione di voti dalla sinistra radicale" sarebbe andato al Pd.

L'inquisitore D'Alema rassomiglia un poco al romano pontefice che oggi ha


individuato le cause delle guerre nel trionfo dell'edonismo e del relativismo.
Per carità. Più tranquillamente il papa ha parlato di crescente bisogno di pace
che noi arbitrariamente traduciamo in presenza di conflitti armati.
A noi, pii uomini di Chiesa avevano insegnato che a provocarli, sono sempre
stati gli interessi degli Stati e degli sfruttatori interni ed internazionali di quelle
povere popolazioni decimate da bombe e carestie. Dovremmo chiedere a
quelle popolazioni che cosa hanno fatto di male, da edoniste e relativiste, per
meritarsi così grave castigo divino.
[Anno III, post n. 200 (577)]

27/06/2008
Indifferenti?

Le brutte cose della storia cominciano sempre in silenzio, nell'indifferenza, con


l'ottimismo che non ne venga nessun grave danno, con la pia illusione che le
cose andranno indubbiamente meglio, ed allora vivremo di certo tutti più felici
e contenti.

Sono d'accordo con quanto ha scritto Francesco Merlo su "Repubblica" di oggi:


"La Chiesa, che punisce e scomunica in materia di sesso e di scienza, perché
tollera e accetta la volgarità dei leghisti contro i marginali e contro la gente da
marciapiedi, contro i disperati dei semafori e dei campi, contro i loro
bambini?".

È troppo ardito allargare il discorso all'aspetto razzista del problema?


È fuori luogo ripensare alle tragedie che colpirono i "nostri fratelli" maggiori,
gli Ebrei?
Anche oggi molti fanno fatica a parlarne onestamente.
Anni fa un navigato intellettuale che guidava un'istituzione culturale cattolica,
mi chiese una storia della presenza ebraica nella nostra città per una o due
conferenze.
La composi, ma non potei fare quelle conferenze che mi aveva offerto.
La pubblicai sul settimanale diocesano, sollecitato dallo stesso direttore che
avevo informato della faccenda.

Il campo cattolico è diviso non soltanto sulla politica tra veltroniani o


berlusconiani. Lo è anche sulla carità. Ci sono preti di frontiera disposti
all'accoglienza, altri (forse in maggioranza nei palazzi apostolici) diffidenti. I
primi prendono il Vangelo a bussola, gli altri non so che cosa.

Che colpe hanno quei bambini mandati a rubare od a chiedere la carità? Lo


Stato dovrebbe aiutare loro e le loro famiglie per una vita degna, decente e
rispettosa di tutto e di tutti.
Lo Stato siamo noi, noi che siamo razzisti senza saperlo, e senza sapere nulla
possiamo commettere qualsiasi infamia. Dal bruciare donne innocenti
considerate streghe dalla voce popolare, al condannare allo sterminio chi non
era di razza ariana.

C'entra o non c'entra, inserisco comunque questa citazione, da una pagina (di
Tullio Gregory) appena letta: parla della "sorte di una monaca, buona, ma
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 171
chiacchierona e di lingua procace, il cui cadavere seppellito in chiesa, fu
estratto dalla sepoltura, squartato e per metà bruciato".
[Anno III, post n. 199 (576)]

26/06/2008
Ma siamo "liberi"?
Siamo davvero liberi così come crediamo (o speriamo)? La rovina del mondo,
sarebbe venuta dalla prima donna che sentendosi affrancata dall'obbedienza
agli ordini superiori, fece quello che tutti sappiamo. Da quel momento in poi,
ogni volta che un uomo avesse pronunciato con troppa convinzione la parola
"libertà", sarebbe stato debitamente fregato.
Carceri, capestri, ghigliottine, fucilazioni ed ogni altro tipo di esecuzioni
capitali che la fantasia poteva suggerire, hanno ospitato vittime che
invocavano libertà, o vittime di prepotenti che una libertà loro propria
tentavano di imporre: a destra a sinistra al centro, e persino con le benedizioni
ecclesiastiche che violavano in un sol colpo molti comandamenti evangelici.
Il testo prosegue in questa pagina.
[Anno III, post n. 198 (575)]

25/06/2008
Fischiati s'impara
Berlusconi10h I fischi tributati oggi da una parte dell'Assemblea di
Confesercenti al premier (che aveva esposto il suo dramma economico di
perseguitato dalla magistratura: 174 e più milioni di euro in spese legali dal
1994), lo hanno reso più umano.
Più tardi è arrivata la notizia che, secondo il CSM, sospendere i processi va
contro la Costituzione.
Ciò non lo renderà più docile. Berlusconi non accetta pareri contrari a quelli
che elabora nella veste di presidente del Consiglio.
Anzi, si inorgoglirà di più, e sarà ancora più saldo nella sua sfida ai "giudici
politicizzati".

Quando pochi giorni fa Berlusconi ha scritto al presidente del Senato, Schifani,


una lettera sopra il provvedimento "blocca-processi", ho osservato qui due
cose:
1. L'atto di Berlusconi non è previsto per ora dalla Costituzione;
2. era un atto irriverente verso il capo dello Stato.

Sono stato lieto di leggere oggi, nell'editoriale di Emanuele Macaluso:

"Diciamo le cose come stanno: la lettera che il presidente del Consiglio ha


indirizzato al presidente del Senato per giustificare un emendamento al
decreto sulla sicurezza (che era stato firmato dal Capo dello Stato per motivi
di «urgenza e necessità» come vuole la Costituzione), estraneo alla materia,
non è solo una scorrettezza istituzionale ma un atto politicamente grave tale
da mettere in mora anche la strategia con cui erano state fatte le elezioni dal
partito del Popolo delle Libertà".

Non mi sembra che a quella lettera sia stata prestata molta attenzione. Bene
ha fatto quindi Macaluso a tornarci sopra stamani. Per concludere: "Il Pd è
stato colto di sorpresa dalle mosse del Cavaliere anche perché non c'è stata
una sede in cui si è seriamente discusso sul risultato elettorale e sul ruolo
dell'opposizione in questa fase politica. E nessuno si assume la paternità dello
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 172
scacco".

Si torna al problema dei problemi: c'è oggi un'opposizione in Italia? L'unico


che parla in termini chiari, Antonio Di Pietro, è messo a tacere da destra e da
sinistra con l'accusa di essere un giustizialista. Un po' troppo, ed un po' troppo
poco per risolvere i problemi reali del Paese. Non li inventa Di Pietro. Li crea
Berlusconi.
[Anno III, post n. 197 (574)]

24/06/2008
Se il quarto potere non funziona
Sic Gianfranco Pasquino, nell’editoriale (*) di domenica 22 giugno sui tre
poteri costituzionali, ha spiegato con esemplare chiarezza i motivi per cui c’è
da temere, con questo governo, una pericolosa deriva politica. L’esecutivo di
Berlusconi vuole assoggettare a sé il potere legislativo e quello giudiziario,
violando forma e spirito della legge fondamentale della nostra Repubblica. La
pagina di Pasquino andrebbe conservata. E riletta spesso, e con attenzione da
chi ha a cuore le sorti dell’Italia.
Mi permetto di osservare che ai tre poteri costituzionali s’aggiunge per eredità
settecentesca un quarto potere riconosciuto come tale perché rappresenta il
controllo sugli altri, attraverso il cosiddetto “tribunale della pubblica opinione”.
Sempre domenica, Barbara Spinelli, una ferrata studiosa di questioni storiche
e politiche, nel consueto editoriale su «La Stampa» scriveva di come spesso ci
accorgiamo delle condizioni del nostro Paese, solamente ascoltando i pareri di
un «terzo occhio» straniero. Però, aggiungeva, può anche darsi il caso che
«chi guarda da fuori» non sia necessariamente uno straniero: «può anche
essere un connazionale che riesce a guardare da una certa distanza, che è
meno fasciato da bende linguistiche patrie».
Forse dovremmo cominciare a discutere di cose italiane proprio prescindendo
dal «terzo occhio» straniero. Ma dovrebbero essere i grandi commentatori
come Spinelli a stimolare i loro giornali a dar voce a chi rifiuta le «bende
linguistiche patrie» e parla fuori dei denti.
L’«Economist» (a proposito dell’opposizione all’amatriciana del Pd, ovvero
all’insegna del «volemose bene», che non poteva fingere di recitare
“all’inglese”), racconta verità talmente ovvie da apparire folcloristiche. Sia in
campagna elettorale sia oggi, l’informazione nazionale è legata allo
“spettacolo”, all’intervista ed a ciò che una volta si chiamava il “colore”. Non
si racconta il Paese reale, se non dove succede il delitto ‘politico’ o l’arresto
‘eccellente’ che pesano «come macigni» nelle cronache. E tutto il resto è noia.
Ovvero non degno d’attenzione e di sottolineatura. Così, allegramente, il
nostro Paese naufraga tra i sorrisini di compassione del solito corrispondente
straniero che scriverà: «Noi ve lo avevamo detto…».
Forse tutto ciò dipende da un’altra questione: quanto conviene al mondo dei
Grandi Giornali di non essere il «quarto potere». Le analisi dei commentatori
illustri, per forza di cose, restano alla pura teoria filosofica. Mai nessuno di loro
parla dei fatti nazionali o locali: accordi sottobanco, imbrogli edilizi, colleganze
con grembiulini di nessun valore né politico né scientifico aldilà del loro
“particulare”, favoritismi, mecenatismo peloso, strizzatine d’occhio, parcelle
d’inutili consulenze, concorsi organizzati “ad personam”…
Ma così, in questo silenzio da allegro naufragio, il Paese è andato alla deriva,
verso Bossi e Berlusconi, e corre il rischio di finire in malora proprio per le cose
spiegate da Pasquino. Sullo sfondo si ascoltano soltanto le orazioni funebri,
altisonanti, solenni ed inutili. Ha concluso Barbara Spinelli che avidità e
conformismo vietano oggi in Italia di comprendere il primato della legge.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 173
Non è colpa soltanto dei politici, bensì anche di chi non fa funzionare il quarto
potere del “tribunale della pubblica opinione”. Che «esiste in ciascheduna
nazione; ch’è invisibile, perché non ha alcuno de’ segni che potrebbero
manifestarlo, ma che agisce di continuo, e che è più forte di magistrati e delle
leggi, de’ ministri e de’ re […]», e che opera con un solo mezzo, la «libertà di
stampa» (G. Filangieri, «Scienza della legislazione», 1782-86). A questa “libera
stampa” occorre oggi appellarsi.
Antonio Montanari

Articolo apparso sul «Corriere Romagna» di oggi 24 giugno 2008.


(*) In «Corriere Romagna».

In questo articolo riprendo il testo del post "Terzo occhio e quarto potere" del
22 giugno 2008.
[Anno III, post n. 196 (573)]

23/06/2008
Noi frazionisti

Proposta Due anni fa, nel blog di Irene Spagnuolo, apparve una «Lode ai
blog», alla quale mi associai con un commento che ora non si legge più nel
suo blog, ma soltanto nel mio.

Lo ripubblico (dopo aver letto qui l'odierno testo di Gobettiano): "Il blog è un
fenomeno nuovo. Da vecchio, inutile cronista (classe 1942) sono contento
dell'iniziativa della Stampa. Fenomeno nuovo, e quindi non compreso spesso,
e talora guardato con sospetto. Lo considero un fatto di vera democrazia. La
Stampa con Anna Masera sta facendo un esperimento di grande spessore
editoriale. Scriviamo, esprimiamo le nostre idee, forniamo notizie che altri non
dicono. Chi non ci ama non ci segua".

Riprendo l'ultima frase, spostandola ai giorni d'oggi, dopo l'avvio del "blog
collettivo" per aggiornamento: "Chi non ci ama non ci segua".
Non siamo una setta segreta. Forse (come ho scritto privatamente ad un
collega), siamo considerati dei pericolosi frazionisti o scissionisti dal partito-
mamma.

Ma se facessimo un incontro conviviale, non so a metà Italia, forse ci


manderebbero i carabinieri ad arrestarci?
Dato che la vita è sempre terribilmente seria, "... e lasciateci divertire".

Figuratevi quale disonore portiamo facendo aggiornamenti manuali con un


blog collettivo, che risponde al concetto del libero arbitrio, e non prevede la
sottomissione fideistica a qualcosa che non funziona ma è imposto...

"Chi non ci ama non ci segua". Ma mi viene da ridere... Mi piacerebbe sapere il


parere di Anna Masera che ha governato mirabilmente la nascita dei blog della
Stampa. Magari le mando copia di questo post...

Questo post è pubblicato nel blog collettivo gruppobloggerlastampa


[Anno III, post n. 195 (572)]

Leopardi, Vassalli sbaglia


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 174

Leopardi Il «solito, stupido discorso sulle stagioni di una volta che non ci sono
più», non è «anche» di Leopardi, come ha scritto Sebastiano Vassalli
("Stampa" di oggi 23 giugno).

Nello «Zibaldone» Leopardi deride «il vecchio "laudator temporis actis se


puero"» che, «non contento delle cose nuove, vuole che anche le naturali
fossero migliori nella sua fanciullezza e gioventù, che di poi» (4242-4243).

E porta appunto a testimonianza una lettera sulla questione meteorologica


scritta da Magalotti nel 1683 («cento e quarantaquattr'anni fa!!»).

In essa si trovano già le lamentele sulle stagioni di una volta che non ci sono
più, che il poeta di Recanati ascoltava dai contemporanei.

Fonte foto: www.thrivingandhome.com


[Anno III, post n. 194 (571)]

I miei antenati sul web

Proposta

In un'altra pagina ho ripercorso in breve la storia di questo blog.

Oggi vado a ritroso nel tempo per documentare il mio lavoro sul web a partire
dal 1999...
[Anno III, post n. 193 (570)]

22/06/2008
Terzo occhio e quarto potere

Proposta

Dovremmo cominciare a discutere di cose italiane prescindendo dal "terzo


occhio" straniero, proprio in virtù di quello che Barbara Spinelli scrive oggi nel
consueto editoriale su "La Stampa".
Ovvero che "può anche essere un connazionale che riesce a guardare da una
certa distanza, che è meno fasciato da bende linguistiche patrie".

Ma dovrebbero essere i grandi commentatori come Spinelli a stimolare i loro


giornali a dar voce a chi rifiuta le "bende linguistiche patrie" e parla fuori dei
denti. Oggi ci sono anche i blog. Ma per che cosa (pigrizia o gelosia
professionale) la carta stampata non ospita qualcosa di quanto i blog
producono?

L’"Economist" (a proposito dell’opposizione all’amatriciana del Pd, ovvero


all’insegna del "volemose bene", che non poteva fingere di recitare
"all’inglese"), racconta verità talmente ovvie da apparire folcloristiche.

Sia in campagna elettorale sia oggi, l’informazione nazionale è legata allo


"spettacolo", all’intervista ed a ciò che una volta si chiamava il "colore".

Non si racconta il Paese reale, se non dove succede il delitto ‘politico’ o


l’arresto ‘eccellente’ che pesano "come macigni" nelle cronache. E tutto il
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 175
resto è noia. Ovvero non degno d’attenzione e di sottolineatura.

Così, allegramente, il nostro Paese naufraga tra i sorrisini di compassione del


solito corrispondente straniero che scriverà: "Noi ve lo avevamo detto…".

Forse tutto ciò dipende da un’altra questione: quanto conviene al mondo dei
Grandi Giornali di non essere il "quarto potere".

Le analisi dei commentatori illustri, per forza di cose, restano alla pura teoria
filosofica. Mai nessuno di loro parla dei fatti nazionali o locali: accordi
sottobanco, imbrogli edilizi, colleganze con grembiulini di nessun valore né
politico né scientifico aldilà del loro "particulare", favoritismi, mecenatismo
peloso, strizzatine d’occhio, parcelle d’inutili consulenze, concorsi organizzati
"ad personam"…

Ma così, in questo silenzio da allegro naufragio, il Paese è andato alla deriva,


verso Bossi e Berlusconi, e corre il rischio di finire in malora. Sullo sfondo si
ascoltano soltanto le orazioni funebri, altisonanti, solenni ed inutili. Ha
concluso Barbara Spinelli che avidità e conformismo vietano oggi in Italia di
comprendere il primato della legge.

Non è colpa soltanto dei politici, bensì anche di chi non fa funzionare il quarto
potere del "tribunale della pubblica opinione". Che "esiste in ciascheduna
nazione; ch’è invisibile, perché non ha alcuno de’ segni che potrebbero
manifestarlo, ma che agisce di continuo, e che è più forte di magistrati e delle
leggi, de’ ministri e de’ re […]", e che opera con un solo mezzo, la "libertà di
stampa" (G. Filangieri, "Scienza della legislazione", 1782-86). A questa "libera
stampa" occorre oggi appellarsi.
[Anno III, post n. 192 (569)]

21/06/2008
Un po' di storia di questo blog
Ho inserito al proposito questa pagina.

20/06/2008
Rieccolo!

Il "rieccolo" della politica d'un tempo era Amintore Fanfani. La storiella si


ripete con Berlusconi.

Rieccolo a recitare il suo repertorio, non sappiamo con quanto imbarazzo o


faccia tosta dei suoi comprimari.

Attacca i magistrati, li chiama "sovversivi". Ne ha facoltà perché se l'è presa,


non con il voto ma con l'arbitrio. Distinguiamo le due cose e non mescoliamo
le carte, please.
Adesso attacca anche Veltroni, lo chiama amministratore fallito a Roma.
Caro Walter ben ti sta, ti sei fidato di lui, ed ora ti prende a pesci in faccia.

Di peggio è accaduto a Prodi, l'altro ieri sulla "Stampa" Marcello Sorgi riferiva
delle interpretazioni date al "ritiro" del professore dalla politica. Hanno tirato
in ballo pure "la psicologia". Qualcuno lo voleva far passare per squilibrato,
immaginiamo.
Oggi Prodi scrive a Sorgi: mi sono dimesso da presidente del Pd, non lascio la
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 176
politica.

Prodi ha vinto due volte, per due volte è stato fregato. In politica succede. Ma
professor Prodi, resista, c'è bisogno di lei oggi. L'ulivismo non è una categoria
giornalistica o dello Spirito. Era una precisa realtà. Veltroni ha avuto fretta di
bruciare le tappe. Ora ha contro D'Alema e Prodi. Ma soprattutto ha contro
quel Berlusconi che chissà quali patti avrebbe segretamente stipulato con lui
per aver carta bianca e non dover guardare in faccia a viso aperto
all'opposizione.

Adesso che è stato costretto a cambiare gioco, torna alla vecchia tattica, che
più di una tattica è un tic, un tic pericoloso per noi e non per lui.

Ci sarà da ridere, con tutti quei deputati del Pd che sono andati a Roma
confidando di poter fare gli interessi "della destra e della sinistra", parole
testuali, evitatemi la citazioni degli autori.

Ma è un fatto noto che in molti speravano in cinque anni di quella che un


giornalista ha chiamato la "pax romana", dimenticando che la formula
nasconde il passo di Svetonio: "ubi solitudinem faciunt pacem appellant",
fanno un deserto e lo chiamano pace. Anche senza le concessioni di Veltroni,
ci aspetta questo deserto, ovvero la continua umiliazione e violazione della
nostra Carta costituzionale.
[Anno III, post n. 191 (568)]

Povera Italia

Scuola Cara Stella, grazie della citazione, ed aggiungo: "Povera Italia". Quando
si deludono i giovani, si bruciano le loro speranze, per abbandonarsi ignavi alla
corrente del fiume, senza tentare nulla che sia degno. Allora, poveri noi. Noi
tutti.

Fatti non fummo a viver come bruti, mi ripeto parodiando l'Ulisse dantesco
quando, non volendo cedere allo sconforto e non cercando inutili protagonisti,
vedo tuttavia che c'è un obbligo morale all'agire davanti alle situazioni
"assurde" in cui ci troviamo.

Auguri a te ed a quanti stanno dando il loro meglio negli esami finali "di
maturità" di questi giorni.

Auguri per voi, ma anche per noi. Perché possiate dare sempre il meglio di voi
stessi alla vita e nella società. Non soltanto negli esami di questi giorni.

Ricordo il saluto che lanciai ai miei alunni di prima media nel primo anno di
insegnamento: "Vi auguro di incontrare parecchie difficoltà, perché è soltanto
nelle difficoltà che sappiamo misurare le nostre forze ed impegnarci
seriamente".
[Anno III, post n. 190 (567)]

Veltroni s'è desto

Nel momento in cui Veltroni annuncia una protesta autunnale del Pd contro il
governo e la fine del "dialogo", tutto ricomincia da zero.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 177
Ma con quale faccia Veltroni potrà gestire la fase due, "Torna a casa Lassie"?
[Anno III, post n. 189 (566)]

19/06/2008
Povera scuola

Profsexy Stamani sulla "Stampa" cartacea appare questa mia lettera:

«I "capricci in cattedra" paventati da Paola Mostrocola come conseguenza


della «maggiore flessibilità nei percorsi di studio» proposta da Francesco
Giavazzi, sono una vecchia realtà didattica.
Trent'anni fa i colleghi più "democratici", catalogando tutti gli altri come
"reazionari", svolgevano programmi da cui per Lettere (nei Tecnici) erano
esclusi il Manzoni nel biennio, e Dante nel triennio».

Una nota storico-folcloristica. Esami di Stato di 20 anni fa. La commissaria


esterna di Lettere interroga su Leopardi. Argomento, la canzone "All'Italia".

La candidata spiega: si tratta di una delle canzoni cosiddette civili del poeta di
Recanati. Come si leggeva a p. 230 del nostro testo, il Pazzaglia edito da
Zanichelli.

La commissaria si scandalizza: come civili? Ma civile vuol dire ben educato, e


le dà l'idea che una poesia sia bene educata?

Il presidente di commissione, docente universitario di materie relative


all'Istituto tecnico in cui ci trovavamo, era un appassionato di Letteratura,
conosceva bene Leopardi ed aveva sposato una prof di Lettere.

Il presidente mi dice, Montanari andiamo a prenderci un caffè, sospendiamo


per cinque minuti.

Scendendo verso il bar, mi sussurra: ma quella commissaria è pazza. Lei come


rappresentante dell'Istituto non può dir nulla, adesso ci penso io.

Caffè, risalita in aula, riapertura dell'esame. Il presidente spiega alla


commissione che d'ora in avanti le domande le avrebbe fatte per Italiano il
rappresentante interno dell'Istituto, ovvero il Montanari, toccando alla
commissaria di Lettere inviata dal Ministero l'arduo compito di controllare che
le interrogazioni rispondessero al dettato della legge. Amen.

Dunque, non mi scandalizzo di quello che succede ora agli Esami di Stato. A
chi opera oggi nella Scuola, l'augurio di sopravvivere ai 100 mila licenziamenti
programmati dal governo.

Scommettiamo che qualcuno troverà modo di avviare corsi speciali per


sistemare le "veline"? Nulla di strano, sarà di tipo professionale, amato da
tutti, industriali privati, uomini di Stato pubblici, fanciulle in fiore che avranno
occasione di trovare un lavoro decentemente pagato. Mica come quello
dell'insegnante.

Nel 1964 quando iniziai io, si dicevano le stesse cose di oggi, circa i nostri
stipendi. Sono passati 44 anni. Il che testimonia come l'italiano medio sia più
preoccupato delle magnifiche sorti pallonare che della vita futura del Paese.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 178
Senza cultura non si va da nessuna parte. Amara verità? Quella che deriva
dalla "Pubblica distruzione" come l'ho chiamata ieri e come la definisce
Massimo Gramellini oggi sulla "Stampa". Prosit iuvatque tibi, diceva il chierico
al prete di ritorno dall'altare dopo la celebrazione della messa...
[Anno III, post n. 188 (565)]

18/06/2008
Povero Montale

Montale Povero il "mio" amatissimo Montale. Alla Maturità hanno violentato


una sua poesia. La dedica ad un amico "lontano", è stata confusa con la
citazione finale della "giovinetta palma", roba da ebbri "amici miei", altro che
da Ministero della Pubblica Distruzione.

L'amico è diventato una donna. E gli studenti sono stati invitati a parlare del
"ruolo salvifico della figura femminile" nell'autore degli "Ossi di seppia".

Povero Montale, chissà quante ne dice stasera nel paradiso dei poeti.
[Anno III, post n. 187 (564)]

Strano ma vero

Replico qui il post di ieri che non è stato censito negli aggiornamenti
automatici...

Il capo del governo che scrive al presidente del Senato, è qualcosa di


gravemente inusuale.

Ieri Berlusconi ha comunicato a Schifani qualcosa che riguarda l'attività


legislativa: una benedizione a Vizzini e Berselli, i quali hanno presentato gli
emendamenti che bloccheranno anche il processo Mills che vede Berlusconi
imputato.

Il presidente del Senato è la seconda carica dello Stato, Berlusconi la quarta. Il


potere di messaggio alle Camere spetta soltanto al presidente della
Repubblica.

Camera e Senato sono titolari del potere legislativo, il capo del governo di
quello esecutivo.

L'atto di Berlusconi di ieri non è previsto per ora dalla Costituzione. Non
rientra nella prassi e nella tradizione consolidata dei rapporti fra i poteri dello
Stato.

È un gesto nuovo. Irriverente verso il presidente della Repubblica. Minaccioso


verso la Costituzione, ed offensivo verso il potere giudiziario.

Non è mai accaduto in Italia che un atto pubblico (intercorso fra due poteri
dello Stato) contenesse affermazioni come quelle di Berlusconi contro alcuni
"magistrati di estrema sinistra".

Non è un colpo di sole sul capo del Re Sole, come lo ha chiamato Eugenio
Scalfari.
È un progetto politico disperato. Che indica due realtà. Berlusconi ha mollato
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 179
Veltroni, divenuto Re Ombra che non fa ombra a nessuno, ovvero un
fantasma: politicamente parlando.

La "democrazia demagogica" paventata stamane da Ezio Mauro, direttore di


"Repubblica" come possibilità, è invece già in atto, come lui stesso ammette in
conclusione del fondo odierno: "Dovremo prepararci al peggio: se non fosse
che il peggio, probabilmente, lo stiamo già vivendo". Certamente, non
probabilmente.

Ha ragione Macaluso che chiude il suo pezzo nella "Stampa" di oggi scrivendo
che "serve un partito democratico". Veltroni dovrebbe lasciare, Prodi ripensare
il suo abbandono, lo spirito ulivista essere ripescato e rivissuto in questa grave
emergenza costituzionale dell'Italia.

[Anno III, post n. 186 (563)]

17/06/2008
Un colpo di Re Sole

Il capo del governo che scrive al presidente del Senato, è qualcosa di


gravemente inusuale.

Ieri Berlusconi ha comunicato a Schifani qualcosa che riguarda l'attività


legislativa: una benedizione a Vizzini e Berselli, i quali hanno presentato gli
emendamenti che bloccheranno anche il processo Mills che vede Berlusconi
imputato.

Il presidente del Senato è la seconda carica dello Stato, Berlusconi la quarta. Il


potere di messaggio alle Camere spetta soltanto al presidente della
Repubblica.

Camera e Senato sono titolari del potere legislativo, il capo del governo di
quello esecutivo.

L'atto di Berlusconi di ieri non è previsto per ora dalla Costituzione. Non
rientra nella prassi e nella tradizione consolidata dei rapporti fra i poteri dello
Stato.

È un gesto nuovo. Irriverente verso il presidente della Repubblica. Minaccioso


verso la Costituzione, ed offensivo verso il potere giudiziario.

Non è mai accaduto in Italia che un atto pubblico (intercorso fra due poteri
dello Stato) contenesse affermazioni come quelle di Berlusconi contro alcuni
"magistrati di estrema sinistra".

Non è un colpo di sole sul capo del Re Sole, come lo ha chiamato Eugenio
Scalfari.
È un progetto politico disperato. Che indica due realtà. Berlusconi ha mollato
Veltroni, divenuto Re Ombra che non fa ombra a nessuno, ovvero un
fantasma: politicamente parlando.

La "democrazia demagogica" paventata stamane da Ezio Mauro, direttore di


"Repubblica" come possibilità, è invece già in atto, come lui stesso ammette in
conclusione del fondo odierno: "Dovremo prepararci al peggio: se non fosse
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 180
che il peggio, probabilmente, lo stiamo già vivendo". Certamente, non
probabilmente.

Ha ragione Macaluso che chiude il suo pezzo nella "Stampa" di oggi scrivendo
che "serve un partito democratico". Veltroni dovrebbe lasciare, Prodi ripensare
il suo abbandono, lo spirito ulivista essere ripescato e rivissuto in questa grave
emergenza costituzionale dell'Italia.
[Anno III, post n. 186 (563)]

15/06/2008
Silenzio, s'indaga

Declanganley Il governo vuole il silenzio totale dei giornali sulle indagini


giudiziarie sino al termine dell'udienza preliminare.

Come scrivono oggi Giovanni Negri e Donatella Stasio sul "Sole-24 Ore", in tal
modo i cittadini sarebbero "privati del diritto di conoscere elementi cruciali
della vita pubblica".

Il provvedimento in questione e la linea della militarizzazione dell'ordine


pubblico, dichiarano una linea politica che anestetizza la Costituzione.

Davanti a questo stato delle cose, l'opposizione può ancora ritenersi vincolata
al dialogo "sulle riforme istituzionali", oppure corre il rischio di apparire
complice di un'involuzione della democrazia italiana?

Eugenio Scalfari su "Repubblica" è favorevole alla rottura del dialogo stesso


"per mancanza dell'oggetto". Credo che abbia ragione. Veltroni deve
pronunciarsi urgentemente, non baloccarsi con le questioni procedurali.

Anche perché la Lega è minacciosamente alla carica sulla questione europea,


dopo il voto irlandese. Sul quale hanno pesato forze simili a quelle di Bossi in
Italia.

In Irlanda per il "no" ha operato un raggruppamento guidato da "un


ricchissimo industriale, Declan Ganley (nella foto), che s'è preparato dal 2007
fondando l'associazione Libertas. Libertas riceve finanziamenti ingenti da neo-
conservatori Usa e dal Foreign Policy Research Institute di cui Ganley -
presidente di una ditta Usa specializzata in contratti bellici privati - è membro
da anni: lo ha ricordato venerdì in un convegno parigino l'europeista liberal-
democratico inglese Andrew Duff". Questo scrive oggi Barbara Spinelli sulla
"Stampa".

L'Europa di oggi nacque come ideale politico quando nacque la nostra


Costituzione. Dopo la seconda guerra mondiale. I due problemi di oggi, gli
attacchi all'Europa e gli schiaffi alla Costituzione, vanno di pari passo. Nel
momento in cui l'unica Europa che conta è quella dei campi di calcio per il
campionato continentale.
[Anno III, post n. 185 (562)]

14/06/2008
Secolo buio
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 181
Belusco140608 Di "fantasmi di un tempo sospeso" parla Giuseppe D'Avanzo
chiudendo il fondo sulla militarizzazione dell'ordine pubblico decretata dal
governo Berlusconi, in "Repubblica" di oggi.

Dove il generale Fabio Mini scrive di un rischio "banalizzazione" per le nostre


forze armate, screditando quelle di polizia ed aprendo la strada a qualcosa
che riassumiamo qui con la parola ridicolo. Se fallisce l'esercito, si chiede Mini,
"chi mandiamo per strada la notte? La Nato? I mercenari?".

Andiamo indietro nel tempo con questo provvedimento berlusconiano e con


l'altro (un disegno di legge) che minaccia la galera per i cronisti che
rivelassero i segreti (di Pulcinella) delle intercettazioni.
Andiamo verso un "secolo buio" con il Diritto cucinato ad uso e consumo del
potere. Come previsto. Da tutti. Tranne che da Veltroni.

E se questo è il cammino che ci aspetta (o ci spetta, per infausto destino),


potremo invocare l'immunità medievale accordata a chi s'accostava al trono
per rappresentare qualcosa di inviso dal monarca.

Dunque, immunità medievale per i cronisti del XXI secolo. E se ci fosse


concessa, chiederemmo ad un prefetto della Repubblica come nascono, sono
discusse ed approvate le candidature per i cavalieri del 2 giugno.
Perché uno di quelli decorati gira con una Maserati targata estero: forse c'è
qualche inconfessato segreto fiscale ben custodito in quella vettura.

A D'Avanzo vorremmo ricordare che i "fantasmi di un tempo sospeso" vanno


tranquilli anche grazie a "Repubblica". Che prese, per la campagna elettorale,
un innamoramento verso il veltronismo, da generare allora un sorriso
compassionevole. Non per il contenuto delle idee liberamente espresse, ma
per la forzatura del tono con cui vennero diffuse.

Alla laica religione del dubbio, il foglio fondato da Scalfari sostituì


un'adorazione cerimoniale verso l'Indicibile e l'Indiscutibile.
Per cui aspettiamo che a quel rituale d'adorazione adesso segua un "mea
culpa" teologicamente inevitabile, anche se recitato più o meno tra i denti.

Sul tema, in questo blog:

"Sfilata" (vedi la seconda foto qui riprodotta: moda intima a Medellin)

"Ronda di notte"
[Anno III, post n. 184 (561)]

Sfilata

Così sono sfilate le modelle a Medellin, Columbia, in una caserma per


reclamizzare la biancheria intima.
Da noi tra poco, altre modelle forse sfileranno "alla Calderoli", semplificando le
cose: ovvero non in una caserma ma in una strada che però sarà sorvegliata
come una caserma di Medellin.
I soldati applaudiranno le modelle come a Medellin, e ministri sottosegretari di
governo e segretario di partito di governo e di governo ombra applaudiranno
alla genialità dell'iniziativa. Tutti sorvegliati pacatamente da qualche ronda di
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 182
notte.
[Anno III, post n. 183 (560)]

Nozze coi fichi secchi

Biagini_roberto I provvedimenti annunciati dal governo in materia di ordine


pubblico sono fumo negli occhi per convincere la gente. Ma di fatti concreti, i
pubblici amministratori 'periferici' non ne vedono. Anzi denunciano che il
governo fa marcia indietro su molte cose.
Questo si ricava da una dichiarazione che l'Assessore alle Politiche della
Sicurezza e Polizia Municipale di Rimini, Roberto Biagini, ha appena diramato
alla stampa.

Preciso che la situazione di Rimini è drammatica. I rinforzi di Polizia ci saranno


in misura minore rispetto agli anni scorsi, e per periodo più limitato. Di questo
parla Biagini:

“L’effetto annuncio del Governo sui provvedimenti relativi alla sicurezza è per
ora inversamente proporzionale ai fatti concreti. Quelli, tanto per intenderci,
che contano per i cittadini molto più che una comparsata in tivù.

L’implementazione dei rinforzi estivi per il territorio riminese è ancora oggi,


metà giugno, poco più che una questione vaga. In pochi anni si è passati dal
rafforzamento degli organici di polizia a inizio maggio allo slittamento al mese
di luglio. E intanto crescono i roboanti proclami di questo o quel Ministro su
‘tolleranza zero’, ‘controllo capillare del territorio’ eccetera eccetera.

Quest’anno la situazione è così esasperata che i sindacati di Polizia riminesi


annunciano scioperi e clamorose proteste: sono i primi a non poter accettare
questa situazione. Come dargli torto, costretti come sono a fronteggiare con
scarsi numeri e altrettanto scarsi mezzi tutte le problematiche di una realtà
territoriale che da maggio a settembre di fatto triplica i suoi residenti?

Questo è il crudo stato di fatto, propaganda o non propaganda. E alle città e


agli organismi di sicurezza che ogni giorno si trovano in prima linea, il
consiglio discreto che viene è solo uno: fare nozze con i fichi secchi."
[Anno III, post n. 182 (559)]

13/06/2008
Ronda di notte

Ronde Rembrandt fa scuola. Piace talmente la sua "Ronda di notte" (1642)


che i politici italici di destra e di sinistra la accettano come modello per il
controllo del territorio.

Il Pd lombardo per carità inorridisce alla sola parola. Chiede, desidera, ordina
che nessuno la pronunci. Niente "ronde" vere e proprie dunque sotto la
Madonnina, ma soltanto dei "volontari" assieme ai vigili, magari con fazzoletti
rosa, tanto per rallegrare la scena e non certo per distinguersi da quelli verdi
leghisti.

L'esercito poi, per ordine del ministro dell'Interno, Roberto Maroni, perlustrerà
le città. Cosa volete, la guerra la faremo di nascosto per accontentare gli
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 183
americani in qualche altra parte del mondo. E gli altri soldati li vogliamo
lasciare con le mani in mano, proprio qui a casa loro?

Almeno, on. Maroni, potremo parlare di "ronde" per questi soldati impegnati
nel controllo del territorio. Leggi, regolamenti, tradizioni lo permettono.
Non credo che il Calderoli "il semplificatore" voglia impedircelo, offrendoci un
vocabolo magari inglese che vuol dire la stessa cosa ma che nessuno capisce.

Poi avremo le torrette di avvistamento nelle nuove zone militari napoletane.


Dove la Patria non si difenderà facendo la guardia ad un bidone di benzina,
come dicevano al tempo del duce, ma sorvegliando un mucchio di rifiuti
maleodoranti.

In attesa che l'immondizia scompaia dalle strade con l'intervento di altri


volenterosi. Che saranno spacciati per volontari. Ma che non sappiamo da chi
saranno foraggiati ed invitati. Anzi lo sappiamo. Perché nella storia non c'è
mai stato niente di più obbligato del gesto volontario.

Una volta li mandavano a fare da carne da cannone nei macelli delle guerre.
Adesso, si limiteranno a farli contagiare dal tifo di Stato, non quello delle
partite di calcio, ma quello che è una malattia vera e propria, voluta dai partiti
politici che non hanno saputo governare mezza Italia, facendo passare le
persone oneste di quelle parti come dei lavativi e dei ribelli per vocazione.
[Anno III, post n. 181 (558)]

13/06/2008
Indignati, almeno qui

"Indignati? Non troppo", il post qui inserito lunedì scorso, è pubblicato come
editoriale sul numero uscito oggi del settimanale riminese "il Ponte".

Ponte

Lo si legge anche nel sito del "Ponte" a questa pagina.

Ecco il testo dell'editoriale:

I tg dell'ora di pranzo non si sono indignati molto per quella vicenda in cui si
parla di malati morti ammazzati col bisturi, tanto per far guadagnare soldi ai
primari. La notizia milanese ha aperto il Tg2, è rimasta molto indietro in Tg5,
Tg4 e soprattutto Tg1.
Quando scoppiò, sempre nella Milano capitale morale, lo scandalo di "Mani
pulite" ricordo che il servizio relativo, strillato giustamente in apertura dal Tg5
della sera, arrivò con calma dopo 20 e passa minuti sul Tg1.
Per il bene che vogliamo a noi stessi, auguriamoci che sia tutto un abbaglio.
La notizia milanese di oggi dà fastidio su vari fronti. Dà fastidio a quanti
vogliono che la sanità privata sia pagata con i soldi pubblici perché funziona
meglio di quella pubblica.
Dà fastidio in essa il piccolo particolare delle intercettazioni telefoniche.
"L'utilizzo delle intercettazioni è stato fondamentale per l'inchiesta perché gli
indagati parlano in modo esplicito della necessità di operare per guadagnare",
hanno detto i pm Pradella e Siciliano. Circa l'aspetto economico sono state
registrate conversazioni nelle quali
"l'interesse remunerativo è subordinato all'interesse per il paziente".
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 184
Proprio in questi giorni si vogliono eliminare le intercettazioni da quasi tutte le
indagini di polizia. Ha detto Antonio di Pietro: è una proposta criminogena. Ha
ragione, una cosa è la tutela del segreto, altra è la necessità di acquisizione
delle prove.
Il ministro della Giustizia, dichiara: "Noi siamo per la limitazione dell'uso delle
intercettazioni telefoniche e per il divieto di pubblicazione sui media".
Dà fastidio che l'immondizia napoletana finisca per apparire uno zuccherino
davanti ad accuse (ripeto: accuse) che spaventano nella loro formulazione
giuridica. Si parla non soltanto di truffe, ma addirittura di omicidi.
Tg1 e Tg5 hanno aperto con i mondiali di calcio. Ovvero con la più bella,
acconcia, opportuna, necessaria ed infine ridicola sceneggiata di questo Paese
diventato un mostro che spaventa.
Non ci piacciono gli "indignati speciali", ma a volte sono necessari. Certo era
impossibile spendere due parole di condanna per una vicenda appena
annunciata. Ma almeno metterla in apertura del Tg1, quello di maggior ascolto
alla Rai, era un obbligo morale per i cronisti "pubblici".
[Anno III, post n. 180 (557)]

12/06/2008
Proposta ai colleghi blogger

Proposta

Modesta proposta ai colleghi blogger.

Visto che TypePad non funziona, facciamoci un blog collettivo di soli indici.

Ognuno dovrebbe scrivere soltanto anno mese giorno ed ora, titolo del post e
il nome del blog. Ad esempio questo post andrebbe indicato così:

2008.06.12, 17:21, Proposta ai colleghi blogger, di Antonio Montanari

2008.06.12, 11:55, Mario Ciriello, di Antonio Montanari

Gli aggiornamenti andrebbero inseriti sopra, a decrescere per ora, giorno e


mese...

Ogni blogger, in calce al proprio post nuovo e nel proprio blog, dovrebbe
inserire l'indicazione di questo blog collettivo:

ad esempio, http://typepad_ci_fa_un_baffo/tuttobloggerstampa/

12/06/2008
Mario Ciriello

Ho inviato alla rubrica delle lettere del quotidiano "La Stampa" questa mail:

Cara Stampa, io che ti leggo dal 1964, ricordo commosso la firma di Mario
Ciriello, scomparso martedì scorso, e sul quale ieri hai scritto un breve ricordo.
Ciriello meritava molto di più, come tutta la redazione esteri della Stampa dei
tempi "tra anni 60 e 90", che rammenti nel necrologio. Dove si cita la vostra
pagina degli Esteri. La prima pagina degli Esteri pubblicata in un quotidiano
italiano. Un grande esempio di rigore professionale e di moralità
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 185
dell'informazione. Restano indimenticabili quanti, come Mario Ciriello, vi
lavorarono con passione.

12/06/2008
Nord amaro, dice Stella

Formigoniberl L'editoriale che Gian Antonio Stella ha garbatamente composto


per il "Corrierone" dice dolorose verità indorando la pillola. Il sottotitolo, che
immaginiamo redazionale, è un capolavoro in stile via Solferino: "Quando il
Nord è amaro".

Sintesi: nei giornali si parla molto dei reati commessi dagli stranieri contro gli
italiani e poco di quelli degli italiani contro gli stranieri.
A Verona "marito e moglie hanno ammazzato e bruciato un dipendente
rumeno per i soldi dell'assicurazione"; Ion Cazacu era un "ingegnere rumeno
che faceva il muratore a Gallarate e fu bruciato vivo dal datore di lavoro, che
aveva venti operai, tutti in nero"; poi c'è "la selvaggia violenza sessuale
commessa alle porte di Milano da un italiano su una bambina immigrata di 13
anni".

Stella collega queste notizie allo scandalo della sanità scoppiato a Milano: mai
"si era scoperta una clinica degli orrori come questa. Che col suo ossessivo
obiettivo di fare soldi, soldi, soldi sulla pelle delle persone rischia di infangare
irrimediabilmente quel sistema misto pubblico-privato lombardo fino a ieri
sventolato come un modello da imitare".

Conclusione di Stella: "... sarebbe un peccato se il legittimo orgoglio di chi


crede nelle virtù del nostro Nord cercasse di rimuovere i traumi di questi giorni
come si scacciano le mosche fastidiose. Se è accaduto, vuol dire che poteva
accadere. E val la pena di pensarci su".

Caro Stella, ecco pensiamoci su, ma lo faccia lei per primo, lei che dispone di
un mezzo come il Corriere della Sera, perché la gente benpensante non ci
crede allo scandalo di Milano. Un operatore del settore sanità (laureato: non
aggiungo se medico, chirurgo o farmacista) mi confidava ieri sera: "Credo che
ci sia molta esagerazione nelle cose che raccontano".
Gli ho spiegato che non c'è esagerazione, per i motivi che appaiono chiari nei
racconti delle vittime. Si annunciano scene da orrore cinematografico, se ci
sarà un processo.

Quando lei, caro Stella, scrive che "val la pena di pensarci su" fa un invito ai
cittadini, ma i cittadini se non sono informati (lo sa bene, dato che ha raccolto
successi editoriali con i suoi libri scritti con Rizzo), non sanno giudicare.
E sarebbe utile che qualche volta dal balconcino di via Solferino suonasse
qualche squillo di tromba "alla Verdi" per svegliare la gente che legge gli
editoriali del "Corrierone" per sapere di che cosa poi discutere con amici e
colleghi.

Il vecchio e mitico Mario Missiroli, direttore della calma piatta, a chi gli
proponeva argomenti spinosi, rispondeva seraficamente: "Per scrivere queste
cose, bisognerebbe avere a disposizione un giornale".
Che cosa è cambiato in 50 anni se anche lei conclude che "val la pena di
pensarci su"?
Diciamo ad esempio che, chi di sanità privata ferisce, di sanità privata perisce.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 186
Ma allora nessun compianto assieme alla Regione che si considera truffata e si
costituirà parte civile, come annuncia Formigoni.

Credo che Milano sia malata, come ho scritto ieri sera qui sopra. Non soltanto
"amara" come dice il sottotitolo al pezzo di Stella, riferito anche a tutta l'Italia
del Nord.
[Anno III, post n. 177 (554)]

11/06/2008
Milano malata

MilanomalataLa città italiana con più immondizia in giro è Milano, non Napoli.
Ma Berlusconi corre a Napoli, i tg lo mostrano entrare in Curia e salutare il
cardinal Sepe.
Non sapevamo che alle Curie fosse affidato dallo Stato o dal papa alcun
incarico riguardo alla gestione dei rifiuti. Dovremo aggiornare le nostre scarse
conoscenze teologiche.

A Milano, doveva salire il capo del Governo: per dire che quella città, la sua
città, non è tutta come salta fuori dalle notizie sulla "bassa macelleria" di cui
parlano i giornali di questi giorni.
Ma ovviamente è più facile il discorso sulla "monnezza" campana, più legato al
programma di governo, alla prova di forza con le popolazioni suddite che
vogliono dire la loro sul loro futuro, visto da vicino.

Vista da lontano, Milano è una città senza più decoro e dignità. Una città in cui
gli avvocati possono essere rinviati a giudizio in un tribunale periferico per
lettere contenenti invenzioni di accuse, ma non sono sanzionati dal loro
Ordine perché l'Ordine accetta le giustificazioni di quegli avvocati: hanno
soltanto firmato un testo compilato da un loro collega.

Ma ci si rende conto della gravità del fatto? Un legale scrive a Caio che Tizio
delinque ed è sottoposto a due procedimenti penali. Dagli atti risulta che
nessun procedimento è in corso per Tizio da nessuna parte d'Italia.

Caio non ascolta Tizio che produce atti legali. Il legale diffamatore si bea,
perché lui la lettera non l'ha scritta ma soltanto firmata, e "di fretta". L'autore
della lettera non viene convocato dal suo Ordine che avrebbe potuto
chiedergli con tutta delicatezza: "Ma che c... scrivi...?".
No, non dice nulla l'Ordine, né contro chi scrive lettere diffamatorie e poi le
lascia firmare ad un collega frettoloso, né contro chi appunto velocemente
firma senza leggere perché si fida del collega che ha scritto...

E Caio crede soltanto all'innocenza del diffamato quando il diffamato in


questione gli invia la fotocopia di un giornale, in cui si legge che Tal dei Tali
(per il quale si erano mossi i due illustri legali: uno scrivendo e l'altro firmando
senza leggere la lettera altrui), in cui si legge che quel Tal dei Tali è stato
arrestato ed associato alle patrie galere.

Questo è lo stato comatoso della civilissima Milano? Non meraviglia la "bassa


macelleria", resa possibile da quel modus operandi che Alessandro Manzoni ha
descritto così bene parlando dei "bravi" di don Rodrigo.

Immagine, F. Botero
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 187
[Anno III, post n. 176 (553)]

10/06/2008
Corriere del Mezzogiorno

Sul "Corriere del Mezzogiorno" di oggi, in un articolo intitolato "Cosa passa sui
blog. Napolitano contro la Lega Nord: la parola agli internauti", è citato il mio
post "Modello Travaglio".

10/06/2008
Se lo Stato ruba

Scuola5 Uno studente universitario denuncia lo Stato di furto: "furto degli anni
migliori della mia vita, dei sogni, dei soldi e delle speranze dei miei genitori".
Un furto durato cinque lunghi anni di sacrifici fatti studiando all'università,
dove lui non ha imparato niente, per cui non sa far niente. Anche se
pubblicamente figura come uno dei migliori studenti della sua facoltà.

È una lettera firmata da Giovanni Marini e pubblicata da "Repubblica" di oggi.


Soltanto "aria fritta, professori mediocri" è il bilancio di quella facoltà.

Essere consapevoli dello stato di degrado dello Stato, è già un bel po'.
Significa non adagiarsi sulla retorica della furbizia, del desiderio di tirare a
campare, e della ricerca della protezione o raccomandazione che dir si voglia,
per potere tirare avanti.

"Chi si appoggia alle raccomandazioni non ha sostegno di merito", si legge in


un documento conventuale riminese della fine del XVII secolo.

Il merito. Gran bella parola, spesso oltraggiata da una corruzione morale a cui
nessuno fa più caso.
Grazie a Giovanni Marini per la sua confessione amara, con l'augurio che il
futuro possa restituirgli il tempo che la Cultura di Stato gli ha sinora rubato.
[Anno III, post n. 174 (551)]

09/06/2008
Indignati? Non troppo

SanitaI tg dell'ora di pranzo non si sono indignati molto per quella vicenda in
cui si parla di malati morti ammazzati col bisturi, tanto per far guadagnare
soldi ai primari.
La notizia milanese ha aperto il Tg2, è rimasta molto indietro in Tg5, Tg4 e
soprattutto Tg1.
Quando scoppiò, sempre nella Milano capitale morale, lo scandalo di "Mani
pulite" (cavalcato eccome da certi tg, vedi quello di Fede), ricordo che il
servizio relativo, strillato giustamente in apertura dal Tg5 della sera, arrivò
con calma dopo 20 e passa minuti sul Tg1.

Per il bene che vogliamo a noi stessi, auguriamoci che sia tutto un abbaglio.
Ricordo che un giudice mio concittadino riferiva su una vicenda nelle zone
calde della malavita organizzata. Un morto "sparato" alla schiena, era
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 188
accreditato da amici e parenti come suicida.
Forse qualche ottimista azzardò a parlare addirittura di tentato suicidio.

La notizia milanese di oggi dà fastidio su vari fronti.


Dà fastidio a quanti vogliono che la sanità privata sia pagata con i soldi
pubblici perché funziona meglio di quella pubblica.

Dà fastidio in essa il piccolo particolare delle intercettazioni telefoniche.


"L'utilizzo delle intercettazioni è stato fondamentale per l'inchiesta perché gli
indagati parlano in modo esplicito della necessità di operare per guadagnare",
hanno detto i pm Pradella e Siciliano. Circa l'aspetto economico sono state
registrate conversazioni nelle quali "l'interesse remunerativo è subordinato
all'interesse per il paziente".
Proprio in questi giorni si vogliono eliminare le intercettazioni da quasi tutte le
indagini di polizia. Ha detto Antonio di Pietro: è una proposta criminogena. Ha
ragione, una cosa è la tutela del segreto, altra è la necessità di acquisizione
delle prove.
Il ministro della Giustizia, dichiara: "Noi siamo per la limitazione dell’uso delle
intercettazioni telefoniche e per il divieto di pubblicazione sui media".

Dà fastidio che l'immondizia napoletana finisca per apparire uno zuccherino


davanti ad accuse (ripeto: accuse) che spaventano nella loro formulazione
giuridica. Si parla non soltanto di truffe, ma addirittura di omicidi.

Tg1 e Tg5 hanno aperto con i mondiali di calcio. Ovvero con la più bella,
acconcia, opportuna, necessaria ed infine ridicola sceneggiata di questo Paese
diventato un mostro che spaventa.

Non ci piacciono gli "indignati speciali" (titolo di una rubrica del Tg5), ma a
volte sono necessari. Non è difficile comprendere che oggi era impossibile
spendere due parole di condanna per una vicenda appena annunciata. Ma
almeno metterla in apertura del Tg1, quello di maggior ascolto alla Rai, era un
obbligo morale per i cronisti "pubblici".

Se ne ascoltato di belle e di brutte, racconto anch'io qualcosa di attinente.


Quando dieci anni fa mia madre morì a quasi 94 anni in ospedale per
un'emoraggia intestinale, un medico del reparto di geriatria mi chiese (lungo
un corridoio) il permesso per l'esame autoptico. Lo pregai di lasciarla in pace.
Più tardi tornò alla carica, dicendomi che gli avevo sbattuto la porta in faccia.
Ribadii che ci trovavamo fuori della sua stanza, che il gesto era stato quindi
impossibile, ma che se gradiva ritenere di aver avuto la porta in faccia,
facesse pure. Lui precisò: lei è contrario all'autopsia, ma noi possiamo farla lo
stesso.
Avvertii un suo collega, quello che il giorno prima mi aveva accolto
correttamente e gentilmente al momento del ricovero di mia madre. Gli dissi
che se il tizio della porta in faccia non avesse smesso di rompermi l'anima, gli
avrei dato due pugni in testa.
Questo medico parlò con il primario, e prevalse la mancanza di autorizzazione
mia, non essendoci motivi legali per procedere "d'ufficio" a quell'esame, come
avevo spiegato al bizzarro medico della porta in faccia immaginata da lui
auspicata da me.

Forse quando succedono certi fatti o fattacci, dovremmo educatamente alzare


la voce, non arrenderci al fato, ma sorvegliare il destino altrui. Un caso può
passare inosservato, ma se i numeri delle denunce salgono la magistratura
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 189
non può restare inoperosa, come avvenuto nel caso milanese di oggi.
[Anno III, post n. 173 (550)]

08/06/2008
Pd, due conti

Boccaaperta Siamo poco abituati in Italia a fare i conti con i dati reali.
Abbondiamo in interpretazioni. A volte spacciamo per tali quelle che sono
soltanto nostre aspirazioni frustrate dai fatti.
I numeri elettorali del Pd prendono lentamente corpo.
Rosy Bindi ritiene grave che un "milione e mezzo di persone" della "sinistra"
non sia più rappresentato in Parlamento.
Ma molte di quelle persone hanno votato per il Pd. Così riferisce Filippo
Andreatta (sul "Corsera" di oggi) citando come fonte l'Istituto Cattaneo:
"almeno un milione di voti dalla sinistra radicale" sarebbe andato a Veltroni.

Ed allora? Preso come valido il calcolo del Cattaneo, l'anima del Pd


indicherebbe una sua crisi "verso il centro, la destra o il non voto", aggiunge
Andreatta.
Quindi Veltroni sarebbe più una controfigura di Bertinotti piuttosto che di
Casini?

Resta un fatto indiscutibile, denunciato (lucidamente come suo costume) dallo


stesso Andreatta: il Pd non ha innescato "quel processo di cambiamento
radicale che i cittadini chiedevano".
Il Pd ha agito con un cinismo "che può a volte rasentare l'ipocrisia" nella
formazione della nuova classe dirigente, nata dalla "fusione fredda" delle
nomenclature di Ds e Margherita.

C'è ancora la possibilità di rimediare al tempo perso, agli errori commessi ed a


quel cinismo senza vergogna?
Arturo Parisi, con un consolidato ma giustificato pessimismo sul futuro del Pd,
propone di cambiare rotta. Si spiega "alla democristiana", ovvero con un gran
giro di parole, riassumibile (spero) così: ripescare lo spirito ulivista e quindi
dialogare a sinistra.

Com'è beffarda la Storia se "gli apporti di sinistra" hanno evitato a Veltroni


una sconfitta ancora più pesante di quella ottenuta esibendo (dice Parisi) "la
nostra moderazione attraverso la condivisione del centrodestra".
Però "gli apporti di sinistra" non impediscono a Rutelli di dichiararsi contrario
alla parentela in Europa con il Pse.
Rutelli così pensa di recuperare a destra ed al centro. Al primo tentativo il Pd
non c'è riuscito. Al secondo potrebbe andare anche peggio.

Soprattutto se Parisi non smette le dotte frasi da lezione universitaria, pari ai


borbottii di Prodi.
La campagna elettorale richiede quell'arte oratoria che usavano i leader del
dopoguerra. Farsi capire per farsi votare. Altrimenti si bissano le sconfitte.
[Anno III, post n. 172 (549)]

07/06/2008
Poveri di Dio
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 190
BerlusconibenedettoIeri qui a Roma c'è stata grande festa per l'udienza
pontifica a Silvio Berlusconi. Il quale ha donato al papa una croce pettorale
tempestata di topazi e di dodici diamanti a rappresentare gli apostoli, con
quello per Pietro un po' più grande degli altri.
Ora, umilmente, da cristiano battezzato, vorrei chiedere prostrandomi al
soglio dello stesso Pietro, quello del diamante un po' più grande in quella
croce pettorale, che Benedetto XVI facesse un gesto di carità a nome del
popolo italiano.
Ricordandosi dell'antico motto medievale che definiva le decime proprietà
"pauperum Dei", potrebbe vendere il sacro oggetto ricevuto in dono dal
popolo italiano, e con il ricavato sollevare le condizioni di qualcuno a cui non
interessa nulla di una papa bello con una croce di diamanti, ma a cui preme
magari di dar da mangiare qualcosa a dei figli piccoli o a dei genitori vecchi.

E' vero che, finito il governo Prodi, le condizioni economiche del popolo
italiano sono decisamente migliorate.
Nel senso che sono migliorate per decisione della berlusconiana Mediaset e
del suo Tg5. Che ha gettato nel cestino i filmati sui pensionati che andavano a
racimolare qualcosa da mettere sotto i denti nei cassonetti dei rifiuti ai
mercati generali.
E che ha mandato in onda altri servizi, tra cui quello stupendo sugli italiani che
in Europa sono i cittadini che fanno molte ferie, non ricordo se più di tutti, in
località affascinanti e godendo di servizi splendidi. Come giustamente si
meritano per aver creduto nell'Uomo della Provvidenza.

Espressione questa che nessuno, al di qua ed al di là del Tevere, ha avuto il


cattivo gusto di ripescare nel dimenticatoio della Storia Patria. Anche se la
gioia pontificia espressa qualche giorno fa non ci è poi andata tanto lontana.

Ho letto che Prodi si è lamentato: i vescovi della Cei hanno remato contro di
lui.
L'altro ieri il cardinal Martini ha detto cose terribili sul suo ambiente: la Chiesa
è afflitta a suo dire da vanità invidie e calunnie.
I due temi si tengono, le parole o i pensieri di Prodi e la denuncia del cardinal
Martini. Per questa sera, basta accennarvi, sigillando il tutto con una frase
dell'arcivescovo emerito di Milano: «Siamo richiamati a essere trasparenti, a
dire la verità».

Per questa trasparenza e verità nella testimonianza, il papa equipari la croce


ricevuta in dono dagli italiani alle "decimae quae sunt pauperum Dei". E la
destini appunto a loro, nel più puro spirito evangelico.
Altrimenti si corre il rischio che, della splendida udienza di ieri, resti come
sintesi la battuta che il pontefice ha rivolto al portavoce governativo Bonaiuti:
"La vedo tutti santi giorni in televisione". Censurata l'aggiunta soffiata in un
orecchio a Berlusconi: "Ghe balle".

A proposito di "poveri di Dio": se non ascoltiamo il Vangelo e le parole di Gesù


Cristo sul tema, veramente restiamo "poveri di Dio", ovvero dei "senza Dio"
anche (anzi soprattutto) se doniamo ad un signore benestante una croce
pettorale tempestata di topazi e di diamanti. Oltretutto appositamente creta
per lui, come esulta un'agenzia di stampa cattolica.
Croce che non serve a nulla. Cristo nacque povero in una stalla e morì nudo su
di una Croce. La Croce del Golgota non è quella rappresentata nell'oggetto
con topazi e diamanti, sia ben chiaro. Neppure il capo del governo e
dell'opposizione possono mettersi d'accordo su questo principio
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 191
incontrovertibile alla faccia delle verità non di fede (i teologi possono sempre
pasticciare) ma della Storia.
[Anno III, post n. 171 (548)]

06/06/2008
Cencino e la cameriera

Guerra1915Cencino era nato nelle valli del Po, di pura razza selezionata dalla
miseria, dalla fame e dalla malattie, sul finire del 1800, giusto in tempo per
essere chiamato militare alla guerra del 1915-18. Quando finì a Padova come
attendente del generale comandante il reggimento di cavalleria.

Corse il rischio di essere fucilato come disertore perché era andato senza
permesso al funerale del fratello.

La leggenda che lo circondava in famiglia riguardava l'intervento dello stesso


generale per evitargli l'ultima, prematura grana della sua vita. E coinvolgeva
pure l'affetto materno che la pia moglie del generale aveva verso quel ragazzo
non bello, non alto, ma geniale come i contadini che si sono letti il libro della
vita, imparando bene la lezione senz'altra maestra che la vita stessa e la
natura.
La signora gli offriva settimanalmente una piccola mancia perché il giovanotto
si recasse devoto alla basilica del Santo ad ascoltare la santa messa.
Il disobbediente in armi invece andava a bersi comodamente qualcosa al caffè
Pedrocchi, con quella modesta ma gradita cifra.

Non si era mai saputo perché poi, in mezzo a tanta stima per la sua abilità nel
governare i cavalli, fosse stato poi privato del posto di attendente del
generale.
Non lo avevano saputo i suoi congiunti, ma glielo chiesi io (parente acquisito),
e così si ruppe il segreto. La signora lo aveva scoperto a letto con la propria
cameriera.
Rimase famosa in casa nostra, la frase finale del racconto di Cencino: le mogli
degli ufficiali andavano a letto con chicchessia, insomma era tutto "un
puttanesimo". Ma l'unico scandalo per quell'ambiente perbene, era stato dato
dal semplice militar soldato che se la spassava con la cameriera.

La storia di Cencino mi è venuta in mente stasera, leggendo le cronache


romane sull'incontro tra il nostro capo del governo e il capo della Chiesa di
Roma. Al secondo, il primo ha promesso di difendere la sacralità della
famiglia.
Il Santo Padre dovrebbe essere informato che molti dei disinteressati difensori
della sacralità della famiglia sono così attenti ai legami affettivi legalizzati, che
ne hanno più di uno.

I poveri disgraziati che speravano nei Dico, per cose di poco conto, sono
abbandonati alle loro semplici storie di persone che non sono nessuno, come
Cencino.
Il quale se si fosse portato a letto qualche signora perbene e moglie di
ufficiale, avrebbe avuto una carriera assicurata sotto le armi e non
nell'agricoltura povera di quegli anni poveri.
Per la sua pregiudiziale politica di scegliere una pari grado, lui contadino lei
cameriera, si mise in uno di quei casini che soltanto i testardi come lui creano.
[Anno III, post n. 170 (547)]
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 192

05/06/2008
Modello Travaglio

I fatti, i fatti, i fatti. Il famoso grido, usato da Marco Travaglio nelle sue
battaglie di giornalista che va a scovare l'indicibile, è stato fatto proprio dal
presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Ieri Napolitano ha detto che i rifiuti tossici del Nord "in gran parte" sono stati
scaricati al Sud, provocando la commossa e risentita reazione della Lega
colpita al cuore nel principale teorema della sua linea politica: quello che
proclama la correttezza di tutti gli uomini che abitano, vivono e producono al
di sopra della Linea Gotica (di nefasta memoria).

Oggi il presidente Napolitano replica: "Sull'argomento basta leggere la


relazione della commissione parlamentare sui rifiuti". Appunto come dice
Travaglio: i fatti, i fatti, i fatti.

Con il rispetto che la Lega ha sempre avuto per le istituzioni nazionali (come la
sua delicata assenza alla sfilata del 2 giugno, per non contrapporre bandiere
verdi 'lombarde' al tricolore nazionale), oggi essa risponde al presidente
Napolitano che lui non ha letto bene quegli atti che cita.
La Lega è talmente convinta di quello che sostiene, che è pronta a dichiarare
in Parlamento che neppure a Napoli esiste il problema dell'immondizia, ma è
tutta un'invenzione dell'opposizione perfida, ingrata e menzognera.
[Anno III, post n. 169 (546)]

05/06/2008
Poveri Comuni

In viaggio molto lontano dal natìo borgo, sono ospite di vecchi amici, alle cui
notizie debbo cedere un poco di spazio bloggeriano in cambio dell'ospitalità
che ricevo e dell'uso del loro computer. (Chiamatelo ricatto.)

Dunque il loro Comune, prima del taglio dell'Ici, aveva aumentato l'organico
del personale, introducendo tra l'altro una figura atipica per il settore Cultura-
turismo, non un esperto di grido, ma soltanto un giornalista di rango (c'è
l'obbligo dell'iscrizione all'Ordine professionale).

Ed addirittura dicono, questi amici, di aver saputo chi sarà il vincitore, come
ovviamente è nella prassi politica e nel costume italiano.
Si tratta di un addetto all'ufficio-stampa dello stesso Comune che non avrebbe
altro che un contratto temporaneo (si dice così?). E che così sarebbe
sistemato per omnia saecula saeculorum, in virtù del fatto che appartiene ad
un "gruppo" che localmente è in opposizione ma in passato ha fatto
convergere i suoi voti al sindaco risultato così vincitore, mentre a Roma (ed
altrove) quel "gruppo" ora governa.

Due piccioni con una fava. Si accontenta il circolo locale facendo quadrare
quello nazionale.
Allegria: e chi pagherà gli stipendi, dopo il taglio dell'Ici?
Certo, dicono questi amici pettegoli, che per combinare questi "matrimoni"
politici ci vuole una bella faccia di bronzo... Una faccia da bronzetto, li
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 193
correggo citando un modo di dire degli archeologi, e trattandosi nello specifico
di un futuro addetto al settore cultura.
[Anno III, post n. 168 (545)]

04/06/2008
Cuesta squola

Bloggelmini Triste è il destino dei ministri della Pubblica (d)istruzione in Italia.


Non per colpa loro. Gli dei non li assistono.

Ancor meno la buona volontà dei politici che li circondano e li sovrastano.

Se c'è un campo in cui non si acquistano meriti ma soltanto colpe eterne


presso la memoria dei posteri, questo è il settore della Scuola e
dell'Università.

Non ne conosciamo le cause, ma il fenomeno esiste. Da decenni assistiamo ad


un progressivo, inesorabile logoramento della cultura scolastica ad ogni livello,
per cui soltanto lamenti circolano tra gli specialisti ingenui ed onesti. Mentre
quelli furbi e politicamente impegnati tacciono od al massimo sorridono: non
per non compromettersi, ma perché spesso, troppo spesso si considerano
depositari della ricetta miracolosa.

Una volta questa ricetta miracolosa si chiamava spirito del '68, del sei politico,
della contestazione globale, della cultura che non doveva essere serva del
potere, ma liberare gli uomini e le donne di tutto il mondo dai bisogni primari
e dalle schiavitù politiche.
Molti di quei profeti portavano i baffi alla Mao, chissà poi perché si diceva così,
ma non rifiutarono mai gli agi delle comode carriere garantite dal potente di
turno.

Più di recente, la "privatizzazione" doveva salvare capra e cavoli, ma i suoi


benintenzionati sostenitori hanno prodotto un risultato all'incontrario: hanno
privato la Cultura e la Scuola della loro essenza. Ed in assenza di essa, alle
fanciulle si offre il sogno mediatico delle "veline" sculettanti, come racconta
seriamente la scenetta comica che appare sullo Zelig in onda in questi mesi.

Dove un padre ed una madre si disperano perché la loro figlia, anziché seguire
la pratica pedagogia di chi vede nella presenza sul teleschermo un viatico per
consistenti fortune, s'intestardisce a voler studiare all'università, sgobbando
giorno e notte sui libri.

C'è poco da ridere. Signora Ministro della P. I., lei che vuole ripristinare gli
esami di riparazione, aspetti e speri. Le daranno di morso a parole, e forse le
tireranno anche qualche cancellino. Le faranno terribili caricature con i baffi
sulle lavagne. Ma non se la prenda.
Sia che riesca sia che non riesca ad attuare i suoi progetti, non si illuda: non
potrà ulteriormente aggravare lo stato di salute di "cuesta squola".
Forse soltanto non producendo nulla, avrà qualche debole speranza di non far
peggiorare le cose.

Tanto, i buoni cervelli debbono fuggire all'estero, gli studenti meritevoli se


vogliono trovare un posto debbono farsi raccomandare, come sfacciatamente
prefigura anche uno show "leggero" della Rai, per non dire dei tanti asini che
siedono nelle cattedre a tutti i livelli: di essi si fa garante la burocrazia dei
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 194
partiti politici e delle organizzazioni extrascolastiche che hanno tante etichette
ma un solo scopo. Sistemare i loro pupilli.

E con tutto quello che ci succede attorno nella Cultura, nella Scuola e
nell'Università, lei signora Ministro avrebbe anche il coraggio di far pagare i
debiti ai debitori?
"Rimetti a noi i nostri debiti..." è una preghiera che molti in Italia non
indirizzano al Padreterno, ma al potente di turno. Chissà perché hanno sempre
trovato ascolto, sia che il potente fosse di destra sia che fosse di sinistra.
[Anno III, post n. 167 (544)]

04/06/2008
Razzismo

Accaduto ieri a Rimini. Lo racconta il comunicato ufficiale del Comune di


Rimini, firmato dall’Assessore alle Politiche dell’Immigrazione, Vittorio Buldrini:

"Non si può non considerare frutto di un generalizzato e pericoloso clima di


intolleranza, l’episodio accaduto nel tardo pomeriggio di ieri al Centro Donna
Immigrata, l’ufficio ubicato in via XX Settembre che offre assistenza alle
donne straniere per gravi problematiche. Quando ormai mancavano pochi
minuti alla chiusura dello sportello, davanti alla sede un uomo sulla sessantina
in bicicletta ha cominciato a inveire e insultare pesantemente gli stranieri.
Quindi, nel momento in cui l’operatrice dello sportello si allontanava con il
marito, la loro auto veniva colpita con una pietra che sfondava il lunotto
posteriore.
E’ chiaro che si tratta di un grave atto di intolleranza che, oltre alle operatrici
straniere del centro, prende di mira il ruolo stesso dell’ufficio. E’ altrettanto
palese che certe follie trovano terreno fertile in un contesto, oggi molto
italiano, che vede nella possibilità/capacità di integrazione un ostacolo a una
parte del Paese che si vuole riconoscere in tutto tranne che nella solidarietà.

Mi auguro che, come accade per le tante prese di posizione muscolari che si
leggono e si sentono in questi giorni contro gli extracomunitari, ce ne sia
almeno una che stigmatizzi episodi come quello di ieri."
[Anno III, post n. 166 (543)]

03/06/2008
Carta canta

Fejto01g Le cronache odierne che annunciano la scomparsa di François Fejtö,


mi rimandano nella memoria a quando i suoi articoli cominciarono ad apparire
in Italia. Se non erro sul "Carlino" diretto da Giovanni Spadolini (1955-68).
Allora i quotidiani storici come il foglio bolognese, avevano la dignità di fare un
prodotto eccellente sotto tutti i punti di vista. Oggi sono pagine colorate e
strillate che allontanano dalla lettura.

Fejtö con uno stile non abbordabile facilmente da parte di noi imberbi
ragazzini, insegnava a decifrare la storia, ad avere confidenza con certi
problemi che la scuola neppure lontanamente toccava.
In terza e quarta magistrale ho avuto due ottimi insegnanti di Lettere. Tutti
presi dalla Letteratura trascuravano con spaventosa impudicizia
l'insegnamento della Storia.
Conservo ancora i libri di quest'ultima materia: il volume del glorioso Saitta di
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 195
terza, in certi capitoli ha l'annotazione di mano mia (e volontà del docente),
"Saltare".

Riaprendoli adesso mi vergogno non di quella scritta ma del taglio, che ci


privava di antefatti e punti di collegamento.
A quello che la scuola non poteva o non voleva dire, cercavo timidamente di
porre riparo leggendo libri e giornali. La domenica era il giorno sacro, con il
pomeriggio tutto dedicato a sfogliare carta.
Non mi piaceva andare a ballare come facevano molti compagni di scuola,
preferivo leggere. Non so se sia servito a qualcosa. Se è servito, il merito va
soltanto a chi scriveva su quei giornali, a chi li cucinava bene o male secondo
gusti e tendenze dell'epoca, a chi tutto sommato ci apriva la mente per capire
qualcosa del mondo.

Tra quelle antiche firme, c'è appunto Fejtö morto quasi a cent'anni, a
rappresentare con la sua vita quasi una sintesi dei drammi di un secolo.
Per chi come me ha "il mal della carta", non andava dimenticata la notizia
della sua scomparsa. Anche per dirgli timidamente un grazie per quanto la sua
lettura può averci insegnato. Non erano giorni facili. Il muro di Berlino si
allungava nelle piazze delle città e dei paesi, persino nelle famiglie. Su
"Candido" Giovannino Guareschi metteva in solenne e seria caricatura le
contrapposizioni in una celebre rubrica "Visto da destra, visto da sinistra".
Ancora oggi quei testi potrebbero insegnare qualcosa, soprattutto il fatto che
l'odio politico aveva prodotto il dramma del conflitto mondiale, la
persecuzione contro gli ebrei, le vendette del dopoguerra...

Poi qualcuno negli anni Settanta si divertì a giocare alla rivoluzione, e furono
altri morti ed altri drammi.
Ambrosoli Ma anche la politica ci mise del suo. Ieri sera su Iris hanno
trasmesso "Un eroe borghese", un film che ha tradotto sullo schermo la
tragedia dell'avvocato Giorgio Ambrosoli già narrata da un bel libro (omonimo)
di Corrado Stajano (1995). Il volume nel titolo recava questa frase: "Il caso
dell'avvocato Ambrosoli assassinato dalla mafia politica". Dove non sai se sia
più terribile il sostantivo mafia o l'aggettivo che l'accompagna. Il loro incontro
è uno di quei temi ricorrenti dei quali si parla ancora oggi.
[Anno III, post n. 165 (542)]

02/06/2008
Pugni in tasca

Blog02062008stampab Qualche giorno fa (30 maggio) Luigi Amicone, direttore


della rivista "Tempi", ha scritto un'interessante lettera al direttore di
"Repubblica", circa l'assalto romano al Pigneto.
Chi ha tirato fuori i pugni dalla tasca per farsi un po' di giustizia da solo,
spiega Amicone, insomma ha sbagliato ma "ci insegna qualcosa".
C'insegna che non sono andati perduti "un onore ed un senso di giustizia" che
dovrebbero trovare però altri canali ma la gente è lasciata sola. "Con la paura
nel cuore".

Per riassumere ho privato il discorso di Amicone della sua articolata logica. Gli
chiedo scusa.

Non voglio fare nessun elogio dei pugni tirati fuori dalla tasca. Ma ci sono
sempre, evidentemente, delle situazioni in cui la persona lasciata sola da tutti,
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 196
ha la tentazione (giusta o sbagliata, ognuno giudichi dentro di sé) di farsi
giustizia da sola.

Non voglio fare il moralista, né posso per un motivo semplice.


Sul web ho scritto (nell'agosto dello scorso anno), che il Rasputin il quale,
contro certi miei innovativi studi, aveva spedito una mail ad un quotidiano (il
quale poi l'ha pubblicata spacciandola per "libello" diffuso dall'anonimo , in
realtà ben conosciuto e cortesemente presentato con uno strampalato
pseudonimo); ho scritto che quel Rasputin avrebbe fatto bene ad evitarmi se
m'avesse incontrato per strada, ed a girare alla larga, perché "non si sa mai
che non mi venga la tentazione di dargli due pugni in faccia per pareggiare i
conti".

Resto della stessa opinione e dello stesso programma. La magistratura non ha


ascoltato. Non voglio farmi giustizia da solo ma considero immorale che a chi
delinque (la diffamazione a mezzo stampa è un reato previsto dal CP) non si
faccia vedere "con mano" che le auguste protezioni non cancellano la colpa.

Chi si merita due pugni in faccia non è giusto che se li prenda? Il dibattito è
aperto.

[Anno III, post n. 164 (541)]

YSL

Lo ricordiamo con Laetitia Casta (1999).


Basta questa immagine per raccontare tutto il mondo della bellezza e della
moda secondo YSL?

Lo dicano gli esperti. A noi affascina quel gioco felice di colori.


Che la vita sia poi un'altra cosa, beh, lasciamolo dire ai filosofi, tristi per
natura e brutti per destino...

01/06/2008
Brunetta, alti lamenti

Rinviata di sei mesi dal Consiglio dei ministri la soppressione dei due terzi dei
tribunali militari, prevista per il primo luglio 2008.
Qualche giudice protesta: lì non faccio un accidente, voglio lavorare (leggere
"Repubblica" di oggi).
I tribunali militari sono nove: a Roma, Torino, La Spezia, Verona, Padova,
Napoli, Bari, Cagliari e Palermo. Ci sono tre corti d'appello, Roma, Napoli e
Verona. Oltre ad una procura generale presso la Cassazione ed al tribunale di
sorveglianza (fonte: G. A. Stella, "Corriere della Sera").

Nel 2006 la procura generale ha tenuto sei udienze. Uno dei dieci ricorsi
esaminati riguardava insulti intercorsi fra un maresciallo ed un brigadiere
dell'Arma, così verbalizzati: "Vengo a contarti i peli nel culo", " Sei un
coglione" (da Stella, ripristinando filologicamente i testi originali, censurati sul
"Corriere della Sera").

Le decisioni del governo forse sono state prese all'insaputa del domatore dei
fannulloni, on. Renato Brunetta, e del semplicatore dei casinismi on. Roberto
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 197
Calderoli?

Ieri il governatore di BankItalia Mario Draghi ha detto che i giovani sono


"mortificati da un'istruzione inadeguata". E noi che credevamo che fossero i
giovani a mortificare l'istruzione...

A proposito di giovani e vecchi. Un terzo degli italiani non sa che cosa sia il
due giugno. Fonte Renato Mannheimer.

Un grande vecchio del giornalismo italiano, Eugenio Scalfari, conclude il suo


editoriale di oggi preannunciando un prossimo articolo sul ministro Brunetta e
perfidamente citando "un gustosissimo corsivo di Massimo Gramellini,
intitolato 'Nel suo piccolo' che sarebbe appunto il Brunetta".
A proposito di quanto ho scritto sopra circa la decisione del governo di
rimandare l'abolizione di sei tribunali militari su nove, confesso che mi sono
chiesto: se Brunetta era presente, ha elevato alti lamenti?

Napoli. Il musicista Roberto De Simone dichiara: "Davo fastidio" denunciando


"l'operazione d'immagine che occultava i guasti della città", per cui "sono
stato messo da parte".
[Anno III, post n. 162 (539)]

01/06/2008
Il silenzio premia

Avevo ragione, il silenzio premia. L'ho scritto il primo maggio scorso,


riprendendo a comporre post dopo undici giorni di riposo. Ecco il testo
integrale, per i san Tommaso in circolazione, onde non credano che me lo
invento ora:

Da undici giorni esatti non inserivo più alcun post, nella speranza di vedere
cancellare il mio blog dalle graduatorie di Wikio.

In aprile ero al terzo posto nel mondo della "Stampa" e 689esimo in quello dei
"top blogs".

Dopo undici giorni di silenzio, anziché non trovarmi più nelle liste (come
auspicavo), addirittura ho le quotazioni in salita. Da terzo a secondo per la
"Stampa", da 689esimo a 390esimo per i "top blogs".

Morale della favola, il silenzio premia, eccome. Per cui temo le conseguenze di
questo post. Anzi mi auguro che mi faccia scendere nel gradimento. Forse più
scrivo, più vado all'indietro. Faremo debita prova scientifica.

Oggi ho la prova scientifica di quello che sostenevo, e si è verificato quello che


mi auguravo. Più scrivo, e più scendo nel gradimento di Wikio. Olè.
Ero al secondo posto, ora sono al sesto, meglio ancora dello scorso aprile
quando sono stato al terzo. Come dimostra questo collage.

La missione prosegue. Scriverò per scendere scendere scendere. Ma ci ho


l'alibi, nel settore "Politica" mi hanno messo i signori della Redazione. Mica ho
chiesto di entraci io...
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 198
Grazie di cuore a chi prova disgusto, e tiremm innanz.
[Anno III, post n. 161 (538)]

31/05/2008
Stalinisti a Riccione

Ho scritto qui che a Riccione è stata cancellata la "via Jan Palach, il martire
politico del 1969, uccisosi per protestare contro i sovietici".

Ho chiesto allo studioso che mi aveva fornito la notizia, alcune delucidazioni.

La cosa appare più grave, perché quel "cancellata" di cui mi aveva parlato lo
studioso, si riferisce all'iter comunale originale in cui si decise di non
battezzare con quel nome una strada.

La Commissione Toponomastica (1969) aveva infatti approvato la proposta di


intitolare una via a Jan Palach. Ma la Giunta comunale di Riccione l'ha
bocciata! Ovvero il trionfo dello stalinismo puro e duro.
[Anno III, post n. 160 (537)]

30/05/2008
Due Paesi

Abbiamo sempre di più due Paesi opposti fra loro. Quello ufficiale gestisce
cerimonie, dibattiti, corti e cortesie. Quello reale va a catafascio,
drammaticamente, su vari fronti. Dalle inondazioni alle corruzioni municipali,
alle immondizie che sono lì, quasi fossero piovute improvvisamente dal cielo
come minacciose meteoriti. Un fatto inatteso e non voluto.

Tra questi due Paesi la distanza aumenta ogni giorno. In mezzo, resta la
pazienza di noi tutti. Che non possiamo far altro che leggere diagnosi
giornalistiche spaventose.
Curzio Maltese su "Repubblica" oggi scrive: se per i padri la politica era
impegno ed ideali, per i figli è in vendita a cinquemila euro. E cita il vecchio
sindaco di Genova, Beppe Pericu, secondo cui "E' una storia di padri e figli e di
mancata trasmissione di valori".

Ci diranno i sociologi se le colpe dei figli debbono ricadere sui padri.


Adesso ci accontenteremmo che i politici che appartengono alle aree degli
antichi impegni e dei tramontati ideali, non facessero finta di non vedere.
Dice Maltese che i vecchi diessini oggi possono "liberamente odiarsi nel Pd".
Succede non soltanto a Genova, ma pure a Bologna, e chissà in quante altre
illustri città. Di cui non si parla sui giornali forse per quella moda della politica
"spettacolo" che impedisce una lettura critica delle singole realtà a livello di
cronache nazionali.

Sono momenti cruciali per il Pd che sta perdendo ogni giorno di più la
credibilità della sua missione, la generosità e la genialità del progetto
prodiano.
Litigano tra loro i vecchi diessini, le volpi 'cattoliche' sperano di trarne
vantaggio, ma nel gorgo della confusione corrono velocemente anche loro.
Anche loro ne saranno travolte.
Anche perché dall'altra riva del Tevere sempre più stretto, ieri il papa ha
benedetto le larghe intese fra destra e sinistra, dicendo di gioirne.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 199
Ma questo significa soltanto che lo spazio di manovra dei "margheritini"
d'antan, è nullo. O quasi.
La crisi del Pd e della sua componente cattolica, è confermata anche oggi da
un nuovo intervento (giustissimo e condivisibile, per carità) del cardinal
Bagnasco. Che nel sottolineare l'importanza del ruolo degli immigrati nella
nostra società, svolge una funzione supplente sostituendosi all'opposizione di
governo. Per cui la Chiesa si fa canto e controcanto, esulta di gioia e
bacchetta il governo.
Tutto ciò, sia detto senza offesa e con il massimo rispetto, non s'adatta molto
ad una concezione laica della vita politica.

Anche oggi il presidente Napolitano ha auspicato che si faccia "un largo


accordo tra tutte le forze democratiche" per le riforme costituzionali.
La formula che ha usato, ci scusi il presidente, è quella dell'epoca in cui in
parlamento le forze politiche si distinguevano fra "democratiche ed
antifasciste" e le altre che tali non erano oppure non erano considerate tali.

L'augurio di Napolitano finisce per essere un richiamo retorico e vuoto di


contenuto, nell'emergenza concreta di un'Italia che va in rovina, con i fiumi
che straripano, la corruzione che dilaga anche là dove meno te l'aspettavi, e la
minaccia di un colera-bis per la mondezza napoletana con l'arrivo del caldo.

Rifiuti, fiumi, onestà svanita non richiedono nulla dalla Costituzione, ma tutto
dalla correttezza di chi governa ad ogni livello.
Brunetta03g Il bravo prof. Renato Brunetta ha entusiasmato gli italiani
annunciando di voler cacciare i fannulloni della pubblica amministrazione.
Appartengo ad una famiglia che da quattro generazioni ha lavorato nella
pubblica amministrazione. Le frasi come quella di Brunetta le ho sempre
quindi ascoltate attentamente. Non sono nuove queste parole del ministro
berlusconiano dal dolce sorriso.

Noi abbiamo purtroppo un'Italia che è come la Lombardia di don Rodrigo, dove
la gente è qualcuno purché abbia un padrone.
Signor Ministro lei non se ne è mai accorto, evidentemente.
I "protettori" contano, eccome. Soltanto quelli delle donnine però finiscono
dentro. Gli altri fanno i loro comodi alla faccia di leggi, decreti e prediche.
[Anno III, post n. 159 (536)]

29/05/2008
La gioia del papa

"Avvertiamo con particolare gioia i segnali di un clima nuovo, più fiducioso e


più costruttivo". Parole di papa, quindi da prendere come oro colato.
Se lo dice lui che dobbiamo gioire per gli ammiccamenti fra Veltroni e
Berlusconi, possiamo essere sicuri che ha le sue buone ragioni (non c'entra
certo l'eliminazione dell'Ici...).

Purtroppo nella Storia (scusate l'arrogante maiuscola), le ragioni dei papi non
sono mai state quelle del popolo o delle plebi come si diceva una volta.
Se il papa-re avesse applicato il Vangelo in casa propria, sai che figura.
Ancora oggi in Vaticano c'è una fitta schiera di gentiluomini dal sangue nobile
che fingono e fungono da "camerieri segreti di Sua Santità" nelle sfilate lungo
le ampie sale percorse dai pontefici. Insomma quei tipetti come il marchese
del Grillo, che speriamo essere oggi senz'altro migliori del personaggio antico
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 200
interpretato da Alberto Sordi.

Fatto sta che oggi il papa gioisce, ma nella consapevolezza che per l'Italia le
cose vanno molto male.
Infatti ha detto che esiste il problema povertà. Ma ha subito aggiunto due
cose.
La prima: la vera «grave emergenza» è quella educativa provocata "dal
relativismo pervasivo e aggressivo della cultura contemporanea" (per cui ha
bussato a soldi per le scuole cattoliche).
La seconda: la gente ha compreso che ci vuole una nuova politica, quella che
fa gioire il papa, e che potrebbe risollevare la nostra sorte verso "una nuova
stagione di crescita economica ma anche civile e morale".

Occhei. Ma umilmente vorremmo suggerire qualcosa a quelli che spiegano le


cose al papa, il quale poi le proclama apertis verbis: signori monsignori,
andiamoci piano con questa "gioia", con questa certezza che tutta l'Italia è
unita sotto l'ombrellino che ripara graziosamente Walter e Silvio.

La gente non crede al loro ombrellino, monsignori eccellentissimi. La gente sa


che i problemi ci sono. Quelli del pane sono sempre stati i più semplici da
risolvere. Quelli politici no. Proprio oggi una veltroniana di ferro come Miriam
Mafai elenca su "Repubblica" i problemi che la segreteria del Pd deve
affrontare per avere "un proprio, vitale e ricco rapporto con il Paese".
I problemi del pane, santità, la gente li può risolvere andando all'elemosina,
che fa grande l'anima di chi dona e fa acquistare beni in cielo a chi allunga la
mano. Personalmente siamo non per l'elemosina ma per la giustizia. Ma non
tutti quelli che praticano la carità verso il prossimo amano altrettanto la
giustizia, perché (politicamente) troppo costosa ed "ingombrante".
C'è chi calza Prada sul soglio pontificio e chi ricorda "l'albero degli zoccoli".
Bisognerebbe, monsignori, che il titolo di quel film, lo traduceste, al papa
tedesco.

Monsignori eccellentissimi, permettono una domanda? Nel "relativismo


pervasivo e aggressivo" rientra anche la "bigamia" degli osannati politici di
destra?
[Anno III, post n. 158 (535)]

28/05/2008
Brunetta, il Grande

Grande è la confusione che regna sotto il cielo d'Italia. Afasico, il capo del
governo. In ritirata il governo, per la questione di Rete4. Per la quale
sembrava che l'opposizione fosse costituita da visionari impuniti. E per la
quale la maggioranza credeva che il "patto tra gentiluomini" (molto inglesi nel
gesto e molto trasformisti nella sostanza), stipulato dal cavaliere e da Veltroni,
potesse portare ad un silenzio assoluto su quel piccolo particolare del
salvataggio di Rete4.

In molti si sono evidentemente sbagliati. Berlusconi nel tentare il colpo gobbo.


I suoi fidati uomini di partito nel dire che certi oppositori che si opponevano sic
et simpliciter come vorrebbe naturaliter il loro ruolo, erano in preda a
vaneggiamenti inconcludenti. Infine qualcuno nel Pd, non sappiamo chi, ma
certamente molto in alto.
E questo qualcuno, quando ha visto che la palla la teneva soltanto Antonio Di
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 201
Pietro correndo velocemente verso un gol irresistibile, allora è sceso in campo
pure lui con le scarpette chiodate, ed alla fine tutto è finito bene.

"Il governo toglierà le parti più scandalose del provvedimento" rassicura il


deputato del Pd Paolo Gentiloni. Il sottosegretario Paolo Romani ovviamente
non può che accusare Romano Prodi. Il quale ha lasciato in eredità il problema
affrontato parzialmente e quindi non risolto, della gestione delle frequenze tv.

Signori del governo, è inutile che ve la prendiate sempre con Romano Prodi, ci
pensano già i suoi allievi e figlioli spirituali, la vostra è fatica sprecata. E poi
non tutti gli italiani sono di corta memoria e di ridotte capacità mentali.

Noi che ci consideriamo moderatamente capaci di intendere e di volere, però


sappiamo apprezzare chi è più dotato di noi. Per questo motivo esprimiamo
lode, consenso, apprezzamento e giubilo davanti alla frase pronunciata dal
ministro Renato Brunetta: "Io sono un bravo professore".

Temporibus illis ci avevano insegnato che debbono essere gli altri a giudicarci.
Ma fa egualmente bene il prof. Brunetta a considerarsi un ottimo docente:
ricorrendo a quel vecchio principio politico che si chiamava
autodeterminazione. Che una gentile signora mia concittadina, avvezza a
scrivere versi, traduceva in questa affermazione: "Sono un'ottima poetessa,
non me lo dice nessuno, e me lo dico da sola".
Mia nonna Lucia avrebbe aggiunto: "Chi si loda s'imbroda". Renato Bunetta
non per merito suo fa anche tenerezza con quel suo dolce sorriso che non
tutte le persone di non eccessiva statura hanno dipinto sul viso. Pensate un
po' al ghignetto fanfaniano.

Grande è la confusione che regna sotto il cielo d'Italia, dicevamo all'inizio. Ma


fortunatamente abbiamo un "grande" ministro che simpaticamente
autocertifica la sua sapienza. Quale altro Paese europeo potrebbe vantare
questo primato?

Assieme a quello della nuova inchiesta giudiziaria delle "mani sporche", nel
senso che si parla di immondizie. Chi va al mulino s'infarina... e proseguite voi.
Perché sembra che le "balle" non fossero soltanto quelle piene di rifiuti buoni
o cattivi, ma pure quelle che certuni raccontavano agli altri per non rifiutare i
rifiuti, anzi per considerarli benvenuti.
[Anno III, post n. 157 (534)]

27/05/2008
Strade facendo

A Roma si pensa alla intitolazione di strade a Craxi, Almirante e Berlinguer,


dopo il primo tentativo di proporre soltanto quella del segretario dell'Msi.

Per contrapposizione mi torna in mente la notizia che mi ha dato tempo fa uno


studioso di Riccione. Dove è stata cancellata la "via Jan Palach", il martire
politico del 1969, uccisosi per protestare contro i sovietici.

In cambio a Riccione non si dimenticano di un suo illustre villeggiante del


passato, il cavaliere Benito Mussolini che nella Perla Verde si fece costruire
una villa, alla quale è adesso dedicato un libro, "Una finestra su Riccione".
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 202
Di questo volume non posso parlare spassionatamente perché sono molto
amico di una delle autrici, Nives Concolino; del presentatore ufficiale alla
manifestazione organizzata dal Comune, il prof. Giorgio Tonelli; dell'assessore
alla Cultura ed alla Pace del Comune di Riccione Francesco Cavalli; e
dell'editore del testo, Mario Guaraldi (che in passato ha pubblicato anche un
mio piccolo libro, "Anni Cinquanta").

Tonelli è docente di "Teorie e tecniche del linguaggio radiotelevisivo"


all'università del Molise", e giornalista Rai della sede di Bologna, da dove di
solito intervistava Romano Prodi.
L'ho conosciuto nel 1982 presso la redazione del settimanale diocesano
riminese "il Ponte", del quale suo fratello don Giovanni Tonelli era redattore
capo, prima di diventare direttore, carica che conserva tuttora. Nives
Concolino è redattrice dello stesso settimanale.
Alla curia riminese fa capo anche un'emittente radiofonica e televisiva, che
era 'governata' dall'assessore Francesco Cavalli, e che fino a poco tempo fa è
stata diretta da una gentile signora figlia di miei 'vecchi' colleghi, fresca
deputata nel Parlamento italiano.
Marioguaraldi L'editore del volume "Una finestra su Riccione", Mario Guaraldi,
è un personaggio famoso nel mondo della cultura italiana, soprattutto per i
suoi antichi trascorsi imprenditoriali nel settore dei libri a partire dal 1971. Ora
anche lui è docente universitario ad Urbino. Oltre che componente del
consiglio di amministrazione del settimanale della Curia di Rimini, "il Ponte". E
fans di Rosy Bindi.
Come si vede sono tutte persone importanti e note. Per cui merita la
segnalazione della loro iniziativa editoriale.

Forse Francesco Cavalli potrebbe spiegarmi le motivazioni che hanno spinto il


Comune di Riccione a cancellare Jan Palach dalla toponomastica locale.
Se ne ha voglia (e se glielo fanno sapere) può scriverne anche in un
commento al mio post.

L'ultima volta che ci siamo incontrati, l'anno scorso in centro a Rimini, era una
giornata talmente buia che mi faceva apparire più invecchiato di quanto non
lo sia nelle giornate di sole, per cui non mi ha riconosciuto, né io ho voluto
disturbarlo essendo lui in compagnia della signora.
Così è successo anche con la neo-deputata, però in giornate di sole, ma lei
correva in bici verso il Comune dove allora era assessore.
Con gli altri che ho nominato, i fratelli Giovanni e Giorgio Tonelli, l'editore
Mario Guaraldi e la scrittrice Nives Concolino, le cose sono andate meglio ed
abbiamo avuto sempre cordiali incontri. A tutti complimenti ed auguri.
[Anno III, post n. 156 (533)]

26/05/2008
Balle e non fatti

Notizia freschissima: la mia città Rimini è al primo posto in Italia per


l'integrazione (dato ricavato da: percentuale matrimoni misti; livello di
educazione stranieri; scolarizzazione bambini stranieri).

Ma è al 22° per la "diversità", ed al 12° per il suo atteggiamento verso i gay.


L'indice di tolleranza che si ricava sommando questi tre dati, la pone al quinto
posto fra i 103 capoluoghi di provincia.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 203
Però se facciamo la somma di classe creativa, capitale umano e talento
scientifico, si arriva soltanto al 21° posto. Per la "tecnologia" siamo
dodicesimi. Non so se questi due ultimi dati abbiano relazione con quello della
"integrazione.

Dunque, siamo una città «antica e aperta» come la definì un illustre studioso,
il compianto prof. Giancarlo Susini, docente di Storia all’Università di Bologna.
Adesso accantoniamo un attimo le indagini sociologiche come quella che ho
citato (e che è prodotta dalla rivista ‘Arel’ diretta da Enrico Letta, espressione
dell’agenzia di ricerche e legislazione fondata da Beniamino Andreatta).

Limitiamoci a dati di cronaca riproposti recentemente: e che riguardano la


malavita nel settore della prostituzione.
In breve, si racconta ancora la leggenda metropolitana che tra 1998 e 2004 la
prostituzione era praticamente scomparsa dal lungomare di Rimini (per merito
del sindaco di allora e del compianto don Oreste Benzi), per poi ritornarvi
improvvisamente nel 2005.

Ecco: quando in indagini serie si riportano ancora oggi (ho sotto gli occhi i
quotidiani del 22 maggio 2008), queste "leggende" che corrono il rischio di
essere ribattezzate balle, si ignorano sfacciatamente i dati più drammatici
delle varie commissioni antimafia, dei vari magistrati che a livello nazionale
studiano e perseguono i reati legati al mondo della prostituzione e dello
spaccio, si fa finta di ignorare un fenomeno tutto locale, cioè il profitto edilizio
se così si può chiamare: alti costi per affitti e vendite, dato che c'è chi ricicla
qui il denaro. Tutti lo sanno, lo mormorano, ma solo l'antimafia lo dice
apertamente, un giorno all'anno o al biennio, e poi tutti fanno finta di niente.
Non interessa nulla la salvaguardia del perbenismo con il lungomare libero
quando di fanciulle a pagamento erano pieni certi locali da visite della "buon
costume".

Se "I temi di riflessione non mancano", come sostiene oggi lo storico Massimo
L. Salvadori in conclusione di un pezzo ("La sinistra e le crisi politiche")
pubblicato da "Repubblica", allora uno dei temi del Pd che governa Rimini
potrebbe essere proprio questo, al di là dei dati statistici apparsi oggi: quale
legame c'è fra l'integrazione e la diversità in una città che non è soltanto una
dei capoluoghi delle province italiane, ma ha tutta una sua dinamica, tipica ed
oscura (lavoro nero, evasione fiscale, riciclaggio, ecc.)?

Come ho già osservato qui sopra, l'unico dibattito pubblico della campagna
elettorale del Pd riminese, è stato sulle "parole da salvare" dal nostro dialetto,
per tramandarle dai nonni ai nipoti.

Quindi da un canto ci sono le leggende o balle sui fenomeni gravi che


scompaiono magicamente, e dall'altro le vanità un po' crepuscolari sul
"dialetto da salvare". Nel mezzo restano i "fatti" che nessuno sembra abbia
voglia di prendere in considerazione.
Si sta perdendo tempo prezioso, non tanto a favore dell'opposizione, ma per
uno sviluppo ordinato della città. L'opposizione romana non fa paura. Il
modello Rimini è forte. Alle ultime comunali (2006) il centro-sinistra ed An
hanno sottratto a Forza Italia il 52,13% dei voti.

Ripeto quanto ho già scritto qui: dietro a tutto ciò sta un compromesso politico
per nulla segreto, con due assessori all'edilizia defenestrati perché contrari al
troppo cemento, e poi un bel risultato elettorale. Se una fetta del Polo vota per
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 204
il Centro-sinistra, è segno che con la sua precedente amministrazione il
Centro-destra (od almeno una sua parte) non se l'era poi passata così male.
Poi, nel luglio 2006, l’ex candidato sindaco del Polo decide di non votare
contro la giunta ma di astenersi sulle linee programmatiche del governo
cittadino.

L'ho chiamato "modello Rimini". Osservando proprio un anno fa che forse esso
non dispiaceva ai Ds nazionali.
Purtroppo i fatti mi stanno dando ragione. Veltroni ha condotto tutta la sua
campagna elettorale confidando che si ripetesse il miracolo di quel modello.
Adesso il miracolo sta nel fatto che Veltroni fa l'occhio dolce a Berlusconi.
Modello rovesciato, inciucio assicurato?
[Anno III, post n. 155 (532)]

Gradisca

Il prof. Gian Luigi Beccaria, nel numero di sabato scorso di "Tuttolibri" della
"Stampa" tratta delle parole italiane più note all'estero. E ricorda che a Nuova
York c'è il ristorante "Gradisca", ispirato ovviamente a Fellini ed al suo
"Amarcord".

Su Gradisca pubblico una mia nota apparsa nel 1989, nel settimanale riminese
"il Ponte" e poi raccolta in "Quanto basta", volume del 1992.

Non si muove foglia che Fellini non voglia. Il regista mi piace, è un genio. Mi
vanno stretti invece i suoi imitatori che, continuamente, tirano in ballo l'autore
di «Amarcord».
Proprio in questo film c'è Gradisca che, all'arrivo del federale, inneggia al
duce, mentre il podestà proclama che l'Adriatico è sempre stato il più fascista
dei mari. Con il nome di Gradisca, all'Apt hanno battezzato un progetto
informatico sulle disponibilità alberghiere.
Dopo il richiamo alla filosofia, con la «Città del Sole» di Campanella (titolo che
aveva etichettato tutta la costa del circondario), si scomoda una figura
felliniana, sull'origine del cui nome esistono due versioni: quella patriottica,
legata ad una località carsica del primo conflitto mondiale; e quella più
accreditata, derivante da meno nobili ideali (sempre di disponibilità
alberghiera in fondo si trattava), con quella terza persona del verbo gradire
coniugato proprio all'epoca in cui non si usava il lei, ma il solenne voi della
clownerie fascista.
Il dott. Piero Leoni, non quale presidente dell'Apt, bensì quale comunista,
propone di ribattezzare il turismo come «industria delle relazioni». Legittime o
adulterine?
A Riccione, scrivono i giornali, il sindaco Pierani «provoca un brivido
d'emozione» al neonato club degli amici della Perla Verde.
Sempre a Riccione, l'estiva «Radio festa» è annunciata così: «Una scena
nuova per vedere, guardare, sfiorarsi; tra le quinte l'evento che ascolta se
stesso, lo vede e lo evoca. Si apre la corte nuova, e l'aedo ormai antico, la
radio, lo canta». Sembrano versi alla D'Annunzio.
In questo clima un poco demodé, Riccione viene definita «la Cortigiana».
Peccato che il termine un tempo non fosse molto lusinghiero. Vero, Gradisca?
[1989]
[Anno III, post n. 154 (531)]
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 205
25/05/2008
Prodi, no Japan

L'attenzione delle cronache politiche verso il Pd in fase pre-elettorale è stato


centrata sul folclore del personaggio unico, l'uomo solo al comando. Adesso
Walter Veltroni confessa: mi sono fidato troppo delle piazze piene.
A Rimini avevano scelto una piazza piccola ma storica, quella nata attorno
all'arco d'Augusto (per volontà di Mussolini). Veltroni ne ha riempita solo
metà, il lato monte, causa posizionamento strategico (leggasi furbesco) del
palco. C'erano non più di duemila persone. Non le ho contate una per una, ma
ho visto lo scenario. Ai giornali è stato passato il conto di ottomila.

Prima delle elezioni non si è discusso né in sede locale né in sede nazionale


della scelta dei candidati 'grigi', non le celebrità di bandiera da portare ad
esempio urbi et orbi.

Adesso le cronache giornalistiche della periferia dell'impero romano debbono


per forza di cose occuparsi dei tormenti del Pd, come nel caso di Bologna.
Dove l'edizione locale di "Repubblica" oggi ha un pezzo del prof. Gianfranco
Pasquino intitolato "Fragile Pd si avvicina il punto di rottura".

Invece i burocrati del partito (non siamo a Bologna ma nella stessa regione),
se la prendono con i dissenzienti "prodiani": "Chi pensa alla vecchia Unione è
un giapponese che vive nella giungla".

Ma che giapponesi, signori dell'apparato: Veltroni è stato scelto da un milione


di persone in meno (2007) rispetto a quelle che avevano indicato Prodi
candidato (2005), in tutto 4 milioni e 300 mila. Prodi candidato raccolse 19
milioni di suffragi. Due anni dopo Veltroni si è fermato a 12 milioni. Secondo i
burocrati del partito, allora avremmo sette milioni di giapponesi nella giungla?

Signori, avete perso le elezioni, ed invece di dire che è necessario ripensare


tutto perché per il "Fragile Pd si avvicina il punto di rottura", teorizzate
astrattamente accuse di arretratezza mentale per chi non vi ha votato?

Gli stessi burocrati periferici (ex ds) annunciano che non accetteranno ronde e
manganelli ma "un presidio democratico e civile del territorio". Aspettiamo la
precisazione dell'ala cattolica con l'aggiunta del "porgere l'altra guancia". Ma
questi burocrati periferici del Pd, ci sono o ci fanno?
[Anno III, post n. 153 (530)]

24/05/2008
Grazie e giustizie

Gentile Giovanna Melandri, leggo una dichiarazione che i giornali le


attribuiscono sulla proposta di concedere alla signora Anna Maria Franzoni la
grazia prevista dalle leggi dello Stato dopo la condanna a 16 anni di carcere.
Le avrebbe detto: "Mi pare quantomeno prematura" l'iniziativa in proposito
avviata da "Liberazione".

Se queste sono state le sue parole e se esse manifestano appieno il suo


pensiero, permetta una semplice obiezione.
Una persona che, colpevole per la legge, deve lasciare due bambini
"abbandonati" a casa per scontare la pena isolata in una cella lontana da
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 206
tutti, onde evitare la rabbia e l'odio delle altre detenute, è una persona che
non sconta pure la colpa se l'ha commessa, ma su cui infierisce la misera
giustizia umana.

Il titolo del dicastero che l'amministra, affianca alla parola "giustizia" anche la
"grazia", come ricordo di un potere sovrano esercitato dal governo in nome
del popolo.

Orbene, davanti alla considerazione della vicenda drammatica in sé (che nelle


condizioni di detenzione di isolamento carcerario per i motivi ricordati sarebbe
in violazione del dettato costituzionale della "rieducazione del reo"), davanti al
primato della legge che accanto alla "giustizia" prevede anche la "grazia":
ecco in questo quadro rigidamente freddo nella sua dolorosa articolazione,
davanti a tutto ciò, lei avrebbe soltanto detto che è "quantomeno prematura"
quella proposta di grazia.

Signora Melandri, dica sì o no, usciamo dal giochetto politico di chi è abituato
a parlare con un lessico che serve ai colleghi di partito od all'avversario di
turno.
Lasci a Veltroni giostrarsi con frasi come quella pronunciata sulla vicenda di
Rete4, "non capisco tutta quella fretta".

Personalmente credo che la signora Franzoni non abbia ucciso il figlio. Che sia
stata mal consigliata sin dall'inizio nella gestione 'mediatica' della sua tragica
vicenda. Che finisca per essere lei la seconda vittima di quella storia che è
stata aggredita e massacrata da esperti e commentatori di ogni tipo e valore.
Ma questo non c'entra con il discorso sulla "grazia" che è una istituzione
giuridicamente lecita, anche per altre persone (un solo nome, Bruno
Contrada).

Avremo un Paese diverso quando il clamore della politica ed il potere di un


premier non produrranno frasi come quella di Berlusconi sulla "oppressione
giudiziaria". Pronunciata all'assemblea di Confindustria.

"Contro" chi sa parlare soltanto di "oppressione giudiziaria", lei on. Melandri,


dica sinceramente sì o no, per la vicenda della signora Franzoni (e di tante
altre persone), non si limiti a definire "quantomeno prematura" quella
proposta di grazia.
E permetta una domanda: "quantomeno prematura" rispetto a che cosa?
[Anno III, post n. 152 (529)]

23/05/2008
Balanzone non insegna

La vecchia scuola bolognese del dottor Balanzone scricchiola sotto il nuovo


che arretra.
Nel capoluogo dell'antico modello emiliano (il capitalismo in salsa rossa, alla
fin fine), litigano di brutto sindaco e presidente della Regione.
Ma questa volta non si tratta di un regolamento di conti limitato ad una città o
ad un territorio ad essa legato per obblighi amministrativi.

Questa volta non si litiga in casa comunista o diessina soltanto. Questa volta
le ombre lunghe dei lunghi coltelli che minacciano autorevoli schiene, si
proietta sul neonato Pd, dove la quota "margheritina" non può fare da paciera,
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 207
né può parlare perché le urla altrui impediscono alla sua voce di farsi
ascoltare.

Il guaio peggiore è che il regolamento interno alla quota "quercia", avviene nel
momento teso per l'offensiva di governo sopra tanti argomenti che
meriterebbero attenzione, e che alla fine si riducono alla prevedibile manovra
"salva Rete4".

Strano e triste destino quello del nostro Paese, di non comprendere la


complessità del mondo. Si mira ad una velleitaria semplificazione
dell'esistente, con un misto fatto di arroganza gesuitica e post-stalinista da
una parte, e dall'altra dell'eterno gusto per il trasformismo per cui non si ama
il rischio ma la rendita di posizione: "sia di Franza sia di Spagna, basta che se
magna".

Immaginiamo Veltroni felicissimo delle rogne napoletane della monnezza per


l'attuale governo. Ma non si illuda che ciò faccia dimenticare i fatti del
passato. Chi governa la Campania, suvvia?

Il Pd nascendo ha perso la più bella occasione che si fosse offerta all'Italia per
rinnovarsi.
Hanno spacciato per rinnovamento le scelte di rappresentanti che hanno pochi
meriti e molte "armature" di sostegno, come i vecchi palazzi riverniciati.

In un primo momento chi è stato sacrificato, ha detto che le nuove


candidature le aveva proposte lui. Poi, finita la festa e rimasto gabbato, il
"sacrificato" ha ripreso la solita manfrina di tutti i vinti. Che vogliono far fuori
questo, scalzare quell'altro per restare sulla scena perennemente ed a tutti i
costi. E questo lo chiamano la novità del Pd.

Il dottor Balanzone non insegna più nulla a nessuno, è un po' come il dottore
che visita il paziente morto il cui posto è stato preso da un Gianni Schicchi
vivo e vegeto. Ed il dottore commenta il suo "miracolo": "Tutto il merito è
palese va alla scuola bolognese".

Veltroni sa chi ringraziare, mentre la scuola bolognese annuncia il suo


tramonto.
Regolati i conti in quella periferia dell'impero che era la capitale della "chiesa
rossa", la questione s'estenderà anche fuori dall'Emilia, ricordando la
monnezza di Napoli e certi scandali del Nord di queste ultime ore.
Gli ex margheritini si ritireranno in qualche convento per esercizi spirituali,
non avendo la forza di pronunciare parole decisive.
Allora forse qualcuno penserà (grato?) a Romano Prodi.
[Anno III, post n. 151 (528)]

22/05/2008
Come volevasi dimostrare

Quando a scuola dimostravamo i teoremi (se ci riuscivamo), era d'obbligo


concludere con la sigla "cdd", ovvero "come dovevasi dimostrare".

In politica, con la patologia democratica (PD) vigente, possiamo affermare


che, "come volevasi dimostrare", finalmente il segretario Walter Veltroni ha
cominciato a capire in qual modo vanno le cose di questo mondo con "questi"
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 208
uomini di "questo governo".

Oggi infatti Veltroni ha promesso opposizione dura (l'aggettivo è nostro, lui ha


parlato di "opposizione che merita") alla "cosa" di cui andiamo a parlare.

La "cosa" è l'annosa questione di Rete4. Emilio Fede doveva andare sul


satellite, è ancora sulle reti terrestri.
L'unico che si è agitato sinora a difendere la dignità ed il rispetto del Diritto, è
stato il "solito" (sia detto con tutta la simpatia e tenerezza per i suoi slanci
ideali) Antonio Di Pietro: "Il Presidente del Consiglio si fa una legge a suo uso e
consumo. Questa volta il governo ha presentato una proposta criminogena per
salvare Rete4. Ancora una volta saranno gli italiani a pagare per Silvio
Berlusconi. E' un emendamento per aggirare la sentenza della Corte di
Giustizia europea e quella della Corte Costituzionale italiana, che danno
ragione a Europa7".

Aggiunge Di Pietro: "Piuttosto che dare immediata esecutività a quella


sentenza, come sarebbe avvenuto in qualsiasi Paese democratico, il nostro
Governo risponde con un emendamento per aggirarla. Quella gara fu vinta da
Europa7 a cui non è stato mai permesso di trasmettere fin dal 1999. Oggi
Rete4, se dovesse passare questo emendamento, continuerebbe a farlo, in
barba a qualsiasi rispetto delle leggi e delle sentenze. Berlusconi è un uomo di
cui non ci si può fidare e che antepone gli interessi delle sue aziende a quelli
della collettività che dovrà pagare 350 mila euro al giorno con effetto
retroattivo dal primo gennaio 2006 per vedere Emilio Fede: 127 milioni di euro
annui, questo il prezzo pagato a Rete 4 dagli italiani".

Questa volta il buon Veltroni non può far finta di nulla e menare il can per l'aia
dell'opposizione cordiale. Qui si sta giocando la credibilità del primato della
Legge.

Comprendiamo benissimo l'imbarazzo che può provare Veltroni davanti a


questi colpi di mano del governo. Va a farsi benedire tutto il progetto che
aveva tessuto a grande fatica, conclusosi con la sconfitta elettorale. Che il
segretario del Pd ha intimamente considerato una doppia vittoria: contro gli
estremisti comunisti e contro l'ulivista Prodi.

Non possiamo dire: contento lui... Perché tutt'attorno c'è gran fervore nelle
polemiche, ciò che potremmo sintetizzare con una parola del lessico giovanile:
c'è un gran casino.
Discutono su Cofferati che non vuole alleati a sinistra. Gli rispondono i colleghi
sindaci della sua regione: sì, così andiamo a casa tutti la prossima volta.

E gli eletti? Oh, mio Dio: provoca brividi e tremori isterici il sentirsi fare la
lezioncina moralistica, pedagogica e catechistica che in fin dei conti il Pd non
fa altro che riproporre la grande lezione dei "padri della Patria" De Gasperi,
Togliatti e Nenni.

Ma vogliamo scherzare? Allora c'era stata una guerra 'internazionale' e 'civile'


(interna al Paese).
Allora c'era il buon Palmiro che nei comizi prometteva di prendere a calci "in
una parte del corpo" che non voleva nominare il povero Alcide dopo
l'immaginata vittoria del 18 aprile che fortunatamente non ci fu (v. Montanelli,
vol. 9 della "Storia d'Italia, pp. 439-440).
Era quel Togliatti a cui qualche peccatuccio sulla coscienza credo che la gente
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 209
attribuisse per il trattamento riservato in Urss a tanti connazionali scappati
dall'Italia e considerati spie fasciste...

La Costituzione del 1948 invocata come modello per la politica del Pd di oggi,
non c'entra nulla. Per cortesia, se non avete argomenti migliori da accampare,
statevene zitti. Sulla Storia e sui suoi drammi passati non si scherza.

Mio padre, come il 99% degli italiani aveva avuto la "cimice", ovvero lo
stemma del Pnf al bavero della giacca, ma siccome era impiegato comunale
dovette passare all'esame della Commissione d'epurazione.

Ho rievocato la faccenda in un articolo apparso il 7 gennaio 2001 sul


settimanale cattolico (della Diocesi) di Rimini, "il Ponte", in una puntata [n.
788, Compromessi politici (e mafiosi) del Dopoguerra] della rubrica che ho
tenuto per 24 anni dal 1984 al 2006.
Ne riproduco la parte centrale.

"Sono nato nel 1942, di quei giorni non ricordo dunque nulla. Nella memoria e
nell’animo sono rimaste però le parole raccolte nei successivi conversari
casalinghi. Il ritorno alla normalità fu aspro. Mio padre che era impiegato
comunale, tesserato fascista sino al 25 luglio 1943, caduta di Mussolini, quindi
senza alcuna adesione alla repubblichina di Salò, fu sottoposto ad epurazione.
I nuovi arrivati nella Pubblica amministrazione gli dissero di andare con moglie
e figlio a mangiare l’erba ai fossi. L’umiliazione inferta a mio padre resta non
soltanto come piaga mia ma pure quale testimonianza della perfidia delle
persone che per bassi motivi (ovviamente, fregargli il posto a favore di
qualche protetto), oltraggiavano un uomo innocente.

(...) Proprio qui sul Corso, davanti ad una libreria, un compagno prese a ceffoni
un altro compagno per aver quest’ultimo militato nella repubblichina come
guardia del corpo del ‘terrore di Rimini’. Come mai, chiedo, la vigilanza
rivoluzionaria dei compagni si era allentata tanto, al punto di accogliere l’ex
repubblichino, attorno al quale poi il partito avrebbe fatto quadrato per
decenni, mentre un uomo qualunque come quell’impiegato comunale dovette
essere sottoposto al Tribunale della Storia perché tesserato fascista sino al 25
luglio 1943? Non ricevo una risposta razionale. Uno scrittore mi obietta che i
casi personali non contano, che il racconto dei fatti deve depurarsi da essi, per
poi essere affidato alla serenità del giudizio degli Storici.

Qualche giorno dopo ho letto che la moglie di Antonio Gramsci era una spia
dell’Nkvd (il Kgb del tempo). E che la cognata Tania, ritenuta sempre un
Angelo Custode di Gramsci e come tale eternamente celebrata, era pure lei
una spia di Mosca. Giuliano Gramsci, figlio di Antonio, non ha mai voluto
vedere né parlare con la zia Tania: lo ha confidato Olga, figlia di Giuliano, a
Massimo Caprara nel libro "Paesaggi con figure". Al citato scrittore incontrato
sul Corso, se avessi fiducia nella razionalità umana, vorrei chiedere: anche
quella di Antonio Gramsci è una vicenda personale di cui non tener conto?".

Due postille. Quel compagno ex repubblichino preso a ceffoni, siede ancora al


Parlamento italiano, fate voi un po' il calcolo dell'età.
Egli fu guardia del corpo del ‘terrore di Rimini’, quello che fece catturare tre
giovani gappisti, i "tre martiri" di Rimini.
I quali, catturati, non parlarono, salvando così la vita dei compagni, tra i quali
c'era pure Guido Nozzoli, comunista, fratello di mia madre. Doveva essere il
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 210
primo sindaco del dopoguerra. Lui avvisò: "Ragazzi, chi ruba va dentro". Ha
fatto 'soltanto' il giornalista.

Igor Mann su "Specchio" del 25.11.2000 lo ha ricordato alla scomparsa:


"Aveva un solo, brutto difetto Guido: era un idealista, un comunista romantico
sicché soffrì molto in Cecoslovacchia, durante l'invasione sovietica. Tanto che,
ad un certo momento, chiese (anzi, pretese) il cambio: "Me ne torno ai fattacci
italiani, fanno soffrire di meno", mi disse. Avevamo fatto insieme il Vietnam, e
anche quella inutile guerra atroce fu fonte di sofferenza per lui. Va detto, però,
che nelle corrispondenze al Giorno mai trapelò il suo intimo disagio. La sera,
dopo aver portato al telegrafo i servizi (non c'erano collegamenti telefonici, né
telefax, allora fra Saigon e il resto del mondo), andavamo a piedi sino a
Cholon. Lui parlava, fumando. Peccato, non aver avuto con me un registratore
poiché i discorsi di Guido erano alta testimonianza di fede: nell'Uomo".
Forse quella fede gli restò per esser stato lontano dalla "politica politicante"
che ci affligge ancor oggi. A proposito della quale, riporto che cosa scrissi
sempre sul "Ponte" di Rimini il 28 gennaio 2001, sotto il titolo "Come sarà la
campagna elettorale":
"La vera campagna elettorale per le prossime politiche è in pratica iniziata
ufficialmente (ancorché non sia stata indetta dal capo dello Stato), venerdì 19
gennaio su tutti i telegiornali nazionali, con un'intervista all'on. Silvio
Berlusconi che si presentava in versione inedita. Dietro la sua immagine non
appariva più la classica libreria ("con i volumi che non ho mai potuto leggere,
per colpa della politica", come più volte ha confessato), ma un cielo azzurro
con qualche accenno di nuvola, lo stesso che caratterizza da parecchi mesi i
suoi maxi manifesti pubblicitari. Lo stesso che si vedeva, quand'ero bambino
io, nei cosiddetti santini religiosi. E sullo sfondo del quale ora appare anche
Rutelli, il leader del polo di centro-sinistra, dopo che i suoi consulenti
intellettuali hanno deciso di fare qualcosa di originale, ovvero copiare le idee
propagandistiche del centro-destra.

Fatto questo non del tutto nuovo, in verità. Pensate a Mussolini, nato socialista
rivoluzionario ed arrivato rivoluzionario fascista. Una lezione, quella di Benito,
che alcuni suoi pronipotini devono non aver dimenticato, se per incarnare
un'eredità politica di sinistra si mettono all'ombra del centro-destra, forse
anche perché sono memori che Berlusconi, senza il governo Craxi, la
televisione privata se la sognerebbe ancora.

I maxi manifesti del Silvio (e di riflesso, quindi, anche di Rutelli) si alimentano


di una serie di slogan che dovranno essere sfornati con una certa originalità di
pensiero di qui all'apertura delle urne. Sarà una rincorsa affascinante che
metterà in campo il meglio degli specialisti. Dovremo fare attenzione a non
confonderci. Ci sono già alcuni rischi. Ogni lasciato è perso, non è
l'autobiografia dell'on. Clemente Mastella, ma il titolo di un film di Piero
Chiambretti.

Immaginiamo che, dopo aver lanciato precise, fondamentali parole d'ordine


(Meno tasse, Città più sicure, Pensioni più dignitose), il tono berlusconiano
salirà: Una sola strada porta a Roma, Con il governo degli onesti pioverà
meno, Mucca pazza l'hanno inventata i Verdi, Arricchiamo l'uranio (avremo più
soddisfazione che se restasse impoverito), La Cuccarini alla Sanità, Costanzo
all'Istruzione, Maria De Filippi alla Previdenza sociale, Spinelli anche ai bidelli,
Aboliamo il Sud, Mike al Quirinale ed Emilio Fede cardinale.
Rutelli sarà intelligentemente lapidario: Non tiratemi le pietre se perderò".
Sono passati sette anni. Cambiate un solo nome, Veltroni al posto di Rutelli, il
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 211
resto è tutto eguale...
[Anno III, post n. 150 (527)]

21/05/2008
Rotture di Maroni

Il governo comincia bene per la Lega. Il ministro Maroni rompe i progetti dei
colleghi che miravano al "patteggiamento". Ovvero ad una modifica al codice
di procedura penale che avrebbe permesso a chi fosse stato imputato per
reati commessi prima del dicembre 2001 di chiedere la sospensione del
dibattimento per due mesi onde poter valutare se accedere al patteggiamento
stesso.

Quella proposta aveva fatto insospettire, perché poteva apparire un


provvedimento "ad personam", cioè elaborato per sciogliere qualche nodo
giudiziario di Berlusconi. Leggasi, processo per falsa testimonianza in cui è
imputato l'avvocato londinese Mills.

Il problema non è se Ghedini (il proponente) aveva quelle intenzioni che gli
vengono attribuite in quanto avvocato di Berlusconi e parlamentare estensore
del decreto. Il problema non è se Berlusconi ci avesse pensato, dato che
neppure negli anni passati, quando ne avrebbe avuto occasione, non aveva
mai fatto ricorso a simili scorciatoie giuridiche.

Il problema è uno solo, illusoriamente simbolico e concretamente minaccioso


per il capo del governo, non sappiamo dirlo, dato che siamo incompetenti in
materia politica per non dire quella calcistica (ma è vero che l'Inter ha vinto il
campionato?). Il problema è che la Lega diventa sempre più 'pesante' nella
gestione politica del gabinetto Berlusconi. Ovviamente il problema non è per
noi, ma per il Cavaliere. Abbandonato da Casini, guardato a vista da Fini,
tenuto a freno da Bossi-Maroni. E senza la Brambilla ministra...
[Anno III, post n. 149 (526)]

20/05/2008
Smemorati

Nel dibattito politico di questi giorni (si è passati dall'abbraccio post-elettorale


ad un piccolo accenno di tensione nella coppia Veltroni-Berlusconi), non si
sono sentite grandi affermazioni di principio.
Piccolo cabotaggio, si direbbe, quello di un governo che di patate bollenti da
pelare ne ha ed avrà parecchie. La gita a Napoli di domani passerà, e che
resterà dopo nelle strade? Non certo qualche briciola di un banchetto.

Veltroni sta facendo marcia indietro, nel Pd ferve un dibattito un po'


accalorato: da soli non si vince alle prossime amministrative. Lo si sapeva
anche prima, ma adesso lo si può dire pubblicamente. Senza calcare troppo i
toni.
La messinscena potrà durare a lungo? Si teme una legge "ad personam" per il
capo del governo, si smentisce, si riscoprono gli antecedenti, le promesse da
marinaio: non sia mai detto, noi utilizzare il condono? E poi, "Una lunga
stagione di sconti per la galassia del Cavaliere".

Oggi Nicolò Ghedini, l’avvocato-deputato di Silvio Berlusconi ha dichiarato:


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 212
“Come potrebbe mai Berlusconi presentarsi a una compagine internazionale
con la richiesta di 60 giorni di sospensione del processo per valutare il
patteggiamento? E’ una follia. Né io né presidente del Consiglio chiederemo
mai un patteggiamento”.

Bravo. Ma noi siamo un Paese di smemorati. Nessuno, se dovesse verificarsi il


fatto della richiesta per ora smentita, avrà modo di ricordarsene.
Non soltanto smemorati, ma afflitti da quella retorica che ci fa dimenticare i
fatti per antipatia personale: il che non sappiamo se sia peggio o se sia
meglio.
Ad esempio "il Riformista" di ieri definiva Travaglio "un reazionario". Dunque,
chiuso il discorso.
A me personalmente non interesse sostenere o 'demolire' nessuno. Mi
impaurisce il fatto che se una notizia è data da "un reazionario", non se ne
debba discutere. Forse l'età mi ottunde il cervello, ma se fosse come penso
(se il verbo non è troppo pretenzioso), ci sarebbe da preoccuparsi: e da
cambiare anche il titolo a quel giornale.

Un'altra cosa di cui ci si è molto dimenticati. Dopo che era nato l'Ulivo
prodiano, si parlò anche di una sua proiezione europea. Oggi non si trova uno
di quelli che stavano con il professore di Bologna (esclusi tre o quattro
fedelissimi) che parlino bene di quell'esperienza.

Tutto ciò che si fa va sottoposto a verifica e giudizio. Ma nessuno dice "noi


abbiamo sbagliato con Prodi", perché "soltanto Prodi ha sbagliato".
È una questione di metodo, non il frutto una simpatia per Prodi, questa mia
constatazione.
Ma quando le questioni di metodo sono accantonate, si perde di vista ogni
razionalità dell'azione sociale e politica.

Il direttore del "Riformista" addebita il caso Travaglio ad "una devastazione


culturale di eccezionale portata" avvenuta nella sinistra italiana. Ovviamente
per colpa di Prodi, che aveva vinto le elezioni, e non di Veltroni che forse
passerà alla storia soltanto per averle perse resuscitando un Berlusconi cotto
a fuoco lento dai suoi amici della Casa delle Libertà.

Il guaio è che la furbissima sinistra a cui pensa Polito si sarebbe fatta fregare
da un vecchio democristiano come Prodi.

Scriveva stamani Angelo Panebianco sul "Corrierone": "Forse la camorra,


come anche nella vicenda dell'assalto al campo Rom, sta mandando un
messaggio al governo e, in realtà, all'intera società italiana, un messaggio del
tipo «questo è territorio nostro, non provatevi a mettervi di mezzo». Sarà
difficile per chicchessia mettersi di mezzo se le istituzioni non remeranno tutte
con lo stesso ritmo e nella stessa direzione".

Questa sera un messaggio al governo arriva da Strasburgo: la commissione


Ue "condanna vivamente qualsiasi tipo di violenza nei confronti dei Rom". È
inutile fare le solite dietrologie su quanto ci hanno detto dalla Spagna
(Zapatero vuol rifarsi una verginità criticando l'Italia). L'Europa ha parlato
ufficialmente.
E non dimentichiamo che critiche al nostro governo sono venute a Strasburgo
pure dal capogruppo dei Liberaldemocratici Graham Watson: in Italia si è
raggiunto verso le comunità di immigrati «un livello di violenza inusuale»,
dovuto anche alla natura della campagna elettorale che «ha portato avanti
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 213
una cultura dell'impunità» per coloro che attaccano gli stranieri.
[Anno III, post n. 148 (525)]

19/05/2008
No comment

Prima di scrivere, sarebbe necessario leggere il testo che si commenta.


Nel post dedicato ad Enzo Tortora, ho osservato, riprendendo una precedente
pagina: "La Giustizia italiana è un labirinto in cui sopravvive soltanto chi,
magistrato o avvocato, conosce le strade per uscire dallo stesso labirinto, ed
accompagna chi «può» essere accompagnato".

Allora, per favore, non mi si faccia dire quello che non ho detto, per
elementare regola del dibattito. Ho parlato di "Giustizia miope": "L'Italia resta
pur sempre il Paese degli Azzeccagarbugli, alcuni con la toga da magistrato,
altri con quella d'avvocato. Siamo ad uno stadio storico che esisteva prima di
Beccaria, prima del 1789, prima del mondo moderno. Siamo in un eterno
medioevo. Ahinoi".

Quindi, per favore, restiamo sul dato di fatto oggettivo. L'anniversario della
scomparsa di Tortora, a cui il TG5 l'altra sera ha dedicato il servizio di apertura
alle 20, è stato l'occasione per ricordare un dramma noto, ma non soltanto
quel dramma personale. Un modo per dire che l'Italia è piena di casi simili.

Le mie parole sono chiare. Cerco sempre di usare espressioni non ambigue.
Come queste che ho riportato: "Le due classi nobili della Giustizia, magistrati
ed avvocati, si passano la palla, recitano la stessa commedia umana. Il
dramma degli imputati che non hanno né soldi né alleanze di potere non
interessa a nessuno. Ed allora non chiamiamola Giustizia, ma burocrazia della
legge penale".

Ma vivaddio, parlo del "dramma degli imputati che non hanno né soldi né
alleanze di potere" e si fa finta che non abbia scritto niente?
Per puro spirito di contraddizione, che si potrebbe definire in mille modi
(populista, demagogico, elitario...), si scrive che preoccupano di più le vicende
degli sconosciuti, piuttosto che la sorte del solito noto...

Se si vuol scrivere senza leggere quello su cui si interviene, allora non mi resta
che un triste "no comment".
[Anno III, post n. 147 (524)]

19/05/2008
Vitelloni, un segreto di Fellini

In occasione della scomparsa di Pietro Cascella, il quotidiano pescarese "Il


Centro" ha pubblicato un'intervista ad uno dei suo più cari amici, Silvano
Console, il quale ha anche parlato del termine felliniano "vitellone".
Ha detto Console di Cascella: "Ricordava, con orgoglio, che il termine
vitellone, che poi Flaiano suggerì a Fellini che, come al solito, se ne appropriò
indebitamente, non aveva niente a che fare con Rimini. Era un termine
pescaresissimo e non si riferisce ai vitelli ma al budello, nel senso di un
mollaccione che perde tempo facendo lo struscio in corso Umberto.
Sulla questione anni fa intervenne Tullio Kezich, il biografo di Fellini, come si
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 214
può leggere in un mio articolo del 2003, che riproduco anche in questo blog, in
una pagina speciale:
Quei vitelloni riminesi nati a Roma
Il ricordo di Alberto Sordi ne ripropone la leggenda.
[Anno III, post n. 146 (523)]

18/05/2008
Non dimenticare Enzo Tortora

Per non dimenticare Enzo Tortora a venti anni dalla sua morte, alle cose
scritte nel post precedente, aggiungo la citazione di altri testi pubblicati su
questo blog.

Parto dal pezzo intitolato "Giustizia miope" (ovvero "il Paese degli
Azzeccagarbugli"), che riproduco interamente, restando ancora attuale il suo
contenuto:

Dovrebbe essere cieca come la fortuna. Ma la Giustizia italiana appare miope.


Non vede bene, quando guarda in faccia a qualcuno. Le sfugge il quadro
d'assieme, per cui viene a mancare al suo compito.
È tardiva, lenta, incerta, contorta, non è giusta la nostra Giustizia. Riforma e
controriforma, leggi vecchie e disposizioni nuove, tutto alimenta il sacrosanto
giro autoreferenziale di chi detiene un Potere, e lo esercita non a vantaggio
della collettività ma del Potere stesso.
Le due classi nobili della Giustizia, magistrati ed avvocati, si passano la palla,
recitano la stessa commedia umana. Il dramma degli imputati che non hanno
né soldi né alleanze di potere non interessa a nessuno. Ed allora non
chiamiamola Giustizia, ma burocrazia della legge penale.
La Giustizia italiana è un labirinto in cui sopravvive soltanto chi, magistrato o
avvocato, conosce le strade per uscire dallo stesso labirinto, ed accompagna
chi «può» essere accompagnato. Gli altri sono numeri e non persone.
L'Italia resta pur sempre il Paese degli Azzeccagarbugli, alcuni con la toga da
magistrato, altri con quella d'avvocato. Siamo ad uno stadio storico che
esisteva prima di Beccaria, prima del 1789, prima del mondo moderno. Siamo
in un eterno medioevo. Ahinoi.

Ci fu un commento a cui aggiunsi due righe di risposta, in "Giustizia miope/2".

Il 6 settembre 2007 pubblicai "Sabani come Tortora", ed il 4 dicembre


successivo "Enzo Biagi ed Enzo Tortora". Riprendo un brano da quest'ultimo.

Biagi «fu il primo a lanciare un appello in suo favore al grido di “E se Tortora


fosse innocente?”».
Biagi scrisse: «Mentre voi leggete questo articolo, Enzo Tortora è a colloquio
con i giudici: sapremo poi, con più esattezza, di quali reati è incolpato, o
meglio di quali deplorevoli fatti si sarebbe reso responsabile. Fino all'ultima
sentenza, per la nostra Costituzione, stiamo parlando di un innocente. Invece,
in ogni caso, è già condannato: dalla riprese televisive, dai titoli dei giornali,
dalla vignetta del pappagallo che finalmente parla e dice: “Portolongone”, dal
commento senza carità di quello scrittore che afferma: “in qualunque maniera
vada, è finito per sempre”. O dell'altro che annota, seguendo la cronaca:
“tempi durissimi per gli strappalacrime”».
[Anno III, post n. 145 (522)]
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 215

18/05/2008
Ventriloqui

Dietro Travaglio c’è di più.


C’è di più di una semplice apparizione televisiva giudicata eccessiva da molti
(ma non da tanti, a quanto pare).
C’è di più di una voce fuori dal coro come lui (una voce che però non è stonata
di per sé).
C’è di più di personaggio antipatico dal carattere “spigoloso” come è apparso
lecitamente a molti.
Dietro Travaglio c’è di più. E ce lo spiega lucidamente l’editoriale di Barbara
Spinelli sulla “Stampa” di oggi. A cui si deve l’aggettivo “spigoloso”, usato in
un contesto che va citato compiutamente: il carattere di Travaglio “non è più
spigoloso di altri astri giornalistici”.
Il caso Travaglio, secondo Barbara Spinelli, è sintomo della malattia (cronica)
che affligge l’informazione italiana, e che consiste nel farsi “dettare l’agenda”
dalla politica.

Un’informazione, mi permetto di aggiungere, che appare muta ma è


sostanzialmente ventriloqua.
Ovvero, non parla collegandosi alla propria testa, ma muove la bocca secondo
le parole pronunciate da altri.
Questo conformismo, aggiunge Barbara Spinelli, nasce dal fascino del potere,
da quell’infantilismo di cui parla Eugenio Scalfari, per cui non soltanto i buoni
vincono ma chi vince e buono.

Senza mancare di rispetto all’autorevolezza di Scalfari, proporrei di sostituire


alla parola “infantilismo” della cultura politica, quella di “servilismo”.

La Storia è dovunque e sempre piena di storie di ladri puttane e spie che


hanno preteso di reggere le pubbliche sorti di uno Stato.
Ma soltanto in Italia essi hanno avuto pure la pretesa di salire persino sulla
gloria degli altari. (E’ l’antico problema del fatto storicamente provato che
abbiamo avuto la Controriforma ma non la Riforma? Piccola deviazione, ci
sono dei begli spiriti italici che di recente hanno imbrogliato le carte,
sostenendo che la Controriforma va chiamata Riforma…)

Maledizione divina o marasma senile che sia, il presente stato della politica
italiana, fa sorridere la nuova uscita di Adriano Celentano. Il quale ci conferma
nell’opinione già antica, che di lui (personalmente) consideravamo ottime
soltanto le esibizioni musicali, non quelle politiche.
Cele140x180 Il vecchio ragazzo della via Gluck scrive al direttore del “Corriere
della Sera” per dire che “Silvio è cambiato”, e lui ci crede. Con l’aggiunta che
il merito è anche di Veltroni…

Anche Eugenio Scalfari parla, nella sua “omelia” domenicale su “Repubblica”,


della “ultima maschera del nuovo statista”. Molto importante è il passo dove
avverte Veltroni: se Berlusconi non condivide, traducendoli in atti legislativi, i
valori legalitari (brutta definizione che uso io per riassumere) del Pd, allora “il
dialogo non potrebbe e non dovrebbe evidentemente aver luogo”.

A proposito del carattere “spigoloso” di Travaglio (fatto già oggetto sui giornali
di soffiate mirate a minarne la credibilità morale), oggi proprio sulla “Stampa”
si parla di un altro carattere “spigoloso” (drammatiche coincidenze della
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 216
Storia, o pura casualità?). In un doloroso articolo di Paolo Martini su Enzo
Tortora a vent’anni dalla morte.

Spigoloso e solitario, il giornalista inventò sul finire degli anni Cinquanta la


radio in diretta sui fatti del giorno (al secondo programma tra le 12.30 e le
13.30). Ma resta famoso per il suo “Portobello”, antologia premonitrice di tutta
la televisione di oggi.
Paolo Martini rivela tre particolari inediti sulla vicenda che (dal 17 giugno
1983) drammaticamente segnò l’esistenza di questo giornalista e
presentatore televisivo sino alla morte. Andate a leggere il suo articolo che, in
pagina sulla “Stampa”, ha un occhiello che fa venire i brividi: “Quegli intrighi
targati Dc”.
[Anno III, post n. 144 (521)]

17/05/2008
Postilla personale

Postilla politicamente scorretta ma autobiografica


Il problema dell'informazione, forse per una questione genetica che semmai
racconterò in altre occasioni, mi appassiona, considerandola un modo, uno dei
tanti, per "fare politica", ovvero partecipare alla vita del nostro Paese, per non
lasciare questa stessa vita in monopolio ai politici.
I quali si trasformano sempre, volenti o nolenti, in una oligarchia che guarda
dall'alto in basso i "semplici cittadini".

Per questo motivo mi sono interessato alla questione di Travaglio, non perché
lui risulti simpatico o no, o perché io lo consideri un salvatore della Patria. Ma
perché le questioni che tratta, riguardano noi tutti.

Dedico a questa postilla una pagina a parte [*] in cui racconto appunto alcuni
eventi personali legati al problema della libertà d'informazione. E d'opinione.

[*] Ecco la pagina a parte di cui parlo sopra.

Nel 2001, l'ho già raccontato qui sopra, successe che certe dame seguaci del
verbo proveniente da Arcore riuscissero a farmi togliere dall'elenco delle
persone che tenevano conferenze storiche in un'associazione cattolica.
Da quel giorno, come scritto in precedenza qui sopra, "mi si è stretta attorno
una cerchia di isolamento sanitario da «evitato speciale» per cui nel giornale a
cui collaboravo, prima mi è stata tolta la sezione culturale, poi non mi hanno
commissionato più le recensioni dei testi storici. Per cui (nel 2005) ho preferito
abbandonare dopo quasi 25 anni di lavoro, per non avere altre beghe".

C'è nel mezzo un altro episodio che nel blog non mai ho narrato.
Nel 2003 avevo recensito un volumetto segnalando un errore della traduttrice
che non si era accorta di un ablativo. Anziché scrivere: "da Dante era stata
vista una brutta fanciulla", essa aveva dato al lettore questa frase: "Dante,
tutt'altro che bello, vista una ragazza...".
L'editore del volumetto era anche mio editore (da lui non ho ricevuto neppure
una lira per due libri miei che ha pubblicato), e ad una cena con la traduttrice
aveva sentito discutere del sottoscritto con personaggio autorevole della
realtà ecclesiale riminese da cui dipendeva il giornale a cui collaboravo (vedi
sopra). L'editore non me lo disse subito, ma me lo confermò dopo che la
traduttrice creò un tremendo casino con minaccia di querela per la mia
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 217
recensione. L'editore giustificò il suo silenzio sostenendo che avrebbe voluto
divertirsi.

Il personaggio autorevole era quello che poi disse che soltanto da lui e dalla
sua "realtà" istituzionale sarebbe dipesa la trattazione dei temi culturali.

Orbene, se non si è liberi di criticare la traduzione di un testo, volete che si


possa esserlo nel trattare di cose ben più drammatiche...?

Una postilla alla postilla. Da persona vicina al personaggio autorevole è partita


una "lettera anonima" contro il sottoscritto, pubblicata da un quotidiano della
destra cattolica ed in difesa dell'Occidente, dicendo che era un "libello" che
girava in città. Ma questo punto l'ho già trattati qui sopra nel post intitolato
"Non siamo scemi".
[Anno III, post n. 144 (521)]

17/05/2008
"Quasi quasi" Travaglio convince

Ieri sera Emilio Fede in apertura del suo TG4, tutto serio e mesto, a corredo
del servizio sull'incontro Berlusconi-Veltroni, ha preso le sue precauzioni di
igiene mentale a tutela del consumatore: "Vorrei ricordare ai telespettatori
che governa chi ha vinto le elezioni". Come per allontanare ogni illusione degli
sconfitti del Pd: non pensateci che possiate influenzare le scelte del capo. (La
parola "capo" va letta abbassando lentamente la testa in avanti, in segno di
deferenza verso il predetto.)

Grazie dottor Fede, per aver spiegato al popolo asino e bue che "governa chi
ha vinto le elezioni". Ovviamente non si può aggiungere che un capo di
governo può anche essere riconoscente al leader avversario che ha fatto di
tutto per perdere e favorendo inevitabilmente (tertium non datur) il vincitore.
Che non ha vinto, ma trionfato.

Stamani mi ha rallegrato un titolo della "Stampa": "Quasi quasi difendo


Travaglio", all'articolo di Lucia Annunziata. Che quel "quasi quasi" lo esclude
laddove afferma: la critica (al "potere") ha un "ruolo fondamentale",
indipendentemente dal fatto che il critico abbia torto o ragione.
Come si vede è un'affermazione molto "forte", rispetto all'attenuazione del
titolo. Ancora più accesa l'altra affermazione di Lucia Annunziata: "La critica è
un meccanismo necessario proprio in quanto violazione dell'ordine costituito".

Molto dolorosa la conclusione del pezzo: "Solo in Italia la leadership identifica


il rispetto con l’unanimità di lodi, e la forza delle istituzioni con il silenzio che
le circonda".

Travaglio Per dimostrare che "quasi quasi" Travaglio non potrebbe avere tutti i
torti non nel contenuto delle cose che dice ma nel metodo che adopera, c'è
una sua dichiarazione, riportata in un'altra pagina della "Stampa", l'intervista
a Travaglio fatta da Sabelli Fioretti e pubblicata in volume.
Travaglio confida non di essere un pericoloso sovversivo di sinistra ma un
ammiratore della "destra liberale" quella di "Cavour, Einaudi, De Gasperi,
Montanelli. Tutti morti".

Ciò premesso e constatato, forse la popolarità di Travaglio sarà condivisa


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 218
anche dal ceto moderato raziocinante, quello copernicano di cui parlavo in
altra occasione.
[Anno III, post n. 143 (520)]

16/05/2008
La carota delle riforme

Da una vita, nei passaggi cruciali della nostra storia repubblicana, riecheggia
una frase, "necessità delle riforme istituzionali".
Ormai è diventata come un riflesso condizionato, un tic nervoso, un comodo
paravento dietro cui opera il fregolismo della nostra classe politica.
Che promette cambiamenti e innovazioni, e spesso si riduce ad obbedire
all'andreottiano motto: "Tirare a campare, è meglio che tirare le cuoia".

Si ha l'impressione (ovviamente del tutto infondata ed errata) che la parola


riforme sia una specie di carota messa davanti al muso dell'asino, ovvero il
popolo, il mitico popolo-bue.
Così con asino e bue si fa un bel presepe, ed al posto del bambinello ti trovi un
attempato signore dai capelli tinti, davanti al quale oranti stanno una dolce
signora ed un vecchietto, il padre putativo del neonato.

Nella scena di questi giorni l'interrogativo drammatico è: Veltroni figura


meglio come Madonna o come san Giuseppe?

Il leader del Pd promette "convergenza sulle regole del gioco ma nessuna


melassa sul piano programmatico".
Staremo a vedere. L'affermazione non aggiunge o toglie nulla ai dubbi. Per ora
la carota funziona. Ma attento, on. Veltroni, perché chi sa usare la carota a
volta la sostituisce con il bastone.

Le riforme istituzionali a cui pensa il partito più 'pesante' all'interno del


governo, ovvero la Lega, vanno in senso totalmente contrario rispetto al Pd. E
Bossi non è un tipo da scendere a patti. Quindi, chi dovrebbe cedere sarebbe
proprio Veltroni.
Al quale suggeriamo (modestamente, come semplici cittadini) di fare
attenzione a quanto la Spagna oggi dice di noi: la vice di Zapatero infatti ha
accusato apertamente l'Italia di xenofobia.

L'Europa non pensa né alla melassa né alla convergenza sulle regole del
gioco. Guarda ai fatti.
Non è una piccola differenza. L'Europa ha nel complesso una cultura che non
apprezza né i cicisbei né i fregoli come invece noi italiani che ci attorcigliamo
attorno alle belle parole ed ai concetti illusoriamente confusi ma promettenti.

Postilla maschilista, ma bipartisan.


Oltre che alle belle parole, la nostra classe politica rinnovata si abbandona ad
ammirare le belle fanciulle salite al governo.Carfagna01
Il ministro Maria Rosaria Carfagna dichiara oggi di essere una pentita della tv
e di essere stata salvata dalla politica.
Comunque, la tv serve e forse tra qualche anno avremo un'altra ministra nata
dai teleschermi, come Melita Toniolo. Che sinora non si è pentita di quello che
sta facendo nello spettacolo. Ed alla quale qualcuno, visti i precedenti attuali,
garantirà un luminoso futuro.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 219
[Anno III, post n. 142 (519)]

15/05/2008
Aria nuova mirando al Colle

Aria nuova in cucina, diceva uno slogan pubblicitario di molti anni fa.
Aria nuova in Italia, reclama Berlusconi: ne vuole "respirare a pieni polmoni".

Beh, che la chieda un signore che ha intossicato per un decennio il dibattito


politico a forza di offese ai magistrati ed agli oppositori, finanche definendo
"coglioni" i loro elettori, non è né un miracolo, né un aspetto inedito della
Storia italiana.
E' il solito maledetto trasformismo italico, di chi gioca con le carte taroccate e
vuol vincere la partita. La posta sul tavolo verde è questa volta il colle più alto
della politica.

Il bello è che Veltroni è stato catturato nella "tela del ragno" (definizione di Di
Pietro), per cui il cavaliere gli ha finalmente sorriso. Ed imitando l'imitatore
Crozza, gli ha detto che "si può fare". Il "Bagaglino" approda come sistema
retorico nelle aule parlamentari, evviva!
Sì, in politica tutto si può fare, e tutto si fa. Veltroni è riuscito a perdere le
elezioni, ha rianimato un Berlusconi sfinito ("la resurrezione di Lazzaro",
definizione di Travaglio), ha ridotto l'Italia ad un Paese in cui un capo-
camorrista riscuote applausi dalla folla per aver fatto incendiare le baracche di
una certa periferia meridionale...

Questo è il Paese reale. Un tempo gli esperti calcolavano la sua distanza da


quello legale. Sembra che della legalità non freghi più nulla a nessuno, tranne
che ad un signore che si chiama Antonio Di Pietro.
Dopo aver detto: "mi ha offerto di fare il Ministro dell'interno e non ho
abboccato", nel suo intervento alla Camera Di Pietro ha aggiunto in mezzo a
molte interruzioni: "Noi conosciamo la sua storia personale e politica e
conosciamo bene anche la sua storia... E soprattutto conosciamo bene la sua
storia personale e giudiziaria e quella dei tanti... Ma noi dell'Italia dei Valori
conosciamo la storia anche dei suoi tanti dipendenti e sodali che si è portato
in Parlamento con sé a titolo di ringraziamento per i favori e le omertà di cui si
sono resi complici. Noi dell'Italia dei Valori conosciamo bene le sue bugie e la
sua capacità di distorcere la verità dei fatti. Soprattutto conosciamo bene la
tela sul controllo dell'informazione e sul sistema di disinformazione che ha
messo in piedi. Soprattutto conosciamo la disinformazione che ha posto e ha
fatto porre in essere per far credere che la colpa dei mali dell'Italia non
sarebbe di chi li ha commessi ma di chi li ha scoperti.
Lei ha mentito a ripetizione nel corso della sua carriera politica e da ultimo ha
fatto credere agli italiani di aver lasciato l'ultima volta il Governo con i conti in
ordine, mentre invece ha truccato le carte fin quando l'Unione europea non
l'ha scoperto e sanzionato, e quel povero Prodi si è dovuto far carico di far
quadrare i conti e ne ha pagato le conseguenze".

Non si tratta, a questo punto di essere o meno d'accordo sulla linea politica di
Di Pietro. Si tratta più semplicemente di fare la constatazione che l'unica voce
alzatasi a ricordare "certe" cose, è stata la sua. Auguri, onorevole Di Pietro a
lei ed a noi per il bene dell'Italia.

L'Italia reale è questa, l'Italia legale non è messa bene, l'Italia ideale, quella
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 220
che "si può fare", è una ridicola messinscena con le battute da "Bagaglino",
l'imitazione dell'imitatore, la perdita di identità politica dell'opposizione a cui si
è offerta l'offa medicata per non farla abbaiare, come a Cerbero.
[Anno III, post n. 141 (518)]

14/05/2008
Come frate Cipolla

Vita nuova in Parlamento, dicevano ieri sera i più autorevoli commentatori


dopo il discorso dell'on. Berlusconi alla Camera. Dove la novità sarebbe
consistita nel fatto che il capo del nuovo governo, avrebbe riconosciuto dignità
all'opposizione, ammettendola alle sale riservate del "dialogo".

Ma in una democrazia, non è il capo del governo che debba legittimare


l'opposizione. Essa ha un ruolo ed una funzione riconosciuti dalla Costituzione.
Soltanto negli Stati assoluti ci sono le concessioni del sovrano.

Ed ieri il cavaliere ha voluto apparire come un sovrano illuminato che fa di


tutto per salvare il destino dei sudditi. Chi gli ha scritto il discorso (uno stuolo
di buoni e fidati consiglieri) finisce per ammettere che il Berlusconi del 2008 è
diverso da quelli precedenti che avevano mirato soltanto alla salvaguardia del
"particulare".
Adesso che esso è stato messo in cassaforte, sarebbe giunto il momento di
mirare agli interessi collettivi.

Il discorso berlusconiano di ieri sembrava un po' come la predica del


boccacciano frate Cipolla che stupiva i suoi ascoltatori narrando della terra
d'Abruzzi "dove tutte le acque corrono alla 'ngiù".

Anche con l'on. Fini presidente della Camera c'è stata una parodia di frate
Cipolla, oggi davanti alle proteste di Antonio De Pietro a cui la maggioranza
impediva di proseguire nel suo discorso di critica al governo.
Fini gli ha risposto: "Onorevole Di Pietro, lei sa bene che e' abbastanza
naturale, che ci siano delle interruzioni. Poi dipende anche da ciò che si dice".

Ecco proprio in questo "dipende anche da ciò che si dice" che anche frate
Cipolla Fini ha dato il meglio di sé. Per cui bene ha fatto Di Pietro a
rispondergli: "Ha ragione, dipende proprio da ciò che si dice. Non bisogna
disturbare il manovratore...". E stasera Di Pietro commenta il tutto: "Esiste
un’unica opposizione, quella dell’Italia dei Valori".
[Anno III, post n. 140 (517)]

13/05/2008
A pezzi, non solo le mogli

Illuso che sono, m'aspettavo una cosina un po' divertente, tanto da preparare
il sonno, invece lo sceneggiato "Mogli a pezzi" lascia il magone.
A parte la caricatura a cui è costretta la bruttina stagionata Eva Grimaldi, gli
altri personaggi sono di spessore.
Meglio di tutte Valeria Milillo, molto bene Manuela Arcuri quando gli occhi le
sorridono, perché se fa la cattiva, diventa un po' forzata.

Sono andato a letto con l'immagine della povera prigioniera, e mi sono trovato
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 221
dopo il risveglio con un'altra storia amara davanti agli occhi, l'articolo di
Giuseppe D'Avanzo sul caso Travaglio.
Qui si parte dall'assunto che il "lettore inconsapevole" può esser tratto in
inganno da certi discorsi: "E' un metodo di lavoro che non informa il lettore, lo
manipola, lo confonde".

D'Avanzo conclude di stare "con i lettori/spettatori che meritano, a fronte delle


miopie, opacità, errori, inadeguatezze della classe politica, un'informazione
almeno esplicita nel metodo e trasparente nelle intenzioni".

L'amarezza che mi è nata in bocca deriva da queste parole dell'illustre


giornalista di "Repubblica": noi lettori sprovveduti ed ingenui meritiamo
metodi espliciti e trasparenti decisi dagli altri perché da soli non siamo in
grado di comprendere, distinguere, valutare ed eventualmente bocciare chi
stiamo ascoltando. E le notizie (o "notizie"?) che sta raccontando.

Insomma a noi lettori "inconsapevoli" il cibo dev'essere dato già predigerito,


perché non siamo naturaliter predisposti alla funzione. Ohibò.
Dopo le "mogli a pezzi" di ieri sera, stamani ho scoperto noi lettori massacrati
da una pedagogia dell'informazione che non avrei mai immaginato di leggere
sul quotidiano fondato da Eugenio Scalfari.

Ovviamente, se le mie opinioni sono un abbaglio soggettivo dettato dalla


vecchiaia, chiedo scusa a tutti.
Ma non credo di essere completamente dalla parte del torto, se Antonio Di
Pietro ha oggi scritto: "Bavaglio all'informazione e bavaglio alla giustizia sono
questi i primi fatti tangibili del governo del centrodestra a cui fa sponda un
tacito consenso di questa finta opposizione".
[Anno III, post n. 139 (516)]

12/05/2008
Non siamo scemi

Scusate il plurale. Se avessi scritto che "non sono scemo", avrebbero potuto
obiettare: "Ma chi si crede di essere, da parlare in prima persona?".
Usando il plurale, non mi attribuisco una funzione sociale e pedagogica
(ipotesi che dalle mie parti un tempo avrebbe scatenato ondate di pernacchie
dette "sordini").
Semplicemente mi mescolo fra la folla. Uno come gli altri, uno dei tanti che in
queste ore si sentono presi per i fondelli.

Prescindo da fatti e persone realmente esistenti, come dicono i titoli di coda


dei film. Se una cosa è scritta in un libro va in giro indisturbata per il mondo.
Se l'autore di quel libro poi la racconta nella televisione di Stato italiana,
succede il finimondo.
Perché? Il presidente del Senato ha garbatamente detto alla nazione: "La
verità è che qualcuno probabilmente vuole minare il clima di dialogo e
confronto costruttivo che ha caratterizzato questo inizio di legislatura".

Obiettivamente, credo che nelle parole della seconda carica dello Stato ci sia
un profondo senso di verità.

Siccome io sono rustico, traduco quel "profondo senso di verità" con un'altra
frase: "Ragazzi, non fate scherzi sennò vi facciamo neri".
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 222
Nel senso che i "ragazzi" dell'opposizione, già acciaccati dalla sconfitta
elettorale, potrebbero avere altre sorprese negative che li farebbero
scomparire dalla scena politica italiana. Quella scena che "dialogo e confronto
costruttivo" possono invece garantire, per sollevare il loro morale.

Siccome io sono testardo, sottolineo che il gran chiasso che si solleva per i
potenti diffamati o proclamatisi diffamati, non risponde al principio di
uguaglianza della legge.
Se un cittadino è diffamato da un giornale che inventa la pubblicazione di un
libro che non è mai stato stampato contro di lui, se quel giornale inventa che
uno ha plagiato un testo del 2004 in un suo volume uscito SEI ANNI PRIMA
(con quella preveggenza che sarebbe utile per una futura beatificazione), se
questo cittadino diffamato da una congrega di cui si omettono altre qualifiche
facilmente immaginabili, se questo cittadino non trova ascolto nelle sacre aule
di giustizia per difendere la propria onorabilità, allora questo cittadino, preso
da totale scoramento, non inneggia al coraggio di Travaglio, ma si arrende alla
"ragion di Stato" che "dialogo e confronto costruttivo" impongono al centro ed
alla periferia, perché tanto poi tutti "tengono famiglia": magistrati avvocati e
giornalisti. E chi è orfano di protezione può essere offeso impunemente.

Davanti a questa evidente violenza di quanti "tengono famiglia", si abbassa


umilmente la testa, invocando per ladri puttane e spie una sorte migliore
rispetto a chi ha evitato di sottostare agli ordini di queste (per altri aspetti)
benemerite categorie che gestiscono il potere sin dai tempi dei tempi.
Certe professioni (non una sola) "le più antiche del mondo" non sono
ovviamente un'invenzione di oggi. Per questo meritano rispetto, e magari
qualche illustrazione pedagogica nella nuova società italiana, per non lasciar
soffrire anime ingenue ed illuse come chi crede che la "Giustizia sia uguale per
tutti".
E' uguale per tutti gli uguali, cioè per i pochi fortunati che incontrandosi al bar,
in loggia (dei mercanti, che cosa avevate capito?) in banca od in spiaggia
decidono con grande coraggio e dignità per i destini di tutti. Alla loro salute.

A noi resta soltanto la soddisfazione di dichiarare che "non siamo scemi".


Soddisfazione di poco conto in questo Paese di furbi che sotto tale etichetta
inseriscono un po' di tutto, le predette e benemerite categorie di ladri puttane
e spie.
[Anno III, post n. 138 (515)]

11/05/2008
E se domani...

E se domani l'affaire Michela Sconfitta Brambilla (l'ho ribattezzata così non


sapendo che il giorno prima di me sull'Unità l'operazione onomastica era stata
già fatta da una grande firma, Maria Novella Oppo), e se domani il caso
Brambilla diventasse una di quelle grane che erano impensabili alla vigilia?

Rifiutata dai colleghi di partito di ambo i sessi (si legga sul Corriere della Sera
di stamani un elenco di giudizi un po' pesanti), adesso la signora Brambilla è
passata armi e bagagli in una lista di ipotetico "governo penombra".

Lista gestita però da Alessandra Mussolini, mica dal circolo della Libertà di un
comune in provincia di Lecce.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 223
Con la signora Mussolini alle spalle, la signora Brambilla dovrebbe avere la
cura dei "rapporti" con il Parlamento.

Brambilla_giardino Funzione suscitatrice di pensieri inverecondi nella sezione


maschile, e di profonde invidie e gelosie in quella femminile.
A dimostrazione che dove casca casca male, dopo essersi data tanto da fare
per il successo di Silvio Berlusconi.

Sinceramente spiace che un volto nuovo della politica, sostenuto dal capo di
un partito, possa finire nel dimenticatoio. Ulteriore segno di crisi della casta
che comanda. Anche chi governa un partito personale come il cavaliere, alla
fine deve fare retromarcia per le sue scelte. Non c'è più religione né rispetto
dei ruoli di comando.

Lo stesso può dirsi per quanto accaduto ieri sera nella trasmissione di Fabio
Fazio.
Ormai abituato a lunghissime interviste con attori, ballerini e scrittori che
raramente distolgono dal prender sonno, finalmente Fazio aveva avuto un
guizzo di genialità con il Travaglio Marco che ha sfoderato una sua paginetta
di dati circa la seconda carica del Senato.
Apriti cielo! Oggi soltanto Antonio Di Pietro sta dalla parte di Travaglio.

Domanda: ma se Di Pietro sta con Travaglio contro Pdl e Pd, non sarà che poi
verso lo stesso Di Pietro marcerà su Roma tutta solitaria la signora Brambilla
in cerca di qualche rivincita?

Alessandramussolini1892_img Per la marcia su Roma i diritti letterari spettano


ovviamente ad Alessandra Mussolini, lo sappia signora Brambilla.
[Anno III, post n. 137 (514)]

10/05/2008
Compagno Tremonti

Grazie compagno Giulio Tremonti, per aver detto che i sacrifici non li faranno
"i poveri", ma "le banche e i petrolieri". Finalmente un vero socialista è andato
al governo. Ci spaventa soltanto una cosa, il titolo del suo recente libro (di
grande successo): "La paura e la speranza". Sembra quello di un'enciclica.
[Anno III, post n. 136 (513)]

10/05/2008
Moderato senza tetto

Gentile Antonio Cracas.


Mi sono sempre considerato un moderato. Come tale ho fatto le mie pratiche
devozionali, laicamente intese. Ovvero elettorali.
Da un pezzo mi considero un moderato senza tetto.
Non mi sembra moderato Berlusconi con tutto il suo apparato che ha robuste
stampelle a destra. E non mi si venga a dire che con la caduta delle ideologie
non esiste più né una destra né una sinistra: sarà in Italia, mi sembra sia
molto diversa la situazione europea.

Non è un moderato Veltroni: è uno che è stato comunista (anche se non se lo


ricorda più) ed adesso si è messo d'accordo con i cattolici più o meno
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 224
reazionari (pardon, "reazionari" con le virgolette politicamente corrette) come
si sarebbe detto un tempo. Ha robuste stampelle a destra ed a sinistra. Nuova
edizione del compromesso storico, al quale sono sempre stato personalmente
contrario. Lo dico anche se non interessa nessuno questa mia opinione.

Un vero moderato dovrebbe stare in piedi da solo. Vent'anni fa era così Ugo La
Malfa con la sua Edera. Ma i dc lo consideravano pericoloso. Lo ricordo ai
giovani. Dicevano di lui le stesse cose che oggi dicono (dicevano?) di
Bertinotti.
Oggi la schizofrenia della politica vede l'Edera stracciata in due pezzi. Il figlio
Giorgio La Malfa sta a destra con Berlusconi. Dalle mie parti ci sono brandelli
del vecchio partito piazzatisi "in partibus infidelium" con l'Unione di Prodi.

Ci sono due tipi di moderati. Quelli copernicani sono democratici, non credono
che la vita politica giri attorno ad un capo. Come invece ritengono i moderati
tolemaici: dogmatici, devoti e per questo in sostanza "immoderati"...

Michela "Sconfitta" Brambilla è uno di questi immoderati che hanno fatto voto
di devozione ad un capo.
Inoltre: il discorso sulla signora Brambilla non ha paragoni con quello su
Cicciolina, radicale, eletta nel 1987.
La signora Brambilla non è soltanto una eletta qualsiasi. È la candidata a
qualche incarico governativo importante per motivi noti.

E, aggiungo, oggi si parla di lei come di un possibile sottosegretario al


Turismo.
Ma che governo interessato ai problemi economici, è mai questo, se
"dimentica" il portafoglio al Turismo, una delle fonti della ricchezza nazionale,
e ne fa semplicemente un sottosegretariato come al tempo in cui De Gasperi
lo affidò al proprio cognato, che di cognome faceva Romani?
Cari saluti a tutti, ed un grazie cordiale dell'intervento ad Antonio Cracas.
[Anno III, post n. 135 (512)]

09/05/2008
Ius mormorandi

Troppo interessante l'osservazione di Antonio Cracas, per non riportare anche


come post la mia risposta.
Ho sempre inteso la "satira" (usando con la dovuta modestia il termine) come
un paesaggio a 360 gradi, a cui guardare senza falsi pudori e senza
pregiudiziali di parte. E soprattutto senza privilegiare nessuno con omissioni o
incensazioni.
Se poi si passa dalla "satira" alla "politica" seria (che forse è spesso meno
seria della satira stessa), spero di essere sempre stato indipendente nel mio
parlare. Queste almeno sono sempre state le mie intenzioni.
Mi auguro di esserci riuscito. Dalle fregature ricevute (da parte di quelli che
dall'esterno potrebbero essere giudicati miei amici di strada), mi sembra di sì.
Se ci siamo "scandalizzati" con Cicciolina, possiamo quindi fare altrettanto con
i fatti di oggi. In essi non c'è nulla di male, anzi. Le vie delle carriere sono
sempre state infinite e sfinite. Ma non toglieteci l'ossigeno del parlar (male)
del Potere, indipendentemente da chi lo controlli in un certo momento storico.
Sotto il fascismo lo chiamavano "ius mormorandi". Andreotti ricorda una
battuta di quel tempo: "Non ci possiamo lamentare". Dove la perfetta
ambiguità del linguaggio indicava lo stare bene ed anche il non poter parlare...
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 225
Anche oggi, in molti non si possono lamentare. Fanno affari d'oro. A Roma con
il governo, e nelle città con quelle che oggi sono forze (ma forze può essere
esagerato...) insomma sono esponenti dell'opposizione parlamentare...
Grazie dell'attenzione e del commento.
[Anno III, post n. 134 (511)]

09/05/2008
Michela Sconfitta Brambilla

E se alla fine dovesse cambiare nome, la signora Brambilla? Da Michela


Vittoria in Michela Sconfitta? Sempre meglio che Michela la Sanguinaria come
minacciava di diventare per colpa dei suoi colleghi maschi. Che l'hanno odiata
sin dal primo momento, vedendola sorgere minacciosamente come la luna che
eclissa il sole.

Ma pur sempre qualcosa di sgradevole per questa signora che doveva essere
il nuovo vero uomo del Pdl.
Un caso umano più che politico. Nata per rivoluzionare l'Italia con i suoi
"Circoli" pagati dal cavaliere, rischia di diventare una Marianna spodestata da
signori calvi ed ormai con la pace dei sensi, che governano il partito che ha
vinto le elezioni.
Pure lei doveva diventare ministro, come minino, dopo tutto quello che ha
fatto per Berlusconi. Invece. Sarà vice se andrà tutto bene, oppure
sottosegretaria, oppure niente.

E così rischia di restare famosa, nella memoria collettiva e nelle cronache del
Palazzo, soltanto per quelle calze birichine sfoggiate in tivù: un barlume di
coscia amalgamato in quello sguardo assassino che rende pur sempre
giustizia a questa giovane e bella signora. Innamoratasi di un'idea (quella del
capo) e per questo vilipesa dai maestri del cerimoniale di Arcore. Che si sono
sentiti subito spodestati e cacciati nel dimenticatoio.

Per questo fatto, essi l'hanno aggredita con la retorica delle "buone" maniere,
e dalla sua professione hanno ricavato quel soprannome perfido, "la
pescivendola".
L'aveva persino difesa Antonio di Pietro, nell'agosto 2007 dopo l'attribuzione
dell'etichetta lavorativa.

Pochi giorni fa, la signora Veronica Lario in Berlusconi ha giustificato la sua


assenza dalle cerimonie pubbliche con una di quelle frecciate al curaro che
prima o poi producono il loro effetto micidiale: le mogli debbono restare
"tranquillamente nell'ombra".
Aggiungendo: "Mio marito può portare sotto i riflettori della politica la
Brambilla".

Forse in quelle parole, più che nelle manovre dei maestri del cerimoniale della
corte di Arcore, c'era la definitiva condanna al silenzio per Michela Sconfitta
Brambilla.

Resta una soluzione brillante. Divenuta invisibile, potrebbe passare nel


governo ombra di Veltroni che la tutelerebbe nella sua vita in ombra, e non
più all'ombra del capo.

Il quale ha un nuovo idolo, diventato ministro direttamente dalle passerelle


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 226
televisive, Maria Rosaria Carfagna.
[Anno III, post n. 133 (510)]

08/05/2008
Bulli e padri, anzi madri

A proposito del mio post sul "Bullo figlio di coatto", leggo oggi su "Repubblica"
una deliziosa noticina di Francesco Merlo.
Dove si parla di un giovane, per modo di dire, scrittore che in un libro dà della
bagascia alla madre. La quale gli risponde con un altro testo, chiamando il
figlio "bugiardo pevertito". Talis filius, talis mater. Ma sarà più bulla la madre
di quanto non appaia coatto il figlio?

08/05/2008
Paure

Aumentano i reati, crescono le paure, parola di Istat. Non lo metto in dubbio.


Ma resto convinto che siano più pericolose le cosiddette persone affidabili, dei
tanti sconosciuti che incrociamo per strada.

Anni fa tentarono di rubarmi una vil borsa di plastica da cinque euro, piena di
libri e giornali. Era infilata nel cestino sotto il fanale anteriore della bici. Uno
dei due ragazzi in moto cerca di sfilarla, la cinghia si ferma al fanale, lui molla
la presa, e se ne vanno.

Non mi hanno fatto cadere, li ho mentalmente ringraziati.


Quando ne parlo, o quando possono entrare obliquamente in un discorso, li
ricordo come tra le poche persone oneste che abbia incontrato.

Non mi fanno paura gli stranieri e gli sconosciuti. Ho sperimentato che il male
maggiore mi è venuto soltanto da persone con cui si lavorava a contatto di
gomito.
Le caramelle avvelenate me le hanno sempre rifilate i vicini di scrivania. Non
gli sconosciuti.
[Anno III, post n. 131 (508)]

07/05/2008
Garanterie

Se l'uomo galante fa le galanterie, l'uomo-Garante (quello addetto alla tutela


della privatezza, Francesco Pizzetti [foto da "Repubblica"]) Pizzetti fa
apprezzate "garanterie". Molto simili ai quei "tanto sottili provvedimenti" che
già andavano di moda all'epoca di Dante Alighieri ("Purgatorio", VI, 142-143).
E che, però, duravano ben poco, stando alla "Divina Commedia" dove
leggiamo che essi, filati ad ottobre, non duravano neppure sino a metà
novembre (vv. 143-144).

Vietata la diffusione via Internet dei dati fiscali della popolazione italiana, il
Pizzetti Garante, ritiene oggi che la stessa diffusione sia lecita per i giornali.

A questo punto la "garanteria" diventa astrusa materia giuridico-costituzionale


per il "semplice" cittadino che è costretto ad alzare le mani in segno di resa,
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 227
ma soltanto dopo aver ricordato quella massima aurea del Diritto romano,
secondo cui "summum ius, summa iniuria".

Ciò premesso visto e considerato, il semplice cittadino ha diritto ha ritenere


queste "garanterie" una inutile carineria giuridica tanto per tenere la scena e
giustificare lo stipendio.

Una volta c'era il pubblico banditore con tanto di tamburo, poi vennero
giornali e manifesti, adesso c'è Internet.
La "localizzazione" delle notizie, cioè il principio per cui soltanto i concittadini
possono conoscere i redditi dei residenti nel loro Comune, rassomiglia tanto
alla etichetta dei formaggi e dei salumi. In questione di cibo si vuole garantire
la provenienza del prodotto, in tema fiscale si vuole delimitare l'area
geografico-politica di diffusione delle notizie. Si teme la propagazione di
qualche contagio.
Il provvedimento del Garante è una specie di cordone sanitario che non ha
nessuna giustificazione logica.

Ovviamente il Potere ha sempre ragione, sia che usi galanterie (leggi: favori
personali), sia che ricorra a "garanterie", ovvero la più alta e nobile forma di
autogestione del Potere stesso.

Lo sappiamo, signor Garante, che gli evasori non sono in lista, ma per favore
lei ci suggerisca un modo non pruriginoso e rispettoso della legalità per non
far fare la figura dei fessi a noi cittadini che paghiamo le tasse sino all'ultimo
centesimo, che non possiamo evadere un euro, che al massimo possiamo
essere oggetto di interessata attenzione, se qualcuno falsifica i conti e
spedisce le cartelle pazze. Per cui dobbiamo anche incazzarci all'Ufficio delle
Entrate.

Lei garantisca anche chi non ha protezioni "galanti". Quelle di chi ad esempio
ha bellamente giocato per troppo tempo sulla differenza fra elusione ed
evasione.
Ciò premesso, resto convinto che soltanto con Prodi e con Visco fosse iniziata
una vera lotta all'evasione. Ma... come non detto, ben inteso.
[Anno III, post n. 130 (507)]

06/05/2008
Bullo figlio di coatto

Da dove "vengono" i bulli? Di certo non li ha portati la cicogna, qualcuno li ha


pur nutriti, coccolati e magari premiati: prima con un elogio ("Ti sarai mica
fatto mettere i piedi sulla testa?"), poi magari con un incoraggiamento ("Un
po' di boxe serve nella vita": frase che ho ascoltato con le mie orecchie, mi
dice l'amico lontano che mi racconta queste cose).

Ed allora dietro la foto segnaletiche del "bullo" di periferia che porta magari il
codino arrotolato sulla testa, come il signore che alterna apparizioni televisive
a quelle giudiziarie, c'è un padre che non avendo più l'età per esibirsi da
"bullo" riesce involontariamente ad imitare il "coatto" di Verdone. Si veste,
ultrasessantenne (mi dice ancora l'amico), con la tuta di pelle ed ha una
fiammante motocicletta con sirena applicata.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 228
E davanti alla sovrapposizione delle due immagini, padre e figlio, non puoi dire
che il secondo è fuori di testa soltanto per colpa sua. Viaggiava con un'auto di
lusso che non può permettersi.
Adesso ha una panda arrugginita, che parcheggia dove vuole e gli fanno le
multe, in mezzo alle proteste della madre pietosa che (riferisce l'amico
lontano) vuol rivolgersi al Giudice di Pace per protestare, non sapendo che
l'uso di avvocato le costerebbe molto più della piccola multa.

E poi, sia per colpa del bullo o per incoscienza del coatto genitore, aggiunge
l'amico lontano, una sera per errore arrivano i carabinieri alla porta dell'amico
mio, e gli chiedono del bullo credendo di trovarlo lì, mentre abita dieci numeri
civici più avanti nella stessa strada.
E l'amico borbotta, meglio metter dentro il coatto che il bullo, divenuto boxeur
per autodifesa come insegnamento paterno, ma poi esibitosi sul ring, con
tanto di citazione in internet, 6 incontri vinti, 6 persi e sette pareggiati.

"L'Italia dei bulli deficienti", conclude l'amico lontano conversando


allegramente sotto il sole primaverile, "è quella che hanno prodotto i padri
coatti". Sulle madri, per il momento si astiene. Meglio soltanto figlio di coatto
che pure figlio di buona donna.Bullismoaosta
Anno III, post n. 129 (506)]

05/05/2008
Stella polare

Ha ragione Gian Antonio Stella, la scuola dovrebbe essere la stella polare della
società.
Intervistato da Andrea Romano sulla "Stampa" di oggi, il giornalista e scrittore
del "Corriere della Sera" analizza l'esito elettorale, partendo dalle premesse
del suo lavoro di denuncia della "casta" politica.
"La casta" è il libro (un milione e 200 mila copie vendute) che ha scritto
assieme a Sergio Rizzo, con il quale ha appena pubblicato "La deriva".
Ovviamente ad un successo editoriale ne deve seguire un altro, è la legge del
mercato. Per cui dopo "La deriva" l'editore dovrà studiare un altro titolo (il
materiale non manca), ad esempio "Indietro non si torna", oppure "Del doman
non v'è certezza". Andrebbe bene persino "Fughe in avanti", oppure "Le
ombre del passato". Tanto i lettori si abituano alle firme, non ai contenuti dei
libri.

Saranno tutti successi, che lentamente anestetizeranno gli autori ed i lettori


fino a che persino Stella e Rizzo dovranno svegliarli usando i sistemi dialettici
alla Beppe Grillo. Gli auguriamo di cambiare strada prima di una siffatta
esibizione (o resa) culturale.

Documentati ed attenti ai fenomeni, arguti ed intelligenti, i due autori


raccolgono perizie su ciò che Benedetto Croce chiamava "il cadavere della
Storia", ovvero la cronaca.

Oggi come oggi, a breve distanza da un risultato elettorale su cui si legge di


tutto, e molto spesso di superficiale, un libro scritto prima del voto non può dir
nulla di nuovo se non suggerire la considerazione (purtroppo molto ovvia) che
alla fine la casta è rimasta dove era, come recita il titolo dell'intervista odierna
di Romano a Stella.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 229
Scuola Come invertire la "deriva"? A questo punto Stella dà la risposta da cui
ci siamo avviati dandogli ragione: "Partirei naturalmente dalla scuola, dal
ripristino dell’educazione civica. Fatta sul serio. E lì che si può ricostruire il
nostro senso di cittadinanza e responsabilità. Innanzitutto cancellando la
logica delle sanatorie che ha dominato questi ultimi decenni".

Caro ed esimio Stella, nei programmi ministeriali l'Educazione civica è come


l'Araba fenice. E' prevista, ma nessuno la insegna. Dovrebbe servire soltanto
ad illustrare la Costituzione e l'organizzazione dello Stato.
Per fare ciò che lo Stato stesso richiede, io ho commesso sempre un reato.
Dedicavo all'Educazione civica un'ora settimanale sottraendola ad Italiano, per
non sottrarre alla Storia nulla dei suoi 120 minuti settimanali.

Ma, caro Stella, se lei intende per "educazione civica" qualcosa che vada al di
là di queste linee ministeriali, cioè l'assieme di un'opera formativa dei giovani
affidati alla scuola, allora cominciano le rogne.
Perché la scuola è l'anello debole ed ultimo della catena sociale. Non è la
scuola che educa alla società, ma la società che rovina la scuola.
Per cui (e chiudo il discorso non per mancanza di argomenti ma per non
tediare vieppiù quei pochi volenterosi che fossero giunti sin qui), per cui
bisognerebbe dire che la sua, esimio Stella, resta un'utopia, una nobile utopia,
a cui la società non crede.
Non crede da sempre o non crede più soltanto quella contemporanea? Altro
problema...
Ci potrebbe scrivere sopra un bel libro, tanto ai pedagogisti oggi nessuno
presta orecchio.
[Anno III, post n. 128 (505)]

03/05/2008
La carica dei 101

Loro sono soltanto cento: non uno di più, non uno di meno.
L'ultimo, quello che fa salire la cifra totale a 101 non appare nella lista dei
personaggi più famosi del mondo stilata dalla rivista americana "Time". Ce lo
abbiamo messo noi perché è l'autore di una biografia di uno di quei cento
prescelti.
Esattamente della biografia di George W. Bush. L'autore si chiama Silvio
Berlusconi, "elected Prime Minister of Italy for a third time last month", scrive
"Time".

Berlusconi è abituato a distribuire patenti di democrazia per cui non fa


differenza per lui se tra i suoi premiati c'è Bush oppure Putin.
Questo dovrebbe già suggerire qualche sospetto circa la capacità
berlusconiana di distinguere bene le cose.

Ad aggravare questo nostro sospetto è giunta la frase di Berlusconi nella


biografia di Bush pubblicata dalla rivista americana.
George_bush Il cavaliere dichiara, con la solennità di un banditore ufficiale,
che Bush "sarà ricordato come un leader di ideali, coraggio e sincerità" ("I am
sure that George W. Bush will be remembered as a leader of ideals, courage
and sincerity").

Proprio mentre si diffondevano le notizie su quei cento eletti "big dell'anno", in


Usa apparivano i risultati di un sondaggio della CNN che, con il 71% delle
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 230
opinioni raccolte, condanna la condotta politica di Bush.
Ha scritto "Le Monde": "Il est désormais "le président le plus impopulaire de
l'histoire moderne" des Etats-Unis. Ni le président Richard Nixon ni le
président Harry Truman n'avaient franchi le seuil de 70 % de mécontents".
Beato Berlusconi che va controcorrente rispetto agli stessi americani,
segnalando che Bush è entrato nella storia come "a leader of ideals, courage
and sincerity".

A chiunque può capitare di sbagliare porta frequentando locali poco


conosciuti. Berlusconi ha chiamato storia quello che sarà invece soltanto un
ripostiglio in cui verrà posto, stando ai sondaggi della CNN, questo presidente
da dimenticare per tante, troppe cose.

Tra i "100 big dell'anno" non c'è papa Ratzinger.


La Santa Sede ha manifestato il suo sconcerto: "Sono stati utilizzati criteri
assolutamente estranei a valutazioni sull’autorità religiosa e morale del
Pontefice".
Una volta il papa era detto "Servus servorum Dei". Nell'Ecclesiaste c'è scritto:
"Vanitas vanitatum, omnis est vanitas". Oggi forse nella Santa Sede non
conoscono più il latino, e si dimenticano che il papa è nulla in sé, ma conta
come immagine simbolica di Gesù Cristo.

Nota bene. Prego i teologi che volessero intervenire di non infamarmi come
quella volta in cui si discusse della questione galileiana. Quando un sacerdote
di Roma, che smascherai (nel senso che scoprii che aveva volontariamente
omesso il "don" per non farsi riconoscere), con grande spirito cristiano mi
dette del "bacato".
[Anno III, post n. 127 (504)]

02/05/2008
Tentativo vano

Nel vano tentativo di essere un po' felice, mica tanto o troppo, non guardo più
le cosiddette trasmissioni politiche della tivù. I cui echi però rimbalzano nelle
cronache dei giornali. Oggi niente carta stampata ma soltanto virtuale. Per cui
ci si affligge ugualmente, il giorno dopo le apparizioni "chez Santoro" di Grillo
e Sgarbi.

Grillo Il primo fa informazione onesta e corretta, mica corrotta come quella dei
giornalisti, deridendo e sfottendo.

Quarant'anni fa dicevano: una risata vi seppellirà.


Tutti quelli che lo pensavano hanno fatto folgoranti carriere alla Crispi, da
rivoluzionari a reazionari.
Adesso Grillo rischia di essere travolto lui, da quella risata che promuove
contro tutti gli altri.
Non se ne abbia a male se i suoi fans adesso lo criticano dopo l'epifania dei
suoi redditi.

Sgarbi ha offeso Travaglio. Strano. Sgarbi è sempre un ragazzo così educato,


capace di eccitarsi soltanto all'apparizione di qualche superdotata fanciulla.
Mentre Travaglio è un uomo pericolosissimo. Ha detto addirittura che in Italia
hanno fatto scomparire i fatti, triturati da opinioni che non tengono conto di
nessuna notizia.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 231
Non si possono dire queste cose così pericolose, turbano l'ordine pubblico,
causano un "uso criminoso" della tivù...
Per la verità la frase non mi suona nuova, ah, sì, l'aveva pensata in Bulgaria il
cavaliere, ma non l'ha mai pronunciata, infatti ha sempre smentito di averla
detta. Contro Enzo Biagi.

Travaglio è così avventato e pericoloso da scrivere (nel penultimo "Espresso")


che quelli del Pd hanno fatto risorgere Lazzaro.
Che Berlusconi fosse un re "sFINIto" lo avevo scritto qui sopra il 16 novembre
2007. Sono contento di trovare conferma in Travaglio, anche se è un tipo
pericoloso al punto da spingere Sgarbi ad offenderlo.
[Anno III, post n. 126 (503)]

01/05/2008
Quanto blabla sul web

Proseguo nella campagna per rendermi antipatico. E dunque parliamo di Visco


e del Fisco.
La notizia di ieri: sul web si potevano 'leggere' le denunce dei redditi di tutti gli
italiani.
Ieri sera (19:06) nel blog di Anna Masera ho inserito questo breve testo:

"Ma i redditi sono già pubblici... Basta andare negli appositi uffici e consultare
le necessarie carte. Chi non ha nulla da temere, non può avversare l'iniziativa.
Non è mai esistito nessun segreto di Stato... Al governo Prodi si deve
l'iniziativa benemerita di perseguire gli evasori. Berlusconi raccontava invece
(e racconterà, immagino) la barzelletta sul sollievo provato in un'irruzione di
malviventi: "Meno male che sono loro, credevo che fosse la Finanza", intesa
come Guardia di Finanza. Se questo è un leader...".

Aggiungo, per conferma del mio breve testo, le spiegazioni autorevoli e


documentate scritte dal prof. Stefano Rodotà oggi su "Repubblica": "Nel
nostro sistema, fin dal 1958, è previsto che l'amministrazione finanziaria
predisponga la pubblicazione di quegli elenchi, depositandoli sia presso la
stessa amministrazione, sia presso i comuni interessati."

Ci sono altri aspetti, non previsti dalla legge del 1958, sui quali si sofferma il
prof. Rodotà, e che sono legati al web.
L'unica differenza, mi sembra, fra il 1958 ed oggi sta nel fatto che prima per
conoscere quei dati occorreva recarsi nei vari municipi, mentre adesso basta
(anzi bastava) Internet.

Una considerazione finale. Nel blabla che la notizia ha scatenato sul web, i
soliti ignoti hanno sfoderato le loro armi offensive. Consistenti soprattutto
nell'aggressione verbale. Segnalo e condivido la risposta di Anna Masera:
"Pippo Pippo non lo sa, che "...il diritto sacrosanto delle persone sancito dalla
costituzione ad avere libertà personale, sui blog"...non è sancito su questi, di
blog: qui c'è la Netiquette del giornale La Stampa, per cui bisognerebbe
firmarsi. Questione di cività: ognuno si deve prendere la responsabilità di
quello che scrive, qui. Altrove, caro Pippo, fai un po' quello che ti pare. Ma qui,
no. Sei mio OSPITE. :-)".

Condivido perché c'è il richiamo alla "Netiquette del giornale La Stampa" che
ha garantito libera espressione nella discrezione e nel ragionamento, e non
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 232
nell'offesa.

Se poi all'offesa si accompagna pure la mancata conoscenza degli argomenti


di cui si parla, allora siamo proprio ad una fastidiosa realtà che non ha nulla da
esprimere se non l'arroganza dei "saponi" (coloro che sanno tutto). Dicendo
ciò spero di scendere ancor nel gradimento pubblico, come sarà il mio scopo
per tutto il mese di maggio.

Allo stesso scopo mi dichiaro perfettamente d'accordo con Ottovolante per


quanto scrive su "Fini come Ratzinger", a proposito del relativismo
'condannato' ieri dal nuovo presidente della Camera.
[Anno III, post n. 125 (502)]

01/05/2008
Il silenzio premia

Da undici giorni esatti non inserivo più alcun post, nella speranza di vedere
cancellare il mio blog dalle graduatorie di Wikio (*).

In aprile ero al terzo posto nel mondo della "Stampa" e 689esimo in quello dei
"top blogs".

Dopo undici giorni di silenzio, anziché non trovarmi più nelle liste (come
auspicavo), addirittura ho le quotazioni in salita. Da terzo a secondo per la
"Stampa", da 689esimo a 390esimo per i "top blogs".

Morale della favola, il silenzio premia, eccome. Per cui temo le conseguenze di
questo post. Anzi mi auguro che mi faccia scendere nel gradimento. Forse più
scrivo, più vado all'indietro. Faremo debita prova scientifica.
[Anno III, post n. 124 (501)]

19/04/2008
Prodi non tace

Romano Prodi boccia senza mezzi termini il progetto veltroniano di costituire


un Pd del Nord: "Il Pd e' nato come partito su base federale regionale. Allora
non si puo' cambiare le basi ogni due mesi, seguiamo le regole del Pd e
andiamo avanti". La notizia è di qualche ora fa. Ormai chiamatosi fuori dal
gioco di partito, il professore farà il nonno, ma non racconterà favole ai
nipotini quando parlerà in pubblico. E ben gli starà a Veltroni and C. per il
modo con cui Prodi è stato trattato prima e dopo il voto.

«Rimpianto dei Prodi» s'intitola la nota settimanale di Giorgio Bocca su


"L'espresso", da cui prendo due citazioni, invitando a leggere il testo
completo: "Romano Prodi e la sua famiglia appartengono a quella media
borghesia che ogni società civile considera il suo sostegno: professori,
scienziati, amministratori, economisti, storici, di buoni studi, uomini per bene
con mogli e figli per bene, pronti come Prodi a pagare le ambizioni politiche
con le fatiche e i sacrifici propri del 'servitore dello Stato'".
L'altro passo di Bocca ricorda ciò che Prodi non è, né un miliardario né un
seduttore, ma (soprattutto, aggiungo io) "non ha rubato" pur essendo stato
"nella concentrazione più alta della finanza e del potere pubblico".
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 233
Ricorderei al proposito che, oltre a non aver rubato, è stato al centro di
particolari attenzioni dei suoi avversari che hanno inventato varie favole
contro di lui. A dimostrazione che spesso chi ha certe colpe, per mettersi a
posto la coscienza cerca di attribuirle anche al 'nemico' che governa.
Ne ho parlato qui tra l'altro il 28/10/2006: "Abbiamo dei giornali che hanno
inventato ripetutamente finti scandali per colpire Romano Prodi ed il suo
circolo bolognese, e guarda caso la storiella dell'ultima vicenda è partita
proprio sotto le due torri con un giornalista diventato "portavoce" informale
della Curia bolognese e di quelle romagnole per via dei legami televisivi che
egli ha con loro grazie alla emittente bolognese che dirige. Sono ambienti che
sanno bene come muoversi, cautamente ma non castamente, perché alla fine
il segno dei loro misfatti lo lasciano".

Prodi non tace, come dimostrano le poche ma sentite parole di oggi. Gliene
dobbiamo essere grati, non perché sia più simpatico di altri, ma per il fatto
contrario: personalmente mi provoca meno agitazione degli altri.
In questo momento si cerca una formula per descrivere il nuovo che avanza.
Nel senso del nuovo che resta dal vecchio, non del nuovo che viene avanti
(Bossi e Berlusconi non sono di primo pelo). Io questa formula ce l'avrei bella e
pronta, ed a poco prezzo: "Supercazzola" come dicevano in "Amici miei".
Nessuno tranne loro sapeva che cosa significasse. Lo stesso può dirsi
dell'attuale momento politico, in cui molti corrono dietro alle farfalle, cercando
di catturarle per saperle descrivere.

Circa la "gaffe ufficiosa" di ieri di Berlusconi contro la giornalista russa, la FNSI


ha precisato in una nota che negli ultimi dieci anni in Russia sono morti "più di
200 giornalisti". Questo per delineare i contorni dello scherzo, e del pianto di
Natalia Melikova. I tg hanno mostrato il filmato della scena. Mentre il cavaliere
gesticolava con le mani, Putin, lo sguardo gelido, annuiva senza scherzare.
[Anno III, post n. 123 (500)]

18/04/2008
Gaffe ufficiosa

Mi devo esser perso qualche puntata. Sì, le elezioni le ho viste. Ma poi, quando
è stato nominato il nuovo premier? Dai tg sembra che Berlusconi sia nel pieno
esercizio delle sue funzioni. La visita sarda di Putin è presentata come fosse
un fatto ufficiale.
Stampablog18042008Dunque, Prodi è già uscito di scena? Deve averlo fatto
con la discrezione che gli è tipica. Ed anche (o soprattutto?) per non irritare il
perdente (o perduto?) Walter Veltroni. Il quale ogni giorno dice a destra ed a
manca che se è stato sconfitto, la colpa è tutta del vecchio governo del
vecchio professore di Bologna.

Comunque siano andate le cose, certo è che il cavaliere domina il nuovo


palcoscenico della politica italiana con la sicurezza di chi si dimentica che
l'ottimo amico Bossi gli fa un solletico continuo e terribile, quasi una tortura.
Gli è tornata la voglia di scherzare, a Berlusconi. Una giornalista russa (a
destra, da Sky) ha chiesto notizie a Putin sulla sua presunta fiamma, Alina
Kabaeva (nella foto a sinistra): "E' vero che lei vuole divorziare? Non pensa a
sua figlia, che oltretutto vive all'estero?.
Putin s'è alterato: "Non è vero nulla", mentre il cavaliere cercava di sollevare
l'ospite mimando una mitragliata contro la giornalista russa. La quale non c'è
ovviamente rimasta bene, sapendo come vadano certe cose nel suo Paese. Ed
alla fine, dopo un po', ripensandoci si è messa persino a piangere.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 234
Il cavaliere che non sa come vadano certe cose per la stampa in Russia, ha
continuato a ridere. Assieme a Putin. Conquistando il primato della gaffe
commessa ancora prima di entrare ufficialmente a palazzo Chigi. Insomma
una gaffe ufficiosa e non ancora ufficiale.

Dalla Sardegna a Budapest. Questa modella sembra essere l'allegoria della


gaffe di Berlusconi. Se "sotto il vestito niente" (ovvero la solita minestra di
populismo), dietro la maschera del nuovo governo c'è il consolidato repertorio
del cavaliere che ci ha screditato sulla scena internazionale.
[Anno III, post n. 122 (499)]

17/04/2008
Soldato Fausto

Oggi Francesco Merlo ha lanciato su "Repubblica" un appello: "Salvate il


soldato Fausto" (Bertinotti). Soltanto per "salvare gli interessi deboli, dell'Italia
povera". E nell'elenco delle categorie che compongono questa "Italia povera",
Merlo inserisce anche la mia, quella degli "insegnanti, che guadagnano meno
degli operai qualificati".

Merlo forse non lo sa, ma se c'è stato un 'mondo' politico avverso agli
"insegnanti" è stato proprio quello rappresentato dal "soldato Fausto".
Nell'ultimo mezzo secolo, soltanto due interventi sono stati operati per
sfamare il corpo docente. Negli anni '50 del secolo scorso da Amintore Fanfani
il quale aumentò le paghe degli insegnanti senza che ci fosse stata nessuna
loro azione sindacale. Fu commosso dallo stato pietoso in cui essi versavano,
e dalla condizione di afonia politica che in loro provocava il senso della
missione educativa.

Poi quasi trent'anni fa ci fu un'azione unitaria di tutti i sindacati confederali


(Cgil, Uil, Uil) che mobilitò per il personale della scuola persino le fabbriche.
Dopo più nulla è avvenuto, per il disinteresse della classe politica intera,
protesa a conseguire altri obiettivi che non fossero quelli della dignità salariale
dei docenti.
Il "riformista" Veltroni se avesse vinto non avrebbe fatto nulla per loro. Il
"liberale" Berlusconi non farà nulla. Le priorità sono sempre altre.

Circa la questione del "salvare gli interessi deboli, dell'Italia povera", se può
servire anche "il soldato Fausto", va bene la proposta di Merlo. Ma possibile
che, anno Domini 2008, soltanto questo antico politico che ultimamente
parlava soltanto delle sue visioni mistiche, debba avere il monopolio nella
tutela "dell'Italia povera"?
Il soldato Fausto andrebbe salvato per un altro motivo: rappresenta una delle
voci del dibattito storico e politico dell'Europa.

La "porcata" della legge elettorale ci ha avviato ad una specie di (falso)


bipartitismo mascherato da bipolarismo. Non vorrei che in entrambi gli
schieramenti usciti dalle urne, si facesse strada l'idea che si governa bene
soltanto con un unico partito. Se si mettono a studiare il trucco, questi qui ci
riescono... L'unico capace di resistere sarà alla fine soltanto Bossi? Ad
maiorem gloriam Legae...

A proposito di Lega: essa ha ereditato il disprezzo 'operaio' verso chi opera nel
mondo della scuola: per i padroncini del Triveneto contava soltanto, sino a
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 235
poco tempo fa, l'avviare i figli giovani al lavoro. Per loro la cultura era una
perdita di tempo.

Anche questa è una 'visione' che andrebbe ridiscussa nel contesto attuale. Per
verificare se sopravvive.
Mentre la scuola decade sempre più nella preparazione dei nostri giovani,
l'unica speranza sta nella buona volontà e nell'intelligenza dei figli degli
immigrati. Di qui a vent'anni saranno essi che assumeranno in nero i
'vagabondi' eredi della cattiva borghesia italiana. E saranno questi eredi a
sognare un santo protettore come quel "soldato Fausto" a cui oggi Merlo
attribuisce virtù taumaturgiche per sollevare le sorti dell'Italia povera. O per
meglio dire dei poveri d'Italia.
[Anno III, post n. 121 (498)]

17/04/2008
Politici utili

La sindacalista delle prostitute romane, Maria Ornella Serpa, dice: "Senza i


politici noi moriremmo di fame". Da un'anticipazione del Venerdì di
Repubblica.
[Anno III, post n. 120 (497)]

16/04/2008
La festa è finita

"Ci saranno momenti difficili", con riforme che "avranno anche contenuti di
impopolarità". Parole del futuro leader Berlusconi. Prodi se la ride sotto i baffi.

La festa è finita, anche per il cavaliere. Niente miracoli, l'ordinaria storia della
crisi mondiale cancella lentamente i sogni e le promesse elettorali di
meraviglie per i grandi destini economici dell'Italia.
[Anno III, post n. 119 (496)]

16/04/2008
Prodi lascia il Pd

L'uovo di Pasqua di Prodi a Veltroni conteneva un regalino che per correttezza


politica è stato scartato pubblicamente soltanto ora. Era l'abbandono della
guida del Pd, il partito nato dal suo progetto di un'unione di centro sinistra,
che poi aveva ottenuto la vittoria alle elezioni del 2006.
La lunga marcia di Veltroni, ha portato alla sconfitta elettorale del Pd ed alla
crisi dello stesso partito. Il governo Prodi era apparso la causa di tutti i mali. Al
mercatino della furbizia, il gioco è stato pesante contro l'ex leader, che ha
raggiunto un primato da record. Odiato dai compagni d'avventura, malvisto in
Vaticano, disprezzato da quelli che per tutta la campagna elettorale hanno
falsificato i dati economici, accusando il professore di Bologna di ogni male
della società italiana.
Prodi è stato onesto e capace. Grazie per averci dato due anni di tregua al
bonapartismo del gruppo di Arcore.
Il professore non sa comunicare, anziché parlare borbotta. Ma meglio così
piuttosto che il grido assordante della concorrenza.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 236
Due considerazioni in margine.
1. Con Prodi, la "sinistra" era andata verso l'arcobaleno. Dopo la campagna di
Veltroni, ritornerà alla falce e martello.
2. Vaticano. Ieri ricordavo che a Casini il Vaticano aveva affidato la missione di
diventare l'ago della bilancia del quadro politico italiano.
Sul tema ho letto poi ieri sera un pezzo di "Repubblica": "Il Vaticano colto di
sorpresa" (di Marco Politi). "Non era questo il risultato, che si attendevano
Vaticano e Cei".
Resta quindi aperta la questione su che cosa è successo.
[Anno III, post n. 118 (495)]

15/04/2008
Ottimista

Sono stato troppo ottimista. Ed ho perso la scommessa. Avevo creduto che il


confronto elettorale finisse alla pari e che l'arbitro diventasse Casini, già
investito della missione dal Vaticano nei mesi scorsi. Che cosa sia successo
nel frattempo, lo diranno gli specialisti non so fra quanto tempo.
Per capire come siano andate le cose, mi sono limitato a prendere in
considerazione il mio borgo selvaggio. Con i dati relativi al solo Comune e non
all'intera provincia.

Voto del Senato. Confronti sul 2006. La Lega guadagna 2.534 voti, il Pdl perde
920 voti. La Destra-Fiamma ne prende 2.165.
Il Pd guadagna 4.476 voti rispetto a DS e DL. Da dove li ha presi? Non certo da
sinistra, forse anche da Casini che ne ha persi 1.911 rispetto a due anni fa.

Voto della Camera. Pdl perde 1.546 rispetto a AN+FI del 2006.
La Lega guadagna 3.061 voti (da 1.969 passa a 5.030). Il saldo negativo di Pdl
(-1.546) e l'avanzata della Lega (+3.061) danno un saldo attivo di 1.515 alla
coalizione di Berlusconi.

Pure a livello locale, Lega e Di Pietro sono le due sorprese. L'ex magistrato
alleato con Veltroni al Senato guadagna 1.109 voti. Alla Camera da 1.924
passa a 4.074 (+2.150).

Sia a livello locale sia a quello nazionale le due liste vittoriose negli
apparentamenti saranno capaci di fare vedere i sorci verdi agli alleati, dato il
forte carattere dei rispettivi leader, Bossi e Di Pietro.

Per completare il quadro locale: il Pd che si arricchisce per via moderata, non
è una novità. Due anni fa, alle comunali Forza Italia perde il 52,13% dei voti,
mentre AN sale del 16,26. Una fetta del Polo vota per il Centro-sinistra. A
luglio 2006 l’ex candidato sindaco del Polo decide di non votare contro la
giunta ma di astenersi sulle linee programmatiche del governo cittadino.
Quanto accaduto nel 2006 ha anticipato il risultato del 2008. Con un
progressivo spostamento al centro del neonato partito "riformista". D'altro
canto la candidata locale eletta ora alla Camera, aveva debuttato in politica
come assessore comunale con una dichiarazione di neutralità che anticipava
la svolta centrista che ha portato al tracollo elettorale di Walter Veltroni in
sede nazionale: "Non sono mai stata iscritta né vicina ad alcun partito, e più
che interrogarmi sul centro-destra o sul centro-sinistra, alla proposta di un
impegno in giunta, mi sono chiesta se mi sentivo di tirarmi indietro davanti
all’opportunità di operare, da un altro punto di vista rispetto a prima, per le
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 237
persone e la città".

Post scriptum. Da "Le Monde" appena uscito: "On aurait pu croire les Italiens
échaudés par les deux précédents gouvernements Berlusconi (1994-1996 et
2001-2006). L'Italie n'en était sortie ni grandie ni plus prospère. Mais il faut
croire que le pouvoir de séduction du vieux milliardaire agit toujours".
[Anno III, post n. 117 (494)]

15/04/2008
Un, due, tre

Era il titolo di un famoso varietà televisivo con Tognazzi e Vianello. Che


facevano i comici e non i politici. Adesso "Un, due, tre" è il tormentone dei
politici che rischiano di finire per essere considerati comici.
Nessuno ha mai visto la fine della prima Repubblica. Addirittura ora parliamo
di conclusione della seconda e di avvio della terza con quella legge elettorale
che sì ha estirpato i "cespugli" in nome del bipolarismo, ma ha pure decretato
la nascita di un bipartitismo che non ha nessuna logica storica.
Chi l'ha voluto, se non appunto quella legge che sarà sottoposta a referendum
elettorale, e che forse ci si accingerà fra poco a cambiare?
Nella frenesia dei calcoli e dei regolamenti di conti di queste ore, sarebbe utile
ricordarsene.
Si è fatta coincidere la fine della prima Repubblica con un'indagine giudiziaria
che ha travolto i partiti di governo. Allora applaudivano le tivù del cavaliere,
che così ebbe la piazza pronta per scendere in campo.
Adesso l'uomo di Arcore (adesso per modo di dire, da un bel po' di anni),
inveisce contro la magistratura. Può bastare questo suo modo di agire per
decretare il cambiamento, e dire che pure la seconda Repubblica (mai vista
nascere sulla carta) è pure essa tramontata?
[Anno III, post n. 116 (493)]

14/04/2008
Allegria

Allegria, come dice sempre il futuro senatore a vita Michele Bongiorno.


Allegria, l'Italia risorgerà, miracolata dal cavaliere solitario, e cambieranno
tutti i telegiornali Mediaset sino a queste ore impegnati a dimostrare la
miseria di un Paese governato da quel losco comunista di Romano Prodi, uno a
cui Stalin avrebbe fatto un baffo.
Post scriptum. Vi racconto in due righe gli appuntamenti elettorali di prestigio
del Pd organizzati nel mio borgo selvaggio la settimana scorsa. Uno
riguardava la salvaguardia del dialetto, la domenica (6 aprile) prima del voto.
L'altro (martedì 8 aprile) era una commemorazione di Aldo Moro, con il sen.
Sergio Zavoli e l'on. Pierluigi Castagnetti, a cui hanno partecipato pochissime
persone.
Se si perdono le elezioni, non è colpa di un destino cinico e baro, come diceva
Giuseppe Saragat. Forse è il caso che qualcuno cominci a fare un esame di
coscienza, a meno che le cose vadano bene a tutti così come sono andate.
[Anno III, post n. 115 (492)]

13/04/2008
Tromboni, solo di carta?
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 238

Tromboni Per i giornali la rivoluzione arriva dal web. Parola di Carl Bernstein,
"eroe del Watergate": "Internet è una grande opportunità per i lettori, che
possono crearsi i propri giornali, ponderati sulle rispettive preferenze. [...] Il
giornale tradizionale sopravviverà ma sarà in equilibrio con queste nuove
realtà editoriali. Sono gli albori di una vera rivoluzione".

In Italia non mi sembra che si parli tanto dell'argomento. Anzi, c'è una robusta
diffidenza verso Internet. Non so se è un'impressione personale. Chiedo quella
dei lettori e dei colleghi blogger. Ricordando il titolo dell'intervista a Bernstein:
"Giornalismo malato di gossip".

Ieri, a proposito di cinema e giornali, un articolo di Andrea Scanzi sulla


"Stampa" definiva "Internet e gossip, i killer dei recensori". Consolatoria la
frase di Edmondo Berselli: "Addio ai vecchi tromboni".
Il problema, a questo punto, è evitare che i vecchi "tromboni" della carta
stampata siano sostituiti da quelli nuovi del web.
[Anno III, post n. 114 (491)]

12/04/2008
Solo da noi

Da noi, soltanto da noi non si fa. La pubblicità di Sky apparsa oggi "contro" la
par condicio che non permette i dibattiti diretti come all'estero, è una lezione
di educazione civica. Viene da un concorrente dell'inventore delle "tivù libere"
che, stranezza della vita, è anche uno dei leader in campo per la scelta
elettorale di domani. Anzi il probabile vincitore.
[Anno III, post n. 113 (490)]

12/04/2008
Zapatere

Sono le nove "Zapatere", le nuove nove ministre, contro otto maschi, del
governo Zapatero. Bibiana Aido nella striscia centrale, è la più giovane, 31
anni, e gestirà il dicastero della Eguaglianza. "Bibiana Aído, ministra y
bloguera", la presenta "el Mundo". Carme Chacon è alla Difesa...
Senza farla lunga, una domanda "elettorale italiana", visto il clima e
considerando le urne di domani: sarà mai possibile avere anche da noi un
governo di 17 (direbbero che il numero è infausto) componenti, dei quali nove
donne e otto uomini (soltanto); ed una di quelle signore addirittura alla
Difesa?
[Anno III, post n. 112 (489)]

11/04/2008
Nel pallone

Letteralmente, siamo andati nel pallone. Ovvero siamo "in stato di confusione
mentale, disorientati". E non per colpa nostra. E ci siamo andati, nel pallone,
per colpa del pallone stesso. Di quel pallone usato politicamente per
confondere e complicare le cose.
Ieri il cavaliere al Colosseo aveva detto che Totti era «fuori di testa» per aver
appoggiato il candidato sindaco del Pd, Francesco Rutelli. Oggi, la solita
rettifica o smentita accompagnata dalla consueta accusa: tutta colpa della
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 239
sinistra.
Con un'aggiunta che dice tutto: "Totti è un grande campione, una bandiera
della sua squadra. Gli ho sempre voluto bene, del resto anche la moglie lavora
a Mediaset". Ancora una volta, dunque, ha parlato la "voce del padrone". Così
Berlusconi oggi in un collegamento telefonico con "Radio Radio".

Aspettiamo il sabato del silenzio, e volete che nel sabato del villaggio (globale)
non dica niente il signore di Arcore? Aspettando la domenica del voto e il
lunedì degli scrutini, siamo sicuri che ogni ora che passerà sarà scandita da
qualche affermazione strana o irriguardosa.
Siamo abituati a tutto, ma sarebbe bello che un padrone avesse consiglieri
fidati, capaci di calmarlo in attesa degli eventi. Sarebbe un sogno che un
amico gli dicesse "Silvio adesso per favore andiamo a spasso, a microfoni
spenti". Per rispettare quel poco di spirito democratico che aleggia ancora nel
Bel Paese.

A Berlusconi non sono servite le smentite di Ciampi. Ieri alla "Stampa" ha


ripetuto la solita accusa di aver manipolato la legge elettorale a favore della
sinistra, richiamando ancora "la decisione di un ex-Capo dello Stato [...] per
favorire la sinistra che può contare sempre e comunque sulle regioni rosse".

Quindi non possiamo essere ottimisti per le prossime 24 e 48 ore. In un modo


o nell'altro qualcuno direttamente o per conto terzi vorrà confermarci che
siamo veramente "nel pallone".
[Anno III, post n. 111 (488)]

10/04/2008
Noi pantere grigie

Nella chat di oggi pomeriggio del "Corrierone" condotta da Beppe Servergnini,


Walter Veltroni ha spiegato che l'Italia deve diventare un Paese moderno ed
europeo. Ha ragione. Ma ha torto quando per arrivare a questa conclusione
parte della premessa sulla "vecchiezza del Paese", giustificandola con il modo
di agire del "principale esponente nello schieramento avversario".
Berlusconi è vecchio non per anagrafe come pensa Veltroni, ma nei modi e
nelle linee politiche. Ormai la sua campagna elettorale non è altro che stanca
ripetizione di uno schema mentale: dice una cosa assurda, poi la smentisce
oppure ne incolpa i giornalisti.
Ma il Paese non è vecchio, della "vecchiezza" di cui parla Veltroni. Il Paese non
è Berlusconi, se appare vecchio è per colpa pure degli alleati (giovani) di
Berlusconi, come ad esempio Fini che ogni volta, davanti a dichiarazioni
"impossibili" del cavaliere, si smarca per poi sottomettersi ed obbedir tacendo.

Il Paese è vecchio come anagrafe? Ma è una colpa essere vecchi? Se questo è


il retro-pensiero di Veltroni, sbaglia la mira del discorso, perché ogni società
deve impostarsi sul dialogo fra giovani e vecchi, come era quando noi
eravamo giovani.
Se poi tutta la manfrina è per giustificare liste di beneficiati dall'alto, e
sappiamo come, allora caro Veltroni, vecchio sarà lei che prende in lista
raccomandati e spera che gli elettori non se ne accorgano.

10042008veltroni02Post scriptum. Tutto questo inno "Giovinezza, giovinezza"


non è un po' troppo ricalcato su altre idee, ideologie o campagne politiche un
poco vecchiotte e con quei bei risultati che tutti conosciamo, ad esempio dal
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 240
1940 al 1945?
[Anno III, post n. 110 (487), © by Antonio Montanar 2008]

09/04/2008
Voto, caos mentale

Il gran finale del voto 2008 procede peggio della peggiore previsione.
Ingenuo fin dalla suola delle scarpe appare Veltroni nello scrivere al suo
avversario quella infelice lettera sulla fedeltà alla Costituzione.
Ma il buon Walter non si è ancora accorto di che pasta è fatto il cavaliere? Il
quale oggi è ritornato sul tema dei brogli, invitando la sinistra ad "evitare altri
trucchi".
Veltroni poteva evitare di rispondere, giustificandosi: "La sinistra non siamo
noi". No, ha detto: "Ma una persona così pensate che possa governare un
Paese?". Purtroppo è già successo, e forse l'avremo ancora a palazzo Chigi.

Più a sinistra di Veltroni rischia di apparire la signora Santanché quando rifiuta


il discorso sul "voto inutile" e ricorda che, dire certe cose, significa non aver
rispetto della democrazia "che è costata molte vite".
Perbacco, una signora con la "fiamma" nel cuore e nel simbolo elettorale,
evoca i "fantasmi" della perfida sinistra, Resistenza Liberazione dal nazi-
fascismo e Democrazia, che persino il moderato Berlusconi odia a più non
posso?
Una signora che con estrema sincerità e rivendicando una franchezza di
linguaggio, che una volta era appannaggio soltanto delle donne di estrema
sinistra, sentenzia: "Silvio è ossessionato da me. Non gliela do".

Abbraccio Inconsapevolmente, la signora della "fiamma" ha battuto una sua


rivale di opposta fazione, la candidata Milly D'Abbraccio. La quale, per
corrispondere al proprio cognome, costringe ad una specie di kamasutra
elettorale. Se vi si avvinghia, almeno in immagine, vi sarà difficile guardarla
negli occhi. Infatti, come avverte Gianluca Nicoletti, dai manifesti esibisce
"terga scultoree che fuoriescono da un collant a rete rosa shocking".

Il candidato leader del Pdl propone un baratto: presidenza del senato al Pd, noi
al governo ed al Quirinale. Dove, come ampiamente previsto nei piani non
tanto segreti del Pdl, dovrebbe salire il cavaliere, lasciando a Fini la seggiolona
di capo del governo.
Ma per dimostrare che nella vita tutto è più dovuto alla parte esibita dalla
candidata D'Abbraccio che all'intelligenza, potrebbe occuparla, quella
seggiolona, l'odiato Casini, amato dai cattolici di centro e di destra e pure da
quelli riformisti, come si chiamano oggi, od adulti come li sbeffeggia Cossiga
abusando dell'etichetta prodiana: insomma quelli che albergano more uxorio
con Veltroni ma non maledirebbero un incarico al candidato vaticano in
pectore.
[Anno III, post n. 109 (486)]

08/04/2008
Cossiga enfant, terrible

La lettera inviata oggi da Francesco Cossiga alla "Stampa" ("Parlando da


cattolico infante") riapre un suo vecchio discorso. La straordinaria
nonchalanche che egli mostra è più tagliente di un coltello da macellaio.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 241
Quando si definisce "cattolico infante", manifesta un retrogusto che si coglie
soltanto se si ricorda che la stessa etichetta l'ha usata altre volte, non tanto
per spiegare se stesso ma per attaccare gli altri.
I quali erano rispettivamente il sindaco di Roma ed il presidente del Consiglio
Romano Prodi (18 giugno 2007); ed il ministro Rosy Bindi (21 gennaio 2008).

Nel 2007 chiese scusa al papa per le offese arrecate alla Chiesa etc. dal Gay
pride, aggiungendo una velenosa postilla su Romano Prodi: "Questa lettera
aperta di scuse gliela avrebbe dovuta forse scrivere il Presidente del Consiglio
dei ministri, cattolico e 'cattolico adulto': ma egli, e lo comprendo, non può
perché ritiene che la politica e la religione debbano essere non solo distinte
ma separate...".

Anche con Rosy Bindi citò i "cattolici adulti", infamandoli con la consueta
grazia: "non sono un 'cattolico adulto', ma un 'cattolico infante'". I "cattolici
adulti" hanno "la pretesa di parlare direttamente con Dio, anche bypassando il
Vescovo di Roma e della Chiesa Universale, e cioè il Papa". E credono "di
essere, come i catari, i Santi".
Cossiga invece sa soltanto di essere un "cattolico peccatore che si salverá per
la Grazia di Dio, mosso dalla quale cerco di cooperare con le buone opere,
anche obbedendo al Papa e ai Vescovi".

Nella lettera di oggi, Cossiga ribadisce la totale differenza fra i "cattolici adulti"
o "cattolici democratici", e quelli come lui, gli "infanti" o quasi "teodem".
Da profondo conoscitore della teologia (anche se sostiene di saperne soltanto
"qualcosa"), Cossiga conduce in porto una perfetta operazione per confondere
le menti e le acque della politica.
Il suo gioco dialettico serve soltanto a gettare fango sul movimento di Veltroni,
fingendone l'elogio: "Per quanto mi riguarda, forse io voterò per il Partito
democratico, anche se ancora non ho ben capito cosa sia!: ma io non sono
iscritto a questo partito, e in Parlamento voterò come mi pare, anzi, come
appartenente alla Diocesi di Roma e quindi fedele del Vescovo di Roma, che è
anche Papa".

A questo punto, caro presidente Cossiga, con tutta la simpatia che nutriamo
per lei e che lei costantemente ci ispira (come pubblicamente le
testimoniammo), non ci resta altro che dire: "Viva Porta Pia".
[Anno III, post n. 108 (485)]

07/04/2008
Cannoni e cannoli

Umberto Bossi non è nuovo a 'sparare' la minaccia del ricorso alle armi per
imporre le sue ragioni.
L'ultima occasione è stata la sortita contro le schede elettorali (conseguenti
alla "porcata" del suo colonnello Calderoli): "Se necessario, per fermare i
romani che hanno stampato queste schede elettorali che sono una vera
porcata, e non permettono di votare in semplicità e chiarezza, potremmo
anche imbracciare i fucili".
Pochi hanno compreso il verso senso di quelle parole. Che cioè, un senso non
ce l'hanno. È la solita carotina messa davanti al somaro per farlo camminare.
In questo caso, anzi come sempre, nella parabola politica bossiana, il somaro
sarebbe l'elettore... Per tenerlo dalla propria parte, le prova tutte, per cui
mette in imbarazzo anche i colleghi del suo schieramento.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 242

L'on. Berlusconi se l'è cavata con una frase molto infelice. Se fossi in Bossi la
considererei offensiva. Il cavaliere ha detto testualmente: "Bossi ha avuto
quello che ha avuto e si esprime per slogan".
A questo punto, dopo aver detto che da sempre non condivido nulla di quello
che sostiene Bossi, mi sento moralmente dalla sua parte. Berlusconi lo fa
passare per quello che non è. Bossi è capace di intendere e di volere. Dal
punto di vista medico-legale. Da quello politico, è un altro paio di maniche
(soggettivamente, dal mio punto di vista). Troppo comoda appare l'etichetta
del malato appiccicata all'amico per svicolare dalla questione politica. Ma
questa è la politica italiana.

Obiettivamente viene da chiedersi: c'è da allarmarsi per le minacce di cannoni


che potrebbero scendere dalle valli alpine per marciare su Roma, o piuttosto
non sono da temere di più le feste a base di cannoli?
Ieri Totò Cuffaro ha ordinato un vassoio di cannoli da offrire a Berlusconi in
visita a Palermo. Il suo rivale Gianfranco Miccichè, presidente dell'Assemblea
regionale siciliana, s'è premurato di spiegare alla stampa: "Mi risulta che
Berlusconi non ami i cannoli".Cannoli
Va bene. Berlusconi forse non ama i cannoli, da quando sono passati alla
storia della Repubblica per merito dello stesso Cuffaro. Il quale li ha usati
durante i festeggiamenti dopo una condanna in primo grado a cinque anni di
reclusione ma senza l’aggravante di aver favorito la mafia.
[Anno III, post n. 107 (484)]

06/04/2008
Villaggio insegna

Strepitosa intervista ieri sera a "Che tempo che fa" di Paolo Villaggio per la
presentazione di un suo libro, "Storia della libertà di pensiero". Elegante, serio
come deve recitare un comico serio, Villaggio ha impartito una bella lezione
intellettuale a quanti dimenticano le piccole regole del "pensare rettamente".
Tra cui c'è quella di non appiattirsi sulle ovvietà, e se possibile di marciare
controcorrente, almeno un poco, se non sempre.

Una delle cose migliori che la cultura e la politica contemporanea potrebbero


riservare a noi umilissimi spettatori dei giochi da circo romano ("panem et
circenses": tanto per farci passare il tempo e la fame della verità), sarebbe un
confronto fra Paolo Villaggio e Giuliano Ferrara.

Giuliano Ferrara, sì proprio lui, il candidato ad una beatificazione immediata e


sponsorizzata dalle più belle menti del giornalismo italiano, oltre che dal
cardinal Caffarra di Bologna.
"Repubblica" di ieri ospitava una lettera di Ferrara in cui spiegava di aver
voluto evitare un confronto (il terzo) con il prof. Ignazio Marino perché costui è
"un uomo molto noioso".
Il prof. Marino ha risposto nella stessa sede: Ferrara non si è presentato
"perché sapeva di perdere, come è accaduto nelle due altre occasioni".

Il prof. Ernesto Galli della Loggia non deve aver letto la dichiarazione del prof.
Marino prima di stendere un approfondito saggio apparso sul "Corriere della
Sera" di oggi come articolo di fondo, intitolato "L'invenzione dei mostri".
Se l'avesse letta, forse avrebbe inserito lo stesso prof. Marino nella lista dei
reprobi che usano disprezzo e manipolazione nei confronti di chi la pensa
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 243
diversamente.
Certamente, Galli della Loggia non avrebbe cambiato la sua opinione, tanto
saldamente arroccata sulla posizione avversa ai critici del "povero" Ferrara,
martire della perfidia di tanti avversari. Che lo dipingono come "una sorta di
orco antiaborista, uno che voleva ricacciare le donne nella clandestinità delle
mammane".
Galli della Loggia non ricorda la definizione di "assassine" usata da Ferrara
verso le donne che hanno abortito. Il termine, preso dal linguaggio giuridico,
ha una sua valenza terribile, che non dovrebbe sfuggire ad un intellettuale
raffinato come Galli della Loggia.

Il quale da storico sa bene che in tempi anche remoti la dialettica politica è


stata sempre piuttosto violenta da tutte le parti, preti e frati compresi. Un
ricordo di famiglia. Il fratello di mia madre ebbe un contraddittorio nel
dopoguerra, per le prime elezioni democratiche, con il cappuccino padre Luigi
Samoggia. Il quale, sconfitto nel confronto dialettico, gli scaricò addosso
anatemi e maledizioni. Per chiudere elegantemente lì il discorso.
[Anno III, post n. 106 (483)]

05/04/2008
Voto vuoto

Walter Veltroni scopre soltanto ora che il suo avversario fa una campagna
elettorale in «modo assolutamente incivile».
La risposta indiretta del cavaliere non tarda: è un appello al capo dello Stato
perché garantisca la regolarità del voto, messa in forse dalla impostazione
grafica delle schede elettorali.
Secondo Berlusconi, esse "inducono più facilmente all’errore che
all’espressione di un voto regolare".

Dunque, finito il discorso sui contenuti tutto gira attorno a giochi retorici per
distogliere l'attenzione della gente dai problemi reali del Paese. Prima si
diceva attenti ai brogli, adesso attenti alle schede perché la gente non capisce
nulla.

Non è che gli amici e colleghi di Veltroni (sarebbe esagerato dire compagni)
non siano sintonizzati sulla stessa lunghezza d'onda dei giochi retorici.
Domani nel mio borgo selvaggio si tiene una grande manifestazione del Pd
sul tema: "Le parole da non scordare".

Pensate un po': la gente è in crisi per i mutui, gli aumenti dei prezzi e delle
tariffe, e qui si offre come massimo della discussione politica, ad una
settimana esatta dal voto, questa convention sul dialetto: "E' un modo di
esplorare la nostra cultura, ma anche, per chiunque interverrà, per portare le
parole e il loro significato con sé, nel futuro. Potrà farlo sui due muri che
verranno allestiti, di cinque metri, dove segnare pensieri, parole, figure
importanti del nostro tessuto", ha spiegato Andrea Gnassi, segretario
provinciale del Partito Democratico.
Citiamo dal sito ufficiale del Pd. Dove si legge che alla base della
manifestazione c'è la coscienza che "la perdita di una parola non è solo la
perdita di una sfumatura".

Utile spiegazione che si può fornire magari a chi perde il lavoro: "Ma che cosa
vuoi che sia mai... Vuoi mettere in confronto con la perdita di una parola in
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 244
dialetto nel nostro parlar quotidiano?".
In italiano la risposta potrebbe essere: "Ma va a c....". In dialetto, i nostri
vecchi dicevano: "Ma va' in te dom", vai nel duomo. Chissà perché: non lo
sappiamo, non siamo esperti. Attendiamo lumi domani dall'incontro del Pd,
intitolato appunto "Us geva isé". Si diceva così.
Per non restare isolati ed incompresi, noi aderiamo toto corde all'espressione
nazionale, tra Pasolini e Moravia, "Ma andate a c....".
[Anno III, post n. 105 (482)

04/04/2008
Messe cantate

Messe cantate, messe in piega o messe in opera che siano, le dichiarazioni a


favore di Giuliano Ferrara pronunciate da quasi tutte le forze politiche di
governo e d'opposizione (compresi Prodi e Bertinotti), suonano come ipocrite
testimonianze di circostanza.
Ai funerali si va compunti, alle sfilate di carnevale si deve ridere per forza. Non
si può essere se stessi.

Premetto: mi considero non-violento, se fossi stato più giovane avrai fatto


obiezione di coscienza al servizio militare pur avendo avuto un antenato che
ha combattuto nel 1859 per l'unità d'Italia, se fossi stato più vecchio avrei
dovuto decidere da quale parte stare negli anni drammatici della guerra.
Ricordo una frase di Furio Colombo ad una manifestazione commemorativa
della Shoà: "Nella vita di tutti arriva il momento delle scelte".

Non sto con Ferrara non perché voglio stare con i violenti che alla fine
sbagliano pure il bersaglio e tirano le sedie in testa ai giornalisti. Successo a
Bologna. Non sto con Ferrara perché lui stesso dimostra di voler essere
violento nel definire "assassine" le donne che hanno abortito. Non so che cosa
gli frulli adesso in testa. Ferrara è sempre stato un amabile conversatore
anche quando sosteneva tesi che non condividevo. È una penna eccezionale,
un intellettuale di razza, uno che se non stai attento fa l'incantatore, come
quelli che ipnotizzano i cassieri delle banche. Ponendosi sul limitare tra la
convinzione esercitata lecitamente ed il plagio che un tempo era un reato, ma
che possiamo considerare soltanto come un'opzione pericolosa nella
economia sociale.

Ha ragione Mughini che stamani su "Libero" ha scritto un pezzo su di lui,


intitolato "Se semini vento...". Ferrara ha sempre seminato vento, ma una
volta aveva la grazia di un damerino salottiero, un giovin signore dai modi
burberi che sapeva sdrammatizzare con una strizzatina d'occhio nel salottino
televisivo in cui dominava con un pugno di ferro ben nascosto nel guanto di
velluto. Adesso il guanto di velluto è diventato un guanto di sfida, con la
violenza verbale che mette in pratica sopra un tema drammatico come è
quello dell'aborto. Per questo non convince, non invita al dibattito, ispira un
senso di distacco come lo ispiravano un tempo i predicatori di una neutralità
armata condensata nel famoso motto "Nè con lo Stato né con le BR".

Ma non convincono neppure le messe cantate, messe in piega o messe in


opera che siano, ascoltate nelle ultime ore per difendere il "diritto di parola" di
Ferrara. Ha ragione Mughini: andando nelle piazze, Ferrara trova non soltanto
sostenitori, ma "soprattutto quelli che per invidia e per mediocrità odiano" lui,
la sua silhouette, la sua storia intellettuale, i suoi cangiamenti di opinione, i
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 245
suoi redditi, "che odiano tutto questo più di ogni altra cosa al mondo. Basta
saperlo, e uno di lungo corso come te non può non saperlo". Se si scende
nell'arena, può vincere il torero, ma anche il toro può 'adirarsi'.

Viviamo una stagione in cui non si ha più il senso del ridicolo. Quando Follini
dichiara che il Pd di Veltroni sarà la nuova Dc, scopre l'acqua calda.
Si scandalizza inutilmente Maria Giovanna Maglie che ricorda: "Com’era che
dicevamo? 'Non vogliamo morire democristiani'. Era il nostro slogan di ragazzi
comunisti...".

Un'altra allieva, la Maglie, della scuola di Ferrara, che si è nutrita di molte


ovvietà ed adesso ha bisogno dell'oracolo di Follini per scoprire i misteri di
Veltroni?

Una bella battuta: Ferrara accolto dalle "ovazioni" (copyright di Maurizio


Crippa). Ma non di sole battute vive l'uomo. Serve anche l'intelligenza da
usare sul terreno della vita sociale di ogni giorno. Sai che felicità creativa dare
delle "assassine" alle donne che hanno abortito.
[Anno III, post n. 104 (481)]

03/04/2008
Risse rosa

Ieri sera all'Infedele di Gad Lerner, erano ospiti tutte signore della politica, a
discutere più che dei problemi concreti del Paese, di un settimanale che ne ha
intervistate altre appartenenti alla stessa categoria, per sapere segreti di
seduzione e di comportamento nella vita d'ogni giorno.
Per un'oretta abbondante ho resistito al sonno, poi ho spento il televisore.
Caro Lerner, è vero che la definizione di "quote rosa" non piace a tutti od a
tutte le interessate. Ma credo che serva ancor meno stare davanti al video per
assistere a "risse rosa" di chi magari fa finta di non capire il nocciolo del
problema.
In molti casi il nome di donna serve a mascherare le volontà dei capi-lista
(ovvero dei capi-partito), tutti signori uomini. In altri il nome di donna serve
per mascherare un rinnovamento che non c'è. E per accontentare poteri forti
anche estranei alla vita politica, che impongono quella scelta.
Occorrerà riparlarne seriamente, ma prima bisogna modificare la legge
elettorale, non potendo cambiare né costumi né usanze della vita del Paese.
[Anno III, post n. 103 (480)]

03/04/2008
Grazie, comunque

"Appartengo ad un partito che ha sempre dimostrato senso dello Stato".


Giuseppe Pizza, segretario della Democrazia Cristiana, insomma si iscrive
d'ufficio nelle liste dei benemeriti della Patria: "Rinuncio a far slittare le
elezioni. Faremo una campagna elettorale simbolica e rinunceremo a correre
alle prossime elezioni".
Forse ha ragione lui: non ne discutiamo né le ragioni di diritto né i meriti in
teoria. Quello che è successo ci serve per dimostrare come il sogno
veltroniano di cancellare 5.000 leggi con un colpo di bacchetta magica sia la
più pericolosa utopia mai affacciatasi in una campagna elettorale.
Poteva bastare un ricorso e la messa in moto di tutti gli esperti ed
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 246
azzeccagarbugli che affollano le nostre contrade, per coprirci di ridicolo:
elezioni indette, elezioni bloccate prima di svolgerle secondo programma...
Suvvia, ma in quale altro Stato poteva succedere questa commedia
strappalacrime, una specie di sceneggiata con il "perfido" che diventa "buono"
per fare felici tutti, e che si accontenta di così poco: la campagna elettorale
simbolica...
Simbolica, sì del degrado del diritto in un Paese che ha corso il rischio di avere
come unico appuntamento non prorogabile il festival di Sanremo. Grazie,
comunque, Giuseppe Pizza. Vedrà che la faranno senatore a vita, prima o poi.
[Anno III, post n. 102 (479)]

03/04/2008
Sindrome Ferrara

Giuliano Ferrara ha razzolato male 40 anni fa, ed adesso pretende di predicare


bene. Se la prende con ragazzi molto giovani, e li accusa di essere gli stessi
che tre decenni fa spaccavano le vetrine.
Suvvia, uno come lei, egregio Ferrara, non può cadere in questi tranelli retorici
che da solo si prepara per difendersi, chiedendo ascolto dopo averlo negato a
quanti dissentono da lei e dopo non aver voluto dialogare con nessuno.
A 17 anni, nel marzo 1968 a Valle Giulia, Ferrara aveva il loden ed un bastone
in mano. Non era la "giannetta" da passeggio. Se avesse trovato la testa di un
"avversario" da colpire, l'attrezzo sarebbe stato pronto per l'uso.

La lezione di Ferrara nel "mitico" Sessantotto, gli si è rivoltata contro. Faccia


un mea culpa per allora, senza tanti timori. Soltanto così può acquistare
credibilità come punto di partenza per quel dialogo che è indispensabile in una
società che voglia essere democratica non soltanto a parole.
Ha ragione Achille Occhetto a sottolineare che anche Giuliano Ferrara è stato
violento contro le donne. Come quelli che lo hanno zittito. Con l'aggravante,
aggiungo, che Ferrara fa la vittima. Ma di che? Ha un giornale che vive con
contributi pubblici, ed è di proprietà della moglie di un candidato leader alle
prossime elezioni. Quindi l'avvenire è assicurato per il direttore del "Foglio".
Non altrettanto si può dire di noi "semplici" cittadini, non garantiti da nessuno.
Mi sembra utile riportare al proposito il parere di Eleonora Gitto: "Per chi è
schierato dalla parte della difesa della legge 194, della libertà delle donne e
della laicità dello Stato, la contestazione a Ferrara non è letta come un attacco
alla persona, ma come una manifesta contrarietà alla moralistica campagna
antiabortista che criminalizza un atto di libertà consapevole e ragionato, una
decisione difficile presa da ogni donna in considerazione di fattori personali,
familiari, sociali ed economici".
[Anno III, post n. 101 (478)]

02/04/2008
L'onore del Colle

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, rispondendo duramente a


Silvio Berlusconi, ha voluto che fosse rispettato l'onore della carica da lui
rappresentata, non tanto quello della sua persona. Ed ha fatto bene.
Soprattutto perché la successiva replica di Berlusconi tendeva a salvare la
figura di Napolitano ("Non create casi che non esistono", ha detto ai
giornalisti), e di lasciare sotto tiro soltanto quella di Ciampi: "Quanto al fatto
che ci sia stato un rapporto dialettico tra me e il presidente Ciampi lo sanno
tutti. Abbiamo avuto molte occasioni di divergenze poi superate nel rispetto
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 247
reciproco".

A sua volta Carlo Azeglio Ciampi ha smentito (ancora una volta) la leggenda
metropolitana diffusa dalla destra di Berlusconi (e Calderoli) che lo vuole
responsabile politico del "porcellum" (o "porcata"), cioè del premio di
maggioranza al Senato nella legge elettorale in vigore.

In uno Stato "costituzionale" (con la divisione dei poteri), nessun leader


politico può legittimamente spargere veleno come ha fatto ieri il candidato
leader del Pdl sulla più alta carica che oltretutto rappresenta l'unità nazionale.

Purtroppo Berlusconi è avvezzo ad offendere chi non la pensa come lui. Anche
se siede sul Colle. Nel febbraio 2005, il cavaliere accusò lo stesso Ciampi di
essere condizionato prima della promulgazione delle leggi dalle "sirene della
sinistra". Una nota del Quirinale parlò di "sorpresa" di Ciampi, per difendere la
correttezza dell'operato del presidente.
In tempi precedenti (si legge in un libro del 1997, di Augusta Forconi),
Berlusconi definì Napolitano "il peggiore perché sembra un inglese e invece si
comporta da stalinista".
Passano gli anni e Berlusconi non perde il vizio. Quindi la difesa dell'onore del
Quirinale fatta ieri sera da Napolitano, è stata quanto mai opportuna, anzi
necessaria.

Documenti.
Queste parole di Berlusconi: "Sappiamo che ogni decisione del Consiglio dei
ministri dovrà passare per le forche caudine di un capo dello Stato che sta
dall'altra parte. Ricordo i rapporti con Carlo Azeglio Ciampi...".
Questa la dichiarazione del Quirinale di ieri sera: "La presidenza della
Repubblica, chiunque ne fosse il titolare, ha sempre esercitato una funzione di
garanzia nell'ambito delle competenze attribuitele dalla Costituzione senza
mai sottoporre a interferenze improprie le decisioni di alcun governo, e
considera grave che le si possano attribuire pregiudizi ostili nei confronti di
qualsiasi parte politica".
Queste le parole di Ciampi: "L'obiezione da noi mossa al testo inviatoci allora
da Palazzo Chigi, prima che fosse approvato al Consiglio dei ministri,
riguardava solo l'incostituzionalità del premio di maggioranza nazionale per il
Senato, che era in palese contrasto con l'articolo 57 della Carta. L'articolo, per
intenderci, secondo il quale il Senato è eletto a base regionale. Da un punto di
vista giuridico l'ostacolo era insormontabile, dunque lo segnalammo".
Ciampi, ha detto P. F. Casini oggi, è "un galantuomo che ha fatto onore
all'Italia".
[Anno III, post n. 100 (477)]

01/04/2008
Ricchi senza saperlo

A proposito del post "Poveri per fare i ricchi". È appena uscita una notizia Ansa
relativa sempre a Rimini.
Un rapporto della locale Camera di Commercio spiega che la provincia di
Rimini è l'undicesima in Italia per il benessere economico: però la "percezione"
di questo benessere è "più bassa rispetto alla crescita reale". Ovvero, siamo
ricchi senza saperlo, o magari facendo finta di non esserlo.
Dunque, i riminesi sono ricchi ma non sapendolo s'indebitano e diventano
poveri? Quindi sono (siamo) doppiamente scemi?
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 248
[Anno III, post n. 99 (476)]

01/04/2008
Poveri per fare i ricchi

Un giovane ed intelligente assessore della mia città (Rimini), Stefano Vitali,


con delega alla Protezione Sociale e alle Politiche per la Famiglia, ha oggi
commentato gli aumenti del costo della vita, segnalando che essi hanno "la
famiglia come vittima principale". Non la famiglia "povera", aggiunge, quella
"normale" che non riesce "più a mantenere il proprio stile di vita”.
"In questa situazione", aggiunge, "anche una famiglia con due redditi normali
e figli a carico, vede restringersi notevolmente la propria gamma di consumi".
La difficoltà di arrivare a fine mese, spiega, "si sta insinuando nel cuore della
civiltà occidentale, dell’Europa, del Paese, delle città, tra adulti che lavorano e
giovani che studiano".

Vitali, che proviene dalla scuola del compianto don Oreste Benzi, precisa:
"Sono sempre più infatti le persone che fanno ricorso ad acquisti a rate per
poter 'restare a passo con i tempi', e mantenere uno stile di vita che, fino a
qualche anno fa, potevano permettersi senza tanti problemi e, anzi,
risparmiando anche qualche cosa per il futuro dei figli. Anche se dal benessere
diffuso non sembra, sono tante le persone che, nell’illusione di un
miglioramento futuro, si indebitano per comprarsi a rate il televisore nuovo,
cambiare auto o l’ennesimo modello di telefono cellulare. Ci sono anche quelli
che, per permettersi questi acquisti, risparmiano addirittura sui beni primari,
come il cibo, e non mancano quelli che si rivolgono alle mense. Anche la
povertà allora cambia, da quella tradizionale legata alle difficoltà primarie di
casa e cibo, a quella odierna legata agli 'status symbol'".
Insomma, i nuovi poveri lo sono perché vogliono fare i ricchi.

"Oggi, anche se sembra il contrario, è molto più facile essere tagliati fuori
dalla normalità. È questa nuovo tipo di società che mi preoccupa. Perché le
famiglie povere hanno in sé una grande capacità adattiva che, con aiuti mirati,
gli permettono di riuscire a cavarsela con sacrificio e flessibilità. Le famiglie
oggi in difficoltà, sono invece impreparate a gestire il cambiamento, ed
esposte a rischi che, da economici, rischiano spesso di sfociare in crisi
relazionali, educative, sociali".
Vitali conclude con queste parole: "Quella in atto è una vera e propria
rivoluzione che dobbiamo imparare al più presto a gestire con servizi nuovi,
idee, e una diversa lettura delle dinamiche sociali e familiari, sempre più
diverse e incompatibili con quelle a cui storicamente abbiamo sempre fatto
riferimento. Non dobbiamo soprattutto compiere l’errore di continuare a
gestire queste dinamiche come emergenza, ma rimboccarci le maniche per
affrontare quella che, sempre più, si sta affermando come una ‘crisi della
normalità’".

Mi sembra da sottolineare quest'ultimo passaggio dell'assessore Vitali.


Abbiamo una 'crisi della normalità', una "rivoluzione" sociale davanti alla quale
i politici debbono fare uno sforzo per una "diversa lettura" dei fenomeni che
accadono.
Quei cittadini che diventano poveri per apparire ricchi, sono il riflesso di una
filosofia dei consumi instillata da certi politici come il Cavaliere che considera
oggi l'Italia in miseria per colpa delle tasse di Romano Prodi, e che ai suoi
tempi esaltava il benessere (immaginario) di un Paese in cui c'era il più alto
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 249
numero di telefonini per persona (parole sue), non so se a livello europeo o
mondiale (magari inserendoci nella classifica anche di quegli Stati poveri
dell'Africa dove la gente continua a morire di fame e di sete).
Sul tema segnalo l'inchiesta oggi apparsa su "Repubblica", dal titolo "I nuovi
poveri d'America", dove si racconta che 28 milioni di cittadini Usa vivono con il
sussidio di Stato.
[Anno III, post n. 98 (475)]

01/04/2008
Leggi sloggiate

Se Walter Veltroni riuscisse a metter in pratica il suo progetto di tagliare


cinquemila leggi, l'Italia finirebbe nel caos più totale. Il sistema legislativo
italiano è basato su di un intricato collegamento di norme che l'onnipotente
burocrazia statale ha partorito a getto continuo dal 1861 ad oggi.
Impossibile che WV non sappia tutto ciò. Molte leggi premettono un rinvio a
tante altre norme, ne introducono collegamenti, modificano frasi, cancellano
parole, aggiungono precisazioni che rendono talora incomprensibili i testi agli
stessi esperti.
Dalla sera alla mattina, con cinquemila leggi in meno, l'Italia non avrebbe più
modo di gestirsi...
Possibile che un politico che è stato sindaco e parlamentare non sappia ciò?
[Anno III, post n. 97 (474)]

31/03/2008
Fisco pazzo

Documento Arrivano i rimborsi dal fisco (anno 2005). In duplice copia. In buste
separate. Ho avvertito il call-center. Ho riscosso una sola volta. Ma ci
potrebbero essere anche i "furbi" che riscuotono due volte. Questa è una
notizia buona per la carta stampata. È impazzito il cervellone del fisco.
[Anno III, post n. 96 (473)]

30/03/2008
Ordine privato

Da tre giorni rombano i motori e starnazzano gli altoparlanti. Sono auto


speciali che vanno e vengono da una rassegna fieristica dietro casa. Tremano
i vetri, si spaccano i timpani. Siamo ospitali in Romagna. Neppure un vigile,
manco una multa per violazione del Codice della strada? Di agenti non ho
visto l'ombra. Ieri c'è stata una scossa di terremoto. Avvertita pure qui, hanno
detto in serata i tg locali. Ma erano più forti le scosse provocate da motori e
altoparlanti.
L'altra mattina in pieno centro, mentre riprendevo la bici parcheggiata, ho
ascoltato per caso la conversazione tra due signore. Una la conosco da anni, è
invalida e deve spostarsi con l'auto. Per camminare usa il bastone. È andata
all'Ufficio dei Vigili nel piazzale della Stazione ferroviaria. Per rinnovare il
permesso-invalidi. Multata perché nell'unico spazio disponibile la sua vettura
parcheggiata intralciava il traffico. Ma se l'autobus è passato..., ha obiettato la
signora. Sì ma a fatica, ha risposto il Tutore dell'Ordine Pubblico. Verbale.
Anche questa è l'Italia. Forte con i deboli, e debole e/o tollerante con i forti:
portano soldi a tutti in tre giorni sulla Riviera queste auto che fanno tremare
l'aria... Non abbiamo Ordine Pubblico, ma Ordine Privato.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 250
[Anno III, post n. 95 (472)]

29/03/2008
Silvio I papa

Non ci resta che ridere. Silvio Berlusconi ha la fissa della missione religiosa. E
passi. Siamo nella sfera di lecite anche se discutibili posizioni mistico-politiche.
Oggi ha detto che non può allontanare da sé "l'amaro calice".
Ridicolo? Semmai blasfemo. Ma lui si può permettere tutto.
Ieri ha parlato come se fosse il portavoce del cardinal Camillo Ruini. Oggi gli
risponde per le rime l'ex compagno di banco Pier Ferdinando Casini. Che
accusa il cavaliere di scarso o nessun rispetto verso la Chiesa.

Ma pure Casini si pone sullo stesso piano logico-politico di Berlusconi, essendo


parte in causa ed avendo interessi da difendere rispetto all'elettorato a cui il
capo del Pdl guarda con la stessa golosità del deputato bolognese.

Silvio o Perferdy non fa differenza. Il problema resta questo: a decidere le sorti


dell'Italia è chiamato l'elettorato cattolico. Chiamato a comando a seguir certe
direttive vaticane anche se milita nel Pd veltroniano. Questo è il tema
centrale, per laici e cristiani impegnati in politica: quale trasversalismo
guiderà le scelte politiche del futuro governo sia di destra o sia di sinistra?
Non ci resta che piangere?
[Anno III, post n. 94 (471)]

28/03/2008
Il male di leggere

Spesso il male di leggere ho incontrato…


Parafrasando Montale, vien da commentare quanto scrive stamani Massimo
Gramellini nella sua rubrica: «Siamo tutti scemi, giornalisti e cittadini?».
Gramellini prende spunto dal tormentone dell’attualità, madame la France
Carla Bruni ospite inglese in gran spolvero, divenuta oggetto di culto da parte
di lettori e telespettatori.
Per i tg il rimedio c’è, guardare soltanto le previsioni del tempo. Gettare il
resto. Per i quotidiani, è il solito discorso: davvero scrivono quello che vogliono
i lettori? Un ricordo personale da cronista di 40 anni fa esatti. Una pagina
speciale, intitolata “Il cane si morde la coda”. I giornali si giustificano:
pubblichiamo quello che chiedono i lettori. Ma i lettori possono leggere
soltanto quello che pubblicano i giornali. Dunque?
Lettura Credo che quell’informazione sui temi forti a cui accenna Gramellini,
possa essere fornita dai grandi quotidiani come “La Stampa” con uno sforzo
costante di spezzare il pane per il lettore. A volte certe articolasse stile
“Repubblica” sono indigeste e causa di forti cefalee. E si ritorna, come mezzo
secolo fa al vecchio discorso sugli intellettuali italiani che sprizzano retorica da
ogni poro. Il loro motto sembra essere il paradosso più logico onde evitare la
fatica di essere chiari: “Non abbiamo tempo per spiegarci in breve”. Lungo è
facile, ma gli articoli li pagano ancora a riga pure alle firme illustri?
[Anno III, post n. 93 (470)]

27/03/2008
Allam, la Chiesa precisa
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 251

Non è un fatto usuale che il portavoce vaticano intervenga sopra la vicenda


privata di un cattolico per togliere alcune castagne dal fuoco. Anche se quel
cattolico si chiama Magdi Allam, ed è stato pubblicamente battezzato dallo
stesso papa.

Se la Chiesa per bocca di padre Federico Lombardi fa sapere che le idee di


Allam sull'Islam non possono "diventare in alcun modo espressione ufficiale
delle posizioni del Papa o della Santa Sede", significa che qualche
preoccupazione vaticana c'è stata dopo certe dichiarazioni del battezzato.

Le parole di padre Lombardi appaiono ovviamente molto 'prevedibili': nessun


cattolico può dar lezione al papa od alla Chiesa intesa come gerarchia
romana. Ma diventano una risposta utile e necessaria alla 'controparte'
islamica.
Ad esempio, Aref Ali Nayed aveva detto che il messaggio dell'articolo di Magdi
Allam pubblicato il giorno di Pasqua dal "Corriere della Sera", era "proprio lo
stesso dell'imperatore bizantino citato dal Papa" nella sua discussa lezione di
Ratisbona.
In questa direzione di messaggio al mondo islamico, va anche l'editoriale
dell'"Osservatore romano" sull'argomento, intitolato appunto
significativamente "Libertà religiosa e dialogo".

Oltre che messaggio al mondo islamico, le parole di padre Lombardi sono un


invito allo stesso mondo cattolico a non trasformare casi personali in fatti
istituzionali. Anche questo è un aspetto non secondario e soprattutto politico,
da collocare nel contesto del momento elettorale italiano. Dopo il gran rumore
provocato da certe posizioni come quella di Giuliano Ferrara sulla questione
dell'aborto.
[Anno III, post n. 92 (469)]

26/03/2008
PD(ietrofront)

A Palermo, Walter Veltroni ha cambiato tattica. Lasciato il buonismo "in


continente", ieri sera ha attaccato il cavaliere: "Il mio avversario non vuole
fare con me il confronto televisivo e me ne dispiace ma considero che sottrarsi
in una campagna elettorale così importante sia qualcosa che non succede in
nessun altro Paese e non deve succedere nemmeno nel nostro tanto più che si
usano le proprie tv in modo da violare costantemente le regole del gioco".

Come suol dirsi, è stata una inversione "ad u". Per andare avanti, è tornato
indietro sui suoi passi.
Si è finalmente accorto che "l'avversario" lo prendeva bellamente a schiaffi, e
che non poteva porgere l'altra guancia all'infinito. Correva il rischio di
prenderne tanti da non poter più aprire bocca.
Si è finalmente accorto che l'uso perverso della politica nelle tv del signor
padrone-Berlusconi, gli sta gettando fango a palate 24 ore su 24.

Unico problema. Il suo cambiamento di rotta è stato fatto in tempo, od ormai è


troppo tardi? In periferia i suoi candidati procedono con guanti di veluto, come
il Veltroni "delle origini". Bisognerà che qualcuno li avvisi che qualcosa è
cambiato, ieri sera a Palermo.
[Anno III, post n. 91 (468)]
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 252

25/03/2008
Allam, clamore e crociate

Ogni evento legato alla coscienza ed alla spiritualità merita rispetto, quindi
non può essere messo in discussione da nessuno.
Diverso è il discorso sul modo con cui quell'evento è gestito e presentato.
Soprattutto se quell'evento finisce sulla ribalta della cronaca e della politica
che dovrebbero esser rispettosamente tenute alla larga.
Tra il "Dio lo vuole" (oppure "Dio è con noi") e la gestione di una conversione,
c'è una bella differenza.
La conversione richiede silenzio, non pubblico "spettacolo" e dichiarazioni
giornalistiche a piena pagina come ha fatto sul suo giornale Magdi Allam,
vicedirettore "ad personam" del "Corriere della Sera".

Claudio Magris, sullo stesso quotidiano, esprime oggi una severa critica alle
parole di Magdi Allam: "...nella lettera in cui racconta la sua rinascita
spirituale, non si limita a ringraziare Dio per la grazia ricevuta, ma propugna
contestualmente una precisa linea politica, affermando la natura
'fisiologicamente violenta di tutto l’Islam' e la conseguente necessità di
combattere tutto l’Islam, il che non è conforme all’amore cristiano e al suo
senso di fraternità universale".

Bobo Craxi ha detto a sua volta: "Una conversione dovrebbe essere un fatto
privato, ma il giornalista Magdi Allam l'ha trasformata in un atto pubblico ed in
un fatto politico, risalente alla propria ostinata denuncia contro i rischi che si
annidano nel fanatismo religioso islamico".

Dunque, al clamore sì è associato uno spirito da crociata?


Molto severo (ed in questa direzione) appare il giudizio di "Rinascita": "Sotto i
riflettori dei mass media, questo atto di un 'privato cittadino' è diventato
l'occasione per attaccare l'Islam, bruciare quarant'anni di dialogo intereligioso,
offendere gli ebrei, con la preghiera per la loro conversione, e tornare sempre
più prepotentemente ad una chiesa, e perché no, ad un società preconciliare".

Forse ci sbagliamo noi a leggere l'evento in questo senso. Ma le cose (così


come sono andate a Roma e nei successivi commenti 'amici'), non sembrano
aiutarci a formulare un giudizio diverso.

La foto di destra è presa dal blog carlo-carlo.blogspot.com.


Sulle reazioni internazionali, si può leggere un'interessante rassegna in
vistidalontano.blogosfere.it.
In salamelik.blogspot.com, Sherif El Sebaie scrive a commento di una lettera:
"Vengano ora a dirci, razzisti e xenofobi vari che il problema è
nell'immigrazione 'degli islamici'. La testimonianza di questo mio compagno di
studi, cristiano, supera di gran lunga qualsiasi cosa abbia scritto io stesso su
questo blog. A dimostrazione del fatto che bisogna agire, e subito, per evitare
che l'Italia sia conosciuta internazionalmente come 'un paese di razzisti'.
Questo è il vero amore per l'Italia".

24/03/2008
Hillary, bugie sui Balcani
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 253
L'accusa è del "Washington Post", con l'attribuzione di "quattro pinocchietti" a
Hillary Rodham Clinton per aver dichiarato che nel 1966 atterrò nei Balcani, a
Tuzla, "in mezzo al fuoco dei cecchini". Una foto di Doug Mills, Associated
Press, la smentisce.

Quando la libera stampa americana agisce con grande rispetto della


dentologia, vengono in mente episodi nostrani che stanno agli antipodi.
Giornalisti che hanno lavorato per i servizi segreti, e che vanno in giro per
l'Italia a fare conferenze non per spiegare come si scrive un buon articolo, ma
a mostrare perché si considerano cittadini benemeriti per aver appunto
lavorato con i servizi segreti.

Un episodio personale di qualche giorno fa. Mi contattano per mail per


collaborare ad un blog politico locale. Chiedo un incontro. La gente, preferisco
guardarla in faccia. Sono contattato telefonicamente. Uno dei due ideatori
(entrambi industriali), è disposto ad incontrarmi a patto che mantenga segreta
la sua identità. Ho spiegato che non ho troppo tempo da dedicare alla politica.
[Anno III, post n. 89 (466)]

23/03/2008
Voto, se 2+2=3

La matematica non è un'opinione, ci dicevano quand'eravamo ragazzi per


convincerci dei nostri errori di calcolo. Non vorrei che gli stessi errori li
commettessero quelli che pensano alle prossime elezioni, in base ai sondaggi
od ai confronti fra gli stessi sondaggi e gli esiti delle passate consultazioni.
In linea teorica ogni ragionamento è esatto. In pratica le cose cambiano e di
molto. Perché i dati elettorali veri (del passato) e presunti (del prossimo aprile)
possono rivelare soltanto un aspetto di facciata del problema.

La sostanza è un'altra. Ed è nascosta ai sondaggi ed ai calcoli. Prendo ad


esempio la mia città. Le urne nel 2008 daranno un risultato conforme alle
prospettive politiche nazionali o saranno legate agli 'interessi' locali rivelati già
dalle amministrative del 2006?
Nel 2006 il candidato sindaco del centro-sinistra è salvato dai voti di centro-
destra. Forza Italia scende da 25.335 voti a 12.128 (-52,13%). Qualcosa
(+16,26) va ad AN che sale da 8.691 a 10.113. Il centro-destra era senza un
candidato storico, quello improvvisatosi all'ultimo momento, succedeva ad un
altro gettatosi nella mischia e poi fermato. Ufficialmente dal cuore (problemi
di salute), ma immaginiamo anche dal «portafoglio»: lui gridava troppo forte
un «sogno» nuovo che avrebbe rovinato molti affari in corso. Leggi
speculazione edilizia. Contro la quale nella passata giunta si erano espressi
addirittura due assessori: defenestrati.

Nella nuova giunta comunale, volti nuovi. Tra di loro c'è chi dichiara: "Non
sono mai stata iscritta né vicina ad alcun partito, e più che interrogarmi sul
centro-destra o sul centro-sinistra, alla proposta di un impegno in giunta, mi
sono chiesta se mi sentivo di tirarmi indietro davanti all’opportunità di
operare, da un altro punto di vista rispetto a prima, per le persone e la città".
La ciliegina sulla torta dell'assessore riminese indifferente alla destra ed alla
sinistra, fu questa sua frase: "In giunta, sono considerata 'in quota' al mondo
cattolico, più che a una coalizione".

2008, elezioni politiche, l'assessore indifferente finisce nella lista veltroniana


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 254
per la Camera dei deputati. Dopo uno sconquasso che ha travolto la vecchia
guardia di ex comunisti e di ex democristiani: ecco un caso di par condicio
rigorosamente applicata.
Nel frattempo anche l'artefice delle fortune locali di An è stato 'sostituito' da
un candidato voluto da Roma, a dimostrazione che non conta nulla l'attività
politica svolta 'in sede', ma soltanto la volontà dei capi nazionali.

Per il candidato veltroniano proveniente dalla giunta comunale con tanto di


dichiarazione di indifferenza tra destra e sinistra, dovrebbero votare, se la
logica governasse le nostre cose, anche quei cattolici che due anni fa
tradirono la lista locale berlusconiana e scelsero quella di centro-sinistra.
Ma così non avverrà. Comunque, resterà sempre con evidenza un fatto: che
quel mondo cattolico di cui l'assessore si diceva espressione, è oggi
ufficialmente entrato nel Pd, però senza avere più a disposizione quei voti
grazie ai quali la giunta (di cui l'assessore faceva parte), ha potuto vincere le
amministrative del 2006.

Con ciò si dimostra che non sempre 2 più 2 fa 4, ma che può anche fare 3. Se
quel 52,13% perduto dal centro-destra torna all'ovile berlusconiano, la giunta
comunale cittadina ne dovrebbe ricevere un schiaffo morale. Ma non sarà così.
Si dirà che una cosa sono le amministrative ed una cosa le elezioni politiche.
Giusto. Non è possibile far quadrare il cerchio. Ma una logica ci dovrà pur
essere nelle nostre azioni. Se ieri non andava bene l'obiettivo del centro-
destra per la città, è segno che il centro-sinistra aveva le sue buone ragioni
'pratiche' per ottenere quel voto.
Adesso se quel voto torna a casa, anche i più ferrei veltroniani dovrebbero
riconoscere che per governare in sede locale e nel Paese, occorre continuare
con le strizzatine d'occhio, facendo finta di gareggiare con avversari che
invece possono essere pure colleghi di un'eroica impresa, spacciata per il
"salvataggio dell'Italia".
E se il Pd perdesse le elezioni, sarebbe giustamente pronto a sottolineare che i
suoi candidati hanno avuto un'esperienza locale anche grazie al centro-destra
che fu 'indisciplinato' nel 2006, e che lo stesso centro-destra dovrebbe essere
riconoscente, come vincitore nel 2008...
Questo dicono i numeri, che non sono un'opinione, ma possono benissimo
esprimerne parecchie. Anche di fastidiose. Come quelle che frullano per la
testa della "Sinistra Arcobaleno" vilipesa da tutto il Pd in sede nazionale ma
convivente in giunta cittadina.
[Anno III, post n. 88 (465)]

22/03/2008
Nancy Pelosi insegna

Nancy Pelosi, speaker democratica della Camera Usa, ieri ha incontrato il Dalai
Lama nella sua residenza a Dharamsala, in India. "E' il nostro destino aiutare
la gente del Tibet. Se il mondo non si esprime contro la Cina e contro i cinesi
in Tibet, allora vuol dire che abbiamo perso tutta l'autorità morale per parlare
di diritti umani", ha detto Nancy Pelosi, che era con altri nove esponenti del
Congresso americano.

Oggi Pechino le risponde: "Schiacceremo i secessionisti". La presa di posizione


di Nancy Pelosi, "viola tutti i principi delle relazioni internazionali", secondo un
portavoce del ministero degli Esteri cinese.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 255
Consideriamo tutto ciò un antefatto non per discutere di politica estera (credo
che Nancy Pelosi abbia ragione nel sostenere le sue tesi), ma per limitarci
all'orticello italiano.
Se la signora Nancy Pelosi fosse stata un'alta autorità politica italiana, forse si
sarebbe accontentata (in questi giorni di vigilia elettorale) del suo privilegio di
"quota rosa" soddisfatta e vincente. E non avrebbe preso un aereo per volare
in India ad incontrare il Dalai Lama.
Sarebbe invece andata a fare la spesa al mercato rionale, tentando un piccolo
comizio per difendere la propria identità e novità di democratica scesa in
campo, eccetera.
Pelosi
Anche gli Usa sono in vigilia elettorale, con tempi meno stretti dei nostri, ma
non è questione di calendario.
Ha scritto bene Federico Rampini su "Repubblica" oggi: "Dopo una settimana
di silenzi imbarazzanti, di mezze frasi inconcludenti, di minuetti diplomatici in
tutte le capitali occidentali, la signora Nancy Pelosi ha fatto quello che nessun
altro politico ha voluto osare".

Questione di carattere, di cultura, di rispetto di certi valori che sono alla base
del vivere comune? Contrapponiamo l'elogio di Nancy Pelosi fatto da Rampini,
alla desolata descrizione del momento politico italiano contenuto
nell'editoriale di Riccardo Barenghi su "La Stampa" di stamane. Dove si
accenna a liste "piene di contraddizioni, di volti sconosciuti e inutili".
Noi avremo deputati catapultati a Roma da scelte dei capi-partito, saranno
elette persone degnissime che però non hanno mai affrontato in precedenza
la selezione elettorale, e sono salite ad incarichi di governo locale soltanto
perché chiamate dall'alto.
Anche loro, una volta entrate a Montecitorio, saranno liete per la vittoria delle
"quote rosa" e si sentiranno investite da una missione salvifica, quella di
dimostrare che pure in Italia "le donne ce l'hanno fatta".
Ma siamo sicuri che neppure lontanamente le sfiora la tentazione di riflettere
sulla questione: ed io nei panni della Nancy che avrei fatto?

Risposta: nell'ordine queste signore avrebbero chiamato casa, sentendosi


rispondere che l'India è lontana, poi avrebbero chiamato il cardinal legato
("Non essere precipitosa"), ed infine i sostenitori locali della lista che le hanno
elette e che le amano visceralmente: "Ma a te che te frega del Dalai Lama?
Mica porta voti".
Signore candidate, questa è la politica italiana? Suvvia, dite qualcosa almeno
su Nancy Pelosi. E prendetela ad esempio.
[Anno III, post n. 87 (464)]

21/03/2008
Certi giornali

Il presidente Giorgio Napolitano ha tirato le orecchie ai giornali. Spesso sia in


Italia sia all'estero essi "mettono in risalto quel che c'è di più negativo" nel
nostro Paese, ingenerando "un pregiudizio pessimistico" talvolta accolto ed
alimentato dalla politica.

Il richiamo è irrituale. Tenendo soprattutto conto che arriva alla vigilia di una
consultazione elettorale che sta lentamente deviando dal binario istituzionale,
come dimostrano le avances berlusconiane in materia di Alitalia. Il cavaliere si
considera già il futuro premier, e vuol dettare le regole del gioco.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 256

Quel richiamo di Napolitano è stato accompagnato da una sacrosanta


affermazione di tipo costituzionale, il voto è sempre utile. C'è il diritto-dovere,
per il cittadino, di partecipare alla vita politica del proprio Paese.

Ma a questo punto viene da chiedersi: tirare le orecchie ai giornali italiani e


soprattutto stranieri, è utile al buon nome di quel Paese? È un servizio
politicamente necessario reso alla Giusta Causa della governabilità del Paese
stesso, oppure quest'ultima, la governabilità, va raggiunta attraverso una
riforma elettorale ed evitando che un signore sia padrone di mezza
informazione nazionale, guidi un partito, governi una Nazione (come spera) ed
intanto metta avanti i figli per gestire Alitalia?

Alla fine non si affermi però che questi sono pensieri qualunquistici. Come si
dice di quelli secondo cui una protesta con il non-voto è una soluzione come le
altre.
Ci si dovrebbe porre un altro problema: la crisi morale e politica di un Paese
nasce vedendo ad esempio l'immondizia di Napoli, oppure da quello che
sull'immondizia scrive qualcuno a Milano o a Parigi?
[Anno III, post n. 86 (463)]

20/03/2008
Carla Bruni bacchetta

Ormai sta diventando un genere letterario di tutto rispetto, quello delle


signore dei politici che intervengono sui giornali con lettere aperte.

Dopo Veronica Lario che tirava le orecchie al marito Silvio Berlusconi, ecco
Carla Bruni che però scrive a "Le Monde" (di ieri) per difendere il consorte
Nicolas Sarkozy. La vicenda è nota, è quella del falso sms che monsieur le
président avrebbe inviato alla "ex" Cécilia...

La vicenda è chiusa perché il giornalista che aveva parlato di quell'sms ha


chiesto scusa a Carla Bruni.
La quale però (e credo giustamente) non chiude il discorso sulle responsabilità
dell'informazione e sull'informazione responsabile.
Il suo testo elenca varie questioni. La reazione del marito e la reazione dei
cronisti alle critiche dell'illustre consorte. L'etica della professione che non può
raccontare balle spacciandole per verità, seguendo ciò che la carta dello
stesso "Nouvel Observateur", il giornale coinvolto, chiama "massimo rigore e
massima onestà" nel presentare i fatti ai lettori.
Sarkozy insomma, dice Carla Bruni, non ha inteso attaccare la libertà di
stampa, ma "il diritto di dire e scrivere qualunque cosa".

Il problema non riguarda soltanto i potenti. La differenza fra loro ed i cittadini


normali (i "semplici cittadini" li chiamavano un tempo), è che loro possono
trovare udienza nelle repliche o nelle denunce, e gli altri non sono per nulla
ascoltati da chi invece dovrebbe.

Ci sono giornali specializzati nel raccogliere pettegolezzi. Lasciamoli fuori dal


discorso. Un giornale normale non dovrebbe mai ospitare una lettera
presentandola come un testo edito a stampa, per negare una informazione
vera, documentata da secoli, data sopra un altro foglio, come ho visto
accadere. Quella lettera era fintamente anonima, perché una redazione prima
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 257
di pubblicare vuole avere garanzie, e in certi casi l'unica garanzia è chi
fornisce contributi pubblicitari a quel giornale. Per cui, chiunque fa parte del
giro dei finanziatori, trova ascolto nella testata.

Ecco perché sono d'accordo con le conclusioni di Carla Bruni. Solo giornalisti
"veri" possono fermare la calunnia che tutto può e tutto travolge, secondo la
citazione che la stessa signora riporta in conclusione della sua lettera.

La riproduco integralmente: "Relisez Beaumarchais : "La calomnie, Monsieur?


Vous ne savez guère ce que vous dédaignez; j'ai vu les plus honnêtes gens
près d'en être accablés… elle s'élance, étend son vol, tourbillonne, enveloppe,
arrache, entraîne, éclate et tonne, et devient, grâce au Ciel, un cri général, un
crescendo public, un chorus universel de haine et de proscription. Qui diable y
résisterait?" Réponse: les journalistes. Les vrais".
La traduzione integrale del testo di Carla Bruni è apparsa oggi sulla "Stampa",
pag. 23.
[Anno III, post n. 85 (462)]

19/03/2008
Ruota della sfortuna

Ma che bella pensata. Monsignor Giuseppe Betori non sostiene soltanto che
bisogna riformare la legge elettorale per dare un "po' di democrazia a questo
Paese".
No. Sostiene pure che si possono ripristinare le vecchie "ruote" per
abbandonarvi i figli, dato "che hanno espresso e possono esprimere ancora
oggi un modo per venire incontro alle esigenze delle donne".
Dal che si deduce che non è immorale mettere al mondo delle creature che
non si vogliono e che poi si possono lasciare al loro destino, appunto della
"ruota della sfortuna".
Ma mi chiedo: è veramente morale pensare di risolvere i problemi così, o c'è
da rabbrividire?
[Anno III, post n. 84 (461)]

18/03/2008
Betori s'accontenta

Finirà che dovremo ringraziare i vescovi italiani. Per dare un "po' di


democrazia a questo Paese", ha detto oggi monsignor Giuseppe Betori,
segretario della Commissione episcopale italiana, bisogna cambiare la legge
elettorale.
Il problema italiano non è l'intromissione dei vescovi. Betori è stato chiaro (a
modo suo): "La Chiesa non si schiera per nessun partito". Excusatio non
petita, accusatio manifesta, dicevano i nostri avi.
Credevamo di aver capito che al Vaticano piacevano certi candidati e non altri.
Non ci siamo sbagliati. Lo credevamo quando c'era Prodi. Adesso che il
professore bolognese è stato defenestrato dall'allievo Walter Veltroni, a San
Pietro e dintorni non ci si agita più di tanto. Un fatto è certo. Tra un anno
dobbiamo tornare a votare, il Pd adesso garantisce una fitta schiera di
candidati ecclesiastici (di provenienza dal mondo dichiaratamente cattolico,
quasi delegati diocesani), il Pdl fa baciamani ed inchini, Casini poi è lì a
garanzia dei valori cattolici della famiglia (a cui Betori si richiama 'contro' certi
candidati del Pd...).
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 258
Insomma, vista dal Vaticano, la situazione non è niente male. Anzi è talmente
buona che Betori può dire quella frase sulla riforma elettorale capace di dare
un "po' di democrazia a questo Paese". Dove la moderazione clericale (come
avrebbero detto un tempo) è un capolavoro. Attenua, lima, assottiglia, mica di
rivoluzione parla il vescovo Betori, si limita a quell'accenno sibillino ed un po'
strano, con quel "po' di democrazia" da realizzare nel nostro Paese.
Dove il problema non è (come dicevamo) l'intromissione dei vescovi: è
semplicemente la mancanza di una classe politica che sappia essere degna
della laicità della Repubblica. Non volevano dettare l'agenda all'Italia, ma di
fatto la dettano, dal Vaticano.
Quel dare un "po' di democrazia a questo Paese" suona offensivo come il
"dagli qualcosa" anziché la "giusta mercede" a chi ha fatto un lavoro per voi.
[Anno III, post n. 83 (460)]

17/03/2008
Douce France

Walter Veltroni ha avuto un incubo, stanotte. Le ultime notizie sulle


amministrative francesi che davano vincitrice la Gauche, gli hanno turbato il
sonno.
Lo hanno sentito urlare con voce strozzata: "Oddio, e se vince la sinistra anche
da noi, siamo fregati".
[Anno III, post n. 82 (459)]

16/03/2008
P(aguro) D(ay)

La vignetta di Giannelli sul "Corriere della Sera“ di oggi riassume la giornata


politica di ieri: Berlusconi ha accusato Veltroni di avergli copiato il programma.
Nel disegno di Giannelli, Veltroni si guarda allo specchio e vede riflettersi
l'immagine di Berlusconi. Titolo: "Un leader specchiato".
Il prof. Renato Brunetta ha parlato per Veltroni di una "sindrome del paguro", il
crostaceo che si nasconde nelle conchiglie. Insomma il problema, è: può
Veltroni vivere di vita propria, senza apparire come 'copione' del Pdl?

Lui stesso oggi risponde che non è vero, i programmi dei due partiti
concorrenti non si somigliano.
Ovvio, quello che dice. Ma occorre lo scatto, dimostrare nei fatti (nelle
proposte) che il Pd è diverso. Ma sarà possibile in questa campagna
elettorale?
I problemi sono doppi: a livello nazionale, c'è il confronto con il concorrente
Berlusconi; a livello locale, quello con le numerose tensioni provocate dalle
candidature.
I grandi quotidiani nazionali stanno perdendo un'occasione storica, quella di
esaminare la vita del Pd nella periferia: parlano soltanto dei leader, dei loro
comizi, e forse le sorprese si vedranno solamente dall'esito delle urne.
Pazienza. Le grandi firme non girano se non per seguire i comizi, i
corrispondenti non amano discostarsi dal conformismo e dal tran-tran che è
d'obbligo nei confronti dei potentati con i quali si hanno i rapporti di lavoro
quotidiani in sede locale.

C'è un'altra questione che sfugge al dibattito del Pd, quello sulla crisi
economica Usa legata alla sua politica estera, e sulla stessa politica estera
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 259
degli Usa (che non è una grande passione dei nostri politici se non nei
momenti degli inchini). Politica estera degli Usa che, per le guerre di
esportazione della democrazia, oggi Barbara Spinelli definisce una "Sconfitta
morale".
L'articolo inizia con queste parole: "Cinque anni di guerra in Iraq e una guerra
afghana che nessuno osa riesaminare hanno cambiato il mondo radicalmente,
danneggiando in misura non ancora calcolabile la sicurezza, la forza
d'attrazione, la robustezza economica, infine la potenza morale
dell'Occidente".
Questa è la conclusione della Spinelli: "Accanto al disastro economico-
strategico della guerra irachena (Stiglitz indica un costo di 3000 miliardi di
dollari, pagato solo col deficit), c'è questo disastro etico: non meno esiziale.
Un'etica che fallisce così miseramente è terribilmente simile al comunismo - e
non sorprende che fra i neo-con ci siano tanti eredi del '68 marxista-cinese.
Alla fonte l'ideale comunista è buono, ma i risultati sono tali che etica e ideale
ne escono lordati irrimediabilmente. Lo stesso accade per le guerre etiche,
così come son state imposte dagli esorcisti neo-con d'America ed Europa".

Chiedo scusa per la lunga citazione: ma mi sembra indicativa di ciò che


dovrebbe dichiarare un partito democratico e nuovo. La signora Spinelli non è
una estremista di sinistra. Le sue argomentazioni dovrebbero trovare posto
nel riformismo veltroniano. Altrimenti restiamo nel solito folclore e nella
consueta aria fritta di cui è maestro Berlusconi.

Dal Cile il presidente Giorgio Napolitano ha detto: "Se la politica si risolve in un


vociferare incessante e in uno scontro continuo, ad essere maggiormente
vulnerabili sono le istituzioni e il rapporto che con esse hanno i cittadini".

I leader dei due partiti dovrebbero ascoltare queste parole. Veltroni è già sulla
buona strada, ma deve essere consapevole che non tutto è rose e fiori, grazie
al metodo usato per le candidature.

Non ci sono più né destra né sinistra, si sostiene. Forse è un grande sbaglio ed


abbaglio. Finite le ideologie, non sono finiti gli interessi che determinano le
scelte economiche e sociali.
Un sondaggio pubblicato qualche giorno fa da "Repubblica" indicava per gli
ultimi due mesi un calo di Berlusconi dell'1,6%, e del 2,6 per Veltroni. L'unico
a crescere è Bertinotti, più 3,5%.

[Anno III, post n. 81 (458)]

16/03/2008
16 marzo 1978

16 marzo 1978, verso le 10 del mattino. Arriva da fuori un collega. Lo incontro


nel corridoio a piano terra vicino agli ingressi della scuola: "Hanno rapito
Moro".

Entro dal preside. Ripeto quelle parole. Mi risponde: "Tu hai sempre voglia di
scherzare".
Andiamo all'aula audiovisivi. Accendiamo il televisore nel buio lugubre della
stanza. Tutto vero.

Sciopero generale proclamato dai tre sindacati confederali. Circolare del


preside. Suono della campana.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 260
Per le scale i ragazzi scendono schiamazzando allegri come in un giorno di
festa. E ridono, alcuni: "Hanno rapito Moro".

14/03/2008
Indietro, Savoia!

In quella parodia del carnevale di Viareggio a cui ormai si è ridotta la


campagna elettorale in Italia, ci mancava soltanto (come ciliegina sulla torta)
l'arrivo in gara del signor Emanuele Filiberto di Savoia.
A Milano ha dichiarato (lo scrive stamani su "La Stampa" Chiara Beria di
Argentine): "All'Italia non voglio chiedere niente, voglio solo dare". Per questo
si candida.

Grazie del pensiero, ma non si disturbi. Da lei non vogliamo nulla. Di lei non ci
fidiamo. Lei forse non lo sa, ma fu un Savoia che si fece trascinare nella
rovinosa guerra del 1940-1945, lo stesso re d'Italia che firmò le leggi contro gli
ebrei nel 1938.
Quindi, signor Emanuele Filiberto ci risparmi dichiarazioni da starlette in calore
ed in cerca di pubblicità. Glielo dice uno che è nato nel 1942, e la prima
immagine che ha memorizzato è quella di una jeep nell'ultimo dei quattordici
sfollamenti a cui è stato costretto sotto le bombe. Con la guerra abbiamo
perso tutto, abbiamo salvato soltanto una valigetta con le fotografie di
famiglia. Abbiamo portato i calzoni alla zuava con le pezze al culo non perché
andasse di moda, come adesso è per i pantaloni stracciati delle grandi firme.
Signor Savoia, resti nel suo vuoto pneumatico mentale dimostrato dal fatto
che per rispetto verso quel bisnonno che insediò Mussolini nel 1922 (mai
sentito parlare di "marcia su Roma"?) e che lo arrestò nel luglio 1943, non
evita di stringere mani che non dovrebbero avere molta simpatia nei suoi
confronti, quale ultimo erede di quella dinastia che tradì il duce, come
dicevano una volta i nostalgici della Buonanima.
Ma lei dell'Italia conosce soltanto le notizie del campionato di calcio. Inutile
spiegarle tante cose. Un solo invito, pressante cortese e soprattutto
democratico: "Indietro, Savoia". Non c'è trippa per gatti.
[Anno III, post n. 79 (456)]

13/03/2008
Odio e cattivi maestri

Gentile Francesca Paci, leggo il suo articolo (con la denuncia di dover


"cancellare i messaggi di odio" che lei riceve), in una giornata in cui la cronaca
offre spunti molto tristi come le sue parole.
L'ultimo è nella notizia dell'uccisione dell'arcivescovo caldeo Faraj Raho, rapito
alcune settimane fa in Iraq.
Ma ci sono altre notizie di cronaca in cui uomini prigionieri non di un nemico in
armi ma di una condizione di vita che a loro è parsa terribile, hanno posto fine
ai loro giorni: un ginecologo ligure ed un operaio. Il primo per una vicenda su
cui dovrà far luce la Magistratura, il secondo per essere rimasto senza lavoro
(e, diceva, "senza dignità").
Ciò che spaventa è che ormai ogni discussione diventa parossistica al punto
che secerne grandi quantità di quell'odio che Francesca Paci vede riversarsi
sul suo blog.
Tre minuti fa su "La Stampa" è apparso questo testo: "Domani il quotidiano Il
Foglio titolerà «A Genova un bambino è stato abortito per un reality show», e
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 261
manifesti con questo slogan verranno affissi già da questa sera in diverse città
italiane. Lo ha annunciato Giuliano Ferrara durante una conferenza stampa
convocata per commentare le vicende del capoluogo ligure, durante la quale
ha anche risposto a quanti gli attribuiscono una responsabilità nella vicenda".
Si resta senza parole, soltanto con un grave spavento che è reazione piccola,
molto piccola davanti ai drammi grandi che la cronaca ci ha illustrato. Il nostro
personale spavento può soltanto servire a condividere lo stupore angosciato,
se posso dir così, di Francesca Paci che elenca quei messaggi di odio nelle loro
articolazioni: "Odio per me, alternatamente "sporca sionista" o "sgualdrina dei
kamikaze", odio per "gli ebrei" o per "gli arabi", odio per i vari partecipanti a
questo blog rei di simpatizzare per l'uno o per l'altro dei contendenti".
Non avrei voluto scrivere nulla, oggi, per questo mio personale stato di disagio
davanti ad eventi che lasciano sbigottiti. Mi sono deciso di inserire questo post
per inviare a Francesca Paci la solidarietà di un cittadino qualsiasi e per
ribadire la necessità che comportamenti civili e corretti ispirino i nostri discorsi
ed i nostri commenti. Non soltanto sui blog ma nella vita di tutti i giorni.
Ma mi chiedo quali stimoli verso questi comportamenti civili e corretti arrivino
da certa parte della nostra classe politica, se il leader del Partito della libertà
indicava ad una precaria come via di scalata sociale non il lavoro o lo studio,
ma il matrimonio con un buon partito, magari il figlio di un industriale. Queste
le parole pronunciate da Berlusconi ieri sera al Tg2: "Per risolvere la
precarietà? Basta sposare mio figlio o un milionario". Se così parla chi ha
responsabilità politiche, non meravigliamoci di quanti poi inviano ai blog "i
messaggi di odio".
[Anno III, post n. 78 (455)]

12/03/2008
Uno, anzi nessuno

12032008poststampa Messo alle strette dal caso-Ciarrapico, il cavaliere


palesemente "disperato" ha urlato con i cronisti: "Dobbiamo riprendere a
parlare dei comunisti nelle liste del Pd e dei loro misfatti? Ciarrapico vi ha fatto
comodo quando portava via i giornali da Berlusconi e li consegnava a De
Benedetti e Caracciolo. Vi ricordate che è fascista solo quando vi fa comodo".

Poi si è abbandonato alla più spietata confidenza: Ciarrapico è uno dei mille
candidati e non "conterà niente nella politica del Ppe".
Siccome il cavaliere sa quello che dice e non parla mai a vanvera, fa sorridere
ma inquieta la precisazione che il suo candidato 'nostalgico' non "conterà
niente": non Italia (dove quindi conterà qualcosa nel Pdl), ma a livello europeo
nel Ppe...

L'equazione fra "uno dei mille" e "nessuno" è un po' spericolata. Anche perché
si potrebbe pensare che a capo di quei "mille" c'è lui, Berlusconi, che potrebbe
autorizzarsi a considerarsi un nuovo Garibaldi. Senza camicia rossa, anzi con
quella nera che da alcuni giorni indossa argutamente. Per farsi capire dai
possibili elettori.
[Anno III, post n. 77 (454)]

11/03/2008
Lui squillo, noi squilli

Governatore di New York, Eliot Spitzer è un tipo un po' (molto) moralista ma


frequentatore di bordelli di lusso. Lo ha rovinato una squillo minuta, brunetta,
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 262
molto carina, di una certa "casa", anzi un albergo, a cui si è presentato come il
cliente n. 9.

Da noi ci sono invece gli squilli di "all'urne, siam fascisti", che il Cavaliere
giustifica con una ragione di una certa casa della libertà.
Dove si ha bisogno delle prestazioni di quel certo cliente di cui non
conosciamo il numero nell'agenda della maison, ma soltanto il fatto che
(parole di Berlusconi) "ha dei giornali importanti" che "assolutamente" non
debbono essere ostili.
Da che mondo è mondo, per la squillo si paga e si perde, con gli squilli di
tromba (e dei giornali) si vince.
Come si dice, niente di nuovo sotto il sole.
[Anno III, post n. 76 (453)]

10/03/2008
(E)Lezioni

Zapatero convince e vince (guadagna cinque seggi) anche se non riesce a


governare da solo: ha 169 seggi sui 176 necessari per la maggioranza
assoluta. Sconfitto il Partito popolare che però aumenta di altrettanti seggi, da
148 a 153.
Ha vinto la laicità. Se ne può trarre lo spunto per un insegnamento utile
all'Italia?
Mi sembra che proprio la questione della laicità trionfante dovrebbe invitare
Veltroni ad essere meno arrendevole verso le pretese di chi vuol condizionare
la vita politica dello Stato attraverso una visione religiosa che non risponde
alle coscienze di tutti.
Il "vento nuovo" di cui ha parlato oggi Veltroni commentando questi risultati e
quelli francesi, resterà uno slogan pensato per accontentare tutti, se non
seguiranno comportamenti conseguenti.

Si legge questa sera sul "Sole" questo interessante commento di Guido


Compagna: "Certamente il quadro di riferimento internazionale di Berlusconi
(Bush, Ppe e neogollisti) è oggi ancora più fragile e vecchio di quanto
apparisse ai tempi del suo Governo. [...] Ora, dopo il risultato spagnolo, il Pd
potrebbe avere una posizione più risoluta su unioni di fatto, testamento
biologico e altri diritti civili. Ma per far questo Veltroni dovrà fare qualche
scelta forte e chiara. Perchè magari si possono giustapporre le candidature di
Bonino e Binetti, ma alla fine tra il vento di Zapatero e gli altolà di Ruini si
deve saper scegliere".

Francia. "Le Monde" intitola un servizio: "Per la stampa internazionale, Nicolas


Sarkozy è stato 'sanzionato' alle elezioni municipali".
Sarkò ha stufato chi lo aveva eletto. Da noi le parti si sono sono invertite. È
stato ripudiato il fondatore del Pd, Romano Prodi, che era stato "eletto" a capo
del governo, da chi di quel partito è poi diventato segretario. Che rinnega ogni
giorno quel governo e quel leader. Un'epurazione di vertice. E ieri Prodi ha
detto (anzi confermato) il suo garbato addio alla politica.

Oggi, la questione più grave della giornata politica italiana è questa: un


candidato Pdl dichiara di non aver mai rinnegato il fascismo. Fini come al
solito ha l'alibi, non l'ha scelto lui il Ciarra, ma il Cavaliere.
Su Ciarrapico, leggete questo bel post della "Cattiva Maestra".
[Anno III, post n. 75 (452)]
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 263

09/03/2008
Berlusconi disperato

Il Berlusconi che straccia dei fogli di carta per dire al suo popolo che quella
sarebbe la sorte del programma di Veltroni se il Pd vincesse, non fa un gesto
"inaudito" (come scrive oggi Eugenio Scalfari), ma un gesto disperato.
Il Cavaliere confessa con quella mossa che il suo pubblico non comprende
tante parole difficili, ma ha bisogno di una provocazione semplice ed
esemplificata appunto con quei fogli stracciati per denigrare simbolicamente
l'avversario.
Ed il gesto disperato di Silvio Berlusconi è arrivato assieme alla dichiarazione
di voler interpretare l'eredità dell'illuminismo migliore, o qualcosa di simile.
Per fortuna. Chissà che cosa avrebbe inscenato se si fosse lasciato sfuggire di
voler essere un bieco reazionario. Avrebbe dato fuoco a quei fogli dicendo: su
questo rogo brucerà Veltroni se vincerà? (Ben reazionario è stato Fini,
chiamando il 13 aprile festa della Liberazione, per cancellare nelle menti del
loro "popolo" quella "comunista" del 25 aprile a cui Berlusconi non ha mai
partecipato...)
Gesto dunque non "inaudito" ma debole. Cioè segno di debolezza. Però nello
stesso tempo, segnale forte diretto a Veltroni. Il quale aveva accantonato
l'antiberlusconismo per una campagna elettorale fatta soltanto di sorrisi per
l'avversario. Il re di Roma voleva entrare nella gabbia di tigri del re di Arcore,
sperando di trasformarle in agnellini con un abracadabra da prestigiatore. Ma
la politica non è soltanto spettacolo. Le tigri sono lì per sbranare il domatore
(ogni tanto succede): è il loro mestiere.
Berlusconi che straccia quei fogli, è un altro domatore illuso come Veltroni
(con la differenza di avere alle spalle un delfino astuto, quel Fini della
"liberazione del 13 aprile").
Se il segretario del Pd aveva confidato in una competizione leale e cortese, il
cavaliere ha cancellato ogni possibilità di evitare lo scontro. Per il semplice
motivo che soltanto sulla sua capacità di scontro e di denigrazione
dell'avversario, sta la forza bruta di Berlusconi.
A Milano il Cavaliere ha mostrato tutta la sua debolezza politica basandosi su
quella "forza" mediatica fatta di aggressione.
Mancano cinque settimane al voto. Ormai non ha più tempo di recitare copioni
diversi. Deve divertire la gente schiaffeggiando il rivale come in una scenetta
circense. Ma in pista non ci sono clown che fingono di lottare tra loro. Lui fa sul
serio. Lui non si esibisce al trapezio, non gareggia in abilità dialettica come un
vero politico, ricorre ai trucchi illusionistici del demagogo che è stato e sarà.
A questo punto aumentano le parallele responsabilità morali di Veltroni. Non si
crea un partito nuovo con analoghi giochetti di prestigio, esibendo candidati
tirati fuori come assi della manica. Chi ha visto come l'asso è stato nascosto e
da chi, non applaude. Ovvero non lo vota. Se Veltroni perde non è merito di
Berlusconi, ma è colpa dell'entourage dello stesso Veltroni. Che ha sistemato
d'autorità candidati che non convincono.
Se perde, Veltroni non accusi la sordità dell'elettorato od il destino cinico e
baro. Ma l'arroganza dei suoi apparati che spacciano per nuovo quello che è il
frutto più antico della vita politica italiana, il frutto del "particulare" delle
"corti" e delle "curie" che gestiscono scelte amministrative, economiche e
politiche. E confidano nel fatto che chi non è coinvolto per interesse, finga di
non vedere.

Prodi01h Ultim'ora. La prima sconfitta (morale) di Veltroni è arrivata oggi.


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 264
Prodi lascia la politica: "Il futuro è sempre sereno perchè ci sono cose da
costruire. Io ho chiuso con la politica italiana e forse con la politica in generale,
ma il mondo è pieno di occasioni dove c’è gente che aspetta aiuto e pace. C’è
più spazio ora che prima".
Ai politologi di lungo corso ed ai letterati le analisi sofisticate. A noi
scribacchini da blog la constatazione del fatto. Prodi era (è) presidente del
partito di Veltroni, Prodi lo ha fatto nascere quel partito, da un progetto che
oggi Veltroni denigra quando spiega che nel governo del professore era
impossibile governare con tanti partiti diversi tra loro. Ma quei partiti diversi
tra loro, erano appunto il progetto dell'Unione voluta da Prodi...
[Anno III, post n. 74 (451)]

08/03/2008
PD(oloooree!)

Caro Federico Fellini, e se tutto il copione pre-elettorale di questi giorni, fosse


frutto della tua penna satirica?
Prima c'è stato il politico di lungo corso ex diessino escluso dalle liste del Pd, il
cui segretario è anche lui un diessino, al quale ha "sparato" palle incatenate.
Poi, pure un collega ex democristiano-margheritino ha attaccato lo stesso
segretario: la candidatura di provenienza margheritina sbucata in lista, è una
scelta "diessina", un volto nuovo "cattolico" manovrabile al contrario della
vecchia guardia dc, dice il politico di lungo corso ex dc e margherita.

Adesso a proposito della vecchia guardia, la rivelazione giornalistica, mediante


una lettera aperta: chi aveva sostenuto la margheritina in fase di lancio, è
stato dalla medesima messo da parte.
Caro Federico, tutto normale sin qui, potresti rispondermi. Lo so. Ma il bello è
venuto da quella lettera in cui si rivela che il sostenitore della margheritina
trionfante, era "immeritatamente" chiamato "Saponetta" dagli amici.

Ecco: questo "Saponetta" mancava al repertorio ufficiale e pubblico della vita


politica del natìo borgo selvaggio.
Scusami, Federico, se immagino che tu, in una di queste sere fredde ed
allagate dalla pioggia battente, sei andato a sussurrare all'autore di quella
lettera: "Dài, racconta che lo chiamano Saponetta". E lui ha preso carta e
penna e lo ha raccontato a tutti.
[Anno III, post n. 73 (450)]

07/03/2008
P(e)D(a)L(a)

Blonde Consigliere comunale e regionale di AN, aveva ricevuto un buon posto


nella lista PDL per la Camera, con 26 voti su 28 a favore della sua candidatura
che aveva così forti probabilità di successo.

Adesso lo fanno slittare di qualche gradino, e lui ha deciso. Si ritira ed accusa:


tutta colpa del candidato che è stato paracaduto direttamente da Roma.
[Anno III, post n. 72 (449)]

06/03/2008
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 265
PD(ifetti)

Le "primariette" per le liste del Pd sono state "clandestine", dice il politico di


lungo corso ex democristiano, ovvero fatte senza convocazioni. E con risultati
architettati da due o tre persone, senza votazione personale dei partecipanti.
Dunque, dopo il politico di lungo corso ex diessino, anche il collega ex
democristiano-margheritino attacca il segretario locale del Pd ex diessino,
criticato (per usare una parola gentile) perché la candidatura di provenienza
margheritina sbucata in lista, è una scelta "diessina": un volto nuovo
"cattolico" manovrabile al contrario della vecchia guardia dc, dice il politico di
lungo corso ex dc e margherita.

Morale della favola. Avevo ragione quando chiedevo che fossero rese note le
cifre sui votanti alle "primariette" per le liste.Decido
[Anno III, post n. 71 (448)]

05/03/2008
Equivoci

La lista ormai è chiusa, ha detto Veltroni a Pannella, precisando che il PD è


una casa aperta a chi ci vuol stare. Aperta, ma anche chiusa.

Una casa chiusa? Il ministro della Difesa Parisi, infuriato, ha tradotto


immediatamente la definizione nel ruvido linguaggio da caserma. Spiegando
che medita lo strappo.
[Anno III, post n. 70 (447)]

04/03/2008
PD(inosauri)

Un politico di lungo corso ex diessino escluso dalle liste del Pd, scrive al suo
segretario una lettera aperta di stringente analisi. Tu hai perso il controllo
della situazione, gli dice, probabilmente ti è slittata la frizione, hai insultato
gente che "ha dato molto" e che "prima di fare politica aveva un mestiere"
(sottinteso: al contrario di te).
Tu devi controllare il tuo carattere, gli suggerisce, ma non è soltanto
questione di carattere perché hai creato un clima di esproprio per
delegittimare i deputati uscenti e far prevalere le linee verticistiche alla faccia
della "consultazione" (le "primariette") gestita senza regole e regolamento. E
soprattutto in mano agli "ascari" del segretario. Il termine ha una sua patina
antica ed ormai è fuori uso. La sua riproposta indica lo scopo della polemica:
dire (dall'interno) che quella del Pd locale è stata la peggior politica possibile.
E poi, il politico di lungo corso presenta il conto matematico. L'unica
candidatura è quella di una signora di provenienza "margheritina", quindi
cattolica, quando la parte diessina, ovvero laica, aveva maggiori diritti
contando tre volte tanto nella nascita del Pd. La persona scelta, per la sua
fede religiosa, non fa bene sperare il politico di lungo corso per le questioni
legate alla laicità ed all'aborto, temi cari alle donne dei Ds.
Il politico di lungo corso accusa il segretario locale (di provenienza diessina
pure lui) di aver voluto liquidare la vecchia classe dirigente come un mausoleo
di dinosauri.
Commento nostro. Le donne ex diessine potrebbero disertare le urne per
protestare contro la collega margheritina messa in lista per la Camera?
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 266
Non è ovviamente un dinosauro il candidato al Senato Sergio Zavoli, classe
1923, amico di Walter Veltroni.
[Anno III, post n. 69 (446)]

03/03/2008
Un leghista per Veltroni

Oggi il Cavaliere ha detto che il suo rivale Veltroni presenta candidature-spot


"per blandire la borghesia". Se è un'accusa, Berlusconi la pensa come
Bertinotti. Altrimenti, è la confessione di un fallimento. La "borghesia"
abbandona il signore di Arcore, attratta dal re dei sette colli? Niente di strano.
Ci aspetta un mese di comizietti elettorali la cui sceneggiatura sembra
ricalcare certi copioni alla Verdone. La commedia all'italiana è una costante
non soltanto del cinema. La politica se ne è sempre nutrita. Adesso sembra
farsene un'abbuffata un po' triste e molto ridicola.

Veltroni ammette di non amare più la sinistra ("Somos reformistas, no de


izquierdas", siamo riformisti non di sinistra: ha dichiarato a "el Pais"). Le sue
parole spaventano Berlusconi. Che ne ricava la conferma di avere un
pericoloso concorrente al centro. La scelta che Veltroni ha fatto di candidare
Massimo Calearo, industriale del Nord-Est, è alla base della battuta odierna di
Berlusconi sulle candidature-spot "per blandire la borghesia".

La discussione elettorale rischia di svolgersi su questi toni infinitamente tristi.


Quel Calearo favorevole allo sciopero fiscale dei Leghisti, dunque rappresenta
il nuovo del Pd. Ma il cavaliere simboleggia un vecchiume corporativistico
simile a quello che propone Veltroni (operai e 'padroni' uniti nella 'lotta'). Tutti
assieme appassionatamente, dunque, ma per andare dove?
Veltroni ipnotizza le folle con il ricordo del vecchio governo (quello del Prodi
presidente del Pd!) condizionato dalla necessità di mettere tutti d'accordo. Ma
questo 'nuovo' partito che offre agli elettori un sostenitore dello sciopere
fiscale leghista, non corre il rischio di farsi strangolare e di fallire l'obiettivo?
Calearo non è l'unico a sostenere che non c'è differenza tra destra e sinistra.
Conosco candidati che da tempo lo sostengono, l'ho scritto e loro mi hanno
tolto il saluto, alla faccia della democrazia che vogliono incarnare.

Nel giorno degli abbandoni (Baudo lascia Sanremo e Mastella è lasciato solo a
Ceppaloni), sorride malignamente Casini. Il quale già il 4 dicembre 2006 aveva
dato il suo addio al cavaliere: "ormai la Cdl non ha più senso per cui i vertici li
facciano loro, li facciano Berlusconi, Fini e Bossi".
Il giorno dopo, 5 dicembre 2006, Ernesto Galli della Loggia sul "Corriere della
Sera" aveva dato formalmente il benservito al cavaliere, confermando la
posizione di Casini: Berlusconi "è stato incapace di elaborare una qualsiasi
forma di rappresentanza sociale e di cultura della mediazione, probabilmente
perché politicamente sprovvisto di una qualunque vera idea forte. La
rivoluzione liberale è così rimasta una formula. Tutto si è fermato agli slogan e
come partito (non come lista elettorale!) Forza Italia è rimasta un partito di
plastica".

Da allora ad oggi che cosa c'è stato di nuovo? Il cambio di nome, l'apparizione
dei "Circoli" e di una signora MVB messa in ombra negli ultimi giorni dai vecchi
apparati. E soprattutto Veltroni che sta rubando la scena al cavaliere non per
dire cose "di sinistra", ma offrire agli elettori anche un personaggio già
favorevole allo sciopero fiscale dei Leghisti.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 267
[Anno III, post n. 68 (445)]

02/03/2008
Notizie in ombra

Due notizie lasciate un poco in ombra, mi pare. Il 29 febbraio il papa ha


ricevuto il nuovo ambasciatore degli Usa, signora Mary Ann Glendon,
dicendole che gli Stati Uniti sono una nazione radicata nei valori religiosi e
nella difesa dell’ordine democratico. Riporto testualmente dal comunicato
apparso su "h2onews".

Ambrogetti02032088 Angela Ambrogetti (foto) su "korazym.org" spiega che il


papa invita gli Usa ad "impegnarsi ad essere guida 'etica' nel consesso
internazionale".
Il papa ha anche detto che occorre procedere al "contenimento della
corruzione e della militarizzazione, che distolgono risorse preziose a molti
nostri fratelli e sorelle dei Paesi più poveri".
Se gli Usa debbono "essere guida 'etica' nel consesso internazionale", par di
capire, non debbono però fare troppe guerre...

Altra notizia: di casa nostra, ripresa da "La tecnica della scuola". Dichiarazione
di Walter Veltroni: "La scuola ha ancora una impostazione ottocentesca; come
è possibile per esempio che ad un ragazzo che va a scuola l'unica forma di
creatività che gli si chiede sia il tema? Possibile che non esistano altre forme
con cui possa esprimersi, come un racconto, una foto o un filmato? Se un
ragazzo è bravo a scrivere racconti perché questa sua capacità non conta
nulla?”. (Ne tratta oggi "il Giornale" qui e qui.)

Cacciari Il filosofo Massimo Cacciari ha definito "puttanate" queste opinioni di


WV, come ricorda Ernesto Galli della Loggia che ha riproposto il pensiero del
candidato del Pd, in un passaggio del suo articolo di fondo sul "Corriere della
Sera" di oggi, intitolato "L'Italia non e' solo una parola".
Riproduco tutto il passo di Galli della Loggia sulla scuola: "Un Paese è dunque
la sua scuola. Ebbene, ha un'idea Veltroni delle condizioni in cui versa il nostro
sistema scolastico? A sentirlo ripetere rancide formulette sulla «creatività dei
ragazzi», sulla necessità di andare «oltre i temi», per esempio facendo girare
agli studenti un film, o altre «puttanate» del genere, come le ha definite
Massimo Cacciari, si direbbe proprio di no. Che non abbia alcuna idea degli
edifici scolastici vilipesi e sfregiati in mille modi che costellano quasi tutti i
panorami urbani italiani; degli ultimi decenni di riforme ridicole e tutte
regolarmente naufragate, volute da pedagogisti di regime convinti che
l'educazione e l'istruzione fossero risolvibili essenzialmente nelle tecniche di
apprendimento. Che non abbia alcuna idea degli insegnanti in grandissima
parte demotivati o, più spesso, del tutto impari al loro compito; dell'incubo
cartaceo-riunionistico in cui sono costretti a passare gran parte del loro
tempo; di tutto il sistema disciplinare e del rapporto tra la scuola e le famiglie
che sono ormai disintegrati. Che nulla sappia del vuoto spirituale (sì, usiamo le
parole appropriate: spirituale. Perché lo spirito può prendere mille forme, ma
senza di esso nessuna sostanza è mai possibile) che domina una scuola
ridotta nella sua essenza a un'insulsa macchina burocratica".

Ma non meno importante è il passo sulla giustizia: "Se [Veltroni] pensa che un
grande Paese come l'Italia debba avere un sistema giudiziario come il nostro:
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 268
ovvero che cosa di concreto bisognerebbe fare a suo avviso per averne uno
diverso. Ma su questo tema non sembra che il segretario del Pd abbia fin qui
voluto spendere una parola. Come non ha speso una parola, se non mi
sbaglio, sulla voragine in cui sta precipitando il Mezzogiorno".

Decido Ci sarebbe poi una terza notizia da citare come "in ombra", ma se non
vado errato è una notizia del tutto inesistente (l'ho cercata, ma non l'ho
trovata...): quanti sono stati i simpatizzanti e/o iscritti al Pd che hanno
partecipato alle "primariette" per le liste elettorali?

Per non imitare la tecnica berlusconiana dei gazebo (milioni di milioni di


presenti...), per serietà e rispetto dello spirito democratico del nuovo partito,
sarebbe indispensabile rendere note le cifre dei partecipanti all'ultima
chiamata.
Ho la vaga impressione che non siano state diffuse per non dare una doccia
fredda a simpatizzanti e/o iscritti ed in generale all'opinione pubblica. Mi
auguro di essere smentito da cifre ufficiali.
[Anno III, post n. 67 (444)]

01/03/2008
Velardi contagiato

Claudio Velardi giorni fa ha avuto un quarto d'ora di fama per il richiamo


indirizzatogli in aula al Consiglio regionale campano, quale neo-assessore al
turismo. Si era presentato con un pulloverino di cachemire color corallo, che la
presidente, signora Sandra Lonardo in Mastella, non ha gradito per violazione
dell'obbligo di giacca e cravatta vigente in quell'assemblea.

Le dichiarazioni rilasciate da Velardi alla "Stampa" di oggi invece sono passate


quasi completamente "lisce", anche se potenzialmente molto più clamorose di
quel pulloverino.

"La magistratura fa politica" sintetizza il titolo il suo pensiero: "Sono del tutto
evidenti gli elementi politici dell'inchiesta: come spesso accade ed è accaduto
in Italia, la magistratura esce dal suo ruolo istituzionale e diventa giustiziera.
Insomma, si arroga il diritto di fare politica".

Ci risiamo, forse per un'istintiva autodifesa dei politici. Uno di loro finisce sotto
processo? La colpa è dei magistrati. Nulla di strano, perché tutte le opinioni
sono opinioni, e quindi vanno almeno registrate nell'inventario delle idee
correnti. Ma il fatto strano è che quel titolo "La magistratura fa politica" faceva
intravedere quale autore della dichiarazione qualche concorrente di Velardi,
uno di quelli che non presenteranno nelle liste candidati sotto processo, a
meno che lo stesso processo non sia appunto "politico".

Abbiamo inventato una categoria giuridica da "tribunale speciale" che


fortunatamente nell'Italia repubblicana non esiste. Il guaio è che il contagio si
è spostato da destra a sinistra, come dimostra oggi Velardi. Forse questa
omologazione da "todos caballeros", è proprio quello che sogna Veltroni.
Nell'indistinto è più facile prendere o perdere voti?
[Anno III, post n. 66 (443)]

29/02/2008
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 269
Sanremo segreta

Commenti pensati da ipotetici spettatori sanremesi davanti alle immagini del


festival.
Loredana Berté con le manette: "versione Di Pietro" secondo il cavaliere.
Berté e Ivana Spagna: la smorfia napoletana, anzi calabrese.
Baudo spiega a Chiambretti come sia difficile lavorare in Rai.
Mamma mia, i cinesi anche qui!
Daniele Piombi. Anche il festival ha i senatori a vita.
Quote rosa, a latere e non protagoniste.
Tatangelo. La cerca la Binetti. Ma che si cantano gli amori gay?
Quote rosa, da protagoniste. Quando lo dice Pippo Baudo.
[Anno III, post n. 65 (442)]

28/02/2008
L'innominabile

Spinto da una nota di Umberto Galimberti apparsa su "Repubblica" di oggi, ho


ricercato su Internet notizie relative ad una «mostra dell'innominabile» che
sarà inaugurata domani al Museo tridentino delle scienze naturali. E così ho
scoperto che iniziative analoghe (è lo stesso materiale che viaggia?) ci sono
state a Ravenna ed a Genova l'anno scorso.
Chiarezza cronistica vuole che si completi il titolo della "mostra per bambini e
ragazzi curiosi", che sarà annunciato sui manifesti con la parola più semplice
del mondo, e la più censurata: "cacca".
Il caso ha voluto che Galimberti accennasse alla parola "innominabile" proprio
nel giorno in cui i giornali abbondano di una citazione che la richiama nella sua
versione più corrente, forse meno aggraziata, e certamente molto diretta ed
eloquente. Citazione fatta da un Pippo Baudo furioso per il calo degli ascolti
sanremesi, in una conferenza stampa. In cui ha accusato la gente di volere
trasmissioni litigiose adatte a trasformare il nostro Paese in una "Italia di
merda".

Ovviamente la parola, anzi la parolaccia, ha inquietato molti, per cui è stata


censurata in tv, omessa sui giornali, come se essa potesse ancor oggi
scandalizzare. Anche Dante la usa (per due volte): nella prima cantica della
Commedia. La prima citazione è descrittiva della funzione corporale: «la
corata pareva e 'l tristo sacco / che merda fa di quel che si trangugia» (XXVIII,
26-27). La seconda è descrittiva di un dannato: «vidi un col capo sì di merda
lordo / che non parea s'era laico o cherco» (XVIII, 116-117).
Dante è stato assolto già dai suoi tempi per l'uso "comico" che ne fa. Se hanno
assolto lui, possono farlo anche con Baudo che in sostanza è un comico di
professione. Il che poi ci autorizzerà nei momenti di umor nero di dire, anche
senza riandare al flop festivaliero, che aveva ragione il Pippo nazionale di
pensare di vivere in quel Paese.

La seconda citazione potrebbe suscitare curiosità legate all'attualità pre-


elettorale. Quel «che non parea s'era laico o cherco», per caso sarà stato mica
iscritto al...
[Anno III, post n. 64 (441)]

27/02/2008
Gravina, Italia
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 270

Ogni fatto diventa sempre simbolo di un aspetto che è lontano dal fatto stesso
in sé. Prendiamo la morte atroce dei due fratellini di Gravina. Li hanno ritrovati
per caso.
Li avevano cercati dappertutto, si diceva. Dappertutto, davvero? Anche lì dove
poi per caso li hanno scoperti.
Senza incolpare nessuno, possiamo porci delle domande:
1. E' ammissibile che il rudere di un palazzo così pericoloso per la sua
struttura interna e non visibile, sia lasciato accessibile ai giochi dei bambini?
2. Chi è ne è proprietario con i connessi obblighi di legge per la pubblica
sicurezza?
3. Quando il palazzo è stato visitato dagli inquirenti, è stata data un'occhiata
superficiale o davanti a quel pozzo di 20 metri si è scesi visitando pure gli
spazi ad esso collegati dove sono finiti i due fratellini?
4. Le ricerche sono state svolte anche in Romania dietro suggerimento di
protagonisti autorevoli della vita cittadina. In base a quali elementi era stato
presentato agli inquirenti quel suggerimento?
5. Se quel suggerimento fosse stato presentato da un normale cittadino e non
da quei protagonisti autorevoli, quel cittadino ora sarebbe interrogato in
maniera stringente?

A dimostrazione che "tutto il mondo è paese", ripubblico il post del 3 ottobre


2006, "I misteri di Rimini: "L'estate scorsa si erano dimenticati un cadavere in
cella frigorifera all'obitorio, e ne cercavano due in mare e lungo il fiume...
Adesso sapevano qualcosa dai vicini (cattivo odore...) di una casa in cui
abitava una vecchia madre con due figli assistiti dai servizi psichiatrici. Dopo
ferragosto i vigili sono andati, i figli hanno resistito nel silenzio. Ieri i medici ci
hanno riprovato, dopo altre sollecitazioni dei vicini (quel cattivo odore...) e con
l'aiuto della polizia. Morale della favola. La povera mamma era già uno
scheletro. I figli aspettavano la resurrezione del suo corpo. Le autorità
competenti forse anche loro".
Aggiungo soltanto che anche per la povera donna dimenticata in obitorio, il
ritrovamento è stato reso possibile per l'intervento di alcuni vicini. Presi da
curiosità, si sono recati all'ospedale ed hanno chiesto di vedere dentro le celle
frigorifere...
[Anno III, post n. 63 (440)]

26/02/2008
Momenti-verità

Ieri sera la televisione ci ha portato dentro un dramma di cronaca nera proprio


nell'ora dei tg della sera. Siamo rimasti choccati.

Era uno di quei momenti-verità in cui crollano le finzioni dello spettacolo, e


restano immagini confuse, parole incerte perché la notizia sta nascendo
proprio in quegli istanti.

Da Gravina di Puglia, con quel ragazzino caduto nel pozzo che fa scoprire i
cadaveri dei due bambini scomparsi quasi due anni fa, a Sanremo il passo è
stato lungo, molto lungo.

Lo spettacolo dell'anno non poteva riuscire lo stesso di una serata normale.


Ma quella di ieri non era una serata normale.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 271
Per cui l'immagine più vera che abbiamo visto, è stata quella della
presentatrice ungherese quando, nella sua commovente bellezza, ha pianto
ricordando alcuni momenti della propria vita, ed ha detto di aver potuto
lavorare in Italia soltanto sotto le mentite spoglie di domestica tuttofare.

Un altro momento-verità è venuto oggi da Walter Veltroni. Messo alle corde


dalla gerarchia ecclesiastica, si è rivolto ai cattolici presenti nel suo partito ed
ha loro rivolto un appello: "Dobbiamo convivere".
Per favore, diteglielo che i Pacs non sono mai stati approvati.
[Anno III, post n. 62 (439)]

25/02/2008
Bonino giù dalla torre

Se WV lancia Rutelli sul Campidoglio, Rosy Bindi butta giù dalla torre Emma
Bonino.
Non usa perifrasi, ma il duro linguaggio di un'età politica che credevamo
abbandonato nel 'nuovo' Pd.
Stamani su "La Stampa" Rosy Bindi ha dichiarato: "Lo dico da componente
cattolica di questo partito: ho una grande stima di Emma Bonino e a lei chiedo
di stare nelle nostre liste da ministro e non da radicale. Così come chiedo a
Paola Binetti di stare nel Pd da democratica e non da cattolica. Penso che ci
dovremo limitare un po' tutti",

Dunque anche Rosy Bindi ha fatto retromarcia. Ha premesso: "Lo dico da


componente cattolica". Ovviamente, prima viene la fede e poi l'adesione
politica. Soprattutto dopo il can can delle ultime ore.

Ha proseguito: a Emma Bonino "chiedo di stare nelle nostre liste da ministro e


non da radicale". La radicale dimezzata, separata psichicamente fra due
opposte funzioni, il ministro pd e l'antitetica fede radicale. Un caso da
manuale psichiatrico quelle proposto dalla Bindi alla collega Bonino. La quale
infatti sottolinea in una risposta che la richiesta avanzata a lei richiede di
"praticare la schizofrenia" in una maniera impossibile.

Rosy Bindi ha concluso con un'altra affermazione ("chiedo a Paola Binetti di


stare nel Pd da democratica e non da cattolica") che contraddice la premessa
("Lo dico da componente cattolica"). Perché la Bindi può essere cattolica e la
Binetti no?
A questo punto va tutelata anche la Binetti, oltre che la Bonino, dalle 'pretese'
di Rosy Bindi. Quando costei sostiene "Ci dovremo limitare un po’ tutti",
sembra contraddirsi: lei fa la cattolica, ma non la può fare la Binetti così come
non può essere radicale la Bonino.

Sull'intervento di "Avvenire", si veda nel blog di P.L.Zanata il post di questa


sera: "La chiesa cattolica ha messo pesantemente i piedi sul piatto delle
lezioni. Ancora una volta si e’ intromessa su vicende che appartengono alla
vita di uno stato, quello italiano, che e’ bene ricordare e’ uno stato laico. Una
ingerenza inammissibile."

Contro la presenza della Binetti nelle liste del Pd ("Se c'è lei non vi votiamo!"),
è stata avviata una petizione nel blog "Bioetica" (curato da Chiara Lalli).
[Anno III, post n. 61 (438)]
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 272
24/02/2008
Urne bollenti

La campagna elettorale sta deragliando. Doveva essere all'insegna del


'volemose bene' veltroniano. Ormai è invece diventata un'arena infuocata.
Occorrerà che qualche mediatore intelligente s'incarichi di convincere le parti
in campo che non giova a nessuno, tanto meno al proclamato bene comune,
far degenerare la discussione in rissa.
Quando si legge la dichiarazione di mons. Elio Sgreccia rilasciata alla
"Stampa" di stamane, si trema. Ha perfettamente diritto di affermare le
ragioni della Chiesa e dei cattolici sulla vita. Ma non si può sintetizzare il
discorso sul tema, come fa lui, con uno slogan che sbigottisce: la legge
sull'aborto "è una norma che legalizza la soppressione di un essere umano".
Il problema a cui si ritorna inutilmente ogni volta, è sempre quello della laicità
dello Stato.
Da una parte ci sono quelli che vanno alla ricerca dell'identità cristiana, su cui
è sceso il sarcasmo di Ernesto Galli della Loggia nel suo editoriale di oggi nel
"Corriere della Sera".
Dall'altra parte ci sono i cittadini che chiedono semplicemente l'affermazione
della laicità dello Stato di cui dicevo, senza schiamazzi e senza vergogne per
la loro posizione, più che legittima in base alla nostra Costituzione.
Galli della Loggia osserva che in passato il "partito cattolico" non ha potuto
impedire "un massiccio e per molti aspetti radicale processo di
secolarizzazione". Quindi, i sogni odierni sono un po' fuori della storia del
nostro Paese.
Ma lasciamo stare la discussione storiografica, sulla quale ovviamente quelli
che sognano la rinascita del "partito cattolico" non possono essere d'accordo.
Veniamo al problema delle urne. Può la campagna elettorale essere volta
all'insegna di questa drammatizzazione dei problemi morali, scoperti
all'improvviso come cavallo di Troia per far passare, alla fine, soltanto una
"grande coalizione" centrista? Non serve al Paese ed alle sue forze in campo
gridare "al lupo, al lupo" non per cose nuove improvvisamente gettate sul
tavolo verde delle urne di aprile, ma per leggi che possono essere oggetto di
mediazioni, discussioni, miglioramenti. Ai quali non si arriverà mai partendo
dal presupposto che la 194 "è una norma che legalizza la soppressione di un
essere umano". Lo sapevamo che cos'è l'aborto. Perché ad esempio non si
vuol parlare di prevenzione? Per lo stesso motivo. Anche qui verrebbe da
mons. Greccia la stessa risposta: prevenire è commettere un delitto.
Allora il problema non è più politico. È che nella stessa Chiesa stanno
imponendosi atteggiamenti ai quali certa parte del clero non crede, e su cui fa
finta di essere d'accordo, per non essere punito.
Ma qui usciamo dal discorso delle urne bollenti, e mi fermo.
[Anno III, post n. 60 (437)]

23/02/2008
Il maestro dalla penna ex rossa

Bertinotti, Binetti, Bonino... Cominciano tutti con la lettera "b", i loro cognomi,
ma all'appello del maestro, l'allievo Bertinotti non può rispondere. Gli altri
sono in classe con tanto di giustificazione o raccomandazione che dir si voglia.
Invece Bertinotti è stato parcheggiato in qualche corridoio, nascosto alla vista
della classe, perché potrebbe infastidire od indurre in tentazione con la cattiva
compagnia con cui si ritrova.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 273
Il maestro dalla penna ex rossa, Walter Veltroni, fa l'appello e pensa che prima
di Bertinotti c'è un altro cognome con la lettera "b" che tanto avrebbe voluto
nel suo registro, Berlusconi Silvio, ma lui non frequenta la scuola pubblica.
Un maestro privato va a casa sua tutte le mattine, gli fa recitare le orazioni,
mica perché il maestro creda in Dio, ma soltanto perché così il buon Silvio può
presentarsi da bravo cristiano per ricevere il meritato suffragio elettorale dalle
folle oceaniche dei gazebo. E può apparire nel Tg5 (è successo anche oggi),
nella gigantografia con il cupolone di San Pietro sullo sfondo come surrogato
mediatico di chi sotto quel cupolone ci abita.

Il maestro Veltroni non può distrarsi in classe, perché quelle due allieve Binetti
e Bonino non sono mica tanto docili. Non si sono tirate i capelli sinora, ma
sono pronte a farsi qualche sgambetto.
La Binetti è molto attenta alle spiegazioni del maestro, scuote la testa, e
sussurra: mica sono scema, alludendo a quella compagna di banco con cui ha
poco o nulla da spartire se non la poca luce che viene dalla finestra.

L'allieva Bonino è stata accompagna a scuola dal padre putativo, Marco


Pannella, di cui una volta si diceva, a casa di Veltroni, che se i comunisti
mangiavano i bambini, i radicali ingoiavano in un solo boccone mamma e
papà di quei bambini lasciati incustoditi sino all'arrivo dei famelici compagni.

Ci scommetto che un giorno o l'altro l'allieva Binetti farà partire dai suoi
amici, uno di quei fulmini che sono capaci di "ruinare" un bel pomeriggio di
sole e di festa.
L'allieva Binetti è molto timida, una ragazzina seria, ma sapeste com'è
corteggiata. Le dicono, papale papale, di prender su e d'andarsene via dalla
classe del maestro Veltroni. Attenta che quello vi porta tutti alla scomunica.
Pensate a chi ha fatto entrare in classe: ... quel signore attempato di Milano,
come si chiama, ah sì, Veronesi: un miscredente, un ateo non devoto, uno
scienziato soprattutto, pericoloso perché usa la testa, chissà che cosa
combinerà...

Lei sa che è così (si dichiara "perplessa, smarrita e preoccupata"). Ma sotto i


baffetti ride. "Buoni, buoni: lo frego io. Vedrete che batosta avrà sulla pagella
elettorale il maestro Veltroni grazie alla mia presenza qui, nella sua classe".
Sul telefonino della Binetti arriva il messaggio del vescovo Antonio Lanfranchi,
commissario Cei per l’evangelizzazione. Se la prende con "i 'testimonial'
antiecclesiali che hanno sempre fatto battaglie contro i valori cristiani".
L'alunno Veronesi con tratto delicato dice al maestro: "Non sono un anticristo
militante". Lui gli risponde: "Bravo, continua così". Ma per il rumore della
scolaresca e della campanella che suona, non ha neppure ascoltato le parole
dell'alunno Veronesi.
[Anno III, post n. 59 (436)]

22/02/2008
Giovinezze

Volevo fare una battuta ieri, parlando della questione di Ciriaco De Mita. Il
quale ha detto di avere 80 anni ma di dimostrarne 65. Volevo rovesciare il suo
ragionamento. Io ne ho 65 e mezzo ma me ne sento circa 80, per essere
ottimisti: dato che le mie ossa osteoporotiche ne dimostrano non meno di 90...
Quella battuta l'ho sentita stamani alla radio, da un articolo di Adriano Sofri.
Ne vado orgoglioso. Vecchio sono, ma ancora intelligente.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 274

Quando le distinzioni fra le persone si fanno in base all'anagrafe, tira brutta


aria. Avete presente quel motivetto, "Giovinezza, giovinezza, primavera di
bellezza..."? Giovani, ma carne da cannone...

Quando ero ragazzo io, dovevamo rispettare gli anziani, metterci in fila. A 40
anni ero considerato ancora troppo poco anziano per poter scrivere qualcosa
su di un giornale, perché in quel settore del quale m'occupavo io c'era il
monopolio di un vecchio amico di famiglia che aveva la mia età attuale.
Quando ho cominciato ad insegnare a metà degli anni Sessanta, le madri
cercavano di mettere i figli nelle sezioni dei professori anziani, perché non si
fidavano di noi giovani.
Quando sono 'maturato' io, i discorsi si erano rovesciati: tutti giovani
vogliamo, troppi i vecchi che ci sono nella scuola.
Dato che "nessuno nasce imparato", l'età dovrebbe essere anche una specie
di garanzia circa le esperienze maturate, non soltanto il dato oggettivo
equiparato alla senescenza delle cellule cerebrali...
Essere magari smemorati non significa essere del tutto imbecilli.

Dal post odierno di Irene Spagnuolo, come al solito bravissima, vedo che il
limite anagrafico dell'età da rifiutare si è abbassato ulteriormente. Una signora
di 43 anni è scartata soltanto per la data di nascita. Siamo alla più pura follia.
Non sono competente come Irene sulle cose che scrive, ma mi sembra
appunto che costituire squadre di persone dai 18 ai 30 anni sia l'espressione
demenziale di una 'politica' cieca. La quale non s'accorge che il 26enne fa
presto ad arrivare a 30 anni: e dopo dove lo mandi, in mezzo ad una strada?

De Mita scartato per i suoi 80 anni. Ma il prof. Veronesi accettato con i suoi 83.
Allora, caro Veltroni? Ma non bastava dire che del leader dc non frega nulla al
Pd? E che non lo volevate quindi tra i piedi? Non discuto la scelta, ma la
modalità con cui è avvenuta. Perché anche nella mia città ci sarà un candidato
al Senato per il Pd di primo pelo, Sergio Zavoli, classe 1923!

Post scriptum. La polemica contro i vecchi nella società italiana, l'ha avviata
su "Repubblica" del 14 luglio 2007 Gad Lerner, come segnalai nel mio post
"Giovinezze" (stesso titolo che uso oggi...).
Nello stesso giorno, il prof. Giovanni Sartori sul "Corriere della Sera", circa la
proposta di Carlo Azeglio Ciampi (eletto a 79 anni presidente della
Repubblica), di far chiudere a 55 anni ogni carriera politica, osservava: "Ho
conosciuto moltissimi maestosi imbecilli di tutte le età, così come persone che
restano intelligenti a 90 anni".
[Anno III, post n. 58 (435)]

21/02/2008
De Mita sulla Luna

C'è stata l'eclissi di Luna. In contemporanea c'è stata l'eclissi di De Mita


(oscurato da Veltroni). Domanda: ma De Mita dove sta, sulla Luna?
De Mita dimostra gli effetti perniciosi della divulgazione parascientifica di
nozioni geriatriche, operata dal Cavaliere di Arcore circa il rapporto fra gli
uomini politici e la loro età anagrafica.
Berlusconi, 72 anni ne dimostra secondo i medici 35. Un suo specialista di
fiducia, tempo fa lo aveva dichiarato immortale. L'altra settimana Berlusconi
in persona aveva annunciato un progetto suo e di don Verzé per allungare la
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 275
vita media degli italiani a 120 anni.
Ovviamente sulla Luna non ci sarebbe soltanto De Mita che ha spiegato con
molta rabbia in corpo che lui di anni ne ha 80, ma ne dimostra appena 65.
De Mita è in buona compagnia. Lui e colleghi che non vogliono cedere le armi
(e le poltrone in Parlamento) formano l'agguerrito battaglione dei "rapidi ed
invisibili" che non partono come i sommergibili d'un tempo, ma stando
immobili lanciano terribili siluri ai compagni di partito.
Mica sono come le soubrette che il Cavaliere, tanto per alzare il morale e
rallegrare le serate, vorrebbe far entrare in Camera.
Misss Una di loro, Aida Yespica, ha detto "no, grazie", con quella dolcezza
tutta femminile che dovremo apprezzare nei momenti più pesanti della nostra
vita politica. Se non altro per il fatto che se lei avesse accettato, ci saremmo
trovati di fronte ad uno di quei personaggi che, come dice una vecchia battuta
di varietà, prendono di petto le situazioni.
Non poteva mancare al riguardo il commento di Francesco Cossiga: "La
signora Yespica è da lungo tempo una delle più care amiche di Berlusconi, e
lui notoriamente ne apprezza molto le doti di intelligenza, nonchè quelle
artistiche: l'avvenenza delle donne, come è noto, non lo ha mai interessato".
Ha anche precisato Cossiga: "Silvio Berlusconi è anzitutto un grande
impresario teatrale che crede che la bella apparenza conti anche
elettoralmente: basta dare uno sguardo agli elementi femminili del suo
gruppo".
Ecco scoperto perché De Mita non ha rinunciato, non è di "bella apparenza" e
non recita (insomma, non si spoglia) alla tivù del Capo di Buona Speranza.
Purtroppo tutte queste amene discussioni di cronaca pseudo-politica hanno
oscurato una voce girata questa notte circa l'oscuramento della Luna da parte
della Terra a causa del movimento di quest'ultima attorno al Sole.
Alcuni gruppi ispirati al pensiero tradizionalista in campo scientifico e religioso,
hanno diffuso lungi comunicati per smentire non soltanto la notizia
dell'eclisse, ma la possibilità che essa potesse verificarsi secondo le false idee
laiche dell'ombra della Terra proiettata sulla stessa Luna.
La Terra sta ferma, dicono quei gruppi che per dimostrare le loro ragioni
domenica prossima si raduneranno in una nota piazza romana, dopo aver
invitato esponenti moderati di tutti i partiti politici italiani.
[Anno III, post n. 57 (434)]

20/02/2008
Come Cesare e dopo il duce

Da ieri la mia città, Rimini, è tappezzata di manifesti del Pd con


l'annunciodella visita di Walter Veltroni e del suo comizio, sabato prossimo.
Il re dei sette colli parlerà con alle spalle un simbolo dell'imperialismo romano,
l'Arco di Augusto, che figura già nel fotomontaggio dei manifesti.
Con quello spirito casareccio più da leghisti che da democratici del terzo
millennio, il motto veltroniano "si può fare" è stato debitamente tradotto in
dialetto su magliette che, dato il clima, si potranno indossare soltanto nella
prossima estate. (A parte il fatto che in politica non è vero che "si può fare",
ma "si deve fare".)

Comunque, per tornare all'Arco, esso fu il fondale anche alla comparsa del
duce il 15 agosto 1936, con il primo colpo di piccone per l'isolamento del
monumento, completato due anni dopo.
A lavori quasi ultimati Mussolini torna il 16 giugno 1938, mentre «la folla urla il
suo incontenibile entusiasmo [...] in un abbraccio quasi pauroso», come
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 276
scrisse un giornale del tempo. Ad un tratto si alza una voce: «Vogliamo la
provincia». Più che un desiderio, è un ordine. Il duce, lo sguardo imperioso,
forse nascondendo a malapena quel disgusto che nutriva naturalmente per
Rimini (già dal 1921 definita dai fascisti «città dei rammolliti e dei vili, paese di
mercanti e di affittacamere»), è lapidario: «Sulla carta».

Tra parentesi, Rimini dal 31 gennaio al 3 febbraio 1991 ha ospitato l’ultimo


congresso del Pci. Dopo è venuto il Partito democratico della sinistra (Pds).
Cioè il nonno del Pd.
Quindi Veltroni vedrà aggirarsi in città le ombre del cavalier Benito Mussolini e
dell'ultimo segretario comunista con le lacrime agli occhi. Oltre a quella di
Giulio Cesare che a poca distanza di lì e qualche anno prima dell'Arco, arringò
i soldati marciando in armi contro Roma.
Insomma, come precedenti storici, Veltroni non ha motivi di grande conforto.
[Anno III, post n. 56 (433)]

19/02/2008
Fratelli Bandiera

L'inno delle Sorelle Bandiera a "L'altra domenica" di Renzo Arbore, s'intitolava


"Fatti più in là".
Potrebbe essere adottato da tutti i competitori elettorali per "par condicio".
I nostri "Fratelli Bandiera" compiono spostamenti progressivi del programma
comune in solitari esercizi di virtuosismo oratorio. Berlusconi s'è buttato in
braccio a Fini, ad esempio. Veltroni ha mollato la sinistra del centro-sinistra.
Prendete poi Antonio Di Pietro. Considerato da sempre alla destra di tutti
quelli con cui si accompagnava, tacchete, all'improvviso ti spunta alla sinistra
dello stesso Re dei sette colli, spingendo sul conflitto d'interessi e sulla riforma
del sistema radiotelevisivo.
Per aver ragione, Di Pietro ha ragione: “C’è una sentenza della Corte di
giustizia europea che va rispettata. Senza una corretta informazione ed il
pericolo che il controllore venga nominato sempre dal controllato, non c’è pari
opportunità nel Paese. Ecco perchè noi riteniamo che, a prescindere dal
Berlusconi di turno, sia necessario di risolvere alcune questioni di democrazia
del Paese".
Ma non sempre vince chi ha ragione. Ha sempre ragione chi vince, da che
mondo è mondo.
Ma se Di Pietro si sposta così a sinistra di Veltroni, che fine farà l'etichetta di
sinistra radicale sinora appioppata a Diliberto e soci? Ce li ritroveremo
affratellati a Fini e Berlusconi? Dio non voglia.
Essendo la politica una cosa seria, diversamente dal mio discorso, un breve
appunto.
Quando il Cavaliere appare in televisione si fa inquadrare con immagini
religiose.
Berlusconi_tg4 Ieri sera è stata la volta di una Madonnina lignea sul Tg4.
Ma giorni fa Berlusconi era 'fotomontato' sopra una panoramica romana in
gigantografia per il Tg5, con al centro (udite! udite!) "nientepopodimenoche" il
cupolone di San Pietro.
Il mio breve appunto è, appunto, serio. Non altrettanto è lo scomodare il sacro
ad uso e consumo elettorale come il Cavaliere di Arcore fa per conquistare il
monopolio del voto cattolico.
[Anno III, post n. 55 (432)]
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 277
19/02/2008
Così impari

Lei ha quindici anni. Le sono saltati addosso come minimo in sette, tra cui il
fidanzato.
Cinque coetanee della fanciulla, rimaste offese dal fatto che lei "ci fosse stata"
con altrettanti "ragazzi" loro morosi, l'hanno presa a botte: "Così impari", le
avranno anche orgogliosamente urlato in faccia. Indaga la magistratura.

Noi che siamo estranei a tutto, cioè alle persone coinvolte, agli inquirenti, ai
parenti, possiamo chiederci da dove nasca non soltanto l'atto delinquenziale
dei violentatori, ma soprattutto (è una novità, credo) la follia delle fanciulle
che anziché dimostrare solidarietà all'amica e scacciare i loro fidanzati "porci",
hanno preso a schiaffi lei, la vittima della violenza sessuale?
[Anno III, post n. 54 (431)]

18/02/2008
Effetto specchio

Walter Veltroni c'è cascato, ha abboccato all'amo berlusconiano dei


"sondaggi". Si dice in rimonta, ma il cavaliere gli risponde: sono "dati fasulli".
Speriamo che i due cambino registro, la partenza non è un granché. Il signore
di Arcore sfotte il re dei Castelli: non affaticarti troppo e non prendere freddo.
E si riceve come risposta una semplice constatazione psicologico-geriatrica: è
lo stesso consiglio di mia nonna.

Migliore la citazione famigliare di Casini. Sua figlia Benedetta, quella fidanzata


con un comunista di nome David, ha detto di essere orgogliosa del padre,
dopo lo strappo con Berlusconi.
Non vorrei che nella politica di destra, sinistra e centro, l'apparizione dei
giovani rimanesse legata ai gioco delle citazioni.

Stamani Casini la lanciato il suo programma, «Uniamo il centro», sul


"Messaggero". Oggi pomeriggio Radio Vaticana avvisa: "Aperto il dibattito per
un polo unitario al centro".

Se il presente è scialbo, buttiamoci sul passato. Ieri un paginone della


"Domenica" del "Sole-24 Ore" proponeva un forum sull'identità italiana.
Lo storico Franco Cardini, ottimo studioso ed eccezionale scrittore, portava
come esempio di 'homo italicus', un "saggio ed intendente cavaliere"
nominato dal Boccaccio: messer Betto Brunelleschi che da fermo estremista
prima fu ghibellino e poi guelfo, non tralasciando di perseguitare "i suoi
compagni di poco prima come se fossero stati suoi millenari acerrimi nemici".

Altro giro, altro personaggio, evocato da Marco Politi su "Repubblica" di ieri:


quel Pio IX che oggi va tanto di moda, e la cui mitria è stata di recente
indossata dall'attuale pontefice in concistoro.
Pio IX, durante un'udienza, al momento del bacio della pantofola premette col
piede sul collo di un prelato che si era palesato avverso al dogma
dell'infallibilità papale.
[Anno III, post n. 53 (430)]

17/02/2008
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 278
Magra Italia

"L'Italia è degli italiani". Casini ne è sicuro. Lo ha detto oggi lanciando l'appello


per l'unione del centro moderato. Dal che si ricava che esiste anche un centro
estremista o radicale, per usare l'etichetta appioppata all'unica sinistra
rimasta sulla piazza. In questo centro estremista Casini colloca senz'altro
Walter Veltroni, con quel Pd del quale però fa parte pure Follini (come
buttafuori e buttadentro, definizione di Marco Travaglio, "Espresso").
E se Casini, parlando con Aldo Cazzullo del "CorSera", definisce Berlusconi uno
che fa soltanto la solita litania di slogan e di spese miliardarie senza copertura
finanziaria, Follini su "Repubblica" lo invita ad un dialogo che però non sia
"troppo geometrico, schematico".

Ovvero lo invita a lasciarsi andare ai sentimenti: "Toh, chi si rivede, allora


dove eravamo rimasti, dunque partiamo di lì, che ne dici di un bel governo
centrista per l'Italia?", potrebbe domandare Follini a Casini.
E Casini, pronto con la battuta odierna: "L'Italia è degli italiani". Mica di quello
là che mi ha stancato con "le solite promesse vane e le stesse frasi pensate
per compiacere la gente anziché dire la verità" (altro pezzo dell'intervista a
Cazzullo).

Incontrarsi a metà strada, uno del centro moderato e l'altro per conto del
centro estremista, per fare forse l'unica cosa che sarà possibile dopo le
elezioni, un governo retto da Casini, benedetto a più mani ed accettato in
mancanza di peggio.
Per "grazia ricevuta" (la sconfitta del Pdl), il Pd dovrà allora fargli ponti d'oro.
La gara non è più tra Veltroni e Berlusconi, il Cavaliere ha già perso.
"Monumento a se stesso", lo definisce Ilvo Diamanti su "Repubblica".

In effetti Berlusconi ha ragioni da vendere: ma chi glielo fa fare di faticare


tanto in politica, dato che tutto quello che doveva avere lo ha avuto
(soddisfazioni e leggi ad personam), e non glielo ha potuto neppure scalfire il
prof. Prodi. Quello che Veltroni, suo erede nel Pd, simbolicamente e
spiritualmente rinnega ritenendolo troppo antiberlusconiano.

Scalfari su "Repubblica" scrive delle interferenze ecclesiastiche, con la


gerarchia che "alterna momenti di moderazione a momenti di intervento
diretto". La prima con Bagnasco, il secondo con Ruini.
Ma di fatto, le fasi si succedono con lo stesso scopo, piazzare Casini al centro
della scena politica, e almeno sino ad ora le due eminenze ci sono riuscite. Per
cui non dice un granché la differenza dei metodi rispetto all'identità dello
scopo.

"L'Italia è degli italiani". Il commissario De Gennaro dichiara di aver cambiato


il piano per lo smaltimento dei rifiuti: quattro discariche non riapriranno
perché "la gente aveva ragione" circa i gravi problemi che esse presentano.

"L'Italia è degli italiani": sino al voto. Poi dopo...


Per il momento, in tempi di magra Italia, sulle passerelle della moda si è
ottimisti, con vestiti per modelle segnate dall'abbondanza. Amintore Fanfani,
storico dell'economia, aveva teorizzato che quando si accorciano le gonne, gli
affari vanno male. Applicando la regola all'inverso con i panni che s'allargano,
speriamo che le forme tonde siano beneauguranti per le sorti del Paese.
[Anno III, post n. 52 (429)]
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 279

16/02/2008
Casini: Non mi vendo

Incontrarsi e dirsi addio... Ma c'è sempre un modo. Invece Casini non soltanto
ha sbattuto la porta in faccia a Berlusconi, ma gli ha pure urlato dietro
parolacce: "Non tutti in Italia sono in vendita". Punto e basta.

Dietro a tanta sicurezza, non diciamo arroganza (che in politica da difetto


diventa virtù), non c'è il vuoto fatto di speranze ed illusioni. C'è un
ragionamento ben fondato, con tutti i crismi che possono fare di Casini il
candidato ideale per il Centro. Il quale dopo le elezioni di aprile sarà chiamato
a governare.

Fini chiude d'imperio il proprio partito confluendo nel Popolo delle Libertà. Il
congresso ci sarà in autunno, ma ciò che conta è l'annuncio in questa vigilia
elettorale. Ne riceverà vantaggi l'altra destra.

Lo spazio elettorale di Berlusconi si restringe. Pareggerà forse con Veltroni. E


Casini sarà l'ago (acuminato) della bilancia.

Due notizie europee. Anche la Germania ha il suo bravo scandalo fiscale. Meno
male, così in questo campo non siamo più soli.
In Francia personalità di entrambi gli schieramenti accusano Sarkozy di gestire
il potere da monarca. Tra le altre cose, gli si rimprovera il discorso sulla
religione tenuto a Roma, nell'investitura a "canonico lateranense". I valori laici
sono cari sia a destra sia a sinistra, in Francia.
Se ne dovrebbero ricordare quanti in Italia, a destra ed a sinistra, hanno
sognato anche per noi un modello Sarkozy. Se si realizzasse, il suo sosia
nostrano non si accontenterebbe di essere nominato "canonico lateranense".
Come minimo pretenderebbe un cardinalato.
[Anno III, post n. 51 (428)]

15/02/2008
Giuliano Ferrara, beato lui

Beato lui, Giuliano Ferrara, che ha trovato la "verità sulla vita umana", e si
rifiuta di discuterne o discuterla. I confronti sono futili, dice. Si sottrae al
dibattito. Però chiede che gli sia consentita la 'par condicio' prevista dalla
legge per le elezioni. Alle quali si candida con questa lista che ha inventato,
per fermare la strage degli aborti nel mondo.

Beato lui, che non s'accorge di un piccolo fatto: non riescono a governare
l'Italia, i nostri due rami del Parlamento, e dovrebbero pure pensare a
risistemare il mondo.

«Senza fanatismo», dice di aver trovato questa verità. Ma con fanatismo


sembra difenderla.
È un suo diritto. Credo che però risulterebbe più efficace nella esposizione, se
avesse la buona volontà, non dico l'umiltà, di sottostare alla regola del
pubblico dibattito televisivo.
Lo vuole fare in un teatro, perché la tivù rovina tutto: "Io non discuterò della
vita umana, come se fosse un'opinione, con alcun candidato in tv. La tv è
antiveritativa. Un bel mezzo per comunicare, rispettabile e fatto da persone
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 280
rispettabili, tra cui io stesso fino a ieri. Ma sul ponte di Messina o sull'Ici
valgono le opinioni, sulla vita umana e l'amore vale la solitaria e pubblica
ricerca della verità".
Sembrano parole di Antonio Ricci, il Maestro di "Striscia la notizia", il teorico
del "tutto finto" in tv.

Beato lui, Giuliano Ferrara che se ne va sicuro, senza curarsi delle ombre che
proiettiamo sui nostri muri. Come suggeriva Eugenio Montale in una celebre
poesia, "Non chiederci la parola".
Non ci chieda Ferrara alcuna parola in più. Si resta senza, quando lui comincia
le sue filippiche (come l'altra sera da Lerner) e rifiuta la discussione.

Stamani su RaiUno ha evitato il futile dibattito con il vecchio Marco Pannella,


leone in gabbia, defraudato del confronto. Alla fine Pannella è esploso con
quelle dichiarazione che nascono da una passione pari a quella di Ferrara.
Ecco perché dispiace ancora di più che Ferrara abbia voluto non misurarsi con
un antico maestro dell'arte retorica in politica.
È sembrato, Ferrara, un giovincello schizzinoso quale invece non è, e che
rifiutava di riconoscersi allievo di quel maestro. Magari in debito di un
gratitudine. Insomma, problemi psicologici o psicoanalitici, da figlio che voleva
(davanti al 'padre' spirituale) tentare di superarlo e di demolirlo?

Siamo entrati nell'era delle affermazioni apodittiche. Berlusconi ha


tranquillamente potuto dire da Vespa che lui e don Verzé studiano per
allungare la vita umana a 120 anni.
Commenterebbe Ferrara che non è, quella del cavaliere, un'affermazione vera
perché fatta in tv. Su questo siamo d'accordo con lui: è una balla. Ma quando
se ne dicono di tale portata, chi ha obbligo d'intervenire per difendere non
quella che Ferrara chiama la "verità sulla vita", ma la decenza della logica
scientifica usata come un belletto in carnevale da fanciulle avvizzite e dalla
virtù ormai dimenticata?
[Anno III, post n. 50 (427)]

14/02/2008
Solo donne

Veronica Lario in Berlusconi ha scritto oggi sul "Corrierone" (ma non è


proprietaria del "Foglio" diretto da Giuliano Ferrara?) un lungo pezzo circa i
rapporti uomo-donna nella società contemporanea.

Ne riprendo due passi. "Gli uomini vivono un momento in cui non vogliono
aprire il dialogo con il sentimento femminile e assistiamo alla crescita di realtà
che intrappolano la donna in uno schema di fisicità e consumo".
Poi: "Se l'uomo non impara a contribuire al riconoscimento del valore
femminile nasceranno generazioni morte, che non saranno sostenute né da
valori morali né dal sentimento dell'amore. C'è un lamento femminile che va a
pregiudicare il rapporto tra uomini e donne, in quanto la relazione viene
spostata sul piano della fisicità, dimenticando la persona".

Veronicalaria Giustamente la signora Lario sostiene che oggi, sintetizzando, le


donne sono sole. Lasciate sole dagli uomini. Ma direi che un'opinione corrente
alquanto diffusa, è che esse soprattutto sono "solo donne".
Non è un gioco di parole ma un'amara constatazione quanto mai attuale, dopo
la vicenda napoletana della polizia in sala-parto, di cui mi sono occupato ieri.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 281

Su quella vicenda, ieri sera nella trasmissione "L'infedele" di Gad Lerner su


"la7", Giuliano Ferrara ha pontificato con un'irruenza che non ha ammesso
dibattito.
Sono rimasto più che stupito, terrorizzato. Sembrava veramente uno di quegli
inquisitori che decenni fa si vedevano nei film storici. Quando si dice il fisico
del ruolo.

Dal blog di Lerner, a testimonianza di quanto scrivo io qui, riporto il parere di


una telespettatrice, Elisabetta, con cui sono pienamente d'accordo: "Gentile
Lerner sono rimasta molto male, direi sconcertata dal modo in cui è stata
condotta la puntata di ieri sera, quando Ferrara "indisturbato" ha pubblicizzato
la sua teoria sull'omicidio dei bambini. Lei lo ha ascoltato molto
pazientemente, cosa che non sempre Le riesce, senza farci ascoltare le
opinioni in merito, dei suoi illustri ospiti. Mi sarebbe tanto piaciuto ascoltare
l'opinione della signora Rodotà, per esempio, ma Lei non gliene ha dato la
possibilità lasciando parlare l'"elefantino" senza essere interrotto. Attendevo il
termine del monologo sperando che qualcuno avrebbe detto comunque
qualcosa invece niente, evidentemente la buona educazione gioca sempre
brutti scherzi! Terminato di parlare, se ne va e l'argomento cambia! Mi spiace,
cosa è accaduto?"

Mi rivolgo alla signora Lario. Desidererei sapere se lei ha assistito alla


"lezione" del "suo" direttore, e che cosa ne pensa. Chiedo ciò perché:
1. l'episodio mette sotto accusa, sulla linea del suo discorso nel "Corriere" di
stamani, il mondo maschile nella fattispecie rappresentato dallo stesso "suo"
direttore Ferrara (nei panni dell'inquisitore) e da Lerner (nelle vesti di un
padrone di casa imbarazzato e muto).
2. Lo stesso episodio testimonia che queste "donne sole" (nel senso di lasciate
sole) alla fine sono semplicemente considerate "solo donne", come se fossero
inferiori per legge di natura e vincolo di legge. E come dimostra la spaventosa
vicenda di Napoli.

Stamani su "Repubblica" un lunghissimo articolo di Stefano Rodotà ("Se è in


pericolo il destino dei diritti") definisce la vicenda napoletana della polizia in
sala-parto, una "tragica conferma di una regressione civile già in atto".
Libertà e diritti, conclude Rodotà, corrono il rischio di essere sottoposti ad una
revisione costituzionale "avendo le prescrizioni delle gerarchie ecclesiastiche
come unica tavola dei valori".

All'inizio dello scorso anno, in altro post, avevo definito Ferrara "papa azzurro"
a proposito della vicenda di Piergiorgio Welby. Ne riporto un pezzo, per
testimoniare come il suo atteggiamento di ieri sera con Lerner non sia
un'improvvisazione, ma corrisponda ad un suo ben preciso progetto.

"L'editoriale che Ferrara ha composto per «Il Foglio» di sabato 30 dicembre


2006, non è uno scritto normale, ma una predica, un'omelia, l'intervento di chi
si ritiene un teologo più a tempo pieno che a tempo perso e che, quindi, si
sente autorizzato a (come si suol dire) pontificare sopra un tema che non gli
dovrebbe appartenere, ma del quale si è appropriato non per faccia tosta (che
non gli manca), ma perché si considera investito d'una funzione salvifica nei
confronti dell'intera umanità, od almeno di quello spicchio d'umanità che
coincide con gli abitanti dell'Italia.
La sua «Sfida ai cattolici senza dottrina» (questo il titolo dell'editoriale) è una
solenne tirata d'orecchie degna d'un teologo del Sant'Uffizio a quanti, tra i
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 282
fedeli di Santa Romana Chiesa, hanno sostenuto che nel caso di Piergiorgio
Welby si trattava di por fine all'accanimento terapeutico e non di eutanasia, e
che era stato un errore del Vicariato negargli la cerimonia religiosa.
Ferrara, indossate le sacre vesti dell'Inquisitore, chiede (od ordina?) di portare
le pezze d'appoggio dottrinali di questo modo di pensare, i cui seguaci sono
accusati di aver ridotto il cristianesimo ad una «filastrocca umanitaria», senza
alcuna giustificazione teorica (che in questo caso vuol dire teologica, filosofica
e persino politica...)".
[Anno III, post n. 49 (426)]

13/02/2008
A futura memoria

La notizia di quanto è avvenuto a Napoli, con l'irruzione della polizia in una


sala parto o nei suoi pressi (è una minima differenza, un lieve ritardo nel
giungere sul luogo del presunto delitto), non va dimenticata.

Una telefonata "anonima" prospetta un grave reato. La Magistratura


interviene immediatamente. La signora che è stata appena sottoposta ad un
intervento di interruzione di gravidanza, è interrogata immediatamente dalla
Forze dell'Ordine.

Insomma, uno scenario che fa spavento. Un clima da caccia alle streghe. Che
diventa sempre più pesante. Come se non fossero bastate le parole
pronunciate da Giuliano Ferrara al Tg1: in trent'anni (quelli della legge
sull'aborto) si è registrato un miliardo di interventi. Tra le due cifre non c'è
legame logico. La legge è italiana, il dato statistico è mondiale. È lecito
confondere le idee così, soprattutto nel servizio pubblico?

Ha detto oggi Marco Pannella: "Con la lunga intervista a Giuliano Ferrara in


apertura del Tg1 delle ore 20, subito dopo l'intervista a Berlusconi, c'è
semplicemente da chiedersi se l'ipotesi di una Marcia su Roma di milioni di
persone, di un'alleanza torbida oltre che anti-istituzionale e anti-costituzionale,
sia sul punto di esplodere.
La legalità è totalmente negata e con jattanza, oltre che milioni di squadristi,
si annunciano una quarantina - non più quattro - di quadrumviri. L'Autorità
garante e il partito Rai Tv garantiscono la stessa composizione della
maggioranza del periodo 1922 - 1924 - 1929 e seguenti, fino a Salò".

Riferendosi non al caso della signora napoletana ma al quadro generale della


nostra politica, e precisamente al contrasto tra Stato e Chiesa, stamani sulla
"Stampa", Gian Enrico Rusconi chiudeva il suo pezzo scrivendo che "è
semplicemente in gioco la nostra fragile e preziosa democrazia".

La scelta di questa sera di Pier Ferdinando Casini di correre da solo, è la logica


conseguenza dell'investitura feudale decretatagli dal cardinal Ruini. Che
buone fette della politica cattolica non fossero più tanto vicine al Cavaliere lo
aveva dimostrato anche il meeting riminese di CL, lo scorso agosto. Per il
quale scrissi un titolo che oggi torna d'attualità: "CL, Silvio addio".
[Anno III, post n. 48 (425)]

13/02/2008
Ragazzo, spazzola
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 283
Una volta dai barbieri c'era sempre qualche vecchio signore che dopo esser
stato sbarbato, sfoggiava tutta la sua brillante intelligenza raccontando di un
passato lontano, di un ieri ancora vicino e di un presente senza tramonto,
ruotando soltanto attorno allo stesso argomento: la sua virilità prestante, ieri
come ora, il suo fascino irresistibile, le sue conquiste femminili, i suoi gesti di
dongiovanni periferico ma elegante. E soprattutto in servizio permanente
effettivo.

Ho 72 anni, diceva ad esempio, ma ne dimostro 35. Quelli più in confidenza


con lui, soprattutto i coetanei magari ex commilitoni, flebilmente facevano un
"sordino", ovvero una pernacchia.

Gli altri tossivano graziosamente per non deridere. Il barbiere per porre fine
alla sceneggiata, chiamava il garzone di bottega, e gli intimava "Ragazzo,
spazzola!".

Il cliente pagava, dava una debole mancia al garzone di bottega, salutava ed


usciva. Il barbiere cominciava una nuova barba, e diceva sottovoce al cliente
di turno: "Eggià, bel cambio 35 per 72... Ma chi crede di fare fesso? Siamo
uomini o caporali?".

Ieri sera la scenetta si è ripetuta in tv, senza barbiere, senza garzone di


bottega, ma con Silvio Berlusconi e Bruno Vespa.

13/02/2008 La bella politica

Luisella Costamagna dà il buongiorno all'Italia con "La7", parlando di politica


su "Omnibus"...

Ovvero, il lato bello della politica.

12/02/2008
Tonina Pantani
Oggi è uscito il libro che Tonina Pantanti ha scritto nel tentativo di riuscire a
far luce sulla morte del figlio, il "Pirata" che aveva affascinato milioni di tifosi.
Ieri sera la signora ne ha parlato con Antonello Piroso su "la7". Sfoderando
quella grinta che certe donne genuinamente romagnole mostrano per vincere
il dolore che le attanaglia.

Non mi occupo mai di vicende giudiziarie. Quindi non entrerò nel merito della
questione che la signora Tonina offre al pubblico.
M'interessa un aspetto. Quel grido di dolore per cercare giustizia, quella
"Giustizia" che dovrebbe essere uguali per tutti, ma che in Italia finisce per
essere troppo spesso una chimera.

Questa mattina su "La Stampa" è apparso un articolo del prof. Carlo Federico
Grosso in cui si discutono vari aspetti del momento politico presente. Dal
sospetto che la attuale legge elettorale possa essere addirittura dichiarata
illegittima (con inevitabili conseguenze anche sul prossimo voto del 13 aprile),
alle questioni derivanti dalla "vera e propria corruzione”, come "numerose
indagini penali stanno evidenziando". Infatti, "nella gestione della politica
quotidiana c'è una pratica diffusa di clientelismo, favoritismo, protezione dei
famigli, tutela del clan, dei suoi componenti, degli amici. E' il trionfo del
particolare in luogo del perseguimento dell'interesse generale".
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 284
Si chiede il prof. Grosso: "Repubblica italiana come repubblica fondata
sull'illegalità, allora?".

Le vicende come quella della morte di Marco Pantani e della "corsa" della
signora Tonina per conoscere la verità su di essa, inquietano anche se si vuole
rimanere freddi davanti alle altrui emozioni.
Inquietano non perché comportino un eccesso di clamore, ma perché l'ansia di
una madre per arrivare a quel traguardo di verità, diventa parte di noi stessi,
se vogliamo avere il senso della comunanza, dell'appartenenza ad una società
'civile'.

Ha scritto bene Franzo Grand Stevens, per un'altra questione, nella stessa
pagina della "Stampa", in una lettera in cui si ricordava la risposta di
Benedetto Croce a chi gli chiedeva, per atti burocratici, se fosse ebreo: "atto
odioso e ridicolo", spiegava il filosofo napoletano, sarebbe stato quello di
dichiararsi non ebreo "proprio quando questa gente" era perseguitata.
Scrive Stevens che "non soltanto non bisogna essere vili ma non dobbiamo
neppure essere pigri ed indifferenti".

Queste parole mi sembrano le migliori per inviare un saluto a "mamma


Tonina", e dirle che la battaglia per la giustizia sulla morte del "Pirata" è anche
la battaglia per la "Giustizia" in Italia. Ci riguarda tutti.
[Anno III, post n. 45 (422)]

11/02/2008
Arbitro cercasi

La dichiarazione del direttore di "Avvenire" Dino Boffo, rilasciata il 9 sera al


Tg1 circa il partito dell'on. Casini, considerato l'unico interprete autorizzato dal
Vaticano della "dottrina sociale cristiana", è criticata oggi da Gad Lerner su
"Repubblica" con parole che non si possono non condividere.

Scrive Lerner che è chiaro il "disegno politico perseguito da Ruini", attuale


vicario di Roma, e non più presidente della Cei ma con “l’anomalo ruolo di
leader politico dei vescovi italiani": "Dispiace che la Chiesa viva con fastidio la
nascita di due grandi partiti alternativi, all’interno dei quali i cattolici possano
trovarsi a loro agio. Senza bisogno di rappresentanze parlamentari separate,
che a me sembrano piuttosto dépendances curiali per cardinali appassionati di
politica".

Il titolo dato dalla redazione al pezzo, è molto significativo: "La gamba tesa del
Vaticano".

Una constatazione: sui campi di calcio in questi casi si fischia la punizione.


Purtroppo tra Italia e Vaticano non esiste arbitro.
Anno III, post n. 44 (421)

10/02/2008
Sogni e bisogni
Da Spello Walter Veltroni ha lanciato il suo slogan elettorale: dare agli italiani
"un Paese moderno, sereno, giusto e veloce" come loro lo sognano.
Veltroni ha aggiunto: "La nostra intenzione è cercare di abbattere la politica
che divide il Paese, non solo tra destra e sinistra, ma anche tra nord e sud,
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 285
laici e cattolici. Il Partito Democratico è nato per unire l’Italia. Gli italiani
vogliono altro, meritano altro, perché sono altro".
Barbara Spinelli scrive oggi sulla "Stampa" a proposito di Barack Obama:
"Obama non vuol piacere, anche se piace molto. Non vuole abolire
l'alternanza, e se vuole conciliare destra e sinistra è perché ritiene ambedue
inadatte. Nelle primarie ha detto cose impopolari, e la sua filosofia consiste
nel dire, anche se sgradevole, la verità".

Walter Veltroni non può ritenere la sinistra, la "sua" sinistra, inadatta, come fa
invece Obama. Anzi Veltroni la propone come "levatrice" della nuova storia
italiana.
Non per nulla la Spinelli premette alla parte che ho riportato, un accenno al
fatto che lo slogan di Obama "Yes we can" ha ammaliato Veltroni, per
aggiungere: «Chi fa propri i suoi slogan fa bene a saperlo» che appunto
"Obama non vuol piacere..." etc.
È disposto Veltroni ad accettare questa sfida "di non piacere", per creare il
Paese che definisce sognato dagli italiani?

Continuando a fare una specie di vita parallela fra Veltroni ed Obama, va


ricordato anche, come scrive la Spinelli, che "Obama è divenuto fenomeno
grazie a una società per lungo tempo invisibile [...]: quella che s'informa e
conversa su Intenet e nei blog".
Infatti, sono stati «i blog e non il lavoro di sperimentati giornalisti» a
smascherare le menzogne di Bush sull'Iraq. Sui blog Obama "ha dipanato le
sue reti sociali"...

Esistono queste reti sociali anche in Italia? Ricordiamo il recente e maldestro


tentativo di trasformare i blog in testate giornalistiche, introducendo quella
che ho chiamato una nuova tassa. I blog sono più evitati che amati dai
politici. I quali, mi pare, leggono soltanto i loro, ma non scandagliano la rete.
Fatta eccezione per uno soltanto, quello di Grillo. Poi elevato a simbolo
dell'antipolitica. Per accusare di farvi parte anche chi, da altre posizioni, rifiuta
la spartizione partitica dello Stato.

Barbara Spinelli critica duramente il sistema informativo americano, gestito da


"conventicole" che sentenziano sui gusti della gente. E si chiede da dove
derivi "tanta scienza infusa": "Una realtà diversa vive nei blog, affastellando
interessi che le élite giornalistiche neppure immaginano, ignorandole".

Sarebbe utile che su queste parole, i maestri di pensiero dei nostri politici
riflettessero.
Non vorrei che Veltroni come donna Prassede scambiasse il cielo per il proprio
cervello. Ed alla fine, senza tener conto della realtà, sentenziasse che gli
italiani sognano (vogliono?) "un Paese moderno, sereno, giusto e veloce".
Anche gli italiani "raccomandati", quelli del "dì che ti mando io", quelli dei
"baroni in cattedra" messi lì dai partiti allo stesso modo dei dirigenti sanitari
garantiti dai gruppi di potere...?

Sul "Sole-24 Ore" di oggi, Salvatore Carruba critica i giornali stranieri per
l'immagine che offrono della situazione politica italiana. E li accusa di
"pigrizia": "Non capiscono, o fingono di non capire, che in realtà, in poche
settimane, il quadro potrebbe essere cambiato radicalmente".
Sì, potrebbe. Quindi per il momento non sono in grado, quei giornali, di
giudicare quello che non c'è.
Si aggiunga che forse quel giudizio "pigro" nasce dalle stesse conventicole di
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 286
cui parla la Spinelli. Ignorando il nuovo che avanza.

Ma cos'è questo nuovo che avanza? Eugenio Scalfari offre una risposta nel suo
editoriale domenicale su "Repubblica". All'inizio, addirittura smentisce
preventivamente Carruba: "La funzione rinnovatrice del Partito democratico
sull'intero sistema politico è talmente evidente che tutti gli osservatori e
commentatori l'hanno colta e sottolineata."
Alla conclusione del pezzo, l'entusiasmo cede il passo alla prudenza.

Scalfari prima si richiama al Pci che "ebbe gran peso perché la borghesia
italiana fu percorsa sempre da tentazioni trasformistiche e/o eversive e non
dette mai vita ad una destra liberale di stampo europeo".
E poi scrive: "Il Partito democratico - così mi sembra - sfida oggi una destra
demagogica e interpella quel poco che c'è di autentica borghesia produttiva
affinché si schieri con le forze dell'innovazione che uniscono insieme i valori
della libertà e dell'eguaglianza. Dipende da questa borghesia se il partito delle
riforme avrà la meglio stimolando anche - se vincerà - la destra a trasformarsi
non solo nelle forme ma nella sostanza".

Dunque la novità di un partito "di sinistra" dipenderebbe soltanto dal fatto che
possa essere aiutato da "quel poco che c'è di autentica borghesia produttiva".
La quale però sinora ha amoreggiato con Berlusconi. E che ora dovrebbe
schierarsi "con le forze dell'innovazione".
Ma quanto sono forti queste "forze" per attirare l'autentica borghesia? O
piuttosto quanto esse sono deboli se hanno necessità di un soccorso da parte
di altre forze che non sempre per tradizione e costume sono state "di
sinistra" ?

Per ora siamo alle dispute tra Casini e Mastella da una parte e Berlusconi
dall'altra.
Interessante il giudizio espresso da Bruno Tabacci alla "Stampa": Veltroni ha
fatto un passo in avanti, ma non sarà per caso soltanto "un'operazione di
potere, in vista di cosiddette larghe intese?". Per le quali il Vaticano ha già
infeudato Casini.
[Anno III, post n. 43 (420)]

10/02/2008
Via libera a Casini
Quel rompiscatole di Casini (concetto che un tempo frullava nella testa di
Berlusconi, 4.12.2006), quel Casini che aveva ucciso la Casa della Libertà
(5.12.2007), ebbene quel Casini lì adesso riceve la benedizione del Vaticano.

La dichiarazione del direttore di "Avvenire", Dino Boffo al Tg1 di sabato 9


febbraio 2008, non lascia spazio a dubbi. Per gli "umori" che raccoglie
(ovviamente alla Cei, ovvero presso il cardinal Ruini) Boffo può dire
(ufficialmente): "A me pare che sia interesse dei cattolici, e che possa essere
interesse anche dello stesso Polo, che sia salvaguardata la persistenza di un
partito che fa direttamente riferimento alla dottrina sociale cristiana".
Ovvero, bene fa Casini a restare da solo con il proprio partito, confluendo nelle
liste del Cavaliere.

Aveva detto Ruini: "La Chiesa non detta l'agenda ai politici, ma chi lo fa?
Sembra che nessuno riesca a dettarla e che l'agenda cambi ogni giorno".
Aveva chiesto il cardinale segretario di Stato vaticano Bertone a Veltroni che i
cattolici non fossero "mortificati" nel Partito democratico. Ruini prevale su
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 287
Bertone. Prodi è stato fatto licenziare. Veltroni aveva confidato nell'aiutino
vaticano, adesso Boffo svela quello che un mistero non era nemmeno prima.
Da tempo scommetto che il prossimo governo sarà guidato da Casini. Ogni
mossa di questi giorni mi conferma in quell'ipotesi.
Anno III, post n. 42 (419)

08/02/2008
Liste
Dunque, impari lotta tra Pd e Pdl. Forse ad Arcore si confida che una buona
parte degli elettori di "sinistra" possa equivocare anche in virtù dei fattori
anagrafici, e prendere fischi per fiaschi. Veltroni-Pd nelle urne diventerebbe
così Berlusconi-Pdl.

Nel dopoguerra, nella mia città, la sinistra socialcomunista si presentò con un


simbolo di lista che raffigurava il palazzo pubblico con la sua torre
campanaria, spacciata alle anime candide per il campanile. Volete votare per
la Chiesa, scegliete il suo campanile, dicevano in giro. E molti abboccarono.

La corsa alla rassomiglianza è in pieno svolgimento. Due partiti confluiti in una


sola lista per il centro-sinistra? Due allora in una sola lista anche per il centro-
destra!
Oggi Veltroni, riferendosi alla lista unitaria tra FI ed An, ha detto che "il
problema non è fare un maquillage", ma "avere coraggio". Perché "non conta
il vestito ma la sostanza".

Come da copione, in stile "baruffe" goldoniane, immediate sono giunte le


risposte. Per la serie, tanto bisogna passare il tempo, riempire i giornali, ed
apparire in tivù. Gasparri ha detto che Veltroni deve rispettare il loro "sforzo".
Capezzone, che forse la battuta di WV è autobiografica.

Sarà dura per tutta la campagna elettorale assistere a questi battibecchi, che
mandano i "conservatori" in brodo di giuggiole.
Stamani il direttore del "Corrierone" Paolo Mieli ha scritto che il Pd, "anche in
caso di sconfitta potrà dispiegare una politica potente in grado di dare frutti
molto prima di quanto si pensi".
Sarebbe la prima volta che nella storia politica universale, uno sconfitto
riuscirebbe a "dispiegare una politica potente". Non so immaginare come, ma
dobbiamo credere alle parole degli "uomini d'onore".

Intanto, la vita scorre piena di contraddizioni. Il dramma dell'aborto ed il


dolore delle persone sono stati resi canovaccio di una recita da sacra
inquisizione che ha per protagonista il canonico apostolico romano Giuliano
Ferrara.
Ieri Concita De Gregorio su "Repubblica" ha trattato della "battaglia dei
prematuri", raccogliendo due testimonianze, una madre ed una dottoressa.
La quale ha spiegato che un neonato di 22 mesi ha un rischio di morte
altissimo, "ma ancora più alto è quello di sopravvivere con handicap
gravissimi. Se c'è una emorragia cerebrale il bambino sarà spastico. Se è di
terzo grado sarà tetraplegico. Se l'ossigeno utilizzato ha danneggiato la retina
sarà cieco".

Quel medico spiega che "è il neonato che decide". Se vivere o morire. Leggete
quell'articolo. Come la storia della madre che racconta la vita di sua figlia, di
due settimane. Come la dichiarazione di un altro medico: "Lo salvai ma oggi è
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 288
cieco, ha difficoltà motorie, cognitive e relazionali. Ecco perché non lo rifarei".
Sono vicende che meritano attenzione e rispetto, riassumerle non basta,
l'articolo di Concita De Gregorio va letto integralmente.

Un altro elemento, per ultimo ma non ultimo: la questione dei rapporti fra
Chiesa romana ed ebrei.
Anzitutto c'è la preghiera che, con quelle sottigliezze formali considerate
capolavori di teologia ma sostanzialmente gesti sempre pericolosi, passa dalla
richiesta di conversione degli ebrei alla invocazione affinché i loro cuori siano
illuminati e tutto Israele sia salvato assieme a tutti i cristiani.
Poi c'è il blog cattolico con la lista nera dei 162 docenti universitari ebrei,
accusati di "baronaggio sionista".
Non occorre particolare perspicacia per comprendere come i due fatti,
purtroppo, siano legati fra loro.

Ieri il papa ci ha rassicurati, l'Inferno esiste. Ne sono lieto, mi auguro che ci


mettano molti, non tutti (so accontentarmi) di quelli che fanno il male al
prossimo anche sotto le mentite spoglie della pietà e della cultura sacra.

Il papa ha anche invitato ad estendere il digiuno ai media: "Serve un digiuno


dalle immagini e dalle parole. Abbiamo bisogno di un po' di silenzio. Abbiamo
bisogno di uno spazio senza il bombardamento permanente delle immagini, di
crearci spazi di silenzio per riaprire il nostro cuore".

I primi ad obbedirgli dovevano essere proprio quei cattolici che hanno


pubblicato la lista dei docenti ebrei. Domanda: un gesto simile manda
all'Inferno o guadagna punti per il Paradiso? La domanda è seria: si parla di un
popolo che ha già sperimentato l'inferno delle camere a gas.
Altro che maquillage della politica, e capacità di "dispiegare una politica
potente" anche in caso di sconfitta.
Per qualcuno ancora oggi le liste elettorali comportano pure le liste di
proscrizione che hanno portato a quelle camere a gas.
[Anno III, post n. 41 (418)]

07/02/2008
Quaresimali

Finito il carnevale, ieri, appena in tempo per avviare la quaresima e la


campagna elettorale (ci sarebbe da scoprire il profondo nesso morale tra i due
elementi), la cronaca s'avvita nei soliti minuetti. Dice una notizia: "Schifani
apre a Mastella". Verrebbe da aggiungere: lo guarda bene in viso e poi sviene.
Ma la politica ha nervi saldi che fortunatamente evitano simili accadimenti.

Meglio parlare di cose più elevate. Su "Repubblica" di martedì scorso, 5


febbraio, è apparso un articolo di Aldo Schiavone, intitolato "Il pericolo
dell'ondata neoguelfa". Schiavone, storico e giurista, ci ha offerto in mezzo ad
una dotta trattazione del tema, una bella battuta su Giuliano Ferrara.

Seguendo il motto che soltanto le persone serie, possono permettersi di


scherzare, riproduciamo quella battuta: Ferrara ha compiuto un percorso "in
una sorta di formula trinitaria, efficace ma non senza contraddizioni:
Berlusconi in Italia, l´America nel mondo, il Papa su tutto – il Papa, si badi, non
Dio, che vorrebbe dire ben altra cosa".
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 289
Di qui al 13 aprile sarà una gara dura per il Santo Padre. Dovrà competere con
Giuliano Ferrara a chi tiene più omelie ai fedeli cattolici di Santa Romana
Chiesa. Il vecchio proverbio che suggeriva di scherzare coi fanti e di lasciare
stare i santi, in Italia è bellamente rovesciato da almeno una decina d'anni.

Direi, se volessi calarmi nella veste monacale di Ferrara, che le forze del
demonio sono riuscite a trasformare un uomo pio e devoto come Romano
Prodi nella minaccia dell'intera Cristianità. Entro le mura leonine ha avuto
fortuna la campagna destinata a tagliare le radici dell'Ulivo, a segarne il
tronco ed a bruciarlo in una commossa cerimonia. Tra danze e canti in onore
del popolo della libertà che s'affaccia alla scena per promettere giornate
radiose per tutti.

Ma siccome non mi si adatta quella veste monacale, cesso dal discorso e


constato la diffusione di un contagio operato dal modello-Ferrara. Stamani
Francesco Merlo su "Repubblica" ha scritto l'elogio di Walter Veltroni nello stile
mentale che il direttore del "Foglio" avrebbe (o forse ha già) potuto applicare
in un elogio di Silvio Berlusconi: "Ha vinto prima di vincere, ha vinto anche se
perderà le elezioni".

Questa cronaca politica gestita sul filo del rasoio dell'esaltazione ha qualcosa
di grandioso che sfugge alla gente semplice come osa credere di essere il
sottoscritto. Mi consola un fatto. Adesso dai tg di Mediaset arrivano servizi
sugli aumenti del costo della vita. Dopo il 14 aprile con il nuovo governo di
Berlusconi, tutto andrà meglio. Nel senso che i tg di Mediaset non ne
parleranno più.
[Anno III, post n. 40 (417)]

06/02/2008
Meglio soli

Insomma, meglio soli che male accompagnati. Walter Veltroni ha dichiarato


che il Pd anche per il Senato correrà appunto da solo, perché nella sinistra ci
sono due posizioni (inconciliabili, aggiungo io, interpretando il pensiero di
Veltroni): "Una grande forza dell'innovazione riformista e una grande forza
della sinistra radicale".

Beh, questo si sapeva anche due secoli fa, a fine Ottocento tanto per fare un
peso a buon mercato. E poi anche dopo, per tutto il secolo scorso, crollo del
muro di Berlino compreso, e con l'aggiunta della caduta del comunismo
sovietico, e chi più ne ha più ne metta (mica è un trattato di Storia, questo
post...).

Quindi niente di nuovo sotto il sole, tranne un particolare. Che questa sera
Veltroni, uomo solo al comando come il leggendario Fausto Coppi sullo Stelvio,
ha definito "pasticci" le posizioni che non condivide. E strano caso, proprio
stamani l'ultimo appello in tempo utile era apparso sul "Corriere della Sera" in
una lettera al direttore firmata da Arturo Parisi.
"Non distruggiamo il centrosinistra e il bipolarismo" ma ripartiamo
"dall'alleanza dell'Ulivo", ha scritto Parisi. Aggiungendo: "Attendiamo ancora
che qualcuno ci spieghi qual è il motivo che ci costringe ad assecondare una
legge divisiva continuando a dividerci, distruggendo al tempo stesso il
centrosinistra e il bipolarismo in Italia".
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 290
La risposta, fredda e brutale pur nella sua prevedibilità, è arrivata con la
staffilata di Veltroni: "Non credo abbia senso fare qualcosa di pasticciato. Gli
italiani hanno bisogno di chiarezza. Questo è un Paese in cui la politica non
rischia mai, è arrivato il momento di rischiare e questa è la nostra scelta''.
Saranno possibili ''accordi programmatici con chi sta nel campo riformista, ma
non con la sinistra radicale''. Con la quale si potrà collaborare soltanto a
"livello locale".

Massimo Franco stamani sul "Corriere della Sera", quasi a fianco della lettera
di Parisi, gli rispondeva in anticipo con due eleganti ma feroci colpi di fioretto,
uno per il segretario del Pd e l'altro per il capo di governo dimissionario: "Ad
un Pd che riconosce Berlusconi come interlocutore non basta affidarsi a
Veltroni: deve anche archiviare un prodismo che ha fatto della lotta irriducibile
al Cavaliere la propria fonte di legittimazione".

Soltanto in nome dell'euro pagato al giornalaio per acquistare il "Corriere", mi


chiedo dove sia stata combattuta questa "lotta irriducibile" di Prodi al
Cavaliere. Almeno avesse fatto approvare la legge sul conflitto d'interesse...

Per recuperare quell'euro scommettiamo che Veltroni perderà le elezioni?


Forse nessuno è disposto a partecipare, vista la prevedibilità dell'evento.
Come la risposta di WV a Parisi.
[Anno III, post n. 39 (416)]

05/02/2008
Cercasi idea

Sembra facile... diceva una volta l'omino coi baffi della Bialetti. Ma non è facile
questa volta, trovare un'idea per uscire dalla crisi politica che s'aggrava ogni
giorno che passa.

Quel pericoloso estremista di Oscar Luigi Scalfaro ha spiegato che l'attuale


legge elettorale è ignobile, calpesta la Costituzione e va contro la democrazia.

Altri hanno aggiunto che, andando a votare con questa legge, ed essendo
stato indetto il referendum per modificarla, si corre il rischio che alla fine dalla
Corte costituzionale siano invalidati le elezioni ed il Parlamento che ne
scaturirà.

Altro rischio, a detta di Giorgio Bocca (domenica scorsa su "Repubblica"):


quello "mortale di consegnare la debole democrazia che ci ritroviamo all'unità
nella corruzione, alla concordia nel servizio dei più forti e dei più furbi".
D'ambo le parti, mi par d'aver capito.

Stamattina ho ascoltato due battute del direttore di "Europa" che su "La7" ha


rilanciato il verbo veltroniano di non demonizzare l'avversario. Insomma basta
con questo antiberlusconianesimo che non ha portato da nessuna parte.
Insomma, porgere l'altra guancia e se ti danno un ceffone, ringraziare e dire di
passare a prendere un caffé al bar: già pagato, please.

Il 4 aprile 2006 Silvio Berlusconi disse una cosa che offese tante buone e
brave persone: "Ho troppo stima per l'intelligenza degli italiani per pensare
che ci siano in giro così tanti coglioni che possano votare contro il proprio
interesse".
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 291
Un po' ce ne sarebbero stati. Il Cavaliere si era smentito immediatamente
accusando la sinistra di manipolare il suo verbo.

Il bello è che adesso quelle sue parole del 4 aprile 2006 possono diventare
uno slogan del Pd veltroniano, tutto proteso nella corsa "al centro, al centro!".
Per ora ci dicono che non bisogna sempre e soltanto parlar male di Berlusconi.
Poi ci offriranno una scelta innovativa: quelli del Pd non sono così "coglioni" da
aprire alla loro sinistra, noblesse obblige e Vaticano docet: meglio avere il
signore di Arcore a Palazzo Chigi. Grazie Mastella, grazie.
[Anno III, post n. 38 (415)]

04/02/2008
Basta un niente

Basta un niente per farsi fregare, per vedere demitizzato il proprio ruolo, per
esser messi alla berlina, sprofondare nel ridicolo, far calare la tela: e
buonanotte ai suonatori.
Walter Veltroni è stato steso ieri non da tanti ragionamenti politici (ammesso
che così si possano considerare, in certe condizioni particolari, certi discorsi
dei segretari di partito in generale). È bastata una battuta. Dell'on. Gianfranco
Fini che gliela ha buttata contro con la stessa rabbia di un atleta che lancia il
martello in gara.

In politica ci sono sempre stati i colpi bassi, nei contraddittori post-bellici, nei
comizi d'una volta, nelle prime "tribune" alla tivù. Giancarlo Pajetta se la prese
con il cronista parlamentare dell'Umanità, organo dei socialdemocratici, per
via del cognome, tutto un programma nell'Italia dei dc chiamati "forchettoni".
Un cognome, un programma: "Mangione".

Fini ha sussurrato a Veltroni: "Sembri Crozza". Introducendo il terzo incomodo,


l'imitazione del comico. Che nella mente di tutti tende a sovrapporsi
all'originale che ascoltiamo o vediamo, mettendo in ridicolo ogni cosa anche la
più seria.
Ciò può creare anche un alibi a Veltroni. Il quale potrà invocare un'attenuante.
A mettere in crisi il suo progetto, illustrato a Torino il 27 giugno 2007, e
sviluppato nell'ultimo mese con le avances a Berlusconi, non è stato un
avversario politico, ma un attore.
Per un esperto di cinema e televisione come il sindaco di Roma, bella
esperienza. Un po' meno per le sorti dell'Italia. Ma questo quanto conta?
Intanto Marini ha rinunciato all'incarico. Come previsto o prevedibile.
[Anno III, post n. 37 (414)]

03/02/2008
Vuoti di memoria

Soltanto per un puro caso, dicono, il Pd si era dimenticato di ricordare la


Resistenza nel suo manifesto fondativo.
Alfredo Reichlin che presiede la commissione incaricata di redigerlo, ha
risposto alle critiche: «Sono un signore di 82 anni che a 18 faceva il gappista,
organizzava le missioni notturne e partecipava alle azioni antifasciste».

Nessun dubbio sulla sua onestà. Nella mia famiglia c'è stato un gappista come
Reichlin. Avevo pochi mesi quando all'inizio del 1943 il fratello di mia madre,
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 292
Guido Nozzoli, fu arrestato a Bologna con due imputazioni: attività sovversiva
mediante distribuzione di volantini intitolati «Non credere, non obbedire, non
combattere», e possesso di libri proibiti dal regime tra cui il "Tallone di ferro"
di London o "La madre di Gor’kij", peraltro venduti anche sulle bancarelle.

Mia madre ricordava la perquisizione fatta dalla polizia in casa nostra, a


Rimini, nel palazzo Lettimi di via Tempio Malatestiano.
Guido Nozzoli racconterà poi: «Ero stato "venduto" da un conoscente laureato
in legge che si dichiarava fervente antifascista ed era, invece, uno dei tanti
informatori dell'O.V.R.A., l'insidiosissima polizia segreta "inventata" dal
prefetto Bocchini. Io non ho mai denunciato il provocatore che poté
concludere tranquillamente la sua carriera. Dopo la liberazione, tra i
documenti recuperati all'Ufficio Politico della Questura dai partigiani forlivesi,
c'era anche la ricevuta del compenso intascato dal nostro delatore; la duplice
spiata gli aveva fruttato 300 lire. A peso, eravamo stati valutati a un prezzo di
molto inferiore a quello della carne da brodo».

Nozzoli scrisse la storia di Arrigo Boldrini (recentemente scomparso) nel libro


"Quelli di Bulow" ripubblicato dagli Editori Riuniti nel 2005.
Quel libro non è mai stato presentato dal 2005 nella città in cui Nozzoli nacque
e morì, Rimini. Nemmeno da chi per compiti statutari avrebbe dovuto farlo in
nome della Resistenza. (Risparmio al lettore tutti i particolari documentari.)
Forse l'argomento non interessa più nemmeno a chi ne dovrebbe parlare?
(Nella foto, i Tre Martiri di Rimini impiccati dai nazi-fascisti il 16 agosto 1944.
Nessuno di loro, sotto tortura, fece i nomi dei compagni, tra cui c'era anche
Nozzoli.)

Credo personalmente alle parole di Reichlin sulla dimenticanza circa il ricordo


della Resistenza nel manifesto fondativo del Pd. Ma certe cose che si sentono
da esponenti importanti del Pd, democratici per modo di dire che hanno preso
il treno in corsa o si sono trovati il posto prenotato da qualche "agenzia", non
mi fanno bene sperare né sul presente né sul futuro del Pd, anche se il
manifesto citerà la Resistenza. Certi vuoti di memoria sono (erano) voluti, non
occasionali. Nella speranza illusoria di rimediare voti, forse.

Voglio ricordare un altro motivo per cui la memoria di Guido Nozzoli andrebbe
onorata politicamente nella sua città.

Settembre 1944. Gli Alleati avanzano verso Rimini.


Da San Marino, alcuni partigiani riminesi scendono verso la loro città nel
pomeriggio del 19 settembre, mentre si combatte la battaglia per la presa di
Borgo Maggiore. Li comanda il sottotenente Guido Nozzoli: «Il nostro era il
primo nucleo partigiano che l’Ottava armata incontrava sulla Linea gotica.
Avvicinai un ufficiale per informarlo sul disfacimento delle difese tedesche a
San Marino e sulla drammatica situazione dei civili rintanati nelle gallerie, ed
ebbi la sensazione che non mi ascoltasse neppure. Mi ero ingannato».
Ad un ufficiale dell’Intelligence Service, «avvolto in una nube di profumo»,
Nozzoli ripete più minuziosamente il racconto. L’indomani mattina un
sottotenente confida a Nozzoli «che il Comando aveva accertato l’esattezza»
delle informazioni fornite sullo schieramento tedesco e sulla ubicazione dei
campi minati, «rinunciando al bombardamento di spianamento di San Marino
programmato prima» dell’arrivo di quel gruppetto di partigiani. Il Titano era
salvo con i suoi centomila e passa rifugiati.

Un suo 'avversario' politico, il socialista romagnolo Stefano Servadei, ha detto


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 293
che Guido Nozzoli è stato «una grande “coscienza civile”. Per lui la “verità”
veniva prima della “rivoluzione”».

Personalmente non ho mai condiviso le idee politiche di mio zio, ma vado


orgoglioso del salvataggio di quei centomila e passa sfollati a San Marino, tra
i quali c'ero pure io con i miei genitori, compiuto da lui, e del suo adoperarsi
(dopo il passaggio del fronte) perché si evitassero a Rimini quelle vendette
che invece si verificarono nel "triangolo rosso", come mi è stato testimoniato
da persone informate dei fatti.
[Anno III, post n. 36 (413)]

02/02/2008
Isola (in)felice

La politica italiana sembra uno di quei nidi mentali in cui si rinchiudono i


bambini quando giocano agli adulti.
Si fingono un mondo che non esiste, copiando quello dei "grandi", come le
fanciulline che recitavano il rito del té, chiacchierando dei loro mariti...
C'è uno spot delizioso in questi giorni alla tivù, con quella bimba che è stata
vestita come una dolce signora di mezzo secolo fa.

La politica italiana sembra imitare anche quei nidi mentali in cui le malattie
rinchiudono i vecchi, incapaci di guardare avanti, di osservare attorno, tutti
presi nel delirio di un crudele presente che non li affligge nemmeno più, ma
angoscia e fa soffrire chi sta loro vicino.

La politica italiana sembra aver perso il senso del tempo che passa, della
storia che avanza, del mondo che ci circonda.

Cito dai giornali di oggi.


Parole attribuite da Augusto Minzolini ("La Stampa") a Silvio Berlusconi:
"Veltroni è un amico. Quelle cose che pensavamo di fare oggi, le faremo
assieme dopo il voto".

Titolo del "Corriere della Sera": "Imprenditori e Chiesa, la Roma che tifa
Rutelli" per la carica di sindaco, dopo le dimissioni previste per Veltroni.

Dalla "Repubblica": "Il problema dell'Italia è uno solo, ha i leader politici troppo
vecchi".
Parola di Jacques Attali, uomo di sinistra che in Francia collabora con il
governo di destra, e dichiara al quotidiano romano: tutta l'Europa deve
sviluppare "l'economia della conoscenza", per tentare di arrivare dalla crescita
del 2 per cento a quel 5 segnato dall'economia mondiale.
"L'economia della conoscenza", spiega Attali, comincia dalle materne e
"coinvolge le università, i centri di ricerca, le piccole e medie imprese per
sviluppare i prodotti, i settori di punta".

Noi, in Italia, ci balocchiamo con i leader che cambiano opinione ogni 24 ore.
Smemorati o incoscienti?
Ieri sera il presidente Giorgio Napolitano ha definito l'Italia "confusa e agitata".
La diagnosi è molto severa, ma realistica. Alla Grande Malata nessuno vuol
prestare le dovute cure. Sono tutti lì, gli "eredi", ad aspettare che tiri le cuoia
per andare dal notaio a riscuoterne l'eredità?
[Anno III, post n. 35 (412)]
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 294

02/02/2008
Rosa Bianca, c'è già

La "Rosa Bianca" in Italia c'è già. Da 27 anni. Dice un comunicato della sua
presidente Grazia Villa: «Il cristianesimo libero e fedele dei giovani antinazisti,
la loro resistenza interiore trasformata in azione politica non violenta, il
coraggio di seguire la propria libertà di coscienza, l'assunzione di
responsabilità fino al martirio, sono stati e continuano ad essere gli ideali,
unitamente al personalismo comunitario, su cui si fonda e continua a crescere
la nostra attività. Da oltre 27 anni organizziamo incontri estivi di formazione
politica a cui hanno partecipato centinaia di relatori», di cui si legge nel sito
www.rosabianca.org.

Paola Rosà e Paolo Ghezzi, autori libri sulla "Rosa Bianca" si chiedono in un
altro comunicato-stampa: «Che c'entra il neocentrismo moderato con una
gloriosa storia di radicalismo resistenziale? Come autori dei libri italiani sulla
Rosa Bianca (l'ultimo, su Willi Graf, appena uscito, sarà presentato lunedì 4
febbraio a Novara e Milano dalla sorella dell'antinazista), invitiamo il senatore
Baccini e l'onorevole Tabacci a ripensarci, visto che non sembra vogliano
candidarsi a un eroico martirio. Ci sono tante altre "cose" bianche con cui
etichettarsi, senza toccare le spine di una Rosa che, 65 anni fa, prometteva:
"La Rosa Bianca non vi darà mai pace". Ma allora dovevano misurarsi con
Hitler e Goebbels, non con Berlusconi e Casini...».
[Anno III, post n. 34 (411)]

01/02/2008
Ruini, anzi Zapatero

Il "morbus italicus" della politica è penetrato all'interno delle mura leonine.


Destinato alla pensione per raggiunti limiti di età, il cardinal Camillo Ruini
"resta in sella" a ben 77 anni per curare il progetto culturale della CEI, rivolto
ad unire tutti i cattolici attorno a temi ecclesiali destinati a trasformarsi in
argomenti politici da trasformare poi in leggi dello Stato.

Questa è la morale della favola, proprio nel momento più critico della vita
nazionale. La battaglia contro la legge sull'aborto ed i "dico" continua con chi
l'ha avviata. Ruini non è messo da parte, e come i suoi colleghi laici (si fa per
dire...) italiani, resta a dirigere gli affari spirituali della nostra Repubblica.

Eminenza, ci scusi se ci permettiamo di esprimerle il nostro pensiero, su di un


aspetto soltanto però delle tante questioni che lei deve quotidianamente
affrontare. La dottrina ufficiale della Chiesa considera lecito soltanto il
controllo della nascite con metodo naturale. Che non funziona. L'uso del
preservativo per evitare contagi e non diffondere morte attraverso il sesso, è
proibito.

Nel Vangelo c'è scritto che non è l'uomo fatto per la legge, ma la legge per
l'uomo. Per questo non capisco il divieto dell'uso del preservativo.

In Spagna, i vescovi cattolici hanno attaccato il governo Zapatero, invitando i


cittadini a non votarlo. Ieri il Partito socialista spagnolo, quello di Zapatero, ha
risposto per le rime: è "immorale" che la Chiesa spagnola utilizzi il terrorismo
per fare campagna elettorale.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 295
I vescovi, in vista delle elezioni politiche del marzo 2008, avevano formulato ai
fedeli una serie di consigli, tra cui quello di non votare chi adotta come
"interlocutore" un'organizzazione terroristica come l'Eta.
Oggi pomeriggio la "vicepresidenta primera del Gobierno, María Teresa
Fernández de la Vega" ha chiesto ai vescovi che rispettino la separazione fra
Stato e Chiesa voluta dalla Costituzione, così come il governo spagnolo ha
sempre fatto in questa legislatura.

Pensierino diabolico. Parole simili in Italia si possono leggere soltanto in lingua


spagnola. A nessun leader di governo nostrano verrebbe in mente soltanto di
pensarle, non dico di pronunciarle.
[Anno III, post n. 33 (410)]

31/01/2008
Le ombre della P2

Tina Anselmi ha scritto ieri 30 gennaio una lettera a "Repubblica", il cui titolo
chiarisce il contenuto: "Fango sulle istituzioni come voleva Gelli".

Due brevi citazioni: l'esperienza compiuta durante il lavoro della Commissione


parlamentare d'inchiesta sulla loggia P2, "mi spinge a vedere nella attuale
crisi politica una grave situazione di emergenza democratica. Mi rendo conto
che gli anni di Gelli e dei suoi compagni oggi appiano lontani, ma quanto
lontani?".

"Anch'io ho vissuto la stagione infelice di tangentopoli, e in quegli anni mi


sono battuta a viso scoperto perché non si cadesse nel facile qualunquismo
del così fan tutti".

Non ho ascoltato o letto nessuna reazione al testo di Tina Anselmi. Forse i


nostri politici che possono avvertire un'affinità con la sua presa di posizione,
sono talmente pochi che nessuno li ha interpellati.
O forse ha dato fastidio l'inizio della lettera, in cui Tina Anselmi dichiara di
rivolgersi "a quei moderati che hanno a cuore" come lei "le sorti d'Italia, che
rispettano le istituzioni e le regole democratiche e che sovente ho sentito
dichiararsi discepoli di Alcide De Gasperi".

La verità è che in Italia c'è stato un periodo in cui molti si dichiaravano a gara
"discepoli di Alcide De Gasperi". Ma nello stesso tempo essi non potevano
aggiungere di rispettare "le istituzioni e le regole democratiche". Il risultato è
sotto gli occhi di tutti.

Grazie, Tina Anselmi di questa sua testimonianza. Anch'io sono sempre stato
un moderato. Trovandomi anni fa catalogato da qualche imbecille tra gli
estremisti, solamente perché ho cercato di rispettare "le istituzioni e le regole
democratiche".

Tutto nella vita è soggettivo. Basta non rubare per essere definiti fessi. Basta
rispettare il prossimo per essere catalogati ingenui. Basta non rinunciare alla
propria dignità per essere considerati dei piantagrane, in questo bel Paese in
cui le strizzatine d'occhio non sono un tic occasionale, ma un'abitudine
conventuale.
[Anno III, post n. 32 (409)]
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 296
30/01/2008
Marini in finale

Al festival della Terza Repubblica va in finale Franco Marini. Da questa sera è


presidente incaricato non per formare un governo di transizione in vista delle
elezioni, ma per trovare un accordo (per ora, almeno sulla carta, del tutto
impossibile) per scrivere la riforma elettorale.

Alle 17:51 di stasera Marini ha dichiarato "So che nelle attese dei nostri
cittadini c'è una attenzione forte alla modifica della legge elettorale".
Scongelate dallo stile politichese, le sue parole dicono tanto: la vogliono i
cittadini, quella modifica, ma non le forze politiche che condizionano la crisi.
Ad occhio e croce, la missione di Marini appare disperata.
Napolitano con la massima cautela ha fatto capire di non amare lo
scioglimento anticipato delle Camere, a due anni dal loro insediamento.

Un tempo le parole di Marini avrebbero potuto ispirare fiumi d'inchiostro per


distinguere il Paese reale dal Paese legale. Il primo attento ai problemi ed ai
timori della vita quotidiana di tutti. Il secondo preso soltanto nelle proprie
cerimonie, non sempre trasparenti. Quando un leader politico è assolto
dall'accusa di falso in bilancio perché esso non è più reato in base ad una
legge fatta quand'egli era presidente del Consiglio, dai dubbi si passa alle
certezze.
Quando si legge quello che si è letto in questi giorni, al Paese reale ed al
Paese legale, dobbiamo aggiungere anche quello illegale che è avanzato a
grandi passi, conquistando intere regioni.
E questo Paese illegale accusa la Magistratura di guastare le istituzioni e
quindi di distruggere lo Stato. Olè.
[Anno III, post n. 31 (408)]

29/01/2008
Roma come Sanremo

Annunciano il festival di Sanremo, edizione n. 58, con Pippo Baudo per la


tredicesima volta presentatore, a mezzo secolo dall'esecuzione di "Volare",
anzi di "Nel blu dipinto di blu".
Tutto uguale o tutto diverso? Da spalla fungerà Piero Chiambretti, l'eccezione
alle regole rappresentate da Baudo, che è l'incarnazione sublime
dell'ufficialità. Sorridente ma capace di severità, spontaneo ma preparato al
millesimo di secondo in ogni mossa, Baudo è uno che è nato col copione in
testa. Se c'è lui, tutto funziona bene. Un nome, una garanzia. Sì, va bene. Ma
è sempre il solito Baudo, l'altro sarà il solito Chiambretti, ci saranno due
vallette bipartisan, una bionda ed una nera, ed amen. Le solite vallette.
Insomma, tutto uguale.

Il rito delle consultazioni romane per la crisi di governo, sia detto senza offesa
per nessuno, rassomiglia al festival di Sanremo. Tutto previsto, il copione non
lo scrive Pippo Baudo, ma è quello da 60 anni a questa parte. Si era pensato
qualche anno fa di risolvere il problema cambiando il sistema... Ovvero con un
capo del governo scelto direttamente dagli elettori, eccetera eccetera.
No, siamo ancora alla passerella all'uscita dallo studio di Napolitano, ai
microfoni che raccolgono le dichiarazioni, agli articoli di giornale che cercano
retroscena, e trovano soltanto il retrogusto amaro di una situazione senza
uscita.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 297
Veltroni voleva mettersi d'accordo con Berlusconi, adesso il Cavaliere va per la
sua strada, per cui gli italiani assistono ad un nuovo duello, infarcito di cose
assurde (la marcia su Roma minacciata dal signore di Arcore) e delle relative
smentite. Che se non arrivassero puntuali, farebbero insospettire.

Tutto qui. Ma tutto questo, il rituale delle consultazioni, delle dichiarazioni,


delle interpretazioni, dei passi falsi e dei passi felpati, tutto ciò è un vecchio
repertorio che sino a pochi giorni fa era rifiutato da quanti convenivano su
riforme istituzionali, su snellimento delle procedure, e su tante altre belle idee
che all'improvviso sono sparite.

Siamo tornati alla repliche. E come quando si rivede un vecchio film, si va


avanti nelle battute, le sappiamo a memoria, magari sbadigliamo
recitandocele sgraziatamente e con ironia.
Se davanti a "questa" politica delle repliche sbadigliamo allo stesso modo,
beh, allora non date la colpa a noi, signori del Parlamento.

La Roma di una crisi politica, anche di questa crisi politica, è come il festival di
Sanremo, una cerimonia ripetitiva ed un po' noiosa.
Ma Roma non è Sanremo, dev'essere diversa per forza di cose. La vita di ogni
giorno non è fatta di canzonette. Esse debbono essere un intervallo, non
costituire la trama di un'esistenza intera.
L'Italia 2008, è senza governo, è senza idee. Tutti si sono rimangiato tutto
quello che avevano detto. Hanno perso memoria delle loro parole. Insomma
c'è sempre del comico anche in ogni momento drammatico.
[Anno III, post n. 30 (407)]

28/01/2008
Effetti desiderati

Nel 'bugiardino' dei prodotti farmaceutici c'è sempre un lungo elenco degli
effetti indesiderati indotti dalle sostanze in essi contenute.
Anche nei rapporti fra Stato e Chiesa in Italia, c'è un lungo elenco di effetti:
desiderati dagli uni (il Vaticano) e indesiderati dagli altri, i laici. Per cui
meraviglia chi si meraviglia di ciò. Succede dal 1870, dalla presa di Porta Pia,
con il papa che si sentiva prigioniero, ed a liberarlo fu l'ateo devoto ante-
litteram Benito Mussolini con i Patti lateranensi.

Pure adesso la Chiesa di Roma si sente con il bavaglio alla bocca: il papa
infatti non può parlare alla Sapienza, per cui i buoni esponenti della miglior
politica cattolica (ovvero quella del centro-destra) vanno a pregare in piazza
San Pietro (come è successo di recente) per far vedere agli italiani di rito
romano quali sono le facce da votare alle prossime elezioni, oscurando il
ricordo di un Romano di nome, ovvero Prodi, trinariciuto e pericolosamente
bolscevico provenendo dalla copia conferma di Stalingrado, cioè dalla città
Bologna la rossa e la grassa, simbolo del peccato e della degradazione morale
di un'intera nazione.

Oggi a meravigliarsi degli effetti desiderati dalla Chiesa, è stato addirittura il


cardinal Camillo Ruini nel dialogo che sarà trasmesso questa sera da "la 7", ad
"Otto e mezzo" di Giuliano Ferrara e Ritanna Armeni.
Testuali parole del cardinale: "In Italia l'intervento della Chiesa ha un'efficacia
maggiore rispetto a quanto avviene in altri Paesi più secolarizzati, ma non per
questo è giusto parlare di una maggior ingerenza. Bisogna sfatare l'idea che in
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 298
Italia ci sia una maggior attenzione della Chiesa verso la politica interna
rispetto ad altri Paesi. Ciò non è vero".

Dunque, "un'efficacia maggiore" maggiore in Italia c'è ma non è merito o


colpa della Chiesa. Ergo, è soltanto il frutto della sottomissione dei politici
nostrani.
Un'ammissione implicita così semplice ed evidente non era mai stata lasciata
intravedere da un cardinale. Dobbiamo essergliene grati.
Ma appunto perché chi conosce un po' di storie italiane, sa che la Chiesa sa
anche usare i buoni uffici dei partiti per arrivare ai suoi scopi, per favore
eminenza non si meravigli. Il Vaticano "non deve chiedere mai". Basta che
desideri qualcosa e l'ottiene subito.
[Anno III, post n. 29 (406)]

27/01/2008
Il marcio su Roma

Dopo l'immondizia di Napoli, non poteva mancare il marcio su Roma,


testimoniato dagli episodi raccolti (in maniera indifferenziata) negli ultimi
giorni: dai senatori che sputano ai colleghi di partito, sino ai partiti come
quello diniano di soli "tre componenti tre", che si spaccano in altrettante
opzioni di voto, per parità rispetto alla Storia: uno si astiene, uno vota a favore
e l'ultimo non può che votare contro, guai si dicesse che ha copiato l'idea da
uno degli altri due.
Questa sì che è vera politica innovativa, da persone con gli attributi giusti al
posto giusto nel momento giusto.
Oggi il marcio su Roma si accresce con la minaccia della marcia su Roma.
Milioni di italiani sono lì già con il bagaglio in mano pronti a partire verso la
capitale, cingere in stato d'assedio i luoghi del degrado demo-pluto-
massonico-prodista, per fare piazza pulita di tutto, eliminare i parassiti,
ravvivare la fiamma della democrazia, accendere un cero in San Pietro e
prendersi una benedizione del Santo Padre, già che si è lì e che qualcuno ti ha
pagato il viaggio, i panini e le bibite al sacco.
Oggi da Riva del Garda l'on. Silvio Berlusconi ha parlato chiaro: "Milioni di
italiani si riverserebbero a Roma se non ottenessimo presto di andare al voto".
Poi ha aggiunto: "Se all'interno di questa sinistra c'è qualcuno che vuole
dividere con noi certe responsabilità, non saremo certo noi a dire di no".
Se c'è questo qualcuno tra quelli di sinistra, si farà certamente avanti a viso
aperto o di nascosto non c'è differenza, tanto poi arriva Veltroni a spiegare
tutto con acuta dialettica politica, ed a metterci una pietra sopra, insomma
una specie di condono per gli abusi politici.
La prima questione sarà per questo qualcuno tra quelli di sinistra: come
andare a Roma, in carrozza letto seguendo l'esempio di Benito Mussolini od in
elicottero imitando il Cavaliere? E poi, niente panini e bibite al sacco, ma una
suite in un albergo a quattro stelle come minimo. Magari con l'aggiunta di
qualche stellina avvezza a far certe cose per lavorare in tivù, secondo la
parola del Cavaliere.
Per "dividere certe responsabilità" occorre prima condividere certi confort. E
se anche la democrazia ha i suoi costi, perché pagarli di tasca propria dato
che qualcuno lo può fare per te?
E poi chi non ti dice che questa volta ad impartire la benedizione sia proprio
lui, Silvio da Arcore canonico di rito ambosiano, affiancato dal chierichetto
fogliante Giuliano Ferrara?
[Anno III, post n. 28 (405)]
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 299

26/01/2008
Sete di Giustizia

Quanto sta avvenendo in questi giorni, con l'inaugurazione dell'anno


giudiziario nelle varie sedi (ieri a Roma con il dimissionario premier Romano
Prodi ministro ad interim), è il solito rito. In cui si ripetono nel fasto della
cerimonia le solite cose di tutti gli anni.

Desta scandalo se negli Uffici del Catasto c'è un'autoregolamentazione di chi


vi accede per rendere tutto più tranquillo.
Per vedere una scena inquietante di autoregolamentazione in mezzo ad una
confusione da ora della ricreazione nella più inquieta scuola e con i peggiori
allievi in campo, andate ad assistere ad un'udienza di un giudice di pace. In un
tribunale come in quello dove ho accompagnato l'anno scorso un amico.

Tra queste scene a cui assistiamo ogni giorno, e credo in ogni parte d'Italia, di
caos, di inefficienza, di smarrimento del cittadino "non potente" davanti alla
Legge (che per qualcuno è sempre più uguale che per tutti gli altri); tra queste
scene inquietanti e spaventose, e le cerimonie eleganti, barocche con gli
ermellini sulle spalle, i tocchi in testa, e le mazze esposte su cuscini cremisi,
c'è di mezzo un Paese smarrito. Quel Paese siamo noi.

Un Paese in cui il ministro della Giustizia si è dimesso contro la stessa


Giustizia. Ed in cui il suo sostituto ad interim e dimissionario con tutto il
governo è Romano Prodi che ieri ha dovuto parlare al "Palazzaccio" di Roma.
Il suo discorso è stato troppo legato alla contingenza: "Se i magistrati fanno
loro mestiere non c’è nessuna supplenza, ma solo esatta applicazione della
legge e allora non conta e non può contare il fatto che siano colpiti anche i
politici, al pari di ogni altro", ha detto per poi aggiungere: "Se però si
verificasse che alcuni magistrati utilizzano gli strumenti dell’investigazione e
dell’azione penale fuori dai canoni strettamente previsti dalla legge, magari
con l’intenzione di ovviare a veri o presunti difetti del funzionamento del
sistema politico e amministrativo o in casi di carenza di controlli o
insufficienza dei meccanismi di responsabilità, allora saremmo di fronte a
fenomeni ben più gravi, di vera e propria distorsione, per non dire di eversione
del tessuto istituzionale".

Il discorso di Prodi non mi è piaciuto. C'era già stato, come fatto negativo,
l'applauso parlamentare bipartisan a Mastella a mettere sotto accusa i
magistrati. Non sta ai politici (nella fattispecie il presidente del Consiglio)
trattare dei rapporti fra loro (parte in causa) ed i magistrati. E Prodi sa bene
perché.

Allo stesso modo considero fuori 'tono' il commento del vicepresidente del
Csm, Nicola Mancino, secondo cui non vi erano le condizioni per poter
sottoporre agli arresti domiciliari la moglie di Mastella. Non spetta ad un
vicepresidente del Scm parlare di ciò con la stampa.
Invece mi è parso esagerato il commento del presidente della Giunta siciliana,
che ha detto di essersi dimesso per "umiltà". La parola "dovere" era molto più
semplice e realistica.
Ma l'arte della politica è anche quella di usare parole che sembrano sbagliate,
mentre sono il giusto ritratto di una classe che non soltanto si sente diversa,
ma lo è rispetto ai normali cittadini.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 300

Uno dei fattori maggiori della crisi politica che stiamo attraversando è proprio
quello della Giustizia. Prodi pensava ai cinque anni come tempo su cui
'spalmare' anche provvedimenti come il conflitto di interessi. Il governo ha
chiuso prima, ed il conflitto d'interessi non è stato toccato.

Ripropongo al proposito quanto Piero Ottone ha scritto il 21 novembre su


«Repubblica» nel finale di una "Lettera a Berlusconi": "Pensi solo alla tua
persona, al tuo successo, alle tue vendette. […] Confermando così che la tua
avventura è stata, per il nostro paese, un immane disastro". Quella stagione
sta ritornando. I brindisi che sono stati fatti al Senato dopo la 'caduta' di Prodi
non erano dovuti alla sete di Giustizia.
[Anno III, post n. 27 (404)]

25/01/2008
Carnevale romano

Hanno definito una "porcata" la legge elettorale che hanno scritto quando
governavano loro. Torneremo al voto con quella stessa legge, con loro che da
opposizione diventeranno maggioranza.
Sono scene di ordinaria follia, sono momenti di un eterno carnevale in cui chi
comanda permette al popolino di divertirsi, ridere e deridere. Proprio come ai
tempi del papa-re e della statua di Pasquino, luogo della licenza verbale e
della satira. Tollerate dal potere però, nella Roma ottocentesca, soltanto in
quei giorni di baldoria del carnevale.

Ma la Roma repubblicana che festeggia i 60 anni della propria Costituzione,


nata non in un dibattito guidato da Bruno Vespa, bensì dalle macerie di una
guerra mondiale ed anche civile, questa Roma repubblicana non ha un guizzo
d'orgoglio, un colpo di genio, un istante di follia per dire che, signori,
dovremmo essere persone serie almeno al Senato, almeno quando la
televisione è collegata in diretta. Poi facciano quello che vogliono, i signori
senatori, vadano dove vogliono, ma abbiano il senso del ruolo. Per pochi
minuti, davanti al Popolo che li ha eletti e grazie al quale (ed alla cui faccia)
vivono una vita privilegiata.

La stanca ripetizione della favolette per addormentare la gente, concentrate


sul Prodi causa di tutti i mali passati, presenti e futuri della Repubblica, non è
degna nemmeno delle persone che ce le offrono.
L'affarismo denunciato a Nord ed a Sud, nelle giunte regionali di destra o di
sinistra, le carriere sigillate e garantite ad amici e nemici da tenere buoni,
sono episodi che si leggono, anche se raramente, ma si leggono.

Nel calendario politico della crisi, speriamo che presto il carnevale spensierato
ceda il passo alla riflessione 'quaresimale' sul futuro comune.
Prodi ha dato il primo esempio positivo, dicendo: "Se si perde in parlamento
anche solo per un voto, vuol dire che questo schema ha perso. Farò il nonno".
Nel carnevale romano, nonno Romano è l'unico che non si è messo la
maschera. Ed ha salvato come sempre la dignità non soltanto personale, ma
delle istituzioni alle quali ha dedicato il suo lavoro. Non è problema, adesso, di
elencare i suoi errori di tattica o di strategia. Lui, come quella parte del Paese
che è consapevole della realtà presente, è vittima di uno scippo.

Adesso, anche tutto il Pd e il suo segretario Veltroni debbono girare senza


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 301
maschera. Il primo risultato Walter lo ha ottenuto, con poca fatica e molta
collaborazione da parte dell'opposizione, appunto la caduta del governo Prodi.
Il secondo risultato sarà di riconsegnare l'Italia al signore di Arcore. Che dovrà
assumere un secondo nome, accanto a Silvio. Quel secondo nome è Lazzaro.
Resuscitato pure lui, il Cavaliere: quando le liti in famiglia lo stavano
defenestrando. Gran bel colpo, signor sindaco di Roma. Ma questo non è uno
scherzo di carnevale.
[Anno III, post n. 26 (403)]

24/01/2008
Stile italiano

Non ci resta che ridere?


Per mail mi arriva questo fresco commento di Claudio Sabelli Fioretti (nella
foto con la splendida Claudia Gerini in "Marchette") che ripropongo agli amici
lettori, sulla divisione sorta nel gruppo diniano (tre senatori tre): "Che esistano
i diniani a me pare già una cosa eccezionale, ma che i diniani si dividano in
diniani che votano per Prodi e diniani che votano contro Prodi è veramente un
mistero glorioso. Ma dobbiamo ancora meravigliarci di qualche cosa in questi
giorni? Sono i giorni in cui un ministro cerca di far cadere il suo governo per
motivi di famiglia. E dice anche: “Ho dato una lezione di stile”. E dice anche
che prendersela con un segretario di partito equivale ad un attentato alla
Costituzione. E nel frattempo il senatore Turigliatto, comunista, dice che lo
mettono sotto torchio perché è di sinistra e conferma di essere una persona
coerente e voterà per far cadere il governo Prodi".

Aggiungo un mio debol parere: più che glorioso, la faccenda dei dianiani
dilaniati, è un mistero doloroso.

Tg3 Resta un mistero anche la scena di quel giovane che ieri sera ha
interrotto il TG3.
Per non farlo inorgoglire tacciamone il nome, ora e sempre. Ma in un Paese
dove tutto dev'essere autorizzato dalli Superiori, com'è possibile che sia
lasciato infastidire i giornalisti al lavoro, quel 'signore' che oltre a boccacce e a
gesti puerili non sembra aver donato altro alla cultura della Patria?
Non ci resta che ridere. Quel bravo ragazzo, ed i senatori diniani dilaniati sono
tutto quello che lo "stile italiano famoso nel mondo" oggi sa offrire al mercato
internazionale delle idee.
[Anno III, post n. 25 (402)]

23/01/2008
Chi l'ha vista?

Noi uomini ci crediamo astuti. Cerchiamo sempre di ridurre i fatti entro una
formula. Ma non serve a nulla perché la Storia, come la ragione hegeliana, ha
le sue astuzie che perfidamente smentiscono i discorsi e le formule in essi
contenuti. Se ne è accorto benissimo il presidente Giorgio Napolitano che ha
celebrato oggi il sessantesimo anniversario della Costituzione. Ma oggi si è
anche scritta una delle pagine meno decenti della storia di uno Stato nato con
quella e da quella Costituzione. Con la premessa della crisi di governo.

Di "acuta crisi e incertezza politica" ha parlato Napolitano nel suo messaggio


alla cerimonia del sessantesimo, aggiungendo di conoscere "i motivi di
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 302
inquietudine e di sfiducia che serpeggiano tra i cittadini".
Le leggi non sono osservate, c'è "scarso rispetto delle istituzioni ma anche di
scarso senso del limite dei rapporti tra le istituzioni, di indebolimento dello
spirito civico e in ciascuno del senso delle proprie responsabilità".

Insomma siamo un Paese allo sfascio, e la diagnosi non viene dall'anti-politica


di Beppe Grillo, ma dallo stesso presidente della Repubblica.
Il quale ha concluso esprimendo "allarme per ogni smarrimento dei valori
essenziali come quello della tolleranza e della libertà di confronto tra le
diverse posizioni di pensiero". (Ha visto ieri sera "Ballarò" con lo scontro
violento Pecoraro Scanio-Casini?)

Per la verità, forse quei "valori essenziali" noi in Italia non li abbiamo mai
conosciuti e praticati. Né nel dopoguerra né in anni più recenti.
Non credo di fare affermazioni anti-politiche o come si diceva un tempo
qualunquistiche, sostenendo che le uniche intese partitiche si sono registrate
negli affari, nelle spartizioni dei posti, nelle manovre sottobanco.
E non si dimentichi che proprio la 'confusione' delle ultime settimane (dal caso
Bassolino a quello Mastella) nasce proprio in questo contesto, cioè dalla
gestione della politica intesa come esercizio di potere e non di servizio.

Purtroppo le parole di Napolitano resteranno un accorato esercizio di nobile


retorica politica, mentre tutto attorno rotola in un marasma ridicolo, come
dimostra il fatto che Berlusconi ha annunciato il passaggio di Mastella nella
Casa dalle libertà, incassando immediatamente la smentita dello stesso
Mastella.
La Costituzione è tutto, va bene ricordarla, ma bisognerebbe farla rispettare
ed attuare. Chi l'ha vista, in questi giorni? Cercasi disperatamente. Segni
particolari, lividi su varie parti del corpo.
[Anno III, post n. 24 (401)]

22/01/2008
Beati loro, Hillary e Obama

Usa Hillary e Obama hanno litigato in diretta tivù. Beati loro, viene da pensare,
facendo un confronto con l'Italia dove le "primarie" per il Pd sono state
sufficientemente blindate. Un solo esempio. Il 27 settembre scorso ho citato
una lettera di PierGiorgio Gawronski che a Genova non aveva trovato un
consigliere che vidimasse la sua lista.

Beati loro, anche riflettendo sulla crisi di governo che si annuncia


allegramente con le parole di Mastella: "Tra l’amore della mia famiglia e il
potere scelgo il primo".
Mastelladue
Siamo sicuri, e ce ne rallegriamo con lui, che non gli mancheranno in futuro né
l'amore della famiglia né il potere. Anzi, il suo gesto che sta scuotendo la vita
politica nazionale, gli procurerà benemerenze utili alla futura gestione di quel
potere a cui mostra di aver rinunciato.

Beati loro, Hillary e Obama perché appunto hanno litigato in diretta tivù,
davanti a tutti. Prodi non è riuscito a parlare con Mastella al telefonino. Per cui
ha potuto sottolineare che i governi "nascono e cadono in Parlamento e non
attraverso le agenzie di stampa".
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 303
Beati loro: ma, e noi poveri cittadini che andiamo a votare, e vediamo
stracciato l'esito delle nostre scelte, non per eventi politici generali ma
soltanto a causa di fatti personali? Alziamo le mani e ci arrendiamo.
L'on. Mastella ha portato alla cosiddetta antipolitica una dose "da cavallo". Il
corpo della Repubblica è molto stressato. Il ricostituente non sta in nuove
elezioni, in una crisi del sistema fatta balenare all'orizzonte, mentre il quadro
economico internazionale è molto, ma molto oscuro.
Il dilemma di Mastella, amore della famiglia o potere, non ha preso in
considerazione il senso del dovere verso le istituzioni, verso il Paese che
anche lui, seppure con non molti voti, rappresentava ed incarnava in una delle
sedi più prestigiose, quella di ministro di Grazia e Giustizia.
Che cosa diranno i posteri di un ministro della Giustizia che si dimette per
protestare contro la stessa Giustizia?
E se poi con un nuovo governo, magari guidato da Pier Ferdinando Casini, gli
affidassero proprio lo stesso ministero di Grazia e Giustizia?
[Anno III, post n. 23 (400)]

21/01/2008
Un altro Benedetto

Tanto per suggerire l'idea che la Storia ha sempre un suo peso, e che se si
parla di Galileo, bisogna pensare ai tempi di Galileo e non al modo per
scalzare Prodi. Che occorre non far finta di niente soffermandosi soltanto
sull'oggi, sulle polemiche pretestuose, sui discorsi dei politici che sanno tutto
di niente e niente di tutto...
Così tanto per rinfrescare la memoria che ci sono stati papi che hanno criticato
l'Inquisizione e nessuno li ha mandati all'inferno, anzi i posteri li hanno
ascoltati con attenzione (cosa diversa dalla deferenza odierna verso il papa
contemporaneo, che è attenzione pelosa come la cosiddetta carità pelosa...).
Tanto per far vedere che la discussione di certi argomenti come l'Inquisizione
è un argomento che fa parte della storia ecclesiastica, ecco un piccolo
episodio che ha per protagonista Benedetto XIV, il bolognese Prospero
Lorenzo Lambertini, papa dal 1740 al 1765.
Papa Lambertini, un tempo noto per una commedia di Alfredo Testoni
interpretata nella parte del protagonista da Gino Cervi, nel 1748 riconobbe il
"libero commercio", dichiarando come la sua proibizione nel passato fosse
stata eseguita dalla Inquisizione «con tale asprezza» da rovinare le «povere»
famiglie di «buona parte de’ Possidenti, coloni e contadini».
[Anno III, post n. 22 (399)]

20/01/2008
Tolleranze romane

Il papa ha detto all'Angelus: "Andiamo avanti in questo spirito di fraternità,


amore per libertà e verità e impegno comune per una società fraterna e
tollerante".
Da cristiano battezzato mi chiedo umilmente: Benedetto XVI si rivolgeva
soltanto ai presenti (tra cui molti politici) od era il suo un discorso diretto a
tutti ("Urbi ed Orbi")?

Perché se parlava soltanto ai presenti, intervenuti a difendere un papa


dichiarato (dai politici plaudenti in piazza San Pietro) vittima di una
persecuzione ideologica, allora quelle parole hanno un significato limitato e
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 304
circoscritto come risposta alla protesta fatta lì strumentalmente, contro
qualcuno che lì non c'era.
Come per dire: ci è stato impedito di parlare all'ateneo, ma noi non
rispondiamo con le stesse armi perché vogliamo "una società fraterna e
tollerante". Noi sì che siamo buoni e bravi.

Se il discorso era rivolto a tutti, presenti ed assenti, alla società nel suo
complesso, allora l'impegno comune per una società fraterna e tollerante" va
spiegato a quanti, "in partibus fidelium" (e non "infidelium") usano toni poco
fraterni e tolleranti, come quel sacerdote che dirige una radio cattolica e che
ha definito cornuti diabolicamente i professori "protestanti" della Sapienza.

Resto convinto che nessuno abbia offeso il papa con le critiche sul caso
Galileo. Questo aspetto è accantonato da tutti gli interventi vaticani.
Il cardinal Ruini ha detto una cosa grave: "La Chiesa non detta l'agenda ai
politici, ma chi lo fa? Sembra che nessuno riesca a dettarla e che l'agenda
cambi ogni giorno".
(Su Ruini, si legga Barbara Spinelli nella "Stampa" di oggi: "Ci si racconta la
storia di una Chiesa perseguitata, prendendo in prestito il linguaggio
dell’esperienza ebraica; si denuncia e si irride la stasi della politica. In questo
Ruini ha comportamenti sovversivi che singolarmente lo apparentano alla
figura di Berlusconi".)
Il cardinal Bagnasco ha aggiunto con "Repubblica" che l'Italia ha bisogno di
serenità, e che occorre evitare che "la polemica continua finisca per far
dimenticare i veri problemi della gente". Come per dire: le chiacchiere
accademiche sulla scienza non servono e non interessano a nessuno.

A questo punto il dialogo tra Chiesa e Stato è soltanto il caloroso


ammiccamento plateale con forze governative ed opposizione. Leggendo che
la Lega rivendica le radici cristiane dell'Italia, dopo aver celebrato i riti al dio
Po, viene non da ridere ma da piangere. I politici trasversalmente ascoltano il
Vaticano, e si fanno dettare da esso l'agenda, per dirla con Ruini.
Ma tutto ciò a chi giova? Nè alla Chiesa né allo Stato. La preziosa eredità di
Giovanni Paolo II sta andando in fumo. Sotto il suo pontificato non avremmo
avuto una situazione simile. Benedetto XVI, ha scritto oggi Barbara Spinelli, è
"un Pontefice che sta mostrandosi incapace di sintesi, di delicatezza
istituzionale. Di volta in volta Benedetto XVI aderisce a una corrente o all’altra
della gerarchia, senza anticipare proprie soluzioni alte e meno italiane. Un
giorno s’infiamma contro il 'degrado' di Roma, e ventiquattr’ore dopo descrive
una città accogliente e ben governata".

In un bell'articolo sul "Corriere della Sera", Claudio Magris spiega oggi "Il
senso del laico". In cui inserisce anche il "ridere e sorridere anche di ciò che si
ama".
In questi giorni nessuno ha riso e sorriso tra i sostenitori politici del papa, in
fremente attesa per la prova di forza di stamani. Seri, serissimi, imbronciati,
tutti lì a tessere la trama di un'Italia barbarica, ostaggio di pochi ignobili
studiosi e di quattro gatti di studenti ignoranti che urlavano al vento. Ma dove
si nasconde quest'Italia che loro ci descrivono? Soltanto nelle loro teste.

Una certezza: "Senza Stato laico, che garantisca cattolici e non cattolici, atei e
agnostici, avremmo in Europa guerre di religioni, intolleranze, pogrom" (B.
Spinelli).
[Anno III, post n. 21 (398)]
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 305

19/01/2008
Grande fratello

Il "Grande fratello" n. 8 parte in puro stile veltroniano: si comincia ma senza


casa. I concorrenti se la dovranno costruire strada facendo. Sembra
un'imitazione del Partito democratico. Oppure Walter Veltroni aveva letto in
anticipo il copione della trasmissione di "Canale 5", e lo ha copiato?

Oggi da Orvieto Veltroni ha confermato la sua linea dura di "senza tetto né


legge" per le prossime elezioni: "Quale che sia il sistema elettorale, il Pd si
presenterà con le liste del Pd". Ovvero nessun altro partitino tra i piedi.
Veltroni ha fatto un discorso dai toni piuttosto duri: "Lo voglio dire con
chiarezza, formalità e nettezza, in modo anche da chiudere una porta dietro di
me. Per me - ribadisce Veltroni - la condizione assoluta, la certezza
inossidabile, è che quale che sia il sistema elettorale, quello che uscirà dalla
bozza Bianco o dal referendum, o anche l’attuale legge elettorale, il Pd si
presenterà con le liste del Pd". Punto e basta.

Sulla "Stampa" di stamane Fabio Martini ha spiegato la nascita del super-


correntone targato "Vaticano" nel Pd: "nel centrosinistra il punto di
riferimento" del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, "diventerà la
neonata corrente" di cattolici democratici e conservatori, affratellati
unicamente dall'obbedienza alle direttive pontificie.

Non credo sia arbitrario collegare l'annuncio di Fabio Martini con la notizia
della adunata di domani in piazza San Pietro, per una preghiera di riparazione
dopo il "fattaccio" della Sapienza. Anzi va aggiunto che domattina il super-
correntone sarà in prima fila davanti al papa.

Ieri sera il cardinal Ruini ha fatto una battuta poco simpatica al Tg1 che suona
come totale sfiducia nei confronti del governo Prodi: "La Chiesa non detta
l'agenda ai politici, ma chi lo fa? Sembra che nessuno riesca a dettarla e che
l'agenda cambi ogni giorno".
Pare quasi che sua eminenza abbia voluto ripagare il professore conterraneo
per lo scarso entusiasmo dimostrato dinanzi alle polemiche sul caso-Galileo.

La battuta di Ruini alla fine si dimostra come la confessione d'una amara


verità per i laici: la rinuncia 'imposta' al papa per la visita alla Sapienza, è
stata una mossa tutta diretta a colpire il governo attuale, in vista di nuove
alleanze fra cattolici.
Intanto si sono messi d'accordo quelli del Pd. Domani, si incontreranno in
Vaticano i cattolici del Pd con quelli delle varie anime dell'opposizione attuale
in fervida attesa di diventare la nuova maggioranza. Sotto lo sguardo vigile di
Benedetto XVI e di Ruini, si scambieranno un gesto di pace ed una strizzata
d'occhi.

L'agenda elettorale verrà scritta forse domattina tra un Pater, un'Ave ed un


Gloria. Prodi dovrà recitare un atto di dolore?
[Anno III, post n. 20 (397)]

18/01/2008
Mi spiace per Milingo
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 306
Il gran parlare che si è fatto e si fa in questi ultimi giorni dei tanti gravi
problemi che ci affliggono (un testo del card. Ratzinger del 1990, le accuse del
ministro della Giustizia dimissionario contro alcuni magistrati con l'annesso
ultimatum dell'Udeur, il prossimo referendum sulla legge elettorale, il rinvio a
giudizio di Berlusconi per la faccenda della attrici televisive, e per ultima la
condanna di Cuffaro), ha messo in ombra Emmanuel Milingo che a Roma ieri
ha presentato la sua biografia, "Confessioni di uno scomunicato".
Milingo, con abito prelatizio e crocifisso al collo, ha tuonato, come si può
constatare dal filmato dell'evento, contro i preti sposati italiani che "tremano
non appena sentono la parola Vaticano e vanno a nascondersi".

Milingo se fosse giunto in altro momento più calmo per la politica italiana,
avrebbe conquistato il primo posto nelle televisioni o sui giornali. Invece,
nessuno o quasi si è accorto di lui.

Con quanto detto sinora, non difendo Milingo, parlo soltanto di un fatto
'generico' che riguarda la comunicazione di massa, non intendo offendere la
castità imposta dalla Chiesa, non cerco di insinuare nulla sul mancato rispetto
di quella castità, non voglio osannare Maria Sung consorte di Milingo, né tento
di demonizzarla.

Scusate questa lagna. Ma debbo aggiungere che il post su Milingo mi serve


soprattutto per dire che se qualcuno non è d'accordo con quello che scrivo,
non è obbligato ad offendere.
Può aprire un blog e dire quello che pensa. Ho sempre ospitato tutti i pareri
tranne nei casi in cui si superava la decenza. Quando si ricorreva cioè
all'offesa come strumento dialettico.
Vorrei sapere perché dopo aver sostenuto che a me piace il caffè amaro,
dovrei ammettere che è meglio zuccherato, soltanto perché qualcuno mi
scrive dandomi dell'idiota.
Per questo motivo ho introdotto la moderazione dei commenti.
E' ammesso sempre il dialogo, ovviamente tra pensieri diversi. Ma se in
risposta a quanto scrivo mi si mandano soltanto prese per i fondelli, allora non
sto al gioco al massacro che diverte qualcuno. Garantirò a tutti libertà di
espressione, ma nel rispetto della legge e delle regole di buona educazione.

Per tornare al discorso serio. Che ne dite della frase di Milingo sui preti sposati
italiani che "tremano non appena sentono la parola Vaticano e vanno a
nascondersi"? Perché tremano? Il dibattito è aperto.

Ho un caro amico sacerdote mio coetaneo. Molti anni fa stette male, lo


credevano in crisi e lo mandarono agli esercizi spirituali per un mese. Aveva
una grave malattia da cui riuscì a guarire mediante un'operazione.
[Anno III, post n. 19 (396)]

17/01/2008
Viva san Tommaso

Ieri sera l'"Osservatore Romano" ha reso noto il discorso preparato dal papa
per l'intervento alla Sapienza, al quale ha poi rinunciato.
C'è un punto verso la fine in cui pontefice scrive: "Se però la ragione - sollecita
della sua presunta purezza - diventa sorda al grande messaggio che le viene
dalla fede cristiana e dalla sua sapienza, inaridisce come un albero le cui
radici non raggiungono più le acque che gli danno vita".
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 307
In questo passo Benedetto XVI rivela e condensa tutta la visione pessimistica
dell'uomo che gli è propria. San Tommaso scriveva che la ragione ha suoi
principi verissimi in quanto infusi da Dio stesso. Per questo, la verità di ragione
non può mai venire in contrasto con la verità rivelata.

Non mi permetto di criticare il papa. Prendo atto di come le cose siano


cambiate nella stessa Chiesa. E per farlo cito una lettera apparsa oggi su
"Repubblica" di Bologna, a firma di padre Benito M. Fusco, in cui leggo che
"san Pietro e san Paolo non avrebbero rinunciato ad affrontare l'agorà, il
giudizio, una realtà altra che il cuore evangelico conosce bene".
Descrivendo i nostri tempi, padre Fusco dice che essi "si nutrono di conflitti, di
disarmonie, di rifiuti, di urla e di povertà", e che sono molto diversi da quelli
“vissuti nei decenni scorsi quando i Pastori, le loro parole, i loro gesti e i loro
documenti conciliari sollevano stupore ed entusiasmo, silenzi di ammirazione
e riflessioni appassionate, dialogo e speranze creative", con l'intento di
"indicare esperienze di vita e d'amore ben oltre i confini degli assolutismi, e
renderci tutti partecipi di una Storia di fraternità, perché la pienezza dell'uomo
è la vera passione dei Dio di Gesù Cristo".

Non mi ha invece convinto per nulla il pregevole articolo di Joaquìn Navarro


Valls, apparso su "Repubblica", dove si spiega che è errato parlare di "scienza
laica" perché "la scienza è scienza e basta". Giusto e vero, "la scienza è
scienza e basta", però non si può sostenere che la sacrosanta autonomia della
ricerca c'è da sette secoli.

Finalmente in campo laico qualcuno rivendica la dignità della critica libera,


dimostrando che non esiste soltanto quella filo-papalina degli atei-devoti...
Paolo Flores d'Arcais sempre su "Repubblica" ci ha dato un testo esemplare
dal punto di vista storico e teorico. Una sola frase: Ratzinger "è di fatto
l'onnipresente editorialista dei telegiornali pubblici e privati".
Nelle pagine bolognesi, il prof. Carlo Flamigni precisa: "Invitare nel tempio
della scienza, luogo del confronto, chi ragiona per verità rivelata non ha senso,
non è utile a nessun dialogo".

Sulla "Stampa" Gavino Angius, ripercorre "i diversi episodi che hanno portato
la laicità al centro del dibattito pubblico", e parla del caso Welby, delle coppie
di fatto, dei diritti civili, dell'attacco frontale alla 194.

Si può essere o meno d'accordo con Flores d'Arcais, Flamigni ed Angius, ma


almeno occorre ammettere che si è trovato qualcuno, nel campo laico, che
non si cosparso il capo di cenere perché non hanno fatto parlare il papa.
Benedetto XVI non ha voluto parlare, su questo non ci piove. E poi mica
sarebbe successo il fattaccio in San Pietro, ma in un palazzo laico, ovvero fuori
della mura leonine... Cioè in territorio italiano dove, come spiega Flores
d'Arcais, le autorità religiose definiscono assassine le donne che abortiscono:
"questo è ignobile e inammissibile".

Considero molto importante la conclusione di Angius: "L’effetto dell’ingerenza


della Chiesa nella sfera pubblica è la negazione di libertà. Non credo che
continuando così tireremo fuori l’Italia dalle secche, anche culturali, in cui si
trova. Ecco, questa per me è la laicità, sinonimo di libertà e dunque rifiuto
dell’esistenza di una morale superiore in quanto dei credenti che può dare
lezioni ai non credenti in quanto portatori di una morale inferiore. La politica è
scelta per il bene di tutti anche per il bene di coloro da cui ci si sente
culturalmente distanti".
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 308

L'Italia non ha bisogno di nuove guerre di religione, ha già sufficienti rogne da


grattarsi. Per questo motivo credo che abbia ragione Angius: "laicità è libertà".
Ma quanti sono i laici che la pensano come lui e non si accodano alle prediche
degli atei-devoti? Ai quali suggeriamo di andarsi a leggere san Tommaso (non
è per ora all'Indice).
[Anno III, post n. 18 (395)]

16/01/2008
La terza Roma

Giuseppe Mazzini aveva pensato alla "terza Roma", la Roma del popolo dopo
quella degli imperatori e dei papi.
Oggi verrebbe da pensare ad un'altra terza Roma: non quella del Quirinale o
dei Palazzi apostolici che si fronteggiano dal 1870, ma quella che oscilla fra le
opposte sponde del Tevere, un po' in tuta da sub ed un po' in grembiulino, con
quel fare equivoco che è una sua specialità.
A chi giova tutto il baccano che si è creato con il caso-Sapienza? Soltanto a chi
poi si sbraccia nuotando per pacificare gli animi. Tanti cattolici, si garantisce in
libri e giornali, portano il grembiulino.

Ma si dà il caso che alla Sapienza non ci siano state teste calde in azione,
soltanto qualche parola in libertà in un Paese che è abituato ad ascoltarne
tante. Le dicono i maestri della politica dall'opposizione, e non le possono
ripetere gli allievi che stanno in opposizione dialettica con l'opposizione?
Bisogna aver fiducia nel prossimo. Nel marzo 1968, Giuliano Ferrara aveva 17
anni, faceva la seconda liceo: "lo trovi, ovviamente, dove frigge la storia, a
Valle Giulia, immortalato durante gli scontri alla facoltà di architettura mentre
corre, già paffuto, con un loden borghese, i riccioli al vento e un bastone in
mano", ha scritto pochi giorni fa Luca Telese su il Giornale.
E come tutti sanno, Ferrara è cresciuto bene, oggi tiene le omelie ai giovani
cattolici, lo amano le gerarchie ecclesiastiche, anche se lui, eterno bastian
contrario, si dichiara soltanto un "ateo devoto".

Domenica scorsa Eugenio Scalfari su "Repubblica" riproponeva un brano di


Pietro Scoppola (2001) in cui si parla della Chiesa "appiattita sulle logiche
dello scambio".
Logiche che sembrano riproporsi in queste giornate, fra critiche del papa a
Veltroni, stupore dello stesso pontefice per come esse sono state
commentate, problema della Sapienza con il gran rifiuto di ieri.

Sul "Corriere della Sera" di oggi il filosofo Bernard-Hénri Levy critica


duramente «il cinismo religioso di Monsieur Sarkozy», come recita il titolo del
suo testo. Dove si accusa il presidente del Consiglio francese di aver
pronunciato parole che sono un insulto a coloro che pur non essendo cristiani
hanno tuttavia fatto la Francia.

All'estero di discute liberamente di queste cose. Da noi succede il finimondo


ogni volta che si tratta di parlare di laicità. La cosa strana è che gli stessi laici
sembrano quasi vergognarsi della loro condizione, giustificandosi, cercando
appigli, amareggiandosi per quello che è successo...
Ma non è successo nulla. La Sapienza non è stata Valle Giulia. Lo stesso Ezio
Mauro direttore di "Repubblica" conclude oggi il suo editoriale parlando di una
"caricatura dello scontro culturale". Non c'è stato scontro, non c'è stato
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 309
incontro, ma soltanto critiche ai docenti che avevano sollevato il problema ed
ai ragazzi dell'ateneo.

Perché il dibattito sulla scienza, argomento tremendamente serio, debba


essere poi considerato una "caricatura dello scontro culturale", non l'ho
compreso.
Preciso che non ho fatto il '68, anzi in quei giorni dovevamo difenderci da
quelli che come Giuliano Ferrara correvano "con un loden borghese, i riccioli al
vento e un bastone in mano". Da quelli che ci chiamavo fascisti perché ci
spettava di sorvegliare sull'incolumità delle persone affidateci dallo Stato.
[Anno III, post n. 17 (394)]

15/01/2008
Fuga dal vero

Il papa non andrà alla Sapienza. "A seguito delle ben note vicende", precisa un
comunicato ufficiale.
L'"Osservatore romano" di questa sera pubblica un fondo del matematico
Giorgio Israel, in cui si legge che "il discorso del 1990 può ben essere
considerato, per chi lo legga con un minimo di attenzione, come una difesa
della razionalità galileiana contro lo scetticismo e il relativismo della cultura
postmoderna".

Qui si cambiano le carte in tavola. Nessuno vieta a lui o vietava al cardinal


Ratzinger di sostenere che il caso di Galileo era "poco considerato nel XVII
secolo". Tutto ciò non c'entra nulla con l'essenza del caso Galileo stesso.
Ratzinger nel 1990 attribuisce all'Illuminismo l'invenzione del "mito" di Galileo.
Basterebbe soffermarsi su questa parola ("mito") per comprendere tutto lo
sviluppo logico del discorso del cardinale poi divenuto papa.

Al quale premeva demolire l'Illuminismo, non Galileo. Perché poi lo concia per
le feste, Galileo, con una semplice battuta: "Secondo Bloch, il sistema
eliocentrico -così come quello geocentrico- si fonda su presupposti
indimostrabili". Ovvero tutta la scienza è indimostrabile senza la fede: "Qui ho
voluto ricordare un caso sintomatico che evidenzia fino a che punto il dubbio
della modernità su se stessa abbia attinto oggi la scienza e la tecnica".
(Questo passo conclusivo nella traduzione è letterariamente arcaico con
quell'attinto che significa raggiunto.)

Sono cose diverse completamente "il dubbio della modernità" ed il processo a


Galileo del XVII secolo.
Per dimostrare questo "dubbio della modernità", il cardinal Ratzinger porta tre
esempi:
1. Da Ernst Bloch ricava: "Il vantaggio del sistema eliocentrico rispetto a
quello geocentrico non consiste perciò in una maggior corrispondenza alla
verità oggettiva, ma soltanto nel fatto che ci offre una maggiore facilità di
calcolo". Ovvero potrebbe avere ragione la Bibbia, altro che la scienza
moderna.
2. Da P. Feyerabend: la sentenza della Chiesa "contro Galileo fu razionale e
giusta, e solo per motivi di opportunità politica se ne può legittimare la
revisione".
3. C. F. Von Weizsacker "vede una «via direttissima» che conduce da Galileo
alla bomba atomica".
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 310
Ratzinger demoliva Galileo fingendo di difenderlo. E poi attribuiva il "dubbio
della modernità" non ad un avanzamento del dibattito scientifico che è proprio
di una società libera senza Inquisizione, ma al fatto che si rifiutava l'idea di
rivoluzione scientifica galileiana. La quale invece è alla base del "dubbio della
modernità". La scienza dà sempre una verità relativa, al contrario della
religione che la dà assoluta. Una volta per tutte.
Insomma quel discorso del 1990 era una fuga dal vero. Non è "una difesa della
razionalità galileiana contro lo scetticismo e il relativismo della cultura
postmoderna" come invece sostiene l'"Osservatore romano" di stasera.
[Anno III, post n. 16 (393)]

14/01/2008
Dialogo sopra i minimi sistemi

Galileo Galilei: Suvvia, ma di che vi lagnate? Mi sembrate accorato e sfinito.

Silvio Berlusconi: Ve lo dico come in confessione, ascoltatemi con attenzione.


Sono incompreso...

GG: E lo dite a me? Da quattro secoli non mi capiscono, e appena ascoltano il


mio nome s'agitano e s'adirano. Quasi rimpiangono di non avermi bruciato
vivo come quell'altro... Giordano Bruno.

SB: Avevo detto una semplice cosa ieri, che io ai soldi non ci rinuncio in
cambio di una vittoria elettorale, ma tutti mi sono saltati addosso. Per primi gli
amici del mio partito, poi gli avversari.

GG: Non mi sembra tutti, per la verità. Qualcuno ha avuto un senso di riguardo
verso di voi... Come si chiama, quel bravo giovane che fa pure il sindaco della
città dove bruciarono vivo Giordano Bruno...

SB: Ah, sì, quel Veltroni: bravo ragazzo, ma quante cattive compagnie
frequenta. Se fosse per lui, tutto sarebbe già a posto. Invece, maledizione, gli
altri: tutti estremisti, gente abituata a cattive diete, mangiar bambini in salsa
moscovita...

GG: Non so di che parliate, ai miei tempi eran ricette sconosciute. L'arrosto
andava di moda, come in Campo de' Fiori per il povero Giordano Bruno. Io me
la sono cavata per il rotto della cuffia.

SB: Ma anche di voi si sta parlando oggi in Italia...

GG: So che non mi amano e che non mi capiscono. La cosa più carina che
dicono è che facevo gli oroscopi per campare. Avrei voluto vedere loro e voi al
mio posto.

SB: Avete ragione, altro che oroscopi io ho dovuto fare, faticare, sudare sette
camicie, tra cui quella garibaldina di Bettino Craxi, che se non fosse stato per
lui, con il tubo (catodico) che avrei avuto le televisioni libere.

GG: E che tubo è la televisione...

SB: Ah, già voi non sapete. Dico soltanto che quell'uomo, Bettino Craxi, santo
sarebbe già, se dipendesse da me. Ma non ci credono che io sono l'unto del
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 311
Signore. E per quanto vi riguarda...

GG: Per quanto mi riguarda, lo ripeto che da quattro secoli non mi digeriscono,
i vostri amici che vi adorano e venerano come un messia... L'ultima barzelletta
contro di me l'hanno detta in questi giorni...

SB: Ve la prendete per così poco? In fin dei conti, nel 1990 quel cardinale
divenuto papa, ha soltanto ripetuto una frase altrui (*). Cioè che a ragionare
bene era stata la Chiesa di Roma, quando vi ha condannato, perché voi
eravate uno fuori di testa. O per lo meno con la testa tra le nubi.

GG: Voi non lo sapete, ma la Chiesa di Roma quando condanna usa sempre le
frasi altrui per emettere la sentenza, mica le vostre parole. Per me, ha fatto
ricorso ad Aristotele...

SB: Aristotele Onassis? Ma che c'entrava?

A quel punto, messer Galileo Galilei preso da sconforto, tentò di sbattere la


testa contro il muro.
Ma dove si trova ora non ci sono muri come qui sulla terra, né per la scienza
né per la politica.

(*) Nota storica.


Il 15 marzo 1990, ancora cardinale, in un discorso nella citta di Parma, Joseph
Ratzinger ha ripreso un’affermazione di Paul K. Feyerabend: «All’epoca di
Galileo la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il
processo contro Galileo fu ragionevole e giusto».
[Anno III, post n. 15 (392)]

13/01/2008
Grazie a tutti i lettori

100milavisteIl mio blog ha raggiunto quota 100 mila visite, pochi minuti fa.
Un grazie di cuore a chi mi ha letto e legge.
Il primo post è del 19 novembre 2005. Il contatore è partito agli inizi di
dicembre 2005.

13/01/2008
Girate di spalle
Il papa celebra la messa girando le spalle ai fedeli, come nel rito preconciliare.
Silvio Berlusconi gira le spalle a Walter Veltroni. In un collegamento con la
festa azzurra della neve a Roccaraso, il cavaliere ha detto: "Non potremmo
trattare con forze politiche che mettessero in atto una decisione criminale
come il disegno di legge Gentiloni: non ci sarebbe nessuna possibilità di
dialogo con chi agisse in questo modo''.
Insomma oggi domenica 13 rischi di finire in archivio come il giorno delle
grandi girate di spalle.

Ed adesso che farà il segretario del Pd? Non ho la palla di cristallo, ma soltanto
le ultime notizie d'agenzia. Arturo Parisi ha espresso in maniera inequivocabile
il suo pensiero: "Tornare al proporzionale è già enorme. Accettare la resa al
conflitto d'interessi è decisamente troppo".
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 312
Sappiamo tutti che la politica è l'arte dell'impossibile. E che quindi le cose
potrebbero sistemarsi. Tra una smentita di Berlusconi ed un chiarimento di
Veltroni.
Berlusconi potrebbe garantire di risolvere lui stesso il conflitto d'interessi una
volta salito nuovamente a palazzo Chigi. E Veltroni potrebbe rassicurare alleati
e non, citando una frase del leader spagnolo José Luis Rodríguez Zapatero
apparsa oggi sul "Corriere della Sera": "Da quando sto al governo sono
diventato più di sinistra".

Il sindaco di Roma cercherebbe in tal modo di convincere i suoi alleati che, per
avere un vero governo di sinistra, bisognerebbe approfittare di Berlusconi. Il
quale, imitando Zapatero, diventerebbe un poco alla volta "più di sinistra" di
quanto non lo sia stato praticamente in passato.
L'asso nella manica di Berlusconi è la promessa di risolvere definitivamente il
conflitto d'interessi in quattro e quattr'otto una volta avuto l'incarico di fare il
governo, con o senza nuove elezioni. Basterebbe una legge di un solo articolo:
"Tra me e qualsiasi altra forma di pensiero politico, esiste un conflitto
insormontabile che per il bene delle democrazia rende necessario tenere in
nessuna considerazione questa qualsiasi altra forma di pensiero politico".
[Anno III, post n. 13 (390)]

12/01/2008
Fantozzi in casa Veltroni

Coraggio, facciamo finta che tutto sia normale. Un partito si riunisce a porte
chiuse. Alle quali bussa un estraneo, addirittura un giornalista. Miracolo: le
porte si aprono. E' successo stamani. Alla riunione del Pd, commissione
Manifesto dei valori. Ad essere ammesso è stato Giuliano Ferrara.

Immaginiamo la scena un po' fantozziana. Ma il personaggio di Paolo Villaggio


non era impersonato dal conduttore televisivo ed ideologo dei teo-con, che
sappiamo essere attore consumato e giustamente sfrontato, bensì dal
presidente della stessa commissione Manifesto dei valori, Alfredo Reichlin.
Al quale, per il ruolo ricoperto, avremmo per l'occasione attribuito una
maschera di cortese ferocia (o se volete soltanto di fermezza) nel respingere
l'istanza del 'giornalista' Ferrara.

Ferrara ha giustificato la richiesta appunto in base alla professione svolta.


Ovviamente, non poteva dire: vengo a sentire che ne pensate delle mie idee
sulla moratoria per l'aborto, tanto prima o poi le dovrete mettere in pratica
perché essendo il Tevere molto stretto in questi momenti, non avete scampo...
No, si è giustificato: "Non interverrò, figuriamoci. Io sono qui solo nelle vesti di
giornalista".
Immaginiamo che qualcuno gli abbia sussurrato in un orecchio: "Ma figùrati,
ascolta e poi facci sapere che cosa ne pensi, anzi ti ringraziamo in anticipo di
quello che potrai consigliarci".

Così va il mondo politico della cosiddetta linea di centro-sinistra in Italia:


aspetta d'essere imboccata dal consigliere spirituale del capo dell'opposizione.
Verrebbe da ridere ma c'è da piangere. Concordo con quanto ha scritto oggi
nel suo blog Pier Luigi Zanata: "E' inammissibile che buona parte dei politici
nostrani non ricordino che l'Italia e' uno stato laico, non confessionale".

E pensare che soltanto ieri, Alfredo Reichlin è stato accusato da Piero Ostellino
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 313
sul "Corriere della Sera" di aver abbozzato, assieme ai suoi collaboratori, un
Manifesto dei valori pieno di rimandi a Marx ed a Lenin...
L'apertura delle porte può essere una mossa tattica (diabolicamente
comunista) di Alfredo Reichlin verso Ferrara (ed il Vaticano)?

Ostellino ha scritto che il testo dei valori del Pd è "unicamente il frutto di una
memoria politicamente ripudiata, ma culturalmente non ancora dimenticata".
Concetto che denuncia il persistere di un amarcord pericoloso nell'anima
rivoluzionaria del Pd.
Nella mia personale inesperienza, non so se da oggi Alfredo Reichlin sia da
considerare più pericoloso per aver aperto le porte a Ferrara (come potrebbe
fare qualcuno suggestionato dalla bella pagina di Ostellino), o se sia da vedere
come un eroe che aveva detto "avanti tutta", ma aveva alzato le mani appena
Ferrara ha fatto bum bum con la bocca.

Sempre sul "Corriere" di ieri, Filippo Andreatta denunciava all'interno del


partito che ha contribuito a far nascere, la presenza di contraddizioni
provocate dalle "ambiguità con cui è venuto alla luce il Pd".
Da questa sera, alle contraddizioni elencate da Filippo Andreatta va aggiunta
la scena del pellegrinaggio del cronista Ferrara che entra nelle segrete stanze
di un partito che non è il suo. Un'altra mela avvelenata, o uno scivolo dolce
verso la vittoria garantita dal Vaticano?
[Anno III, post n. 12 (389)]

11/01/2008
Che meraviglia, Walter

E del papa infin la meraviglia... Il comunicato-stampa odierno del Vaticano, è


inusuale. Tirato per la giacchetta, qualcuno tra le mura leonine ha convinto
Sua Santità che non era il caso di insistere, e che anzi bisognava un poco
spiegarsi, dopo la bastonata data ieri a Walter Veltroni nell'udienza ufficiale
alle autorità romane (Regione, Provincia, Comune).
Il papa aveva definito "gravissimo" il degrado dell'Urbe, aveva denunciato gli
attacchi "minacciosi e insistenti" alla famiglia, aveva parlato di una
"drammatica" situazione degli ospedali cattolici.
La bufera scatenatasi tra Campidoglio e Vaticano da ieri sera sino a stamani,
ha convinto quel qualcuno a far stilare un comunicato della Sala Stampa della
Santa Sede. In cui si legge testualmente: "Desta meraviglia la
strumentalizzazione politica che ha fatto seguito alle parole rivolte dal Santo
Padre".

Non si dica che è poco. Nel trasferire ogni responsabilità della polemica sulle
spalle di chi ha "strumentalizzato" le parole di Benedetto XVI, il Vaticano cava
la castagna dal fuoco con un'eleganza che non può evitare di immaginare
l'imbarazzo degli ambienti pontifici.
Dove certamente ci si sarà accorti che non era il caso di lasciar bistrattare il
povero Veltroni dopo l'udienza papale. Come tutti sanno, anche all'ombra del
cupolone, Veltroni è non soltanto il sindaco della città eterna e capitale del
cattolicesimo, ma pure il segretario-ostetrico di un partito che sta nascendo
molto male.

Quel comunicato forse farà il gioco di Veltroni nei confronti di Prodi. Così
palazzo Chigi diventa un traguardo più vicino per lui.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 314
Certo è che da oggi Veltroni può mettere nel carniere la meraviglia di un papa
per quello che hanno compreso gli avversari del sindaco capitolino ascoltando
un inequivocabile discorso pontificio.

10/01/2008
Roma degradata, parola di papa

Non sono giorni fortunati per Walter Veltroni. Assediato dalla destra e quasi
prigioniero delle avances berlusconiane, quando stamani è entrato in Vaticano
per l'udienza pontificia, certo non poteva immaginare una lavata di testa
come quella pronunciata "su" di lui da Benedetto XVI.
Il papa ha definito "gravissimo" il degrado dell'Urbe, ha denunciato gli attacchi
"minacciosi e insistenti" alla famiglia, ha parlato di una "drammatica"
situazione degli ospedali cattolici.
Due piccioni con una fava: Veltroni è stato simbolicamente 'bastonato' quale
sindaco di Roma e quale segretario del Pd. Per dirgli che anche in questa
seconda funzione, deve stare attento a come si muove nei confronti della
Chiesa cattolica.

La giornata era cominciata bene con la svolta di Casini sulla legge elettorale
("Intesa con Forza Italia, Pd e Prc"). Maria Teresa Meli sul "Corriere della Sera"
poteva offrire un ottimistico titolo: "E Veltroni rompe l'assedio", anticipando il
progetto di consultazione degli aderenti "magari" anche via Internet per
garantire un reale pluralismo.

L'idea veltroniana di consultare il popolo 'democratico' via Internet sa molto di


quella moda delle chat che oggi furoreggiano per le anime sole, come forse
pure lui è nel suo partito. Ma neppure così riuscirà a risolvere i problemi di
deficit politico che ogni giorno che passa sottolinea nel Pd.
Stamani Riccardo Barenghi sulla "Stampa" ha scritto un duro editoriale,
"L'ammaina bandiera dell'Ulivo": "Il punto, diciamolo con una certa
franchezza, è la subalternità ai valori altrui. Come se il centrosinistra italiano
non avesse una sua storia, una sua cultura politica, suoi ideali, non avesse
fatto lunghe battaglie, peraltro vinte, su questi temi".
È così. In un altro articolo della "Stampa", Andrea Romano affronta il tema
della crisi italiana, suggerendo di guardare al modello americano, a quella
"esibizione di freschezza politica" che nasce da partiti "che hanno saputo
coltivare la cultura del confronto senza alcuna reticenza".
Questa cultura manca oggi, e l'impronta di Veltroni è sul luogo del "delitto".
Romano spiega che l'anno passato è stato dominato dall'antipolitica.

Su questa interpretazione dei fatti mi sono sempre permesso e mi permetto


pure oggi di dissentire, anche se il mio parere non conta nulla. L'antipolitica è
nell'immondizia di Napoli, non nel popolo che protesta civilmente (lasciamo
perdere le solite manovre violente, chissà da chi promosse).

Anche Angelo Panebianco invoca l'esempio americano, nel fondo del "Corriere
della Sera", per un partito dalla molte anime in 'lotta' fra loro: però, aggiunge,
per arrivare a questo risultato, è necessario il contesto istituzionale
maggioritario.

Perché dobbiamo guardare sempre fuori di casa? Sembra un'istanza quasi


teologica della politica italiana. Negli Usa, non c'è il Vaticano che detta come
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 315
da noi oggi il calendario politico. Ci sono molte "Chiese", e non so se sia bene
o se sia male. Ma ci sono anche molti problemi. La sanità a pagamento, ad
esempio.

Quando ci si è avviati verso la nascita del Pd, la grande informazione


nazionale ha guardato soltanto a Roma, trascurando i contesti periferici dove
si è vista anticipata la trama che ha provocato "L'ammaina bandiera
dell'Ulivo". Dico anch'io: guardate agli Usa. Per le primarie democratiche tutti i
principali quotidiani hanno i loro inviati che descrivono le piccole realtà
americane. Quando anche da noi si cominceranno a descrivere i contesti
periferici, si potrà far comprendere alla gente sia che cosa è la democrazia
sostanziale, sia come sono manovrati i candidati da forze estranee ai
movimenti politici che si propongono al voto.

09/01/2008
Veltroni assediato

Povero Walter Veltroni. Ormai è ostaggio della destra. Assediato. Prima


Giuliano Ferrara lo ha spinto a ritornare sulla questione dell'aborto, e ripetere
cose che aveva già scritto a "Repubblica" il 5 gennaio: "La 194 è una
conquista, ma sì al dialogo".
Poi è arrivato addirittura il Cavaliere. Nell'intervista sul "Corriere della Sera"
odierno, Berlusconi offre il solito fuoco d'artificio fra misticismo e retorica che
farebbe sorridere in altro contesto, ma adesso fa veramente preoccupare per
la salute politica del segretario del Pd.
Berlusconi infatti ripete al "Corriere" quanto detto a Veltroni: "Io sono il tuo
Messia, ti libero dall'abbraccio mortale della sinistra, ma se vogliamo fare
assieme le riforme prima devi mettere d'accordo i tuoi...".

Fra le punzecchiature di Ferrara e le profferte di abbracci mortali da parte del


signore di Arcore, ieri sulla scena è timidamente apparso il senatore Lamberto
Dini. A cui è stato attribuito un rinvio ad aprile dell'ultimatum a Prodi, con la
cosiddetta "frenata".
Oggi, Dini corregge le "interpretazioni improprie" di cui sarebbe stato vittima il
suo pensiero.
Ho il massimo rispetto all'altrui pensiero, soprattutto se per spiegare quello
del senatore Dini oggi si sono riuniti in tre, cioè tutti i "Liberaldemocratici"
italiani, ma rinuncio a capire. Insomma, essi precisano di chiedere (soltanto?)
"risposte chiare da parte della maggioranza".
Noi personalmente la nostra risposta "chiara" per il sen. Dini l'avremmo già,
ma non sappiamo se sia di maggioranza o di opposizione. Per cui ci asteniamo
dal pronunciarla.

Probabilmente, prima che i tre "Liberaldemocratici" italiani decidano qualcosa,


occorrerà attendere che Berlusconi parli come annunciato sul "Corriere" di
oggi: "Sto preparando un discorso sulla democrazia, sulla giustizia e la libertà
in Italia, lo terrò alla Camera prima della fine del mese. Una denuncia forte su
cui dovranno riflettere i nostri concittadini e i nostri rappresentanti in
Parlamento".
Il governo Prodi non può cadere per merito di Dini, suvvia. La spallata la vuol
dare il Cavaliere. Veltroni stia attento a non ripararsi dietro la porta quando
Berlusconi prenderà la rincorsa. Potrebbe travolgerlo, anche senza l'aiuto di
Giuliano Ferrara andato intanto in attenta avanscoperta con la questione
dell'aborto.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 316

08/01/2008
Ferrara appare al papa

Stupenda la battuta confidata da Giuliano Ferrara a Riccardo Barenghi: non


diciamo che ho arruolato il papa. Ovviamente, «semmai è vero il contrario».

Ferrara è un perfetto istrione. Consumato dalla febbre della politica fin dalla
prima giovinezza e solleticato continuamente dalle arguzie intellettuali che sa
sfoderare per far soffrire i suoi avversari ideologici sino all'ultimo spasimo, egli
è il simbolo perfetto dei nostri giorni.

È un personaggio tolemaico, il mondo gira attorno a lui. Senza scomodare la


vecchia scienza, basterebbe citare lo slogan di una pubblicità televisiva. Tutto
appunto ruota attorno a lui non perché abbia doni soprannaturali: se li
possedesse, ovviamente avrebbe giù un bel saio, pellegrinaggi organizzati, e
anche l'attribuzione di qualche prodigio.

Il dono di cui si serve Ferrara, è la parola che sa modulare con consumata


perizia ed offrire con astuta eleganza.
Abituato alla disciplina dell'intelletto prima che a quella del lavoro di squadra,
è un anima bella ed anarchica.
Possiamo soltanto immaginare quanti uomini politici per i quali lui
delicatamente il tifo, in questi giorni si siano alterati nei suoi confronti. Non
parlano, loro. Tiene la scena soltanto lui.

Interviene il papa? E giù commenti sulla proposta di Ferrara. Che ha parlato


prima del pontefice. E quindi ha acquisito grandi meriti al di là del portone di
bronzo. Ferrara non è un politico, come quelli che lo hanno coccolato, e che
adesso si sentono intimamente amareggiati perché lui ruba loro la scena.

Se un giorno lontano si parlerà di beatificazione di Giuliano Ferrara nelle


severe stanze del Vaticano, si potrà annunciare un miracolo che tale non è.
Questa sera, Walter Veltroni ha nuovamente trattato del tema dell'aborto,
appunto sollecitato dall'intervista di Barenghi a Ferrara. Ricevendo il plauso di
quest'ultimo. Veltroni ha dichiarato: "La 194 è una conquista, ma sì al
dialogo". Ferrara ha commentato: "Così si inizia bene".
Ma Veltroni su "Repubblica" del 5 gennaio aveva già detto le stesse cose:
"Dunque per me la 194 è una legge importante, che va difesa. Ma non mi
spaventa una discussione di merito, che tenda a rafforzare gli aspetti di
prevenzione, perché l'aborto non è un diritto assoluto, ma è sempre un
dramma da contrastare".

Ecco, il problema sta tutto qui. Veltroni contribuisce al monumento vivente di


Giuliano Ferrara, senza minimamente rilevare quella situazione che bene ha
descritto Gad Lerner su "Repubblica" di stamani: "... colpisce soprattutto una
Chiesa italiana talmente debole nella sua ispirazione evangelica da mettersi al
traino di un pensiero settario, rinunciando al dialogo fiducioso con l'insieme
del mondo laico".

Quando su queste cose si arriva a poter sorridere della battuta di Giuliano


Ferrara pensato come traino per il papa (gli è apparso in sogno forse), allora si
ha laicamente e religiosamente di che spaventarsi.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 317

07/01/2008
Napoli fortunata

Napoli baciata dalla fortuna, intitola un'agenzia di stampa. Si riferisce alla


vincita della Lotteria Italia di ieri sera. Non alla grave emergenza dei rifiuti,
ovviamente.
Napoli, ti sono vicino, e non per la vincita alla Lotteria. Lo so: le parole sono
inutili.
Ma davanti ad un Calderoli che di Napoli dice che non è in Italia, rovescio il
ragionamento (e mi preparo a molte pernacchie che mi saranno riservate), e
sostengo che la colpa per Napoli è dell'Italia, non di quella città.
Jervolino01h Non perché poche ore fa il sindaco partenopeo signora Rosa
Russo Iervolino abbia dichiarato che il governo era stato informato della
gravità della situazione esattamente un anno fa, l'11 gennaio 2007. Non
perché io ami o coltivi una visione deformata della realtà, ma perché
comprendo le proteste di quella gente che vede crescere le malattie, e pensa
alle proprie vite, sperando che ai giochi sporchi ponga fine lo Stato.
Lo Stato è arrivato a Napoli, in quegli angoli, da quella gente. Ed ho visto al
TG5 come l'ha trattata. Non c'era bisogno di prendere a manganellate
quell'uomo che si era issato nella cabina di guida di un escavatore per
fermarlo e sabotare l'operazione di polizia. Lo avevano immobilizzato, non
poteva fuggire, perché colpirlo duramente?
Il ministro degli Interni stamani sarebbe dovuto essere presente lì: perché in
un Paese democratico, i politici debbono ascoltare la gente. Discutere,
verificare le buone ragioni e le intenzioni di chi protesta non per far salire di
prezzo un terreno da affittare come discarica, ma per far presente un dato di
fatto gravissimo, l'aumento della malattie in quelle zone ormai infettate dalle
vecchie discariche.
Quella gente, ripeto, pensa alle proprie vite, sperando che ai giochi sporchi
ponga fine lo Stato.

Ma lo Stato che cosa fa? Stamani su "Repubblica" il presidente della Regione,


Antonio Bassolino (spiegando che le sue dimissioni non servirebbero a nulla)
ha scritto: "Sono riuscito a far costruire, tra mille opposizioni e proteste, i 7
impianti per produrre il Cdr (Combustibile derivato dai rifiuti). Per aprire il
cantiere di Acerra ho dovuto fare i conti con ostacoli di ogni tipo e violente
contestazioni. C'erano comitati civici, ambientalisti fondamentalisti, vescovi
che predicavano contro i rifiuti-demonio, disoccupati organizzati, esponenti del
centrodestra e del centrosinistra che si mettevano a capo dei cortei a caccia di
consenso".
Forse ha ragione Di Pietro a chiedergli le dimissioni, non se se abbia torto
Bassolino nel restare sulla poltrona che occupa. In questo momento è forse un
aspetto secondario, più ideale che sostanziale. Mi incuriosisce un particolare di
questa lettera di Bassolino: "vescovi che predicavano contro i rifiuti-demonio".
Qualcuno a Napoli è in grado di procurarci la documentazione, un discorso,
non per far polemiche, ma soltanto per curiosità. Per capire se si scambia per
demonio qualche operazione illecita che andrebbe perseguita penalmente e
non avversata con preghiere o processioni.
Il male «arte e fattura diabolica» è una storia vecchia, già raccontata da un
catto-illuminista, Alessandro Manzoni.

06/01/2008
Blogger, senza pensarci
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 318

Blogger, sempre blogger, perfidamente blogger?


Dagli Usa giunge l'accusa che noi blogger siamo dilettanti che pretendono di
dire la loro su argomenti di cui sappiamo poco o nulla (Andrew Keen).
Cito dall'articolo domenicale di Riccardo Chiaberge nella prima pagina del
supplemento della cultura: "L'invettiva di Keen è appassionata, ma non
convince tutti".

Negli Usa il libro di Keen è stato stroncato da David Harsanyi sulla rivista
liberista "Reason": "È vero che Internet sta distruggendo la nostra cultura, o
dà solo fastidio agli snob?".

Chiaberge commenta a sua volta parlando di "nuova casta dei blogger" e


citando Beppe Grillo ed il suo V-Day nato sul web.
Harsanyi, prosegue Chiaberge, osserva che fra giornali e rete, i due fronti in
guerra, "si stanno creando le premesse di una contaminazione reciproca che
può far crescere entrambi".

Splendida la classica citazione finale di Chiaberge dal "perfido" Karl Kraus:


"Non avere un pensiero e saperlo esprimere, è questo che fa di uno un
giornalista".

La massima va bene anche per noi blogger. Anzi, ci fa sentire importanti, data
l'autorevolezza della fonte. E constatata la verità in essa contenuta, per quello
che riguarda certe firme. Per leggere le quali, dobbiamo anche pagare.
Almeno noi blogger siamo gratis. (Parlo da vecchio cronista, che per giornali
ha bazzicato quasi cinquant'anni...)

Non c'entra con il nostro argomento, ma ricordiamoci degli "Angeli senza ali".

05/01/2008
Amnesie di Veltroni

E Veltroni ha parlato. La lunga intervista concessa a "Repubblica" di oggi


contiene due passi fondamentali che entrano nel vivo delle discussioni degli
ultimi giorni.
Chiaro il suo pensiero circa la questione dell'aborto e della laicità dello Stato:
"Un valore imprescindibile, per me, è la laicità dello Stato. Questo significa che
ci sono conquiste di civiltà che devono essere difese. Una di queste è proprio
la 194, che si è dimostrata una legge contro l'aborto, visto che le interruzioni
di gravidanza si sono ridotte del 44%. Dunque per me la 194 è una legge
importante, che va difesa. Ma non mi spaventa una discussione di merito, che
tenda a rafforzare gli aspetti di prevenzione, perché l'aborto non è un diritto
assoluto, ma è sempre un dramma da contrastare".

Sul problema elettorale, Veltroni ha articolato il suo pensiero in tre punti.


Ha ammesso che Franceschini parlando del sistema francese, non ha fatto
altro che ribadire una posizione dello stesso Veltroni: "Franceschini ha
semplicemente riproposto quello che io stesso ho detto più volte".
Poi ha precisato: "Se mi si chiede qual è il sistema che preferisco, io rispondo
il sistema francese: doppio turno e sistema presidenziale".
Infine l'aggiunta che "dobbiamo distinguere due fasi diverse. Una prima fase
riguarda l'oggi: nelle condizioni attuali, ciò che dobbiamo ottenere è un
sistema proporzionale ma bipolare, per evitare il rischio dell'ingovernabilità.
Poi c'è una seconda fase, che riguarda il futuro: e dico fin da ora che quando si
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 319
andrà al voto, mi auguro nel 2011, il Pd si presenterà proponendo agli italiani
il maggioritario a doppio turno, con l'elezione diretta del Capo dello Stato".

La novità di questa "elezione diretta del Capo dello Stato" a cui pensa Veltroni,
è completamente fuori dalla tradizione italiana. La Costituzione repubblicana è
infatti parlamentare e non presidenziale.
A prima vista, la sua proposta sembra più complicare le cose che appianare il
cammino della riforma elettorale. Perché si dovrebbe modificare anche la
Costituzione (art. 83), non soltanto la legge elettorale.

Circa quest'ultima, stamani il prof. Giovanni Sartori sul "Corriere della Sera" ha
firmato un editoriale ("Girandole elettorali") che, richiamandosi al discorso sul
modello 'francese' di Dario Franceschini, osserva: non è presidenziale il
sistema parigino suggerito, bensì quello americano.
Ed ha avanzato l'ipotesi di un Veltroni che usi Franceschini per sfasciare tutto.
In tal modo Sartori ha già risposto a Veltroni prima di poterlo leggere. Ed è
andato giù pesante, parlando di «stupidume politico».
Come ho osservato sopra, occorre «una riscrittura radicale della Costituzione»
sfuggita a Franceschini (e quindi anche al Veltroni dell'intervista di oggi).

Stupisce che non ci si renda conto ai massimi livelli del Pd di tutte queste
implicazioni di revisione costituzionale, contenute nelle loro proposte.
Una revisione che è lunga e politicamente difficile nel contesto di oggi.

Veltroni sembra ignorare il problema, quando dichiara (come abbiamo visto):


"...quando si andrà al voto, mi auguro nel 2011, il Pd si presenterà
proponendo agli italiani il maggioritario a doppio turno, con l'elezione diretta
del Capo dello Stato".
Eh no, se si vuole modificare la Costituzione bisogna muoversi molto prima di
"quando si andrà al voto". Anche per ragioni di opportunità costituzionale, per
non dar l'idea che ci si confeziona abiti su misura. Alla Berlusconi.
Questo discorso di Veltroni non è certamente il modo migliore per affrontare il
problema dal punto di vista del rispetto e dell'applicazione della stessa
Costituzione.
C'è una grande amnesia alla base di quel discorso, l'amnesia della legge
fondamentale dello Stato. E ciò lo ha portato a teorizzare le "due fasi" che
sono completamente inattuabili perché non tengono conto di ciò che appunto
prescrive la Costituzione.

Il progetto veltroniano del "sistema proporzionale ma bipolare", infine, è


chiaramente contraddittorio. Infatti, il bipolare si basa sul maggioritario puro e
semplice. E il proporzionale non c'entra nulla con il bipolare.

Un "sistema proporzionale ma bipolare" è un'illogicità. Il proporzionale può


favorire un 'grande centro' con affluenza di voti da destra e sinistra che
manderebbe a farsi benedire il bipolarismo.

E' questo che si vuole? Basta dirlo.

04/01/2008
Il monito di Veronesi

«L'aborto è un dramma la moratoria è peggio», s'intitola un intervento del


prof. Umberto Veronesi pubblicato stamani da «Repubblica».
Ho usato la parola «dramma» a proposito dell'aborto nel post del 2 gennaio,
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 320
«Binetti verso Bondi».
Quindi mi permetto di sottoscrivere la prima parte del discorso dell'illustre
scienziato.
Per la seconda concordo in pieno, laddove Veronesi osserva che se «la lotta a
un grande male, come l'aborto» è combattuta «con la proibizione, conduce ad
un male ancora più grande, che è la clandestinità delle pratiche abortive, a
svantaggio dei più poveri e dei più deboli».
Veronesi conclude che bisogna intervenire a livello preventivo, con
l'informazione e l'educazione. Insomma c'è il problema del preservativo di cui
parlavo nel mio post, e per il quale la Chiesa non vuol sentire parole. Anche se
molti sacerdoti, in virtù del cosiddetto male minore, non lo ammettono ma lo
permettono ai propri fedeli.

Detto ciò, è utile riportare anche l'opinione del ministro Pierluigi Bersani che,
intervistato dal «Corriere della Sera», circa la questione dell'aborto ha
dichiarato: «Su un tema del genere, quando avremo allestito un partito che
decide, bisognerà dire una parola chiara», e chiedere ai suoi aderenti non la
disciplina (di vecchio stampo) ma almeno la coerenza.
Un po' di coerenza per evitare quell'effetto gorgo nel quale il Pd sembra
essere trascinato dalla doppia lite (non chiamiamola discussione) sul sistema
elettorale e sul tema dell'aborto imposto dalla Chiesa.

Sempre con il quotidiano di via Solferino, il cardinal Angelo Bagnasco,


arcivescovo di Genova e presidente della Cei, ha definito «lodevole» la
richiesta di moratoria per l'aborto (fatta da Giuliano Ferrara) ed ha
«auspicato» che si possa avere una revisione della legge 194.

Che ne pensa il Pd di cui Veltroni è segretario? La mia domanda è inutile. Ma


lo è ancora più il silenzio di un partito riformista. Anzi è pericoloso, per una
società democratica e libera, in cui i ruoli di ogni attore siano rispettati alla
pari da tutti gli altri.

03/01/2008
Zapatere cercansi

Il Pd è vivo e lotta insieme a noi, pardon, e lotta con se stesso.


Dunque non bastava la sen. Paola Binetti a scompaginare il copione di Walter
Veltroni. Adesso ci si è messo pure il simpatico scrittore Dario Franceschini
(affascina quando tratta di letteratura descrivendo i suoi libri), che del partito
è vicepresidente. Ha parlato di modello francese, non si sa se ispirato da
Sarkò o da Carla Bruni: «un Parlamento forte e un presidente eletto
direttamente».
Dopo di ciò, il diluvio.

Zapatere Una piccola soddisfazione al Pd l'ha data l'on. Stefania


Prestigiacomo: in Forza Italia, sul problema dell'aborto c'è sempre stata libertà
di coscienza, invece nell'Unione... Aggiungendo che per la questione della
legge 194, «soltanto la donna ha il diritto di decidere».
Mentre Franca Rame si dichiara «un’innamorata delusa dalla politica» e sta
per mollare il mandato politico, il Pd potrebbe tentare un aggancio anche
soltanto temporaneo con la signora Prestigiacomo. Tanto per avere un po' di
sostegno almeno morale nelle battaglie laico-riformiste.
E soprattutto per non lasciare che il dialogo Pd-opposizione si limiti ai caffé fra
Berlusconi e Veltroni.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 321

Anche qui occorrerebbe introdurre le quota rosa. Un incontro fra il ministro


Turco e l'on Prestigiacomo sarebbe una discussione seria con un sicuro e
sincero accordo su problemi molto scottanti.
Forse per la prima volta l'on. Prestigiacomo è d'accordo anche con Zapatero
che alla gerarchia ecclesiastica del suo Paese ha detto: «Sulla famiglia indietro
non si torna», perché «tutti hanno diritto agli stessi diritti, professino o no una
fede religiosa».

02/01/2008
Binetti verso Bondi

Ma serve a qualcosa tutto il baccano politico che sta montando in questi


giorni, a proposito di sessualità, famiglia, aborto?
Il papa ha detto: «Chi osteggia la famiglia rende fragile la pace della
comunità». Benedetto Iddio, questi uomini di Chiesa che non sanno nulla del
mondo! Ho tanti amici che hanno attraversato e stanno attraversando
esperienze dolorose, sono cattolici praticanti ma con situazioni famigliari
disperante o disperanti. Ed allora? Dovrei considerarli causa della «guerra»
della società?
Ma il problema non è di oggi. Un mio coetaneo, il più educato cristianamente
di tutti noi, il più esemplare socialmente, il più rispettato in certi ambienti
ecclesiastici, combinò un pasticcio, come il pudore d'antan descriveva certe
cose. La sua ragazza restò incinta, si tenne la sua creatura, lui se ne lavò le
mani, non sentendosi all'altezza, dopo aver predicato ai suoi giovani come ci
si deve comportare nella vita.

La senatrice Binetti dichiara di essere pronta a votare con l'opposizione. Dalla


Bindi a Bondi, ci passa soltanto una vocale di differenza. Ma politicamente
credo che sia una minaccia pericolosa per la stabilità del Paese. Ci riempiamo
la bocca di inutili discussioni, e torniamo agli spettri del salto del fosso.
L'aborto non è come bere un bicchiere d'acqua fresca. Sempre, comunque e
dovunque è un dramma. Ma allora perché la Chiesa non propaganda il
preservativo, invece di condannarlo?

Dagli Usa ricevo la consueta "lettera" mensile di Oscar Bartoli. L'ultimo


numero contiene un passo del volume "Citizen Berlusconi" scritto da
Alexander Stille.
Lo riproduco in parte, dedicandolo a quanti sperano che un ritorno del
Cavaliere a Palazzo Chigi possa far miracoli: «Ciò che è emerso
progressivamente dopo qualche anno di governo Berlusconi è l'assenza di un
vero programma, di forti obiettivi politici, di una reale ideologia che non fosse
un generico anticomunismo e un impegno per la libertà economica (o
quantomeno per la sua libertà economica). [...] Anche il suo migliore amico
Fedele Confalonieri ha ammesso, pur cercando di dirlo nei termini più positivi
possibili, che "la verità è che Berlusconi non è un politico. È un utopista. In un
altro sistema, potrebbe essere un sovrano illuminato. Ma come politico
democratico, beh, è decisamente anomalo." O, come ha scritto Montanelli in
toni molto meno elogiativi: "Berlusconi? Non è fascista, non è niente. Pensa di
essere un incrocio tra De Gaulle e Churchill, il guaio è che ci crede. [...] È un
piccolo Peron sceso in campo per paura e passato dalla disperazione
all'ebbrezza"».

La senatrice Binetti pensa onestamente ai suoi problemi di fede. Ma un


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 322
personaggio pubblico come un senatore qual è lei, deve preoccuparsi anche
dei problemi della politica. Appoggiare Bondi non credo che possa significare
sperare nella resurrezione di questo «piccolo Peron» dopo la crocifissione di
Prodi. Il Vaticano tesse la trama del Grande Centro. I cosiddetti riformisti del
Pd ormai sono appiattiti nell'obbedienza veltroniana verso Oltretevere.
Neppure questo è un fatto positivo per la sorte della democrazia.

01/01/2008
Il «problema» dell'Italia

Il «problema» a cui il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha


accennato ieri sera all'inizio del suo messaggio d'auguri agli italiani, esiste.
Eccome.
Queste le sue parole: «il problema sta nel» puntare «sull'innovazione e sul
merito, privilegiando fortemente l'istruzione».
Innovazione è una parola facile ed inevitabile. Se l'industria non innova non è
competitiva. Non possono far nulla da soli gli individui. Si debbono innovare lo
Stato e la società, con i loro meccanismi quasi sempre arcaici e troppo spesso
a tutela di ben determinati interessi di gruppi particolari.
L'individuo singolarmente, cioè fuori di ogni casta politica o professionale, può
sperare soltanto che si punti sulla valorizzazione del merito.
Merito, caro presidente, è una di quelle parole che passando dal singolare al
plurale, sembra quasi cambiare di significato.
Se c'è infatti il «merito» a cui ha fatto riferimento lei ieri sera, ci sono anche
quei «meriti» che spesso sono oscuri ed indecifrabili all'apparenza, e si
presentano soltanto come la proiezione di protezioni e di appartenenze a
gruppi di potere.
Ai giovani va data la speranza (direi se mi permette: va garantita la sicurezza)
che per le loro carriere conta unicamente il merito e non servono i meriti
derivanti da altrui potere o dall'influenza di qualche gruppo di protezione.
Se seguendo il suo consiglio si rispetterà il merito e non si terrà conto dei
meriti, l'Italia potrà fare una rivoluzione copernicana seguendo quell'altro suo
suggerimento: «proporre, decidere, operare».
Lei sa bene che tutto ciò non deriva né dalla legge elettorale, né dalla riforma
della Costituzione, ma da una forte moralità pubblica. Sulla cui presenza, mi
permetto di non essere ottimista.
L'Italia attraversa una crisi che non dipende dagli individui singoli, se la base
del vivere sociale, la Giustizia, non funziona a dovere, o per meglio dire
sembra funzionare soltanto per gli autori dei reati ma non per le vittime. Che
debbono affrontare processi lunghi, lunghissimi, assistere alle beffe della
prescrizione, arrendersi davanti ad ostacoli insormontabili.
Il suo discorso, presidente Napolitano, contiene spunti molto importanti. Forse
lo stile con cui li ha espressi, è stato troppo elevato, per poter arrivare a tutti
come sarebbe necessario.
Mi scusi l'ardire: quando si vivono situazioni particolari come quella presente,
viene in mente l'oratoria di Sandro Pertini. Ci faccia un pensierino, e non me
ne voglia. Con i migliori auguri a lei ed alla sua famiglia, da un italiano
qualsiasi. Ma non «qualunque».
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 323
2007
29/12/2007/
Le paure del card. Bertone

L'anticipazione dell'intervista a «Famiglia Cristiana» del cardinal Tarcisio


Bertone, chiarisce lo stato di "malessere" del Partito democratico veltroniano,
su cui pesa l'ipoteca vaticana già intravista nelle prime mosse. Ed in certe
candidature periferiche. Nate esclusivamente in ambiente ecclesiastico...
La verità viene a galla prima o poi. Le parole di Bertone confermano una realtà
delle cose che prima o poi dovrà essere chiarita. Veltroni non potrà in futuro
far finta di nulla.

Il cardinale segretario di Stato vaticano ha chiesto a Veltroni che «i cattolici


non siano mortificati» nel Partito democratico.
Bertone ha spiegato poi che la norma antiomofobia nel decreto sulla sicurezza
è stato un «incidente di percorso».

Non si capisce questo accanimento su di una norma di diritto così semplice nel
suo rimando ai trattati della Comunità europea ed alla Costituzione italiana.
Oltre Tevere ci si è pericolosamente fissati sulla linea del Piave della senatrice
Binetti.

Inoltre, con Veltroni il cardinale ha auspicato che nel Pd «ci si ispiri alla
tradizione dei grandi partiti popolari, che avevano un saldo ancoraggio nei
principi morali della convivenza sociale».
Come se quella piccola ma fondamentale norma antiomofobia fosse stata
qualcosa di rivoluzionario e sovversivo rispetto all'etica pubblica.

Sinceramente spiace di dover constatare che tutti i temi fondamentali di una


società, siano ridotti a questo particolare aspetto che diventa una specie di
paradigma assurdo per valutare la morale dello Stato e lo stato della morale...

Inquietante il passo in cui Bertone ricorda di aver conosciuto grandi


intellettuali comunisti e socialisti che «avevano una visione laica ma morale».
Passo sa cui non vogliamo dedurre che, secondo il segretario di Stato
vaticano, esiste per lui l'equazione laico=immorale.

In breve, segnalo un articolo apparso sul «Corriere della Sera» di stamani del
teologo del dissenso Leonardo Boff che scrive: dobbiamo imparare a trattare
«in modo umano tutti gli esseri umani». Inaugurare un mondo che pratichi la
vera giustizia.

Che ne dice on. Veltroni?

28/12/2007/
Binetti, si ricordi di Gedda (1938)

Walter Veltroni in una lettera alla «Stampa» (27.12) aveva definito «sbagliata
e pericolosa» la tesi della sen. Paola Binetti la quale considera l’omosessualità
una malattia da curare.
Binetti

La sen. Binetti oggi risponde dalle colonne del quotidiano torinese, con
un'intervista a Giacomo Galeazzi: «Come neuropsichiatra ho esperienza
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 324
decennale di omosessuali che si fanno curare. Non sono andata a cercarli io,
sono loro che sono venuti in terapia da me perché dalla loro esperienza
ricavano disagio, sofferenza, ansia, depressione e incapacità di sentirsi
integrati nel gruppo. Non sono io a sostenerlo, è un dato oggettivo».

La posizione della sen. Binetti non si discosta da quella della Chiesa anglicana
(sì avete letto bene, anglicana).

Ciò che in tale posizione spaventa, è espresso in un altro passo dell'intervista,


in cui la sen. Binetti la rivendica e giustifica in nome di un «dato oggettivo»:
«Fino a poco tempo fa il Dsm4, la "bibbia degli psichiatri"» utilizzata da tutti
gli enti pubblici, «ha sempre inserito l'omosessualità tra le patologie del
comportamento sessuale».
Fino a poco tempo fa, dunque. Non so se sia il caso di chiedersi il perché della
recente cancellazione.

Da vecchio pedagogista, quindi senza alcuna pretesa di confutare le tesi


scientifiche ("scientifiche"?) della dottoressa Binetti, mi permetto di esprimere
una opinione molto amara, perché essa rimanda al ricordo storico di quando
un noto endocrinologo cattolico come Luigi Gedda teorizzò la superiorità della
razza ariana, aderendo alla campagna antiebraica. Dalla quale derivarono
quelle leggi razziali del 1938 che restano la vergogna somma di Casa Savoia,
assieme alla guerra.

Per ulteriori informazioni scientifiche, vedere il blog Bioetica (a cura di Chiara


Lalli): Binetti e intolleranza.

27/12/2007/
La morte di Benazir Bhutto

Era tornata promettendo «democrazia» e impegno verso i poveri, cioè del 73


per cento dei 160 milioni di pachistani che vive con meno di due dollari al
giorno. Sono parole che leggo sul servizio on line della Stampa, su Benazir
Bhutto uccisa oggi da un attentato.
Fu la prima donna capo di governo in un Paese musulmano, dice un sottotitolo
nella biografia della signora Bhutto, che era nata nel 1953.
Nei nostri piccoli angoli di mondo, lontanissimi dal suo Paese, giungono
impotenti gli echi della violenza omicida che fa un'altra vittima. Con lei sono
morte altre venti persone.

Si sente il peso doloroso della Storia in questi momenti, e vien fatto di


paragonare la tragica notizia, con quelle di casa nostra. Dove la vicenda più
grave delle ultime ore, sembrano le dichiarazioni di Lamberto Dini. Il quale
dice del capo del governo da lui appoggiato: Prodi procura più danni di
Berlusconi.
I signori come Lamberto Dini hanno mai pensato alla responsabilità politica da
loro assunta davanti alla Storia appoggiando un governo, o si sono limitati a
leggere certi copioni da avanspettacolo?
Correttamente Prodi nella conferenza-stampa di stamani ha detto che «un
governo si abbatte con un voto di sfiducia, non con le interviste». Come
appunto quella di Dini. Che poi uno stia al governo e mandi baci al capo
dell'opposizione, è un fatto che andrebbe spiegato da quegli specialisti
abituati a cercare l'ago nel pagliaio anche laddove non esiste il pagliaio.

All'estero:
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 325

Benazir Bhutto tuée (Le Monde)

Benazir Bhutto, asesinada (el Mundo)

Benazir Bhutto killed in attack (BBC)

Benazir Bhutto assassinated in suicide attack (IHT)

Benazir Bhutto assassinated (CNN)

Bhutto had turbulent history (CNN)

27/12/2007/
Veltroni si sveglia?

Walter Veltroni comincia (forse) a rendersi conto della trappola che si è


costruito con le proprie mani quando ha pensato che il “suo” nuovo partito
potesse tranquillamente ospitare oves et boves, avanti tutti con jucio, ma
soprattutto a luce spenta.
È bastata l’accensione di una candelina per illuminare a sufficienza la
drammatica contraddizione fra un partito moderno e l’atteggiamento
pericolosamente reazionario di chi ha un progetto soltanto sanfedista.
Partito moderno significa (mi scuso per l’ardire che dimostro introducendo la
spiegazione) una realtà in cui tutti i cittadini siano considerati uguali davanti
alla legge.
E soprattutto un partito in cui la legge sia la norma di diritto, non la cosiddetta
legge naturale che nessuno sa con precisione che cosa è. Perché si può
credere che gli uomini siano naturalmente buoni e poi si guastino per colpa
della società, come pensava Rousseau. Oppure si può ritenere che l’uomo
nasca con un peccato originale che lo conduce al male, se non interviene il
perdono di Dio.

Dunque, la norma di diritto che fa nella nostra Costituzione tutte le persone


uguali davanti alla legge, deve essere il punto di partenza da rispettare e
rendere operante in ogni atto della nostra Repubblica.
Su questo non ci piove. Se ne è accorto pure il buon Veltroni che ha scritto
oggi, in una lettera alla «Stampa» che è «sbagliata e pericolosa» la tesi della
sen. Paola Binetti la quale considera l’omosessualità una malattia da curare.
Finora Veltroni aveva perdonato alla Binetti tutte le più strane prese di
posizione politica, espresse in nome dell’adesione ad una fede religiosa.
Adesso il segretario del Pd è (finalmente!) intervenuto perché ha compreso
che la Binetti aveva superato ogni logica ed ogni decenza in un partito politico
che si definisce «democratico».

Lo spazio per trovare sostegno alla proprie affermazioni, la sen. Binetti lo può
cercare altrove, ed è infinito: alla sua destra in parlamento può avvicinare
autorevoli compagni e compagne di viaggio e d’avventura. Con reciproche
soddisfazioni.
Ciò che meraviglia è che, prima di Veltroni, non sia pubblicamente intervenuto
nessuno da parte cattolica in maniera ufficiale, se non vado errato, a smentire
le opinioni della Binetti. Di fronte alle quali vale l’osservazione manzoniana: «il
buon senso c’era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune».
Una cosa è il discorso religioso che merita serietà e rispetto anche da parte di
chi è laico, come dimostra esemplarmente proprio oggi l’editoriale di Eugenio
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 326
Scalfari su «Repubblica». Ed un’altra cosa è la superstizione travestita da
verità scientifica.
Prescindendo dal fatto particolare (omosessualità = malattia), deve
interessare l’atto intellettuale che evita il discorso scientifico e realistico sulle
condizioni diverse ed opposte che possono esistere anche in campo biologico.
Ricordiamoci di quando nel Settecento di discuteva delle malformazioni (i
cosiddetti mostri) che i teologi negavano ma gli scienziati descrivevano. Che
cosa conta di più, il pre-giudizio che nega i fatti, o l’esame freddo
prescindendo dalle sue pseudo-motivazioni teologiche?

Scalfari spiega alla Binetti, con citazioni pontificie, che non è religiosamente
serio sostenere che un errore di scrittura di una legge (dovuto ad un fattore di
‘ignoranza’ umana) è il frutto di preghiere rivolte a Dio dalla stessa senatrice
del Pd.
Riprendo dal fondo di Scalfari le parole contenute nell'enciclica “Spe Salvi" di
Benedetto XVI, a pagina 64 nell'edizione dell'«Osservatore Romano»: "Il giusto
modo di pregare è un processo di purificazione interiore. Nella preghiera
l'uomo deve imparare che cosa egli possa veramente chiedere a Dio, che cosa
sia degno di Dio. Deve imparare che non può pregare contro l'altro. Deve
imparare che non può chiedere le cose superficiali e comode che desidera al
momento, la piccola speranza sbagliata che lo conduce lontano da Dio. Deve
purificare i suoi desideri e le sue speranze".
Aggiunge Scalfari, rivolto alla Binetti: "Le rilegga, senatrice, e cerchi di capirne
bene il senso. Soprattutto non si autogiustifichi: il Papa, nella pagina
seguente, ne fa espresso divieto".

Alla Binetti, mi permetto di suggerire: rivolga le sue preghiere al Padreterno


perché aiuti poveri, emarginati, malati, le vittime della Storia di cui sono piene
le cronache di ogni giorno: donne, bambini, vecchi. E non perché confonda le
menti della burocrazia governativa che non ne ha bisogno, essendo già
sufficientemente dotata di impreparazione che porta agli errori che poi la
senatrice si vanta di aver provocato grazie ad un intervento soprannaturale.
Dio, la fede e la religione sono cose troppo serie perché siano lasciate in
gestione a chi scambia il cielo per il proprio cervello, come la manzoniana
donna Prassede.

26/12/2007/
Una strenna per i lettori

Potete scaricare il mio testo

Anni Cinquanta
I giorni della ricostruzione
visti da un bambino.
1948-1953

pubblicato nel 1995, cliccando qui.

Auguri di un felice 2008 e buona lettura.

26/12/2007/
Da Ettore Masina

Mi giunge la nuova «Lettera» di Ettore Masina, il noto scrittore cattolico che


ama intelligentemente provocare in tema di religione.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 327

Ne riproduco un brano dalla parte iniziale: «Nella sua recente enciclica il Papa
esclude che le speranze umane abbiano un vero valore se non si fondano in
Cristo, e – forse senza saperlo - Salman Rushdie, scrittore fra i più importanti
della nostra epoca, gli risponde che le speranze proposte da quelli che egli
sprezzantemente definisce “i preti” sono inganni micidiali e pesti
fondamentaliste. Il messaggio che si ricava da questi interventi è dunque che
la speranza sine glossa - quella dei bambini, degli analfabeti, dei poveri, dei
poeti, degli atei (tali per estenuazione, per scandalo o, più semplicemente
perchè nessuno gli ha mai parlato di Dio), - è stupidità, miopia culturale o
rimbambimento. Che ve ne pare?».

Più avanti, Masina scrive: «L’anno prossimo compirò ottant’anni; se osservo la


carta geopolitica della Terra così com’era disegnata quando sono nato (l’Africa
e l’Asia schiacciate dalla ferocia del colonialismo, l’America centromeridionale
ridotta a un grappolo di repubbliche delle banane, in Italia il fascismo, in
Unione Sovietica la sedicente dittatura del proletariato, la Germania spinta
dalla miseria verso il nazismo, il Portogallo nelle mani di Salazar, nell’Europa
orientale un coacervo di regni da operetta, milioni di italiani, irlandesi, greci,
polacchi costretti a un’emigrazione che, nella sua disperata inermità,
prefigurava quella odierna dei popoli del Sud, la tragedia negra negli Stati
Uniti, la condizione femminile ovunque segnata da una feroce minorità
eccetera) posso tracciare facilmente un censimento di speranze che allora
apparivano al limite della follìa ma che hanno mutato il mondo. Ottusa è la
cultura della realpolitik, aveva ragione Paolo VI, invece, quando diceva che vi
sono periodi della storia in cui l’utopia è l’unico realismo possibile».

Nella conclusione troviamo scritto: «Credo che noi cattolici dobbiamo pregare
per questo nostro papa e Natale è un buon giorno per farlo. Egli sembra
racchiuso, come certi antichi orologi, in una campana di vetro che impedisce
che vi entri la polvere (la polvere della storia, nel suo caso: le grida di dolore e
quelle di gioia di tanta parte dell’umanità). Desideriamo che l’Angelo dei
pastori (non si definisce pastore anche il papa?) lo stani dal suo vegliare fra i
libri e lo spinga là dove risuona incessantemente il grido che ogni cristiano
dovrebbe fare suo: “O voi che giacete nella polvere, alzatevi e cantate”».

26/12/2007/
Le ragioni di Prodi

Romano Prodi ha ragione. Non si può concepire la politica come eterna rissa
da cortile, con protagonisti isterici i quali soltanto amano tirare i cappelli
all'avversario, offendendolo con caricature e ridicolaggini che non dicono nulla
alla persone serie. Non ostante tutto ed i telegiornali pubblici o privati, esse
continuano ad esistere.
La politica è cosa per persone serie. L'avanspettacolo è bello ed utile. Ma non
certamente quando si deve decidere la sorte di un Paese. Lasciamo le risse da
cortile ai ricordi di quelle donne che si contendevano lo stesso uomo a colpi di
ciabatte in testa alla nemica.
Adesso sono cose che non si usano più neppure in questi casi di conflitto
d'interessi amorosi. Gli schiaffi hanno ceduto il posto alla compartecipazione
all'utile e al dilettevole.
Il concetto di sesso oggi affermatosi in modo allargato nel più cattolico dei
territori cattolici, rassomiglia vagamente allo spirito della ex Casa della libertà.
Che lo stesso Berlusconi ha chiuso per colpa dei Casini ivi regnanti, intesi
come cognomi.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 328
Verrebbe la voglia di pregare Prodi di lasciare Palazzo Chigi soltanto per carità
cristiana e risparmiarci le esibizioni del Cavaliere. Non ne possiamo più.
Prodiansa
Purtroppo per Berlusconi, Prodi ha vinto le lezioni, di stretta misura come il
presidente degli Usa, anzi con più voti di scarto di lui.
Il presidente del Consiglio non rappresenta i suoi elettori ed i loro eletti. Guida
un governo di un Paese, non la giostra di una periferia urbana o di una
spiaggia. Berlusconi lo dovrebbe sapere, essendo circondato da fior fior di
intellettuali, giuristi ed esperti di tutto lo scibile umano, come l'ispirato
Giuliano Ferrara che amo e stimo moltissimo (guai se lo sapesse: mi
fulminerebbe con uno di quegli sguardi da istrione che spesso ci offre). Ferrara
tra un editoriale sul «Foglio» della signora Veronica Lario in Berlusconi, ed una
trasmissione sulla «Sette», immagino trovi tempo per esercizi spirituali atti a
rafforzare la sua modestia e la sua dialettica antiprodiana.

È inutile ogni giorno andare in fregola con la storia che Prodi se ne deva
andare. Quindi ha ben fatto Prodi a dire: «L'affannosa gioia della spallata
inseguita da Berlusconi non serve proprio a niente, non serve a lui perché poi
non riesce a darla, né serve all’Italia». Anzi, «fa molto male alla democrazia
italiana».
Non mi piace applaudire chi comanda. Ma sarà colpa delle feste o delle parole
di Prodi, approvo anche un altro passaggio della sua dichiarazione natalizia:
«Prima delle elezioni io sono stato sottoposto ad uno spionaggio sistematico,
durissimo, illegale, ma ho sempre detto: lasciamo fare alla Magistratura. E io
credo che un uomo politico debba fare queste cose».

A Prodi, se posso permettermi, suggerisco di andare cauto con certi amici che
lo circondano nel novello Pd.
Al treno veltroniano si sono accodati personaggi che non hanno la minima
idea della differenza fra destra e sinistra, anzi hanno fatto pubblica
professione di imparzialità fra le due parti. Che è come dire che votare Prodi o
Berlusconi è la stessa cosa.
Ecco, caro presidente, la spallata se verrà, giungerà da questi ambigui
personaggi che fanno i giocolieri, fingendo di guardare al bene comune, ma in
sostanza pensando soltanto a guadagnarsi la pagnotta con la politica perché
altrove non hanno raggiunto alcun obiettivo grazie alle capacità personali ma
soltanto in virtù di sacrosante protezioni.
Insomma, alla fine potrà più la «casta» che il «casto» Silvio Berlusconi, quando
si tratterrà di far cadere il governo Prodi. E succederà per mano di esponenti
del partito voluto fortemente dal professore. E nel più perfetto e perfido stile
che una volta si diceva democristiano.

Per rallegrarvi, guardate l'imitazione di Alberto Angela fatta da Neri Marcoré


(foto in alto, a destra).

24/12/2007/
Caro Carlino (e tutto il resto)

Mi hanno detto che il «Carlino» ha festeggiato i 50 anni della sua pagina


riminese. Auguri.
Sono affezionato alla redazione del 1960-62, quando da studentello vi feci un
apprendistato fondamentale sotto la guida del capo-pagina prof. Amedeo
Montemaggi, un giornalista di vaglia e soprattutto un maestro di cronaca dalla
rara efficacia e intelligenza delle cose.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 329

L'idea di riempire le giornate con un diversivo allo studio universitario, mi


venne appena conclusa la sessione d'esami dell'abilitazione magistrale (la
nostra non era allora chiamata maturità).
Dissi a mio padre se mi poteva presentare a Montemaggi che lo conosceva
bene.
Una mattina di fine luglio andammo mio padre ed io in piazza Cavour, ed
incontrammo Montemaggi proprio sulla porta del palazzo dove ha tuttora la
sede il «Carlino» riminese.
Montenaggi Dopo i convenevoli di rito, Montemaggi (foto) mi disse una cosa
che ho sempre conservato in memoria come prima regola del lavoro di
cronista: «Bisogna imparare a lavorare di corsa. Ieri sera ho fatto in tre quarti
d'ora un pezzo di due cartelle e mezzo per l'edizione nazionale».

In quella regola c'è tutto quanto è utile ai cronisti (e anche ai blogger) in certi
momenti. Ovvero concentrarsi sull'argomento, saper tirare fuori tutto quello
che serve, scrivere, rileggere e spedire...
Allora non c'erano né telescriventi né computer, si andava col «fuori sacco» in
stazione o al massimo per le cose urgentissime si ricorreva telefono. Che
andava però usato con parsimonia per non essere sgridati dall'amministratore
bolognese, celebre, temuto e tiratissimo.

Il vice di Montemaggi (che cominciava allora le sue ricerche sulla Linea gotica)
era Gianni Bezzi, studente in legge, bravo, intelligente e soprattutto amico,
nell'impostarmi sul lavoro di ricerca della notizia e nella stesura dei breve testi
di cronaca. Bezzi ha poi lavorato a Roma al «Corriere dello Sport».
Corrispondente da Riccione era Duilio Cavalli, maestro elementare, e
conoscitore dei segreti dello sport, materia affidata per il calcio al celebre
Marino Ferri. Mentre «Isi», Isidoro Lanari, curava le recensione
cinematografiche.
E poi c'erano i padri nobili del giornalismo riminese che frequentavano la
nostra redazione. O che collaboravano allo stesso «Carlino». Giulio Cesare
Mengozzi, antico amico della mia famiglia, sostituiva Montemaggi durante le
sue ferie. Luigi Pasquini, una celebrità che non si fece mai monumento di se
stesso, ed ebbe sempre parole di incoraggiamento con noi giovani. Ai quali
Flavio Lombardini offrì di collaborare alle sue iniziative editoriali.
C'era poi la simpatica e discreta presenza di Davide Minghini, il fotoreporter,
l'unico che aveva un'auto con cui andare sul luogo di fatti e fattacci. Arrivò ad
un certo punto Marian Urbani, il cui marito gestiva l'agenzia di pubblicità del
«Carlino». Si mise a fare la simpatica imitazione di Elsa Maxvell, la cronista
delle dive americane. Dove c'era mondanità c'era Marian che le ragazze in
carne corteggiavano per avere appoggi in qualche concorso di bellezza....

C'era poi un collega giovane come me, che era figlio di un poliziotto, e che
andava in commissariato a rubare le foto degli arrestati dalle scrivanie dei
colleghi di suo padre. E noi le dovevamo restituire...
C'era una bellissima ragazza, Nicoletta, che da allora non ho più rivisto a
Rimini. Ricordo una simpatica serata che Gianni ed io trascorremmo con lei ed
una sua amica inglese al concorso ippico di Marina centro. Cercavamo di
insegnare alla giovane d'Oltremanica tutte le espressioni più strane del
parlare corrente italiano, al limite di quello che il perbenismo di allora poteva
considerare turpiloquio. Ma la frase più ardita era semplicemente: «Ma va a
magnà er sapone».

Leggo sul Carlino-on line le parole di Piero Meldini per i 50 anni dell'edizione
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 330
riminese: «Chiunque sapesse tenere in mano una penna (tenerla bene) è
passato dal Carlino».
Posso di dire di aver fatto con Montemaggi, Bezzi e Cavalli una gavetta che mi
è servita sempre. Forse appartengo ad una generazione che è consapevole dei
debiti verso i maestri che ha avuto. Forse ho la fortuna di essere consapevole
dei miei molti limiti per poter riconoscere l'aiuto ricevuto nel miglioramento
dalle persone con cui sono venuto a contatto allora e poi. Fatto sta che quei
due anni nel «Carlino» per me sono stati fondamentali.
Studio e passione per argomenti diversi hanno la radice in quella curiosità che
mi insegnarono essere la prima dote di un cronista.

Gianni Bezzi scomparve giovedì 17 febbraio 2000, a 60 anni.

Lo ricordai sul web con queste righe.

Aveva debuttato al "Carlino" riminese, come vice-capopagina. Ma uno


scherzetto fattogli mentre doveva essere assunto a Bologna nella redazione
centrale, lo ha buttato sulla strada.
Ha diretto poi a Rimini il periodico "Il Corso". Nel 1969 è stato assunto a Roma
al "Corriere dello Sport", dove è rimasto fino alla pensione. Ha scritto anche un
volume su Renzo Pasolini ed ha curato, lo scorso anno, un libro sullo sport
riminese nel XX secolo.
Persona buona ed onesta, professionista serio, amico di una lontana
giovinezza nel mio debutto giornalistico, lo ricordo e ne piango la scomparsa
con animo rattristato. E queste parole possano farlo conoscere anche fuori
della Rimini astiosa dove venne tradito e ferito dal disonesto comportamento
di chi volle ostacolargli una carriera meritata per la correttezza umana e
professionale.

Sul settimanale Il Ponte pubblicai questo articolo.

Ciao, Gianni

Quando qualcuno si metterà a scrivere con completezza ed onestamente una


storia del giornalismo riminese di questi ultimi cinquant’anni, dovrà dedicare
un capitolo a Gianni Bezzi, appena scomparso a Roma, dove aveva lavorato
per tre decenni al "Corriere dello Sport" come cronista ed inviato speciale.

Lo ricordo con infinito dolore. Ho perso un amico onesto, buono, corretto.


Ci eravamo conosciuti nel 1960 alla redazione riminese del "Carlino", dove
guidava con serenità e buon gusto il lavoro di un gruppo di giovani, molti dei
quali poi hanno cambiato strada, chi ora è architetto, chi docente
universitario.

C’era uno di noi, figlio di un questurino, che a volte voleva fare degli scoop e
prelevava in Commissariato le foto degli arrestati, poi arrivava una telefonata
e noi le dovevamo restituire.

Gianni amava lo sport che aveva in Marino Ferri la penna-principe del


"Carlino". Fece il corrispondente locale del "Corriere dello Sport". Aveva un
linguaggio asciutto, il senso della notizia, era insomma bravo.

Un bel giorno, mentre frequentava già di sera la redazione bolognese del


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 331
"Carlino", dopo aver lavorato al mattino in quella di Rimini, e mentre gli si
prospettava un trasferimento sotto le due torri, successe questo, come si
ascoltò a Palazzo di Giustizia: risultò che lui in ufficio c’era andato così, per
sport.

Diresse poi un nuovo giornale "Il Corso", che usciva ogni dieci giorni. Mi
chiamò, affidandomi una pagina letteraria (che battezzai "Libri uomini idee",
rubando il titolo ad una rubrica del "Politecnico" di Vittorini), ed anche una
rubrica di costume ("Controcorrente") che firmavo come Luca Ramin.

Fu un sodalizio di lavoro intenso ed appassionato. Mi nominò persino


redattore-capo, e credo che sia stato l’unico errore della sua vita.

Per Marian Urbani inventai una sezione definita "Bel mondo", nel tamburino
redazionale. La cosa fece andare su tutte le furie il giornale del Pci che ci dava
dei "fascisti" ogni settimana, avvantaggiandosi su di noi che, come ho detto,
andavamo in edicola solo tre volte al mese. E non sempre.

Nel gennaio del ‘67 il nevone ci fece saltare un numero. Due anni dopo, Gianni
fu assunto a Roma.

Queste mie misere parole possano, in questa città di smemorati, ricordare un


giornalista che proprio a Rimini ha dedicato la sua ultima fatica, un libro sullo
sport del ’900. Ciao, Gianni.

L'anno scorso è scomparso Silvano Cardellini, anche lui celebre firma del
«Carlino». Oggi lo celebrano, ma non fu sempre trattato bene da quel
giornale. Allora osservai in ricordo del caro amico:
«Ti hanno costretto a fare il cronista sino ad ieri, non so per colpa di chi, forse
per il fatto che (come hai scritto tu) «normali non siamo» o non sono pure
quelli di fuori (leggi: Bologna). Se avessi diretto un giornale cittadino, avresti
avuto il gusto di alimentare le polemiche, che sono il sale del pettegolezzo,
anche se esse stanno ben lontane dall’informazione della quale a Rimini non
frega nulla a nessuno».

24/12/2007
Letterina di Natale

Da fanciulli, ci costringevano a scrivere (sotto dettatura) la lettera a Gesù


Bambino, che immancabilmente si concludeva con la promessa di obbedire ai
genitori.

La nostra generazione, nata durante la guerra, è stata costretta a credere ed


obbedire. Per fortuna non a combattere. L'altra sera da Fazio, lo scrittore
Enrico Vaime ha detto una battuta che mi è cara. Non abbiamo fatto la
Resistenza, non abbiamo fatto il Sessantotto, insomma non abbiamo fatto
niente.

Dicevamo signorsì al signor Maestro, nelle elementari, stando sull'attenti.


Dovevamo scrivere sotto dettatura a Gesù Bambino quella promessa di
obbedire ai genitori come se avessimo compiuto chissà quale azione
rivoluzionaria. Forse ci siamo soltanto permessi qualche volta di essere
bambini come natura comanda.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 332
Mia madre mi mandava in giro con un ciondolo d'un santo o d'un beato che
riproduceva uno slogan di pietà e d'educazione: «La morte ma non i peccati».
Non sapevamo nulla dei peccati, ma ce lo spiegavano anziani e pii sacerdoti
negli interrogatori al confessionale.
Ci aprivano le finestre sul mondo, mostrandocelo come se fosse un vero e
proprio inferno di cose immonde e nefande.

Le minacce delle fiamme dell'inferno teologico che avrebbe ripagato per


l'eternità i nostri eventuali errori di un minuto, fecero il loro effetto su di me
sul piano gastro-enterico.
Una mattina dovetti andarmene a casa fingendo indifferenza, ma affrettando il
passo perché la paura dell'inferno aveva agito come la dolce euchessina prima
di uscire dalla parrocchia alla ricerca affannosa del lontano riparo domestico,
rigorosamente a piedi, e noncurante del fatto che avevo già cominciato a
pagare quello che con linguaggio popolare si diceva un tempo il «debito
naturale». Insomma me la ero fatta addosso dalla paura instillatami dai pii
confessori.

Adesso che sono vecchio, voglio scrivere una letterina di Natale, ma non
posso scomodare Gesù Bambino, mi risponderebbe che ormai certe cose le so,
e che quindi, è inutile rifare la solfa di quando si era fanciulli promettendo
obbedienza.

Se dovessi scegliermi un intermediario con Gesù Bambino, chiederei aiuto ad


Enzo Biagi che adesso viaggia lassù, e chissà come si diverte a fare interviste.

Caro Enzo, per favore non dire oggi o domani a Gesù Bambino che prima o
poi, gliela faranno pagare. Succederà quando tra qualche mese tutta la gente
sarà felice come adesso, con una sola differenza. In questi giorni essa mangia
il panettone per rispettare le tradizioni, più avanti gusterà le uova di
cioccolato.
Comunque, è già tutto previsto. Ci sarà un tale Giuda che poi farà discutere
per millenni. Se deve recitare quella parte, dicono, non è che poi sia tanto
malvagio. Un attore, cioè uno che segue il copione voluto dal Capo. Sia fatta la
volontà di Dio, dovrà dire Gesù. Che poi avrà anche il momento più bello,
quando umanamente sospira al Padre: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai
abbandonato?».
Piffero

Caro Biagi (adesso che non sei più tra noi fisicamente, permettimi la
confidenza del tu rivolto ad un maestro di stile e quindi anche di vita), questo
Gesù che spupazzano tra un presepio allestito per attirare turisti ed un
supermercato che svende tutto in occasione delle festività, forse è più
crocifisso a Natale che a Pasqua, da noi uomini di Buona Volontà, a cui è
destinata la sua pace.
Cose strane, incomprensibili, misteriose. A lui in un certo senso è andata
bene, di Giuda ne ha incontrato soltanto uno.

Come vedi, il mio testo non sarebbe adatto ad una letterina per Gesù
Bambino.
Basta il pensiero, dicevano una volta. Ma oltre al pensiero ci vuole anche
qualcosa che rallegri la nostra vita. Se a rattristarla sono proprio quelli che in
nome suo parlano ma poi tradiscono come Giuda, ti viene un dubbio: oltre che
ipocriti e falsi, chi si credono di essere?
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 333

23/12/2007/
Piange il telefono
Un illustre giurista, Guido Neppi Modona, scrive oggi nel «Sole-24 Ore» un
importante articolo sul problema delle intercettazioni telefoniche che sta
riscaldando il clima politico italiano.

Il punto centrale del suo breve saggio è in questo passo: «a essere censurato
e condannato non è stato il comportamento penalmente illecito o
politicamente scorretto e squalificato» di chi aveva detto certe cose al
telefono.

Bensì si è spostata l'attenzione «sull'imprescindibile esigenza di impedire per


il futuro che notizie di quel tipo potessero divenire di dominio pubblico». Neppi
Modona parla esplicitamente delle «serie preoccupazioni» suscitate dagli
atteggiamenti del ceto politico che mirerebbe alla sua tutela in sede
giudiziaria per garantirsi una specie di salvacondotto (mi scuso del riassunto
troppo sintetico per argomentazioni molto articolate, ma la morale della favola
è questa).

Per fortuna, aggiunge il professore, la Corte costituzionale ha di recente


stabilito che «anche in caso di diniego dell'autorizzazione», le intercettazioni
«potranno essere utilizzate processualmente nei confronti di terzi»...

Le cronache odierne a proposito del problema delle intercettazioni, sono piene


delle parole di Grillo contro Bertinotti (accusato di essersi «preoccupato per la
privacy di un signore che voleva comprare un senatore. Invece di espellere
questo (basso) insulto alla democrazia dalla Camera ne tutela la privacy»).
Non so se nei prossimi giorni si discuterà seriamente secondo il ragionamento
di Neppi Modona. Se a dettare legge, come si suol dire, dovesse essere più un
comico che un illustre giurista, allora ne trarremmo le conseguenze logiche
circa le opinioni negative che girano all'estero sopra il nostro Paese.

22/12/2007/
Douce France
Quando ho scritto il post su Sarkozy "canonico lateranense", non l'ho fatta
lunga perché giustamente ai blog si chiede un'informazione veloce, sintetica,
e facile da digerire. Anzi spesso si invoca la battuta di spirito, come quella che
ho fatto sulla «canonica» compagna del presidente francese.
Ringrazio Fino che si è aggiunto al discorso con il commento sulle curve
«canoniche» della signora Bruni. Infatti la bellezza ha le sue regole, i suoi
canoni classici che nessuna modernità potrà cancellare perché sono
(pre)stampati nel nostro cervello.
Ringrazio Emilio per gli auguri e per il suo testo. E perché così mi permette di
tornare sopra il tema, magari con qualche annotazione noiosa che mi
perdonerete: sotto le feste, come suol dirsi, siamo tutti più buoni.

Quando ho scritto su quel canonicato (che altri capi di Stato francesi in


precedenza rifiutarono), non pensavo al tema oggi molto attuale e scottante
del multiculturalismo.
Per un riflesso condizionato che genera la vecchiaia, andavo leggermente più
indietro, all'inviso Voltaire che principia il suo «Trattato sulla tolleranza» con
un capitolo dedicato ad un drammatico episodio di guerra di religione. La
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 334
morte di Jean Calas (v. anche qui).
Riporto le frasi iniziali del capitolo: «Le meurtre de Calas, commis dans
Toulouse avec le glaive de la justice, le 9 mars 1762, est un des plus singuliers
événements qui méritent l'attention de notre âge et de la postérité. On oublie
bientôt cette foule de morts qui a péri dans des batailles sans nombre, non
seulement parce que c'est la fatalité inévitable de la guerre, mais parce que
ceux qui meurent par le sort des armes pouvaient aussi donner la mort à leurs
ennemis, et n'ont point péri sans se défendre. Là où le danger et l'avantage
sont égaux, l'étonnement cesse, et la pitié même s'affaiblit; mais si un père de
famille innocent est livré aux mains de l'erreur, ou de la passion, ou du
fanatisme; si l'accusé n'a de défense que sa vertu: si les arbitres de sa vie
n'ont à risquer en l'égorgeant que de se tromper; s'ils peuvent tuer
impunément par un arrêt, alors le cri public s'élève, chacun craint pour soi-
même, on voit que personne n'est en sûreté de sa vie devant un tribunal érigé
pour veiller sur la vie des citoyens, et toutes les voix se réunissent pour
demander vengeance».

Il tema è affrontato da Voltaire in un altro scritto: «Un des grands aliments de


l’intolérance, et de la haine des citoyens contre leurs compatriotes, est ce
malheureux usage de perpétuer les divisions par des monuments et par des
fêtes. Telle est la procession annuelle de Toulouse, dans laquelle on remercie
Dieu solennellement de quatre mille meurtres: elle a été défendue par
plusieurs ordonnances de nos rois, et n’a point encore été abolie. On insulte
dévotement, chaque année, la religion et le trône par cette cérémonie
barbare; l’insulte redouble a la fin du siècle avec la solennité. Ce sont là les
jeux séculaires de Toulouse; elle demande alors une indulgence plénière au
pape en faveur de la procession. Elle a besoin sans doute d’indulgence; mais
on n’en mérite pas quand on éternise le fanatisme».

Fortunatamente internet mette a disposizioni tutti questi testi, ai quali la


pazienza dei lettori può fare ricorso.

Ecco, è molto lunga la distanza che corre dal «Discorso sulla tolleranza» (una
volta un alunno mi disse: ma come lei parla di queste cose, in ritardo compresi
che aveva equivocato fra tolleranza e case di tolleranza...), per arrivare al
gesto di Sarkò: è molto lunga soprattutto per una repubblica che si festeggia
in un giorno ben preciso, il 14 luglio, con tutto quello che la data significa e
comporta.

Ecco perché vedere il poligamo Sarkò rivendicare le radici cristiane della


Francia, mi ha fatto effetto. Non si tratta di negare quelle radici che la storia è
lì ad indicarci (come ha scritto giustamente Emilio). Si tratta semplicemente di
un mio stupore (quindi un sentimento che può tranquillamente essere definito
infondato od illogico), che però non è un fatto del tutto isolato neppure in
Francia.

In questo momento sul sito de Le Monde, il sondaggio sulle dichiarazioni di


Sarkò in San Giovanni in Laterano, dà quasi un 60 % di contrari ed un 33 di
favorevoli.

Post scriptum. Mia moglie ha dapprima fortemente disapprovato la foto della


«canonica». Poi, si è convinta che il discorso era serio. Non ditele che ho
scritto qui di questa sua tirata d'orecchi...

21/12/2007/
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 335
Un esempio di dialogo

Giorni fa nel sito di Vittorio Pasteris, il nostro "amministratore", ho trovato


citato un luogo di discussione molto interessante: «Io dico la mia» (in
"votaeargomenta").

Vi ho partecipato con una semplice (improvvisata) battuta sul concetto di


«bene». La riproduco qui.Fl_1
17-12-2007
Il bene è ciò che scaturisce dalla nostra azione nella società, non è
semplicemente l'assenza del male, è qualcosa che si realizza considerando
non soltanto l'aspetto egoistico dell'agire, ma l'effetto che il nostro stesso
agire provoca anche negli altri.

(Il concetto di bene è stabile?)


«Stabile»: se significa immutabile e duraturo, l'aggettivo mi sembra
fuorviante. Il vivere è divenire, cioè cambiamento. Le risposte di oggi non
andavano bene ieri, e non funzioneranno domani. Tutto nella vita finisce per
essere instabile, per cui il bene è creare ma non imporre, è escogitare la
soluzione (nuova) del problema nuovo, non pensando che le vecchie risposte
possano funzionare nella realtà diversa che si è venuta a creare. Poi: il dovere
più che un piacere è un dovere. Far bene o fare il bene, vien prima che godere
del bene fatto.

(Per brevità non ho potuto riportare le affermazioni a cui faccio riferimento


nelle risposte. Che consiglio di leggere nel sito).

21/12/2007/
La «canonica»

Il canonicato d'onore della basilica del Laterano concesso a monsieur le


président Nicolas Sarkozy, rimanda a ricordi medievali, ai privilegi attribuiti
dalla Chiesa di Roma ai sovrani cattolici europei. Se Parigi valeva bene una
messa, un canonicato serve pur esso ad un appoggio politico.
Fa semplicemente sorridere, nel pieno rispetto delle libere scelte individuali, la
predica di monsieur Sarkozy sui valori cristiani, sempre per la vecchia storiella
di questi potenti che non vivono personalmente la religione, ma la
strumentalizzano tra gli applausi di chi poi strumentalizza gli stessi potenti.
«A Rome, on n'en attendait pas tant», scrive oggi «Le Monde».

Canonica In Francia chiamano «italiano» ciò che per noi è «machiavellico».


Adesso che la compagna del canonico Nicolas Sarkozy è un'italiana, quale
altro aggettivo useranno per indicare appunto ciò che per noi è
«machiavellico», per non screditare la signora?
Una curiosità, la compagna del canonico Sarkosy ha diritto ad essere chiamata
«canonica»?

20/12/2007/
Un ragazzo

Dame Seye è un ragazzo senegalese di 17 anni residente a Rimini.


Di recente è stato protagonista del salvataggio del fratellino di sei mesi
intrappolato nell’abitazione in fiamme.
Comune
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 336
Dame Seye rimase gravemente ferito, con ustioni ad un terzo del corpo.
Oggi il sindaco di Rimini Alberto Ravaioli (a sx, foto Gallini/Uff. Stampa
Comune), e l’assessore alle Politiche dell’integrazione, Vittorio Buldrini, lo
hanno ricevuto e premiato nella residenza municipale.

20/12/2007/
A proposito...

A proposito del tema della laicità affrontato nel mio post di ieri («Santa
ipocrisia»), molto interessante mi sembra il testo apparso oggi sulla Stampa a
firma di Gian Enrico Rusconi, «Democratico, ma non democristiano».

Ne riporto la conclusione:

«Il laico deve far valere il principio universalistico della cittadinanza


costituzionale. Il problema della laicità in Italia oggi non riguarda soltanto la
riconferma dei grandi principi del pluralismo, ma l’affermazione di una cultura
che dà sostegno concreto alla cittadinanza costituzionale. Questa è la
democrazia laica, nel senso che quando in essa si manifestano credenze e
convinzioni incompatibili tra loro, ai fini dell’etica pubblica e delle sue
espressioni normative, non decidono «verità sull’uomo», ma le procedure
democratiche che minimizzano il dissenso tra i partecipanti al discorso
pubblico.

«La verità» - se vogliamo usare questo concetto impegnativo - consiste nello


scambio amichevole di argomenti nella lealtà reciproca. Chi accetta questo
atteggiamento e ragionamento è laico. Chi non lo accetta e lancia contro di
esso l’accusa di relativismo, non solo non è laico, ma usa il concetto di
relativismo come una parola-killer che uccide ogni dialogo.»

19/12/2007/
Santa ipocrisia

Ricevo da un collega blogger questo bel biglietto d'auguri: «Caro Antonio, nel
laico dubbio che uno sia cristiano oppure no io ricorro spesso alla formula
"Buone Feste di Fine Anno", che dovrebbe andar bene per tutti».
Grazie di cuore del messaggio ed anche dell'attenzione.
A me va benissimo il Natale con relativo riferimento augurale. Considero la
nascita di Cristo un evento fondamentale nella storia del mondo.
Non per nulla nel presepe davanti a tutti stanno i reietti del tempo, i pastori.

Educazione e sentimenti religiosi, mi piace però onestamente tenerli separati


dall'idea dell'impianto politico della società: ecco perché molto spesso scrivo
invocando il nome della laicità. (È nel Vangelo che si trova la distinzione fra
Dio e Cesare...)

L'ultimo spunto al proposito è dato da un articolo di Miriam Mafai su


«Repubblica» di ieri e dalla risposta odierna alla Mafai di Walter Veltroni.
L'episodio è esemplare. «Prima sconfitta per il Pd» intitolava ieri il quotidiano
romano il pezzo della Mafai sul fatto che nel consiglio comunale capitolino non
è stato possibile arrivare a deliberare l'istituzione di un «registro» delle unioni
di fatto (semplifico molto per riassumere la discussione).
Miriam Mafai parlava di «una sconfitta per chi aveva scommesso su una
possibile convergenza e unità di due riformismi, uno di origine popolare, l'altro
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 337
di origine socialista».

Oggi Veltroni smentisce la Mafai, sostenendo che nulla è stato compromesso


perché il problema non riguarda il consiglio comunale di una città in cui in
questi anni «i diritti sono stati tutelati e rafforzati». Ma tocca la politica che
deve dare «risposte legislative adeguate e moderne» per realizzare «la laicità
delle istituzioni repubblicane».

Sotto l'aspetto formale, Veltroni ha ragione. Ma è la questione sostanziale che


va esaminata. E la questione sostanziale è quella denunciata dalla Mafai ieri, e
da Scalfari di recente («laicità è sinonimo di democrazia»): le pressioni
d'Oltretevere sui politici del Pd...

Pirata

Veltroni passa la palla a Prodi: è la politica che deve dare «risposte legislative
adeguate e moderne».
Non può cavarsela, WV, dicendo che lui come sindaco di Roma governa una
città tollerante.
Non basta. Lui è il segretario del Pd. Due ruoli, due parti sono utili se servono
a sommare la forza del personaggio.
Ma se il personaggio si sdoppia, fingendo che non ci siano state le pressioni
vaticane su quel «registro» (considerato indegno per la città «sacra»), allora
ha ragione Miriam Mafai nel sostenere che la vicenda capitolina è stata una
sconfitta per tutto il nuovo partito prodiano-veltroniano-rutelliano (e...
vaticano).

Allora ha ragione il ministro Emma Bonino quando oggi denuncia


«l'intromissione giornaliera, petulante delle gerarchie» cattoliche. E dichiara:
«Qui è una saga di baciapile, ce ne fosse uno che ha una famiglia normale,
sono pluridivorziati e va benissimo, però poi non vadano a predicare il
contrario».

Uno dei cardini su cui si regge lo spirito evangelico, è quello della


testimonianza. Ovvero della coerenza fra le cose credute e quelle praticate.
Ma quella coerenza non esiste nei tanti predicatori che ci affliggono con le loro
litanie finalizzate soltanto a raccogliere voti. Possibile che le gerarchie
ecclesiastiche non vedano? Finisco qui perché non vorrei essere scambiato
per un teologo, anzi peggio per un teologo del dissenso, come si diceva una
volta.
Adesso è tutto consenso. Chi racconta le balle più grosse è premiato. Contenti
loro... Speriamo che ci permettano di non essere d'accordo con la santa
ipocrisia.

Circa la mossa di WV di passare la mano alla «politica» (che deve dare


«risposte legislative adeguate e moderne» alla laicità dello Stato), sono da
leggere con attenzione le parole di Riccardo Barenghi sulla «Stampa» odierna,
proprio sul doppio scacco politico del governo e quindi di Veltroni come
segretario del Pd per il decreto sulla sicurezza e per la legge elettorale («ha
sbagliato il metodo»).
Conclude Barenghi che «nel suo partito non sono pochi quelli che non vedono
l’ora di sgambettare il leader e ridimensionarlo. Figuriamoci nel resto del
Palazzo».

Il discorso prosegue qui (20.12.2007): “A proposito...”.


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 338

18/12/2007/
Noi e la Francia

La facevano già difficile prima, i commentatori politici di casa nostra: qui ci


vuole un Sarkozy italiano...

Adesso che la fiamma dell'amore rallegra il presidente francese attraverso la


figura di una connazionale, Carla Bruni, il problema diventa più arduo.

Va bene un Sarkozy, ma se lo avessimo, poi potremmo meritarci pure una


compagna del leader, che non ci faccia sfigurare davanti a Carla Bruni ed ai
cugini francesi?

«Lei lo ha sedotto in tre settimane», titola «La Stampa» di oggi.


Scattano i cronometri per la più famosa coppia italiana, Walter e Silvio. Chi
sedurrà chi, e in quante settimane?

17/12/2007/
Troppo zucchero per Prodi

Se anche per le interviste televisive esistessero le pagelle come per le partite


di calcio, non mi sentirei di dare un gran voto ai "duellanti" di ieri sera, Fabio
Fazio e Romano Prodi.
La correttezza del primo a volta è velata da un eccesso di zucchero nella
bibita che ci offre. Figurarsi ieri sera che Zucchero c'era di persona in
trasmissione... Meglio il pepe della Littizzetto.

L'onestà intellettuale del presidente del Consiglio è fuori discussione. Lo dico


in modo partigiano, tanto per evitare piagnistei. Meglio lui del cavaliere, se la
piazza offre questo. Però anche Prodi ha avuto qualche uscita molto poco
felice.

Ad esempio quella sulla «ragion di Stato» a proposito della visita del Dalai
Lama e dei rapporti con la Cina.
Caro Prodi, sono cose che si pensano ma non si dicono. Non è apprezzabile la
sincerità, in questi casi. La diplomazia chiama diplomazia. Invocare la «ragion
di Stato» quando le ragioni morali sono ben superiori, non è un'uscita
particolarmente brillante.

Poi la vicende di quel treno fermo per dodici ore. «Ohi, uno era fermo ma ne
correvano altri mille...» ha detto all'incirca Prodi. Beh, e se ci scappava un
morto assiderato?

Ultimo appunto. Quando ha detto giustamente che democrazia è controllo di


tutti i cittadini su qualsiasi fatto, anche sulla cultura...
Forse Prodi non è molto al corrente. Un recente episodio, quello della Dante
Alighieri di Firenze. L'ho ricordato qui l'8 dicembre. Parole del prof. Emilio
Pasquini: «Una cordata di politici e di presunti studiosi mi ha defenestrato con
un colpo di mano per nominare un nuovo consiglio direttivo ed un nuovo
presidente» (il vecchio era Pasquini).
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 339
Se passa dalle mie parti, caro presidente, e va magari alla Fiera di Rimini
transitando davanti a casa mia, le offro un caffè casalingo e facciamo due
chiacchiere sul tema, l'unico che conosco, il condizionamento politico-
affaristico della cultura.
Magari lei mi spiega che cosa succede nelle università. Per verificare se è vero
quanto si legge e si ascolta. Una botta di democrazia, insomma, due
chiacchiere informali ma non troppo. Dopo le riporto qui, la avviso in
anticipo...

Pirata Fazio avrebbe potuto chiedere a Prodi ad esempio se non trova


contraddittorio che le nostre opere missionarie chiedano soldi ai cittadini per i
bambini che agonizzano in Africa, mentre da noi non so quanti miliardi sono
stati spesi per la chiesa di padre Pio, un francescano, ovvero seguace di
«sorella povertà».
Forse è un problema di coscienza ben più serio di quelli che affliggono la
senatrice Binetti per le unioni di fatto o le norme cosiddette «antiomofobia»
quando se ne parla in àmbito politico.
Luciana Littizzetto mi rivolgo a lei: ponga questa domanda a «eminence».

16/12/2007/
Assolse Galileo
Galileo «Il frate che assolse Galileo». Il titolo della mezza pagina della
«Stampa» di stamane, nel ricordo di padre Enrico di Rovasenda, scomparso
ieri a 101 anni, rimanda al 31 ottobre 1992, quando Giovanni Paolo II cancellò
la condanna a Galileo, frutto (disse il papa) di «una tragica reciproca
incomprensione» tra scienza e fede.
Riprendo la citazione dal bell'articolo di Alberto Mattioli, pubblicato a pagina
36.

Dalla Radio Vaticana, riporto la biografia del padre domenicano:


«Un testimone straordinario dell’apostolato intellettuale: è questo il tratto
distintivo, nella sua lunga vita terrena, del domenicano Enrico di Rovasenda,
spentosi stamani nel convento di Santa Maria di Castello, a Genova, all’età di
101 anni. Nato nel 1906 a Torino, a soli vent’anni si laurea in ingegneria nel
capoluogo piemontese. Nel 1929 entra nell’Ordine dei Frati predicatori e inizia
la formazione presso il convento di San Domenico a Chieri, fino all’ordinazione
sacerdotale avvenuta nel 1933. Amico fraterno di Piergiorgio Frassati,
collabora con il futuro Papa Paolo VI, negli anni in cui Montini è assistente
della FUCI, la Federazione Universitaria Cattolica Italiana. Dopo la licenza e il
dottorato in Teologia, studia filosofia a Parigi. Ritornato in Italia a metà degli
anni Trenta, ben presto diventa punto di riferimento della cultura cattolica
della città. Nel 1974, Papa Montini lo nomina direttore della cancelleria della
Pontificia Accademia delle Scienze. Incarico confermato da Giovanni Paolo II,
fino al compimento degli ottant’anni. Tuttora era membro onorario
dell’Accademia. Dal 1977 al 1992 è anche assistente ecclesiastico prima del
Movimento laureati di Azione Cattolica e poi del Movimento ecclesiale di
impegno culturale. Da 15 anni si era ritirato nel convento di Santa Maria del
Castello di Genova. Proprio qui, lunedì prossimo alle ore 11.30, saranno
celebrati i suoi funerali. (A.G.)»

Il caso ha voluto che oggi pomeriggio, ripulendo un po' sedie e scrivanie,


trovassi una pagina di «Repubblica» dello scorso 19 giugno. Titolo «I calcoli di
Newton: l'apocalisse nel 2060». Sottotitolo: «Gerusalemme, in mostra inediti
del grande scienziato su cabale e alchimia».
Alberto Stabile spiega che Newton non vedeva nessuna contraddizione fra
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 340
scienza e fede. E che compose 15 pagine di quaderno sull'alchimia che
all'epoca «godeva del prestigio di cui godono la fisica nucleare e l'ingegneria
genetica messe insieme».
Ciò a dimostrazione che il cammino della scienza è molto lento e contorno.
Non un piatto precotto di verità. Anzi ciò che oggi appare tale, domani potrà
essere smentito da altre scoperte. Ecco perché la verità della scienza non è
mai un dogma.

Contro il dogma dovette scontrarsi Galileo. Un pensiero di gratitudine, dunque,


al domenicano padre Enrico di Rovasenda deceduto ieri, per la sentenza
vaticana del 1992.

15/12/2007/
Allegro, Veltroni!

Pure l'allegro Renzo Arbore ha sempre avuto i suoi «momenti di tristezza»,


racconta la sua "leggenda".
Figurarsi noi. Anche prima di leggere la diagnosi del «New York Times». Il suo
corrispondente da Roma ha scritto che siamo il popolo più triste d'Europa.
L’Italia è una nazione «attanagliata dalla paura». Alla frutta. «L'Italia non si
vuole più bene: c'è un senso di malessere generale nel Paese».
Commenta Luca Cordero di Montezemolo su «Repubblica» di oggi: «Qui chi
nasce povero rischia quasi sempre di morire povero». L'Italia non ha al centro
dei propri pensieri l'educazione, quindi il futuro dei giovani. Trascura il bene
comune. Troppa evasione fiscale («che è un furto») e troppi incidenti sul
lavoro. Dobbiamo puntare sulle capacità delle persone, premiandone il merito,
e non sulla cooptazione.

Oggi Veltroni ritorna sull'articolo del NYT, e propone la sua ricetta: «L’Italia ha
bisogno obiettivamente di ritrovare fiducia, sorriso, serenità, energia e
speranza».

Mettendo sulla bilancia del realismo politico l'intervista di LCM e le parole di


WV, il piatto sale per il presidente di Confindustria. Sintomo allarmante, se
appare più moderna Confindustria che è per dote genetica l'immagine del
conservatorismo.

Qualche sera fa il sen. Giorgio Tonini, ospite di Giuliano Ferrara, dichiarava il


Pd un partito di centro. Era nato con la pretesa di rappresentare il riformismo
di centro-sinistra. Ha perso per strada già qualcosa della dote che aveva
offerto agli elettori. Avanti di questo passo, e Veltroni sarà meno progressista
e riformista di LCM.
La cosa rende ancora più tristi. Non per non condividere le opinioni di LCM. Ma
per constatare come l'Italia stia perdendo tempo prezioso. Tra le solite recite
di Silvio Berlusconi che si proclama perseguitato dai magistrati, e le sdolcinate
prediche di WV. Dove trovare (anzi ritrovare) «fiducia, sorriso, serenità,
energia e speranza»?

Il «dubbio» odierno di Pietro Ostellino sul «Corriere della Sera», tratta di


«poteri separati e ben squilibrati».
Partendo dal caso Forleo-De Magistris, scrive: «indagavano su personalità del
centrosinistra [e] sono stati censurati dal Consiglio superiore della
magistratura».
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 341
Poi va giù pesante con il capo dello Stato. Sulla cui figura osserva in generale:
«a me pare farisaico continuare a ritenere - chiunque egli sia - una sorta di
Immacolata Concezione al di sopra delle parti politiche».
In particolare su Napolitano, riporta le sue parole d'invito a magistrati e
giudici «a non inserire in atti processuali valutazioni e riferimenti non
pertinenti e chiaramente eccedenti rispetto alle finalità dei provvedimenti».
Ostellino le commenta così: «più di una raccomandazione 'tecnica' [...] sono
parse un messaggio 'politico'».
Conclusione: «siamo ancora uno Stato di diritto?».
Personalmente propendo per la risposta negativa, non soltanto per le vicende
Forleo-De Magistris, ma per il fatto stesso che in Italia oggi la Giustizia non
funziona. E se non funziona essa, appunto lo Stato di diritto o è un ricordo o è
una chimera.
Dovendo scegliere tra ricordo e chimera, propenderei per la seconda. Infatti i
guai denunciati da LCM sono molto antichi. Non soltanto di oggi.
In Italia pochi sorridono e molti ridono. Anzi deridono. È questo l'aspetto
tragico della nostra situazione politica. Non abbiamo paura del nuovo, come
pensa Veltroni. Abbiamo timore del vecchio che non vogliamo scrollarci da
addosso: l'evasione fiscale, gli incidenti sul lavoro, la cooptazione di cui ha
parlato LCM. Ma Veltroni non legge «Repubblica»?

A gridare «Allegria» è rimasto soltanto Mike Bongiorno. Chissà perché.

13/12/2007/
Povero me!

Confesso tutte le mie colpe. Al signor Demata che scende nell'arena sparando
offese a più non posso, io non sono in grado di rispondere.
Cerco per onestà verso me stesso di riassumere i passaggi del tema in
discussione.
Il discorso ero partito il 30 novembre con «Diabolico Bacone». Citavo
l'enciclica papale e la sua condanna del pensiero moderno.
L'11 scorso aggiungevo che «purtroppo inesatta» è l’immagine di Francesco
Bacone presentata dall’enciclica papale, secondo uno scritto di Paolo Rossi,
storico della Scienza.
Ieri 12 dicembre, avendo ricevuto un commento in cui si definiva ottuso
Bacone, aggiungevo che lo stesso filosofo è considerato «fra i costruttori della
nuova immagine della Scienza».
Anziché entrare nel merito della questione, il signor Demata mi accusa di
essere arrogante, superficiale ed inutile, perché mi sono occupato di un
sistema di pensiero che non mi appartiene, di una materia che non ho
studiato.
Tutto vero, vengo dal ramo umanistico, dove per passare gli esami ci siamo
fatti un ... così studiando storia della filosofia e della scienza.
Ma se permette il signor Demata, egli non ha diritto di definirmi arrogante e
superficiale, ma inutile sì.

Io non so che cosa c'entri un mio ricordo di gratitudine verso i docenti di 40


anni fa, con tutta la sua polemica antiprodiana ed antibolognese.
Un discorso che veramente non ha nulla di scientifico.

Se poi il signor Demata desidera che il sottoscritto, arrogante e superficiale


oltre che inutile soltanto per aver citato un articolo pubblicato dal
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 342
supplemento culturale del «Sole-24 Ore», chiuda questo blog perché gli
procura allergia ideologica, non ha altro che dirmelo. Lo posso accontentare
immediatamente.

12/12/2007/
Bacone affumicato

Tirato per i pochi capelli che ho in testa (dove la confusione regna sovrana
come dimostra il lapsus di ieri, avendo scritto l’errato Ruggero al posto
dell’esatto Francesco), sono costretto a tornare su Bacone, con nessuna
autorità, ma soltanto per impegno morale dopo quello che ho letto in alcuni
commenti.

Francesco Bacone è fra i costruttori della nuova immagine della Scienza: cfr. il
cap. 2 del volume «Dalla rivoluzione scientifica all’età dei lumi», testo di Paolo
Rossi (p. 44, ed. TEA, 2000).
Qui leggiamo anche che Copernico nel difendere la centralità del Sole «invoca
l’autorità di Ermete Trimegisto» (p. 47).
La storia della Scienza non è un percorso lineare tipo supermercato, dove
tutto si trova (fino a che non cambiano l’ordine negli scaffali…).

Dividere lo scienziato dal filosofo, per me è molto difficile. Non credo che sia
un’operazione facile per nessuno. Sopra una persona non sappiamo
percentualmente quale sia l’influsso ‘genetico’ del padre e quale quello della
madre (vedasi Mendel).
A meno che non si faccia come nelle scenette di litigio domestico, dove uno
dei due coniugi rimprovera all’altro le corbellerie di «tuo figlio»…

Quanto alla storiella del Bacone «ottuso», beh, ognuno può raccontare le balle
che vuole se prescinde dagli scritti della persona che si accusa.
Ma questo non è un metodo scientifico.
Al primo corso di Filosofia teorica ebbi come docente uno spiritualista rimasto
del tutto ignoto sia ai posteri sia ai contemporanei, il quale amava spiegare
che soltanto lui aveva compreso l’essenza del pensiero greco. Insomma secoli
e secoli di storia della filosofia erano da lui buttati nel cesso, con quella
leggera piega del labbro che si forma davanti ad oggetti non propriamente
profumati. Per cui a lui si addiceva la massima «dalla escatologia alla
scatologia il pensiero corre veloce».

In un commento ritrovo l’atteggiamento che 50 anni fa caratterizzò «Le due


culture» di Sir Charles P. Snow (1905-80), fisico e scrittore inglese, un volume
ristampato anche nel 2005.
Da vecchio (aspirante) umanista, non trovo nulla che vieti di conciliare scienza
e filosofia in un percorso che è comune nella storia della cultura.
Ne ho scritto qualcosina a proposito di un testo del 1600, di un galileiano che
si accorge però come sia difficile leggere tutto e subito nel libro della Natura
(riassumo un concetto più ampio).
Se qualcuno desidera avere il testo in formato .doc per mail mi scriva, e sarà
esaudito.

Non capisco, lo dico con franchezza, il gioco di parole che dal bacon porta alla
mortadella, e poi la chiusa sui quattro Maestri, rei di non averci informato che
Bacone era «ottuso».
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 343
Quando si discute di persone di alto livello come sono o sono stati i quattro
docenti che ricordavo, beh, gradirei che il lettore che commenta lasciasse
perdere le spiritosaggini e discutesse seriamente.

Parlare di Storia medievale o di letteratura del Cinquecento non significa


dimenticare la dimensione “contemporanea”, ma non riguarda né l’euro (che
ci ha salvato da un’inflazione che sarebbe stata tremenda) né la gestione delle
Coop (l’altro ieri ho comprato a 29 euro, con sconto socio, un telefonino
uguale a quello pagato 49 in negozio l’estate scorsa…).

Le citazioni di Anna Rosa Balducci da un testo che ho letto tempo fa con


grande attenzione, «Un’etica del lettore», è la più ampia dimostrazione di
quell’umanesimo di cui parlano le persone serie come Ezio Raimondi.
Cioè una visione della vita che non sia egotista contemplazione del proprio
ombelico, ma senso di partecipazione a qualcosa che coinvolge anche
l’«altro»: «Non si dà vero dialogo col testo senza avvertire la responsabilità
dell’altro in sé».
Ripeto: «responsabilità dell’altro in sé». E non si pensi che siano cose
secondarie o ininfluenti. Se le si comprende, si ragiona a tono. Altrimenti è
meglio lasciar perdere.

«Cosa dire?» dei quattro illustri Maestri, si è chiesto un lettore. Io so che cosa
dire, lui ha saputo soltanto deriderli, con la tecnica del lupo della favola che
dice all’agnello di essere stato offeso da suo padre… [«Repulsus ille veritatis
viribus: / "Ante hos sex menses male - ait - dixisti mihi". / Respondit agnus:
"Equidem natus non eram!" / "Pater, hercle, tuus - ille inquit - male dixit
mihi!"»]. Scherziamo con i fanti e basta.

11/12/2007/
Bacone «non dixit»

«Purtroppo inesatta» è l’immagine di Francesco Bacone presentata


dall’enciclica papale «Spe salvi». Lo scrive il supplemento culturale
«Domenica» del «Sole-24 Ore» del giorno 9 dicembre 2007, nel sottotitolo del
pezzo composto dal prof. Paolo Rossi. Il quale è uno dei maggiori studiosi di
Storia della Scienza in tutto il mondo, non soltanto in Europa.
Non ho la pretesa di riassumere cose che Rossi spiega in maniera molto
chiara, come sua consuetudine. Segnalo soltanto alcuni punti del suo articolo,
sperando che a qualcuno venga la voglia di leggerlo integralmente.

Le considerazioni pontificie, dunque, non «sembrano accettabili», secondo


Rossi. Bacone, facendo la distinzione fra magia e scienza, conclude che «il fine
della scienza» non ha a che fare con l’orgoglio e l’ambizione (come per la
magia), ma riguarda «il benessere di tutti i viventi, è la carità».
Bacone «non pensa per nulla all’esistenza di un rapporto necessario fra
aumento del sapere-potere e crescita morale».
Per Bacone, «la tecnica è ambigua per essenza», perché (sono parole dello
stesso Bacone), «può produrre il male nel contempo offrire il rimedio al
male»: «faciunt et ad nocumentum et ad remedium».
La citazione è presa da «De sapienta veterum» (1609).
Dove si narra la storia di Dedalo che per consentire a Pasife di accoppiarsi con
un toro (e poi, commento mio, parliamo di corruzione contemporanea,
relegando il peggio nella mitologia…), costruisce una macchina adatta alla
bisogna. Ecco un esempio di invenzioni applicate al male…
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 344

Conosco il prof. Rossi da circa 45 anni, è stato mio docente di Storia della
filosofia al Magistero di Bologna, nella sua materia mi sono laureato
discutendo una tesi che ha avuto come controrelatore l’italianista prof. Ezio
Raimondi, altra figura di studioso conosciuta in tutto il mondo. Fummo molto
fortunati ad avere quali insegnanti delle persone come loro due, ma voglio
ricordare anche Luciano Anceschi (Estetica), Giovanni Maria Bertin
(Pedagogia) e Gina Fasoli (Storia medievale e moderna). Sono nomi che
ritrovate in ogni testo che riguardi le loro discipline, tanto alto è stato il loro
contributo alla cultura italiana.

L’intervento discreto ma fermo di Rossi su Bacone documenta come spesso,


nella trattazione di un argomento, si prendano rappresentazioni non
corrispondenti alla verità empirica di quello stesso argomento.
A questo aspetto sono dedicate le righe conclusive del testo di Rossi che
spiega come l’immagine deformata di Bacone sia nata esattamente sessanta
anni fa con la «Dialettica dell’Illuminismo» di Horkheimer e Adorno.

09/12/2007/
Acqua calda e Senato

Scoperta dell'acqua calda nelle ultime ore per la questione della cosiddetta
norma «anti-omofobia» approvata in Senato.
Il ministro Giuseppe Fioroni in un'intervista al «Corriere della Sera» di oggi
ammette che la lotta contro le discriminazioni «si fonda sulla Costituzione».
Questo non significa per lui essere in disaccordo con la sen. Binetti. Anzi. La
norma, spiega Fioroni, va eliminata perché «si presta ad alimentare dibattiti
ideologici e tensioni dietrologiche senza nulla aggiungere in concreto alla lotta
contro la discriminazione».
Come giustificazione non è molto logica, ma pazienza. Se dobbiamo eliminare
una norma ogni volta che essa può provocare dibattiti e tensioni, siamo a
posto. Nell'anarchia totale.

Alla Costituzione ha rimandato anche l'editoriale di oggi di Eugenio Scalfari su


«Repubblica». Quella norma «tende a dare attuazione con legge ordinaria ad
un principio essenziale stabilito dalla Costituzione».

Appurato ciò, resta il fatto che chi ha scritto il decreto ha commesso un


piccolo errore richiamando l'art. 13 del Trattato di Amsterdam. Si tratta invece
dell'art. 2 comma 7, diventato articolo 6A dei Trattati costitutivi dell'Unione
Europea.

Le due frasi (di Fioroni e Scalfari) sugli agganci alla Costituzione della norma
che la sen. Binetti considera una minaccia di «strangolamento delle
coscienze», sono un po' come l'utile scoperta dell'acqua calda per quanti
sinora non se ne erano accorti. Non per disattenzione, ma per alterare il senso
del discorso politico.

Nel quale va inserita una postila circa i casi Forleo-De Magistris, con quanto
Luciano Ferraro osserva sul «Corriere della Sera»: «Per ora l'unica certezza è
statistica: due magistrati su due che si occupano di importanti esponenti del
centrosinistra sono finiti sotto tiro di Cassazione e Ces. Una percentuale del
100 per cento».
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 345
Due novità della giornata. Che capovolgono le situazioni finora prefigurate.
Fini accusa la proposta di riforma di legge Vassallo di essere una truffa, ed il
cavaliere di essere giunto ormai «alle comiche finali». C'è poi l'appello del
vecchio dissidente comunista Ingrao alla Cosa Rossa per l'unità della sinistra:
«Fate presto! Fate presto perché la vostra unità urge, il Paese ne ha bisogno e
perché abbiamo davanti a noi quella che è la condizione tragica del lavoro in
Italia».

Rimando a domani, per motivi di spazio, un altro tema, la replica del prof.
Paolo Rossi al pontefice sulla questione di Bacone come teorico della
perniciosa «fede nel progresso»: è pubblicata nel supplemento domenicale
odierno della cultura nel «Sole-24 Ore». Rossi dimostra che le considerazioni
papali non sono «accettabili» proprio in base ai testi di Bacone.

(Sul rapporto teologia-scienza, merita di essere riportato questo pensiero di


Anna Rosa Balducci: «Qualunque discorso sulla scienza dovrebbe stare dentro
un ospedale per lungodegenti, almeno un mese, prima di essere
pronunciato».)

08/12/2007/
Poltiglia e furbizie

Onorevole Vannino Chiti, lei ha promesso di far cancellare la cosiddetta norma


«anti-omofobia» nel decreto legge sulla sicurezza, perché «fa riferimento al
Trattato di Amsterdam in un modo che si presta ad equivoci».
Il Trattato di Amsterdam all’articolo 13 rende gli Stati liberi di «prendere
provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni sul sesso, la razza
o l’origine etnica, le religioni o le tendenze sessuali».
Quella norma non è «anti-omofobia», è contro le discriminazioni di qualsiasi
tipo che esistono (eccome) nel tessuto sociale di molte regioni italiane, così
come una volta si potevano leggere cartelli tipo «Non si affitta a meridionali».

Quella norma c’è pero già nella nostra Costituzione, art. 3, primo comma. Ma
nessuno se ne ricorda: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono
eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di
religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».
Dunque ci dobbiamo aspettare un prossimo passo di tipo costituzionale, con la
revisione di quell’articolo e di quel comma?

Suvvia, signori del Parlamento, non riduciamo i discorsi seri a motivi di


bagarre elettorale, anzi pre-elettorale. Si vuol far cadere il governo Prodi, si
vuole una nuova convocazione alle urne, ci si adopera nel progetto del grande
centro nella speranza che i portavoce dell’integralismo riescano ad imporre un
governo “moderato” senza Berlusconi.
Va bene, è più che lecito, legittimo, quasi ovvio, forse inevitabile, anzi
sicuramente certo, etc.
Ma per favore non spacciate per norma «anti-omofobia» una regola di civiltà
che riguarda tutti i comportamenti.

Ma poi, vorrei sapere, che cos’è tutta questa fobia dell’anti-fobia? Non ci sono
più gli psicanalisti di una volta, a spiegarcelo…
Binetti01g A proposito. La senatrice Paola Binetti, ha parlato addirittura di uno
strangolamento delle coscienze tramite quella norma. Inquietante.

L’«Avvenire» di stamani è stata sincera ma altrettanto allarmante (per sua


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 346
ammissione): «Il primo allarme scaturisce dal tentativo pervicacemente
condotto di equiparare le tendenze sessuali alle differenze naturali, ad
esempio di sesso e di etnia, elevando le prime ad una 'qualità' antropologica
che non hanno e non possono avere, e ciò nell’interesse di tutti, in primo
luogo delle persone omosessuali. C’è qui una sorta di 'fissazione' in base alla
quale la personalità di ciascuno sarebbe determinata non solo e non tanto da
quello che egli «è», ma piuttosto dalle pulsioni sessuali che eventualmente
decide di assecondare. S’insiste sulla presunta necessità di porre un freno
all’«omofobia», ma si arriva a sospettare persino della difesa del matrimonio
monogamico quasi che fosse in se stesso un delitto di lesa maestà».
(Articolo esemplare per impostazione e svolgimento: si parte da un episodio
particolare e si ipotizza una catastrofe generale della morale… come all’epoca
della legge su divorzio.)

Condivido quanto scritto stamani sulla «Stampa» da Franco Garelli: «La vera
sfida che attende anche i politici credenti è quella del pluralismo, della
capacità di affermare e di "concretizzare" i grandi valori in un contesto in cui si
vivono condizioni e orientamenti diversi, ove più nulla è dato per scontato.
Ogni area culturale è chiamata a dare il proprio contributo progettuale per
arricchire e dar risposte alle diverse situazioni e promuovere più larghe
convergenze».

Senza pluralismo non c'è democrazia. E se non c'è democrazia né Chiesa né


religione possono dignitosamente agire senza compromessi.

Il sociologo prof. Giuseppe De Rita nel consueto rapporto del Censis (creando
ogni anno una formula efficace per fare il ritratto dell’Italia), ha presentato per
il 2007 l’immagine della «poltiglia».
Dario Di Vico sul «Corriere della Sera», al proposito ha parlato di una società
politica a cui mancano i contenuti e che attinge ai manuali di marketing.
Sullo stesso giornale, a proposito del caso-Forleo, Piero Ostellino ha scritto che
in Italia il potere è detenuto dalla banche e che il magistrato in questione non
ha usato «le cautele, le furbizie e le opportune ambiguità della politica».

Mi sembra che il caso della norma che lei on. Chiti ha promesso di cancellare,
rientri in questo quadro deprimente della poltiglia, della politica che attinge ai
manuali di marketing, e che si caratterizza per «le cautele, le furbizie e le
opportune ambiguità» di cui ha scritto Ostellino.
Pensi ad una città che lei ben conosce, Firenze, ed a che cosa è successo alla
Società Dante Alighieri. Glielo spiega il prof. Emilio Pasquini: «Una cordata di
politici e di presunti studiosi mi ha defenestrato con un colpo di mano per
nominare un nuovo consiglio direttivo ed un nuovo presidente» (il vecchio era
ovviamente lui).

Il prof. Pasquini ha spiegato il problema apertis verbis non essendo un politico.


Noi ne ricaviamo l’amara constatazione che nemmeno padre Dante ed i suoi
studiosi sono lasciati in pace da queste cordate di uomini appartenenti ai
partiti e che sponsorizzano «presunti studiosi».
Ostellino ha citato una frase di Hobbes: «Auctoritas, non veritas, facit legem».

Che la denuncia di questi vezzi e vizi provenga dalla colonne del maggior
quotidiano conservatore del nostro Paese, la dice lunga sull’imbarbarimento in
cui siamo stati ridotti, immersi in quella «poltiglia» che la decenza ci
impedisce di chiamare con il suo vero nome, uscendo dal seminato scientifico
del Censis ed entrando nell’umile linguaggio che anche Dante usa: Inferno,
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 347
XVIII, 116. Trovare per leggere…

07/12/2007/
Farsene le ragioni

Vorrei tranquillizzare l'anonimo commentatore che in altro blog ha citato «la


leccata continua e paziente dei veri montanari... per qualche gluteo famoso de
La Stampa», finalizzata all'essere citato in prima pagina.

Correggo soltanto l'iniziale del sostantivo (sicuro di interpretare le sue


intenzioni), e ringrazio per l'aggettivo: «veri Montanari», niente imitazioni.

Occhei. Ma per farmi una ragione del suo discorso, (l'anonimo si firma
«Fattene una ragione»), mi spiego, e lo prego di credermi: le citazioni che
riporto in questo blog ospitato nello «Spazio del lettore», servono soltanto a
me per rassicurarmi nelle mie opinioni.
Mi creda l'anonimo: se i lettori sono quasi 800 come oggi, o 32, non ne
guadagno nulla, non mi arricchisco con pecunia sottratta ad altri. Non ci sono
premi in palio, non si guadagna nulla, si fa tutto per sport, come si diceva un
tempo quando lo sport non era affare da molti soldi...

Per cui lo tranquillizzo. Non voglio defraudare gli altri, togliere soddisfazioni ad
amici od amiche che scrivono sul loro blog, leccando il gluteo famoso di
editorialisti della Stampa.
E soprattutto desidero spiegare che l'anonimo non ha compreso come in
quest'àmbito (ambìto secondo lui) funzionino le cose, come si usi ricorrere alle
citazioni delle cose fresche di giornata da vari giornali, non soltanto da quello
che mi ospita, per sviluppare i discorsi.

Forse l'anonimo, nella sua affermazione, si riferisce al post «Amleto contro


Walter» dove ho citato Lucia Annunziata e Gian Enrico Rusconi.

Per la prima ho scritto: «Mi sento meglio scoprendo i dubbi di un'illustre ed


informata giornalista».

Per il secondo, ammettevo di condividerne il pensiero...

Se questo costituisce una cosa sconveniente secondo chi consiglia agli altri di
farsene una ragione, allora chiedo scusa se gli dico che non ha compreso
come ho fatto finora funzionare il mio blog.

In quasi 50 anni di attività sui giornali, non ho mai voluto salire in cattedra. Mi
sono sempre definito un inutile cronista. Figurarsi se voglio togliere spazio,
vecchio come sono, a penne valide e più giovani che si occupano con ottimi
esiti di altri argomenti, molto distanti da quelli qui esposti.

Siccome la «la leccata continua e paziente» non mi appartiene per un difetto


di carattere, od un disturbo di personalità, ho voluto precisare al nostro
anonimo le mie reali intenzioni nel comporre questo blog.
Se poi l'anonimo parla così perché abituato ad applicare in proprio «la leccata
continua e paziente», embé allora se la tenga cara e non l'attribuisca però a
chi non la esercita.

07/12/2007
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 348
La rana ed il bove

T’amo pio bove, disse una rana


gentil sopra un bel prato,
pregustando il sapor del proibito.
«Povera creatura che non sai

come non è possibile piacermi


dato che, picciola bestiola, tu non hai
quanto Natura crea alla bisogna
onde l’amore sia fecondo e bello».

La rana tacque ma non rinunciò.


Chiese consiglio al timido coniglio,
alla lepre furiosa, a un elefante
che placido osservava assai distante.

Da tutti seppe che negato era il prodigio:


«Di belle forme del bue cornuto e pio
non gusterai sapor né avrai quietanza,
troppa è la discrepanza

tra te e lui: enorme, altero


puoi vederlo da presso,
amarlo tu non puoi, povera rana».
Ma lei andò al mercato una mattina.

E prese una certa polverina


che lentamente le ingrassò le forme
al punto tale che il bove
s’ingannò e si giacque

con essa lei, grande menzogna


a far del mondo simbolo costante.

06/12/2007/
Soccorso rosso

«Veltroni - dichiara Silvio Berlusconi - ha più problemi di quanti ne abbia io,


ma mi pare determinato».

Per questo motivo il buon Veltroni, pensa sicuramente il Cavaliere, dev'essere


aiutato.

L'intervista di Silvio Berlusconi verrà pubblicata su «Il giornale della Libertà» in


edicola domani.

05/12/2007/
Biancaneve e Biancofiore

Se la dottrina politica si riduce alla parodia delle favole, dobbiamo essere grati
agli illustri studiosi che ci facilitano la comprensione dei misteriosi sistemi
elettorali italiani.
Dunque sia lode al prof. Giovanni Sartori che stamani sul «Corriere della Sera»
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 349
ha illustrato la sua teoria del «ricatto dei nanetti». Questa parola vuol soltanto
indicare le piccole formazioni politiche. E non disprezzarle.
Se fosse Veltroni, Sartori direbbe a Prodi che la colpa della crisi di questi giorni
è esclusivamente sua, del presidente del Consiglio: «Se tu usi i nanetti per
ricattarmi, io non ci sto. I nanetti sono tuoi, sei tu che te li sei coccolati e
messi in casa».

Chiedo scusa, ma a questo punto mi si è messa in moto la fantasia: e mi sono


immaginato Romano Prodi che come Biancaneve guida la combriccola dei
Sette Nani e li vezzeggia solleticandoli sul mento o facendo loro un affettuoso
buffetto alle guance.
Da Biancofiore a Biancaneve il passo è ovviamente breve, in quest'Italia da
favola, ovvero con questa politica che si rallegra soltanto quando può
inventare qualcosa che evade dalla monotonia del vivere quotidiano.
Aumenta il pane, cresce la pasta, si fa fatica ad arrivare a fine mese? Beh, non
avvilitevi, c'è chi sta peggio.
Da Biancofiore a Biancaneve, Romano Prodi sarebbe messo proprio male. Lui,
il pedalatore appenninico, lui che qualcosa ha fatto per quell'Europa sognata
nel dopoguerra per un futuro senza più guerre continentali, lui deve finire
avvelenato con una mela?
E chi sarà il principe azzurro che arriverà a svegliare Biancaneve?
Non so immaginare Bertinotti nel gesto soccorrevole, dopo aver detto a chiare
lettere che insomma, questo governo gli fa quasi schifo. Forse anche per
questo particolare è difficile considerare lo stesso Bertinotti come un
«nanetto» vezzeggiato e coccolato, in mano a Prodi, quale appare al prof.
Sartori.

Bertinotti non ce l'ha su con Prodi, l'oggetto del suo desidero è Veltroni. Lo
sgambetto vuole far cadere il patto Silvio-Walter, vuole troncare sul nascere le
speranze di governare l'Italia con un abbraccio che spiace a molti, non
soltanto al presidente della Camera ed ai nanetti di cui parla il prof. Sartori.

Questa sera Berlusconi ha attaccato Casini. Lo ha accusato di aver «ucciso» la


Casa delle Libertà. Per essere anche Casini uno di quei «nanetti» che
proliferano pure a destra, beh non sarebbe stata un'impresa da poco. Ed
infatti il Cavaliere teme che tra amici del Biancofiore possa esistere una
solidarietà capace di spostare Casini nel Pd come già avvenuto per Follini.
Va a finire che la vera Biancaneve da avvelenare nella nostra favola suggerita
dallo scritto di Sartori, è proprio lui, il Pierferdy, bolognese come il Professore,
ex democristiano come Prodi, giovane di belle speranze come Veltroni.
A questo punto sembra di essere entrati in una di quelle storielle che si
dicevano da «Grand Hotel», dal titolo di un settimanale celebre per i suoi
fotoromanzi. Stesso clima, stessa sceneggiatura, stessa finzione.
Non c'è nulla di nuovo in queste parole di Berlusconi. L'elenco dei «cumunisti»
si è allungato, ma era da prevedere. Vi compare anche il nome di Casini, con
la profezia che il Signore di Arcore ha fatto: la «Cosa bianca» di Casini finirà
prima o poi a sinistra.

Una di queste mattine Silvio si sveglierà e interrogando lo specchio («Specchio


delle mie brame, chi è il più votato del reame?»), terrà un applaudito comizio:
«Chi parla di Popolo è il solito compagno erede di Lenin, Stalin, Togliatti e
Prodi».
Poi vide un suo manifesto sul suo «Partito del Popolo». E cercò la mela
avvelenata da portare all'on. Casini. Cala la tela.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 350

RIS/posta
Ringrazio gli amici intervenuti nelle ultime ore a commento del post
precedente: mi lusingano e commuovono le loro parole di stima e di affetto.
Grazie dunque ad Irene Spagnuolo e ad Anna Rosa Balducci.
Per Emilio, aggiungo anche che non vedo in Italia gravi minacce laiciste. Ce ne
potevano essere un tempo, nell'immediato dopoguerra, ma Togliatti risolse il
problema inserendo i patti lateranensi (fascisti) nella Costituzione
repubblicana.
Oggi c'è in giro una stranissima aria che suona una presa in giro sia per il
pensiero laico sia per quello cattolico apostolico romano. (Leggere «Fratelli
d'Italia», un volume recente di Ferruccio Pinotti.)
Se ad un convegno massonico sull'eutanasia interviene un personaggio di
spicco «amico fraterno» dell'organizzazione promotrice, e nello stesso tempo
(futuro) diacono di un sacerdote (oltretutto sotto indagine giudiziaria), beh, c'è
forse più da ridere che pensare a serie minacce laiciste...
Bisognerebbe rileggere le pagine di don Francesco Fuschini sull'umanità ed
onestà intellettuale dei poveri «mangiapreti» romagnoli d'un tempo che lo
avevano aiutato, lui povero figlio di un fiocino delle valli ferraresi, a pagare la
retta del seminario. Quei «mangiapreti» che onoravano i loro avversari
dedicandogli persino un tipo particolare di minestra o pasta (come dicono i più
raffinati), chiamata «strozzapreti».

Un appunto extra-vagante. Un mio illustre concittadino, Achille Serpieri (1849-


1909) sintetizza così il suo «credo», in chiusura delle proprie memorie: «Vuoi
vivere e star bene? / Passa il tuo tempo nelle Sacrestie, / E grida sempre viva
Papa, Re, e le Spie». Serpieri sì che era un laicista. Ma quanta ragione aveva.
E soprattutto ne ha ancora oggi. Parola d'onore, ve lo garantisco.

04/12/2007/
Enzo Biagi ed Enzo Tortora

Ieri sera sul digitale di Rainews24 è andata in onda una serata dedicata ad
Enzo Biagi in diretta dal Teatro Quirino di Roma. Vi hanno partecipato anche
Bice e Carla Biagi, le figlie del «cronista» (per usare la qualifica che più gli
piaceva) scomparso un mese fa.
Ad un certo punto, è stata data lettura di un articolo scritto da Enzo Biagi per
l'arresto di Enzo Tortora. Un articolo importante, perché come si può anche
leggere nel sito di «Misteri d'Italia», Biagi «fu il primo a lanciare un appello in
suo favore al grido di “E se Tortora fosse innocente?”».
Biagi scrisse: «Mentre voi leggete questo articolo, Enzo Tortora è a colloquio
con i giudici: sapremo poi, con più esattezza, di quali reati è incolpato, o
meglio di quali deplorevoli fatti si sarebbe reso responsabile. Fino all'ultima
sentenza, per la nostra Costituzione, stiamo parlando di un innocente. Invece,
in ogni caso, è già condannato: dalla riprese televisive, dai titoli dei giornali,
dalla vignetta del pappagallo che finalmente parla e dice: “Portolongone”, dal
commento senza carità di quello scrittore che afferma: “in qualunque maniera
vada, è finito per sempre”. O dell'altro che annota, seguendo la cronaca:
“tempi durissimi per gli strappalacrime”».

Dieci anni dopo la morte di Tortora (riprendo pure da «Misteri d'Italia»), «fu
ancora Biagi il primo a volerlo ricordare: "Ognuno ha le sue convinzioni, ma
quanta cattiveria in certi resoconti, che rancore, e che piacere per il povero
idolo televisivo infranto da un mandato di cattura"».
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 351

L'intensa lettura dell'articolo di Biagi del 1983 da parte di Monica Guerritore, è


stato il momento più interessante della trasmissione di ieri sera. La parole ed i
ricordi dei tanti intervenuti (tra cui Romano Prodi), hanno suscitato l'emozione
filtrata dai ricordi offerti o dalla considerazioni politiche presentate
giustamente circa l'importanza di una libera informazione per realizzare una
vera democrazia. Soltanto la pagina di Biagi però ha fatto toccare con mano
due problemi veri, che non dipendono da nessuna norma positiva del Diritto,
ma unicamente dal dettato della coscienza.

Il primo problema riguarda l'accanimento belluino con cui le cronache


alimentarono sin dal primo momento il caso-Tortora. Ricordo di aver ascoltato
la notizia del suo arresto dal gr delle 7.30. Con gli amici scommisi che si
trattasse di una balla. Tortora non aveva la faccia da doppiogiochista, da
truffatore, da delinquente o da gangster. Avrei avuto ragione, era innocente.

Il secondo problema sta dietro quell'accanimento belluino dei giornalisti, sta


nell'operato della magistratura. Sta nella capacità di leggere i fatti. Sta non
nell'avere l'obiettivo di accumulare carte (dove anche le accuse più
inverosimili assumono la dignità di verità giudiziaria, anche se in via soltanto
di ipotesi, ma comunque con l'arresto di un innocente ed il suo sputtanamento
pubblico). Ma sta nell'avere il massimo rispetto dell'innocente dal primo
momento fino a sentenza definitiva.

Per cui per farsi belli non si organizza l'arresto di un grande personaggio
pubblico come se fosse la sfilata di una aspirante miss a qualche concorso di
bellezza, con fotografi pronti a scattare mille immagini, ad immortalare
l'umiliazione suprema per un innocente: i ferri della giustizia (della presunta
giustizia) ai polsi.

Le figlie di Enzo Biagi alla fine hanno detto che sarà istituito un concorso non
per i grandi del giornalismo (qualche settimana fa, un autorevole
riconoscimento in tal senso è stato attribuito, a Ravenna, a Mike Bongiorno ed
a Giulio Andreotti), ma per giovani cronisti di provincia.
Ottima idea. Perché come ho scritto sopra, Enzo Biagi amava definirsi un
«cronista». Perché ai giovani va dimostrato che la democrazia ha bisogno di
questo benedetto quarto potere di cui parlavano i famigerati pensatori del
Settecento europeo, di quel «tribunale invisibile» della pubblica opinione che
controlli tutto ciò che è di tutti e riguarda tutti, come la vita politica. Un
tribunale «che col fatto ci dimostra che la sovranità è costantemente e
realmente nel popolo» (Gaetano Filangieri, 1753-1788).

Ho la vaga impressione, per esperienza personale, che oggi, si insegni ai


giovani cronisti soltanto come appuntare i discorsi delle conferenze-stampa e
come riassumere i comunicati che arrivano in redazione. Senza dare fastidio a
nessuno.

Il ricordo di Biagi e l'esempio di quello che lui spiegò nella vicenda di Tortora,
possono essere utili a tutti, ma soprattutto a quanti aspirano a scrivere
decentemente (non parlo di stile, ma di contenuti) e che stanno oggi facendo
la loro gavetta. La gavetta non deve né spaventare né umiliare, perché tutta
la vita è un'infinita gavetta. Ogni giorno siamo messi alla prova. Per essere
onesti verso gli altri, dobbiamo anzitutto esserlo con noi stessi, e riconoscere
che soltanto gli imbecilli si sentono perfetti. Noi siamo persone sempre da
perfezionare. Tutti ogni giorno, giovani o vecchi abbiamo qualcosa da
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 352
imparare.

Ringrazio commosso Gian Contardo Colombari per il suo commento di ieri. Con
le ultime parole di cui sopra rispondo al suo elogio. Non mi faccia montare la
testa. Scrivere è un modo di vivere o di sopravvivere. È un lavorare per dare
un senso alla propria esistenza. Debbo ringraziare gli amici conosciuti o
sconosciuti che leggono e commentano. Mi fanno sentire presente a me
stesso.
Ad Emilio dico che sono sempre stato fautore del dialogo, fin dai tempi in cui
fui educato a questa filosofia da Giovanni Maria Bertin che mi fu docente di
Pedagogia al Magistero di Bologna. Per cui riconosco che le contrapposizioni di
cui parla Emilio ci sono, e sono pericolose. Ma il fatto che esistano ondate
laiciste, non deve precludere a sottolineare od indicare la strada della
concezione laica dello Stato, alla quale mi richiamo, partendo dalla stella
polare della nostra Costituzione.

Post scriptum. Quelli della mia generazione sono stati educati tutti dall'Azione
cattolica. Ne riparleremo, semmai.

30/11/2007/
Diabolico Bacone

Il papa è partito da lontano nella sua enciclica "Spe salvi" (Salvati dalla
speranza), pubblicata stamani. È partito da Francesco Bacone (1561-1626). Ed
è arrivato a cancellare in un sol colpo tutta la storia del pensiero moderno:
«Francesco Bacone e gli aderenti alla corrente di pensiero dell'età moderna a
lui ispirata, nel ritenere che l'uomo sarebbe stato redento mediante la scienza,
sbagliavano. Con una tale attesa si chiede troppo alla scienza; questa specie
di speranza è fallace. La scienza può contribuire molto all'umanizzazione del
mondo e dell'umanità. Essa però può anche distruggere l'uomo e il mondo, se
non viene orientata da forze che si trovano al di fuori di essa. (...) Non è la
scienza che redime l'uomo. L'uomo viene redento mediante l'amore».

Giustissima la conclusione, la storia della bomba atomica è lì a raccontare che


cosa può fare l'uomo con un prodotto della scienza. Ma non è la scienza in sé
ad essere negativa, è l'uomo che la rende tale. E proprio per questa
conclusione, non possiamo non ricordarci dei roghi dell'inquisizione. Il tema è
vasto e noioso, soltanto due battute. È esistita anche una corrente cristiana
dell'illuminisno. E senza l'illuminista Montesquieu non ci sarebbe l'idea
moderna di Stato, saremmo ancora nel medioevo.

Era profondamente umana la distinzione giovannea fra errore ed errante. La


storia delle popolazioni affamate e sottoposte a violenze ed umiliazioni per cui
alla fine sognavano il riscatto dalla sofferenza subìta e dalla povertà patita, è
cosa ben diversa dal «dio che ha fallito», del comunismo, del marxismo, delle
rivoluzioni. Tutto questo sembra essersi perduto nel panorama prospettato dal
papa.
La parola povertà c'è una sola volta nell'enciclica: nell'espressione «povertà di
Dio». C'è la frase sulla «fossa della dimenticanza dell'altro» che rimanda alla
carità. C'è poi un passaggio da meditare anche sul piano politico: «...se, in
definitiva, il mio benessere, la mia incolumità è più importante della verità e
della giustizia, allora vige il dominio del più forte; allora regnano la violenza e
la menzogna. La verità e la giustizia devono stare al di sopra della mia
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 353
comodità ed incolumità fisica, altrimenti la mia stessa vita diventa
menzogna».

Questo post nasce da una ricerca veloce su alcuni punti del testo pontificio,
quindi è estremamente superficiale. Ciò non toglie che la sua condanna del
pensiero moderno non faccia immediatamente impressione. E spaventi anche
un po', pure sotto il profilo squisitamente politico sul quale può avere ricadute
molto gravi.

29/11/2007/
Otto milioni di biro

Rimandano agli infausti otto milioni di baionette che costarono caro all'Italia,
gli otto milioni di biro che Silvio Berlusconi invoca per farsi eleggere dal "suo"
popolo a leader per le prossime elezioni, per il prossimo governo, per il sicuro
viaggio alle Bahamas che promette a tutti i suoi sostenitori. Nella speranza di
ricevere da loro una donazione simile a quella del salvadanaio di 700 euro che
un signore in buona fede ed in forte speranza gli ha consegnato. Ignorando
che una goccia d'acqua nel mare non fa nulla, mentre serve a dissetare chi ha
sete.

Ma sappiamo come va il mondo. Uno dice a me gli occhi, e gli altri gli danno
anche il portafoglio e corrono a casa a prendere il salvadanaio. Poi magari
dopo qualche tempo, si battono una mano in fronte, e si rivolgono
gratuitamente delle offese meritate.

Bravo Cavaliere, ha ragione quando afferma che in Italia nessuno si può


paragonare alla sua storia personale, al suo successo: «Io non ho mai fallito in
un mio sogno, e se me lo pongo lo posso fare».
Bravo. Bravissimo. Come il Barbiere di Siviglia. Se mi consente, dico che se
avessi anch'io tutti i suoi soldi non sbaglierei un colpo. Da noi dicono che i
soldi fanno andare l'acqua all'insù. Per noi è già fatica farla andare giù,
l'acqua, dopo aver dato il meglio di noi stessi nei cosiddetti luoghi di decenza.

28/11/2007/
Italia in cerca d'autore

Il titolo di questo post al commento inviato da Marcello Forcini (che ringrazio


assieme a Gian Contardo Colombari per un altro suo interessante intervento
inserito nel mio blog).
Ieri sera era andato a letto contento, dopo un'ora di ascolto di «Ballarò».
Ministri ed industriali ci avevano spiegato che le raccomandazioni in Italia non
esistono.
Soltanto quel guastafeste di Diliberto, aveva messo il coltello in una piaga
purulenta, il secondo comma dell'art. 3 della nostra Costituzione che
esattamente recita: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di
ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza
dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e
sociale del Paese».

Stamattina il risveglio ha cancellato le illusioni di ministri ed industriali, con


l'articolo di Michele Ainis sulla «Stampa» che comincia così: «In Italia farsi
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 354
largo sulla base del talento è diventata un’impresa da alpinisti. Sulla
competenza trionfa per lo più l’appartenenza, la tessera di partito, la
spintarella di cricche e camarille».
Bastano queste parole per chiudere non il discorso (ovviamente), ma la porta
alla speranza. Dappertutto possiamo incontrare quel personaggio che Ainis
riprende da uno scritto di Francesco Merlo: «Nel comune di Catania c’era un
ragazzo timido e silente, che stava lì per esclusivi meriti parentali. Chi era? Il
"muto agevolato"».

Per ogni «muto agevolato», ci sono tanti «evitati speciali» come li chiamo io.
Perché la raccomandazione, quale teoria e prassi dell'assunzione, viaggia
sempre su due binari. In uno ci sono quelli da mandare avanti a forza di calci
nel culo per fargli fare carriera. E sull'altro quelli da stoppare con altri calci ma
nelle più dolorose parti anteriori del corpo, dal viso ai ginocchi, sulle quali
viaggiava il mitico «oselin de la comare» di Cochi e Renato, però con diversi
intendimenti.

In quest'Italia «in cerca d'autore» (di un autore che sappia scrivere un copione
decente alla luce del sole), dove (come è stato spiegato nella prima ora di
«Ballarò») nessuno raccomanda nessuno nei ministeri, nelle regioni, nelle
province, nei comuni, in quest'Italia avvengono tuttavia i fatti "miracolosi" di
cui parla Ainis: «l’appartenenza, la tessera di partito, la spintarella di cricche e
camarille».

Quella ragazza che ha parlato della sua lettera inviata al presidente della
Repubblica, chiedendo una raccomandazione dopo tre anni di infruttuosa
ricerca di un posto, è apparsa nella semplice prospettiva degli «esclusi». Di chi
non appartiene a nessun clan, partito o famiglia. Mi si dimostri il contrario, si
smentisca Ainis, signori dei ministeri e dell'industria.

Le storie opposte a quella della ragazza che ha scritto a Napolitano, ovvero le


storie di carriere garantite, fulminanti e protette, sono note, ma non si
possono raccontare. Dare del raccomandato ad uno, temo possa esser
considerato una grave offesa che potrebbe costare cara in sede giudiziaria.
Come si dice, mazziati e cornuti.

27/11/2007/
Modelli e misteri

A proposito del «modello Sarkozy» (vedi post del 25 scorso) sugggerito per
l’Italia da Mario Monti in un editoriale del «Corriere della Sera» (25.11), ieri c'è
stata una diretta risposta su «Repubblica» in un fondo di Bernardo Valli.
La riassumo con una citazione che chiude il discorso laddove gli altri non lo
aprono: «Il decisionismo» di Sarkozy sarebbe impossibile nella Repubblica
italiana perché Sarkozy «è un prodotto della Quinta Repubblica, vale a dire
della monarchia repubblicana creata da de Gaulle mezzo secolo fa, e ritoccata
dallo stesso generale quattro anni dopo, nel 1962, con l'aggiunta dell'elezione
a suffragio universale del presidente».

Noi italiani siamo così fantasiosi che abbiamo etichettato una fase storica
come «seconda repubblica», senza che quella stessa fase ne avesse le
caratteristiche e le premesse necessarie.
Nessuna modifica costituzionale ha infatti sancito il passaggio dalla prima alla
seconda.
Non paghi di tanti eccessi di retorica nel parlare politico, adesso stiamo
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 355
addirittura coniando la definizione di «terza repubblica» forse per onorare
Veltroni, non certo Prodi. Che dal sindaco di Roma e compagnia cantando
(anche tra l'opposizione), verrebbe lasciato sotto le macerie da rimuovere in
fretta della seconda repubblica...

Andreatta Per spiegare un po' di storia italiana passata e recente, richiamo


due articoli apparsi sulle pagine bolognesi di «Repubblica». Filippo Andreatta,
una delle teste pensanti del gruppo prodiano, dichiara in un'intervista a
Luciano Nigro, partendo dalla situazione locale (in Emilia-Romagna): «... il Pd
sta fallendo: si sta rivelando la somma di due forze e dei loro difetti».
E poi: «Gli ex della Margherita si sentiranno lacerati tra lo strapotere dei Ds e
le tentazioni centriste».

Apro una parentesi prima di passare alla seconda citazione. Sull'importanza


politica nazionale del «caso Bologna» (critiche a Cofferati e nostalgia di
Guazzaloca), ha parlato sulla «Stampa» del 24.11 Francesco Ramella, nel
pezzo intitolato «Antipolitica nelle terre rosse».
Un passo è da ricordare a futura memoria: «...i segnali di difficoltà del centro-
sinistra, in queste zone, non sono certo circoscritti al capoluogo bolognese. Le
ultime amministrative di maggio, ad esempio, pur confermando una netta
prevalenza del centro-sinistra, hanno fatto anche affiorare diversi cedimenti
elettorali. Sia sul fronte delle astensioni, che su quello dei comportamenti di
voto, dove si è registrato un consistente calo di consensi per le liste
dell’Ulivo».
Ramella sottolinea la speranza di «forte rinnovamento» posta nel Pd da molti
elettori di centro-sinistra. Quanto sta succedendo a Bologna dimostra
l'esistenza di sintomi di malessere, per cui «è bene che la nuova dirigenza del
partito democratico non deluda le aspettative mobilitate con le primarie».

Infine eccoci alla seconda citazione da «Repubblica» di Bologna di stamani.


Si tratta di un articolo che recensisce il libro «Uno bianca e trame nere» di
Antonella Beccaria (ed. Stampa Alternativa).
Lo ha scritto una agente di Polizia, Simona Mammano: «Una (questione
irrisolta) per tutte: come è stato possibile che un commando di assassini
potesse operare indisturbato per così tanto tempo?».
Simona Mammano aggiunge: «Questa, dunque, è una storia scandita da errori,
valutazioni sbagliate, depistaggi palesi e false testimonianze».
Una storia che riguarda anche la politica della nostra Repubblica. Prima,
seconda o terza, non fa differenze.

Beccaria
Il libro «Uno bianca e trame nere» può essere scaricato dal blog di Antonella
Beccaria, dal quale riprendo le due foto riprodotte in alto e qui a sinistra
(l'autrice del volume).

26/11/2007/
Cesa, anzi Rutelli

Ringrazio Gian Contardo Colombari per l'invito a commentare le dichiarazioni


dell'on. Cesa pubblicate sui quotidiani di stamane.
Il segretario dell'Udc ha detto: «Consiglierei a Berlusconi di fare uno sforzo di
umiltà. Ciascuno di noi può aver commesso degli errori, ma le principali
responsabilità sono le sue perchè troppo spesso ha anteposto i propri interessi
privati a quelli generali del Paese».
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 356
Non posso far altro che ripetere con Gian Contardo: ma lor signori dove erano,
dormivano profondamente in Consiglio dei ministri o leggevano i fumetti?
La cosa più curiosa è che dobbiamo disilludere l'on. Cesa, nel caso avesse
pensato d'aver raggiunto un risultato di originalità con le parole riportate.

La stessa frase, più o meno uguale, infatti è stata pronunciata all'inizio di


ottobre dall'on. Francesco Rutelli in vista delle cosiddette primarie per il Pd: la
nostra classe dirigente «con l’alibi artificiale della voragine democratica ha
istituito una vera e propria “casta” che ha anteposto per troppo tempo gli
interessi e le beghe personali, alle reali necessità del Paese».
Se Rutelli aveva avuto la delicatezza di fare di tutta un'erba un fascio (niente
allusioni, per carità), chiamando in causa l'intera «classe dirigente» italiana
nel suo complesso, il bravo Cesa ha pronunciato nome e cognome, trovando
l'imputato ideale nel cav. Silvio Berlusconi.

Che oggi è messo sotto accusa da tutti. Forse per questo merita di essere
difeso anche da chi, come il sottoscritto, non ha mai avuto né vicinanza, né
simpatia per la sua parte in commedia. Si faccia sentire: e per prima cosa,
parlando da re a re, si unisca alla pernacchia di Luciana Littizzetto agli eredi di
Casa Savoia.

Dopo aver inserito questo post, leggo un invito di Demata, che segnalo
linkando il suo testo: riguarda una notizia drammatica che lui ha ripreso dalla
BBC e che i giornali nostrani non hanno dato, «Una donna di 19 anni è stata
condannata a 6 mesi di carcere e 200 frustate, dopo essere stata stuprata da
un almeno 5 uomini».

25/11/2007/
Pasticci e bisticci

Il «modello Sarkozy» è proposto per l’Italia da Mario Monti in un editoriale di


oggi sul «Corriere della Sera». Se la Francia potrebbe suggerire un progetto
politico per risolvere tutti i nostri problemi, è alla Germania che si guarda per
il sistema elettorale, con una spruzzatina di tipo spagnolo. Ha riassunto
efficacemente Michele Ainis il 21 novembre sulla «Stampa»: «Pasticci forieri di
bisticci». Per cui «se non hai tre lauree in tasca, non ci capisci un fico secco».
Sembra che in Italia, tolte le auto, le scarpe ed i vestiti, ora non sappiamo più
fare nulla. Non siamo internazionalisti per convinzione. Ma per mancanza di
idee. Per quindici anni hanno spiegato che col proporzionale l’Italia era andata
in malora, e che il bipolarismo l’aveva salvata. Signori, avevamo compreso
male. Forse. Adesso si torna al proporzionale. Per fare che cosa, non lo
sapremo mai. Forse per far passare altri quindici anni. Dopo di che, diremo da
capo che occorre passare al bipolarismo. Fate vobis. Tanto noi cittadini siamo
cortesemente esclusi dalla partecipazione.
Oggi Lucia Annunziata scrivendo dei «fratelli coltelli» Silvio e Gianfranco,
ovvero Berlusconi e Fini, ha ripreso da un saggio di Angelo Melloni una
citazione: «l’anomalia italiana è che si sia confusa la destra con Silvio
Berlusconi». Ma la storia è fatta di anomalie, non di fattori logici. Era il buon
Hegel a dire, in un passaggio (divenuto famoso, ma secondario di un suo
testo), che «ciò che è razionale è reale». Provate a dirlo a chi ha vissuto i
gulag ed i lager.
Piero Ottone il 21 novembre ha pubblicato su «Repubblica» una «Lettera a
Berlusconi» da cui cito il finale: «Pensi solo alla tua persona, al tuo successo,
alle tue vendette. […] Confermando così che la tua avventura è stata, per il
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 357
nostro paese, un immane disastro».
Oggi re Silvio vorrebbe solo due partiti, insomma come Rai e Mediaset. Ovvero
intercambiabili ed alla bisogna vasi comunicanti. Con lo stesso liquore. Stiamo
attenti a non scontentarlo troppo: potrebbe chiedere i danni, come i signori
Savoia. Ai quali potremmo mandare le cartoline paesaggistiche dell’Italia
bombardata: il nonno Sciaboletta non ne ha avuto nessuna colpa?
Ieri su «Repubblica», Salvatore Borsellino ha ricordato i poliziotti della scorta
che morirono con suo fratello Paolo, proteggendone il corpo da una
devastazione che colpì invece i loro. È una lettera molto dura che andrebbe
studiata nelle scuole. Un solo particolare. Lo «Stato che mi vergogno di
chiamare con questo nome» ai genitori di Emanuela Loi, uccisa con i colleghi
in quell’attentato, ha richiesto il costo del trasporto della sua bara da Palermo
a Cagliari. Modello italiano?
Ieri al corteo delle donne, alcune ministre e deputate sono state contestate da
poche ragazze. Per quasi ognuna di loro, l’on. Melandri ha trovato un
aggettivo: «Arrabbiate, violente, sciagurate, cretine». Poi ha tirato un sospiro
di sollievo, aggiungendo: «E poche».

Nelle foto, la manifestazione delle donne a Roma, e la protesta degli studenti


francesi contro Sarkozy a Parigi

Certe disperazioni

Per puro caso nel post di ieri, «Certe nonne», ho tirato in ballo la virtù della
speranza.
È di oggi l'annuncio che il 30 novembre sarà pubblicata la seconda enciclica di
Benedetto XVI, intitolata «Salvi grazie alla speranza».

Coincidenza fortunata, tra il post e la notizia.


Il tema della speranza ha però un risvolto tutto umano che non dipende dai
teologi soltanto o da un messaggio papale.
La speranza deve esser anche controparte della vita sociale di ogni giorno.
Ovvero il frutto di una situazione nella quale ogni cittadino possa avere fiducia
non soltanto in se stesso, ma anche nelle forze economiche e politiche con le
quali viene a contatto nella sua esperienza giornaliera, direi quasi di momento
in momento.
È molto facile promettere una salvezza ultraterrena, quando tutto può
contribuire a rendere infernale il tempo presente.

Una notizia proveniente da Pesaro dà la dimensione delle tragedie in cui la


speranza non ha più posto, e lo cede alla disperazione. Forse covata
lungamente nel silenzio di un colloquio con la propria coscienza.
La morte di una figlia (22 anni) gravemente malata, per mano di madre (50
anni), non è un gesto folle.
La gente, i vicini hanno detto ai tg che la madre sembrava tranquilla. La
maschera che il dolore impone nella vita, a volte crolla all'improvviso, non
lascia tempo a niente, arma una mano di un amore che distrugge la propria
creatura, con la solenne, tremenda, intima convinzione che sia un gesto
grande come lo era stato il mettere al mondo quella stessa creatura.

Ogni volta che questi drammi arrivano alla cronaca, bisognerebbe chiedersi:
ma che cosa è stato fatto dalle Istituzioni, dalla Società, dallo Stato, dalla
Politica per aiutare quelle madri, sollevare con un mano non caritatevole (nel
senso che dipende da una scelta individuale e casuale d'aiuto), ma con un
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 358
gesto soccorrevole, come costante e continua presenza vicino a chi soffre
assistendo un malato, e soffrendo ben più del malato stesso.
Signori della Politica, anche questa è la vita: nel dolore e nell'angoscia di una
madre che dopo 18 anni di malattia della figlia, l'ha liberata dalla sofferenza e
poi ha rivolto il coltello contro di sé.

Segnalo questo testo: «Tragedia di Pesaro, il grido dei genitori: ''Siamo


stanchi, usurati, soli''».

22/11/2007/
Certe nonne

Edmondo Berselli nel suo ultimo libro, «Adulti con riserva», fa una gustosa
ricostruzione autobiografica ed un brillante affresco dell’Italia nei primi anni
Sessanta.
Ci sono due passi che desidero riprendere, ricollegandomi al post di ieri,
«Stato e Chiesa».
Eletto papa Montini, la nonna materna di Berselli, «vecchia socialista timorata
di Dio, andò apposta a confessarsi dal parroco in persona per confidare che la
addolorava molto, il signor parroco non aveva idea di quanto le dispiacesse,
ma questo papa non le piaceva proprio, e non sapeva che farci» (pag. 52).

Poche righe dopo, nella pagina successiva, Berselli parla in prima persona di
un mese mariano e di un frate predicatore che dal pulpito tuonava contro le
tentazioni moderne offerte ai giovani. Gote accese ed occhi infiammati il frate
si lancia «in un’intemerata contro i peccatori moderni, i nuovi eretici»,
individuando la causa di tanto scandalo nella «fotografia di quello sgorbio
ermafrodito e rosso… Rita Pavone!» posta al luogo dell’immagine della
Vergine nelle camerette dei ragazzi, sopra i loro letti.

Ecco. Davanti ad episodi come questi, possiamo immaginarci le reazioni dei


teologi ufficiali, cioè quei tipi che «giudicano e mandano» all’Inferno un po’
come Giuliano Ferrara dai suoi pulpiti cartacei e televisivi.
Una severa punizione corporale alla nonna timorata di Dio ma socialista, alla
quale non piaceva Paolo VI succeduto a quel buontempone di papa Roncalli. Il
rogo per le foto scandalose della cantante tentatrice e corruttrice, secondo il
frate predicatore.

Berselli scherza. Ma non troppo. Lo dimostra la perfetta ricostruzione storica


che sulla «Stampa» di stamane fa Barbara Spinelli, nella seconda puntata
della sua inchiesta sulla «Chiesa in Italia, oggi».
Non mi permetto di riassumere, cito un passo, a proposito del pontefice
attuale: «Tanta inflessibilità non nasce tuttavia solo da sicurezza, come tutte
le inflessibilità. È una forza che impressiona e trascina ma scaturisce da un
pessimismo che in Benedetto XVI è profondo, e sul quale più volte viene
richiamata la mia attenzione. I miei interlocutori mi parlano di vere angosce
(alcuni usano la parola ossessioni) che non riguardano solo l'Italia».

Una postilla, che non vuole essere irriguardosa ed è senza alcuna pretesa da
parte mia, magari intendetela soltanto quale riempitivo per arrivare alla
conclusione…
Se le «angosce» fanno parte integrante della metafisica, le ossessioni sono un
altro paio di maniche. Il teologo può essere angosciato? Ma direi proprio di no,
sennò la speranza che virtù teologale è? Tanto meno può essere ossessionato,
perché si finisce con l’accennare ad una patologia che contraddice il
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 359
presupposto metafisico della teologia stessa (vedi la speranza di cui sopra).

Ed allora? Se la preoccupazione ‘romana’ è molto terra-terra («La Chiesa e le


tentazioni del dopo-Dc», riassume il titolo dell’inchiesta di oggi), cioè riguarda
come fare a raggiungere certi scopi che era più facile conseguire con lo Scudo
crociato, non vedo motivi di preoccupazione alcuna.
Tra baciapile d’antico e nuovo stampo, teo-con in cui la fede è soltanto un
trucco ridicolo per prender voti, con una opposizione che non c’è, con un giro
di giochi di prestigio (e non nel senso morale di prestigio...) in cui nessuno sa
più chi è, Roma non ha nulla da temere.

Hanno sfottuto Prodi perché si era definito «cattolico adulto». Oggi Spinelli
spiega che «la parola era stata usata già nel '65, ai tempi del Concilio
Vaticano II».
A molti degli atei devoti e dei sepolcri imbiancati che pretendono di dettare le
leggi in nome del Vaticano, bisognerebbe dire che è meglio essere cattolici
adulti che adulteri, dato che essi (gli adulteri) vogliono imporre agli altri una
morale che poi loro stessi non rispettano. [22.XI.2207]

Una seconda postilla [23.XI.2007] per farvi proseguire il discorso sulla


speranza, in relazione ad un drammatico fatto di cronaca: andate al post del
23.XI, Certe disperazioni.

«Una notizia proveniente da Pesaro dà la dimensione delle tragedie in cui la


speranza non ha più posto, e lo cede alla disperazione. Forse covata
lungamente nel silenzio di un colloquio con la propria coscienza». Il testo
prosegue qui.

21/11/2007/
Stato e Chiesa

Sulla Stampa di oggi è ospitata un'interessante lettera di un lettore,


Gianfranco Dugo di Treviso, il quale parla delle «contraddizioni dei teologi
cattolici». E segnala come i teologi del Vaticano siano impegnatissimi a
dimostrare che l'embrione non vada manipolato.
Il punto centrale della lettera ricorda come altri teologi vaticani non si fossero
opposti 70 anni fa alle guerre coloniali fasciste, e avessero ritenute giuste le
aggressioni a Paesi inermi. Poi, dopo alcune righe, Gianfranco Dugo scrive:
«Oggi nessun teologo approverebbe in nome di Cristo quella che venne
chiamata la Santa Inquisizione e la schiavitù».

Concordo. La conclusione di Gianfranco Dugo è in questa domanda: «Se la


teologia è così contraddittoria perché darle tanta importanza?».
Nella domanda si trova la risposta, ovviamente. La teologia si giustifica da
sola, non abbisogna di pareri altrui, e da sola si attribuisce un'importanza che
essa impone meno brutalmente di un tempo, ma non sempre con quello
spirito chiamato di carità cristiana. Occorre per questo considerare
attentamente il corso della teologia per evitare che essa possa scardinare
subdolamente i fondamenti dello Stato laico.

Oggi Corrado Augias ha ospitato in una trasmissione dedicata al tema «I


rapporti tra Stato e Chiesa» la biologa Carla Castellacci (foto) e lo storico
Francesco Traniello. Si è parlato di scienza, di diritto e in fin dei conti anche di
teologia. Potete vedere il filmato sul sito Rai. Non sto quindi a riassumere.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 360
Dico soltanto che la questione dell'accanimento terapeutico e della libera
scelta di ognuno, non può essere trasformata da teologi faciloni in atto
favorevole all'eutanasia.

Circa l'aggettivo faciloni, applicato ai teologi di oggi, preciso che anche in


passato, nelle sentenze dell'indice dei libri proibiti od in quelle di condanna al
rogo, non è che i teologi non lo siano stati altrettanto. A loro interessava
purtroppo soltanto sostenere il potere politico (di un papa o di un re, non fa
differenza). I teologi sono sempre stati funzionali a quel potere. La terra girava
intorno al sole, ma loro volevano fermarla. Per questo un papa del XX secolo
ha chiesto scusa degli errori commessi in passato dalla Chiesa.

18/11/2007/
Antonio Rosmini

Caro Antonio Rosmini,


adesso che siete stato proclamato beato, non possiamo più ricorrere a voi
come esempio di contestatore e di teorico di quella «Chiesa dei poveri» che ha
avuto un momento di gloria qualche decennio fa, senza che mai fosse fatto il
vostro nome nelle pubbliche piazze.
Vi hanno inserito nel «sistema» (altra parola d’annata, se non pure dannata).
Vi hanno messo tra gli insindacabili, voi che siete stato a modo vostro e per i
tempi vostri un eccelso bastian contrario, sino al punto di meritare ben due
condanne ufficiali da parte di Roma.
Aveva destato scandalo il vostro libro intitolato «Le cinque piaghe della
Chiesa». Uno slogan per i posteri, quando telegraficamente (come si diceva
una volta) si voleva riassumere una situazione che non piaceva o (altra
espressione antica) «gridava vendetta al cospetto di Dio».
Adesso che «Le cinque piaghe della Chiesa» escono in edicola assieme al
settimanale cattolico per antonomasia, come se si trattasse di un libro
ultraortodosso alla Vittorio Messori, addio contestazione, addio ricordi di
polemiche.
Quel «lo diceva Rosmini» che suonava elogio dell’eresia pura, adesso corre il
rischio di diventare uno spunto per le dotte conversazioni di Giuliano Ferrara.
Prima o poi, vedrete, anche voi sarete arruolato fra i suoi autori preferiti, per
quel gusto che lo scrittore del «Foglio» ha nell’apparire paradossale e nello
stesso tempo convincersi di avere sempre ragione.
Vi troverete in buona compagnia: vi faranno oggetto di dibattiti televisivi, e
voglio vedere come se la caveranno le soubrette che discettano di tutto e di
tutti. Forse sarà necessario spiegar loro che non è il caso di scomodare la loro
intelligenza per arrivare sino a voi.
A loro non dovremmo raccontare che, dagli atti ecclesiastici della causa di
beatificazione, risulta una frase vostra detta alla cognata, di ritorno da un
pranzo: «Sono avvelenato». Non bisognerà dirlo neppure a Bruno Vespa,
altrimenti correremo il rischio di avere tante puntate della sua trasmissione
dal titolo: «Chi uccise Antonio Rosmini?». Dopo Cogne, Garlasco, Perugia, ci
mancava pure il vostro pranzo in casa dei nobili Bossi-Fedrigotti, finito con
un’acidità di stomaco che voi consideraste un attentato alla vostra vita.
Lo sappiamo. Ci sono ancora in giro testimoni della vostra epoca, pronti a dire
a Bruno Vespa, che si trattò soltanto di un errore involontario del cuoco. Vi
risparmiamo le spiegazioni. Voi di lassù le conoscete già. Aiutateci a non farle
conoscere anche a noi.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 361
16/11/2007/
Silvio, un re sFINIto

Atto primo. Giancarlo Fini volta pagina nei rapporti con Berlusconi. Glielo
manda a dire con una lettera aperta al direttore del Corriere della Sera di
stamani.

AN vuole cambiare strategia ed in fretta. In altre parole, basta con tutte quelle
storielle di re Silvio che promette ogni ora di fare cadere il governo Prodi, e poi
alla fine non ci riesce mai.

Atto secondo. Il Cavaliere risponde a Fini: «Sono l'unico a combattere contro


questa maggioranza».
Sembra di ascoltare il giovane Leopardi che nella canzone «All’Italia» si
guardava allo specchio e, probabilmente sul cavallo a dondolo e con in mano
una spada di cartone, prorompeva nel grido fatale: «Nessun pugna per te?
non ti difende / Nessun de' tuoi? L'armi, qua l'armi: io solo / Combatterò,
procomberò sol io. / Dammi, o ciel, che sia foco / Agl'italici petti il sangue
mio».

C’è una piccola differenza. Il Cavaliere ha 71 anni e per dire queste cose si
mette davanti alle luci delle telecamere, non agli specchi in una stanza buia.
Di uguale, c’è la destinataria delle sue parole. Come per Giacomo, anche per
Silvio è l’Italia. Allora (1818) un sogno da realizzare. Ora un progetto a cui
nessuno crede più, tra gli alleati di Berlusconi.

A proposito di grida fatali con annessi gesti eroici. Al post della spada di
cartone, il senatore di Forza Italia Maurizio Sacconi è arrivato a togliersi una
scarpa per sbatterla con forza, ripetutamente, sul suo scranno. Merita la
memoria presso i posteri, con un fumetto che documenti il tutto: «Dammi, o
ciel, che sia foco / Agl'italici petti il sangue mio».

Il governo è sfatto, ma re Silvius I non lo sfratta. Gli amici se ne vanno, che


inutile serata. La musica prodiana non è ancora finita. Questo è il tormento del
Cavaliere, ed il grimaldello con cui lentamente e pacatamente, alla Veltroni-
Crozza, lo hanno deposto dal trono quegli alleati d'un tempo. Lui continua ad
illudersi, il leader sono e sarò io. Parole, parole, parole.

E pensare che ad Arcore credevano che fosse bastato, per far star tranquillo
Fini, prenderlo per i fondelli sul suo nuovo amore. Adesso hanno fatto
retromarcia. Hanno tirato le orecchie a «Striscia la notizia». Con un
comunicato che resterà nella storia della tv: «La presidenza di Mediaset
esprime una netta presa di distanza dagli eccessi giornalistici e satirici, anche
in programmi Mediaset, che hanno colpito negli ultimi giorni la vita privata di
Gianfranco Fini». Per poi respingere (giustamente) «nel modo più assoluto il
sospetto di un disegno politico-editoriale orchestrato dal gruppo Fininvest ai
danni del presidente di An. Avanzare sui giornali ipotesi del genere significa
fare un torto all’autonomia di Silvio Berlusconi e da Silvio Berlusconi».

V’immaginate Berlusconi che ordina di colpire al cuore Fini per la sua storia
d’amore? Suvvia, sono esercizi di bassa dietrologia. Per ora. In futuro non si
sa. Le donne prima o poi raccontano.

Oggi si è confessata Sandra Milo: «Con Bettino l'amore aveva più gusto».
Due domande alla signora: lo aveva confessato a Bruno Vespa? Adesso come
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 362
cambierà la storiografia sul socialismo italiano?
Il sospetto è che la signora Milo abbia voluto soltanto mettere giustamente in
luce i propri pregi e sottolineare i difetti delle colleghe in arte contemporanee:
«Vogliamo mettere il livello delle amanti di allora?».

Purtroppo scienza e storia di oggi non possono beneficiare del conforto «delle
amanti di allora». Com’è triste la vita.

15/11/2007/
"Io bloggo per il Darfur"

Riprendo dal blog cattivamaestra.

"Io bloggo per il Darfur" è la nuova campagna di sensibilizzazione promossa


da Italian Blogs for Darfur per riportare l'attenzione su una tragedia troppo
spesso dimenticata, quella di due milioni e mezzo di rifugiati e di oltre
trecentomila morti innocenti.

L'iniziativa è aperta a fotografi e creativi, non necessariamente professionisti,


desiderosi di comunicare il loro impegno per il Darfur. Chi ha un blog, o uno
spazio online su uno dei tanti social network, è invitato a scattare una
fotografia o creare un'immagine che esprima il "volto" di chi ha a cuore le
popolazioni del Darfur, sconvolte ormai da anni da un conflitto violento e
sanguinoso.

14/11/2007/
I Mille di Cossiga

In un'intervista ad Aldo Cazzullo, pubblicata stamani nel «Corriere della Sera»,


il presidente Francesco Cossiga torna sull'uccisione di Aldo Moro.
Ad un mese esatto dalla presentazione (sullo stesso quotidiano) di un libro che
Giovanni Moro, figlio dello statista assassinato dalle Brigate Rosse, ha scritto
per Einaudi, intitolandolo «Anni Settanta». (Ne ho parlato qui il 14 ottobre.)
Due punti soprattutto sono importanti nel libro di Giovanni Moro.
Il primo, riguarda la presunta minaccia da parte di una delle vedove di via
Fani, di darsi fuoco in caso di trattative per la liberazione di Moro.
Giovanni Moro scrive che la notizia è falsa. Ed accusa di aver mentito
«spudoratamente» il presidente del Consiglio del tempo, Giulio Andreotti
(pagine 105-106).
Il secondo punto, tocca il Vaticano che, postosi «sulla stessa lunghezza
d'onda» del governo italiano, «mostrò come minimo di non comprendere i
termini della questione» ( pagina 107).

Cossiga replica a Giovanni Moro, senza nominarlo, sul primo punto: «Andreotti
non dice bugie».
Il discorso poi ha un'impennata che passa dal pubblico al privato dei
protagonisti: il cerotto sulla testa di Aldo Moro nascondeva non una ferita
subìta da parte dei terroristi, ma un colpo preso la sera prima «frapponendosi
in un litigio» in famiglia.

Si resta sconcertati ed amareggiati nel veder ridurre a questi discorsi


pettegoli, ed insignificanti sul piano storico, un tema che anche a tanti anni di
distanza resta il più drammatico passaggio della storia italiana recente.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 363
Un anno fa, il 26 novembre, all'annuncio (poi senza effetto) di Cossiga delle
sue dimissioni da senatore, gli avevo augurato di tenerci «allegri, tanto di cose
serie nessuno sembra oggi aver voglia».
Purtroppo il senatore Cossiga oggi ci rattrista con le rivelazioni che sono
annunciate sin dal titolo dell'intervista: «Il caso Moro e i comunisti. In mille
sapevano dov'era».

Forse per Cossiga voleva essere una chiamata in causa per correità dei capi
dell'allora Pci. Ma finisce per essere la confessione d'impotenza per non dire
altro, di chi doveva sapere per compito istituzionale, ammesso che risponda al
vero la tesi (o l'ipotesi) di Cossiga.

Soltanto una cosa appare strana nel suo annuncio: come mai, se mille
comunisti sapevano, nessuno delle migliaia di agenti dei cosiddetti «servizi»
che hanno sempre controllato i politici di governo e di opposizione, ha appreso
che «quelli» sapevano?

13/11/2007/
Cronache nere

Siamo tutti angosciati per quello che è successo domenica scorsa. Nei blog
della nostra comunità se n'è parlato con una partecipazione che indica
qualcosa. Non siamo insensibili al mondo che ci circonda. E che ci fa paura per
molti motivi. Per il povero ragazzo ucciso nelle circostanze "misteriose" che
conosciamo, ad esempio. Un episodio che non doveva accadere. Non si spara
attraverso un'autostrada, non sapendo che cosa succeda esattamente aldilà di
essa, in una piazzola di sosta troppo distante per distinguere le cose.

Ho scritto ieri che il fatto di Arezzo non ha nulla a che vedere con lo sport.
Intendevo dire che l'uccisione di quel ragazzo non poteva essere presa a
pretesto per tentare un'insurrezione come c'è stata poi a Roma. Chiedo scusa
se non mi sono spiegato bene. Credevo di averlo fatto, aggiungendo che allo
stesso modo pure la violenza scatenatasi poi, non aveva nulla a che fare con
lo sport.

Ieri pomeriggio Irene ha osservato nel suo blog che viviamo in un vuoto dove
«tutto freneticamente inghiottisce tutto». Lo ha scritto anche a commento del
mio post.
Poco dopo Gianna, allargando il discorso ad altre notizie di cronaca nera,
introduceva una nota metafisica: «Non ditemi che sono prove inviateci da
lassù per provare la nostra tempra di madri e di padri o peggio per scontare i
nostri peccati. Per il Grande Distratto è un incidente di percorso e spero che
trovi al più presto un rimedio».
Cito questi due passi di Irene e Gianna perché sono sintonizzati sul tema del
nostro essere qui ed ora, con sfumature che intrigano con dolcezza d'intenti e
costringono fermamente a riflettere.

Il contesto della vicenda di Arezzo dà ragione al commento di Fino: «Quella


gente (juventini e laziali) erano là per lo sport o per meglio dire per uno
pseudosport chiamato calcio».
Ieri facevo un altro discorso. Parlare male dello sport com'è in Italia da tanti
anni, non è vuota retorica. Ma è amara constatazione che nulla si fa per
cambiare qualcosa. Forse tutto quanto accade serve a qualcuno, lo dico da un
punto di vista politico.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 364

Sempre da questo punto di vista, dobbiamo essere certi che nessuno possa
colpirci "per sbaglio" se passiamo per strada o in autostrada vicino ad un
gruppo di sportivi che possono essere temuti: ma per questo fatto, nessuno è
autorizzato a sparare per prevenire un reato di cui il viandante per caso non
ha nessuna responsabilità.

Stamani ho letto il bell'editoriale di Massimo Gramellini in prima della


«Stampa». Che all'inizio dice qualcosa sull'Italia sbagliata oggi sotto accusa, e
della quale fanno parte anche i giornalisti «che invece di dare la notizia
dell’assassinio di un ragazzo al casello autostradale», annunciano che è stato
ucciso un tifoso.
L'Italia che vogliamo? «L’Italia che estirpa i violenti dagli stadi e dalle strade. E
non protegge le caste, ma le persone. Perseguendo gli individui e non
generiche categorie sociali: i tifosi, i romeni. L'Italia a viso aperto. Tollerante,
giusta, decisa. Senza ferocia. Ma senza paura».

L'Italia giusta. Può essere un'utopia, ma deve essere un progetto. Gramellini


ha ragione. Così come hanno ragione Irene e Gianna a chiedersi che cosa sia
questo mondo in cui viviamo. La loro intelligenza avvia con tranquilla
fermezza un discorso vasto, ma necessario.

Nulla è una parola che fa paura. È un tema che affascina da sempre letterati e
filosofi, quindi non deve essere che apprezzato il riproporlo alla nostra
attenzione. Le nostre inquietudini sul destino dell'umanità a cui accenna
Gianna, sono un sentimento del tempo. Ma ogni tempo ha i suoi drammi.
Grazie, amiche, di aver introdotto questo tema.

Affacciandoci alla strada, vivendo tra la gente, i vostri pensieri dovrebbero


spingerci a meglio comprendere il valore dei rapporti con chi ci sta o passa
vicino.
Lo diceva già Giacomo Leopardi: nella guerra comune contro la Natura, gli
uomini dovrebbero offrirsi aiuto in un abbraccio «con vero amor».

Ma vedete che il sublime canto del poeta, «... su l'arida schiena / Del
formidabil monte / Sterminator Vesevo», diventa immediatamente qualcosa di
più, un manifesto politico con l'invito agli uomini a considerarsi «confederati»
fra loro. È il vecchio discorso del «contratto sociale»...

Ma fino a che punto siamo pronti ad accogliere questi discorsi? Attenzione,


perché essi sono considerati pericolosi. Pericolosissimi... Per motivi ovvi.

L'Italia «tollerante, giusta, decisa» propugnata da Gramellini, è l'unica via di


scampo dal nulla, dalla paura, dalla corruzione. Ma quanti sono d'accordo oggi
e qui a credere nei valori di una società «tollerante, giusta, decisa»? Siamo
anche il Paese in cui si portano tranquillamente i maiali ad orinare su terreni
frequentati da persone come noi che hanno però un'altra religione. E poi ci
chiamiamo popolo civile.

12/11/2007/
Facili le parole

Quando succedono fatti come la morte del giovane romano Gabriele Sandri,
ucciso dalla pistola di un poliziotto, le parole sono sempre facili. E troppe. Si
ripetono i riti consueti: il tragico errore, un fattore imponderabile (correvo, il
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 365
colpo è partito da solo), le indagini saranno approfondite, non ci saranno
reticenze, come ha detto ieri il ministro degli Interni Giuliano Amato.

Passano le ore, e si scopre qualcosa che fa ipotizzare al questore di Arezzo che


«il reato colposo potrebbe avere evoluzioni diverse in senso peggiorativo».
Senza dilungarmi in un esame del fatto in sé (tra sparatore ed ucciso c’era
perbacco di mezzo addirittura un’autostrada), e senza voler esprimere giudizi
sulle indagini, dico che in generale troppo spesso prevale non la presunzione
d’innocenza di qualsiasi persona, ma quella di colpevolezza.

In Italia per lungo tempo non sono stati i magistrati a provare la colpevolezza
d’un imputato, ma è stato costretto l’imputato a dimostrare la propria
innocenza. Non vorrei che ora si ritornasse al passato. Un’auto che va per i
fatti suoi, un giovane che è ucciso, e poi dopo le ricostruzioni che
«giustificano» l’accaduto.

Il fatto di Arezzo non ha nulla a che vedere con lo sport, così come la violenza
scatenatasi poi (vedere l’articolo di Beccantini).
Niente parole inutili, signori del governo e del Parlamento, ma fatti precisi.
Mirando senza colpo ferire ad uno scopo: rendere tranquilla la vita di qualsiasi
persona. Non date la colpa ai teppisti degli stadi. Tutti sanno chi sono. Ma loro
possono continuare ad agire bellamente, senza pagare mai il conto delle
malefatte.
Personalmente sono convinto che molti di quegli «ultras» abbiano un sogno
politico. Non dico progetto, perché la parola presuppone una razionalità in loro
soffocata dall’odio espresso con una rivolta che non ha nessuna giustificazione
morale, ma che comunque tentano ogni tanto di mettere in atto.

11/11/2007/
La famiglia è sacra (in Libia)

A proposito del post precedente sulla famiglia in Italia. Le Monde di ieri


annuncia la prossima uscita di un libro di Kristiyana Valcheva, una delle cinque
infermiere bulgare accusate di aver inoculato l'Aids a 426 bambini. E liberate
lo scorso luglio dopo otto anni di carcere.
Kristiyana Valcheva riporta la testimonianza di un dirigente ospedaliero: la
famiglia in Libia è sacra, non ci sono relazioni extraconiugali, quindi non ci si
becca l'Aids...
Se sacra è la famiglia non lo è altrettanto il corpo delle prigioniere: «Au coeur
des prisons fétides et sous les portraits du colonel Kadhafi, c'est leur corps de
femme, leurs seins, leurs ventres, leurs sexes, qui ont été visés - très
concrètement. Traitées de "putains", de "dépravées", de "chiennes
chrétiennes", elles ont été désignées comme des créatures monstrueuses, des
êtres de débauche».

All'articolo su Le Monde di Jean Birnbaum, L'enfer sexuel, c'est les autres.

10/11/2007/
Noi libertini

Appartengo da quarant'anni alla schiera più o meno folta dei libertini.


Intendendo con il termine libertini quei monogami con tanto di certificato
matrimoniale, che non partecipano ai family day e non hanno avuto altro che
un legame.
Rispetto tutte le scelte di tutti su tutto. Quindi, nessuna censura su nessuno.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 366
Ma non ammiro l'eletta classe politica dei sostenitori della «famiglia cristiana»
che non sanno neppure che cosa essa sia, se è vero il detto evangelico
secondo cui l'albero si riconosce dai frutti che dà.
Non essendo l'uomo un albero, ovviamente può fare quello che vuole e
sostenere che i frutti sono indipendenti dalla pianta. Benissimo. Ma piantatela
una volta per sempre di predicare bene e non accettare i princìpi che
predicate come guida dei vostri comportamenti. Non fatevi paladini della
«famiglia cristiana» quando il vostro carniere ne contiene più di una.

L'on. Gianfranco Fini arriva in ritardo con gli appuntamenti della storia. La
notizia della sua nuova famiglia doveva uscire prima che apparisse il libro di
Bruno Vespa.
Commentando un interessante post dedicato da Giulia Volpi a Vespa, ho
scritto che dalla cintola in giù, per i politici guarderei soltanto alle tasche dei
pantaloni dove conservano il portafogli. Quindi non mi soffermo su vicende
personali alle quali si deve quel rispetto che i politici non hanno quando
legiferano sulla vita dei «semplici cittadini». Loro, i parlamentari, possono già
ora lasciare la pensione in eredità ai loro conviventi.
Questo fatto non offende la morale sentimental-sessuale, ma quella "civile" o
politica dell'uguaglianza fra tutti i cittadini.

Oggi si annuncia un altro testo sul tema amoroso, scritto da Filippo Ceccarelli,
«Il letto e il potere. Storia sessuale d'Italia da Mussolini a Vallettopoli bis».
Forse sarebbe stato più simpatico «Il potere a letto». Ceccarelli è un cronista
appassionato e documentato. Ne racconterà delle belle. Ma servirà a qualcosa
la rivelazione dei segreti dei talami politici?

Un altro libro è annunciato, «Impuniti. Storie di un sistema incapace, sprecone


e felice» (di Antonello Caporale). Lo ricordo per agganciarmi con una notizia
locale a proposito di sprechi pubblici. L'Azienda sanitaria di Rimini ha di
recente ristrutturato la sua vecchia sede in pieno centro. Il Comune ora vuole
demolirla per far largo al mercato ambulante. A chi ha scritto ai quotidiani
locali per chiedere quanti soldi ha speso per quei lavori, l'Ausl interessata non
ha risposto. Perché? Trattasi di dati pubblici, non di quegli apparenti segreti
d'alcova che adesso tutti rivelano. A dimostrazione forse che parliamo
inutilmente di cose non importanti, e siamo messi a tacere per quelle serie.
Mah.

A proposito. Ricevo questa mail di Nicoletta Forcheri: «Gentile Antonio


Montanari, semplicemente una domanda: come mai nessun quotidiano parla a
titoli cubitali della fragile vittoria del movimento No Dalmolin che è riuscito ieri
a bloccare la ditta ABC di Firenze che doveva cominciare i lavori di bonifica a
Vicenza per la costruzione della base militare USA? E come mai se i quotidiani
non ne parlano, non ne parla qualche blogger "accreditato" come lei?
Perché vede il prossimo bersaglio dei grillini sarà la stampa, e a buona
ragione, perché è oramai da tanto tempo che invece d'informare disinforma,
omette notizie importantissime e fa demagogia con frasi fatte come "sinistra
radicale" "antipolitica" "sicurezza energetica" "accordi internazionali" "notizie
confindenziali" o semplicemente "Bruxelles" e così via dicendo, tutte
espressioni faziose e nelle varie fattispecie o inesatte o troppo vaghe. La
stampa scritta ma anche quella televisiva sono diventate un grosso megafono
dei politici e non fanno altro che ripetere come pappagalli quel che dicono,
senza mai andare a verificare i fatti, tranne qualche eccezione ormai nota ai
più.
Io dico ci vorrebbero dirigenti, in questo caso direttori di giornali, più
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 367
coraggiosi, giornalisti più coraggiosi e cittadini più coraggiosi.
A quel punto tutti i criminali di questo paese si cagherebbero dalla paura e si
smaschererebbero da soli. Tutto il resto è reato di omissione di soccorso a
persona in pericolo, solo che in questo caso la persona siamo tutti noi, ed è il
nostro paese intero non solo in pericolo ma già mezzo morto ammazzato».

Ho risposto: «Argomento interessante, pubblico la lettera. Sinceramente, non


riesco a stare su tutte le notizie italiane. Grazie per l'"accreditato", ma
nell'informazione da soli si fa poco se non si ha l'aiuto preziosissimo con le
'dritte' come la sua. Mi tenga informato.»

Forcheri

Nicoletta Forcheri è autrice di questo testo: «La Toscana come il Texas».

09/11/2007/
Storie italiane

«Quest'uomo lo hanno ucciso...». Un cardinale emiliano, Ersilio Tonini, dice ieri


sera nella trasmissione televisiva di Michele Santoro queste parole, riferendosi
all'«editto bulgaro» che nell'aprile del 2002 colpì Enzo Biagi: «Lo hanno ucciso.
È stato un ostracismo. Enzo Biagi dava fastidio, non era utile ed è stato
cacciato».
Di un altro uomo di Chiesa, leggiamo su «Repubblica» di stamani. Monsignor
Giancarlo Maria Bregantini, vescovo di Locri da 13 anni, è stato nominato a
Campobasso. Dice il titolo: «Trasferito per salvargli la vita».

08/11/2007/
L'«evitato speciale»

Carissima signora Bice Biagi.


Lei stamani, all'ultimo saluto pubblico a Suo padre ha detto: «Certo che c’è
stato (l'editto bulgaro). C’è qualcuno che ogni tanto ha delle botte di amnesia.
Lui invece non ha mai perso la memoria, né lui né noi».

È vero, ci sono in giro botte di amnesia terribili. È un drammatico gioco dei


bussolotti. Il cavalier Berlusconi, allora disse: «Credo sia un preciso dovere
della nuova dirigenza (della Rai) non permettere che questo avvenga».
Il «questo» che non doveva succedere più, era l'uso «criminoso» della tv di
Stato, di cui era accusato Suo padre.

Adesso il cavalier Berlusconi nega. Secondo lui non aveva mai detto che Biagi,
Luttazzi e Santoro «non dovevano fare televisione». Aveva espresso un
auspicio. Ha trovato immediatamente un'obbedienza cieca ed assoluta.
L'editto c'è stato, eccome. Nella formula subdola che oggi permette al suo
autore di negarlo.

Mi scusi se in aggiunta parlo di fatterelli personali. A me è successo qualcosa


di simile a partire dal 2001, per merito di certe dame seguaci del verbo
proveniente da Arcore. Il 14 novembre di quell'anno tenni in un'associazione
cattolica una conferenza intitolata: "«La guerra non cambia niente». Dolori
nella Storia e desiderio della Verità nel '900 letterario italiano".

Avevo preso la citazione del titolo da quell'«Esame di coscienza di un


letterato» di Renato Serra, che mi sarebbe servito per esprimere il mio debol
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 368
parere sulle circostanze di quei giorni, legate alle vicende dell'11 settembre,
ed alla minaccia di una guerra globale.
Con la cautela necessaria non per opportunismo ma per realismo, mi schierai
contro le guerre di esportazione della democrazia.
Apriti cielo... Da quella volta non fui più invitato da quell'associazione culturale
cattolica.

Poi sono successe altre cose, legate ad esempio ad un altro tabu della destra
cattolica riminese che ha tanto potere curiale: quello della falsa sommossa
antigiacobina e filopapale dei marinari riminesi nel 1799. Pochissime righe
apparse sul settimanale diocesano, e riprese da una storia ottocentesca,
ebbero la piccata risposta di un'intera pagina sul settimanale stesso con tutta
una serie di notizie non rispondenti al vero.
Poi ha dato fastidio qualche mio studio storico sulla condanna all'indice di un
medico riminese del 1700 per speciale intercessione del vescovo della città.

Lentamente da quel novembre 2001 mi si è stretta attorno una cerchia di


isolamento sanitario da «evitato speciale» per cui nel giornale a cui
collaboravo, prima mi è stata tolta la sezione culturale, poi non mi hanno
commissionato più le recensioni dei testi storici. Per cui ho preferito
abbandonare dopo quasi 25 anni di lavoro, per non avere altre beghe.

Nessuno ha firmato editti, nessuna "sa" niente di quanto accaduto. Però le


cose sono avvenute.
È vero, ci sono in giro botte di amnesia terribili. Quando parlavo di queste
vicende mie con le persone che sanno, alla fine ero considerato come un
visionario.
Il fatto drammatico è che il sire di Arcore ha fatto scuola anche su chi non ne
condivide le idee. Oppure è soltanto l'ipocrisia umana che cresce in ogni
terreno.

Piccola posta

Ricevo e pubblico integralmente:


«Egregio signore
sinceramente non se ne può più di sentire sempre considerazioni sui poveretti
che vivono in miseria ammazzando e rubando, tutti Voi, giornalisti e politici vi
state sprecando a dirle... Ho una domanda me la permette? è questa: Lei
crede di aver il diritto di divulgare la sua opinione? Io credo di no perchè
Voialtri non soffrite per la mancanza di sicurezza nel Paese. Mio figlio è stato
lasciato più morto che vivo sulla strada da certi egiziani; il giovane ritorna alla
2 di notte dal lavoro, non ha sempre i soldi per andare in taxi ed è stato
assaltato. Adesso io domando: Lei, Amato, Ferrero, Giordano, il sindaco quello
mezzo prete, quando andate a casa come ci andate? mi dica sinceramente,
rischiate la pelle? Non credo ed allora avete il diritto di opinare? Il papa ha il
diritto di opinare? Tutti parlano dei poveretti rom etc; a me non danno pena, si
però mi da pena mio figlio o i tanti che rischiano la vita o l' hanno persa. Un
poco di decenza non vi farebbe male.
MA NOI SIAMO STATI EMIGRANTI una considerazione: gli italiani, incluso me,
andavamo principalmente in paesi che anche oggi sarebbero capaci di
ricevere un altro 100% di aumento della popolazione.
Crede lei che ai tempi dei nostri Al Capone etc c'erano forse tipi Ferrero o
Giordano in quei paesi? O non c'erano forse persone che li facevano sputare
sangue? Ai delinquenti ed ai non.
Le ultime parole famose, dette da Veltroni a Ballarò: Se no veramente la gente
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 369
crede che si può fare quello che si vuole. Ma se solo 5 minuti prima il prefetto
di Roma aveva detto: ....incarcerati il sabato e fuori il lunedì. In mezzo a tanti
drammi qualcuno che fa ridere forse va bene.
Io poi dico una cosa: visto che ci sono migliaia di imprese in Romania, perchè
non toglierne un centinaio o tagliare aiuti ad ogni crimine che fanno in Italia? e
così anche in altri paesi?
A proposito di emigrazione ancora una domanda: è mai stato a Prato? Città
invasa dai cinesi ha mai domandato ai pratesi se stanno meglio adesso o
prima? Io non lo so però spero di farmi un viaggio a Prato per vedere quella
che per secoli era una città fondata sulla industria tessile.
In tutta la mia vita sono stato educato ad una educazione di sinistra però in
futuro, per quanto mi faccia schifo, appoggerò Calderoli.
Spero abbia letto tutta la lettera.
Saluti Gargiulo
gargiulo@viabcp.com

Rispondo.
Sì, ho letto la lettera, la ringrazio della cortesia per avermela inviata, pur non
conoscendoci.
Mi chiede: «Lei crede di aver il diritto di divulgare la sua opinione?».
Dietro la sua domanda c'è una visione che non condivido.
Il diritto di parola è di tutti, non soltanto dei giornalisti.
Qui sopra poi sono semplicemente un blogger-lettore, quindi si figuri che
ruolo, per cui potrei dirle che ha sbagliato completamente indirizzo.
Non credo che il silenzio di qualcuno possa risolvere le cose.
La sua educazione di sinistra che finisce in un abbraccio a Calderoli, non mi
stupisce. Conosco bene quella educazione per averla sempre rifiutata da
giovane e da adulto. Per cui non provo né commiserazione né sdegno davanti
al suo annuncio. A volte, le cose si ripetono. A noi sta capirne la differenza. Se
si resta lucidi pur nell'affannarsi doloroso della vita.

Altra risposta. Ad un commento relativo ad un post dello scorso anno («Ma


non ho capito bene il senso del suo post. Da che parte sta? Le categorie sono
sempre solo tre: 1) belle promesse, 2) soliti stronzi, 3) venerabili maestri.
L'ideale sarebbe passare da bella promessa a venerabile maestro. Sgarbi,
solito stronzo non sarà venerabile maestro mai perché troppo sputtanato».)
Questo il testo che ho inserito:

Non ho l'età per essere una bella promessa. Non sono un venerato maestro.
Preferirei non essere considerato uno stronzo, né solito né insolito.
Faccia lei. Mi metta dove vuole. Sto dalla parte del libero arbitrio, del giudizio
espresso con la cautela che non deriva da paura ma dalla consapevolezza che
allargando i discorsi si possono spesso prendere lucciole per lanterne.
Trinciare giudizi o intonare romanze come nelle opere liriche dell'Ottocento
facevano i tenori con voce tonante per far venir giù i teatri, non fa per me.
A volte verrebbe da invidiare quelli che sono troppo sicuri di loro stessi. Ma mi
ricordo una vecchia battuta del buon Guido Clericetti: «A quelli che sono
troppo pieni di sé, auguriamo che funzioni bene l'intestino».
Piuttosto, aggiungo una nota sopra una strana coincidenza: ieri sera ho
acquistato l'ultimo volume di Berselli, e mi ripromettevo di cercare nel blog
quanto avevo scritto l'anno scorso sul volume precedente (2.11.2006)... Oggi
arriva il suo commento che apre al post in oggetto, e mi risparmia la fatica di
quella ricerca. Grazie di cuore.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 370

06/11/2007/
Enzo Biagi, l'etica della memoria

Il cronista galantuomo Enzo Biagi con la sua lunga esperienza, ha lasciato un


rigoroso insegnamento sulla necessità della lettura dei fatti e
dell'interpretazione della storia.
La memoria ha una sua etica non perché conoscere gli errori ed i drammi del
passato significhi evitare di ripeterli in futuro. Magari fosse così.

Non si sa bene che cosa sia la storia: se caso, provvidenza, inconsapevole ed


irrazionale procedere di eventi.

Le cose succedono sempre da sole, nel bene e nel male. Ignorarle significa
soltanto condividere gli orrori compiuti da chi se ne è macchiato. Conoscerle è
già un mezzo per rifiutarli. Per suggerire qualcosa che potrebbe servire a tutti
noi, nelle nostre scelte presenti e future. Il passato non si cancella mai.

Enzo Biagi ha vissuto il secolo che, non so perché, qualcuno ha definito breve.
Sono stati decenni invece lunghi e pieni di tragedie.
Due guerre mondiali, il razzismo dall'inizio alla fine, poi la shoà nel mezzo, con
quel popolo trascinato nelle camere a gas chissà per quale colpa dei loro padri
o per quale follia dei loro contemporanei.

Di queste cose lui ha sempre parlato, in interviste ai protagonisti, articoli,


volumi. È stato un pedagogista della notizia, sapendo che in ogni rigo di
giornale o di libro si condensano drammi che possono essere ricordati
attraverso un volto, una canzone o un film.
Le storie di Biagi sono state per molti italiani l'unico veicolo di formazione
culturale ed intellettuale. Sapeva scrivere, nel senso che sapeva come farsi
leggere. Quindi uno stile asciutto, nervoso. Perché il modo di comporre una
frase è anch'esso espressione di una concezione morale. Non soltanto
letteraria.
Scrivere per tutti, raccontando cose di tutti, è stata per lui una bella lezione di
democrazia vissuta non come proclama retorico ma testimonianza concreta
ed immediata.

Nel giorno della sua scomparsa, ci piace ricordarlo con il suo ironico
interloquire, con il continuo ricordo delle sue umili origini e di sua madre che
lo svergogna in classe perché ha detto una bugia alla maestra, con quella sua
battuta (felice come un capolavoro filosofico) sulla signora che ammetteva: sì
mia figlia è incinta, ma soltanto un pò.

05/11/2007/
Il ribelle don Benzi

Adesso che è scomparso, tutta la gerarchia ecclesiastica plaude all'opera


infaticabile di don Oreste Benzi, e lo rimpiange. Ma ci sono stati tempi in cui la
sua «tonaca lisa» (come recita il titolo della biografia scritta da Valerio Lessi),
dava molto fastidio a quella stessa gerarchia, dal centro romano alla periferia
riminese. Nella quale egli era nato ed ha vissuto tutta la sua esperienza
sacerdotale ed umana poi rilanciata nel mondo.
Non era un prete accomodante. Anzi. Convinto di essere sempre dalla parte
giusta, perché così lo ispirava il Vangelo, non ha mai cessato di dare battaglia
ai potenti, in un Paese in cui l'inginocchiarsi ai potenti è un'abitudine derivata
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 371
da un passato fatto della devozione ai signori feudali più forte di quella alla
Chiesa.
Frutto di questa mancanza di laicità, l'Italia ha visto sempre proiettarsi sulle
sue vicende politiche le ombre di un integralismo spesso legato ad interessi di
bottega ed a sotterfugi di comodo.
Nel suo integralismo evangelico, don Oreste è stato lontano da questa
mentalità. Lontano dagli affari palesi o mascherati. Talmente aperto e chiaro
nei suoi discorsi da non lasciare spazio appunto a quei sotterfugi di comodo
che vediamo spesso insinuarsi nelle vicende politiche.
Ha sempre parlato ed agito apertamente, talora infastidendo anche i più ben
disposti verso di lui per un tono che non ammetteva repliche, ma con il sorriso
che cancellava ogni divisione. Come è stato detto, non nutriva antipatie, non
conservava rancori. E questo perché rifuggiva da ogni diplomazia nei rapporti
con i signori del potere, ai quali dovette sembrare un po' come quel padre
Cristoforo manzoniano che alzava la voce in casa di don Rodrigo: «Verrà un
giorno...»”.
E come il frate seicentesco, questo prete del ventesimo secolo sapeva che
«Dio ha sempre gli occhi sopra» i poveri. Gli «ultimi» di cui parla il Vangelo,
sono stati al centro dell'azione di don Benzi sino alla vigilia della sua
scomparsa.
Un bel ritratto di questo prete, scomodo per la gerarchia ma amato non per
quello che diceva soltanto ma per quello che ha concretamente realizzato
nell'utopico progetto evangelico, è stato tracciato dallo storico bolognese
Alberto Meloni: don Benzi è stato espressione di quel modello emiliano-
romagnolo, «dove il cattolico la rispettabilità se la guadagnava non in
biblioteca, ma sul campo, contrapponendo radicalismo a radicalismo».
Ritratto che tuttavia richiederebbe un'appendice inevitabile: sul rapporto fra il
radicalismo di una fede e la laicità dello Stato.

03/11/2007/
Auguri, Enzo Biagi

Da un vecchio lettore, un augurio sincero a quel grande maestro di


giornalismo che risponde al nome di Enzo Biagi, con un semplice rinvio a
quanto avevo scritto su di lui lo scorso 11 dicembre in questo stesso blog.

La conclusione del mio breve testo del 2006, giustifica l'inserimento del post
odierno nella categoria di «politica ed attualità».

Parlavo allora della necessità di una vera informazione democratica per la vita
del nostro Paese.

Ai lettori di oggi (se ce ne saranno), chiedo: in undici mesi l'informazione


italiana è migliorata o peggiorata? Quale bilancio proponete?
Enzo Biagi, cronista

Ben tornato in tivù, dunque, caro Enzo Biagi. Con l'augurio semplice semplice
che la gente capisca che i cronisti non sono funzionari di partito o di governo,
che sono lecite le critiche al potere e le domande ai padroni del vapore, di
tutti i vapori, dal sindaco del più piccolo comune al presidente del consiglio o
ad un amministratore delegato.
Con la speranza che i giornalisti combattenti per la libertà dell'Occidente non
si mascherino più da spie, almeno quando non è carnevale. Ma il dramma
nazionale è che da noi ci sono sempre state troppe quaresime e di
conseguenza e per reazione ci sono state pure sempre fin troppe sfilate in
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 372
maschera.
Per un giornalista, l'importante è raccontare e spiegare (come diceva Indro
Montanelli) quello che non si è capìto, non vestire i panni di uno 007 che cerca
gloria postuma non nella penna ma nei dossier riservati.
Il mondo è pieno di imbecilli. Quelli che incartano le loro fissazioni in un
giornale, come se si trattasse di un caspo d'insalata al mercato, alla fine
risultato figure patetiche: si credono furbi ed intelligenti, non riescono ad
oltrepassare il confine della barzelletta vivente.
Biagi rappresenta la storia di un giornalismo attento ed onesto. La
disattenzione è la regola di chi vuol far carriera e non vuole grattacapi. Quanti
grattacapi possa procurare il lavoro del cronista, dipende non dagli oppositori
di regime ma dalla demenza di chi (ad ogni livello ed in ogni ambiente) non sa
difendere il lavoro dei cronisti seri, e il quotidiano granello di democrazia che
quel lavoro serio porta alla mensa comune.
Ben tornato, Enzo Biagi. Ad insegnare che l'umiltà del cronista che lei ha
sempre impersonato, è molto più alta delle dignità che si attribuiscono tanti,
troppi fanfaroni che circolano nell'ambiente. E buon lavoro nel segno di
un'informazione democratica necessaria (oggi più che mai) come l'ossigeno
per la nostra vita politica.

02/11/2007/
Prodi e i due Veltroni

Se avessimo voglia di scherzare, battezzeremmo Romano Prodi «servitore dei


due Veltroni». Non per gratuita irriverenza, ma soltanto per usare il classico
titolo goldoniano come chiave interpretativa del presente. Ma dato che i tempi
sono tremendamente seri, ci chiediamo se per caso, oltre ai due «padroni»
politici impersonati dal sindaco di Roma, e mutuati dalla trama della
commedia settecentesca, non ci sia in ballo anche un terzo personaggio. A cui
il segretario del Pd dà voce e figura sul palcoscenico della politica italiana.

Il primo Veltroni è quello che aspetta con la calma dei forti e la frenesia del
cavallo purosangue in procinto di fare la sua corsa tutto da solo. Il candidato in
pectore a palazzo Chigi.
Ha rinunciato ad andare in Africa, come aveva promesso, dopo aver
completato l'esperienza amministrativa nella capitale.
Ha visto (forse) che i guai italici sono ben maggiori di quelli del continente
dove avrebbe voluto fare una specie di missionario laico.
Per cui la sua coscienza gli ha suggerito di restare. Ad aspettare che la
poltrona di capo dell'esecutivo sia tutta sua.

Il secondo Veltroni è quello che vede la città che governa, la capitale che
amministra, finire nelle cronache più terribili, come se i pericoli per le donne e
per la loro libertà di movimento fossero un dato nuovo, inedito ed inaspettato
non soltanto alla periferia romana, ma anche nei centri di altre località, grandi
o piccole, famose o no.

Il terzo Veltroni è il segretario del Pd che in certi momenti della giornata deve
guardare in faccia gli altri due. E chiedere ad uno se ha fatto tutto, come
sindaco, per salvaguardare l'incolumità dei suoi cittadini. Ed all'altro se è
possibile studiare qualcosa, prima di occupare la poltrona di palazzo Chigi. E
miracolosamente sembra che tutti i due Veltroni interrogati dal segretario del
Pd in carica, si siano trovati d'accordo nel sostenete che se c'è uno che deve
pensare ai guai italiani, è proprio e soltanto Romano Prodi. Che le elezioni le
ha vinte ed è stato nominato dal capo dello Stato.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 373

A teatro, ad una certa ora, le rappresentazioni finiscono, come previsto dal


copione. In politica del doman non c'è certezza. Addirittura non sappiamo se
ciò a cui assistiamo sia soltanto una commedia mentre i momenti sarebbero
più adatti alla tragedia.
In politica, anche in politica, viene tuttavia il momento in cui c'è la resa dei
conti. E chi deve stavolta pagare il conto è Romano Prodi.

Ce ne dispiace perché è una persona convinta del suo lavoro, che non usa la
politica per altri scopi, che ha lanciato il grande progetto riformista dell'Ulivo,
finito in un incontro tra due gerarchie direi quasi ecclesiastiche (almeno per
una di esse).

A rimetterci è soltanto lo spirito dell'Ulivo, ma questo l'ho già scritto il 16


ottobre scorso.

Flamigli
Oggi voglio condividere la preoccupazione, anzi qualcosa di più di una
preoccupazione, espressa a Bologna con "Repubblica" (foto) da uno scienziato
come Carlo Flamigni: il Pd affonderà sui temi etici, perché in esso è
impossibile ogni dialogo fra laici e cattolici. L'Ulivo era nato per favorire quel
dialogo. Non soltanto, come sogna Veltroni, con il capo dell'opposizione e la di
lui consorte.

30/10/2007/
Grande Massacro?

«Riflettere sulla maniera migliore di rinforzare la Repubblica, è un obbligo per


tutti. Tutte le iniziative, di qualsiasi origine, sono legittime». Beh, non si parla
dell'Italia. È un articolo de «Le Monde» di stasera, che riguarda i cugini
d'oltralpe. L'ha scritto Didier Maus, presidente emerito dell'Associazione
francese di diritto costituzionale.

Il tema interessa però anche noi. La promessa (la minaccia? l'incubo?) di una
riforma della Costituzione gira da parecchio tempo sia sui giornali sia in
àmbito strettamente politico, soprattutto partitico.
Vogliamo anche noi «rinforzare la Repubblica», per usare un verbo
debitamente sospetto a causa di tanti motivi storici. Che furono alla base dei
numerosi contrappesi studiati nella Costituzione del 1948.
Dopo 60 anni, le pericolose ombre di poteri troppo forti che allora si vollero
allontanare dopo la disastrosa esperienza che aveva portato alla seconda
guerra mondiale, sono svanite del tutto, o possono ancora far capolino da
dietro l'angolo?

La prudenza della vecchia classe dirigente nei partiti, aveva radici ben salde in
quel passato difficile da accantonare.
Poi sono venute due crisi parallele, la scomparsa dei gruppi dirigenti di alcuni
partiti, travolti dalla corruzione (con la cosiddetta inchiesta di «mani pulite»);
e la nascita di un partito-azienda con un capo-proprietario che annaspa ma
riesce ancora ad occupare la scena, nonostante tutto e nonostante tutti i suoi
amici-nemici. Che non ne possono più (in segreto).

Berlusconi è oggi "liquidato" da Giuliano Ferrrra in un'intervista a


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 374
«Repubblica» con una dichiarazione che non lascia dubbi: la sinistra si muove,
noi a destra «siamo fermi a Berlusconi».
Paradossale quel tanto che basta per lasciare intravedere una verità scomoda
alla Cdl, Ferrara sembra però confidare troppo nella forza di Veltroni e caricare
eccessivamente le tinte, quando parla pure di «ruiniani di sinistra»: il che
sembra un bel contrasto logico, anzi teologico.
Ma si sa che Ferrara ama questi toni assurdi, non so quanto graditi sia a
destra sia a sinistra, come quando definisce il sindaco di Roma una specie di
copia conforme al «primo Silvio».

In effetti qualcosa accomuna Berlusconi a Veltroni, l'antipatia verso i giornali,


come ha scritto su «La Stampa» di domenica Lucia Annunziata: «Addossare
alla stampa l’invenzione di difficoltà politiche che nella realtà non
esisterebbero è infatti un trucco contabile della politica vecchio quasi quanto
la stampa stessa».

Oggi invece Barbara Spinelli ha osservato, sempre su «La Stampa»: «Mai ho


visto tanta gente uniformemente invocare la fine d’una legislatura, e
volontariamente servire il disegno di chi parla di democrazia ma non ne
rispetta la regolamentazione. Tra la strategia di riconquista apprestata da
Berlusconi fin dal 10 aprile 2006 e quel che mi dicono oggi giornali e tv non
riesco, per quanto ci provi, a scorgere più differenza alcuna».

Mentre in Francia il problema è rafforzare Stato e Costituzione, da noi sembra


avviato alla fine un gioco al massacro che serve soltanto ad indebolire il
quadro politico, rimpiangendo (udite, udite) addirittura (sono parole di
Veltroni), le «belle interviste di Zaccagnini o di Berlinguer in tv. Ognuno
esponeva le sue idee e i cittadini giudicavano non le urla che si
sovrapponevano ma le parole e la sincerità di ciascuno».

Di questo gioco al massacro si preoccupa giustamente Barbara Spinelli: «Ho


l’impressione di assistere a una sorta di disfacimento della democrazia
rappresentativa, e di perdita di senso del voto espresso alle urne dagli elettori.
Dalla primavera dell’anno scorso l’Italia ha un governo, scelto dagli italiani per
la durata di cinque anni, che è stato messo in questione quasi fin dal primo
giorno: non dagli elettori tuttavia, ma da un capo dell’opposizione, Silvio
Berlusconi, che il giudizio delle urne non l’ha mai accettato e che ogni sera da
diciotto mesi annuncia a televisioni e giornali la fine di Prodi: prima negando i
risultati, poi denunciando brogli, poi intimidendo i senatori a vita, poi
appellandosi al cattivo umore della gente, in dispregio costante dei dettami
costituzionali. Una strategia di delegittimazione del tutto anomala, ma che
molto rapidamente è stata banalizzata e fatta propria da tutti coloro che fanno
opinione, essenzialmente giornali e televisioni pubbliche oltre che private».

30/10/2007
Fisico da teologi

Una gentile collega ed amica ha scritto nel suo blog che «per la teologia,
quella dottrinaria, ci vuole il fisico».
È una di quelle battute fulminanti che meritano di essere citate e ricordate.
Brava Anna Rosa Balducci. La quale oltretutto confeziona opere di narrativa di
gustosa lettura.
La frase calza a pennello con la notizia di ieri, relativa al discorso pontificio
sull'obiezione di coscienza da parte dei farmacisti nella vendita di medicinali
"che abbiano scopi chiaramente immorali, come ad esempio l'eutanasia e
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 375
l'aborto".
Giusto è il principio, secondo la teologia romana. Ma la teologia romana non
può automaticamente influenzare o diventare una norma di diritto civile
nell'ordinamento di uno Stato.
Se l'unica farmacia che può fornire quel prodotto "immorale" ad un cliente che
non riesce a contattare altri "negozi", rifiuta in base all'obiezione di coscienza,
si tratta soltanto di un diritto proprio salvaguardato, o piuttosto non si tratta
anche di un diritto altrui, violato? E che cosa è più grave dal punto di vista
anche semplicemente morale? Per la morale laica, beninteso.

«Ci vuole il fisico», appunto per la teologia. Alla quale io ho sempre guardato
con timore e diffidenza. Timore perché i teologi hanno sempre giustificato le
guerre di religione, le esecuzioni capitali ed i roghi degli eretici. Diffidenza
perché il linguaggio dei teologi è sempre difficile, contorto, per pochi eletti
(quelli che il fisico ce l'hanno...), mentre il Vangelo è molto semplice, diretto a
tutti, soprattutto agli ultimi, quelli che non hanno frequentato gli istituti di
scienze religiose, come li chiamano oggi, con un americanismo orribile perché
la religione non è una scienza esatta.
Ci hanno sempre detto che la perfezione non è di questo mondo. Bene. Perché
si deve definire scientifico l'insegnamento della religione? Un motivo ci sarà,
ma non avendo il fisico neppure io, non lo capisco.

29/10/2007/
Usque tandem Romano

Usque tandem Romano, postea triciclum...


Bellissima l'idea di fondo del pezzo di Luigi La Spina: abbiamo il «primo
governo-tandem della politica italiana, composto dalla coppia Prodi-Veltroni»,
e c'è il rischio che «si aggiunga alla coppia Prodi-Veltroni anche un altro
pedalatore, di nome Berlusconi. Così il tandem si trasformerebbe in un
triciclo».

Noi sulla Riviera romagnola da tanto tempo abbiamo strani veicoli derivati
dalle bici, a due guidatori e quattro ruote, con un sedile posteriore in cui
possono prender posto anche tre passeggeri...

Risciò

Li chiamano «risciò». Forse questo modello da «famiglia Brambilla [a proposito


di MVB...!] in vacanza», è quello più adatto a contenere il carico di viaggiatori-
governanti che si minaccia per il futuro più prossimo.
In un Paese in cui per antica tradizione non si nega a nessuno un sigaro ed
una croce di cavaliere (secondo l'antico motto, credo, sabaudo), non si nega a
nessuno neppure un posto di governo (o semmai di sottogoverno che è meglio
ancora: stando all'ombra si evitano i rischi-insolazione).

Più si è meglio si sta, come nelle gite in campagna. Lo chiamavano


consociativismo («termine nuovissimo, ancora assente in molti dizionari della
lingua italiana», 1999, Piero Melograni). Adesso lo possiamo chiamare
«governo del risciò: dimmi cosa chiedi ed io te la do».

27/10/2007/
Francesi inquieti

Ricordate: «i francesi ci rispettano / che le balle ancora gli girano»?


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 376
Questa volta non c'entriamo noi italiani con Bartali, come nella canzone di
Paolo Conte. I motivi per cui ai francesi girano le balle sono altri.

Leggete cosa scrive Le Monde di questa sera, ai francesi girano le balle più di
tutti gli altri europei, se pensano al loro futuro: «Le Français est inquiet. Il est
beaucoup plus anxieux que ses voisins européens sur l'avenir de ses enfants,
redoutant de devenir pauvre, sans abri ou de perdre son emploi, méfiant sur
la justice et la police, sur la mondialisation ou encore les syndicats et le
Parlement, se suicidant même davantage. Et ce dans un pays plutôt moins
pauvre et moins inégalitaire que la moyenne européenne».

26/10/2007/
Forleo, le sue ragioni

L'intervista al gip di Milano Clementina Forleo ad «Annozero», spiega molti


aspetti oscuri della realtà contemporanea.
Le sue parole non sono suscettibili di equivoco: «Ho subito intimidazioni da
soggetti istituzionali».
Il cittadino inerme, che non bazzica codici e pandette (come dicevano una
volta le persone esperte delle cose di mondo), che vede in tivù un giudice
'costretto' a confidare a vari milioni di persone una situazione così delicata,
non dovrebbe scandalizzarsi, od urlare. Ma soltanto apprezzare, condividere
(per quel che vale la sua adesione) il senso di un'esperienza non certamente
facile, sapendo che la democrazia si difende non a parole ma con i fatti, come
è accaduto ieri sera al gip Forleo.

Forleo ha portato i fatti, non ha recitato arzigogolate teoria sul Diritto penale o
processuale. Quei fatti parlano da soli.
«Sono convinta che in momenti di forte crisi istituzionale come questa i
magistrati hanno il dovere di non essere prudenti, di non essere sobri, di non
stare a casa a scrivere sentenze, di parlare e di esprimersi», ha aggiunto. Lo
scandalo dei magistrati che parlano «scoppia sempre quando questi
magistrati nelle loro inchieste toccano i poteri forti, quei fili dove c'è scritto
"chi tocca muore"».

Per questo appare eccessiva la nota dell'Udeur che parla di «processo


stalinista». Beh, conoscere un po' di storia non farebbe male. Diritto di parola
per tutti, è un cardine della democrazia. Non costringere un magistrato a
denunciare pubblicamente le «intimidazioni» di cui abbiamo sentito ieri sera,
spetta alla classe politica, secondo i principi della Costituzione.
Parlare di «processo stalinista» è un diversivo ed un'esagerazione che uomini
politici responsabili ed accorti dovrebbero evitare.

Il cittadino inerme, che non bazzica codici e pandette ma appartiene alla folta
schiera di chi, all'occorrenza, non può avere giustizia secondo i principi della
Costituzione, dà ragione al gip Forleo. E pensa: ce ne fossero... Con la
consapevolezza che i silenzi sono letali. Ricordano, quei silenzi suggeriti oggi
ai giudici, la massima del manzoniano conte-zio espressa al padre provinciale:
«Sopire, troncare, padre molto reverendo: troncare, sopire». Ma quella,
aggiunge altrove Manzoni, era un'«età sudicia e sfarzosa». Dove per non
essere considerati gente perduta sulla terra bisognava avere almeno «un
padrone». È questa la società che si rimpiange? Basta dircelo, ed amen.

25/10/2007/
Divieto di sosta
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 377

Prima o poi per Romano Prodi scatta il divieto di sosta a palazzo Chigi. Difficile
rincorrere la cronaca. Ascolti la notizia di una sconfitta della maggioranza, e
dopo due forchettate di spaghetti sei già a quattro.
Stamani Guido Anselmi sulla «Stampa» faceva un impietoso quadro della
situazione: «L’impopolarità senza precedenti di Prodi è la personificazione di
questo problema politico che ingloba e avviluppa Palazzo Chigi, sommando la
delusione e la sfiducia dell’elettorato di centro-sinistra, un elemento sociale e
psicologico che sarà difficile recuperare, e la rabbia di gran parte
dell’elettorato di destra».

Forse l'impopolarità di Prodi ha una componente che dovrà essere studiata.


Quanto peso ha in essa la nascita del Pd? Veltroni non c’entra. Lui è li che
aspetta il cambio della guardia, come i corazzieri al Quirinale. Prima o poi gli
tocca. Il problema Pd è palpabile non nelle analisi degli specialisti, ma nei
discorsi della gente. Chi la sa lunga della politica vissuta sulla propria pelle per
decenni, dice: embé, ma questo è un partito di sinistra?

La delusione e la sfiducia di cui parla giustamente Anselmi non possono


essere mascherati dal brillante risultato dei tre milioni di elettori per il Pd. Ma
chi sono gli eletti? Beh, ne conosco alcuni di faccia e di profilo. Non so che ci
stiano a fare con un partito di sinistra. Per ora il giochetto funziona. Tutti
allegri, brindisi e complimenti, poi verranno le rogne, se si vorrà fare una
politica pulita. Se si continueranno i pateracchi, come non detto, chiedo scusa.

Stamattina Michele Serra chiudeva la sua rubrica su «Repubblica» con una


domanda interessante: «Perché non proviamo ad affiancare all’estenuante
dibattito su come è ridotta la sinistra, anche un piccolo dibattito a latere su
come è conciata la destra, poveretta?». Giusto.

Ma la destra «poveretta» sta bene così, con un padrone come il re di Arcore


che batte le mani e tutti gli obbediscono. Se non ci fosse Silvius primo, gli altri
che farebbero? Certa destra «poveretta» contratta in periferia quello che odia
a Roma, come una volta il Pci faceva con la Dc.

Intanto il Vaticano insiste contro «Repubblica». Scrive oggi Ezio Mauro:


«"Finiamola". Con questo invito che ricorda un ordine il Cardinal Segretario di
Stato della Santa Sede, Tarcisio Bertone ha preso ieri pubblicamente posizione
contro l'inchiesta di Repubblica sul costo della Chiesa per i contribuenti
italiani, firmata da Curzio Maltese». E poi: «Finiamola? E perché? Chi lo
decide? In nome di quale potestà? Forse la Santa Sede ritiene di poter
bloccare il libero lavoro di un giornale a suo piacimento?».
Sono solidale con Mauro, sottoscrivendo le parole di Barbara Spinelli (sulla
«Stampa» di ieri): occorre sempre «una laica separazione tra fede e politica,
… una netta separazione fra cultura e politica, magistratura e politica,
economia e politica».

24/10/2007/
Madamini

Madamini, il catalogo è questo...

La lunga lista delle lamentazioni politiche che sorgerebbe spontanea, forse


ormai non serve più a nulla.
Si chiedeva stamani Jacopo Iacoboni nel suo blog: «Che si fa se Prodi cade.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 378
Votare subito? Riformare la legge elettorale? Far decantare tutto, addirittura
per un periodo indefinito?»
La risposta, questo pomeriggio, di Berlusconi («Non dialogo con questa
sinistra») a Napolitano («Serve intesa per le riforme»), toglie significato e
valore alle tre ipotesi?

Il capo dell'opposizione vuole il voto, ovviamente con questa legge elettorale.


Oggi ha ripetuto un'opinione già espressa. Chi deve tagliare la testa al toro, è
adesso l'altra fetta dell'opposizione. Al voto con la legge attuale, si aspetta il
referendum o si fa una nuova legge?

Siamo in un vicolo cieco. Può aspettare il Paese la consumazione del malato,


sostenuto sinora da quel brodino di cui parlava Bertinotti?
La crisi generale nei rapporti parlamentari fra governo ed opposizione è un
fatto inedito. Almeno in apparenza.
Chi ci garantisce che sotto sotto non si stia trattando un bel pateracchio al
centro, con un celebrante d'eccezione, magari Giulio Andreotti. Astuzia
internazionale (asse Roma-Vaticano), o provincialismo politico?

Può servire a qualcosa la lezione polacca?


Ne discute Barbara Spinelli nel fondo di oggi, dove scrive: «La Polonia del
ressentiment apparsa negli ultimi anni ha somiglianze impressionanti con
l’Italia che Berlusconi ha cambiato, plasmato. Anche da noi ci sono forze di
destra che speculano sul ressentiment e costruiscono sul rancore, il
vittimismo, l’invenzione della realtà. Anche queste forze hanno potere sui
mezzi di comunicazione, usano l’anticomunismo come arma per tacitare ogni
critica, sono sospettose verso le separazioni molteplici che la laicità insegna.
Anche in Italia l’integralismo cattolico ha accresciuto il proprio peso,
profittando della politica divenuta campo di battaglia fra amici e nemici
mortali».

Invece Miriam Mafai ricorda su «Repubblica» di oggi come l'appello pontificio


contro il lavoro precario sia stato spiegato dal presidente della Cei mons.
Bagnasco in un modo del tutto particolare: si chiede lavoro stabile per creare
famiglie fondate sul matrimonio eccetera.
Potremmo a questo punto proporre al parlamento di ammettere il lavoro
precario soltanto per scapoli e conviventi? Ritorna a galla la questione della
laicità dello Stato («Libera Chiesa in debole Stato»), di cui ha trattato ieri
Michele Ainis. Quanto è compresa ed apprezzata la questione in campo
"democristiano" oggi? Si dovrebbero ricordare gli esempi luminosi di De
Gasperi ed Andreatta. La loro lezione non è soltanto una pagina da libro di
storia.

23/10/2007/
Mastella mi agita

Ieri sera sono andato a letto con un interrogativo inquietante: ma quanti voti
ha ricevuto il ministro Clemente Mastella, alle elezioni politiche del 2006?
Per tranquillizzarmi mi sono ripromesso di fare una ricerca nel sito del
Ministero degli Interni.
Ma stamani non ne ho avuto bisogno. A risollevarmi ci ha pensato l'articolo di
Lucia Annunziata sulla «Stampa» odierna, grazie al quale ho potuto chiarire
tutti i miei dubbi e rendere meno angosciata la giornata: «Cifre alla mano, il
tesoretto elettorale mastelliano è dell’1,4 per cento, tradotto in 534.553 voti
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 379
alla Camera e 476.938 al Senato. Per capirne il peso è forse utile dire che 500
mila sono i consensi raccoltisi intorno alla Bindi (candidata senza partito nelle
primarie) e tre milioni e mezzo hanno di recente votato per il Partito
democratico».
Dunque se noi fossimo un Paese normale il signor ministro sarebbe un po'
mesto come la signora Antonella Clerici che dicono in affanno per calo di
ascolti. Invece, non essendo appunto quel Paese normale che sarebbe
auspicabile, allora «il tesoretto elettorale mastelliano dell’1,4 per cento»
diventa l'ago della bilancia di tutto il sistema politico italiano.
Meglio pensare ai successi, sul tappeto rosso del festival romano, delle attrici
italiane Carolina Crescentini e Margherita Buy.
Se fossimo un Paese normale, forse non ci sarebbe bisogno neppure di
discutere di «Libera Chiesa in debole Stato», come fa oggi Michele Ainis in un
breve saggio, le cui conclusioni dovrebbero tornare utili alla stessa Chiesa
romana: «in molti casi gli interventi della Santa Sede vengono sollecitati
proprio da chi ci rappresenta». Ne ha interesse il Vaticano?
Una curiosità dalla periferia. Il presidente della mia Provincia per risolvere il
problema della siccità ha invitato il vescovo a celebrare un rito nel Tempio
malatestiano davanti all'antica statua della Madonna dell'acqua. Il rito si è
tenuto, il presidente è intervenuto.
A noi hanno sempre insegnato di scherzare coi fanti e di lasciar stare i santi.
Altri tempi, probabilmente.

22/10/2007/
Cerimonie

Quando Romano Prodi e Silvio Berlusconi hanno saputo che il prossimo libro di
Bruno Vespa in cui si parla delle rispettive consorti, avrà come titolo «Da
Rachele a Veronica», hanno immediatamente pensato alla sorte del marito di
Rachele Guidi (1890-1979), e di conseguenza hanno fatto riservate cerimonie
propiziatorie.

21/10/2007/
Cappucci & politica

Il titolo dell'editoriale di Andrea Romano, sulla «Stampa» di stamane, «La


politica col cappuccio», mi ha suggestionato.
Quando l'ho letto ho immaginato che il «cappuccio» di cui si parlava fosse
quello solito di certi gruppi che lo usano in altrettanto certi rituali.
Poi l'attacco dell'articolo sul «veltroniano mascherato» mi ha fatto ricredere, e
mi sono detto: hai sbagliato tutto.
Successivamente, la frase: «La politica con il cappuccio è quella di Silvio
Berlusconi», mi ha provocato un sussulto e riandare col pensiero a certe
tessere di logge coperte (ovvero P2).
Dunque, titolo suggestivo, ma fuorviante la mia interpretazione, ammetto la
colpa. Però ho un'attenuante.
Avevo appena letto un'intervista su «Repubblica» al pm Luigi De Magistris.
Dove si trovano queste parole chiare: «Faccio le corna, ma dopo che mi hanno
tolto le inchieste resta solo l'eliminaziione fisica».
Ma se davvero dietro la vicenda di Catanzaro, ci fosse «La politica col
cappuccio»?
Grazie al cielo, capisco poco o nulla di queste cose, e le mie domanda restano
senza risposta.

21/10/2007/
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 380
Caro ministro Gentiloni...

Dopo aver postato il testo di ieri, ho aggiunto un'ultim'ora linkando le


dichiarazioni del ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, riportate nel
suo blog.
Oggi ritorno sul luogo del delitto, semplicemente per una breve aggiunta. Ed
una domanda.
Un passo del testo dell'on. ministro conferma quanto avevo scritto qui ieri.
Cioè che la norma che si vuole introdurre per le testate giornalistiche (art. 7
del disegno di legge 3 agosto 2007), esiste già (art. 1, legge n. 62/2001).
Scrive Gentiloni: "Pensavo che la nuova legge sull'editoria confermasse
semplicemente le norme esistenti, che da sei anni prevedono sì una
registrazione ma soltanto per un ristretto numero di testate giornalistiche on
line, caratterizzate da periodicità, per avere accesso ai contributi della legge
sull'editoria".
La domanda (retorica). Non mi meraviglio della 'disattenzione' del ministro
Gentiloni. Può succedere a tutti. Ma mi stupisce il comportamento degli esperti
che hanno elaborato il testo del ddl governativo. I quali dovevano conoscere le
disposizioni in materia. Non credo che sia ammessa per loro alcuna indulgenza
teorica. In pratica, tiriamo a campare. Domani è un altro giorno, e si vedrà.

20/10/2007/
Roc-blog, nuova tassa?

Infuria (giustamente) la polemica sul «Registro degli operatori della


comunicazione» (ROC), a cui dovrebbero iscriversi quanti (art. 7 del disegno di
legge 3 agosto 2007) «svolgono attività editoriale su internet (...) anche ai fini
dell’applicazione delle norme sulla responsabilità connessa ai reati a mezzo
stampa».
Ma è una norma inutile. La diffamazione è già punita, dal secondo comma
dell'art. 595 CP, dove si parla chiaramente del «mezzo della stampa» o di
«qualsiasi altro mezzo di pubblicità».
La questione sventolata dal ddl governativo potrebbe nascondere un altro
scopo, controllare i blogger: ma ciò è già possibile da parte della Polizia
postale (ed in caso di reato dalla Magistratura).
Resta in piedi soltanto l'ipotesi più triste: un nuovo balzello. Sono molti di più i
blogger degli evasori fiscali?
Nei miei blog nel 2001 avevo inserito un avviso, conseguente alla
pubblicazione di una legge dello stesso anno: «Questo è un sito amatoriale,
non un prodotto editoriale». La legge è del 7.3.2001, n. 62, "Nuove norme
sull'editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge 5 agosto 1981, n.
416", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 67 del 21 marzo 2001.
L'art. 1 di tale legge definisce così il prodotto editoriale: "Per «prodotto
editoriale», ai fini della presente legge, si intende il prodotto realizzato su
supporto cartaceo, ivi compreso il libro, o su supporto informatico, destinato
alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il
pubblico con ogni mezzo, anche elettronico, o attraverso la radiodiffusione
sonora o televisiva, con esclusione dei prodotti discografici o cinematografici".
Non riuscì nel 2001 il colpo di equiparare un blog ad una testata giornalistica.
Non è logico che s'introduca ora questa norma ipotizzata nel ddl 3 agosto
2007.

Ultim'ora.

Per il ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni, bisogna ripensare a tutta la


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 381
questione.

19/10/2007/
Paolo Cevoli «proibito»

Il comico riccionese Paolo Cevoli, una delle colonne portanti della satira
televisiva con le sue apparizioni a «Zelig», è stato censurato dal politici
romagnoli.

Per domenica 21 nelle tre province di Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini, è stata


organizzata una manifestazione culturale rivolta a promuovere la conoscenza
del patrimonio bibliotecario e museale locale. L’opuscolo che la reclamizza
contiene tre immagini (una per provincia) di altrettanti personaggi indigeni ma
«extra-vaganti», cioè non legati al mondo della cultura e delle biblioteche:
Martina Colombari per Rimini, Marco Melandri per Ravenna ed appunto Paolo
Cevoli per Forlì-Cesena.

Ognuno dei tre ha consegnato alla storia una frase memorabile: «I musei di
Romagna sono piccoli scrigni che racchiudono tesori di grande bellezza» (l’
attrice Colombari), «C’è chi corre più veloce di me: è il pensiero di chi legge
un libro» (il campione motociclistico Marco Melandri), e «Un buon libro è la
compagnia più intelligente che un uomo possa trovare. Ogni tanto però ci
vuole anche un po’ di solitudine con qualche passerina ignorante» del comico
Cevoli.

Sinceramente, le parole di Cevoli sono le uniche che hanno un senso. Per


quanto «extra-vagante», cioè esterno all’ambiente che domenica si vuol
valorizzare, il comico è l’unico che può vantare in fatto di cultura alcune
credenziali di indubbio valore.

Se belle si nasce e campioni si diventa correndo in moto grazie ad intelligenza


e coraggio propri e tecnologia altrui, il comico è l’unico intellettuale della
compagnia perché ogni sua apparizione sopra un palcoscenico richiede studio,
preparazione e capacità stilistiche che sono le uniche qualità compatibili con il
mondo delle biblioteche.

Orbene la frase sulla «solitudine con qualche passerina ignorante» da godere


come intervallo alle lunghe ore di studio, ha scandalizzato molti addetti ai
lavori e tanti politici sia reazionari sia progressisti, sia maschi sia femmine.

L’effetto finale, è stato la censura sul comico ed il ritiro della pubblicazione


che riporta la sua massima «immorale» sulla «passerina ignorante». Ma il
ritiro è avvenuto quando la pubblicazione (gratuita) si era già esaurita, dopo il
primo accenno di scandalo. Diventerà un oggetto di culto. Sarà un pregiato
reperto del collezionismo dei bibliomani che troveranno conforto forse soltanto
nel possedere quelle pagine colorante, e non nel mettere in pratica il
suggerimento di Cevoli.

Al sequestro (divenuto praticamente impossibile), ha fatto sèguito anche una


dichiarazione degli organizzatori con tanto di pubbliche scuse a chi si fosse
ritenuto offeso dalle parole del comico.

A difesa di Paolo Cevoli si potrebbe citare l’illustre esempio dell’opera comica


di un tal Dante Alighieri sepolto proprio in Romagna, a Ravenna, che in essa
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 382
fece anche ricorso a quello che i benpensanti chiamano sbrigativamente
turpiloquio.

Per non incorrere in analoga censura, tralascio le citazioni dirette dal poema in
cui appaiono certi termini scandalosi, ma riprendo da un fresco libro di Franco
Ferrucci, «Lo stupore e l’ordine» (editore Liguori), l’accenno contenuto in una
nota (pp. 146-147). In essa si spiega che assieme a quelle che si considerano
parolacce, appare pure il termine «comedìa» (poi popolarmente reso come
«Commedia», ed arricchito in «Divina Commedia»), come se il linguaggio di
Dante stesse facendo «le sue prove di quanto può spingersi nella lontananza
del silenzio divino» nell’Inferno.

I politici romagnoli hanno buttato all’Inferno dei seminatori di scandali il buon


Paolo Cevoli che invece meriterebbe un seminario di dotti italianisti sull’uso
del linguaggio comico nel parlar corrente e nella triade cinema-teatro-
televisione. Se ci si scandalizza tanto per la sua ridanciana «passerina
ignorante», immaginiamoci che cosa succederà in futuro per discorsi più
impegnativi. Li prenderanno sul serio o si metteranno a ridere, i nostri politici?
Antonio Montanari

17/10/2007/
Traslochi

Quando si dicono le combinazioni...


Ieri «Repubblica» presentava un'intervista a Piero Fassino, intitolata «Sì,
chiudo casa...» eccetera, in una pagina dominata da una grande foto
pubblicitaria che nel suo genere è ormai divenuta un classico, Mikhail
Gorbaciov in auto con a fianco una nota valigia d'autore, reclamizzata pure da
Scarlett Johansson.
Veniva quasi da pensare che Gorbaciov andasse a prelevare Fassino che
chiudeva casa. Per portarlo chissà dove...
Lontano da chi? O vicino a chi?

16/10/2007/
Ulivo, anzi gambero

Va tutto bene nei conti post-elettorali. Anzi no. Ha ragione Luca Ricolfi sulla
«Stampa» di oggi a parlare per Veltroni di una «rivoluzione di nascosto»,
confermando quelle perplessità espresse da Fabio Fazio, anzi quello
smarrimento che anche Ricolfi in conclusione ammette di conservare.

E per quell'anzi no, vorrei aggiungere un aspetto che non vedo sottolineato.
Dalle elezioni del segretario del Pd, da tutto il processo messo in atto prima
della corsa elettorale, l'antico spirito dell'Ulivo ne esce rafforzato o diluito se
non annullato?
L'Ulivo di Prodi aveva creato una coalizione con un leader di governo che non
si identificava in nessun segretario di partito.
Oggi ci troviamo a dover fare i conti in casa per una bigamia politica o per due
conviventi come li chiama Filippo Ceccarelli su «Repubblica».

Avremo prima o poi un leader di partito che tornerà a salire le scale di palazzo
Chigi (se una coalizione di centrosinistra esisterà ancora e vincerà
nuovamente, ammesso che il fattaccio non succeda prima). Veltroni segretario
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 383
del Pd, e quindi capo del governo. Addio spirito originario dell'Ulivo.

Aldilà del folclore, delle cronache e dei fatti quotidiani, l'esperienza ulivista si è
conclusa domenica scorsa. Quello che ci aspetta, forse non lo sa neppure
Veltroni. Forse un giorno si renderà conto che molti dei suoi non sono di quella
sinistra (nuova, vecchia, riformata o riformista) che lui descrive, sogna o
progetta, bensì provengono da un mondo molto moderato, quasi fermo se non
in retromarcia sui problemi fondamentali da affrontare.
Per cui ci si interroga sul motivo per il quale non siano andati a fare
combriccola con altri partiti più adatti alle loro posizioni, piuttosto che aderire
ad un progetto «di sinistra» come il Pd. A meno che le parole abbiano perso
ogni significato, ma bastava dirlo.
Veltroni sarà più o meno moderato di Rutelli? Dalle parole ai fatti. Chi dei due
si stancherà prima dell'altro?
Anche in politica serve realismo come nella vita. La favoletta dei due cuori e
una capanna, va bene per un mese di ferie. Dopo arrivano i primi freddi, e la
capanna non basta più. Per cui anche i due cuori entrano in crisi.
In politica si può parlare di «cambiamento» per qualche giorno, per la luna di
miele della vittoria. Poi dopo occorrono i fatti. In fretta.

Antonio Montanari

15/10/2007/
Votare fa buon sangue

Dunque, la parola d'ordine per Veltroni è «innovazione». Auguri. Ma si ricordi il


segretario del Pd che deve rispettare la promessa. Se, come osservano i
commentatori sui quotidiani di stamane, la voglia di politica dimostrata ieri è
la negazione dell'«antipolitica» paventata o ipotizzata nelle settimane
passate, non c'è nulla di peggio di una delusione dopo uno slancio generoso
(almeno stando alle cronache di queste ultime ore).

Ha osservato Federico Geremicca sulla «Stampa» di stamani che «il grande


successo delle primarie aiuta a ridimensionare il cosiddetto fenomeno
dell’antipolitica».
Ha scritto Ezio Mauro su «Repubblica» che il voto «separa la protesta di questi
mesi dalla sua frettolosa definizione: non era antipolitica, infatti, ma richiesta
di una politica "altra", radicalmente diversa».

Dunque, la responsabilità di Veltroni è ancora maggiore perché una delusione


sarebbe catastrofica non per lui ma per il Paese.
Aggiunge Mauro che «nel cosiddetto popolo della sinistra c'è ancora una
disponibilità alla speranza, a ripartire e a riprovare».
Il problema è che non sappiamo quanti globuli di sinistra siano capaci di
sostenere la circolazione del sangue nel nuovo partito. Cioè quanti saranno gli
eletti veramente «di sinistra» messisi nelle liste sotto l'ombrello di Veltroni. Ci
vorrà del tempo, ma ci accorgeremo che anche la lista Veltroni vincitrice,
soffre di anemia. E non vi è nulla di più drammatico di un leader forte e di un
sèguito in periferia che non ha le sue stesse intenzioni, origini e mete.

Antonio Montanari

15/10/2007/
Veltroni 'bulgaro'
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 384
E vai, Walter. Come previsto. Maggioranza bulgara, avrebbe detto qualcuno se
si fosse verificata in campo avverso. Per essere buoni come lui, diciamo
soltanto maggioranza prevista. Non era prevista da nessuno la quota altissima
di partecipazione, da scremare per evidenti ragioni matematiche dalle quote
di immigrati e di under-18 che non hanno partecipato alle primarie prodiane di
due anni fa.

Il bello viene adesso. Per realizzare una democrazia partecipata non basta la
scelta di un segretario già scelto. Avrei preferito che si fosse votato ieri per
un'assemblea costituente delegata a scegliere un segretario. Lo so. Sarebbe
stata la stessa cosa. Veltroni era e Veltroni sarebbe stato il segretario. Ma
volete mettere un dibattito alla luce del sole, invece di queste liti dietro le
porte...
Nel conclave si entra papi e si esce cardinali. Nel Pd si entra segretari e si esce
segretari, è la forza di un partito vecchio che lascia nel nuovo la sua impronta
di egemonia politica, culturale ed organizzativa.

Alle primarie di due anni fa, hanno preso nota di tutti i votanti. Ieri lo stesso.
Adesso controlleranno i nomi di chi è mancato al voto. A me non interessa,
sono fuori del gioco, antipatico di natura, ribelle per vocazione legata alla mia
terra d'origine, la Romagna che non piace ovviamente a molti per certi uomini
del passato. Come mi disse una volta un collega («Voi romagnoli avete
rovinato l'Italia per vent'anni ed una guerra...»).

Ma quelli che dentro il gioco ci sono, che hanno avuto favori o che dovevano
ringraziare per grazia ricevuta, al voto ci sono andati, per non essere
depennati dalle liste dei personaggi 'simpatici'. Non c'è stata nessuna
segretezza nel voto. Nessuno né allora (alle primarie prodiane) né adesso (in
quelle veltroniane) avrebbe dovuto schedare gli elettori.

Ma tant'è. Adesso bisogna che Veltroni metta in pratica l'auspicio di Romano


Prodi espresso come rimprovero a Silvio Berlusconi in un faccia a faccia
televisivo: «E poi basta con tutte queste raccomandazioni».
Caro Veltroni, tutto deve cominciare da questo punto. Ma c'è poco da sperare.
Ho letto ieri (ed ieri sera ne ho parlato qui) l'articolo di Marcello Sorgi dove è
scritto che «in larga parte» del Paese, cioè nelle quindici regioni amministrate
dal centrosinistra, è avvenuta «un’accorta lottizzazione del potere locale» che
ha fatto venir meno «la distinzione tra Margherita e Ds».
Quale nuova linea politica si può aspettare da un partito nuovo che nasce da
una vecchia «lottizzazione del potere locale», per non parlare poi delle
scandalose storie delle università e delle gestioni culturali?

Auguri, caro Veltroni, di non passare alla storia come uno dei tanti Gattopardi
di questa Italia rovinata dal clientelismo, in cui la Giustizia è sfinita ed in cui
non «basta la parola», come diceva invece la pubblicità di un noto purgante,
mentre in tanti, anzi in troppo, hanno nostalgia dell'olio di ricino. Non apra la
porta del dialogo anche con costoro, signor sindaco di Roma.

Un mio commento nella rubrica di Anna Masera.

Antonio Montanari
14/10/2007/
Ombre e fantasmi

Sorgi ha condotto con estrema correttezza da lunedì a stamane la rassegna di


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 385
«Prima pagina» su RadioTre.
Ovviamente oggi non ha citato un suo interessante articolo apparso su «La
Stampa», «I mangiatori di pane e politica», che è uno dei pezzi più
documentati apparsi sui quotidiani italiani alla vigilia del voto per il Pd.
Sorgi è ben informato. Ha così osservato che «in larga parte» del Paese, cioè
nelle quindici regioni amministrate dal centrosinistra, è avvenuta «un’accorta
lottizzazione del potere locale» che ha fatto venir meno «la distinzione tra
Margherita e Ds».

Questo è il dramma italiano, l'«accorta lottizzazione» che non fa bene sperare


neanche per il futuro pur con il nuovo partito.
Su questo futuro si proiettano le ombre di un passato che Sorgi analizza
rievocando una costante storica del nostro Paese, il trasformismo. Per cui il
nuovo appare sempre striato di vecchio.

Morosaragat Dalle ombre sul futuro alle ombre del passato, il passaggio è
breve. Aldo Cazzullo sul «Corriere della Sera» di oggi presenta un libro di
Giovanni Moro («Anni Settanta») che sarà distribuito da martedì, con
un'intervista all'autore, figlio dello statista rimasto vittima del terrorismo.
Ne consiglio la lettura per rendersi conto dei «duri giudizi su Andreotti e
Cossiga» (come recita un sottotitolo) e sul Vaticano, espressi da Giovanni
Moro.

Il quadro che ne risulta conferma la drammaticità di un presente che rifiuta di


fare luce su quelle ombre del passato, e l'anomalia del tutto italiana di un
Paese che ha dimenticato lucidamente, secondo Giovanni Moro, di fare i giusti
conti con l'uccisione di suo padre. Il quale è uno di quei fantasmi che
ritornano, ovvero uno di quei morti, sono parole di Giovanni Moro, «che non
riposano in pace e che non lasciano in pace nemmeno i vivi».

Non si tratta soltanto di un dolore personale, per Giovanni Moro. In esso si


ritrovano i risvolti della storia di un intero Paese che ha preferito dimenticare,
in mille modi e per mille convenienze quella tragedia del 1978.

13/10/2007/
Che tempo, Fazio!

Caro Fabio Fazio, sottoscrivo indegnamente la sua nota apparsa stamani sulla
«Stampa».
Condivido, con un'aggiunta anagrafica: dopo i 65 anni (i miei) la faccia si può
perdere, tanto ormai chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, mentre
giustamente lei ripete il motto prodiano: dopo i 40 ognuno è sommamente
responsabile della propria faccia.

Ma anche nella mia fascia d'età occorre farsi rispettare. Mentre si protesta per
le liste bloccate del «porcellum» elettorale per il Parlamento, si perpetua il
sistema nella scelta del segretario di un partito che volendo essere nuovo
dovrebbe avere il coraggio di cambiare rispetto alle cose che si criticano. E
che invece tacitamente e pericolosamente si accettano. Ecco, questa è
secondo me una grave mancanza di rispetto dell'elettore.
Lei si dichiara confuso, io mi sono chiarito le idee in un senso negativo, se così
si può dire: approfondendo le cose, sono sempre rimasto più amareggiato.

Invidiabile (e condivisibile) per cattiveria e lucidità la sua conclusione: «E i


famosi trent’anni di malgoverno democristiano?».
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 386
Resta sospeso l'interrogativo non quale pregiudizio verso i candidati Bindi e
Letta, ma come constatazione di un fatto secondario però non collaterale:
manca una qualsiasi idea di riformismo laico che sappia distinguere e non
confondere unendo l'impossibile, come invece sembra voler fare il sindaco
Veltroni (che uscirà vincitore) con le migliori intenzioni, beninteso.

Posso tranquillamente invocare sotto la testata della «Stampa» queste ragioni


di uno Stato laico, ben conoscendo per una lettura di molti decenni lo spirito
che ha animato sempre le grandi firme di questo giornale, e le sue linee
editoriali.

Seguirò il suo esempio per ragioni opposte alle sue, caro Fazio, cioè per
essermi fatto un'idea chiara sulla mancanza di uno spirito riformista laico nel
complesso del nuovo partito.
E la prego di non considerare questa mia affermazione come un gesto di
superbia.

Lei ha scritto: «È che sono confuso; anzi, grazie al partito democratico ho


scoperto di essere confuso da un bel pezzo. Insomma, io a votare non ci
vado».
In fondo il suo bell'articolo di oggi maschera sotto l'aggettivo «confuso» una
precisa consapevolezza della crisi che il Paese sta attraversando.
Il suo è un artificio letterario, un sottovalutarsi per modestia. Ma la verità è
che lei ha ben compreso le cose e lo stato di confusione del Paese. Il che è
tutto un altro discorso rispetto al suo sentirsi «confuso» in questo Paese e
davanti al partito democratico.

12/10/2007/
inGiustizia

Ieri sera da Santoro ed oggi da Augias è stato ospite Bruno Tinti, un


magistrato che lavora a Torino e che ha scritto un libro inquietante, le «Toghe
rotte», sulla crisi della giustizia italiana, riassumibile con una sua battuta:
«Siamo falliti da una vita però non se ne è accorto nessuno».

Scrisse Ugo Foscolo versi famosi: «Dal di che nozze e tribunali ed are diero
alle umane belve esser pietose...». Per dire che la giustizia è uno di tre
elementi fondanti della civiltà.
Se essa viene a mancare, stando alle parole del magistrato Tinti, poveri noi.
Credo che Tinti abbia ragione, ma credo soprattutto che ci aspetti un triste
futuro se non sappiamo ricostituire un tessuto civile degno di una società
matura, e fatto di giustizia giusta.
In questo tessuto il render ragione a chi ha subito torti e il far pagare il peso
delle colpe a chi ha commesso reati, è un fatto fondamentale. Forse il primo
elemento della vita comune.

Se l'arroganza e la prevaricazione trasformano gruppi privilegiati in gruppi


impuniti, non c'è speranza che la nostra società possa procedere verso una
«compiuta democrazia» (definizione che sento ripetere da quasi quarant'anni).
Se trionfano i don Rodrigo, non siamo messi molto bene. L'ipotesi non è mia.
L'ha fatta un magistrato inquirente circa questioni d'attualità che non rievoco
per essere breve.

Lo scorso 24 ottobre 2006 pubblicavo questo post, intitolato "Giustizia miope"


che ancora è pienamente attuale (scusate l'autocitazione):
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 387

«Dovrebbe essere cieca come la fortuna. Ma la Giustizia italiana appare


miope. Non vede bene, quando guarda in faccia a qualcuno. Le sfugge il
quadro d'assieme, per cui viene a mancare al suo compito.
È tardiva, lenta, incerta, contorta, non è giusta la nostra Giustizia. Riforma e
controriforma, leggi vecchie e disposizioni nuove, tutto alimenta il sacrosanto
giro autoreferenziale di chi detiene un Potere, e lo esercita non a vantaggio
della collettività ma del Potere stesso.
Le due classi nobili della Giustizia, magistrati ed avvocati, si passano la palla,
recitano la stessa commedia umana. Il dramma degli imputati che non hanno
né soldi né alleanze di potere non interessa a nessuno. Ed allora non
chiamiamola Giustizia, ma burocrazia della legge penale.
La Giustizia italiana è un labirinto in cui sopravvive soltanto chi, magistrato o
avvocato, conosce le strade per uscire dallo stesso labirinto, ed accompagna
chi «può» essere accompagnato. Gli altri sono numeri e non persone.
L'Italia resta pur sempre il Paese degli Azzeccagarbugli, alcuni con la toga da
magistrato, altri con quella d'avvocato. Siamo ad uno stadio storico che
esisteva prima di Beccaria, prima del 1789, prima del mondo moderno. Siamo
in un eterno medioevo. Ahinoi».

11/10/2007/
Se pure Serra predica

Caro Michele Serra, un satiro come lei, abituato ad usare ogni giorno la carta
vetrata, non può ricorrere eccezionalmente ad un pennello per spolverare le
cose che non vanno dall'abito del Pd, come ha fatto nella sua rubrica di oggi
su «Repubblica».

La sua rubrica di oggi non è stata satira distillata con l'arguzia che
apprezziamo, ma un predicozzo alla Montanelli che indicava nel "turarsi il
naso" il miglior sistema per scegliere la classe di governo.

Lei rimpiange la mancanza di entusiasmo, anche se è costretto, dall'evidenza


dei fatti, a scrivere: «Le ragioni di disincanto e di critica, per come si è arrivati
a queste primarie, sono tante».

Ha ragione: la nascita di un «partito nuovo» e non di un «nuovo partito»


(come ha detto giustamente qualcuno), deve essere seguìta con attenzione da
chi ha a cuore le ragioni e le sorti della democrazia.

Ma quando quelle stesse ragioni si vedono dimenticate o calpestate proprio da


chi tiene in mano i fili dei burattini, allora non si può chiedere alla gente né
entusiasmo né convinzione.
Se piove a dirotto ed esco senza ombrello e mi infradicio, non posso dare la
colpa al cattivo tempo.

10/10/2007/
Le ragioni di Flavia Prodi

Una semplice verità, quella enunciata ieri da Flavia Prodi, circa le avances
veltroniane alla signora Veronica Berlusconi. Tra i due poli, ci sono troppe
differenze: «Una cosa è il rapporto costruttivo tra maggioranza e opposizione,
una cosa è dire che non ci siano più contenuti propri nei due schieramenti. E
visto che siamo qui a parlarne, basti pensare all’idea di welfare
dell’opposizione, molto diversa dalla nostra». Così nell'intervista apparsa
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 388
stamani sulla «Stampa».

Semplice verità che ovviamente desterà scandalo in quanti mirano all'unità


dei cattolici all'insegna della facile etichetta del «bene comune» già al centro
del mondo ecclesiastico italiano da tanto tempo. E ritornato alla ribalta anche
per un complicato editoriale di ieri di «Avvenire», riassumibile nel sottotitolo:
«Neoliberismo e neostatalismo sono come una morsa che toglie spazio a una
vera sussidiariete ad un’attenzione alla persona che non sia solamente
retorica».

Le poche parole della signora Prodi agiteranno più di qualche monsignorino


della Segreteria di Stato.
Non me lo invento io, ricalco semplicemente un testo di don Gianni Baget
Bozzo («il Giornale», 11 agosto 2006): «Prodi fa parte della corrente
dossettiana, ostile all'unità dei cattolici nella Dc, e ha creato a Bologna un
centro culturale cattolico contrario alla direzione vaticana della Chiesa
italiana».

Aggiungeva Baget Bozzo: «La Chiesa è impegnata in una battaglia culturale


sui temi della vita e della famiglia: e, rispetto a questi, Prodi compie la scelta
del "cattolicesimo adulto". La Civiltà Cattolica, nel suo ultimo editoriale, ha
condannato i cattolici "adulti" come una espressione del laicismo nella società
italiana. Non a caso Prodi ha dato di sé quella definizione andando a votare in
occasione del referendum sulla procreazione assistita».

La signora Prodi non rientra in nessuna delle due categorie teoriche enunciate
da «Avvenire», neolibersimo e neostatalismo, ma in quella non presa in
considerazione dal quotidiano milanese: la categoria del buon senso che vede
le differenze che invece don Gianni Baget Bozzo ed i suoi monsignorini non
vogliono sottolineare, auspicando un'unità dei cattolici che si è dimostrata
impossibile nei fatti. Quando i più strenui difensori dei valori della famiglia,
erano quelli che la dottrina della Chiesa definiva un tempo «pubblici
peccatori» per le loro storie sentimentali.

Sono convinto che ognuno abbia diritto a fare quello che vuole se non offende
la legge, tra le mura di casa. Ma non si spaccino per libertini i tipi i coniugi
Prodi.
Le differenze fra i Poli esistono, come dice la signora Flavia. Nessun editto
emesso tra le mura leonine potrà eliminarle.
Il teorico del «bene comune» (che trova seguaci in capolista regionali della
lista Veltroni!) aveva scritto anche che «l'unità dei cattolici si ricrea attorno ad
una nuova cultura politica».

Ovviamente quella cultura politica, negando differenze di interessi e di


traguardi, farebbe un frullato in cui non si distingue ciò che anche
evangelicamente occorre tener distinto.
Lo ha detto il papa il 23 settembre a Velletri: «La vita è in verità sempre una
scelta: tra onestà e disonestà, tra fedeltà e infedeltà, tra egoismo e altruismo,
tra bene e male». I papisti non lo ricordano?

09/10/2007/
Nuovi nonnismi (a proposito di TPS)

Riproduco qui un commento che ho inserito in un blog della nostra testata. A


proposito dei "bamboccioni" di TPS.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 389
Tps
In Italia c'è un fenomeno preso poco sul serio: il nonnismo. Non nel senso
antico degli scherzi da o di caserma.
Ma nel senso del potere dei nonni.
Potere delegato dalle famiglie che ne hanno bisogno, per i motivi che
conoscono tutti.
Potere che si trasforma in un condizionamento psicologico dei nipotini che, se
non vengono viziati, cade il mondo.
Basta vedere i quasi neonati al supermercato che reclamano dalla nonna la
merendina 'supergrassa', e la ottengono immantinenente senza nessuna
opposizione.
Non ci sono più le nonne di una volta, che i dolci li facevano in casa facendo
risparmiare al portafoglio ed alla salute...
Non prendetemi per un passatista. Ma pensate anche a tutti i cambiamenti
che avvengono, e dei quali i signori ministri non parlano perché loro in casa
con gli stipendi che si ritrovano, hanno baby sitter e cameriere, e non hanno le
necessità di noi gente comune.
Quasi 50 anni fa il mio professore di Pedagogia all'Università, Giovanni Maria
Bertin, scriveva in un trattato sul carattere, che la maturità di una persona si
vede da tre scelte: politica, professionale, matrimoniale.
Dobbiamo credo renderci conto di come sono inguaiati i giovani di oggi tra
lavoro precario od assente, mille partiti che cantano al vento, ed un'idea di
famiglia ancora da definire: non è quella dei nonni (ferrea), né quella dei padri
(di certi padri o di certe madri del '68) libera, libertina, da «comune» come
dicevano allora i 'cinesi' (da non confondere con Cofferati di oggi).
Come giudicare maturo un giovane oggi?
Che cosa scriverebbe un pedagogista oggi in un trattato come quello uscito 50
anni fa?
Sarei curioso di leggere queste vostre opinioni...

08/10/2007/
Se il bus va a piazza Venezia

Scusate la confusione che ho in testa. La politica italiana, stando alle cose


lette oggi, sembra essere una corsa di autobus che non seguono più i percorsi
fissati, ma fanno salire e scendere i passeggeri dove e come càpita. Non si sa
se per colpa del guidatore o di un diabolico piano carnevalesco che mescola
mezzi e persone. E poi se succede che qualche passeggero protesta, allora giù
tutti a dire: ma guarda questi qui che invece di ringraziare perché li
scorrazziamo gratis dappertutto, hanno anche l'ardire di lamentarsi: ma dove
si credono di essere?

Fanno tristezza le conclusioni di Luca Ricolfi nell'editoriale della «Stampa» di


oggi sulle colpe dei partiti politici: «Se i nuovi soggetti politici proliferano come
funghi d'autunno, è anche perché nei partiti maggiori la partecipazione è
soffocata, i burocrati imperano, il dibattito è astratto e poca, pochissima, è la
voglia di capire, di ascoltare, di misurarsi davvero con i problemi dell'Italia».

Fanno inquietudine le conclusioni di Marc Lazar su «Repubblica» di oggi nel


pezzo intitolato «L'Italia malata di febbre antipolitica», per cui in Italia «il
tempo stringe», mentre è in atto una corsa tra i demagoghi dell'antipolitica e
«gli artigiani di una profonda rigenerazione della politica che punta a
condizionare l'avvenire della democrazia in Italia».

In questa corsa, sono apparse anche stranezze come l'invito di Antonio Di


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 390
Pietro a MVBrambilla alla festa dell'Italia dei valori di Vasto: «Gli astanti
l’hanno acclamata come una star hollywoodiana, centinaia di foto ricordo e
autografi», ha riferito Ugo Magri.
O come la proposta di Veltroni alla consorte di Berlusconi ad iscriversi al Pd.
La signora Veronica ottimisticamente ha detto a Maria Latella del «Corriere
della Sera»: «Forse Veltroni vorrebbe dare rilievo all'esperienza di una madre
di famiglia, sia pure molto privilegiata. È un ruolo che per tante donne è
ancora il più importante».

Il progetto di Veltroni era semplicemente quello di rimescolare ancora di più le


carte, sperando di convincere una fetta dell'elettorato a lui avverso che, se la
moglie del capo dell'opposizione appoggiava il principale partito di governo,
allora si potevano fare ponti d'oro a questo partito ed al suo futuro segretario
(lo stesso Veltroni).
Pia illusione, o errore strategico? Tutti i due aspetti, in questa corsa impazzita
degli autobus, in cui chi cerca di arrivare a piazza Montecitorio si trova
scaricato a piazza Venezia.

07/10/2007/
Beata lei che ride

05/10/2007/
I Conti di Mastella

Non ha tutti i torti il ministro Clemente Mastella quando distingue le persone


che (come suol dirsi) si sono fatte da loro stesse, da quelle che hanno sangue
blu o discendono da magnanimi lombi. I quali garantiscono rendite di
posizione e di prestigio pure in una società democratica o presunta tale come
quella italiana del 2007. Anzi Mastella ha ragione da vendere.

L'occasione per il suo politico distinguo, è stata la conferenza stampa di


stamani con cui ha criticato la trasmissione di «Annozero» di ieri sera. Che ho
non visto, avendo preferito ascoltare Rai.News.24 (sul digitale), dove si è
parlato a lungo ed approfonditamente di due libri. Uno sui finanziamenti di
Stato alle aziende editoriali, significativamente intitolato «La casta dei
giornali» di Beppe Lopez. E l'altro sul lavoro precario.

Mastella stamani alludeva alla co-conduttrice di «Annozero», la contessina


Beatrice Borromeo, che il ministro ha definito una «velinista», termine nuovo
che farà scorrere fiumi d'inchiostro. E che credo possa spiegarsi come un
incrocio fra la «velina» che balla nel tg satirico di Antonio Ricci e la cronista
che guida una trasmissione d'attualità.

Se è così, c'è del genio e della serena perfidia da parte del ministro, in quella
sua «velinista» sbattuta in faccia alla graziosa signorina Borromeo.

Mastella ha poi rincarato la dose, spiegando che il governo deve impegnarsi


«per quei 7 milioni di italiani, soprattutto al sud, che non hanno come la
signorina Borromeo ville di famiglia, isole su qualche lago...».

Bella battuta, bel programma politico talmente spinto a sinistra, che forse
nelle prossime ore qualche rimorso verrà al ministro.

Mastella ha aggiunto: «Io ho il dovere, a differenza di altri, di badare a questi


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 391
che a differenza di altri non hanno natali illustri, che si sono fatti da sè, che
non hanno cognomi di case reali, di conti, di marchesi. Penso a questi giovani
anziché a signorine di buona famiglia che evidentemente, non so con quali
concorso, sono diventate veliniste di trasmissioni...».
Forse il ministro sa che in certi ambienti si diventa qualcosa o qualcuno senza
bisogno di concorso.
Questa coda finale Mastella poteva risparmiarsela, lasciarla a chi critica lo
strapotere della casta politica.

Mastella è uomo di mondo, sa essere spiritoso, ha diritto a sentirsi offeso, ma


su questo aspetto non posso giudicare perché ho accuratamente evitato
Santoro che mi provoca accenni di turbe psico-somatiche con quel suo
affannoso dire per ore ed ore.

Oggi si è parlato tanto anche del termine «bamboccioni» usato ieri da un altro
ministro, il famoso TPS, a proposito dei giovani che non escono dalle famiglie
di origine neppure con i primi capelli bianchi.

Battuta infelice, ha commentato Veltroni. Battuta inevitabile, direi, in un Paese


in cui la verità delle notizie nascoste emerge soltanto dal tg satirico di Antonio
Ricci.

TPS è vittima di quest'Italia che è stata scossa recentemente da un comico


come Beppe Grillo, e che crede di potersi salvare imitando il modello apparso
sulla scena mediatica. Ma il modello sperava che i politici seri non imitassero i
politici per scherzo come appunto lo stesso Grillo.

Ma... Ma c'è sempre un ma nella storia e nella vita.


Ma, come ha spiegato Veltroni oggi per via radiofonica: «La politica italiana ha
perso la capacità di capire la vita reale delle persone».
Ma, come ha scritto concludendo il suo editoriale Lucia Annunziata sulla
«Stampa» di oggi, le liste del Pd «sembrano straordinariamente poco nuove.
Più un’operazione per portare dentro un pezzo di politica che era in attesa di
entrare, che l’annuncio di un rigoglioso nuovo organismo».

Ma, di quanto accaduto nel grembo del Pd, non è però colpa né di Santoro, né
di Mastella né della graziosa signorina Borromeo.

04/10/2007/
Signora Veronica, io prima di Veltroni

Il capo dell'opposizione Silvio Berlusconi raccoglie orgoglioso ma con cauta


freddezza, la «stima» esplicitata verso la propria consorte, e mette le mani
avanti: l'aspirante segretario del Pd non avrà mai la signora Veronica tra i suoi
fans, perché la signora non ama le occasioni mondane da «first lady». Bene.
La signora evita di mostrarsi troppo in pubblico fra i politici forse perché non
sempre è d'accordo con il consorte.

Ricordate la lettera del 31 gennaio scorso al direttore di «Repubblica»?


«Egregio Direttore, con difficoltà vinco la riservatezza che ha contraddistinto il
mio modo di essere nel corso dei 27 anni trascorsi accanto ad un uomo
pubblico, imprenditore prima e politico illustre poi, qual è mio marito. Ho
ritenuto che il mio ruolo dovesse essere circoscritto prevalentemente alla
dimensione privata, con lo scopo di portare serenità ed equilibrio nella mia
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 392
famiglia. Ho affrontato gli inevitabili contrasti e i momenti più dolorosi che un
lungo rapporto coniugale comporta con rispetto e discrezione. Ora scrivo per
esprimere la mia reazione alle affermazioni svolte da mio marito nel corso
della cena di gala che ha seguito la consegna dei Telegatti, dove, rivolgendosi
ad alcune delle signore presenti, si è lasciato andare a considerazioni per me
inaccettabili: " ... se non fossi già sposato la sposerei subito" "con te andrei
ovunque"».

Credo che la signora Veronica sia per il Cavaliere uno spauracchio


costantemente presente, per cui quando si tratta di parlare di lei, lui ci va con
i piedi di piombo, dopo quella lettera...

Ho la massima stima della signora Lario. Di lei ho scritto soltanto una volta nel
febbraio del 2006: «La signora Lario (al secolo Miriam Bertolini, ex attrice
conosciuta da Berlusconi a teatro nel 1980 mentre recitava non troppo vestita
ne «Il magnifico cornuto» con Enrico Maria Salerno), dimostra una pacatezza
che ci suggerisce un'ipotesi. Nel caso in cui il suo consorte a conclusione delle
operazioni elettorali risultasse vincitore ma faticasse a formare un governo,
potrebbe scendere in campo lei stessa, incontrarsi con la signora Flavia
Franzoni in Prodi e dare inizio ad un giro di consultazioni informali, per formare
un innovativo "governo delle donne"». Sono arrivato prima di Veltroni a
mettere gli occhi politici sulla signora Lario...

E tanto per vantarmi (cercando la signora Veronica ho trovato anche un


vecchio Grillo...), ho riletto con segreto gusto un mio post del 25 novembre
2005: «Beppe Grillo ha dichiarato a Sebastiano Messina di Repubblica (ieri 24
novembre, pag. 15): «"Su Internet nasce la nuova democrazia". Aprendo
questo mio blog (il 19 novenbre, avevo scritto: "Internet è strumento di
democrazia. Speriamo che la democrazia faccia progressi non con la ragione
delle armi ma con le armi della ragione. Ed auguri anche per un uso
consapevole di Internet. Un uso rivolto non ad offendere ma a difendere le
ragioni di tutti. Un uso intelligente al servizio del bene comune".»

03/10/2007/
Fassino ingrassa

Mentre Veltroni invita Veronica Lario (signora Berlusconi) a militare nel Pd,
Fassino ingrassa le stime per il voto del 14 ottobre. Infatti prevede due milioni
di partecipanti alle primarie.
Si sa che la soglia minima di un milione è stata variamente considerata. Per la
Bindi sarebbe un flop, per Prodi un successo.
Il gioco dei numeri di qui alla data fatidica è forse destinato ad avere altre
sorprese.
Forse Fassino è al corrente di sondaggi riservati, come quelli che ama il marito
della signora Lario.
Forse Fassino confida nel fatto (indubbiamente matematico) che l'alto numero
di candidati e di addetti all'organizzazione dei seggi, riuscirà a raccogliere una
buona percentuale di parenti grati e lusingati.
Insomma una roba fatta in famiglia, dove i problemi del Paese conteranno
meno delle voci in capitolo di portaborse, addetti alle segreterie, portavoce e
suggeritori vari.
Insomma una roba di quelle che sarà più importante sapere chi non c'era, per
poter dire di lui: oh, finalmente uno che pensa con la sua testa, e non la china
davanti agli ordini di scuderia.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 393

02/10/2007/
Ci vuole un flop

Come il lettore Bruno Vergano di Asti (ne leggo la lettera nella «Stampa» di
oggi), anch'io sono «tra quelli che due anni fa votarono per Prodi candidato
del centrosinistra» e sono come lui uno che non andrà a votare il 14 ottobre.
L'operazione condotta da Veltroni (o per suo conto) è stata puramente di
vertice.
Le liste sono nate nei segreti delle segreterie di partito con l'antichissimo
metodo della spartizione dei posti.
Sono state oltretutto imposte (con solenne ipocrisia) non figure nuove ma
figure blindate. Ovvero personaggi che alla politica sono stati spinti non da
motivi ideali, ma dagli interessi dei gruppi che li hanno non proposti soltanto
ora bensì inseriti prima in esperienze locali, poi (adesso con la nascita del Pd)
a livello più alto. Perché continuino a fare gli interessi dei gruppi che stanno
alle loro spalle.

Voterà un solo milione di persone per il Pd, il 14 ottobre?


Per la democrazia, per l'esperienza dell'Ulivo, per il futuro dell'Italia,
auguriamoci che siamo meno, molto meno, per riuscire a svegliare i dirigenti
degli ormai ex-partiti di centrosinistra, per realizzare quelle riforme che sono
necessarie al Paese, per dare speranza a tutti che veramente si possano
cambiare le cose.

Immagino che mi si dirà che sono un illuso. Pazienza. Ma la soglia minima del
milione di voti che Rosy Bindi giudica un flop e Prodi un successo, non deve
essere raggiunta per dimostrare a Veltroni che la gente non è tanto credulona
come «loro» se la immaginano.

Fabio Fazio ha ricordato sulla «Stampa» del 29 settembre che Veltroni nella
sua trasmissione gli aveva dichiarato l'intenzione di abbandonare la politica
per sempre per andare in Africa.
Maurizio Crozza in un'intervista a «il Venerdì» ironizza sul fatto che che il
pensiero di Veltroni ha una novità assoluta, il «ma-anchismo». Il sindaco di
Roma cerca infatti di abbracciare e sostenere ogni cosa che esiste, anche le
coppie di realtà in contrasto fra loro. L'ironia parodistica di Crozza forgia
questo ragionamento 'veltroniano': «Siamo per la libertà ma anche per la
schiavitù... non possiamo lasciarla alla destra».

Dietro l'ironia di Crozza, dietro il rimprovero di Fazio, c'è un reale disagio


provocato dal trionfo della solita retorica molto berlusconiana che non
avremmo mai voluto rivedere e riproporre anche nel centrosinistra. Quella
retorica alla quale chi, appunto da centrosinistra come il lettore Bruno
Vergano di Asti, crede nei fatti dovrebbe opporre la lontananza della urne il 14
ottobre prossimo.
Per dare «un segnale forte» alla classe politica con tale orientamento, circa la
«mancanza di idee e progetti convincenti». Rubo la citazione a Joaquìn
Navarro-Valls che ieri in lungo articolo su «Repubblica» usava queste parole
riferendosi però a tutta la classe politica italiana.
Navarro-Valls ritornava sul tema dell'antipolitica, parlando di una
«dissacrazione qualunquistica» avvenuta per colpa di Grillo.
Davanti ai pareri autorevoli ci togliamo il cappello, ma restiamo della nostra
idea. La denuncia di una crisi, non è la causa di una crisi.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 394

30/09/2007/
Effetto Bossi

L'effetto Bossi si è manifestato in Silvio Berlusconi a 24 ore dall'assunzione


della medicina, ovvero dall'ascolto della predica.
Ieri il capo della Lega aveva gridato: «Ora ci vuole una lotta di liberazione».
Oggi il Cavaliere rilancia (al ribasso): scenderemo in piazza per chiedere
nuove elezioni. C'è la sua bella differenza, come tra una Ferrari ed
un'automobilina a pedali.
Si sa come vanno le cose del mondo, Bossi può tuonare, Berlusconi deve
moderare. Ma insomma, parenti serpenti o soltanto inconcludenti, sempre
parenti sono, perché stanno nella stessa Casa, anche se gli uomini di Bossi
prendono in giro le donne del Cavaliere.
I circoli della libertà della signora MVBrambilla sono ieri diventati il «Circolo
della Libertina». Sarà sì una goliardata, ma se l'avesse detto Grillo, al TG2
avrebbero gridato all'attentato come quel comico Beppe Braida che a Zelig
faceva la parodia di un altro TG, quello di Rete 4 e di Emilio Fede.
Il presidente della Camera Fausto Bertinotti ha commentato l'uscita di ieri di
Bossi: «Capisco che è un periodo in cui chi la spara più grossa ha i titoli. Ma io
non sono per accettare come innocente chi la spara grossa. Può contribuire in
modo drammatico a generare odio. Non puoi usare un termine come guerra di
liberazione - afferma - primo perché parli di guerra nel tuo Paese e poi perché
per noi di guerra di liberazione ce ne è solo una, quella contro i fascisti».
Finiamo sempre a dover fare i conti con la Storia passata. Di quella presente
non ci accorgiamo mai. Prendiamo tutto come uno scherzo. Berlusconi ieri ha
giustificato Bossi: «Lui usa sempre un linguaggio colorito nelle riunioni, ma
poi, nella pratica, ha sempre dimostrato un grande senso di responsabilità».
Traduzione: dice sempre delle gran 'cose', ma poi fa quello che voglio io.
Bisogna vedere se sulla seconda parte è d'accordo, e fino a quando, anche
l'on. Umberto Bossi.

28/09/2007/
Ministri della malavita (nel 1909)

Il 19 scorso il prof. Giovanni Sartori in un fondo del «Corriere della Sera»


parlava dei «miasmi di questa imputridita palude che è ormai la Seconda
Repubblica». Parole da far sobbalzare sulla sedia, per la violenza insita nel
concetto di uno Stato giunto alla sua putrefazione finale.

Ciò che non mi convince mai, sia detto con tutto il rispetto, quando si parla
dell'Italia di oggi, è la definizione di «Seconda Repubblica».
Da nessuna parte dove si macina il Diritto (ovvero in Parlamento), si mai è
detto che la Prima Repubblica era stata messa in soffitta da una nuova Carta
costituzionale e da un nuovo assetto conseguente ad essa.

Pazienza, accettiamo per buona quest'etichetta che proviene da un figura


illustre dalla Scienza politica, come spiega sull'«Espresso» uscito oggi
Edmondo Berselli, un saggista a tutto campo che si occupa di sport il lunedì
mattina alla radio, di televisione e vita dei partiti il venerdì sul settimanale
romano, e che negli altri giorni scrive articoli gustosi di varia umanità sul
quotidiano fondato da Eugenio Scalfari.

Orbene Berselli sull'«Espresso» di oggi parte da una premessa: «il professor


Giovanni Sartori è il maggiore scienziato politico italiano, possiede un prestigio
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 395
indiscusso, ha un alone di autorità internazionale».
Poi riporta la frase sui «miasmi di questa imputridita palude che è ormai la
Seconda Repubblica», per concludere dopo aver riempito tutta la pagina con
un non troppo enigmatico: «caro maestro, 'che fare'?».
Tutto finirebbe lì, se non fosse per il «Che fare?», titolo di un'opera di Lenin...

Sul «Corriere della Sera» di oggi, Gian Antonio Stella ripesca un brano di Luigi
Einaudi dallo stesso quotidiano di via Solferino, del primo febbraio 1919:
«Bisogna licenziare questi padreterni orgogliosi (...) persuasi di avere il dono
divino di guidare i popoli nel procacciarsi il pane quotidiano. Troppo a lungo li
abbiamo sopportati. I professori ritornino ad insegnare, i consiglieri di Stato ai
loro pareri, i militari ai reggimenti e, se passano i limiti d'età, si piglino il
meritato riposo».
Conclude Stella: «Era un qualunquista, Luigi Einaudi? Un demagogo? Un
populista? Un «giullare della Suburra»? Meglio andarci piano, sempre, con le
etichette insultanti. Forse, se i politici «padreterni» di allora lo avessero
ascoltato senza fare spallucce, tre anni dopo ci saremmo evitati la Marcia su
Roma».

Una sola annotazione. Il gioco delle citazioni è molto più ampio e perverso di
quello che si possa immaginare.
Un titolo, e basta: «Il ministro della malavita». Altro articolo, altro giornale,
l'«Avanti» del 14 marzo 1909. Altro autore, Gaetano Salvemini. Un solo
personaggio attaccato: Giovanni Giolitti.
L'accusa: essersi procurato il suffragio elettorale nel Mezzogiorno usando
questure e malavita.
Sono passati 98 anni. Sembra oggi.

27/09/2007/
Trucchi dei big

le lettere di «Repubblica» di stamane, appare un messaggio di PierGiorgio


Gawronski, candidato alle primarie del Pd, da cui riprendo questo passaggio:
«L'esperienza del Pd da dietro le quinte è ancora più deplorevole di quanto
non emerga» dall'articolo di Mario Pirani (20.9) a cui egli fa riferimento.
Gawronski parla dell'esperienza fatta a Genova, dove non ha trovato un
consigliere che vidimasse la sua lista.
Gawronski accusa di «trucchi mediocri» le «persone direttamente riconducibili
ai tre 'big' politici» operanti all'interno del Pd.

Ieri sempre su «Repubblica» un lungo intervento dello storico Massimo L.


Salvadori concludeva dicendo: «Questo paese non ha proprio bisogno che si
ripeta una crisi di sistema». Il rinvio è a quella del 1919-1922 che Salvadori
rievoca, seguendo la scia e la teoria di Eugenio Scalfari.

Personalmente ritengo fuori luogo richiamare la crisi del 1919-1922 perché


essa nacque da un contesto politico anche internazionale (prima guerra
mondiale, rivoluzione sovietica, ecc.) che è inesistente ai giorni nostri.

Salvadori nel suo pezzo ha fatto un'osservazione importante: il «successo


improvviso» di Grillo, «è la misura delle lunghe miserie altrui».

Oggi sempre su «Repubblica» Piero Fassino interviene con i suoi dieci


comandamenti («proposte», li chiama) «contro l'antipolitica».
Ho letto soltanto il primo: sopprimere gli enti inutili. Ne sento parlare da
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 396
mezzo secolo. Per questo motivo sono rimasto choccato e non ho continuato
la lettura del suo pezzo. Me ne scuso.

Più stimolante invece Ezio Mauro nel fondo sempre su «Repubblica» che
dirige, dove s'interroga circa le cause di questa crisi che viene definita
dell'antipolitica. C'è uno smarrimento provocato dal fatto che i cittadini sono
stati trasformati da attori in spettatori, resi impotenti da un vuoto in cui
predominano tanti fattori negativi tra cui la «lottizzazione di ogni spazio
pubblico con l'umiliazione del merito».

Molto interessante la conclusione dell'articolo di Lucia Annunziata sulla


«Stampa» di oggi: «Basta che ci si ricordi che la politica non è l’unica
responsabile, e che la protesta può diventare uno di quei giochi circensi con
cui Nerone teneva buona la plebe».

Avremmo bisogno di veder cambiare i comportamenti di parecchie persone, le


stesse che Lucia Annunziata chiama in causa: chi opera illegalmente (lavoro
nero), le corporazioni, chi genera le ineguaglianze tramite le stesse
corporazioni nelle condizioni di lavoro.

Se «la politica non è l’unica responsabile», non c'è da stare più tranquilli ma
da preoccuparsi di più. E credo che i primi a doversene preoccupare
dovrebbero essere gli stessi politici. Ma allora torniamo alla domanda classica:
è nata prima la crisi della società o quella della politica, ovvero prima c'è
l'uovo o c'è la gallina?

L'uovo (si sa) nasce da qualcosa che esiste già, la gallina è invece creata. Il
giochetto non è poi tanto scherzoso. Si contrappongono darwinismo e
creazionismo.

Se c'è prima la crisi della società, i politici sono salvi. Se la crisi della società è
provocata dai politici, allora cambia il discorso. Come scrive Mauro, noi
cittadini ci sentiamo defraudati dal ruolo di protagonisti e costretti a quello di
silenziosi spettatori.
Silenziosi perché se parliamo ne paghiamo le conseguenze.
Per esperienza personale posso dire che è così. I Neroni ci sono già, sono
quelli che impongono il silenzio e nello stesso tempo fanno divertire la plebe e
far gli affari ai loro amici.

Sono i politici ad aver provocato la «lottizzazione di ogni spazio pubblico con


l'umiliazione del merito». Sarebbe la fine dell'Italia se adesso anche venissero
fuori altri Neroni come quelli giustamente temuti da Lucia Annunziata,
alludendo a Grillo. Ma per evitare tutto ciò occorre che in breve i politici veri e
seri sappiano restituire fiducia alla gente. Non c'è molto tempo.
Fatti come quelli denunciati da Genova da PierGiorgio Gawronski non sono di
conforto, perché si constata che il nuovo partito nasce in maniera diversa da
come era stato promesso per risanare la politica.

26/09/2007/
Fame di buona politica

«Né qualunquismo né antipolitica, c’è domanda di buona politica». Lo ha detto


ieri sera Rosi Bindi a «Ballarò», dimostrando ancora una volta di aver
compreso il senso del passaggio attuale nella vita politica del nostro Paese.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 397
Lo aveva sostenuto subito dopo l’apparizione di Grillo sulle piazze con i
banchetti per la raccolta di firme in quella giornata di protesta contro gli
attuali politici che ha raccolto adesioni, (ovviamente) allarmato e persino
scandalizzato.

Lo ha ripetuto con una lucidità che avrei apprezzato anche nell’altro


concorrente alla corsa per il posto di segretario del futuro Pd, non perché
personalmente preferisca Veltroni alla Bindi (o viceversa), ma solamente
perché nei momenti capitali delle vicende collettive, più si è lucidi da parte di
chi «sta a Roma», e meglio è per tutti.

Se volessimo buttarla sul tono scherzoso, verrebbe da dire che, se delle


Botteghe oscure s’è persa traccia nella geografia politica romana, ne sono
rimasti forti segni nel sangue del candidato diessino. Al punto che la
pasionaria Bindi riesce a dire quello che non dice Veltroni pur non facendo
grandi sforzi di tipo teorico, ma soltanto ispirandosi al buon senso di chi ha
vissuto in prima persona altri difficili momenti. Quando, come ha spiegato ieri
sera, le riunioni democristiane si iniziavano in dieci e si finivano in cinque,
perché gli altri nel frattempo erano stati arrestati. Non lo ha detto il comico
Crozza all’inizio di trasmissione, ma chi all’epoca era segretaria della Dc
veneta.

Il realismo di Rosy Bindi sottolinea sempre più il distacco rispetto al tono da


parata hollywoodiana in cui l’attuale sindaco di Roma incarta tutto quanto lo
circonda. Il suo ottimismo festaiolo contrasta con le amarezza
quotidianamente vissuta dalla gente.

Questo è un tema affrontato dall’editoriale di Luigi La Spina sulla «Stampa» di


stamane, significativamente intitolato «La casta e la rabbia».
La Spina sviscera un aspetto fondamentale della questione, sotto il profilo dei
rapporti fra Stato e cittadini in una realtà democratica. Tutti pensano a Grillo,
nessuno sembra ascoltare la voce di chi si sente minacciato nel presente e nel
futuro, in tanti aspetti della vita quotidiana.

«L’urlo di Grillo si confonde, minacciosamente, con quello disperato di tanti


giovani e di tanti loro genitori», conclude La Spina: «Peccato che il primo
faccia tanto rumore e il secondo si estingua nell’indifferenza di tutti».

Le parole pronunciate dalla signora Bindi ieri sera a tarda ora, quando i
giornali andavano in macchina, permettono di aver fiducia che qualche
politico sappia sottrarsi a questa indifferenza generale.
Più numerosi saranno questi politici di maggioranza e di opposizione, meglio
sarà per il nostro Paese.

Non dimentichiamo però la risposta che il Cavaliere dette a quella figlia di un


operaio che lamentava le non allegre condizioni economiche del padre: se
guadagna poco, è segno che ha lavorato poco, segua il mio esempio. Il
concetto era questo, non giuro sulle parole.

Fatto sta che quando i politici vogliono fare i comici o peggio (a definire
rompicoglioni il povero Marco Biagi fu un ministro degli Interni), non è un bel
segno. Non occupiamoci soltanto dei comici che vogliono fare i politici. Ma
segniamo a dito quei politici che fanno i comici per non segnarli a matita poi
sulla scheda elettorale.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 398
Breve postilla con ringraziamento ad Arrigo Levi per la lettera pubblicata sulla
«Stampa» di ieri, in ricordo di Giorgio Fattori.
Levi scrive che ogni giornale ha un’anima, «una personalità che
misteriosamente si trasmette di generazione in generazione, e di cui sono
guardiani, insieme con una proprietà responsabile, non soltanto i direttori, i
redattori e i collaboratori, ma, con un giudizio pressoché infallibile, i lettori:
che sono e rimangono i veri padroni del giornale».
In questo blog da «lettore», memore della frequentazione della rubrica delle
lettere della «Stampa» in cui fui spesso ospitato, esprimo a Levi la gratitudine
di chi compera ogni mattina il giornale, e non può offrire altro che un’onesta
lettura come premessa indispensabile per dialogare con il giornale stesso. Ora
anche sul web.

25/09/2007/
Penne in pena

Sandro Viola, su «Repubblica» di oggi esamina «Cosa alimenta l'antipolitica»,


e conclude che il rigetto del sistema politico e l'uggia divenuta incontenibile
nella pubblica opinione, sono anche il frutto del modo in cui è stata «gestita
nei nostri mezzi d'informazione» (tivù e giornali) la parte di cronaca che
riguarda la politica.

Ovviamente lo spunto iniziale e la conclusione di Viola riprendono e


ripropongono il nome di Beppe Grillo. Il quale sta perdendo giorno dopo giorno
l'alone del comico «maledetto» (di cui si dice male, e basta) ed assumendo
invece un po' l'aureola dell'eretico folle ma (quasi) indispensabile che ha
aperto gli occhi a tanta gente... eccetera.

Questa è l'impressione ricavata non dagli spettacoli di Grillo, ma dalle


discussioni che ne sono nate, per cui è cominciata una riflessione anche sul
modo di fare informazione politica. Il quale è molto simile a quello che Mike
Bongiorno ha seguìto nel guidare lo spettacolo di Miss Italia. Spettacolo che
non ho visto se non per cinque minuti in due occasioni diverse.
Nella prima, c'era la signora Loretta Goggi che stava litigando con lui. Nella
seconda, ieri sera, c'era lui che non riusciva a seguire il copione per
presentare i volteggi delle fanciulle in gara, ed accusava lei di aver creato
tutto quel «casino». Testuale.
Orbene, anche il 'giovane' Gianni Riotta al TG1 fa un po' come il 'vecchio'
Mike. Aveva promesso un rinnovamento nella cronaca politica. Abbiamo
atteso invano, è la solita solfa, sia detto con tutto il rispetto. Non basta uno
studio rinnovato, occorre dare le notizie non per accontentare i politici ma per
informare la gente. Lo dico con tutto l'affetto che un lettore ha verso le Grandi
Firme (tipo Riotta) che hanno sempre insegnato qualcosa. Ma la tivù è il
mostro che distrugge tutto, tranne i casini di Mike Bongiorno.

23/09/2007/
Sotto Veltroni, il papa

Grillocofferati Alcune cose lette od accadute nelle ultime ore.

1.
Il caso di Bologna nato dall'accordo tra il sindaco Cofferati ed An sul tema
della sicurezza, fa vacillare la giunta comunale ma spiazza Fini a destra
favorendo Storace.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 399
2.
Velletri. Il papa parla: «La vita è in verità sempre una scelta: tra onestà e
disonestà, tra fedeltà e infedeltà, tra egoismo e altruismo, tra bene e
male».«È necessaria quindi una decisione fondamentale: la scelta tra la logica
del profitto come criterio ultimo nel nostro agire e la logica della condivisione
e della solidarietà». Per Benedetto XVI, «la logica del profitto, se prevalente,
incrementa la sproporzione tra poveri e ricchi, come pure un rovinoso
sfruttamento del pianeta. Quando invece prevale la logica della condivisione e
della solidarietà, è possibile correggere la rotta e orientarla verso uno sviluppo
equo, per il bene comune di tutti».
Questo appare dal testo della Stampa.web delle ore 11:28.

Su Televideo Rai delle 13:20 appare questo comunicato:


«Pd, Veltroni: serve un programma chiaro.
Il Pd nasce per evitare che in futuro possa esserci una coalizione che si
presenta davanti ai cittadini "senza chiarezza di proposta", perché gli
elettori"non capirebbero e non ci seguirebbero". Così Veltroni, sindaco di
Roma e candidato alla segreteria del Pd. Quindi rimarca la necessità che il Pd
abbia "un programma schiettamente riformista, in grado anche di immaginare
valori carichi di radicalità del cambiamento"."Solo così potremo rilanciare
l'azione del governo e superare la crisi di rapporto tra l'Unione e il Paese"»
Probabilmente Veltroni si è sentito spiazzato dal papa che ha parlato
criticamente del capitalismo, dichiarando necessaria «la scelta tra la logica del
profitto come criterio ultimo nel nostro agire e la logica della condivisione e
della solidarietà».
Veltroni deve essersi sentito spiazzato a sinistra dal pontefice. Ed allora è
andato a rispolverare una sua lettera apparsa su «Repubblica» il 2 settembre
2006. Un anno fa.
L'unica differenza tra il comunicato di oggi e la lettera del 2006, è che la
parola radicalità ha perso le virgolette che ne attenuavano la portata, per non
fare apparire l'autore del testo troppo estremista. Adesso Veltroni deve
recuperare in salita ed invoca la «radicalità del cambiamento».
Deve aver pensato Veltroni: se anche il pontefice dice cose negative sul
capitalismo, è ora che mi svegli anch'io...

3.
Articolo di stamani di Barbara Spinelli, sulla «Stampa»: leggetelo e
conservatelo.
Già il titolo dice tutto: «Il vero antipolitico? È il Palazzo».
Sotto un diverso profilo tecnico-letterario, prosegue il discorso avviato dalla
Jena-Barenghi il 17 scorso. Barenghi sosteneva che ormai la politica deve
prendere atto di «un fatto doloroso ma ormai palese: cioè di essere essa
stessa l’antipolitica».

Barbara Spinelli scrive che «l’antipolitica nasce prima di Grillo, e non a causa
di Mani Pulite ma perché Mani Pulite non è riuscita a eliminare immoralità e
cinismi ma li ha anzi dilatati. Il male dell’anti-politica è cominciato con la Lega,
per culminare nell’ascesa di Berlusconi e nel patto d’oblio che egli strinse con
parte dell’ex-Dc, dell’ex-Psi, dell’ex-Pri (oltre che con la sinistra nella
Bicamerale). È un male che ha contaminato parte della stampa e
televisione...».

Non voglio fare un riassunto del fondo di Barbara Spinelli, va letto tutto,
tuttavia riporto un altro passo per sottolineare il taglio che l'articolo ha
ricevuto, ovvero lo studio del contesto in cui il fenomeno Grillo è nato, e la
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 400
serietà che anche i comici possono indossare in determinati momenti della
storia (o della cronaca se si vuol volare più basso...): «La figura del buffone
che dice la verità senza esser creduto perché appunto considerato buffone è
già nell’Aut-Aut di Kierkegaard. "Accadde, in un teatro, che le quinte presero
fuoco. Il Buffone uscì per avvisare il pubblico. Credettero che fosse uno
scherzo e applaudirono; egli ripetè l’avviso: la gente esultò ancora di più. Così
mi figuro che il mondo perirà fra l’esultanza generale degli spiritosi, che
crederanno si tratti di uno scherzo"».

4.
Grillo suggerisce: "Tutti in Comune a controllare cosa fanno i politici".
Io modestamente nel mio piccolo l'ho fatto. Ma non essendo Grillo qualcuno si
è adirato bene, come ho già raccontato sotto il titolo di «Liberi di tacere?».

5.
Mia semplice conclusione che non serve altro che a render chiare a me stesso
le mie idee...
Il web diventerà sempre più importante, i blog saranno al servizio della politica
come i giornali venti o trent'anni fa.
Lo pensa anche Barbara Spinelli: «Né la politica né le televisioni né i giornali
hanno il potere di estromettere il nuovo mondo della comunicazione e della
denuncia che si chiama blogosfera».
Il fenomeno in Italia è condizionato da tre fattori, aggiunge l'editorialista, tra
cui il primo è «la complicità che lega il giornalista classico al politico, e che ha
chiuso ambedue in una sorta di recinto inaccessibile: il giornalista parla al
politico e per il politico, il politico parla al giornalista di se stesso e per se
stesso, e nessuno parla della società, che ha l’impressione di non aver più
rappresentanti».

Sarà necessario che i blog siano sempre pià attenti al «local» che al «global».
Avranno 'voglia' gli editori dei blog di accettare questa linea?

Circa il fondo di Eugenio Scalfari su «Repubblica», l'immagine della «prova


d'orchestra» (dall'omonimo film di Federico Fellini») con «pifferi e tromboni», è
molto bella.
Ma non credo che la condizione attuale sia quella dello sfascio del 1919.

Chiudo per non farla troppo lunga, dopo aver dato una risposta ad un lettore
che mi chiede perché abbia scritto: "...il vero antipolitico è lo stesso Prodi che
vive a Palazzo Ghigi perché non vogliamo che vi ritorni il Cavaliere».

In breve. Ho scritto «non vogliamo» per allargare la fascia dalla maggioranza


attuale a parte di quella precedente.
Berlusconi non lo accettano più come leader né Casini né Fini né Bossi. I primi
due aspettano l'occasione propizia e non traumatica per rompere ed andare
verso il «grande centro», il terzo va per conto suo, ogni giorno, è
incontrollabile.

Il bello sarà quando nel grande centro appariranno altri personaggi come Dini
(che ha già in corso le pratiche di separazione da Prodi) e Mastella (che
smania di saltare il fosso e non lo nasconde).

6.
Dimenticavo. Leggete Mina di oggi sulla «Stampa». Ormai Grillo, scrive la
signora Mazzini, «parla con la voce di milioni di persone che, finalmente,
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 401
hanno capito le urgenze che riguardano tutti quanti». Per cui «sarà dura
metterlo a tacere».

21/09/2007/
Cercasi Goggi a palazzo Chigi

È simbolica, molto simbolica la litigata avvenuta ieri sera a Miss Italia fra
Loretta Goggi, dimenticata dietro le quinte da Mike Bongiorno che credeva di
essere dentro il solito spot con Fiorello e non in diretta tivù con le fanciulle in
fiore di Mirigliani.
Simbolica dello stato dello Stato italiano. La gerontocrazia che ha vertigini da
orgoglio di primadonna e lascia le vere primedonne leggermente più giovani
anche se non più fanciulle in fiore, dietro le quinte a mangiarsi il fegato...
Grande è stata la confusione sul palcoscenico di Miss Italia.

Ma non minore è quella che regna a Roma, dove Prodi è stato salvato da un
estremista di destra, Achille Storace, pardon Francesco Storace. Mentre la
parte di Mike Bongiorno è stata interpretata dal ministro di Clemenza e
Giustizia Clemente Mastella, tanto poco fedele al proprio nome da uscire
dall'aula facendo traballare pericolosamente il governo di cui fa parte.
Ecco, a questo punto ci vorrebbe a Palazzo Chigi un caratterino come quello di
Loretta Goggi che è stata capace di dire ad inizio di trasmissione:«Me ne
vado... grazie a tutti... buona notte».
Invece abbiamo avuto la solita liturgia delle telefonate di chiarimento fra Prodi
e Mastella.
Forse il presidente del Consiglio con Mastella ha avuto una di quelle sue
sfuriate che gli attribuiscono come risorsa del carattere in apparenza pacioso,
e forse ha detto al suo ministro: «Se ti prendo ti faccio una faccia così».
Secondo fonti riservate in attesa di conferma, sembra che Prodi non abbia
usato la parola faccia.

20/09/2007/
Pd, tutto fa brodo?

Veltroni Stamani su «Repubblica» Mario Pirani ha scritto un editoriale sulla


nascita del Partito democratico, che comincia così: «Non prendiamoci in giro.
La nascita del Partito democratico non sta maturando attraverso una "fusione
calda", malgrado le speranze suscitate e che erano sembrate coagularsi in
due momenti: i congressi di scioglimento di Ds-Margherita e la presentazione
della candidatura Veltroni. Dopo quei passaggi ci si attendeva un rilancio che
aprisse subito le porte del costituendo partito a forze sociali fin qui mortificate,
a intelligenze creative fin qui messe ai margini, a spiriti liberi pronti a
impegnarsi. La delusione è, per contro, palpabile. Il timore che la perigliosa
iniziativa sfuggisse di mano alle due nomenclature di riferimento ha prodotto
un macchinario selettivo barocco e antidemocratico. Il suo funzionamento è
difficilmente comprensibile, di nessuna attrattiva, dissuasivo nei confronti di
ogni desiderio di partecipazione. Lo spezzatino delle liste per circoscrizione, la
duplicazione delle medesime (più di una per candidato), la designazione delle
candidature ad opera di piccoli gruppi di vertice addetti alla bisogna, il rifiuto
di permettere le preferenze, così da controllare e gestire rigidamente l'ordine
di ogni lista dei designati, (ricalcando l'aborrita - a parole - legge elettorale
vigente): questi gli aspetti salienti del marchingegno messo in piedi».
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 402
Nelle parole di Pirani si rispecchia la sensazione che provo leggendo le liste
riminesi. Non ditemi che parlo di cose periferiche. Il quadro complessivo del
mosaico nazionale risulta dalle singole tessere locali. La mia città è una
tessera, ma assieme contribuisce a fornire l'immagine generale, che è quella
delineabile con le prime parole di Pirani: «Non prendiamoci in giro».

La lista a sostegno di Walter Veltroni nel collegio Nord è guidata da un


assessore del Comune di Rimini, Elisa Marchioni, che l'anno scorso entrando in
carica disse: «Non sono mai stata iscritta né vicina ad alcun partito, e più che
interrogarmi sul centro-destra o sul centro-sinistra, alla proposta di un
impegno in giunta, mi sono chiesta se mi sentivo di tirarmi indietro davanti
all’opportunità di operare, da un altro punto di vista rispetto a prima, per le
persone e la città».

Orbene, adesso a questo assessore verrebbe da chiedere se si è nel frattempo


interrogata «sul centro-destra o sul centro-sinistra», per non definirsi più
soltanto votata al bene comune della gente.
Ora si tratta di creare un nuovo partito (di centro-sinistra, se non ho io le
visioni), per cui sarebbe opportuno sapere se è divenuta consapevole delle
differenze fra destra e sinistra, o se per lei ancora tutto fa brodo.

19/09/2007/
Liberi di tacere?

Risposta al commento apparso su Stampa.web al mio «Saluto Romano» di ieri.

Caro Colombari, grazie del commento che condivido in pieno. Con


un'aggiunta, se permette, autobiografica.
«Se cominciassimo a denunciare le cose che non vanno alla base», lei osserva
giustamente, anche i vertici migliorerebbero.

Io in queste faccende affaccendato in sede pubblicistica, ci sono da una


quarantina d'anni.
Ho sempre parlato chiaro e denunciato, e sono sempre stato tenuto ai
margini. Ed evitato come un «appestato» con prolungamenti che mi hanno
costretto ad adire le vie penali. Un processo è in corso. (Non ne parlo per ora.
Per rispetto della magistratura.)

Ecco perché di recente ho aperto un blog con il titolo «Appestato», dove può
leggere queste due pagine che ritengo istruttive per metterla al corrente sul
mio modus operandi:

http://digilander.libero.it/appestato.am/rimini/personale.html
http://digilander.libero.it/appestato.am/storia/rimini.biblio.malat.html

Per una lettera che ho pubblicata su di un quotidiano locale nello scorso


marzo, mi è successo il patatrac di cui parlo nel testo del secondo link sopra
indicato:

http://digilander.libero.it/appestato.am/storia/rimini.biblio.malat.html

La lettera era intitolata «Cultura a Rimini: affari tra massoni e bancari».


Può vederla qui:
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 403
http://antoniomontanari.over-blog.com/article-5907559.html

Per dirle quanto sono ingenuo, me la sono presa con i massoni, quando avrei
potuto da anni avere la loro graziosa protezione, essendo stato il fratello di
mia madre un grado 32 (ed ora che è scomparso gli hanno dedicato
addirittura una loggia, qui a Rimini).

Siccome mi sono sempre considerato e comportato da uomo libero (cercando


di non fare il furbo e di non passare per fesso), ho sempre scritto le cose che
non vedevo combaciare con una elementare condizione di giustizia e di
correttezza nel funzionamento della cosa pubblica.

Allora lei vede, gentile amico, che non basta denunciare gli errori della
pubblica amministrazione. I vertici, scusi l'espressione, se ne sbattono. Anzi
cercano l'occasione per vendicarsi.

Un altro breve ricordo, quando collaboravo come capocronaca al settimanale


locale della Curia "il Ponte", nella pagina d'attualità che curavo, a proposito
dei risultati elettorali comunali (15 anni fa o giù di lì), riportai una brevissima
rassegna stampa del martedì successivo al voto (giorno in cui si chiudeva il
giornale).
Misi una riga e mezzo anche dall'Unità (secondo cui le sorti della giunta di
Rimini si sarebbero decise a Bologna). Successe il finimondo, da parte dei
democristiani. Tra i quali avevo un amico che mi riferì: «Per fortuna che tu hai
un tuo lavoro fuori dal giornale, altrimenti ti avrebbero rovinato».

Quando sento certi discorsi sulla libertà di stampa, mi vien da sorridere. Non
dimentico i particolari, e non li invento. I giornali sono lì. Quella volta risposi
sul settimanale alla lettera di protesta con una battuta che divenne famosa in
città: «Anche se pubblicassimo soltanto gli orari della Sante Messe, qualcuno
troverebbe da ridire sul fuso orario».

Scritto da: Antonio Montanari | 19/09/2007/ a 16:27

Scritto il 19/09/2007/ alle 17:08 in Politica | Permalink | Commenti (2)


18/09/2007/
Saluto Romano

TrioIl presidente Romano Prodi ieri sera ospite di Bruno Vespa ha cercato di
fare lo spiritoso, ed ha detto una cosa sgradevole: "Non trovo che la società
sia meglio" dei politici arraffoni e cialtroni, cambiacasacca e avidi, pavidi,
mangia pane a ufo, mediocri.
Le persone che rivestono cariche prestigiose quando parlano di cose serie non
possono raccontare barzellette come il Cavaliere o balle come le persone
normali al caffè.
Prodi voleva rispondere a Grillo, ha fatto il comico (non allenato) come lui e
non ha avuto un'uscita felice.
Ho il sospetto che a qualcuno faccia un favore, il buon Beppe Grillo.
Ha spiazzato Berlusconi che tentava il lancio della Brambilla. Affondata dallo
stesso Berlusconi per non dispiacere ai fedeli del partito di Arcore.
Ha spiazzato il vecchio gruppo dirigente dei Ds, con la questione delle
banche...
Quello che è stato trattato meglio è stato in fin dei conti Romano Prodi, con
l'etichetta dell'Uomo-Valium.
Sai che offesa, qualcuno ladro e qualche altro imbroglione, lui soltanto
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 404
addormentato...
Il buon Grillo non se ne è accorto, ma il vero antipolitico è lo stesso Prodi che
vive a Palazzo Ghigi perché non vogliamo che vi ritorni il Cavaliere.
Insomma la vita a volte fa raggiungere scopi diversi da quelli prefissati.
Alla fine Prodi ne ricava un utile nella cassa elettorale, dove l'acqua non se l'è
procurata da solo ma gliela hanno portata gli altri.
E lui ben consapevole di tutto ciò, può porgerci allegramente il suo «saluto
Romano» in casa Vespa, con quella battuta che ho riportato all'inizio.
A Prodi rivolgiamo l'invito a non farlo più, altrimenti, come dicevano una volta,
sono totò sul sederino.

17/09/2007/
Brava Jena

Finalmente si comincia a capire una cosa molto semplice: che la cosiddetta


antipolitica è soltanto il frutto di una politica fatta male.
Riccardo Barenghi (appunto la Jena che elogio nel titolo e che tutti i giorni
tranne il lunedì azzanna dal suo angolino della terza pagina della Stampa), ha
scritto sul suo quotidiano un articolo di fondo intitolato «Politica rovesciata».
La definizione è spiegata nelle ultime righe del pezzo:
«L’antipolitica che da almeno quindici anni serpeggia, e a volte esplode come
in questi giorni, non è solo una reazione alla politica. Questo è quel che si
vede in superficie e facilmente si registra e commenta. Ma il problema è più
grave e più serio: ossia che la politica è ormai diventata il suo contrario. Con i
suoi metodi, i suoi privilegi, la sua chiusura nel Palazzo, il suo essere
impermeabile a qualsiasi voce cerchi di penetrarla, la sua totale
autoreferenzialità, inefficacia, incomprensibilità. Se non si capisce questo, non
si capirà mai perché tredici anni fa è arrivato Berlusconi e oggi, dall’altra
parte, Grillo. E la politica continuerà a barcamenarsi, cercando risposte
difensive e contingenti, dimostrandosi sempre più debole, incapace di
affrontare sul serio la sua crisi. A meno che non riesca miracolosamente a fare
un’operazione di verità, prendendo atto di un fatto doloroso ma ormai palese:
cioè di essere essa stessa l’antipolitica».

Ripeto con Jena: la politica odierna italiana è essa stessa antipolitica. Sono
contento della conclusione di Barenghi perché qui sopra, in questo blog da un
pezzo sostengo appunto tale tesi, e per dimostrare che non parlo a vanvera,
documento tutto.

1. Politica chiusa, dolori aperti (23.12.2006).


A proposito del caso Welby scrivevo:
L'articolo di fondo del Foglio di oggi, che parte dal caso Welby per discutere
del ruolo del partito radicale in Italia, è un esempio illuminante non di
quell'antipolitica che Giuliano Ferrara rimprovera ai seguaci di Pannella
(definiti «l’altra faccia della medaglia di un sistema politico chiuso»), ma di
quell'antipolitica a cui lo stesso Ferrara partecipa discutendo dei sacri princìpi
della gestione della cosa pubblica...

2. Allarme voto (27.5.2007):


Credo che la cosiddetta «antipolitica» sia soltanto l'espressione non soltanto
del diffuso malessere che ormai tutti notano (anche l'algido D'Alema), ma
proprio la manifestazione di un progetto politico vero e proprio. Per far contare
non i voti delle correnti dei partiti confluenti nel Partito democratico, ma i voti
dei singoli cittadini. I quali hanno bisogno di respirare un'aria diversa da quella
fumosa e nebbiosa delle segreterie nazionali, regionali, provinciali ed infine di
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 405
quartiere. E magari di condominio.
I nostri politici di ogni colore si leggano sulla Stampa di ieri il testo di Luca
Ricolfi : «Chi fa tutti i giorni il proprio dovere, ma non ha una rete di relazioni
che lo sostiene e lo protegge, si accorge sempre più sovente che il gioco è
truccato».
E su quella di oggi l'intervento di Barbara Spinelli: «Se è veramente forte, il
politico non s'indigna se criticato».

3. Non è antipolitica (31.5.2007):


La doccia fredda mi è venuta da quel passo dell'intervista in cui la prof. Flavia
Franzoni, moglie di Romano Prodi, si dichiara «molto preoccupata dall'ondata
di antipolitica» diffusa nel Paese. Ondata che si manifesta come «sfiducia nelle
istituzioni».
La politica, ha detto la signora deve essere «senso civico». Sono d'accordo. Ma
«senso civico» non significa obbedienza cieca ed assoluta alle decisioni che un
governo può prendere anche in contrasto con le premesse programmatiche da
cui è partito sia nella campagna elettorale sia nella presentazione alle Camere
per ottenerne la fiducia.

4. No, tu no (16.6.2007)
Il ministro degli Esteri Massimo D'Alema non ha voluto sull'aereo di Stato
l'inviato della «Stampa».
Con una fava ha preso due piccioni, come suol dirsi. Ha dimostrato di aver la
stessa allergia di Berlusconi verso chi informa l'opinione pubblica (la stampa in
genere non come testata).
E mi ha confermato nell'opinione che l'antipolitica non è nutrita dal
risentimento dei cittadini verso i nostri rappresentati (si fa per dire), ma dalle
mosse sbagliate degli stessi politici.

5. Veltroni a Torino (27.6.2007)


Mi ha convinto il punto in cui ha sostenuto che l'antipolitica non nasce dal
cittadino che protesta, ma da chi soffia sul fuoco del populismo. E di
populismo e di idee vecchie ce ne sono in entrambi gli schieramenti, come
Veltroni ha dimostrato in vari passaggi.

6. Malaffari e politica (7.8.2007)


L'«Elzeviro» di Maurizio Viroli (La Stampa, 6.8.2007), intitolato «Antipolitica, la
vecchia tentazione», m'ha fatto riaffiorare un ricordo tra il personale e lo
storico.
Il fratello di mia madre, per meriti politici conquistati sul campo prima, dopo e
durante la seconda guerra mondiale, doveva essere il sindaco della città
subito dopo la Liberazione. Disse ai compagni del Pci, nel quale militava:
«Burdèl, chi ruba va in galera». Scelsero ovviamente un altro.

7. Politica e «grande pubblico» (4.9.2007)


Ha ragione Enrico Letta nel concludere il suo intervento sulla «Stampa» di
oggi che, se alla domanda di «un nuovo modello di partito», non sarà data una
«risposta credibile», alla fine «prevarranno, in silenzio, altre logiche». [...]
Per non farla lunga, signor sottosegretario, la invito a leggere un bell'articolo
apparso domenica scorsa sul «Sole-24 Ore», a firma di Carlo Carboni, intitolato
significativamente: «Antipolitica? No, è critica costruttiva».

8. Rosy Bindi, effetto Grillo (10.9.2007)


Secondo Rosy Bindi, davanti alla convocazione popolare di Grillo, è sbagliato
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 406
parlare di qualunquismo e demagogia: è un fatto a cui, dice, «dobbiamo dare
una risposta».
Aspettiamo quella risposta, convinti come siamo che la protesta che serpeggia
oggi in Italia non sia soltanto pura antipolitica. Come invece sembrano essere
certi freschi discorsi del senatore Francesco Cossiga, sul quale doverosamente
ritorneremo in una prossima puntata.

Chiuse le citazioni a scopo documentario, debbo riconoscere che non ho


mantenuto la promessa di scrivere su Francesco Cossiga. Che con la storia dei
sassolini tolti dalle scarpe è stato il primo padre dell'antipolitica italiana,
addirittura nel secolo scorso... nel 1990, facendo il «picconatore» e
dichiarando: «In realtà io non esterno. Io comunico. Io non sono matto. Io
faccio il matto. E' diverso. Io sono il finto matto che dice le cose come
stanno».

Ecco questo è il tema da sviluppare. Lo lascio a chi ne sa più di me.

16/09/2007/
Laura ride, MVB no

Negli Usa Laura Ingraham con il suo talk show radiofonico è ascoltata da sei
milioni di persone che pendono dalle sue labbra per ricevere il vero credo dei
conservatori.
L'ha intervistata sul «Sole-24 Ore» di stamani Mario Platero, in occasione
dell'uscita del suo libro «Potere al popolo» («Power to the People»).
Segnalo un passo in cui Laura Ingraham critica il governo Bush: «La corruzione
politica, morale ha toccato anche il Partito repubblicano e per questo c'è una
disaffezione da parte della base conservatrice».

In un'altra nota, Mario Platero ricorda che Laura Ingraham «con il suo
umorismo sottile ha massacrato il lobbista Jack Abramov e con lui i quattro
deputati e i 17 funzionari al centro di un giro di bustarelle; ha fustigato il
senatore Larry Craig, sospettato di adescare gay; ha attaccato quei senatori o
deputati repubblicani che vogliono chiudere un occhio sull'immigrazione
facile; ha messo in difficoltà il presidente Bush in varie occasioni».

Ho letto i due pezzi di Platero pensando all'Italia. Alla signora MVBrambilla


creata dal nulla dal Berlusconi ed ieri «colpita ed affondata» come in una
qualsiasi battaglia navale cartacea del tempo che fu, per non infastidire i
maschietti del sognato partito delle Libertà. Ed ho pensato pure a Grillo
Giuseppe detto Beppe, che da «comico» ha spaventato tutti, raccogliendo
dapprima pernacchie dai commentatori, e poi un'attenzione critica che
s'avvicina più al discorso scientifico su politica ed antipolitica.
A quale di queste due categorie appartiene Laura Ingraham?

Post scriptum del 17 settembre: vedi gli aggiornamenti nel post di oggi, Brava
Jena.

15/09/2007/
Prete-poeta senza museruola

Oggi a Rimini arriva il nuovo vescovo. Lo saluta, da un giornale locale, un


vecchio sacerdote, letterato e poeta dalla sapienza acquisita anche con il
tirocinio della vita, don Aldo Magnani, guardando non tanto al presente-futuro,
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 407
quanto ad un passato lungo 17 anni del precedente pastore. Il bilancio di
questo passato è raccolto in un breve passaggio del lungo commento di don
Magnani: il motore che ha condotto sinora la vita ecclesiale cittadina era
«asmatico e desueto».

Don Magnani non ha avuto mai troppa simpatia per i vertici della curia ormai
pensionati. Il suo parlare franco, credo che non sia stato mai gradito né
apprezzato dalle persone a cui s’indirizzava. Tutto ciò fa ovviamente parte del
gioco della libera esistenza e di una società democratica.
Purtroppo alla voce aperta di questo sacerdote che «giudica e manda» in
spirito un po’ evangelico ed un po’ romagnolo (ovvero senza troppi peli sulla
lingua), spesso si è soprapposta qualche altra voce meno bene intenzionata e
meno democratica, confezionando dossier pubblicati in un quotidiano avvezzo
a raccogliere lettori con il raccontare retroscena più o meno rispondenti al
vero. Le voci di corridoio non sempre sono le più attendibili. Come dimostrano
certe appendici giudiziarie.

La faccenda assume un colore particolare se si considera che qualche voce


giornalistica non è alimentata dal desiderio più che legittimo di vendita
maggiore di copie, ma di vendetta contro Tizio Caio o Sempronio.
Per cui si fabbricano notizie non rispondenti al vero, addirittura si diffamano
persone obbligando a penose rettifiche soltanto perché quelle notizie
inventate come strumento di diffamazione fanno parte di un gioco politico a
cui prendono parte altri uomini di Chiesa, od almeno legati ad importanti
strumenti di essa, con il supporto di istituzioni extra-ecclesiastiche
significative perché tengono i cordoni della borsa, elargiscono sovvenzioni,
garantiscono protezioni.

Per cui anche chi scrive lettere (fintamente) anonime a qualche voce
giornalistica trova ascolto perché ha la protezione del mondo curiale e il
salvacondotto di chi paga pubblicità obbligando ad ospitare certe cosucce
oscene, appunto le pagine diffamatorie di cui sopra. Come all’epoca dei
«bravi» di don Rodrigo (che qualche intellettuale mio concittadino potrebbe
ritenere essere un ecclesiastico…, e quindi da ossequiare e rispettare).
Il nuovo vescovo tutte queste cose non le sa. Gli auguriamo di interrogarsi
perché quel suo vecchio sacerdote-poeta oggi ha scritto del motore «asmatico
e desueto».

Aggiungerei, alla luce della mia esperienza, che si tratta anche di un motore
truccato dalla interferenze politiche (da parte della politica e sulla politica) e
da quelle certe azioni moralmente riprovevoli che ho ricordato, come le
diffamazioni compiute da persone che si ritengono in grado di poterle
compiere soltanto perché garantite e protette da personaggi curiali e dai loro
finanziatori presenti in ogni occasione ecclesiale con una immodestia
anticristiana, e con una spocchia mondana che li rende ridicoli a tutti,
compresi quelli che li venerano soltanto perché alla fine allargano i cordoni
della borsa.

Rimini, città più di vipere che di vip, luogo che ha sempre avuto una
dimensione onirica come in certe scene felliniane, è pure questo scandaloso
baratto fra chi svende una forte missione e chi accetta di farsi strumento di
personali ricatti. È un mondo di incesti fra denaro e politica, dal quale non
stanno lontani neppure quelli che dovrebbero evitarlo, dando a Cesare quello
che è di Cesare, ma riservando a Dio quello che è di Dio.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 408
Monsignor Francesco Lambiasi avrà un compito difficile. Dovrà indossare la
tuta del meccanico per riparare quello che il suo vecchio prete-poeta chiama il
motore «asmatico e desueto». E dovrà ricordarsi del vecchio modo di dire:
«Dagli amici mi guardi Iddio, ché dai nemici mi guardo io».

14/09/2007/
Governo vivo e vegeto

Il Papa ha detto: "Lo stato vegetativo è vita".


Romano Prodi ha pensato: "Allora sono salvo".

12/09/2007/
Tito Boeri, i blog nel futuro

«Il blog non è forse lo strumento più consono per svolgere la funzione vera
della politica, che è quella di mediare fra interessi diversi e trovare una sintesi.
Più probabile che Internet continui ad essere uno strumento di informazione e
di denuncia. È una funzione comunque molto importante. Speriamo lo sia
sempre di più sui temi della finanza, [...] È probabile che saranno ancora i siti
a dover svolgere questo ruolo in futuro. Almeno sin quando avremo una carta
stampata condizionata dai cosiddetti "grandi gruppi economici"».
Tito Boeri, «Grillo, blog e politica», La Stampa di oggi 12 settembre 2007.

11/09/2007/
Squizzati

Il quiz chiese allo studente:


ma tu sei cosciente
che io non servo a niente?

Lo studente incosciente
gli rispose da sapiente
che, filosoficamente,
lui non sapeva niente.

Bocciato immantinente:
il niente con niente
non combina niente.

Intanto si fregava le mani


chi dall'oggi al domani
grazie ai brogli combinati
i soldini avea incassati.

10/09/2007/
Rosy Bindi, effetto Grillo

L'iniziativa di Beppe Grillo, di mobilitare controcorrente i suoi «lettori» (e


speriamo che lui non cerchi di trasformarli in suoi «elettori»), ha due effetti
che vanno registrati con obiettività.
Cominciamo dal secondo, l'effetto web: il tutto è nato da un blog e dai suoi
fratelli. Leggiamo, e mi sembra aver ragione chi lo ha scritto, che è il trionfo
dell'Internet 2007, il «web 2,0».
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 409
Primo aspetto, non meno o non più politico dell'altro: la reazione di Rosy Bindi
che non ha stracciato le vesti a Grillo ed inveito contro l'ex comico genovese,
ma ha pacatamente fatto "autocoscienza" del gruppo a cui appartiene, il
mondo della politica.
Secondo Rosy Bindi, davanti alla convocazione popolare di Grillo, è sbagliato
parlare di qualunquismo e demagogia: è un fatto a cui, dice, «dobbiamo dare
una risposta».
Aspettiamo quella risposta, convinti come siamo che la protesta che serpeggia
oggi in Italia non sia soltanto pura antipolitica. Come invece sembrano essere
certi freschi discorsi del senatore Francesco Cossiga, sul quale doverosamente
ritorneremo in una prossima puntata.
Per il momento, confermando la nostra fiducia nel libero arbitrio, sorridiamo
davanti alle affermazioni di uno scienziato che vorrebbe le differenze nelle
scelte politiche dettate soltanto da «differenze specifiche a livello
neurologico», ovvero si nascerebbe conservatori o liberali. La nostra volontà e
la nostra storia personale non c'entrerebbero per niente.
Non abbiamo nessuna autorità in materia, quindi non possiamo far altro che
dissentire 'a naso', ovvero senza entrare nel merito di queste «differenze
specifiche a livello neurologico».
Ci permettiamo soltanto di porre un problema: ed i voltagabbana da che cosa
possono essere giustificati «a livello neurologico»?

ULTIM'ORA. Bertinotti difende Grillo: «Grillo riempie i vuoti della politica».

06/09/2007/
Sabani come Tortora

Il Tg5 di ieri ci ha mostrato una vecchia scenetta con Gigi Sabani ed Enzo
Tortora. Immagine simbolo di certa Italia, quella delle vittime innocenti di
errori giudiziari ma soprattutto della perfidia di certe persone (o della natura
umana?).
Sono vicende, quelle da loro vissute, che lasciano il segno, che distruggono
dentro mentre il solito circo dell'informazione va avanti.
Enzo Tortora fu un grande giornalista. Gigi Sabati un ottimo artista.
Davano fastidio, li hanno triturati. Non sono ipotesi, è la vera vita vissuta,
quegli accadimenti non sono fantasie.

05/09/2007/
Ministro, non si illuda

Fioroni Ogni ministro della Pubblica istruzione ha diritto di passare alla Storia
con dichiarazioni memorabili.
Nel 1969 il mitico Misasi compose la circolare 01 per spiegare in quindici righe
quindici dattiloscritte, classico formato a4, che i ragazzi dovevano scrivere
periodi brevi nei temi.
L'on. Fioroni non sa che la pletorica legislazione scolastica sui docenti
(compreso il Codice civile e quello penale), basta ed avanza per colpire
fannulloni ed imbroglioni. Annuncia provvedimenti per ridurre il tempo
massimo entro cui pronunciare le sanzioni a 120 giorni. Ma non sa che poi ci
saranno ricorsi, esposti, denunce, tutto sarà sospeso e nulla cambierà. Non si
illuda signor ministro, siamo costretti a vivere fra tanti Azzeccagarbugli che
devono pur rimediare la pagnotta...
Il problema sta nel manico. I presidi non hanno voglia di compromettersi. Si
barcamenano. Ricorda certe cronache? Il nuovo titolo di dirigenti scolastici si
adatta bene al loro stare in mezzo alla vita scolastica, fingendo di non vedere
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 410
quello che scorgono benissimo.
Quante storie avrei da raccontare. Un solo preside per me fu all'altezza del
compito, si chiamava Giorgio Magnani ed era di Bologna. Lo ricordo come
galantuomo coraggioso e rispettoso della Legge. In tempi oltretutto
tempestosi (1969).

04/09/2007/
Politica e «grande pubblico»

Ha ragione Enrico Letta nel concludere il suo intervento sulla «Stampa» di


oggi che, se alla domanda di «un nuovo modello di partito», non sarà data una
«risposta credibile», alla fine «prevarranno, in silenzio, altre logiche».
È un enunciato che meriterebbe da parte dello stesso Letta un nuovo
intervento, affinché quelle parole non restino la brillante chiusa di un articolo
onesto intellettualmente, ma forse troppo ricco di spunti.
Letta parla dell'isolamento avvertito rispetto alla sua «voglia di discutere della
forma-partito del Pd».
Questo è il punto centrale del discorso. Non credo che sia del tutto vero che
noi, «grande pubblico», ci interessiamo soltanto «a questioni con ricadute
dirette» sulla nostra «quotidianità».
Mi scusi, signor sottosegretario. Faccio un esempio: quando debbo scegliere
per chi votare, vado a leggere anzitutto il programma che riguarda la sanità.
Settore costoso, dove gli oneri insostenibili vengono scaricati sullo Stato, ed il
piccolo cabotaggio che fa guadagnare bene il settore privato può essere più o
meno favorito (a scapito del servizio pubblico) dal governo centrale o dalle
amministrazioni regionali.
Semplice, o no? La mia scelta non è un egoistico richiamo alla «quotidianità»
personale, ma alla vita collettiva.
Lei non può credere che il «grande pubblico» non sia consapevole di questi
problemi. D'altro canto è la stessa politica che è fatta di questi problemi, per
sua natura funzione e finalità.
Per non farla lunga, signor sottosegretario, la invito a leggere un bell'articolo
apparso domenica scorsa sul «Sole-24 Ore», a firma di Carlo Carboni, intitolato
significativamente: «Antipolitica? No, è critica costruttiva».
Avrei voluto dedicare a questo pezzo il mio post per intero, ma poi stamani ho
letto il suo intervento, ed ho cambiato programma.
Carboni distingue tra i cittadini che io chiamo 'silenti', legati ad una «condotta
inerziale e consensuale-clientelare della politica», da quelli che offrono una
critica costruttiva e che sono scambiati per sostenitori e propagatori
dell'antipolitica.
E che come tali, aggiungo io, sono additati al pubblico ludibrio. Perché? Lo
spiega Carboni: questi cittadini che offrono una critica costruttiva, la
indirizzano «a una classe politica che sacrifica l'interesse collettivo a favore
dei suoi fini autoreferenziali».
Quindi il «silenzio» temuto da Letta non c'è.
C'è invece questa nostra partecipazione di cittadini fuori degli schemi consueti
dei partiti, attraverso lettere ai giornali od articoli nei blog. Partecipazione che
però i politici, come spiega Carboni, considerano una pericolosa forma di
sovversione, appunto l'antipolitica.

02/09/2007/
Montanelli, il bugiardo

Bugie a fin di bene, insomma, quelle di Indro Montanelli, spacciate come verità
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 411
e dette soltanto con un nobile scopo: salvare l'Italia e quella sua certa idea di
politica che non piaceva agli altri.

Questo è in pillole il commento che Mario Cervi collega, amico ed allievo di


Indro Montanelli lancia su "il Giornale" di oggi, per rispondere ad un articolo
apparso sull'ultimo numero de “l'Espresso" in cui si dà conto di un prossimo
volume di Renata Broggini, nel quale l'autrice smaschera come non vere
alcune vicende personali presentate da Montanelli quali invece rispondenti a
fatti realmente accaduti.

Ecco cosa scrive Cervi di Montanelli: «Voleva che la storia risultasse più
giornalistica, voleva accentuare la sua presenza di testimone dei maggiori
eventi. Non era a Milano nei giorni della Liberazione e non poteva perciò aver
visto i corpi appesi di piazzale Loreto. Ma il racconto montanelliano, così come
i suoi ritratti, resta genuino, autentico, impeccabile nelle linee generali, che
sono quelle che contano».

Alcuni punti del libro di Renata Broggini erano stati anticipati in un volume
apparso da Einaudi nel marzo 2006, «Lo stregone» di Sandro Gerbi e Raffaele
Liucci. A pagina 219 si legge ad esempio che la Broggini ha accertato come
Montanelli non fosse presente in piazzale Loreto il 29 aprile 1945.

Nello «Stregone», volume di quasi 400 pagine, gli autori hanno smentito
numerose altre cronache montanelliane. Il lavoro di Gerbi e Liucci è prezioso
per comprendere pure i contesti in cui il giornalista-mito di Fucecchio lavorò
ed agì.
Sono quelli di una storia complessa e difficile. Il che non significa che poi,
superati i momenti in cui la regola prima è quella di salvare la pelle, non si
debba fare un serio ed onesto esame di quei momenti e di quei fatti, almeno
per togliere l'effetto dell'imbarazzo ai posteri.

Uno arguto come Montanelli deve averci pensato, di non lasciarsi 'fregare' dai
posteri. Però, se lo ha fatto, non ne ha ricavato le sue debite conseguenze.
Spirito controcorrente, 'maledetto toscano' a tutto tondo, non merita però la
giustificazione di Cervi. Non serve a nulla tirar fuori la ragion di Stato della
politica anticomunista, per spiegare le cose non dette o dette a rovescio.

Montanelli sapeva bene che in Italia i comunisti non potevano prendere il


potere, perché Mosca non voleva. Tutto il resto è una pantomima più legata
all'attualità (elettorale) che alla storia.

Anche Veltroni sa che, quando dice che il 'suo' nuovo partito non odia i ricchi,
non fa altro che ripetere la vecchia vulgata emiliana secondo cui il comunismo
in Italia era il capitalismo gestito dai «rossi».

Tutto il resto appartiene ai drammi personali. Compreso quello della moglie di


Montanelli per cui Filippo Sacchi, celebre critico cinematografico, accusò il
collega di «imprudenza».
O quello di un industriale coinvolto indirettamente nella vicenda della moglie
di Montanelli, ma poi ucciso nel 1944.
Non possiamo sapere quanto peso nella storia segreta di Montanelli queste
cose abbiano avuto, ma non dobbiamo neanche sottostare alla giustificazione
addotta da Mario Cervi: «Voleva che la storia risultasse più giornalistica».

Quante storie macina la Storia. Montanelli ci potrebbe spiegare che macina


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 412
anche quelle fasulle, e che se non lo sappiamo siamo degli idioti. Anzi dei
bischeri.

31/08/2007/
Lo scippo è un reato?

Ci risiamo. Quando in Italia si deve affrontare un problema che interessa la


vita collettiva, si cavilla argutamente, e si sposta il discorso. Una volta si
diceva che occorreva risalire a monte del problema stesso. Oggi si suggerisce
che c'è ben altro di cui preoccuparsi.
È puntualmente successo con la faccenda dei lavavetri. Premetto: ho già
scritto qui il 14 agosto che ci vuole «Umanità anche per i clandestini». Quindi
nessun pregiudizio da parte mia, soltanto un sano realismo (spero).
Prodi sposta il centro della discussione, come dice il titolo che campeggia in
prima pagina de La Stampa di oggi: «I lavavetri? Un errore». Lui sarebbe
partito dai writer (quei ragazzi che sporcano i muri con scritte e disegni) e dai
posteggiatori abusivi.
Posteggiatori abusivi e lavavetri fanno sistema, sono sottoposti ad un racket
che soltanto chi non vuol vedere non vede. Non comprendo la pericolosità
sociale dei writer. Sporcano e danneggiano, ma sempre meglio loro dei loro
coetanei che scippano le vecchiette e le mandano all'ospedale.
Lo scippo è un reato, presidente Prodi? Allora mettiamolo al primo posto delle
emergenze sociali da colpire duramente con l'azione di polizia.
Ci sono zone nelle città che è vietato frequentare ad ogni ora del giorno, pena
appunto subire uno scippo. Ma in quelle zone nessuno interviene, nessuno si
attiva.
Forse è più facile colpire i lavavetri, ma da qualche parte bisogna pur
cominciare. Poi non sempre il lavavetri è un artigiano onesto, ci sono quelli
che adocchiano i sedili posteriori o quello anteriore libero con magari posata
una borsa sopra, se ci sono i finestrini aperti. Possiamo avere le nostre paure
senza dar fastidio a nessuno?
Da anni si discute di rendere vivibili le città. Nella mia, d'inverno arrivano
ragazzi neri del racket di Ravenna e Ferrara, me lo hanno confidato loro,
accettando di parlare civilmente, ed ammettendo alla fine che noi cittadini
italiani non possiamo dare qualcosa a tutti gli stranieri questuanti, perché in
una mattinata se ne incontrato parecchi.
Nella mia città sino a pochi mesi fa girava la favoletta che era stata
combattuta e cancellata la prostituzione. Adesso si dice che le strade sono
piene di ragazze provenienti dall'Est.
Per mettere a tacere le nostre inquietudini, le autorità dicono che quelle
ragazze sostengono di agire liberamente, cioè di non essere schiave di
nessuno. Così tutti dovremmo stare tranquilli.
Ci vuole «umanità anche per i clandestini». Cerchiamo di inserirli nel vivere
civile con un lavoro, facciamo magari una legge su di un modo speciale di
attività utile socialmente anche come prevenzione dei reati.
Ma per favore, smettiamo le discussioni che hanno l'effetto di riproporre la
solita casistica della teologia medievale e del pensiero vetero-marxista. Diamo
la caccia agli scippatori (che viaggiano in due sulle motorette) ed educhiamo i
ragazzini alla legalità partendo da un fatto molto piccolo, sequestrando i
motorini truccati che sono altamente pericolosi soprattutto per l'incolumità
fisica di chi li guida. Questo come inizio del discorso. Poi per il resto, si cominci
a ragionare seriamente attorno ad un piano che salvaguardi la dignità di chi
cerca pane e il bisogno di serenità di chi cammina per le strade.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 413
29/08/2007/
Veltroni in piena

Walter Veltroni è ormai un fiume in piena inarrestabile. Straripa, inonda, non si


contiene. Se lo fa soltanto per far riempire colonne di giornale e spazi nei tg,
grazie tante, ma si moderi.
L'eccesso di notizie (o fatterelli spacciati come tali) infastidisce, dà
assuefazione e danneggia la nostra salute psichica.

Se lo fa per dimostrare che stando sulla scena oggi, guiderà la politica da


palazzo Chigi entro breve, non si illuda. Sarebbe un tentativo da mago
sprovveduto, quello di sbattere fuori Romano Prodi prima del tempo.
Dunque, dia un po' retta al vecchio adagio secondo cui «il troppo stroppia».
Quello che preoccupa è il conto alla rovescia rispetto al 14 ottobre. Se tanto
mi dà tanto, ci attende un crescendo che oscurerà i primati del Cavaliere.
Il quale, guarda caso, in questi giorni, se ne sta zitto, un po' perché non vuol
parlar male di amici fidati come Umberto Bossi, un po' perché lo avranno
consigliato in questo senso, ricordandogli la favoletta della rana e del bove.
In questo momento la rana Veltroni vuole imitare il bove di Arcore.
Sappiamo come va a finire nella favoletta.

Walter fin che sei in tempo, fai un fioretto, un voto, una promessa alla tua
famiglia: per cortesia, parla un po' meno, siamo frastornati.
Soprattutto perché nei tuoi discorsi si inanellano ovvietà come quella che
occorre far rispettare le leggi, il che equivale a dire che se piove occorre
l'ombrello, ma si dà il caso nella vita che si può uscire di casa senza ombrello
in una giornata di tempo incerto e poi prendersi l'acquazzone improvviso. In
Italia le leggi ci sono, ma le si fanno rispettare poco e male, lo sappiamo tutti.
È un discorso che più vecchio e noioso non si può.

L'impressione che Veltroni lascia, è quella di chi ogni cinque minuti vuol
presentare il "nuovo", nella vita, nella politica, nell'economia, nella cultura.
Purtroppo questo annunciare il "nuovo" come se si fosse un messia appena
arrivato, è un vecchio trucco politico. Passati i comizi, tutto resta come prima.
"Passata la festa, gabbato lo santo". Raccomandazioni, favoritismi, agganci e
lanci di sassi a chi non sta in corteo o processione.

Il vero "nuovo" sarebbe non fare proclami, ma obbligare quanti confluiranno


nel Pd a cambiare rotta sin da ora nell'amministrare il denaro pubblico.
Nella mia città (Rimini) l'assessore al bilancio Antonella Beltrami ci ha
pensato: ridurre le spese pubbliche, all'insegna del motto: meno auto blu e più
aerei per spegnere gli incendi.

26/08/2007/
CL, Silvio addio

L’Italia è «un Paese nel quale, davanti ai problemi, non ci si mette a risolverli,
si grida». A conclusione del Meeting riminese di Comunione e Liberazione,
l’autorevole parere di Giancarlo Cesana illumina la svolta del movimento e del
momento.

Berlusconi, addio. Accomunato a Prodi in un disprezzo palese, il Cavaliere ha


ricevuto un solenne benservito dai «ragazzi» giunti al loro classico incontro
culturale di agosto. Dove come ogni anno si è parlato di tutto, compresa
quindi anche la politica che, ha proseguito Cesana, «non è tutta la vita ma una
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 414
società va avanti con la politica». (Ohibò, ce ne eravamo accorti anche noi.)

La delusione di Cesana per Forza Italia ed il suo leader deve essere molto forte
se, alla proposta di Giulio Tremonti di fare l’alzabandiera nelle scuole, ha
risposto con un commento che più velenoso non si può: «Ho il sospetto che
l’unica bandiera da alzare sia quella bianca».

Faremmo torto all’intelligenza di Cesana, se attribuissimo la sua disillusione


amara per la crisi della politica soltanto a quella dell’ultimo anno, cioè al
governo di Romano Prodi. La battuta riservata a Tremonti ci conferma che
disgusto e disincanto sono a 360 gradi. Con un «ma» che non è di poco conto.
Nella visione religioso-filosofica di un movimento ecclesiale quale CL, la
politica entra come un accidente della Storia, ovvero come qualcosa che deve
aderire e mirare a valori eterni (la Verità di cui si discuteva quest’anno al
Meeting).

Orbene, quando il contesto delle vicende umane (leggi i fatti della Politica)
non risulta più rispondente alla Verità a cui si guarda, allora si gira pagina.
Detto in parole povere, né Pd né Pdl possono bastare, ed ecco infatti che
localmente nascono proposte cielline in vista delle prossime elezioni
amministrative sulle quali si pone il santino benedicente del leader lombardo
Formigoni.

Queste proposte locali dimostrano che a CL non interessa nulla della


discussione in corso sul Pdl di Silvio e Michela Vittoria Brambilla, soprattutto
dopo le odierne dichiarazioni di Umberto Bossi: «Per i fucili c'è sempre la
prima volta».

Quella bandiera bianca di cui ha parlato Cesana lasciando Rimini, richiama la


classica vignetta del naufrago che sventola in cerca di aiuto le mutandone di
un tempo. Però dietro il discorso di Cesana non c’è la disperazione del
naufrago. Il tema del Meeting 2008 conferma la visione delle certezze: «O
protagonisti o nessuno». Bello e difficile, il tema, con il rischio di avvilirci ancor
più, ricordando il passo evangelico dei molti chiamati e dei pochi eletti.
Ovviamente non si parlava delle urne per le amministrative o per il
parlamento.
Antonio Montanari

24/08/2007/
Mare od urne, per i vecchi?

Sono uno di quegli ultracinquantenni (ne ho 65, di anni) che non occupa
nessuno spazio, oltre la sedia davanti al computer sul quale scrivo.

Quindi approvo e condivido la proposta appello di Barbara Palombelli apparsa


sulla Stampa di stamani.
Credo che sia l'unico sistema, andare al mare il 14 ottobre, per far largo alle
nuove leve nel Pd.

Nel testo della signora Palombelli mi ha impressionato un passaggio, quello in


cui si legge: «Assenti e passivi, chiusi in una personale ricerca di lavoro che
sempre più spesso viene affidata ai genitori e non alle associazioni sindacali, i
nostri figli si chiamano fuori da tutto».

Vedo che Mario Adinolfi ha già risposto on line, difendendo la 'sua'


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 415
generazione e offrendo un invito a Barbara Palombelli: «Allora, non andare al
mare il 14 ottobre, vieni a votare per noi».

Adinolfi ha ragione, ma credo che la signora Palombelli volesse con il suo


invito schiodare soprattutto i candidati resistenti ad ogni 'ripulitura' (insomma
alla De Mita).

Se vanno a votare i giovani, di certo non ne scelgono di vecchi.


Il passaggio su giovani «nostri figli (che) si chiamano fuori da tutto», mi
sembra molto realistico, guardando in giro (non ho né figli né nipoti).
Mi piacerebbe leggere brevi e numerosi pareri dei lettori. Insomma una specie
di sondaggio fatto in casa.

20/08/2007/
Prodi, la pecorella smarrita

Adesso, eminenza Bertone, che Lei ha dato ragione a Romano Prodi, e che
Prodi si dice d'accordo con Lei, adesso fate pagare l'Ici anche a chi non la
pagava legalmente sinora..., cioè alle chiese (*) della Chiesa di Roma (intesa
come Italia).

Post scriptum. L'on. Calderoli ha equivocato, l'eminenza Bertone non ha


benedetto «la proposta di sciopero fiscale».

Ha dimostrato che la Chiesa ha cambiato rotta. Finora si era fidata dei


pluridivorziati inneggianti all'evasione fiscale.

Da Rimini, dal Meeting di CL, ha cominciato ad avere un occhio di riguardo


verso quel Prodi che era stato considerato una pecorella smarrita. Ma il Buon
Pastore l'ha ritrovata...

Sinora aveva avuto la tentazione di lasciarla precipitare nel burrone di


montagna verso cui era stata avviata con tante benedizioni.

Secondo post scriptum. (*) Vedere spiegazione di questa parola nel mio
commento:

Quando parlo di «chiese» ovviamente non intendo il luogo di culto (la chiesa
parrocchiale), ma tutti i contorni... che spesso sono preziosi investimenti
miliardari.

Ci sono chiese ricche e chiese povere.

La mia parrocchia di un tempo, negli anni '60, ci rimise 600 e passa milioni
prestati al famoso Giuffré. Ed era l'unico 'luogo' allora ad avere un campo in
cemento per pallavolo, neanche il Comune se lo poteva permettere.
Poi dopo i sacerdoti passavano per le case a chiedere le offerte per i
missionari. Spiegai queste cosette al cappellano, e finii subito nella lista nera
degli eretici...

19/08/2007/
Prodi: Bertone gli dà ragione

All'inizio di agosto, Romano Prodi aveva chiesto l'aiuto della Chiesa per il
problema delle tasse, in un'intervista a «Famiglia Cristiana»:
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 416

«Un terzo degli italiani evade. È inammissibile. Per cambiare mentalità occorre
che tutti, a partire dagli educatori, facciano la loro parte, scuola e Chiesa
comprese. Perché, quando vado a Messa, questo tema non è quasi mai
toccato nelle omelie? Eppure ha una forte carica etica. Possibile che su 40
milioni di contribuenti sono solo 300 mila quelli che dichiarano più di 100 mila
euro l'anno?».

Adesso Prodi può dire che aveva ragione.

Oggi dal Meeting ciellino di Rimini, il cardinal Tarcisio Bertone, segretario di


Stato vaticano, gli ha dato ragione senza tanti se e tanti ma: «Tutti devono
pagare le tasse» perché «è un nostro dovere» e questo deve essere fatto
«secondo leggi giuste».

19/08/2007/
Come far la festa al Pd

Rincara la dose Filippo Andreatta, sul «Corriere di Bologna» di oggi, pensando


al futuro Pd: «La Margherita si sta sfaldando di fronte alla granitica posizione
dei Ds e in qualche modo oggi è già sciolta nel Pd. Mi sembra emergano due
posizioni: da un lato chi china la testa di fronte ai Ds e viene unificato solo
dalla sete di poltrone e di potere. E confluisce nella maggioranza del futuro Pd.
Dall'altro lato c'è chi cerca ancora di mantenere una posizione autonoma».

Andreatta si rivolge anche a Veltroni: che partito vuole, una "caserma" con
umori staliniani o quella nuova aggregazione di cui si parlava un tempo, ed
alla quale lui stesso (Andreatta) ha dedicato tante energie?

La materia del contendere in apparenza è bizzarra: le «feste dell'Unità». Ma


dietro ci sta invece il nocciolo del problema. Quando il Partito democratico si
aggregherà in pubbliche manifestazioni, appunto la festa del partito stesso,
dovrà indossare le vecchie magliette dell'organo del Pci?

L'ex sindaco di Bologna Renato Zangheri, che è stato anche docente


universitario ed è uno storico di vaglia, rimette ogni decisione ai militanti.

Ma a quali militanti? Non a quelli del Pd nascituro ma ai fedelissimi delle


«feste dell'Unità». Beh, insomma è un modo elegante per dire che nulla dovrà
cambiare.

Modesta proposta: che si facciano le «feste dell'Artusi in unità sotto l'Ulivo».

18/08/2007/
Prodi, CL e Veltroni

Nelle pagine odierne di "Repubblica" di Bologna, Filippo Andreatta confessa


tutto il suo sconforto per come stanno procedendo le cose in casa del
nascituro Partito Democratico.
«La mia freddezza attuale dopo l'entusiasmo dei mesi precedenti», spiega,
nasce dal fatto che Ds e Margherita stanno cercando di mettere ai vertici locali
soltanto uomini loro: se ci riusciranno, «quella sarà la cartina di tornasole che
il test del rinnovamento è fallito».
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 417

Intanto parte a Rimini il Meeting di Comunione e Liberazione, dove (come


sempre) si parlerà (anche) di politica. Quest'anno sono attesi Fassino e
Bersani.

Piero Fassino il 23 agosto discuterà con Mario Tremonti su «tre cose da fare
assieme sul bene comune».

A Rimini, nel Meeting, si tratterà insomma di quei massimi sistemi che


reggono il mondo della politica, e che proprio a Rimini hanno trovato
applicazione nelle ultime elezioni amministrative, come in una specie di
laboratorio privilegiato. Rimini non per nulla è la città che ha "inventato" il
Meeting di CL.

Il voto riminese del maggio 2006 ha visto Forza Italia perdere il 52,13% dei
suffragi, mentre AN saliva del 16,26.
Ovvero Forza Italia ha lasciato sul cammino 13.207 voti, mentre AN ne ha
recuperati 1.422. E gli altri 11.785?
Molti (difficile capire quanti sono stati, dati i cambiamenti nei "simboli"
avvenuti tra 2001 e 2006), molti certamente sono finiti a salvare il candidato
(rieletto) di Centro-sinistra Alberto Ravaioli.
Il quale avrebbe acceso un cero alla Madonna se fosse riuscito ad andare al
ballottaggio. Invece ce l'ha fatta al primo turno...

Il Centro-Destra era senza un candidato storico. Quello improvvisatosi


all'ultimo momento, succedeva ad un altro gettatosi nella mischia e poi
fermato. Ufficialmente dal cuore (problemi di salute), ma immaginiamo anche
dal «portafoglio»: lui gridava troppo forte un «sogno» nuovo che avrebbe
rovinato molti affari in corso.
Con la vecchia amministrazione, il Centro-Destra non se l'era passata poi così
male. Due assessori dimessi (defenestrati) per la questione del troppo
cemento non sono cosa da nulla.

Quindi ben vengano le tavole rotonde del Meeting sulle «cose da fare assieme
sul bene comune». Ma ricordiamoci dell'esperimento amministrativo riminese
del 2005. Semmai il Meeting riproporrà in sordina qualcosa che storicamente è
già accaduto.

Quello che potrebbe accadere a livello nazionale, sarebbe soltanto il sacrificio


di Romano Prodi fatto per mano di Fassino e Tremonti, con Veltroni che
potrebbe accendere il suo cero «per grazia ricevuta», salendo a palazzo Chigi
prima ancora di mettersi seduto a guidare quel Partito Democratico sulle cui
sorti una persona perbene come Filippo Andreatta ha segretamente perso
ogni speranza ed illusione.

A Rimini finì in giunta un assessore che dichiarò la sua non appartenenza


politica: «Non sono mai stata iscritta né vicina ad alcun partito, e più che
interrogarmi sul centro-destra o sul centro-sinistra, alla proposta di un
impegno in giunta, mi sono chiesta se mi sentivo di tirarmi indietro davanti
all’opportunità di operare, da un altro punto di vista rispetto a prima, per le
persone e la città».

Ecco che cosa si intende per il «bene comune» di cui tratteranno Fassino e
Tremonti. Come si vede a Rimini è già tutto accaduto. Nulla di nuovo sotto il
sole, né con il bikini né senza...
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 418

La ciliegina sulla torta dell'assessore riminese indifferente alla Destra ed alla


Sinistra, fu questa sua frase: «In giunta, sono considerata 'in quota' al mondo
cattolico, più che a una coalizione». Se Buttiglione l'ha letta, ha avuto di certo
i lucciconi agli occhi per la gioia.

16/08/2007/
Ingenuo, ma faccio il pernacchio

Sì, sono ingenuo come sospetta Maniero nel suo commento.

Sì, sono ingenuo come ho già confessato qui: «Ingenuo, mi hanno sempre
detto certe persone, per sottintendere che sono uno che secondo loro si
farebbe fregare facilmente. Beh, farsi fregare (da che mondo è mondo) non è
un'arte che dobbiamo imparare. Semmai un serafico esercizio da apprendere
soltanto per aspettare tempi migliori».

Mi scuso per l'autocitazione, che presento soltanto per dimostrare che sono
consapevole del problema...

Sì, sono ingenuo nel senso che dà al termine il bel libro del «Grande Gram»,
ovvero Massimo Gramellini, intitolato (per consolarci?) «Ci salveranno gli
ingenui».

Il libro di Gramellini è il mio «galateo», un livre de chevet che considero utile


per tutti nei momenti in cui si crede di essere soli e presi per i fondelli soltanto
per il fatto che rifiutiamo le machiavellerie e non usiamo il sorriso-ghigno
romano alla Giulio Andreotti.

Andreotti con la solita battutina presentata quale ricetta capace di risolvere


tutti i problemi, è l'anti-ingenuo per eccellenza, con quel suo adagio che
insegna: «A pensar male si fa peccato, ma ci si prende sempre».

Ovvero diffidare sempre e con tutti. Non so voi, ma io credo che sia una
ricetta abbastanza spaventosa.
Se provassimo a dire che se pensiamo bene, non ci "prendiamo", ma
rendiamo a tutti la vita un po' migliore?

Forse (anzi certamente) potremmo essere presi in giro, ma alla fine anche
presi in considerazione.
Non si può predicare l'eterno sospetto. Anche perché alla fine la teoria
dell'eterno sospetto finisce per giustificare qualsiasi azione anche la più
negativa, con un serafico: «Te l'avevo detto che poteva capitare...».

Al sorriso-ghigno romano alla Giulio Andreotti, preferisco «il pernacchio» alla


napoletana. Dove c'è più la filosofia della plebe, senza il gusto sadico dei
potenti che hanno sempre fregato il prossimo loro. E che alla fine a quello
stesso prossimo hanno cercato di dimostrare: «La colpa è tua, se ti sei fatto
fregare».

Buon pernacchio a tutti.

15/08/2007/
Messori/2
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 419
Il 12 agosto scrivevo qui che l'intervista concessa da Vittorio Messori mi aveva
lasciato esterrefatto.
Sono lieto di constatare sulla «Stampa» di oggi 15 agosto, che qualcuno più
autorevole di me, è intervenuto sulla faccenda dimostrando di aver reagito
allo stesso modo. Antonio Scurati sotto il titolo «Chiesa nemica di se stessa»,
infatti scrive: «L'aberrante argomentazione di Messori - che io sinceramente
mi auguro di aver frainteso...».

Nel mio post, avevo citato il Vangelo: «Chi scandalizza uno di questi piccoli
che credono, è meglio per lui che gli si metta una macina girata da asino al
collo e venga gettato in mare» (Mc 9, 42). Un commento al mio post mi
precisava che io avevo sbagliato nell'identificare i «piccoli» nei «bambini». E
mi invitava a leggere un passo del cardinal Caffarra (1996).

Ho risposto già al commento in questione.


Qui riprendo da esso la questione centrale.
La citazione evangelica era stata da me tolta dal pezzo iniziale della «lettera»
papale dell'11 giugno 1993 indirizzata ai vescovi degli Stati Uniti ed intestata:
«“Guai al mondo per gli scandali!” (Mt 18, 7)».

Scriveva dunque Giovanni Paolo II nel 1993: «Negli ultimi mesi sono venuto a
conoscenza di quanto voi, Pastori della Chiesa negli Stati Uniti, insieme a tutti
i fedeli, state soffrendo a causa di alcuni scandali provocati da membri del
clero. Durante le visite “ad limina”, spesso la conversazione ha riguardato il
problema di come i peccati degli ecclesiastici abbiano urtato la sensibilità
morale di molti e siano divenuti un’occasione di peccato per altri. La parola
evangelica “guai!” ha un significato particolare, in special modo quando Cristo
la usa nei casi di scandalo, e soprattutto di scandalo “dei piccoli” (cf. Mt 18,
6). Quanto sono severe le parole di Cristo quando parla di tale scandalo,
quanto grande deve essere quel male se “chi scandalizza anche uno solo di
questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio che gli fosse appesa al collo
una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare” (cf. Mt 18,
6).»
Antonio Montanari

14/08/2007/
Umanità anche per i clandestini

«Bisogna trovare un modo per trattare i clandestini con la decenza e il rispetto


che l’umanità richiede». Così ha scritto Jagdish Bhagwati, docente di Economia
e Legge alla Columbia University, nato nel 1934 a Bombay e laureato a
Cambridge, in un articolo pubblicato dal «Sole-24 Ore» (12.8.), sul fallimento
dei provvedimenti presi in merito dagli Usa. Il problema riguarda anche noi
italiani. Quella decenza e quel rispetto, sono parametri universali, ammesso
che si abbia ancora il senso di questo aggettivo illuministico.
Rimini ha la caratteristica di città aperta a tutti, una vocazione internazionale
che nasce dalle sue antiche pagine di storia, non soltanto da quelle più recenti
e legate unicamente al turismo. Per questo motivo, ogni avvenimento che
succede a Rimini acquista subito un valore simbolico perché collega le vicende
locali ad un più ampio contesto che si riflette nel bene come nel male nella
vita cittadina.
Dolorosamente dobbiamo prendere atto che la parte più debole della realtà
meno favorita delle popolazioni immigrate, al di là del discorso sui clandestini,
è costituita dalle donne e dai bambini. Per loro occorrerebbe anche a livello
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 420
nazionale un’attenzione continua e rafforzata, che deve però fare i conti
spesso molto difficili con il senso di appartenenza ad una cultura diversa dalla
nostra, la quale ne condiziona i comportamenti.
Qui la mediazione di operatori provenienti dalle etnie presenti in città,
potrebbe essere forse utile, per aiutare donne e bambini a riacquistare
speranza in condizioni non oppressive e meno violente di quelle di cui sono
vittime, spesso sino allo spargimento del loro sangue. Non possiamo illuderci
in miracoli che sanino e risolvano tutto, però non possiamo fingere che
l’accattonaggio dei bambini e la prostituzione minorile della fanciulle non
siano fenomeni di profonda gravità per la società a venire.
Problemi di mediazione culturale sarebbero da affrontare anche per persone
che appartengono alla nostra nazione. La recente vicenda di Barletta dove
un’anziana ha vegliato a lungo i cadaveri mummificati di due sorelle, perché
illusa da un sacerdote con la teoria dell’immediata resurrezione dei corpi, può
insegnarci a non giudicare le cose che non ci piacciono di persone provenienti
da terre più lontane. Lasciando perdere il discorso sui servizi sociali di
Barletta, sotto i cui occhi chiusi tutto è avvenuto.

12/08/2007/
Vittorio Messori

Forse perché nonostante l'avanzare dell'età sono rimasto ingenuamente


legato al principio che se si predica bene non si deve razzolare male,
l'intervista apparsa sulla «Stampa» di ieri a Vittorio Messori mi ha lasciato
esterrefatto, con un senso di mal di stomaco come si può provare davanti ad
una scena orripilante.

Il passaggio più scabroso e meno immaginabile dell'intervista a Messori, per


me è stato questo: «È indubbio che nella storia della Chiesa una sessualità
disordinata ha potuto convivere agevolmente con la santità. Sono legato al
segreto richiesto dai Postulatori, ma potrei fare nomi celebri».

Messori prosegue citando il «fondatore di molte istituzioni caritative in


Europa» che, a suo dire, «è stato proclamato Beato nonostante le turbe
sessuali che per un istinto incoercibile lo spingevano a compiere atti osceni in
luogo pubblico».

Spero che nei prossimi giorni qualche voce autorevole venga a spiegarci che
tutto ciò non soltanto non è vero ma è impossibile stante la tanto declamata
severità dei processi canonici delle cause di beatificazione.

Riporto un altro passo dell'intervista a Messori: «Queste storie sono il


riconoscimento della debolezza umana che fa parte della grandezza del
Vangelo. Gesù dice di non essere venuto per i sani, ma per i peccatori. E’ il
realismo della Chiesa: c’è chi non si sa fermare davanti agli spaghetti
all’amatriciana, chi non sa esimersi dal fare il puttaniere e chi, senza averlo
cercato, ha pulsioni omosessuali. E poi su quali basi la giustizia umana
santifica l’omosessualità e demonizza la pedofilia? Chi stabilisce la norma e la
soglia d’età?».

Mi permetto di ricordare a Messori, illustre scrittore e frequentatore di


pontefici con i quali poi scrive libri, che non si tratta soltanto della giustizia
umana che «demonizza la pedofilia». C'è anche il Vangelo: «Chi scandalizza
uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che gli si metta una macina
girata da asino al collo e venga gettato in mare» (Mc 9, 42).
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 421

Potrebbe dedicare due minuti del suo tempo, Vittorio Messori, a rileggere
questo brano, ed a confrontarlo con le parole che ha pronunciato per «La
Stampa» con Giacomo Galeazzi?

10/08/2007/
Se un assessore vede 'negro'

Dalle 17:25 del 9 agosto si legge in rete questa notizia non rispondente al
vero, che riportiamo: «Rimini. Compare la foto del presidente del Consiglio
Romano Prodi con un ‘Vù cumprà’ su alcuni giornali, dopo che l’assessore alla
Polizia Municipale Roberto Biagini si è fatto promotore della campagna
antiabusivismo commerciale. Diessini tutti e due, ma questo è sicuramente
uno smacco all’impegno dell’assessore, tanto ribadito in questi mesi. [...]
Anche se non è dimostrabile che Prodi abbia acquistato merce illegale, Biagini
resta di sasso perché invece di chiamare i vigili, si è fatto fotografare
sorridente con ’l’amico’. Insomma un brutto colpo per il pioniere delle spiagge
senza ‘bancarelle’ abusive, dove tanti italiani comprano senza farsi scrupoli.
Ma non lui, il presidente del Consiglio, che condivide con l’assessore
l’ideologia politica».

A smentire la notizia è intervento stamani il deputato diessino Giuseppe


Chicchi, con un duro articolo sul «Corriere Romagna», in cui non si fa però il
nome dell'assessore interessato alla vicenda.

Ampio spazio vi è stato dato dall'edizione bolognese di «Repubblica». Che ne


precisa i termini, sotto il titolo «L'assessore 'vede nero' e fa una gaffe».

Il signore africano, Thiam Barra, ritratto con Romano Prodi è un senegalese,


lavoratore regolare in Italia. E soprattutto vecchia conoscenza di Romano
Prodi con cui si è già incontrato nelle ultime tre estati. Stessa spiaggia, stessa
foto.

Nel 2007 di nuovo c'è soltanto la notizia riportata sopra, che però non ha
tenuto conto del fatto che l'assessore di Rimini si era precostituito un margine
di dubbio: «Ammesso che quello sia un vuccumprà...». L'assessore ha perso la
scommessa.

08/08/2007/
Storiacce

Le storiacce di cronaca che si leggono oggi, hanno come protagonisti uomini


in abito talare, rei confessi di abusi, abituati a confessare ed a confessarsi,
quindi pronti a giudicare ed a punire gli 'errori' altrui con la penitenza: essi
non hanno mai compreso da soli che stavano sbagliando, che era terribile
quello che facevano.
Ed allora la domanda non riguarda loro, ma il loro brodo di cultura. Sta scritto
«non giudicare» non per poter fare tranquillamente i propri comodi più o meno
porci. No, ma soltanto perché prima di giudicare gli altri, dobbiamo giudicare
ancora più severamente noi stessi.
Ma in quale sistema di ipocrisia spaventosa sono stati educati, formati, istruiti
ed avviati alla loro missione?
Li hanno forse abituati a far finta di niente delle piccole cose che succedono
attorno. Poi c'è stato l'effetto valanga. Taci oggi, tacci domani sulle cose che
sembrano un nulla, finisce che sembra un nulla anche l'azione più infamante.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 422
Il vecchio adagio «bada a quel che il prete dice, e non a quello che il prete fa»,
è una stupidaggine. Lo slogan di Verona «Niente testimonial, ma testimoni»
era efficace. Ma lo si ripete come un motto pubblicitario. Deve essere vissuto.
Ecco perché mi faceva rabbia, tremendamente rabbia, un ex amico e collega
che lo diceva subito dopo aver dato dimostrazione (per lui consapevole) della
sua ipocrisia (che io avevo chiaramente intravisto, per cose che mi
riguardavano di persona).
È un discorso politico anche questo, perché se la formazione del cittadino
avviene in quei contesti, siamo fritti.

07/08/2007/
Malaffari e politica

L'«Elzeviro» di Maurizio Viroli (La Stampa, 6.8.2007), intitolato «Antipolitica, la


vecchia tentazione», m' ha fatto riaffiorare un ricordo tra il personale e lo
storico.
Il fratello di mia madre, per meriti politici conquistati sul campo prima, dopo e
durante la seconda guerra mondiale, doveva essere il sindaco della città
subito dopo la Liberazione. Disse ai compagni del Pci, nel quale militava:
«Burdèl, chi ruba va in galera». Scelsero ovviamente un altro.

Il prof. Viroli parla proprio di quegli anni (1945-1947), recensendo una raccolta
di articoli apparsi su «Il Ponte», celebre rivista fiorentina. E ripropone il
problema già affacciatosi allora, se «la politica non è affare per gli onesti».

Condivido la conclusione di Viroli: «bisognerebbe ricominciare», scrive, dalla


«forza delle idee morali», riportando la formula apparsa su quella rivista.
Avevano ragione allora gli scrittore de «Il Ponte». Ha ragione oggi Viroli.
Bisogna partire dalla «forza delle idee morali».

Ma se ci guardiamo intorno (e spero non sia considerata colpa nostra),


vediamo che l'affarismo trionfa a più non posso sulla politica intesa come
investimento morale. Non sono gli ideali a muovere la politica (Veltroni si
illude), ma gli affari.

Mi piace girare per paesi e città, e leggere i giornali. Ed allora raccolgo appunti
da luoghi diversi, e li inserisco qui tutti assieme.

1. Dove si costruisce un nuovo centro capace di raccogliere per varie


settimane all'anno migliaia di frequentatori? Non nel luogo più acconcio dove
ci siano strade e spazi necessari, ma in una zona dove si trovano i terreni del
clero (e del loro istituto per il relativo sostentamento), quasi un miliardo di lire
qualche annetto fa...

2. Un assessore all'edilizia di quel paese si è dimesso: protestando che prima


concedevano le licenze per costruire e poi facevano (per forza di cose, e male)
le strade. Un suo collega era stato defenestrato per l'opposizione dimostrata a
certi programmi comunali in materia urbanistica.

3. E poi: vogliono uno stadio nuovo e chissà perché lo vogliono lì? Nel posto
sbagliato (dove è ora, in pieno centro città), ma con una contropartita detta
motore immobiliare che fa drizzare i capelli ai cittadini non interessati agli
affari, perché quelli interessati hanno trovato l'ottima strada di tagliare la torta
in parti uguali così non si beccano fra loro.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 423

Potrei continuare, con la spartizione culturale, con la creazione «ex nihilo»


(seguendo la dottrina ecclesiastica) di assessori messi lì non per loro crescita
politica maturata con l'esperienza, ma per fare un favore a qualcuno
spiritualmente molto in alto.

Non serve allungare la lista dei dispiaceri che la politica provoca a chi crede
alla «forza delle idee morali».

Però non mi piace sentir dire che l'elenco delle cose malfatte dai politici, altro
non fa che favorire l'antipolitica.

L'antipolitica è alimentata dagli stessi politici. Che dichiarano di volere le


istituzioni come case di vetro, ma che alla fine le rendono sigillate. E chiuse,
proprio in quel senso lì.

06/08/2007/
Blog, si Usa così

Invito a leggere l'articolo di Alessandra Farkas apparso sul «Corriere della


sera» di ieri 5 agosto, argomento: i blog e la politica negli USA. Titolo: «Hillary,
Edwards, Obama si inchinano ai blog».
Non provinciale la risposta americana, sottolineata pure nell'occhiello del
pezzo: «I siti web dettano i temi della campagna democratica».
Inevitabile è la riflessione di confronto con quanto succede in Italia, non
soltanto nella valutazione (quasi sempre negativa, come abbiamo visto...) del
fenomeno dei blog, ma nella stessa campagna pre-elettorale del nascituro
Partito democratico. Dove la corsa verso le primarie ad un osservatore
neutrale sembra essere una specie di gara notturna ed illegale con motori
truccati...
Quello che altrove è normale (l'offerta di più candidati al posto di segretario
del Pd), da noi è stato sinora visto come una serie di sgarbi concorrenziali che
lasciano in bocca qualcosa tra l'incredulo e l'amareggiato.

04/08/2007/
Grazie, Rosy Bindi

Grazie a Rosy Bindi. Mi ha fatto molto piacere leggere stamani sulla «Stampa»
in un intervista questa sua opinione su Walter Veltroni: «E’ cominciata con un
concorrente unico, che si è presentato come il candidato di tutti. Chi ricorda il
discorso di Veltroni al Lingotto, era un po’ come se dicesse: “Io sono il tutto.
Se poi qualcuno proprio vuole entrare in gioco lo faccia, ma insomma...”. Non
era affatto previsto che ci fossero competitori. Solo dopo s’è addirittura
invocata una pluralità di candidati».

La sera del Lingotto, a caldo avevo scritto: «Veltroni ha parlato non da


candidato ma da leader investito, da primo ministro non troppo in pectore, da
uomo che sembrava uscire dal Quirinale dopo aver sciolto la riserva per
l'accettazione dell'incarico».

Grazie Rosy Bindi, mi ha fatto sentire tanto intelligente.

04/08/2007/
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 424
Straordinario

Servitori Caro Max Giordani, non potendo sapere nulla di me, lei giudica
graziosamente partendo da suoi convincimenti personali che ovviamente non
si cura di verificare se corrispondano ai fatti.

Uno dei suoi convincimenti personali di fondo è il pregiudizio che io sono


evidenziato nel blog dai padroni perché sono un loro servo.

Lei trova conferma nella sua opinione partendo dal fatto che io non ho
partecipato alla disputa riguardante la presunta «denuncia» contenuta in un
blog poi censurato dalla proprietà.

Le confesso: se fossi stato io il direttore di un giornale internettiano come in


fin dei conti sono i nostri blog, non avrei pubblicato quel testo.

Se uno scopre degli illeciti, si rivolge alla magistratura. Punto e basta. Se lei
prima di scrivere che sono un «servo dei padroni» avesse letto un mio
commento di due giorni fa ai lettori intervenuti sul post «Tasse. Che predica!»,
avrebbe avuto valido ed esauriente motivo per meglio comprendere il
carattere alquanto anarchico e ribelle del sottoscritto, sin dai più teneri anni.

Per non affaticarla troppo chiudo qui, e mi scusi se mi autocito riproducendo


nuovamente quel commento. Non spero di convincere nessuno, comunque
debbo riconoscerle un primato: lei è l'unico che in 48 anni di attività
pubblicistica mi ha giudicato un «servo».

Non è un primato da poco, il suo. Che poi sia una frase ridicola (non penso
nemmeno diffamatoria, date le circostanze estive che le offrono tutte le
attenuanti), è un discorso che trova analogie con l'invidia di un illustre collega
che, leggendomi sempre su questo blog, mi ha detto l'altra settimana: «Per
forza ti segnalano, citi sempre la Stampa!».

Superior stabat lupus...

Saluti ed auguri: pulisca le lenti degli occhiali, e si sostenga con cibo acconcio,
magari con la nostra piada. Tiro le orecchie anche all'esperta amica Cristella:
di questa «piadina» vezzeggiata dalla pubblicità non c'è testimonianza nelle
tradizioni romagnole.

È un pane ruvido, nato nei primi giorni di vita del mondo in Africa, ruvido come
noi romagnoli, capaci di ridere anche quando qualcuno vuole offenderci, come
ha cercato di fare (sbagliando obiettivo e sistema) il signor Max. Auguri per
battaglie con migliori risultati.

Ecco il mio commento di cui dicevo e che ripubblico, onde il predetto signor
Max possa capire che se lo avesse letto non avrebbe avuto la possibilità di
pensare quello che ha pensato.

Si legga anche le pagine indicate dai link... sopra un sito intitolato


"Appestato"!!

Guardate, cari amici: nello scorso mese di marzo, un quotidiano locale (di
Rimini) ha scritto un articolo contro di me, perché qualcuno in «quegli»
ambienti non gradisce le cose che produco. O che producevo.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 425

L'occasione è stato un pezzo pubblicato un anno fa sul settimanale diocesano


di Rimini, dove raccontavo di una biblioteca francescana posteriore al 1430.

A quel settimanale ho collaborato per 24 anni, tenendo una rubrica che poi ho
cominciato a pubblicare anche su questo blog, quando l'ho aperto a dicembre
2005.

Il mio articolo sulla biblioteca francescana è stato definito da un anonimo che


so però chi è, una bufala. Invece esistono da cinque secoli documenti precisi e
ben noti. Ovvero l'articolo non fa una grinza. Tanto è vero che in altro luogo ho
chiesto per questo anonimo il «trattamento sanitario obbligatorio» per i
disturbati mentali.

Orbene, l'anonimo è semplicemente manovrato da persone che non vogliono


tra i piedi (leggi: in città) persone indipendenti e disposte a dire la propria
opinione controcorrente senza lasciarsi intimorire.

L'anonimo è conosciuto dalla redazione di quel giornale che lo ha presentato


con un 'nome de plume', spacciando la sua mail per una pubblicazione a
stampa...

Il giornale dove l'articolo era apparso NON mi ha offerto il diritto di replica.


Perché? Semplicemente non si potevano disturbare i manovratori che avevano
ordito la trama contro il pezzo sulla biblioteca francescana, utilizzato come
cavallo di Troia per colpire chi stava sullo stomaco o su qualche altra parte del
corpo in certi ambienti o tra certe persone potenti.

Tutta la documentazione, si legge qui:

http://digilander.libero.it/appestato.am/storia/rimini.biblio.malat.html
http://digilander.libero.it/appestato.am/rimini/personale.html

Le informazioni qui contenute sono ovviamente riservate: non diffondetele in


giro, ci possono essere delle persone vendicative pronte ad agire... Acqua in
bocca!!!

03/08/2007/
Servono anche le serve (i blogger)

Nell'intervista a Piero Bassetti, pubblicata da «La Stampa» ieri, si legge che i


blog «rappresentano oggi un po' quello che per noi una volta si diceva 'Radio
serva'...».
Di recente è uscito un bel libro di Robert Darnton, «L'età dell'informazione.
Una guida non convenzionale al Settecento» (Adelphi, 26,50 euro), un cui
capitolo è dedicato alla diffusione delle notizie a Parigi.
Dove attorno all'albero di Cracovia, un castagno che doveva il suo nome forse
alle discussioni accesesi alla sua ombra durante la guerra di successione
polacca tra 1733 e 1735 (p. 42), si radunavano le più svariate persone, tra cui
anche i servitori che divulgavano notizie segrete sul conto dei loro padroni.
Queste voci pubbliche («bruits publics») non erano del tutto trascurate se
all'albero di Cracovia i diplomatici stranieri mandavano loro agenti a
raccogliere o seminare notizie... (p. 43).
Come si vede, alla fine della storia, anche servi e serve svolgono un loro ruolo.
Così speriamo di noi blogger.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 426
Antonio Montanari

01/08/2007/
Tasse. Che predica!

Gli italiani non pagano le tasse?


Prodi ha un rimedio: le prediche della messa domenicale dovrebbero invitare i
fedeli ad adempiere l'obbligo civico.
Abbiamo raccolto alcuni pareri.
Bertinotti: «Il Papato dovrebbe ammettere di predicare bene e razzolare
male».
Berlusconi: «Abbiamo già rogne con i preti per le doppie o triple mogli, ci
mancherebbe che ci sfilassero anche i soldi dal portafogli per le tasse in
chiesa».
Fini: «D'accordo con Prodi se le prediche sono in latino».
Casini: «D'accordo con Fini, se lui è d'accordo con me circa l'obbligo di essere
d'accordo con Prodi il quale dovrebbe mettersi d'accordo con Berlusconi».
L'on. Prodi in tarda serata si è detto tranquillo. Se tutti sono d'accordo, ha
precisato il suo portavoce, siamo a posto, non cambia nulla. Ed il governo
dura.

31/07/2007/
Esclusivo

Ecco la storia della nottata romana dell'onorevole dell'Udc, in tutta la sua


trasparenza e verità.

L'on. dell'Udc aveva indetto un incontro di meditazione politica sul tema:


«Eccitazione delle masse e pericolosità della candidatura di Veltroni alla guida
del Pd».

Vi hanno partecipato due altre persone:


1. un'addetta alle pubbliche relazioni, preventivamente incaricata di indagare
sulle opinioni prevalenti al proposito nel corpo delle Guardie svizzere a Roma;
2. una persona di sesso femminile sotto copertura dei servizi segreti per
appurare se quanto sostenuto dall'addetta corrispondeva alle informazioni in
possesso degli stessi servizi segreti.

Questa terza partecipante ci ha rivelato che cosa è successo di grave nella


seduta di lavoro notturno nell'albergo da «dolce vita».

L'on. dell'Udc aveva appena iniziato a leggere un testo in tedesco del suo
collega di partito, e ben noto filosofo di professione, in cui si tratta dei
fenomeni di estasi provocati in uomini e donne dai discorsi dell'on. Veltroni.

Fu a quel punto che ebbe un mancamento la giovane che aveva svolto


indagini sulle opinioni prevalenti nel corpo delle Guardie svizzere circa lo
stesso on. Veltroni.

Resta da appurare da parte delle Superiori autorità se il mancamento della


giovane sia stato provocato dal testo in tedesco del filosofo-politico, o dal
ricordo della visione del corpo delle Guardie svizzere.

30/07/2007/
Bricolage della politica
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 427
Per farci capire le sue intenzioni, Walter Veltroni ha detto oggi che ha fatto
bene tutti i lavori in cui si è impegnato: "Il direttore de L'Unità, il
vicepresidente del Consiglio, il segretario dei Ds, il sindaco di Roma. La gente
ha percepito che ho lavorato con motivazione e onestà di valori. Questa è la
mia Ferrari ma nessuno me l'ha messa a disposizione, né me la potrà mettere.
L'ho costruita io pezzo per pezzo".

L'elogio del bricolage da autodidatta, da «uomo che si è fatto da solo», è come


l'esaltazione della cipolla quale strumento per prevedere il tempo nell'epoca
dei satelliti meteo. (Che non sempre funzionano. Per oggi pomeriggio sopra
casa mia avevano sistemato forti piogge e vento di bora. C'è un caldo terribile,
sono cadute «due gocce due» un'ora fa, per scherzo.)

Il mondo è complesso non tutti viaggiano soltanto in Ferrari, egregio Veltroni.


È sicuro che il suo esempio possa essere compreso? La parola è fresca di
sorgente, od è condizionata dal caldo che fa?

Come le frasi di quel segretario di partito il quale ha invocato quale


attenuante la solitudine del politici per giustificare il collega che aveva due
ragazze in camera, una delle quali leggermente alterata dalla droga tanto da
finire in ospedale, se non erro.

E per quella solitudine ben peggiore della gente comune che non ha i mezzi di
cui dispongono i parlamentari che frequentano alberghi famosi, da "dolce
vita", allora che cosa dovremmo inventare e poi alla fine giustificare?

Signori, a volte soltanto il silenzio può dire qualcosa, non tutto. Invece qui si
abusa delle parole senza rendersene conto.

Il deputato che aveva le due ragazze in camera (mi raccomando: in camera, e


non in Camera), delle quali una capitata lì per caso, ha spiegato a Guido
Ruotolo che i valori cristiani a cui lui si richiama non c'entrano nulla «con
l’andare con una prostituta». Trattasi soltanto di «una faccenda personale». E
poi lo sfogo rivoluzionario: «Quanti parlamentari vanno a letto con le donnine?
E’ un reato, per caso?».

Ieri la «Stampa» ha sdoganato il seno nudo sul giornale di carta con un titolo
vagamente terroristico: «Allarme in spiaggia». Ed anche sul web, con
immagini molto delicate (ne riproduco una qui sotto).

Al signore della camera (e non della Camera), non è stato lasciato il tempo di
dire che si trattava di un nuovo passo verso la decadenza dei costumi,
complice la grande stampa («Stampa») ed il grande capitale del Nord. Infatti
lui e tanti altri parlamentari per combattere la solitudine non scendono in
spiaggia, dove si esibiscono vergognosamente alcune parti invereconde del
corpo umano (non ho mai compreso dove stia l'oscenità del capezzolo
femminile e l'innocenza di quello maschile), ma si chiudono in albergo. Spesso
con due ragazze: e se va male, una si sente giù per droga.

29/07/2007/
La felicità secondo Scalfari

Verso le grandi penne che ho frequentato, nutro affetto e simpatia. Tra loro,
c'è Eugenio Scalfari, il fondatore di «Repubblica», alle cui letture di mezzo
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 428
secolo fa, quando egli era all'«Espresso» ed io un ragazzino chiuso nel
provinciale umanesimo scolastico del tempo, debbo l'insegnamento di regole
e vizi della economia. I suoi scritti mi sono serviti a comprendere meglio i
problemi storici e quelli di attualità anche negli anni successivi.

Le sue articolesse domenicali sono una specie di laica «predica» (prendo in


prestito il termine dalla celebri «Prediche inutili» di Luigi Einaudi).

Su «Repubblica» di oggi, è apparsa una sua «Breve lezione sulla felicità».

Magister Scalfari da tempo scrive di filosofia, ed il pezzo di oggi s'inserisce su


questo filone. La filosofia, diceva molto concretamente mia nonna Lucia, è
quella cosa con la quale e senza la quale il mondo resta tale e quale. Scalfari
dimostra invece che la "sua" filosofia è quella cosa la quale riduce tutto al
tentativo di dar bacchettate sulle mani a chi gli càpita a tiro.

Il fondo di stamani ne è un esempio lampante.

In breve. Scalfari ha fatto un parallelismo tra la ricerca della felicità in Silvio


Berlusconi ed in Clementina Forleo. Il cavaliere si sente felice dopo un bagno
di folla. Il gip milanese, per essere tale, ha dovuto esagerare: «L'irruenza del
giudizio che ha anticipato un'incriminazione [...] non ha altra motivazione che
una ricerca maggiore di felicità».

Allora, caro Magister Scalfari, anche lei come autore di fondi e di saggi, ha ieri
cercato la sua «ricerca maggiore di felicità» non nell'ovvio richiamo al signore
di Arcore, ma nel tirare in ballo un atto giudiziario sul quale dice di non volere
entrare nel merito non avendone «né titolo né voglia».

Troppo snob, caro maestro, questo non aver voglia di discutere di un


argomento che passa per la finestra e non per la porta principale, quando poi
lei conclude appunto che quell'atto non è servito per una ricerca di
«maggiore» giustizia (che dovrebbe essere unico scopo di un giudice), ma di
una «maggiore felicità».

La quale è uno stato d'animo molto vago, come dimostra il fatto che qualcuno
per essere felice prende a schiaffi il prossimo. Mi sembra, scusi l'ardire,
proprio il suo caso del fondo di oggi, domenica 29 luglio 2007.

27/07/2007/
Università, a chi serve?

Ogni generazione ha le sue storielle da raccontare sull'Università. Ai miei


tempi andava di moda una battuta relativa ai medici. Era una domanda da
rivolgere al dottore sotto le cui mani fossimo per caso finiti (... per non essere
"finiti" del tutto): «Scusi, signor medico, lei si è laureato prima o dopo il '68?».
La sfiducia nell'Università del 18 concesso tutti (il cosiddetto «18 politico»),
era talmente profonda che la si reputava un'istituzione ormai inutile. Invece,
l'Università vive tuttora e lotta insieme a noi. Forse combatte soltanto per
sopravvivere, forse si è già eclissata nella sua funzione fondamentale, e
vegeta unicamente per giustificare le spese di bilancio.
Chissà. Certo è che non si resta bene nel leggere quello che ha scritto stamani
sulla «Stampa» il prof. Antonio Scurati: «I nostri laureati, in molti casi, sono
semi-analfabeti di andata e ritorno». In molti casi...
Bisognerebbe chiedersi in «quali» casi, se cioè quei semi-analfabeti sono
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 429
destinati soltanto ad inquinare licei o scuole medie come insegnanti, oppure
se vivranno nel settore scientifico e scenderanno nelle corsie ospedaliere o
negli ambulatori medici... (tanto per tornare alla battuta post-68).
Sapere ed ignoranza non sono mai concetti astratti. Amore, diceva una
definizione da linguisti, è parola astratta. Però se una giovane resta incinta...
Scurati non è ottimista per nulla: «Questa rotta porta con sé un corollario
terribile: stiamo rinunciando a ogni pedagogia, al tratto magistrale del nostro
insegnamento, e con esso stiamo abbandonando qualsiasi idea di paideia.
Dopo millenni, stiamo smettendo di credere che l’adulto possa e debba
educare il giovane, che il giovane gli sia sottoposto quanto ad autorità e
inferiore quanto a conoscenza.»
Lo stesso sentimento di disperazione è in un pezzo che Francesco Merlo ha
pubblicato su «Repubblica» di oggi, dove si conclude che in Italia la scuola «da
luogo di formazione dell'èlite» è divenuta «luogo di deformazione di massa».
Siamo ancora in tempo per rimediare qualcosa, oppure i buoi sono già usciti
dalla stalla, e ce li hanno addirittura fregati?
Da spettatore un poco informato, non darei tutta la colpa ai giovani. I quali
molto spesso sono soltanto vittime di un sistema che li rende succubi e li
vuole obbedienti ai valori del padrone del vapore o del vaporetto.
Molto spesso, troppo spesso l'università di oggi è soltanto non una fabbrica di
diplomi di laurea, come si sente dire in giro, ma è la fabbrica di cattedre per
sistemare amici, parenti, colleghi con il grembiulino o la chierica (anche
allegorica), insomma tutto un sottobosco di ambizioni arroganti ed ignoranti,
nel senso etimologico della parola: perché non sanno nulla di quello di cui
parlano.
Basterebbe un pubblico dibattito per metterli a tacere, per mostrare che dietro
la loro superbia c'è soltanto aria fritta che enti pubblici poi trasformano in
zucchero filato, in quell'eterno giro che passa attraverso le amministrazioni
locali e può arrivare persino alle grandi case editrici.
Di recente è uscito un volume di un classico latino non troppo noto, ma pane
soltanto degli specialisti. Un amico ha scoperto che la traduzione in italiano è
stata condotta non sul testo originale latino (troppo semplice e troppo ovvio),
ma sopra una... traduzione in francese. Ovviamente questo traduttore salirà
prima o poi su qualche cattedra con tutti gli onori, se non c'è già.

26/07/2007/
No, caro Fassino, no

No, caro Fassino, no, così non va...


Lei ha consigliato al direttore del 'Corriere della Sera' Paolo Mieli, la lettura di
un carteggio del 1916 tra Luigi Einaudi e Luigi Albertini, allora alla guida del
quotidiano di via Solferino.
Einaudi elogiava il valore del «silenzio» degli organi di informazione, quando
l'alternativa era farsi guidare «dagli adulatori delle masse, del popolo e via
dicendo».

Indro Montanelli ricordava invece un altro episodio che ha per protagonista


Luigi Albertini: «Gli attacchi più micidiali a quello che veniva definito un "ibrido
connubio fra malavita e sacrestia" furono condotti dal 'Corriere della Sera' di
Albertini, depositario della tradizione laica risorgimentale...» (p. 424, vol, VI
della "Storia d'Italia").

Credo personalmente che i giornali siano fatti per realizzare il principio del
quarto potere, ovvero del tribunale della pubblica opinione che controlli la vita
pubblica e quindi anche la politica.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 430

Adesso, caro Fassino, faccia i conti lei. Se è meglio citare l'invito di Montanelli
a ricordare il coraggio di Albertini, oppure rassegnarsi al silenzio della libera
opinione. Ricordando però che il silenzio oggi farebbe il gioco degli «adulatori
delle masse» che esistono anche se il buon Veltroni non ne vede nessuno in
giro. O no?

25/07/2007/
Giovani, alcool e motori

Pubblico integralmente la lettera aperta che il sindaco di Rimini, dott. Alberto


Ravaioli, medico, ha inviato alla stampa oggi pomeriggio.
Ravaioli affronta un tema come suol dirsi di scottante attualità. Un tema
anche strettamente politico. Come salvaguardare delle vite umane dalle
conseguenze troppo spesso mortali che gli eccessi nell'uso dell'acool e dei
motori provocano soprattutto tra i giovani?

La risposta non può dipendere soltanto dall'azione di una singola città o di una
sola provincia.

È importante intanto che qualcuno cominci a muoversi mettendo il problema


sul tappeto proprio a livello politico.

Recenti, drammatici episodi ma soprattutto i quotidiani rapporti di chi vigila


quotidianamente sulla sicurezza rappresentano quello che è un problema sul
quale non si può in alcun modo glissare: il consumo eccessivo di alcool. In tal
senso è necessario monitorare attentamente quanto accade in Italia e a
Rimini, sia riguardo le conseguenze prodotte sull’ordine pubblico sia rispetto
alle cause (sociologiche?) alla base di questo preoccupante fenomeno.
Sono cronaca pressoché giornaliera gli episodi di violazione del Codice della
Strada o atti violenti chiaramente dovuti all’abuso di bevande alcoliche. Si
badi, qui non c’entra nulla il bicchiere di vino o di birra consumato ‘in
amicizia’; no, qui siamo dalle parti di un uso stordente e alienante della
bottiglia, soprattutto da parte delle generazioni più giovani. Gli ultimi dati
nazionali purtroppo confermano questa inquietante piega: aumenta il
consumo di alcool senza neanche più la giustificazione culturale (se tale si può
definire) della ribellione per una causa. Emerge con brutale ma convincente
chiarezza come lo sballo sia fine a se stesso, uno stupido ‘rito di passaggio’
nel nome di un egoismo che non si preoccupa minimamente dell’altro. C’è
allora chi, ubriaco al volante, investe e uccide; c’è chi, ottenebrato nella
mente e nel corpo, non esita neanche a far male a se stesso. Non si può
rimanere passivi davanti a tutto questo. Interrogarci sulla scala dei valori
costruita e comunicata negli ultimi dieci anni da questa società è il primo
passo. Prendere provvedimenti di tutela e autotutela è quello successivo.
Rimini non rimane indifferente. Siamo la capitale della vacanza che- per
definizione- è ciò che è diverso dal tran tran quotidiano. Ma questa diversità
non può essere confusa con il ‘tutto è permesso’, ‘ogni cosa è lecita’, ‘fate ciò
che volete’. Ci abbiamo messo anni- e ancora portiamo con noi alcune scorie-
per liberarci da un luogo comune che ci voleva così, patria dello ‘sballo’ a
prezzi modici. Con fatica, e grazie anche alla collaborazione del tessuto
economico e sociale cittadino, siamo in parte riusciti a raddrizzare quel
modello. Abbiamo anche subito critiche da chi- stringi stringi- sosteneva che in
fondo persino lo ‘sballo’ procurava qualche punto in più al PIL locale.
Abbiamo allora il dovere di combattere questa battaglia, perché nel cosiddetto
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 431
‘patto tra generazioni’ non ci sono solo le pensioni ma anche costruire e
difendere un quadro valoriale che sia garanzia degli uni e degli altri.
Ho chiesto dunque all’Assessore alla Polizia Municipale e al Comandante del
Corpo di PM di controllare nei prossimi giorni che- specie nelle ore notturne- la
vendita di superalcolici nei negozi rispetti rigorosamente i limiti imposti dalle
leggi vigenti. Non si possono vendere bottiglie a ragazzi che sono già
palesemente in preda ai fumi dell’alcool. Rivolgo cortesemente questa
richiesta al Signor Questore, nel nome di quella preziosa collaborazione che
sta portando a risultati tangibili su molti fronti della tutela dell’ordine pubblico.
Se questa attività non desse i frutti auspicati, dovrei in coscienza pensare di
assumere provvedimenti strutturali che dispongano precisi divieti. Non è mai
consolante procedere a colpi di divieto ma, davanti a fenomeni così gravi e
compromettenti il futuro collettivo, non si può tentennare. Faccio molto
affidamento sulla responsabilità individuale e sulla capacità di chi vende di
guardare a quei giovani dall’altra parte del bancone come fossero i propri figli.
Il Sindaco di Rimini
Alberto Ravaioli

23/07/2007/
Politica bollente/2
Avevo parlato di «Politica bollente» nel post di venerdì scorso, in una specie di
previsione del tempo sull'attività del governo, partendo dalla vicenda del
giudice Forleo e dall'intervento di Rosy Bindi sul futuro del Pd.
Sono contento che anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
abbia fatto ricorso oggi ad una espressione simile, invitando «tutti» a
«calmare i bollenti spiriti», nella polemica tra maggioranza ed opposizione.
L'autorevolezza della massima autorità dello Stato, simbolo dell'unità
nazionale, dovrebbe servire a qualcosa se noi fossimo in uno Stato di Diritto,
cioè in un Paese in cui la Legge vige su tutto.
Ma si può dire che ciò sia vero (cioè che l'Italia sia uno Stato di Diritto),
quando leggiamo la spropositata entità delle evasioni fiscali (ricordando le loro
passate giustificazioni da parte di chi governava), e constatiamo ogni giorno la
pesantezza dei sistemi di protezione da clan che i potenti allargano ai loro
amici e parenti, al centro ed in periferia?
Tutto il problema è qui. Nulla si dà al di fuori della Costituzione. Non si può dar
da bere alla gente che si sale al Quirinale per far presente che il presidente
del Consiglio andrebbe licenziato. Ma da chi? Il presidente della Repubblica in
Italia non ha questi poteri. L'opposizione lo ha detto, tra i denti, ma la gente
trascinata da polemiche e rumori di fondo, non può distinguere troppo.
Diceva una vecchia canzonetta: «Non è un capello, ma un crine di cavallo»,
per non far ingelosire l'amata. Quanti in politica sanno distinguere il capello
dal cavillo e dal crine di cavallo?
All'opposizione lo stesso Napolitano ha dovuto dire che non potevano tirarlo
per la giacchetta in nome dei loro interessi di parte.
Speriamo che l'invito anzi l'auspicio odierno di Napolitano (una pausa estiva
«farebbe bene a tutti e calmerebbe i bollenti spiriti») sia compreso in tutta la
complessità che si nasconde dietro parole così semplici e bonarie,
immaginiamo usate per farsi intendere anche da quelli che fanno sempre finta
di non capire.

22/07/2007/
Politica e blog

Sulla Stampa di oggi e su Stampa.it si legge di un tema nuovo: possono i blog


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 432
contribuire a migliorare il dibattito politico con una «grande coalizione del
web»?
Ho inviato questo commento:
«Occorre ripristinare le condizioni minime di un dialogo politico fra tutti i
cittadini. E quindi fra tutti i politici, seguendo come unica stella la Costituzione
repubblicana, come ci indicava 45 anni fa al Magistero di Bologna il nostro
docente di Pedagogia, Giovanni Maria Bertin.
Se anche con uno strumento nuovo di democrazia diretta come il blog, si può
portare un contributo alla rinascita morale del Paese, allora impegniamoci a
non usare linguaggi violenti ed offensivi, a discutere e non a combattere.
Grazie ad Anna Masera, come sempre all'avanguardia, per questa
segnalazione».
Antonio Montanari

Post scriptum: su Giovanni Maria Bertin si può leggere questo mio «Ricordo di
un maestro» in Riministoria-il Rimino.

20/07/2007/
Politica bollente

Due signore promettono un'estate calda al mondo della politica italiana. La


prima è un magistrato, il gip di Milano Clementina Forleo.
La notizia è di queste ultime ore. Secondo Clementina Forleo, i politici
intercettati nell’ambito dell’inchiesta in corso a Milano sui tentativi di scalata
ad Antonveneta, Bnl e Rcs «all’evidenza appaiono non passivi ricettori di
informazioni pur penalmente rilevanti, né personaggi animati da sana tifoseria
per opposte forze in campo, ma consapevoli complici di un disegno criminoso
di ampia portata».
La seconda signora è Rosy Bindi. Lasciamo alla Giustizia di fare il suo corso,
non senza il timore che possa essere come al solito una strada in salita, e
restiamo soltanto in compagnia della sfidante al sindaco di Roma Walter
Veltroni nella corsa a segretario del futuro Partito democratico.
Ieri Rosy Bindi ha surriscaldato il clima con una dichiarazione rivoluzionaria:
«C'è bisogno di una gara di idee».
Come a dire che non bastano le belle facce e le buone intenzioni per fare un
partito, ma ci vogliono appunto «idee» (possibilmente nuove, e non riciclate).
La gran discussione sul «sogno americano» svoltasi nei giorni scorsi, mettendo
a confronto Veltroni con un altro candidato, Furio Colombo, ha dimostrato
come i nostri politici siano bravi a menar il can per l'aia, tentando di parlare di
tutte altre cose rispetto a quelle che sono necessarie e fondamentali nella vita
del nostro Paese.
Anzitutto non è possibile fare il confronto tra le primarie degli Usa (dove esse
sono una tradizione) e quelle nostrane, dove appaiono una specie di
tradimento: «Ma come, mi candido io, e vuoi candidarti pure tu: ma che ti ho
fatto di male?».
Volevo parlare giorni fa del «sogno americano» della mia giovinezza, dopo la
trasmissione di Corrado Augias sulla vedova di JFK.
Nella mia scrivania 45 anni fa avevo sottovetro una foto gigantesca della bella
famiglia di JFK, ritagliata dall'«Espresso» di Arrigo Benedetti, quello formato
lenzuolo. Guardavamo all'America, noi che non tenevamo gli occhi chiusi e
rivolti all'Urss od alla Cina. Poi venne il Viet-Nam, poi vennero le rivelazioni
sulla famiglia di JFK, sui loro affari, sulle loro storie losche...
La fine del nostro «sogno americano» fu l'uscita da una giovinezza che vide
poi sorgere in Italia altri giorni duri, terribili.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 433
La signora Bindi quando invoca «una gara di idee», sottolinea la necessità di
scrivere un copione nuovo, non l'imitazione di altre realtà o di altri modelli.
Ha ragione Lucia Annunziata che nella «risposta» di stamani scrive sulla
«Stampa»: «Nell'arena sempre crudele della politica italiana si sta
avvelenando un atto che dovrebbe essere solo la naturale espressione di una
gara».
Ha ragione pure Concita De Gregorio che su «Repubblica» spiega: la
candidatura di Rosy Bondi è «anti-apparati, anti-burocrazia, anti-alchimie di
potere».
Per questo osservavo all'inizio che Rosy Bindi ha ieri surriscaldato il clima
politico nazionale. Da poche ore è intervenuto il fatto nuovo dell'inchiesta
milanese che metterà scompiglio nel centro-sinistra: politici non tifosi ma
complici.

17/07/2007/
Viva l'Italia

Viva l'Italia!

L'Italia dei furbi che invocano Gustavo Selva di non andarsene dal Senato, di
ritirare le dimissioni presentate dopo il finto malore usato per correre in
ambulanza in uno studio televisivo, nel giorno della visita di Bush a Roma.

Viva l'Italia!

L'Italia di Gustavo Selva che dice ai colleghi del Senato: «Lo faccio per voi, per
non imbarazzarvi. Se mi assolvete, ci danno della casta...».

Meglio vivere nella casta che essere casti, meglio furbi che dimissionati.

Viva l'Italia che trova anche la forza di usare l'ironia applicata alla storia. A
Roma 64 anni fa, ha detto Selva, ci fu un'altra ambulanza che divenne famosa:
quella con Benito Mussolini, arrestato dopo il voto del Gran consiglio del
fascismo del 25 luglio 1943.
Viva quest'Italia, senatore Selva che non sa distinguere il dramma dalla farsa.

15/07/2007/
Latinorum/2

«Nessuno sa più il latino. Chi dirà la messa?»: è il titolo del servizio del
vaticanista della «Stampa», Giacomo Galeazzi, apparso a pagina 19 del
giornale di oggi.

«Nessuno sa più il latino» però neppure in Vaticano, dove si redigono i


documenti ufficiali della Chiesa. Sul supplemento culturale odierno del «Sole-
24 ore», lo scrive a chiare lettere il prof. Carlo Ossola in un pezzo intitolato
«Motu proprio, che delirium!».

Ossola parla del testo di papa Benedetto XVI sulla celebrazione della Messa
nella lingua di Cicerone. Un testo «di latino macaronico, pensato - si direbbe
-in romanesco». Segue l'elenco degli errori da lui riscontrati. Mi viene in mente
l'incontro avuto qualche anno fa con un gesuita che era stato docente di greco
nell'università del suo ordine, a Roma. «Oggi lo insegnano persone che non lo
sanno», mi disse con tutta calma, scandalizzandomi parecchio.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 434

Dunque, a Roma non soltanto non sanno più il greco, ma neppure il latino, se
quello di un testo pontificio può essere definito «macaronico» e addirittura
«pensato in romanesco».

Al di là di questa questione, è utile nell'articolo del prof. Ossola la chiusa


letteraria che ricorda come il «probo convertito» Alessandro Manzoni
riproponesse nella «Pentecoste» («L'Arabo, il Parto, il Siro / In suo sermon
l'udì») il passo degli «Atti», II, 5 in cui si diceva che ciascuno intese lo Spirito
nella propria lingua.

Se lo Spirito Santo avesse bisogno d'interpreti e di documenti pontifici scritti in


(brutto) latino, staremmo freschi.

14/07/2007/
Giovinezze

Gad Lerner su «Repubblica» di stamani ha composto un editoriale che, a chi


ha 65 anni come il sottoscritto, desta una certa preoccupazione. Detto in
breve, ma molto in breve, sembra che tutti i mali della società attuale e futura
(per i prossimi due decenni come minimo) dipendano dall'esistenza e
circolazione dei «vecchi». Che sono troppi, e costano e costeranno sempre più
al resto del popolo italiano.

Tra gli argomenti addotti da Lerner a sostegno della convinzione che sta dietro
al ragionamento articolato nel suo pezzo, c'è anche la statistica degli incidenti
stradali provocati dagli anziani. Forse a Lerner sfuggono le statistiche delle
stragi del sabato sera. Con giovani ubriachi e drogati.

Alla fine Lerner propone di estendere il suffragio universale anche ai neonati.


Benissimo. Nulla da obiettare. Una testa, un voto. Regola classica.

Ma in tutto questo gran parlare che si fa per un nuovo patto generazionale,


sfugge un particolare che c'è già nella nostra Costituzione, quello della
solidarietà sociale.

Se a qualcuno viene in mente di fare i calcoli dei costi delle cure per particolari
patologie che affliggono o i giovani o gli anziani, ne potrebbe anche ricavare
l'estrema conseguenza di un ritorno al monte Taigeto, quello da cui a Sparta si
gettavano i bambini nati deformi.

Senonché, con il progredire della civiltà, da Sparta a Roma, attraverso anche


quella Roma dei "fatali colli" su cui splendeva il sole dell'impero al canto di
«Giovinezza, primavera di bellezza», qualcuno potrebbe concludere che prima
dei neonati da gettare in qualche discarica legale e votata dai signori
parlamentari che soffrono se non hanno il gelato a metà pomeriggio, si gettino
quelli che hanno una certa età, soffrono di certi disturbi oppure costano troppo
al servizio sanitario nazionale.

So che Lerner nel suo "retropensiero" non aveva queste intenzioni forzate che
ne deduco maliziosamente. Ma occorre essere consapevoli che le idee del
deforme da cacciare o annientare non sono poi tanto strane in una società che
fa del 'successo' fisico l'unico metro di valutazione accettato.

Caro Lerner, una confidenza. Conoscevo bene un "32" della Massoneria, a cui
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 435
è stata anche intestata una loggia: con il massimo candore sosteneva la teoria
del monte Taigeto. I suoi confratelli oggi lo venerano come grande mente
illuminata. Forse non aveva mai loro confidato quel pensiero che riservava a
noi amici.

La mia generazione a vent'anni doveva rispettare i vecchi. Adesso che siamo


entrati noi in quella categoria, dobbiamo temere ritorsioni sociali (per usare un
eufemismo) solo per il pregiudizio dell'età?

Condivido e sottoscrivo quanto espresso dal prof. Giovanni Sartori nel suo
fondo di prima pagina del «Corriere della Sera» di oggi, circa la proposta di
Carlo Azeglio Ciampi (eletto a 79 anni presidente della Repubblica), di far
chiudere a 55 anni ogni carriera politica.

Sartori sostiene: «Ho conosciuto moltissimi maestosi imbecilli di tutte le età,


così come persone che restano intelligenti a 90 anni». Un'aggiunta di
carattere generale. Chi ha concluso una onorata carriera ed ottenuto una
rispettabile liquidazione in enti privati, non vada ad occupare cattedre
universitarie in materie che non ha mai né insegnato né conosciuto, ma lasci il
posto ai giovani studiosi competenti in quelle materie.

Questo è il vero scandalo che tutti vedono ma nessun vuol denunciare. Le


mafie di ogni tipo e colore esistono, basta guardare alla vicenda delle cattedre
bolognesi di cui si parla da qualche mese. Non facciamo però finta che non
esistano, queste mafie.

Prima di parlare delle persone anziane che guidano male le auto, raccontiamo
queste cronache di ordinaria corruzione che affliggono atenei ed istituzioni
culturali nazionali.

Post scriptum. Tanto per esser chiaro, nella mia famiglia siamo in due, ed
entra soltanto la mia pensione di insegnante statale. Notoriamente una cifra
da nababbo.

13/07/2007/
Pugnale, anzi baciamano

In un'Italia spaccata in due come uno stadio di calcio, in un'Italia in cui sere fa
il leghista avvocato Mario Borghezio (sottosegretario alla Giustizia nel 1994
durante il primo governo Berlusconi) si è calato in tivù nei panni un po' stretti
dello storico violando il più classico divieto politico esistente da più di un
secolo a questa parte, quello cioè di «parlar male di Garibaldi», in questa Italia
perennemente divisa fra ammiratori di Coppi ed estimatori di Bartali, fra
diavolo ed acquasanta, guelfi e ghibellini, è arrivata oggi la senatrice Anna
Bonfrisco di Forza Italia con il suo grido di battaglia diretto ad un collega della
sinistra di governo, non quella di piazza (estremista e rivoluzionaria...).
Al collega ulivista ed ex magistrato di Milano Gerardo D'Ambrosio, che
ricordava «l'eroe borghese, avvocato Ambrosoli», assassinato 20 anni, Anna
Bonfrisco di Forza Italia ha urlato: «Sei un assassino, assassino. Sei un
criminale. Oggi è il tuo giorno».
A questo punto ci saremmo aspettati che la signora sfoderasse un pugnale ed
accompagnasse alle severe parole il gesto supremo del proprio sacrificio:
colpire l'avversario, così come fece Bruto con Cesare.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 436
La ripresa televisiva invece ha mostrato soltanto un collega di partito della
signora che le ha fatto un rassicurante baciamano per tentare (invano) di
ridurre la tensione in aula.
Spiace constatare che quel grido fosse diretto verso un galantuomo come
Gerardo D'Ambrosio. Il discorso storico-politico sulla cosiddetta fase di «mani
pulite» può portare a qualsiasi presa di posizione, favorevole o contraria. Non
è però concepibile che quel discorso possa essere avviato o concluso con le
parole della signora Bonfrisco. Parole adatte a gesti più arditi, che appunto
richiederebbero un pugnale da sfoderare e non un baciamano da ricevere.

12/07/2007/
Daniele Luttazzi

Daniele Luttazzi torna in tivù. Il suo esilio 'bulgaro' decretato da Berlusconi,


finisce non in Rai ma a La7.

Dal nostro archivio tre pagine speciali su Daniele Luttazzi, comico


santarcangiolese, de il Rimino/2001:

Pagina 1: http://digilander.libero.it/monari/spec/spec.2001.01.html
Pagina 2: http://digilander.libero.it/monari/spec/spec.2001.02.html
Pagina 3: http://digilander.libero.it/monari/spec/spec.2001.03.html

Caro Daniele, scusa se non metto la tua foto che c''è già oggi sulla Stampa.it.
Converrai che è meglio la signorina. Lo sai come si chiama la ditta per cui ha
sfilato a Medellin (Colombia)? «Agua bendita»!

12/07/2007/
Chiesa, dissenso e politica

Papa Nella sua «Amaca» di oggi 12 luglio, su «Repubblica», Michele Serra


parla del «maglio dogmatico» che si è abbattuto sul mondo cattolico
apostolico romano, eliminando ogni voce dissonante.

Serra ha perfettamente ragione. Non esiste più quel «ricco dibattito


intellettuale, in grado di coinvolgere e appassionare anche i non credenti».

Ogni fenomeno ha le sue cause più vicine o lontane, secondo l’ampiezza


dell’analisi che tenti di descriverle.

Per esperienza personale, posso dire che nella Chiesa italiana ha preso piede
da oltre un decennio un’idea di apertura multiculturale fra le varie correnti
intellettuali esistenti sul territorio come semplice ma inavvertito (e subdolo)
cavallo di Troia delle posizioni più retrive che lentamente si sono fatte strada,
ed hanno guadagnato posizioni di prestigio con la pretesa di essere le uniche
in grado di difendere la Tradizione e la Verità della Chiesa di Roma.

L’operazione è nata gettando fumo negli occhi con l’illusione del dialogo.
Invece ha mirato unicamente ad imporre il monologo di certe realtà legate
politicamente alla destra anche più estrema.

A me è bastato scrivere che certi documenti presentati come presunta


conferma delle insorgenze di fine Settecento, erano stati falsificati da storici
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 437
improvvisati (e qualificati soltanto dal loro operare politico all’interno di taluni
ambienti religiosi), per attirarmi l’attenzione quale persona pericolosa. Sino al
punto che tempo fa qualcuno ha tentato nottetempo d’inserirsi sulla mia linea
telefonica dalla centralina stradale, con l’unico risultato (per imperizia o per
sopraggiunto, inatteso evento) di renderla inutilizzabile.

Caro Serra, di queste cose ha parlato anche Umberto Eco nell’ultima «Bustina
di Minerva» sull’«Espresso» di venerdì scorso 6 luglio, nel pezzo intitolato
«Guerre di religione».

Eco, trattando proprio di un argomento (che è strettamente legato alla mia


esperienza personale descritta), osserva fra le altre cose: «… non è chiaro se
siano i sanfedisti che hanno messo in movimento gli anticlericali o viceversa».
E conclude che, come unica certezza, c’è «l’uso politico della religione fatto da
fondamentalisti di segno diverso».

La cosa che maggiormente impressiona e meraviglia in questa situazione, è la


mancanza della proverbiale accortezza da parte delle Curie nel rendere
potenti personaggi politicamente pericolosi non rispetto a linee di centro o
centro-sinistra o addirittura di un moderatismo di centro-destra o persino di
destra, ma proprio per la loro non nascosta simpatia verso istanze che
contrastano direttamente con la Costituzione repubblicana.

Queste istanze non sono offerte soltanto a livello locale, ma bene organizzate
anche nel sistema ‘politico’ europeo, come si può constatare facilmente
attraverso certi siti presenti su Internet.

Le mie pagine sulla presunta insorgenza di fine 1700, dicevo sopra,


dimostrano la falsità prodotta su alcuni documenti. Ebbene di quelle mie
pagine (dove espongo i racconti che poi contesto nella interpretazione che è
stata loro data), sono state riprese alcune parti da blog di estrema destra
anche fuori d’Italia, senza ovviamente preoccuparsi che poi il mio discorso
porta a conclusione opposte a quelle che si vorrebbero far credere ai lettori
con le citazioni iniziali, completamente private del contesto logico e letterario
con cui le presento.

Questa è la cultura dell’inganno che ha preso piede con l’appoggio delle


autorità ecclesiastiche, e che porta a demonizzare chi cerca soltanto di
ragionare sui documenti, distinguendo bene dalle (presunte) verità dei fatti
dalle Verità di fede che ogni religione ha diritto di proclamare (non violando la
Costituzione).

Ma l’aspetto che impressiona sul piano generale (ed addolora sul piano
personale), è che tanti sacerdoti che un tempo parlavano di dialogo, adesso si
sono ammutoliti forse soltanto in nome di un opportunismo che garantisce
carriera e potere anche a livello politico locale, promuovendo iniziative che
vedono impegnati loro pupilli o addirittura riuscendo ad imporre persino
assessori ‘vescovili’ nelle giunte comunali.

09/07/2007/
Compagni di scuola

Due notizie sul giornale locale relative ad altrettanti compagni di scuola.


Uno è stato ritrovato cadavere in casa. I medici del servizio psichiatrico lo
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 438
attendevano per un controllo di routine. Dopo qualche giorno lo hanno fatto
ricercare dagli agenti. Di qui la macabra scoperta, come si dice in gergo
giornalistico.

Sinceramente, la notizia dell'appuntamento al servizio psichiatrico non mi ha


stupito. Da molti anni non c'era più con la testa. Aveva cominciato con
esperimenti di radioestesia (il classico pendolino) sull'elenco telefonico,
cercando di diagnosticare i malanni di noi suoi ex compagni di scuola. Poi
addirittura ci prescriveva farmaci via telefono. E girava in città a fornire le
cure agli immigrati di colore. Una sera l'anno scorso mi telefonò tra il
sarcastico e l'allegro, annunciandomi la gravidanza di mia moglie,
abbondantemente fuori età, essendo del 1944.

L'altro compagno di scuola, molto più anziano di me, festeggia 50 anni di


sacerdozio. È anche l'esorcista ufficiale della nostra diocesi. Sopra il giornale
locale ho letto che una volta il diavolo lo ha minacciato.

Auguri carissimi, don Silvano. E beato te che, avendo a che fare con il diavolo,
sei stato minacciato una volta soltanto. Noi che non siamo esorcisti e che
dobbiamo trattare sempre con i «buoni cristiani», di situazioni minacciose ne
incontriamo di frequente e fin troppe, nella vita ordinaria d'ogni giorno. E se
con il diavolo basta un segno di Croce (ci hanno insegnato così) per
allontanarlo, per questi «buoni cristiani» che cosa ci vuole?

08/07/2007/
Latinorum

Messa in latino. Forse sarebbe il caso di dire che si torna al "latinorum" temuto
da Lorenzo Tramaglino, detto Renzo, nel secondo capitolo dei «Promessi
sposi» di Alessandro Manzoni. «Che vuol ch'io faccia del suo latinorum?» dice
il povero Renzo a don Abbondio il quale risponde: «Dunque, se non sapete le
cose, abbiate pazienza, e rimettetevi a chi le sa».

C'è un altro celebre passo del romanzo manzoniano in cui il latino non serve a
comunicare ma a tappare la bocca.

C'è padre Cristoforo che lo usa per mettere a tacere fra Fazio. Siamo al
capitolo ottavo.

Fra Fazio obietta sull'arrivo di Lucia in convento: «...ma padre, padre! di


notte... in chiesa... con donne... chiudere... la regola... ma padre!». E fra
Cristoforo chiude il discorso con quell' «Omnia munda mundis» («Tutto è puro
per i puri»), «dimenticando che questo [fra Fazio, appunto] non intendeva il
latino. Ma una tale dimenticanza fu appunto quella che fece l'effetto», ironizza
Manzoni...

Ecco davanti alla ripristinata messa in latino, vengono tutti questi dubbi
suggeriti da un'onesta coscienza cattolica come quella di Manzoni.

Forse siamo soltanto davanti ad una messinscena che accontenterà pochi


dotti, e rovinerà decenni di ecumenismo.

Dato che un novello don Abbondio potrebbe obiettarmi (a ragione) «Dunque,


se non sapete le cose, abbiate pazienza, e rimettetevi a chi le sa», mi rifaccio
con una citazione dello scritto di uno che se ne intende, padre Enzo Bianchi
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 439
che su «la repubblica» di oggi 8 luglio 2007 fa acute osservazioni.

Al papa che sostiene «un uso duplice dell'unico e medesimo rito», Bianchi
obietta: che «non si possono tacere le differenze». Con il messale di Pio V, si
pregherà per «eretici e scismatici perché il Signore li strappi da tutti i loro
errori» mentre per gli ebrei si userà l'espressione «popolo accecato».

Da sempre la forma è sostanza. Questo doppio messale, con un Dio invocato


in latino contro gli errori degli scismatici e gli accecamenti degli ebrei, è una
messinscena che fa paura a chi come me, soltanto per l'età, ha visto i mille,
faticosi sforzi per creare una concezione ecumenica che dimenticasse gli odi
fraterni. Non per nulla Giovanni Paolo II chiese scusa per gli errori compiuti
dalla Chiesa di Roma, fra i quali ci sono appunti i roghi contro eretici e
scismatici e gli odi contro i «fratelli maggiori» ovvero gli ebrei.

Tutto questo sembra essere dimenticato nella «gioia» del ritorno del messale
latino che vediamo proclamata sia a Roma sia nelle 'parrocchie' lefevriane.
Antonio Montanari

07/07/2007/
Due volti, una faccia

Isabelle Dinoire, la prima persona al mondo con il viso trapiantato, dichiara:


«Non sono più io, parte di me se n'è andata per sempre».
Non è soltanto nel nome il nostro destino, ma anche nella nostra faccia?
Sembrerebbe di sì.
La storia di Isabelle Dinoire riguarda la chirurgia, la psicologia e forse tante
altre discipline dello scibile umano.
Essa ci offre anche lo spunto per una divagazione. Isabelle Dinoire è passata
alla storia come «la donna che ha avuto due volti».
Ma quante sono le persone che ci circondano, con le quali abbiamo contatti
ogni giorno, che non «hanno avuto» ma «hanno» sempre «due volti»?
La catena è lunga: si va dagli ipocriti di professione agli spioni per diletto. E si
passa per i doppiogiochisti a tempo perso e senza alcuno scopo, soltanto
perché così è la loro natura, e non sai mai, quando ti parlano, che cosa
vogliano dire veramente. Se le parole pronunciate od il loro contrario.
La realtà, ahinoi, è più simile all'ipotesi pirandelliana del non sapere chi siamo,
che alle certezze dogmatiche della teologia.
Auguri alla signora Isabelle Dinoire, che possa ritrovare se stessa, cercando di
recuperare nella memoria quella parte di sé annullata dalla chirurgia.
Ed auguri a noi tutti di poter incontrare soltanto persone sane, non bisognose
di chirurgo estetico per gravi motivi, e capaci di mostrarci sempre e soltanto
una faccia, quella vera. Insomma delle persone oneste. Lasciate a noi ingenui,
come direbbe il grande Gram(ellini), questa debole speranza. Di avere davanti
delle facce sempre uguali e non dei voltafaccia.
Antonio Montanari
Blog La Stampa
Appestato-blog

Scritto il 07/07/2007/ alle 11:56 in Politica | Permalink | Commenti (0)


04/07/2007/
Non è una bulla

Mia Se le agenzie di stampa fossero un po' più attente alle notizie buone che
riguardano i giovani, piuttosto che alle solite storie fritte e rifritte del bullismo
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 440
su Internet, i giornali nazionali avrebbero parlato (magari in due righe) di Mia
Causevic, 20 anni, pallavolista della Teodora di Ravenna.

Mia ha bloccato nella città dove abita, il pirata della strada che ha ucciso un
giovane di 29 anni.

03/07/2007/
Rossella lascia e benedice

Due minuti e 51 secondi di saluto per Carlo Rossella direttore del Tg5 che
lascia il posto a Clemente Minum. Ed alla fine di una lunga, interminabile serie
di saluti, compresi quelli all'editore «molto libero» anzi «liberale» come ha poi
precisato (leggendo un appunto), una particolare invocazione: «Che Dio vi
benedica, che Dio ci benedica».

Non so se usi nei Paesi anglosassoni (che Rossella conosce meglio delle sue
tasche), ma questa invocazione conclusiva sembra una inutile invasione di
campo: vuole rubare il mestiere ai sacerdoti ufficiali, dimenticando il precetto
di non nominare il nome di Dio invano?

Comunque, una cosa è l'informazione, ed un'altra cosa è la preghiera. Il


Padreterno ha già tanti guai in giro per il mondo, che non ha tempo di stare ad
ascoltare il Tg5 e l'invocazione del suo direttore uscente. Andata in onda dopo
un lungo servizio riservato ad un libro intitolato «Stronzate», usato per
giustificare il 'padrone' della rete «molto libero» anzi «liberale» che aveva
usato quel termine per definire i discorsi del presidente del Consiglio Romano
Prodi.

Ovviamente i buoni elettori di grande fede e timorati di Dio, i quali sentono


invocare la benedizione celeste dopo che il capo dell'opposizione ha dichiarato
che il capo del governo dice «stronzate», possono soltanto ringraziare i novelli
uomini della Provvidenza come Rossella e Berlusconi destinati a salvare l'Italia
dai cattivi odori emanati dalla sinistra estrema impersonata dal professore di
Bologna.

30/06/2007/
Giudizio universale

Stamani apro la radio (fissa, a casa mia, sul terzo programma della Rai), ed
ascolto un passaggio della bella trasmissione «Uomini e profeti». Gustavo
Zagrebelsky, presenta un suo libro, "Giuda. Il tradimento fedele". La
conclusione: anche Giuda precederà tanti assieme ai due ladroni.
Benissimo per Giuda. È vecchio il discorso sulla necessità del suo tradimento
per far compiere il disegno provvidenziale eccetera.
Ma dato che non tutti i traditori sono così necessario come Giuda, ci sarà per
noi la speranza che essi ricevano un trattamento leggermente diverso? Perché
altrimenti andrà a finire come per l'evasione fiscale. Le persone oneste
pagano le tasse, i furbi no e diventano protagonisti della vita sociale e politica.
Sì, diceva don Mazzolari, io prego per Giuda mio fratello «perché io non
giudico, io non condanno; dovrei giudicare me, dovrei condannare me. Io non
posso non pensare che anche per Giuda la misericordia di Dio, questo
abbraccio di carità, quella parola amico, che gli ha detto il Signore mentre lui
lo baciava per tradirlo, io non posso pensare che questa parola non abbia fatto
strada nel suo povero cuore».
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 441
Tutto giusto, ma per favore fateci sperare che almeno una pernacchia nel
Giudizio Universale quelli che ci hanno tradito e fregato, se la prendano, non
una pernacchia qualsiasi ma «il pernacchio», quello del film «L'oro di Napoli»,
con Don Ersilio interpretato da Eduardo De Filippo.
V'immaginate la scena? Scommetto che ad un certo punto apparirebbe un
cartello «Il Giudizio universale è momentaneamente sospeso».
E se ci fosse anche la fanciulla che urla «Pubblicità»? Poveri noi.

29/06/2007/
Per Mario Riccio
«Diritto o obbligo di cura?» è il titolo di un post del 14 giugno con cui si è
avviata la raccolta di firme a sostegno di Mario Riccio (nella foto) nel blog
Bioetica.
Mario_riccioIl post comincia con queste parole: «Il Gip Renato Laviola ha
rinviato a giudizio Mario Riccio, il medico che nel dicembre 2006, su richiesta
di Piergiorgio Welby, lo aveva sedato e aveva interrotto la ventilazione
meccanica (“staccando la spina”) che gli permetteva di sopravvivere».
Il testo prosegue qui.

27/06/2007/
Veltroni a Torino

Lungo messaggio alla Nazione, verrebbe da osservare per il discorso di Walter


Veltroni. Ma l'ora e 40 minuti da lui impiegati rivelano il drammatico momento
attraversato dal nostro Paese.
Veltroni ha parlato non da candidato ma da leader investito, da primo ministro
non troppo in pectore, da uomo che sembrava uscire dal Quirinale dopo aver
sciolto la riserva per l'accettazione dell'incarico.
Comunque la si pensi, non si può negare che abbia idee chiare e passo fermo.
Ha detto «Voltiamo pagina». Poi ha richiamo problemi che si sentono dibattere
da 40 anni. Ne possiamo ricavare veramente la conferma che l'Italia è ad un
punto morto proprio per quei politici a cui Veltroni ha dato la colpa di agire
come «gruppi di potere» che cercano di attirare iscritti per «tornaconti di
parte».
Mi ha convinto il punto in cui ha sostenuto che l'antipolitica non nasce dal
cittadino che protesta, ma da chi soffia sul fuoco del populismo.
E di populismo e di idee vecchie ce ne sono in entrambi gli schieramenti,
come Veltroni ha dimostrato in vari passaggi.
Se vincerà la corsa lui, dovrà far sì che anche nelle periferie del partito
democratico i signori delle tessere e degli intrighi affaristici lascino il posto alle
teste pensanti legate all'idea dell'interesse del Paese. Ci riuscirà?
Sottolineerei anche il passaggio in cui ha trattato della lotta alla precarietà per
dare speranza ai giovani. Ed al Paese tutto, in fin dei conti.

26/06/2007/
Una chiesa sconsacrata e venduta
Una piccola storia 'italiana' esemplare. Si vende un ex convento, la
Soprintendenza pone il vincolo per la chiesa annessa: dovrà rimanere aperta
al culto. La diocesi non ottempera. Di chiese ce ne sono abbastanza sul
territorio, spiega ai cronisti.

Forse non è stato compreso il senso della decisione della Soprintendenza. Che
non era preoccupata per la salvezza delle anime, a cui deve pensare la Curia.
Ma della sopravvivenza di una testimonianza culturale e storica, come una
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 442
vecchia chiesa che era stata eretta sopra un castello malatestiano....

Il convento è quello di Santa Chiara a Verucchio. Dal sito del Comune di


Verucchio (provincia di Rimini) riportiamo la parte che interessa il monastero.

"Porta del Passerello (nella foto)


A Verucchio esisteva un'altra rocca malatestiana: la Rocca del Passerello le cui
mura sorgono sulla roccia di fronte a quella della fortezza ancora esistente. Su
suoi resti è sorto nel 1600 il Monastero delle Monache di S.Chiara; oggi la
struttura è in fase di restauro e riqualificazione. Dall'esterno si ammirano le
antiche mura del castello. Adiacente alla rocca è stata ricostruita con i
materiali originali l'antica porta d'ingresso abbattuta in parte nel 1964. Da
essa prende l'avvio il percorso attraverso il borgo medievale lungo le mura
fortificate di S.Giorgio."

23/06/2007/
Riccione, spiaggia per sole donne

Beh, la storia della spiaggia riccionese per sole donne, sinceramente fa un po'
ridere.

Non cancella storie antiche o moderne di seduzione, non distrugge miti o


retoriche erotiche del bel tempo che fu. No, sprizza da tutti i pori (delle
signore) il profumo di una graziosa operazione commerciale rivolta a
preparare (come intitola oggi la Stampa) quell'«aparteheid alla romagnola»
che forse un giorno non lontano ospiterà soltanto la ricca clientela araba che a
Riccione fa gola da parecchio tempo.

E si sa come vanno le cose di questo mondo. La bagnante italiana traccia il


solco, e poi lo difende quella medio-orientale, perché non si guarda in faccia a
nessuno, soprattutto a chi portando parecchi soldi vuole un trattamento di
favore, e la faccia la tiene ben velata.

Un razzismo alla rovescia dunque, che punisce gli uomini. Figuratevi se un


giorno si venisse a scoprire che l'idea della spiaggia per sole donne è venuta
ad un bagnino e non a sua moglie!

22/06/2007/
Politica, interessa?

Dice: «Ho sempre creduto nella forza dello Stato. Ho solo un po' di rammarico
se penso ai disgraziati che subiscono soprusi, perché per chi non ha possibilità
economiche, cultura, amici, è difficile ottenere giustizia».
Si chiama Lino Aldrovandi. Suo figlio Federico è morto. A Ferrara. Due anni fa.
In modi che dovrà accertare la Giustizia, appunto indagando sull'operato di
alcuni poliziotti.
Le parole riportate sono le sue, sulla «Stampa» di ieri.
Dicono meglio di tanti editoriali politici. Fanno meditare. Provocano una
reazione di sdegno per l'accaduto, ma soprattutto per le 'trame' che Lino
Aldrovandi denuncia, con quel suo pensiero non stravagante: «Per chi non ha
possibilità economiche, cultura, amici, è difficile ottenere giustizia».
Quanto interessano questi discorsi ai lettori dei blog?
Lo chiedo a chi passa per questo post: facciamo una specie di sondaggio,
partendo da una statistica presentata oggi da Anna Masera, riportando i dati
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 443
apparsi su http://www.diarioaperto.it/. I cybernauti italiani non amano la
politica. Siete d'accordo?
Prima di rispondere, leggete un titolo sempre della «Stampa»: «Italiani
indignatevi», a proposito di un libro di Daniele Biacchessi. E questo passaggio
della lettera di Barbara Palombelli in prima pagina della «Stampa», «Grandi
scelte da vecchi», che riguarda il futuro dei giovani e dell'Italia: ai giovani la
politica non interessa, secondo i sondaggi.
Ma anche a molti anziani, aggiungo io, scappa la stessa frase. Salvo poi
ricorrere ai politici per sistemare i loro giovani.

21/06/2007/
Maestà...

Quando Loro sono andati ieri dal capo dello Stato, s'erano messi d'accordo:
«Gli diciamo. "Maestà, il popolo ha fame". Lui ci risponderà: “Dategli delle
brioches". Io gli dirò che giusto ho una società specializzata nella produzione
di brioches politicamente corrette».

Loro sono entrati nello studio di Napolitano. Lui gli ha detto: «Maestà, il popolo
ha fame...».

Napolitano non lo ha fatto finire: «Per le brioches ci pensa Sarkozy».

Loro si sono guardati attorno (a cercare Sarkozy?). Lui credeva fosse la marca
di un supermercato.

Figùrati quando Emilio Fede gli ha dovuto spiegare tutto in un'intervista in


diretta.

ULTIMORA. Napolitano è preoccupato per le istituzioni.

20/06/2007/
Anna Falchi, resisti

Anna, da vecchio romagnolo a giovane romagnola, mi permetto di scriverti per


mandarti un augurio.
Sui giornali di oggi appare il tuo sfogo, fatto di delusione, tristezza e
rimpianto.
Delusione per quello che non hai (una casa tutta tua), tristezza (per essere
stata usata nelle chiacchiere politiche come simbolo sessuale e basta, utile a
misurare l'intelligenza del marito), rimpianto per un passato in cui pensavi ad
un futuro migliore.
Fatti coraggio.
Lo sai come va il mondo, d'altro canto se tuo marito avesse detto che lui non
era un lanzichenecco non per avere Anna Falchi nel talamo nuziale, ma la Rita
Levi Montalcini al tavolino del caffé, beh, nessuno lo avrebbe preso sul serio.
Tu sei una di quelle donne che Madre natura ha dotato di bellezza, le sarte
vestite di panni ridotti e i registi cinematografici spogliate degli stessi abiti
previsti a singhiozzo nelle scene di un film soltanto per essere tolti e gettati
alle ortiche.
Ma da vecchio romagnolo ti dico di resistere, anche per quelle foto che trovi
su internet, dove la bellezza cantata da Ugo Foscolo come unico balsamo per
rallegrare «le nate a vaneggiar menti mortali», è in una versione poco
castigata di un innocente ritorno alla fanciullezza in cui nulla fa scandalo.
Il tuo passato artistico, belle forme in bella mostra, condiziona anche i discorsi
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 444
del consorte? Pazienza. C'era una volta un film, «Povere ma belle». Ti auguro
di restare bella e di non diventare povera come nelle interviste fai intravedere
di temere.
Ti siamo vicini, noi vecchi della Romagna che nella testa abbiamo l'idea della
bellezza e della forza che c'era una volta nel cuore delle nostre donne. Non
per nulla le chiamavano «le reggitrici». Faglielo vedere ai romani che sei
romagnola, e che non ti arrendi davanti alle sorprese della vita.
Per questo, unisco all'augurio, una foto che ti ritrae con Federico Fellini,
tatarcord («ti ricordi», traduzione per gli "stranieri")?

18/06/2007/
Parigi

E adesso...?

Lui aveva detto che la sinistra anche in Italia era finita, come in Francia. Dalla
Stampa on line di questa sera: "L’attesa «ondata azzurra» non c’è stata e la
«diga rosa» ha tenuto”.

Dunque adesso, che cosa dirà Lui?

Il problema non è di essere azzurri o rosa, ma quello di capire le cose e non


emettere sentenze.

Quali effetti avranno i risultati francesi sul 'quadro' italiano?


Ma lo sanno a Roma che i cugini d'oltr'Alpe andavano alle urne?

17/06/2007/
Siamesi

Ci risiamo. Apri il giornale di stamattina, ecco Prodi che parla di clima politico
«irrespirabile». Ti colleghi ad Internet nel pomeriggio, ecco Berlusconi che
denuncia l'esistenza di un «malvagio circuito di veleni». Signori, per favore,
mettevi d'accordo. O rilasciate comunicati congiunti per dichiarare la stessa
cosa, oppure cercate di tenerci allegri con un po' di fantasia. E di allegria, dato
che ce n'è poca in giro...
Inventatevi qualcosa di diverso. Se uno dice bianco, l'altro dica almeno grigio.
Non si può andare avanti così. La stessa minestra riscaldata da maggioranza
ed opposizione, è sommamente indigesta.
Sia lode a Bruno Tabacci che almeno ha deragliato dalla pigrizia e dalla
ripetizione con qualcosa di nuovo ed originale. In un'intervista rilasciata ieri 16
giugno a «Libero» ha detto papale papale che hanno vinto i furbetti ed ha
perso il Paese, che Berlusconi è il leader naturale di chi ragiona con la pancia,
e che Prodi ha commesso «errori madornali».
Poco rilievo nazionale ha avuto un intervento di tre docenti universitari, Franco
Bacchelli, Stefano Bonaga e Maurizio Matteuzzi, sul «Corriere di Bologna» di
ieri, intitolato «I cittadini e il Manovratore».
Esso fa sèguito al manifesto dei «43 intellettuali»bolognesi che criticavano la
Giunta della loro città. E che ha suscitato un vespaio negli "apparati" di
partito, presenti passati e futuri.
A questo vespaio rispondono Bacchelli, Bonaga e Matteuzzi partendo
inconsciamente dalla famosa norma che vieta di parlare al «Manovratore» (nel
loro caso, Cofferati). Quanti fanno critiche e proposte, come debbono essere
considerati, si chiedono retoricamente (ed ironcamente) i Nostri: «Guastatori?
Narcisotti? Ambiziosi frustati? Rompicoglioni? Grilli parlanti?». Per concludere
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 445
che la virtù del cittadino non sta nell'ossequio silenzioso e nella sudditanza
psicologica, richiesti al soldato.
È accaduto pure al sottoscritto di domandarsi, come i tre professori di
Bologna, se la critica alla politica cittadina sia un reato di lesa maestà.
Rimando a quanto pubblicato qui sopra:
1. 05/02/2007/, Calcio e affari
2. 17/02/2007/, Noi fancazzisti contro il cemento di Rimini.
Post scriptum. Ad Assisi il papa oggi ha detto: «Basta guerre in Terrasanta,
vinca il dialogo». Lo ha suggerito anche a Bush quando lo ha ricevuto in
Vaticano? Speriamo di sì.

16/06/2007/
Accordi bipartisan

La rivelazione pubblicata oggi da Giuseppe D'Avanzo su Repubblica circa un


patto bipartisan per le banche nel 2005, mi conferma in un'opinione che avevo
espresso lo scorso anno (29 luglio 2006) in un post in cui partivo da vicende
locali per ricavarne conclusioni generali: «Larghe intese (da Rimini a Roma)».
E che avevo rilanciato anche il mese scorso.
Se fosse tutto vero quello che emerge dall'articolo di Repubblica (come ho
fondatamente motivo di credere), non ci sarebbe nessuno scandalo. Ne
uscirebbe rafforzata la mia convinzione che l'antipolitica non sta nelle menti
dei cittadini che protestano, ma nell'operato dei politici che dal governo o
dall'opposizione ci governano (la nostra è una Repubblica parlamentare).
L'antipolitica è andata in scena ieri sera con la signora Michela Vittoria
Brambilla ospite della Sette. Ha dichiarato che gestirà i suoi Circoli ascoltando
le opinioni della gente. A dimostrazione che i politici non servono a nulla? O
per realizzare una rivoluzione maoista come ironizzava Buttafuoco?
Il commento di Ghost sul settimanale femminile del Corsera uscito oggi, è
illuminante: le calze autoreggenti di MVB sono vecchie, da Prima Repubblica.
Ghost è per il reggicalze, un «classico democratico».
Aspettiamo i decisivi pareri di Bondi, il poeta che ha già dedicato a MVB versi
accesi come i capelli della signora. Poi dovremmo trarne tutti le logiche
conclusioni e salire al Colle per comunicarle anche al Capo dello Stato.
(Perbacco, non ricordavo: lo faranno già mercoledì prossimo i signori vicini a
MVB chiedendo una cosa contro la Costituzione: nuove elezioni.)
15/06/2007/
No, tu no

Il ministro degli Esteri Massimo D'Alema non ha voluto sull'aereo di Stato


l'inviato della «Stampa».
Con una fava ha preso due piccioni, come suol dirsi. Ha dimostrato di aver la
stessa allergia di Berlusconi verso chi informa l'opinione pubblica (la stampa in
genere non come testata).
E mi ha confermato nell'opinione che l'antipolitica non è nutrita dal
risentimento dei cittadini verso i nostri rappresentati (si fa per dire), ma dalle
mosse sbagliate degli stessi politici. Compiute con un'arroganza che forse non
è soltanto questione di carattere.
Resto dell'idea che certe dimostrazioni sarebbe meglio non darle. Ma dato che
avvengono, non resta che prenderne atto. Adesso e nelle urne future.

14/06/2007/
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 446
Blair non ama Blog

A Tony Blair il giornalismo sta sullo stomaco. Fa troppe critiche, genera


confusione nella mente della gente.
Oh, non parliamogli poi dei blog. Che rientrando tra le nuove forme di
comunicazione, sono molto pericolosi. Infatti, ha spiegato Blair, essi lasciano
parlare la gente in diretta, senza la mediazione delle redazioni.
Le sue frasi sono state più eleganti, ma il sugo è questo.
Forse non è il solo a pensarla così. Stai a vedere che dopo l'euro ad unificare il
continente ci pensa il disprezzo dei politici verso le nuove forme di
comunicazione.
Che ne dite?

13/06/2007/
L'Italiaccia

Caro Romano Prodi.


Impeccabile appare la sua dichiarazione di queste ore, con la «totale fiducia
verso gli esponenti politici toccati da questa sgradevole polemica».
Lei sottolinea «ancora una volta il rispetto per l’operato dei giudici» ed
auspica «la più rigorosa discrezione nel pubblicizzare aspetti privati dei
singoli, distinguendo gli atteggiamenti e i comportamenti dai fatti realmente
compiuti».
OK, presidente. Le stesse formule le abbiamo ascoltate nel 1992, quando
s'avvicinò il tifone di «mani pulite». Fortunatamente non vedo richiedere una
giustizia pronta. Quando sappiamo che è tutto il contrario.
Ma, caro professore, al cittadino che vive fuori dei circoli esclusivi della
politica, il suo discorso lascia l'amaro in bocca.
Perché dev'essere «sgradevole» la polemica? Abbiamo notizie di alcuni «fatti».
Essi possono essere veri o falsi, come le relative notizie.
Se è tutto vero come pare (senza reati penali, beninteso, per nessun politico
coinvolto), è sgradevole tutto ciò per la gente che crede ancora in una politica
ben diversa da quella che vede un palazzinaro portato agli onori della ribalta
politica, quando poteva curare gli affari suoi e quelli di un qualsiasi partito di
riferimento con la stessa discrezione di certe dame "allegre" che non facevano
dell'alcova un palcoscenico, ma soltanto una scala per rimediare denari e
prestigio partendo da posizioni sociali infime.
La virtù non è il non vendersi, sia per le dame "allegre" sia per i politici, ma
ilsalvare la faccia se si è costretti a farlo.
E che faccia salvano i politici di governo di oggi che da sinistra esaltano le
quotazioni della Telecom e non considerano il disastro sociale che la gestione
della società ha provocato con i licenziamenti?
Vede, caro presidente, il destino è beffardo: sceglie gli uomini migliori come
lei per farli agire nelle situazioni peggiori.
Lei è una degnissima persona, ma certo contorno del suo governo è da farsa.
Quando il palazzinaro diventa eroe del nostro tempo anche nel tempio della
politica, senza che nessuno lo scacci (fisicamente, con pedate nel sedere),
ebbene allora siamo su «Scherzi a parte», non a Palazzo Chigi.
Ci hanno riproposto nei giorni scorsi il dilemma fra Italietta ed Italiona. Il
Cavaliere accusa il Professore di aver ridotto la seconda alla prima.
Probabilmente siamo rimasti sempre in una Italiaccia che si regge sul comico
bisogno di regalare sogni di gloria e sul comportamento fra il fanatico ed il
ridicolo dei suoi cittadini peggiori che non pensano mai ai doveri ma soltanto
ai diritti.
L'articolo di stamane sulla Stampa del prof. Luca Ricolfi termina con queste
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 447
parole: «Dal voto non emerge affatto una chiara e univoca volontà popolare,
ma semmai un Paese sempre più diviso. Metà vuole meno tasse, l’altra metà
vuole più spese. Un terzo spera (ancora) in Prodi, un terzo spera (di nuovo) in
Berlusconi, un terzo pensa che né l’uno né l’altro ci tireranno fuori dai guai.
Personalmente faccio parte dell’ultimo terzo e temo che, finché l’Italia scettica
non diventerà maggioranza, nessuno avrà mai la forza per farci uscire dal
guado».
Ecco abbiamo bisogno di questa «Italia scettica» e delle sue voci. Per
rispondere all'Italiaccia egoista e becera che ruba sul peso, frega nelle tasse,
non vuole nessuna cultura tranne quella che faccia guadagnare presto e bene
con i quiz televisivi.
Una postilla locale. Un episodio del 1992: il settimanale diocesano «il Ponte»
perde il suo fondatore e direttore per sedici anni don Piergiorgio Terenzi,
parroco a San Lorenzo in Strada (Riccione). Il 30 agosto 1992 accanto al
comunicato del vescovo che ne annuncia le «dimissioni», don Terenzi offre la
sua «ultima idea di fondo» intitolandola «Elogio del somaro»: «Facciamo festa
insieme, anche se, forse, con motivazioni diverse. È già quasi da un anno che
attendevo questa comunicazione».
Nel settembre 1991 Terenzi ha lanciato un sospiro amaro, «Viva le
tangenti!!», scrivendo: «Chi governa ha il privilegio della tangente … nel
migliore dei casi a favore del partito o del gruppo politico; nel peggiore, con
abbondanti creste personali». Don Terenzi ha anticipa l’inchiesta «mani
pulite» avviata a Milano il 17 febbraio 1992. Passano altri due anni, ed egli è
sollevato pure dalla parrocchia riccionese.
L'amico don Terenzi è stato l'unico a pagare nella mia città per la questione
«tangenti».

12/06/2007/
Un pm accusa

Luogo, tribunale di Rimini. Udienza per un processo per presunti


maltrattamenti in un ospizio.
La cronaca giudiziaria di un quotidiano locale di stamane intitola: «In aula
esplode la rabbia del pm: "Vigliacchi"».
Nella cronaca leggiamo che il pm ha espresso la sua indignazione non soltanto
contro gli imputati, ma anche contro le cosiddette autorità competenti che
avrebbero dovuto vigilare e non lo hanno fatto.
Il pm ha ragione. In quest'Italia del «dì che ti manda Picone» (cambiano i
cognomi secondo le geografie politiche), tutti gli «addetti ai lavori» fanno finta
di non vedere quello che è invece sotto gli occhi della gente.
E se qualcuno osa dire qualcosa, allora si cerca di mettere a tacere la voce di
chi accusa, e non si indaga sugli 'accusati'.
Occorre essere orgogliosi che ci sia ancora qualcuno in Italia capace di
indignarsi. Come quel pm di Rimini (Paolo Gengarelli) con il suo grido:
«Vergogna, vergogna, vergogna, vigliacchi». Tra i quali ha inserito anche i
congiunti delle vittime dei presunti maltrattamenti.

11/06/2007/
Il trucco di Selva

Gustavo Selva ha finto di star male ed ha chiesto un'ambulanza per poter


arrivare in orario negli studi televisivi, dai quali poi illustrare agli spettatori le
sue ben note tesi: che siamo un Paese in decadenza per colpa della Sinistra e
di Prodi in particolare.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 448
Prodi, ai suoi occhi, appare ben più pericoloso di qualsiasi marxista-leninista
conservato in naftalina ed esposto nelle occasione solenni, come l'altro ieri a
Roma per la visita di Bush, allo stesso modo delle reliquie nelle feste del Santo
Patrono. Proprio mentre Selva fuggiva dalla folla, costretto dall'appuntamento
televisivo.
Selva non ha fatto nulla di male. Tutti i politici si sentono superiori alla gente
normale, e per dimostrarlo debbono pur far qualcosa di eccezionale
veramente.
Non è da tutti usare un'ambulanza come un taxi per andare in tivù. Ma è
soltanto ed esclusivamente dei politici cercare un alibi come ha fatto il
parlamentare in questione: per il quale si è trattato soltanto di «un vecchio
trucco da giornalista».

Dove si legge ben chiara la doppia intenzione di giustificare se stesso e di


considerare la classe giornalistica peggiore di quella dei politici.
La sua sottile vendetta verso le critiche ricevute sta tutta lì, in quel sottinteso:
«Sentite chi parla», rivolto ai colleghi giornalisti con un tono sorridente e
dimesso che chiede solenne complicità e doverosa omertà.
A questo punto non è una questione politica o da denuncia penale come ha
suggerito qualcuno, è soltanto un problema di buon gusto.
Quando le piccole virtù da antico galateo provinciale non bastano a reggere o
giustificare le nostre azioni, si ricorre ai grandi sollievi del «così fan tutti». E se
lo fanno «tutti», perché non farlo anche noi?
Di recente a difendere la famiglia cattolica sono scesi in piazza politici che di
mogli ed amanti ne hanno più di una: loro diritto, per carità, ma non stiano a
tormentare le persone perbene con inutili predicozzi oltretutto benedetti con
l'acqua santa, a dimostrazione che il diavolo sa camuffarsi bene. Come ci
dicevano i pii sacerdoti nella nostra infanzia.

10/06/2007/
Le schedine

Più donne in politica, sentiamo invocare da più parti. L'unico che sembra aver
pensato seriamente al problema è Silvio Berlusconi.
Ha arruolato signore mozzafiato, sia detto con tutto il rispetto dovuto a loro ed
al ruolo che occupano. Penso alla «circolina della libertà» Michela Vittoria
Brambilla che ha appena presentato una 'sua' rete televisiva per sostenere le
campagne elettorali del Cavaliere. Penso all'avvocato Laura Ravetto che
realizzerà l'università liberale voluta da Berlusconi.
La loro bellezza risponde al culto dell'immagine che l'imprenditore di Arcore
ha trasferito dal prodotto televisivo al programma politico.
Stampa11
«Striscia la notizia» ha trasformato una parola negativa (la «velina» intesa
come testo suggerito od imposto ai giornali) in un concetto positivo con cui si
chiamano le due fanciulle seminude che ogni sera offrono il meglio di loro
stesse al popolo maschile che staziona davanti al video, turbando digestioni
che dovrebbero essere lasciate più tranquille.
Non vorrei che la perfidia dei critici o anche della redazione di «Striscia la
notizia» trasformasse queste impegnatissime signore della politica nelle figure
di «schedine» (elettorali) pronte ad apparire non come rappresentati del
popolo che le ha elette, ma come guardie del corpo (e che corpo, il loro) del
capo politico che le ha duramente avviate ad una carriera di comando.
Auguri, care signore, e se vi càpita mettete in circolazione anche signore più
vicine alla media delle italiane, non soltanto modelle da sfilata.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 449
Silvio non ricorda

L'on. Silvio Berlusconi ha detto che il governo non può reggersi in Senato con
il voto di cittadini che risiedono all'estero e che non pagano le tasse in Italia.
Sino a ieri credevo che la legge sul voto degli italiani all'estero l'avesse
partorita il suo governo. Ovviamente ero disinformato

Il presidente degli Usa ha messo in dubbio la democraticità del suo collega


russo. E pensare che io mi ero fidato dell'on. Berlusconi che aveva garantito:
Putin è un vero democratico. Insomma, non ci capisco più niente. Perdipiù
dall'Inghilterra arrivano notizie sconvolgenti che troveranno eco e consenso
presso il nostro vivace ceto intellettuale degli atei-devoti.

Aereiinglesi

Sul "muso" degli aerei militari non si potranno più disegnare donnine nude
(foto sopra), e nelle caserme non debbono essere esposte le classiche
immagini pubblicate dai tabloid a consolazione dei militari in armi, con
fanciulle a seno nudo (foto sotto). E la Gran Bretagna faro di civiltà e
democrazia, che fine sta facendo?

Sulla Stampa di qualche giorno fa ho letto un interessante articolo che


riguardava la scuola di Sua Maestà la Regina: sarà vietato agli alunni alzare la
mano per dimostrare di saper rispondere alle domande poste dagli insegnati.
Bisognerà dialogare con tutti, non far emergere i più bravi. Nessuna
preoccupazione, anche in Italia nessun alunno alza la mano, le cronache
raccontano che in molti alzano le mani.

Gli inglesi sono sempre più indietro di noi. Nell'anno scolastico 1969-70 nella
scuola media dove insegnavo arrivò una stupenda "lettrice" dalla Gran
Bretagna. Portava già la minigonna ma suggeriva di usare la frusta come
usava ancora al suo Paese con gli alunni indisciplinati. Noi che eravamo più
avanti e più reazionari degli inglesi, avevamo gli studenti che usavano non la
frusta ma oggetti indubbiamente più pericolosi contro gli stessi insegnanti. Poi
arrivarono, in Italia, anche le P38.

05/06/2007/
Politici al buio

Stamattina mi sono svegliato con un pensierino niente male. Per cui me lo


sono raccontato e me lo sono premiato.

Il pensierino. In Usa il potere conosce chi fa le marachelle (vedi scandali


finanziari poi puniti severamente), che i giornali raccontano. In Italia, i giornali
raccontano ai signori del potere le marachelle che si fanno in giro (servizi
segreti deviati, ad esempio) e che gli stessi signori del potere non conoscono.
Per cui i nostri politici sono sempre afflitti da una tremenda «ignoranza» delle
loro e nostre cose. Sono praticamente al buio, ed i giornali sono odiati anziché
apprezzati.

Il premio. Sono andato in centro città, in un forno famoso, a comprare dei


biscotti. Pago 6,80 euro, ricevo lo scontrino da 1,20 lasciato lì un precedente
cliente. Osservo: io ho pagato di più. Imperturbabile l'addetta alla cassa batte
lo scontrino da 6,80.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 450
Morale della favola. In Italia nessuno sa mai niente, come quella cassiera che
mi aveva appena dato il resto.

A lei rassomigliano i nostri politici, incassano e danno lo scontrino già battuto


per un altro.

Post scriptum. Tra il pensierino ed il premio, avevo ricopiato in bella il modello


Unico 2007, con le tasse che pago sulla pensione, e con i rimborsi che debbo
chiedere al Fisco per le spese sanitarie sostenute.

A me, il Fisco chiama regolarmente per mostrare tutte le ricevute di medici e


farmacie. Vorrei sapere se succede la stessa cosa a chi non batte tutti gli
scontrini nel vendere biscotti.

03/06/2007/
Casa chiusa

Romano Prodi non vede giovani che si facciano avanti per il suo Partito
democratico.
I giovani (per la verità) vorrebbero farsi avanti ma trovano tutte le poltrone
assegnate, le porte chiuse, i cancelli ben serrati con un cartello che avverte:
«Posti in piedi».

Sotto quel cartello qualcuno dice che c'è la firma di Prodi stesso. Che ha
nominato ministri che hanno 55 anni di età media. Ma è una malignità.

Prodi rinfaccia ai giovani una pigrizia peccaminosa. Ieri a Roma l'ha spiegato
chiaramente: a Marthin Luther King, «mica glielo aveva detto sua nonna, lui è
venuto e ha detto 'I have a dream'».

Forse la colpa è delle nonne di adesso, delle nonne di questi giovani che
hanno il sogno, le nonne e non i giovani, il sogno che i nipoti entrino in
politica.

Ed i giovani vanno verso le sedi opportune e trovano tutte le poltrone


assegnate, le porte chiuse, i cancelli ben serrati con un cartello che avverte:
«Posti in piedi».

Al che le nonne dicono che stare in piedi è scomodo. Quindi ha ragione


Romano Prodi. Sì, ci saranno soltanto «Posti in piedi», ma nella vita bisogna
accontentarsi, suvvia.

La politica, cari ragazzi, a voi appare come una casa chiusa a cui non potete
accedere.
Sì è vero, a volte la politica è anche una «casa chiusa» proprio in quel senso
là. Ci ho pensato scorrendo gli elenchi di certi cavalierati distribuiti ieri, festa
della Repubblica.

03/06/2007/

La cicogna di Silvio

Londra La foto è di oggi 2 giugno 2007. A Londra questi giovani hanno


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 451
dimostrato in mutande contro la povertà.
Il tema dovrebbe interessare anche noi italiani. Abbiamo già visto in un
precedente post che proprio da parte della Chiesa di Roma è giunto un
allarme preoccupante. Monsignor Angelo Bagnasco ha denunciato: la povertà
si diffonde in grandi fasce della popolazione.

Ci sono i nuovi poveri che per tirare avanti vanno a chiedere la carità alla
Chiesa.
Dunque, che fare? Ci rallegra nel più profondo quanto ha dichiarato l'on. Silvio
Berlusconi a proposito della signora Michela Vittoria Brambilla. La quale per
pubblicare un settimanale dei circoli di Forza Italia, il «Giornale della libertà»,
ha bussato a parecchie porte ed ha avuto abbondanti soddisfazioni finanziarie
per la sua iniziativa.

Ha detto il Cavaliere: «... delle volte mi domando da dove li prende [i soldi],


chi glieli darà mai. Bussa alle porte, e queste si spalancano» (cito dalla
«Stampa» di stamani, articolo di Ugo Magri, pagina 13).
Ovviamente Berlusconi crede ancora alla cicogna. Beato lui. E beata lei, la
signora Michela Vittoria Brambilla che trova tutti quei soldi in giro per
sostenere le idee di un miliardario.

31/05/2007/
Non è antipolitica

Comincio a preoccuparmi di quello che penso. Sino a stamattina credevo di


aver sufficiente senso civico nel considerare le critiche al governo un fatto
normale per un Paese democratico.

Dopo aver letto a pagina 8 della Stampa di oggi l'intervista di Antonella


Rampino alla prof. Flavia Franzoni, moglie di Romano Prodi, ho iniziato a
dubitare di me.

Premetto che ho sempre avuto una grande stima della signora Franzoni al
punto di pensare talora che lei sarebbe stata più abile del marito a reggere in
questi momenti burrascosi il timone del governo.

La doccia fredda mi è venuta da quel passo dell'intervista in cui la prof. si


dichiara «molto preoccupata dall'ondata di antipolitica» diffusa nel Paese.
Ondata che si manifesta come «sfiducia nelle istituzioni».

La politica, ha detto la signora deve essere «senso civico». Sono d'accordo. Ma


«senso civico» non significa obbedienza cieca ed assoluta alle decisioni che un
governo può prendere anche in contrasto con le premesse programmatiche da
cui è partito sia nella campagna elettorale sia nella presentazione alle Camere
per ottenerne la fiducia.

La signora Franzoni si dichiara alla fine favorevole ai Dico, nella sostanza delle
cose («Sono favorevole al riconoscimento dei diritti delle persone. E questo
sono, in fondo, i Dico»).

Ma se altri componenti della maggioranza di governo i Dico non li vogliono più,


allora chi (tra gli elettori) critica questa nuova situazione viene
immediatamente sistemato nella categoria dell'antipolitica? E viene
catalogato come privo di «senso civico»?
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 452

In questi giorni si è diffusa una specie di parola d'ordine, considerare


antipolitico tutto ciò che non quadra con il pensiero ufficiale del governo.

Mi sembra troppo facile e troppo comodo. Oltre che troppo antico. Pare di
ritornare al vecchio idealismo ottocentesco, poi adottato nel corso del
Novecento per giustificare tutte le decisioni prese dallo Stato.

La politica è confronto. Prodi si è incontrato persino con Bossi che, lui sì, ha
voluto sin dall'inizio rappresentare l'«antipolitica» al grido di «Roma ladrona».

Non abbiamo nulla da spartire con la Lega se, ad esempio, sollecitiamo lo


Stato ad essere laico. Non manchiamo né di realismo né di senso civico.
Esercitiamo un diritto tutelato dalla Costituzione.

Questo pensavo sino a stamani. Poi la prof. Franzoni in Prodi mi ha messo un


dito nell'occhio ed una pulce nell'orecchio. Forse mi sto sbagliando.

Ma se sbaglio soltanto per il fatto che da semplice cittadino mi permetto di


criticare un sistema politico che non sa trovare i rimedi democratici per
risolvere i problemi gravi che ci affliggono, allora credo di essere in buona ed
illustre compagnia. Forse si sbaglia (con grande buona fede) anche chi accusa
i critici di non avere senso civico e di fare antipolitica.

30/05/2007/
Per dimostrare

Per dimostrare che non mi accontento di scrivere a commento di cose lontane,


e che cerco di restare fedele alle mie idee ed ai miei princìpi con il
comportamento quotidiano nel natìo borgo selvaggio, pubblico la lettera
apparsa (*) sopra un quotidiano locale della mia città, il Corriere Romagna di
Rimini.

«Decenza pubblica»: non c'è solo lo stadio

Debbo una risposta alla cortese sollecitazione di Daniela Montanari (26


maggio). Confermo quanto scritto qui il 19 febbraio: esiste «una decenza
pubblica che risiede nel principio di fare gli interessi della collettività, e non
quelli di questo o quel potentato economico».
Non sono ritornato più sull'argomento stadio-motoraccio immobiliare per
timore di infastidire redazione e lettori, e poi anche perché, dopo aver
pubblicato sul «Corriere» il testo intitolato «Cultura a Rimini: affari tra massoni
e bancari» (6 marzo), mi è accaduta una cosa strana. In un altro quotidiano
locale il 22 marzo è apparso un articolo in cui mi si accusava d’aver inventato
la «patacata» della ben nota biblioteca malatestiana di San Francesco a Rimini
(XV sec.). E d’aver plagiato in un mio volume del 1997 un testo altrui apparso
(udite, udite) nel 2004. L'articolo citava come fonte un «libello», risultato poi
una semplice mail spedita a quel giornale da persona che ha voluto essere
presentata con un alias di comodo.
A cavallo di questo episodio ne è accaduto un altro. Il 28 febbraio, circa il
preteso «ritrovamento» di un manoscritto cittadino, sul web scrivevo che esso
in realtà non era mai andato perduto ed anzi nel 1986 era stato elencato da
una studiosa di Rimini in un suo volume. All'inizio di marzo sono stato
scortesemente rimproverato davanti ad estranei, per il solo fatto d’aver
osservato ciò. Nel frattempo avevo cominciato ad occuparmi pure delle spese
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 453
comunali («170 mila euro circa», come da delibera di Giunta del 25 febbraio
2004) per sistemare i locali dove ospitare una biblioteca ‘personale’ che sarà
gestita non dal Municipio ma da privati, proprio mentre la città ha bisogno di
ulteriori spazi per la biblioteca civica, e sogna una torre di vetro secondo il
progetto esposto a metà marzo nella mostra «Passato, presente e futuro della
Biblioteca civica Gambalunga».
Come si vede, non ho cessato di occuparmi di «decenza pubblica» e dei
problemi che riguardano la collettività, proprio per restare fedele a quanto
scritto qui sopra non soltanto il 19 febbraio, ma anche il 2 febbraio con un
testo ("Se la politica strizza l’occhio ai palazzinari") che ha irritato parecchio,
stando alle pubbliche reazioni registrate. A questo punto, non mi resta altro
che realisticamente constatare come il problema dello stadio non sia l’unico a
dover essere sottoposto al test della «decenza pubblica».
In questi giorni si parla tanto di crisi della politica. Non se ne dia la colpa ai
cittadini che intervengono contro i Palazzi del potere. Ha ragione il prof. Luca
Ricolfi che ha scritto: «Chi fa tutti i giorni il proprio dovere, ma non ha una rete
di relazioni che lo sostiene e lo protegge, si accorge sempre più sovente che il
gioco è truccato» («Stampa», 26 maggio).
Grazie a lei della sua cortesia, gentile Daniela Montanari, ed al «Corriere» per
l’ospitalità.
Antonio Montanari
(*) La lettera è stata pubblicata il primo giugno, giorno in cui aggiungo questa
nota al post inserito il 30 maggio.

30/05/2007
Le 999 ragioni di Prodi

Nell'intervista di Romano Prodi a Repubblica di stamani, ci sono 999 ragioni


del leader del Partito democratico e premier. Ne manca soltanto una per
arrivare alla proverbiale quota di mille. Questa: che chi aderisce alla sua linea
politica deve smetterla di sottostare ai giochetti di potere clientelare. Punto e
basta.

Per un'Italia nuova si deve cominciare di lì. Prendendo in considerazioni che gli
astenuti di sinistra vogliono sottolineare proprio questo dato. La stanchezza
degli elettori non compromessi in quei giochetti. Chi ci è immerso sino al collo,
è andato a votare. Perché ha ricevuto un favore, e perché il voto è ben
controllabile nei seggi, dove si vede chi ci va e non ci va.

Chi vota «per grazia ricevuta» non può far di meglio. Ma il prof. Prodi prenda
in considerazione la minaccia delle astensioni già annunciata da questa
tornata amministrativa. E che potrebbe essere messa in atto da quanti
credono che i favoritismi siano spesso l'anticamera di una corruzione
maleodorante. Ormai insopportabile.

29/05/2007/
Spallata no, ceffone sì

Il presidente del Consiglio Romano Prodi non si meraviglia del risultato


elettorale. Con una calma olimpica ha detto: «Era un risultato assolutamente
atteso». Ha ripetuto che il suo programma riguarda cinque anni. Il primo è
servito ad aggiustare le cose. Per cui la gente è rimasta scontenta.
Il ragionamento non fa una grinza. Però caro Prodi, consideri che dalle
primarie in avanti lei ha perso consenso, e non certo per colpa sua personale e
del suo "piano quinquennale" né per meriti particolari dell'opposizione. Che
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 454
non le avrà dato una spallata come il Cavaliere sperava, ma un ceffone sì.
Sono convinto che iniziative come il Giorno della Famiglia siano state un bel
servizio per l'opposizione, così come i Comitati civici di Gedda per la Dc del
dopoguerra.

Anche lei vuole fare «l'antipolitico», ho letto sulla Stampa di stamane nel
pezzo di Fabio Martini.
È una reazione stizzita. Più adatta ad un D'Alema che nella scuola di partito
era stato abituato a considerare deviazionismo ogni critica alla decisioni della
segreteria.
No, caro Prodi, l'Italia ha bisogno di nervi saldi perché abbiamo già troppe
esperienze di discorsi a vanvera, come quello di Berlusconi che vuole far
costruire dallo Stato case da concedere gratis alla gente. Magari ai ricchi
evasori fiscali mascherati da poveri: succede, succede.

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, da Avellino, ha suggerito


rigore ed impegno da parte di tutti per rispondere alla crisi della politica
italiana. Un discorso calmo, un invito alla responsabilità. La denuncia della
crisi, ha detto, non deve essere fine a se stessa.
Caro presidente, lo ripeta tutti i giorni a tutti i politici che incontra: l'Italia ha
bisogno di vedere realizzata una democrazia sostanziale che aiuti i giovani,
non derida i vecchi, premi i meriti, non coltivi soltanto la malapianta delle
raccomandazioni. Un Paese che (lo ha detto Prodi a Firenze) ponga dei limiti al
lavoro precario che «distrugge una generazione».

Un Paese in cui vien da ridere pensando al fatto che sino ad ieri l'anti-Stato
veniva collocato nel Sud, ed adesso è stato trasferito al Nord. È nata la
questione settentrionale, ma non è stata risolta quella meridionale.
Coraggio signori. Vogliamo un Paese in cui i commenti freschi alle elezioni si
ascoltino anche sulle reti della Rai. Ieri sera prima di cena c'è stato soltanto il
fido Fede, e dopo è andata in onda una tavola rotonda sulla Sette.
Libertà è anche informazione, non soltanto per il canone versato.

28/05/2007/
Turco, ha ragione

Dove sta tutto lo scandalo provocato dal ministro Livia Turco, circa l'auspicato
intervento dei Nas nelle scuole?
Faccio un esempio. Se scoppia un incendio, intervengono i vigili del fuoco con
gli idranti. Non arrivano gli addetti alle pubbliche relazioni spirituali a spiegare
che quelle fiamme possono raffigurare il nostro destino ultraterreno perché
siamo tutti dei peccatori.

Gira la droga nelle aule? Si chiama tecnicamente spaccio. Il potere del corpo
docente è limitato all'uso del telefono per chiamare la più vicina caserma dei
CC od un ufficio di Polizia.

Nessun docente può perquisire un alunno. Nessuna prof. può odorare lo


zainetto o chissacosa di un allievo per vedere se il fanciullino vi nasconde
sostanze da smerciare.

Dove sia lo scandalo non vedo.


Una cosa è l'uso personale sul quale può intervenire l'opera educativa (ma chi
educa a che cosa, stando a quello che si legge?). Un'altra faccenda è lo
smercio di sostanze proibite.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 455

27/05/2007/
Allarme voto

Il mio post «Bulli over 40», dove si parlava anche del congiuntivo (la cui crisi è
stata presa da Alfio Caruso a simbolo della crisi della società italiana), ha
ricevuto molte attente, ponderate risposte.

Ho già scritto in calce ai commenti che ai politici italiani d'ogni colore più che il
congiuntivo piace il condizionale, anzi la condizionale.
Non possiamo cavarcela con una battuta che poi alla fine non è tale. Perché
nel frattempo il discorso politico si è allargato ed allarmato.

Ho accumulato tanti ritagli da non poter citare che quelli più freschi.
Omar Calabrese, semiologo, e Giampaolo Pansa (giornalista e storico) buttano
oggi alle ortiche la tonaca del Partito democratico con una delusione che
troverà altre, numerose e forse infinite conferme nei prossimi giorni.

Il problema non è da poco. Chi scrive sui giornali ha un sèguito non


indifferente. Calabrese e Pansa non sono due blogger da nulla come il
sottoscritto. Fanno opinione. Ma nello stesso tempo fanno da termometro. Il
loro sfogo racconta molto della crisi della politica italiana.

Adesso le fonti ufficiali diranno che la colpa è tutta della cosiddetta


«antipolitica», appoggiandosi proprio al grido di Pansa di «viva il
qualunquismo, viva l'antipolitica».

Credo che la cosiddetta «antipolitica» sia soltanto l'espressione non soltanto


del diffuso malessere che ormai tutti notano (anche l'algido D'Alema), ma
proprio la manifestazione di un progetto politico vero e proprio. Per far contare
non i voti delle correnti dei partiti confluenti nel Partito democratico, ma i voti
dei singoli cittadini. I quali hanno bisogno di respirare un'aria diversa da quella
fumosa e nebbiosa delle segreterie nazionali, regionali, provinciali ed infine di
quartiere. E magari di condominio.

I nostri politici di ogni colore si leggano sulla Stampa di ieri il testo di Luca
Ricolfi : «Chi fa tutti i giorni il proprio dovere, ma non ha una rete di relazioni
che lo sostiene e lo protegge, si accorge sempre più sovente che il gioco è
truccato».

E su quella di oggi l'intervento di Barbara Spinelli: «Se è veramente forte, il


politico non s'indigna se criticato».

La forza del politico dovrebbe servire per cancellare la debolezza del cittadino,
non per schiacciare chi non gode di «una rete di relazioni che lo sostiene e lo
protegge».

Il discorso è molto semplice. Se i nostri politici, per gretti interessi di bottega,


non lo capiranno, sì che spunteranno i fenomeni qualunquistici
dell'«antipolitica». È già accaduto quando l'operazione «mani pulite» era
all'inizio applaudita da quanti poi si schierarono contro di essa. Vista da alcuni
come occasione per spazzare via la vecchia classe dirigente, essa si rivoltò
verso di loro.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 456
L'articolo di Ricolfi di ieri cominciava così: «Qualche politico comincia ad avere
paura, altri fingono di essere preoccupati, altri ancora preferiscono
minimizzare. Certo è che da qualche settimana lo spettro del 1992 ritorna ad
aleggiare nei palazzi della politica».

I prossimi giorni potrebbero farci capire se quello spettro spazzerà via gli
abitanti del Palazzo in preda al panico o se sarà lo spettro ad essere espulso
con la precisa coscienza che occorre cambiare musica nella direzione politica
del Paese. Per ascoltare le esigenze della gente comune, non le richieste dei
privilegiati e dei raccomandati. Si chiede troppo ad un Paese che voglia
restare (o piuttosto divenire finalmente) democratico?

25/05/2007/
Cherchez la femme

«Cherchez la femme» sostenevano una volta (in ordine d'importanza) i


commissari di Polizia e quelle vecchie zie tanto care a Leo Longanesi (il quale
sperava da loro la salvezza dell'Italia) ed a Alberto Arbasino. Che ne ha fatto
un punto ricorrente delle sue memorie. Per dire che, in fin dei conti, erano
meglio loro delle bisnipoti di sempre.

Personalmente credo che avessero ragione soltanto i commissari di Polizia.


Questa volta la scena non è quella del rimpianto politico o domestico, né
quella di un delitto che richiede la ricerca di un colpevole.
Questa volta la «femme» la conosciamo prima delle indagini, non è
un'immagine astratta fatta di rimpianto.

È il volto reale di una persona che s'è affacciata sulla scena politica, mandata
avanti da Silvio Berlusconi a mettere il cappello sopra una sedia che potrebbe
diventare la poltrona di leader politico di Forza Italia, o addirittura quella di
Palazzo Chigi.

Questa «femme» apparsa nello splendore della sua bellezza e nel fascino della
messaggera che parla non soltanto a titolo personale, ma addirittura per
volere del suo «conducator», si chiama Michela Vittoria Brambilla, ed è
diventata in breve lo spauracchio di tanta gente.

Perché ieri Luca Cordero di Montezemolo ne ha dette tante da Confindustria al


punto da irritare lo stesso Cavaliere che avrebbe dovuto soltanto applaudirlo?

LCM s'è buttato nell'arena politica perché ha mangiato la foglia. Ha compreso


che Silvio ha già scelto un erede fuori dal gruppo storico di Confindustria, ha
scelto addirittura una donna: la signora Brambilla.

E così giù con la lista delle cose che non vanno. Mentre Silvio con saggezza
epicurea rimproverava a LCM di non aver compreso che quando governava lui
tutto andava benissimo, per cui Confindustria avrebbe dovuto sostenerlo e
fargli rivincere le elezioni.

Berlusconi ha detto, in nome di quella saggezza, che chi è causa o concausa


del suo mal «pianga se stesso». Proverbio da vecchia zia, utilissimo per
lanciare una pregevole nipote, la signora Brambilla, appunto.

Post scriptum.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 457
Ringrazio quanti sono intervenuti commentando il precedente «post» sui Bulli
over 40.
Prometto di ritornare sul tema. Ho letto bellissime pagine di commento.
La storia del congiuntivo è simbolica.

Per lasciarci per ora con una battuta, si potrebbe dire che molti al congiuntivo,
nella classe politica in gran parte sgrammaticata che ci affligge da ambo le
parti, hanno preferito l'elogio del condizionale, anzi della condizionale.

23/05/2007/
Bulli over 40

Un lettore mi ha chiesto di «spiegare» il bullismo. Non ho nessuna particolare


preparazione per intervenire sul tema, se non l'esperienza personale maturata
anche in un ambiente oggi al centro di non disinteressata attenzione, la
scuola. Che nei tg si vuol far passare come un ricettacolo di malavitosi (in
cattedra e sui banchi).

Quando avevo vent'anni (circa mezzo secolo fa) succedeva la stessa cosa. Un
ragazzo scrisse una lettera al Corriere della Sera, alla pagina «Tempo dei
giovani» per lamentare appunto la diffusione soltanto di cinismo, indifferenza,
etc.

Ricordo che gli risposi per smentirlo, e che poi entrammo in cordiale
corrispondenza privata. Lui mi scriveva da un carcere dell'Italia centrale.
Concordo con «Prussiano». I gesti e gli atti che lui elenca sono reati previsti
dal Codice penale. E che come tali vanno trattati.

Condivido la sua ironia («In italiano si chiamano REATI, in inglese non


saprei ...»).

Gli suggerisco di leggere sulla «Stampa» di oggi l'articolo di Alfio Caruso, che
parte da questo assunto: «il crollo del congiuntivo nella lingua parlata» ha
anticipato «il crollo delle piccole regole del nostro vivere quotidiano», per cui
alla fine non c'è più distinzione fra le cose buone e quelle cattive.

Aggiunge Caruso:«Per acquisire la fluidità necessaria a onorare il congiuntivo


da mattina a sera servivano la pazienza, la tenacia di schiere d’insegnanti e il
rigore dei genitori. Finché la famiglia e la scuola hanno retto, finché ci sono
stati padri e madri persuasi che l’insufficienza o la bocciatura del figlio non
fosse addebitabile al malanimo dei professori e finché questi hanno creduto di
esercitare una missione, non di svolgere un lavoro salariato, il congiuntivo è
rimasto sulla breccia a ricordarci l’importanza della forma, la prevalenza del
dovere sulla comodità».

In linea con la premessa di «Prussiano» e con le interessanti argomentazioni di


Caruso, aggiungo che non c'è soltanto il bullismo scolastico, ma pure quello
degli adulti over 40 ed over 50.

Un bullismo da capelli grigi, da gente che si presenta apparentemente


«perbene». E che invece è molto lontana dall'immagine che essa diffonde
attorno a sé.

Faccio alcuni esempi. Rigorosamente personali.


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 458

Due anni un mio sito fu chiuso dal gestore perché «qualcuno» gli fece scrivere
una lettera da un legale, in cui falsamente mi si dichiarava inquisito per
diffamazione in due sedi giudiziarie.

Dimostrato con atti legali che le notizie inviate al gestore erano appunto false,
lo stesso gestore non ha riattivato il sito. Lo ha fatto tre mesi fa quando gli ho
trasmesso foto di un giornale in cui quel «qualcuno» su nove colonne era
dichiarato trasferito nelle patrie galere.

Secondo esempio. Alcune settimane fa in un blog che curo per un'istituzione


pubblica locale, commento una notizia culturale in cui si dice che è stato
ritrovato un antico manoscritto di cui non si avevano notizie dal 1790, etc.
Dimostro che quel manoscritto non era andato mai perduto, che se ne era
parlato anche in un testo di dieci anni fa, che era registrato persino attorno
alla metà dell'Ottocento in un indice tuttora esistente e consultabile su
Internet.

Morale: pubblicamente sono aggredito da un funzionario del settore di cui


parlo, perché avevo osato intervenire su un fatto che non è un argomento
privato da amici al bar.

Infine. Qualche settimana fa ad un quotidiano locale arriva una mail segreta


firmata che è pubblicata per sostenere che quanto da me scritto dieci anni fa
(1997) è stato plagiato da un libro pubblicato... nel 2004. Il quotidiano rende
noto soltanto lo pseudonimo del mittente, che per aver riscosso il credito della
dignità della pubblicazione non dev'essere figura sconosciuta a chi ha reso
nota quella mail. Spacciandola oltretutto come un libro apparso a stampa.

Ecco, questi sono atti di bullismo che conosco per esperienza personale,
compiuti non da ragazzi in crisi d'identità ma da personaggi che sanno come
'lavorare' per maltrattare il prossimo, anche se poi a volte il gioco non riesce
del tutto, e trovano sul loro cammino la Giustizia che li ferma almeno per un
po'.

Ecco, questo bullismo da over 40 od over 50, è pericoloso quanto l'altro, ma


soprattutto dimostra che la gestione delle cose pubbliche è sottoposta al
vincolo mafioso dell'amicizia fra potenti. Per cui chi non partecipa al gioco
(che ha pure le sue varianti da «scrivanie bollenti») è beffato e danneggiato.

22/05/2007/
Se la casta non è casta

Nel linguaggio corrente di chi legge almeno i quotidiani, è da poco entrato con
forza un termine imposto dal titolo di un libro di successo, la «casta» intesa
come gruppo di persone privilegiate.
Il libro di Stella e Rizzo denuncia un grave malessere della democrazia
italiana. Cioè il fatto che, se siamo tutti uguali per principio, nei fatti qualcuno
(ovvero gli «eletti» della classe politica) è un poco più uguale degli altri.
E questo succede perché gli «eletti» godono di condizioni più favorevoli di
quelle riconosciute ai «semplici» cittadini, come scrivevano una volta i
giornali.
Il punto centrale della questione è chiaramente espresso da Lucia Annunziata
nel suo editoriale di stamani sulla «Stampa»: l’opinione pubblica non ha la
sensazione che il governo stia costruendo «un luogo in cui diritti e doveri
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 459
valgono per tutti».
Questo «luogo», aggiungo, dovrebbe poi essere «tutta» la vita sociale,
secondo il dettame della Costituzione e delle leggi che la dovrebbero attuare.
Non è un’utopia. Dovrebbe essere la prima regola della politica.
Non si riuscirà mai a cancellare la «casta» privilegiata dei politici, non c’è mai
riuscito nessuno in nessun regime politico, in millenni di storia. Chi ottiene il
potere, poi lo usa a suo piacimento.
Ci accontenteremmo soltanto che la «casta» (sostantivo) fosse più «casta»
(aggettivo), ovvero meno propensa a gestire il proprio gruppo di potere con
quell’arroganza che degenera nell’oscenità.
Quando monsignor Angelo Bagnasco denuncia la povertà che si diffonde in
grandi fasce della popolazione, fa un discorso che i nostri leader politici
conoscono bene. E che avrebbero dovuto fare loro, soltanto loro.
Bagnasco dice che ci sono i nuovi poveri (e questa non è una novità), i quali
per tirare avanti vanno a chiedere la carità alla Chiesa. E pure questa non è
una novità.
I nostri leader politici di governo dovrebbero sapere che uno Stato in cui si
ricorre alla elemosina (sotto lo forma di «pacchi alimentari»), non è degno del
suo nome.
La «giustizia» è ciò che la Costituzione indica come mezzo e fine della vita
sociale, non la «carità» che è un gesto il quale dipende non da criteri
oggettivi, ma da scelte arbitrarie.
Mia madre ricordava che durante il passaggio del fronte nella nostra zona,
aveva gli occhi gonfi per il piangere a causa del fatto che non aveva nulla da
darmi da mangiare. Andò alle tende degli ufficiali inglesi ad elemosinare
qualcosa. Le fu risposto di no, perché «se dare a te, poi dare a lui, dare a lui,
dare a lui», rispose un graduato di Sua Maestà indicando altre persone che si
avvicinano anch’esse per chiedere qualcosa da mettere sotto i denti.
Ieri sera Canale 5 ha trasmesso la storia di don Giovanni di Liegro, un apostolo
della Carità cristiana.
Era uno sceneggiato da servizio pubblico. Lo ha programmato la rete fondata
da un uomo politico che ha sempre vantato, quand’era al governo, la
ricchezza degli italiani in base al numero dei telefonini diffusi nel Paese.
Lo si potrebbe giustificare con la sentenza dell’Ecclesiaste, «L’uomo è segno di
contraddizione». Ma non serve.
Il fatto è che Bagnasco parlando del ricorso sempre maggiore ai «pacchi
alimentari» non ha reso un buon servizio a chi lo ha maggiormente sostenuto
contro il governo con il Family day, ma lo ha reso alla Verità.
Il che non è poco, in questi chiari di luna.

19/05/2007/
Leggi, poche o troppe?

Si era sempre letto che in Italia produciamo troppe leggi. Adesso il discorso si
è rovesciato. Romano Prodi ha accusato il Parlamento di lavorare poco e male.
Delle 104 proposte governative, soltanto dieci sono state approvate.
Le nuove leggi nell'ultimo anno (il primo di Prodi a palazzo Chigi) sono state
38. Una ogni dieci giorni. Quando governava il centro-destra, le Camere
approvavano una legge ogni 2,6 giorni.
Ma veramente abbiamo bisogno di tutte queste nuove leggi?
Ricordiamo che la sovrabbondanza di disposizioni normative era stata criticata
anche dall'attuale capo dell'opposizione.
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è intervenuto nella questione
con tutto il peso del suo ruolo.
A parte l'ovvio richiamo agli scolaretti indisciplinati (per «armonizzare i lavori
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 460
dei due rami del parlamento»), ciò che più conta nella sua lettera ai presidenti
delle Camere, è la tirata d'orecchie al governo, ben evidente nel passaggio sui
decreti-leggi. Che una volta presentati sono soggetti a modificazioni sino a
diventare un'insalata russa.
Il passo di Napolitano è questo: "L'adozione di criteri rigorosi diretti ad evitare
sostanziali modificazioni del contenuto dei decreti-legge è infatti
indispensabile perchè sia garantito, in tutte le fasi del procedimento il rispetto
dei limiti posti dall'articolo 77 della Costituzione alla utilizzazione di una fonte
normativa connotata da evidenti caratteristiche di straordinarietà e che incide
su delicati profili del rapporto governo-parlamento e maggioranza-
opposizione".
Ovvero non si può modificare lo "spirito" di un decreto-legge aggiungendovi in
parlamento cose che c'entrano come i cavoli a merenda.
L'allusione è al testo adottato per ripianare i debiti della sanità, nel quale il
governo ha inserito l'abolizione del ticket.
La tirata d'orecchie di Napolitano non fa una grinza sotto il profilo
costituzionale. Ha ragione da vendere.
Il governo da parte sua potrebbe difendersi sostenendo che è una consolidata
tradizione italiana, quella di inserire qualcosa «di strano» in un decreto-legge.
Ed in diritto come in politica, spesso la tradizione suggerisce di percorrere la
stessa strada.
Lavorare di più, per i signori deputati e senatori, non dovrebbe significare
produrre leggi a getto continuo, ma cercare di capire quali sono le vere
esigenze del Paese. Alle quali il parlamento sovrano dovrebbe essere attento.
Ma nel parlamento non c'è soltanto la maggioranza. In esso pure l'opposizione
ha il suo ruolo. Che oggi sembra essere ridotto soltanto al conto alla rovescia
sulla fine del governo Prodi.
Ma non è questo un metodo serio di lavoro parlamentare. Per il bene della
democrazia. È inutile sbandierare i sondaggi, come fa di continuo Berlusconi.
Che oggi dà il governo al 23%. Questa sua realtà virtuale potrà rallegrare i
suoi fans, ma non serve a nulla nel cammino difficile della politica intesa come
bene comune.
Come non serve a nulla la dichiarazione di Walter Veltroni. Se con Sarkosy in
Francia va al governo un uomo di sinistra quale Bernard Kouchner al ministero
degli esteri, ha detto il sindaco di Roma, proviamo pure noi a Roma con Gianni
Letta, già sottosegretario alla presidenza del Consiglio con Berlusconi. Non
serve a nulla perché l'opposizione italiana non si accontenta di un gesto
simbolico, caro Veltroni. Vuole tutto il governo.

Bernard Kouchner ha dichiarato a Le Monde di stasera le sue ragioni,


«Pourquoi j'ai accepté».

15/05/2007/
Uccide moglie malata

Deposizione «Uccide moglie malata poi dice, non ce la facevo più». Titolo
dell'Ansa di ieri pomeriggio 14 maggio, 17:47.
Ecco le prime righe del dispaccio: «Todi (Perugia) - Con un colpo di pistola al
cuore ha ucciso la moglie di 86 anni gravemente malata e costretta da tempo
a letto; poi un pensionato di Todi ha atteso in casa i carabinieri ai quali ha
detto di avere sparato perché non ce la faceva più ad accudire e a vedere
soffrire la moglie. Ai militari e ai suoi difensori ha anche riferito che l'anziana
da qualche giorno rifiutava cibo e cure. Sarebbe stata lei stessa a chiedergli di
non farla più soffrire. Ora il pensionato, anche lui di 86 anni, è in stato di
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 461
fermo con l'accusa di omicidio aggravato».

Qualche giorno fa avevo scritto un post provocatoriamente intitolato «Famiglia


killer».

Torno sul tema per chiedere ai politici, a tutti i politici, a quelli che
manifestano nelle piazze, a quelli che se ne astengono ma dichiarano, a quelli
che non dichiarano ma si dimostrano pensosi, a tutti loro chiedo: quei due
poveri vecchi non sono un fenomeno astratto, facevano parte sino ad ieri
mattina della cosiddetta famiglia normale, ma avevano tanti gravi problemi da
affrontare, chi li ha aiutati? Chi di voi adesso ha il coraggio di condannarli?

Per non farla lunga. È facile fare i comizi, è molto più doloroso e drammatico
assistere le famiglie con problemi, non quelle che inventavano gli spot di un
certo mulino (bianco).

I servizi sociali costano, anche a questo servono le tasse.


Se facciamo l'elogio dell'evasione fiscale, esaltiamo uno Stato egoista che
butta a mare due vecchi come questi di Todi. Lei che voleva morire, lui che
l'accontenta e finisce psichicamente di vivere prima di ucciderla.

Adesso voi comizianti a favore della famiglia andate a spiegare a quel povero
vecchio che eravate scesi in piazza anche per lui.

La famiglia che amiamo tutti è una cosa seria, con problemi e drammi, ne
hanno fatto un fumettone da spettacolo televisivo che finisce quando spegni
l'apparecchio.
Ma la vita continua, e spesso finisce così come a Todi, con quei due signori di
86 anni, con un ultimo gesto d'amore che li unisce.

14/05/2007/
Aiutini e domande

Verso la fine dell'articolo di stamani («Sinistra, ascolta San Giovanni»), Lucia


Annunziata pone una domanda fondamentale: «... com’è possibile che gli
italiani che vogliono difendere la famiglia - obiettivo in sé non così
disprezzabile (dopotutto non si trattava di svastiche o croci uncinate) - partiti
con Savino Pezzotta siano arrivati poi sotto il cappello di Silvio Berlusconi. Ed è
una domanda cui la sinistra ancora non ha dato risposta».

Il silenzio della sinistra potrebbe dipendere da un preciso calcolo politico. La


maggioranza soprattutto al Senato è quella che è, e dopotutto bisogna pur
governare dopo aver vinto le elezioni. Quindi non rompiamo con nessuno anzi
se possiamo, facciamo comunella. Questo potrebbe essere un ragionamento
delle teste pensanti sotto la Quercia.

Sino a due ore fa, avevo intenzione di aggiungere soltanto un argomento


'locale', relativo alla mia città Rimini, dove già nel 1999 Margherita e Ds si
sono uniti, e dove governano avendo vinto alle ultime elezioni con un buon
aiuto di voti cattolici sottratti a Forza Italia. Ma poi è arrivata la notizia di
Mediaset che entra in Endemol la quale produce per la Rai.

Cito da un sito, www.dgmag.it:«Al di là del fattore economico, quel che


preoccupa in questo momento è la posizione della Rai: se Mediaset acquisisce
Endemol, che fine fanno dei format di successo realizzati da Endemol stessa e
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 462
che adesso transitano in casa Rai?».

Questo è il problema. Non c'è soltanto la piazza di San Giovanni, c'è una
progressiva occupazione del potere politico-economico da parte del capo
dell'opposizione addirittura in «partibus infidelium».
Mediaset (leggi: Berlusconi) entra in Rai anche attraverso la produzione che la
Rai stessa programma. Se fosse un'ipotesi fantascientifica, verrebbe da
ridere...

Torno a Rimini. Ripeto qui quanto ho già scritto sulle elezioni Comunali 2006:
«Forza Italia perde il 52,13% dei voti, mentre AN sale del 16,26. Una fetta del
Polo vota per il Centro-sinistra. Segno che con la sua precedente
amministrazione il Centro-destra (od almeno una sua parte) non se l'era poi
passata così male. Luglio 2006. L’ex candidato sindaco del Polo decide di non
votare contro la giunta ma di astenersi sulle linee programmatiche del
governo cittadino».

Ecco. Quanto avvenuto domenica per la manifestazione di piazza San


Giovanni (vedi la domanda senza risposta della sinistra di cui parla Lucia
Annunziata) ed oggi pomeriggio con la questione Mediaset-Endemol, forse
dimostra che il modello Rimini non dispiace ai Ds nazionali.
Un aiutino dell'opposizione a governare, ed "auitoni" all'opposizione come
ringraziamento.

Su «Repubblica» di stamani il brillante Edmondo Berselli osserva che quanto


avvenuto a Roma ha avuto un'intensità tale «da sorprendere gli stessi vertici
ecclesiastici». Mi scuso con un «venerato maestro» come Berselli se avanzo
un'obiezione. Quei vertici ecclesiastici si aspettavano con ansia e fermezza
quello che è accaduto a Roma. Lo attendevano da tempo. Perché da tempo
lavoravano per ottenere questo risultato. A livello nazionale ed a quello locale.
Sorprende che ci si sorprenda.

13/05/2007/
Cicoria & cicuta

Al posto del churchilliano «lacrime e sangue», Francesco Rutelli aveva


riassunto i sacrifici di una vita ricorrendo ad una immagine più casareccia:
«Siamo andati avanti a pane e cicoria».

Se i margheritini nostrani vorranno prestare troppo ascolto alle ragioni del


moderatismo francese che ha vinto le elezioni con Sarkosy, tra breve saremo
forse assordati da un nuovo slogan, meno rassicurante, non più autobiografico
ma diretto agli avversari od ai più indocili fra i compagni di viaggio del
nascituro Partito democratico.

Il motto che il centro del nuovo movimento potrebbe adottare, potrebbe


essere ispirato ad una frase pronunciata proprio da Nicolas Sarkosy, e
riportata stamani nell'editoriale di Barbara Spinelli sulla «Stampa»: «Non ho
mai udito una frase assurda come il 'Conosci te stesso' di Socrate».

È una critica così sicura da non lasciar nessuno spiraglio aperto alla possibilità
di discutere non di quello che sappiamo (o che presumiamo di sapere); e di
quello che non sappiamo (in cui il povero Socrate riponeva il vero sapere).
È una critica che potremmo chiamare «assertiva e rancorosa», per usare le
efficaci parole di Barbara Spinelli riferite a quella «battaglia di valori» che
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 463
«non aspira a spiegare né a capire», a proposito del tema affrontato ieri a
Roma nelle due piazze che manifestavano entrambe a favore della famiglia,
ma chiedendo ognuna cose diverse.

Una piazza, con Berlusconi in testa o in coda non si sa, voleva meno diritti per
tutte le singole persone che si pongano al di là delle formule canoniche del
matrimonio religioso o civile.

L'altra chiedeva invece quei diritti senza danneggiare nessuno e senza


abbassare il valore che ogni singolo individuo può esprimere nella propria
esistenza, anche se non firma un registro ecclesiastico o di anagrafe in
Municipio.

Il motto che potrebbe essere ispirato ai centristi italiani dalla destra di Sarkosy
potrebbe essere questo: «Più cicuta per tutti».
Non dite che vaneggio. Ci sono tutte le premesse perché ciò avvenga. Silvio
Berlusconi ha fatto un comizio.
Accusando la politica governativa di voler ridurre la Chiesa al silenzio. Come
in Russia all’epoca del Baffone.

Accusando l’Unione di attaccare la Chiesa. Accusando in un certo senso i


cattolici dell’Unione di una grave eresia perché ha stabilito che «non si può
essere cattolici e stare a sinistra».

Ha parlato da teologo e non da politico. Aspettiamo la risposta dei teologi del


consenso. Ovvero quelli ufficiali. (Lo benediranno senz’altro.)
A nome dei politici, gli ha già risposto Romano Prodi in preghiera a Stoccarda
ad un raduno ecumenico: «Ho sempre pensato a un movimento politico in cui
diverse radici filosofiche potessero convivere con obiettivi comuni e lavorare
assieme per il futuro e non per il passato».

Appunto, le «diverse radici filosofiche». Sono quelle che non piacciono agli
amici (italiani) di Sarkosy che rincareranno la dose contro Prodi, chiedendone
la cacciata da palazzo Chigi.

Il vero bersaglio della Cei, ha scritto Curzio Maltese su «Il Venerdi» di


«Repubblica» è proprio lui, il professore di Bologna. Il cattolicissimo Romano
Prodi che a Roma un cartello indicava come «ammazzafamiglie».

Il senso dell’umorismo evidentemente non è una virtù da praticare, per cui


temiamo che prenda piede da noi quello slogan «Più cicuta per tutti». Per tutti
quelli che non la pensano come quelli che lo grideranno.

12/05/2007/
Mediterraneo
Si chiude oggi a Ravenna la prima edizione del Festival Internazionale delle
Culture del Mediterraneo "Meditaeuropa", occasione di dialogo e di riflessione
su una realtà geografica che è anche, se non soprattutto, politica.

Fra gli intervenuti c'è stato Tahar Ben Jelloun, lo scrittore nato nel Marocco nel
1944.

Tahar Ben Jelloun ha dichiarato che il Mediterraneo è «una vera e propria


visione del mondo» e che costituisce «una comunità di idee e pensieri» divisa
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 464
in due parti, una ricca ed una povera: un mare «troppo spesso rosso invece
che blu».

10/05/2007/
Famiglia killer

Vabbé, mi risponderete che si tratta soltanto di cronaca nera.


Sì, ma nella cronaca nera c'è la proiezione di una buona fetta della nostra
società.
Un padre che vende la figlia per una birra, e nessuno fa nulla, mentre in tanti
sapevano. E poi delitto dopo delitto, vien da pensare provocatoriamente che
pure la famiglia sia un killer. Un temibile killer.
Allora, lasciamo da parte la provocazione. E diciamo che tutti siamo per la
famiglia, che tutti siamo per il trionfo del bene, ma che alla fine però certe
famiglie non funzionano, oppure che non rientrano negli schemi ereditati dal
passato.
A questo punto come la mettiamo?
Tanti anni fa non c'era il divorzio, e la donna era la parte soccombente,
indifesa. Tanti anni prima dell'introduzione del divorzio, soltanto la donna
poteva essere denunciata per adulterio, l'uomo no.
Dunque le idee sulla famiglia lungo il Novecento italiano sono cambiate. Le
situazioni personali, reali, pure.
Ciò che una volta si teneva nascosto per paura di scandali, adesso viene alla
luce del sole.
E allora di quale famiglia vogliamo parlare? Di quella che funziona (sono
sposato da 40 anni, io)? O di quella che non funziona per tanti motivi:
dall'adulterio alle violenze a danno dei suoi componenti?
È meglio partire da slogan politici o da un esame dei problemi reali della
gente?
Ma oggi diventa terribilmente difficile discutere di tutto, anche delle cose
semplici che fanno parte della vita quotidiana di tutti, perché poi viene fuori
qualcuno a dire cose terribili. Leggete il Gramellini di oggi.

08/05/2007
Sarkò aiuta Prodi

Nicolas Sarkòzy, vincendo le elezioni presidenziali francesi, ha fatto una grazia


a Romano Prodi.

Se avesse trionfato Ségolène Royal, per il professore sarebbero nate tante di


quelle questioni «da sinistra» che avrebbe perso ogni possibilità di guidare il
difficile traino della carrozza governativa.

Appunto «da sinistra» i colleghi italiani gli avrebbero gridato che soltanto
seguendo il programma di madame Royal si sarebbe combinato qualcosa pure
qui da noi.

Mentre François Bayrou confermava di voler fare «al centro» un «partito


democratico» come quello italiano di centro-sinistra.

Sarkòzy ha tolto Prodi d'impaccio. Se attorno al nascituro Partito democratico


qualcuno «da sinistra» a Roma farà le bizze, Prodi potrà invocare l'esempio
della Francia.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 465

Ai suoi «centristi» il professore potrà poi ricordare che Bayrou è soltanto nulla
più di una promessa appunto immobile al centro.

Per cui l'unica soluzione ai problemi italiani resta lui, Romano Prodi. Uomo di
centro e di sinistra. Almeno secondo Romano Prodi.

06/05/2007/
Sconti ad azoto

Ieri era scontro. Un giornale lo indicava fra Berlusconi e Prodi. Un altro


quotidiano fra Rutelli e lo stesso Prodi.
La causa del contendere con il signore di Arcore, è la legge sul conflitto
d'interessi. Con il leader della Margherita, la questione dell'Ici sulla prima
casa. L'uomo di palazzo Chigi ha detto no alla sua abolizione.
Scontro? Va a finire che si è trattato soltanto di un errore di stampa. E che
tutto il problema (sia con gli amici sia con l'oppositore) si ridurrà nel trovare la
strada dello «sconto». La solita maniera di evitare appunto gli scontri. E di
mettere tutti d'accordo abbassando i prezzi. Con gli alleati nel governo e con
gli avversari in parlamento.
Bisogna capirli. Berlusconi conta soltanto nei comizi quando può sfoderare il
suo repertorio. Prodi sa in scienza e coscienza che il conto alla rovescia non
riguarda la sua amabile persona, ma il discorso politico di una maggioranza in
debito di ossigeno al Senato ed agitata dalla gestazione del Partito
democratico con annesse partenze di personaggi di rilievo.
Dei due sta meglio Prodi. Che conosce il messaggio con cui ad ogni nuovo
papa la Chiesa ricorda la vanità delle cose terrene: mentre brucia uno
stoppino, si pronuncia la frase «Sic transit gloria mundi».
Berlusconi invece si crede ancora l'ago della bilancia della «sua» destra,
ovvero di tutta la destra nel Paese. Ma non c'è più l'ago e qualcuno (Casini?)
gli ha nascosto persino la bilancia.
Al supermercato della politica, se Prodi fa lo sconto al cavaliere, ne riceve uno
pure lui per sopravvivere fino alle prossime elezioni (fra quattro anni).
Anche la questione del conflitto d'interessi sembra la vecchia storia
dell'ammuina: ci muoviamo per far paura al nemico. E Berlusconi deve urlare,
sbraitare, imitare se stesso per far vedere che in casa sua comanda lui.
Intanto allegramente ossigeno ed azoto si scambiano le parti nelle
rianimazioni ospedaliere. Credono di essere al governo.

04/05/2007/
Prezzo politico

A Rimini il costo della vita aumenta del 3,2% annuo contro l'1,5 nazionale.
Non è un fatto nuovo. Città cara lo è sempre stata, sin dagli anni Sessanta.
Città ricca anche grazie ad un tipo di economia molto sommersa. Sulla quale
si reggono le fortune di pochi. E dalla quale derivano i grattacapi di tanti. Cioè
di quelli che ad esempio debbono pagare affitti elevati.
Città nella quale la speculazione edilizia è diventata un fenomeno politico
incontrastato per un patto non tanto segreto di spartizione della torta. Per cui
se qualcuno osa impostare una campagna giornalistica contro, ci rimette il
posto. È successo. Era prevedibile. Non ha turbato nessuno. Anzi.
Immaginiamo i commenti. Hai visto quello venuto da fuori, chissà chi credeva
di essere.
E dietro sta un compromesso politico per nulla segreto, con due assessori
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 466
all'edilizia defenestrati perché contrari al troppo cemento, e poi un bel
risultato elettorale. Comunali 2006. Forza Italia perde il 52,13% dei voti,
mentre AN sale del 16,26. Una fetta del Polo vota per il Centro-sinistra. Segno
che con la sua precedente amministrazione il Centro-destra (od almeno una
sua parte) non se l'era poi passata così male.
Luglio 2006. L’ex candidato sindaco del Polo decide di non votare contro la
giunta ma di astenersi sulle linee programmatiche del governo cittadino.
Inciucio o preveggenza? Negli stessi giorni il presidente della Camera
Bertinotti dice alla «Stampa»: «Le difficoltà si possono superare allargando la
maggioranza di governo» con una discussione franca che «sotto traccia è già
in corso».
Il presidente del Senato Marini ricorre ad una contorta formula per invocare
più confronto con l’opposizione e meno voti blindati per addivenire a scelte
condivise.
A questo punto Rimini diventa una specie di simbolo del quadro politico
nazionale. Sembra anticipare una condizione di un accordo nazionale
bipartisan.
Ma a spese di chi? Di chi deve subire il vertiginoso aumento del costo della
vita, la gente delle classi non privilegiate, mentre aumenta la ricchezza di un
ceto vasto, che è senza differenza politica perché il lusso non ha tessera di
partito, omologa tutti tranne pochi critici guardati male e segnati a dito come
pericolosi sovversivi.

03/05/2007/
Grazie, grande Gram

Appena ho letto oggi pomeriggio la pagina della Stampa (cartacea) che


annunciava la pubblicazione dei suoi «buongiorni», ho inforcato la bici e sotto
la pioggia mi sono recato in città, tre-quattro km tra andata e ritorno, per
acquistare il volume.
Posso definirmi un Gramellini-dipendente. Ma ciò che mi ha catapultato (il
termine va preso ovviamente con le dovute cautele anagrafiche) verso la
libreria, è stato il titolo «Ci salveranno gli ingenui».

Ne sono convinto anch'io, perché invecchiando ho potuto constatare come il


tempo dei furbi duri non più di una stagione.
Ho avuto esperienze amare, di quelle che fanno agitare e magari ti procurano
una psoriasi. Poi dopo vedi che gli idioti più o meno utili sono costretti a
pagare il conto.

Ingenuo, mi hanno sempre detto certe persone, per sottintendere che sono
uno che secondo loro si farebbe fregare facilmente.
Beh, farsi fregare (da che mondo è mondo) non è un'arte che dobbiamo
imparare. Semmai un serafico esercizio da apprendere soltanto per aspettare
tempi migliori.

Poi dopo qualche tempo (o piuttosto dopo molto tempo) ti accorgi che
succedono cose strane, i fatti ti danno ragione, e chi ti ha fregato trionfa
soltanto nello splendore della sua malvagità in un'aureola odorante di fogna.

Prima o poi chi getta fango ne resta coperto.


La cosa che dispiace più non è censire l'esistenza di tanti stupidi che appunto
per non appare ingenui si credono, inutilmente, intelligenti. E che si attivano
caldamente nel fregare il prossimo. Ciò che lascia amareggiati sono i finti
tonti, quelli che vedono e vogliono far credere di esseri stati da un'altra parte.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 467

A costoro gli ingenui danno fastidio perché possono testimoniare all'universo


mondo la stupidità degli ignavi, degli eterni assenti perché pensano al
perbenismo del loro tornaconto. Anche quelli che per scelta e professione
dovrebbero servire la Verità.

Grazie grande Gram. Lei che è Massimo, non si offenda se la chiamo grande.

30/04/2007/
L'Europa e la Chiesa di Roma

Esimio prof. Pera, ho letto con grande attenzione il suo intervento apparso
sulla Stampa di stamani.
Non entro nel merito delle tante questioni che lei solleva partendo
dall'indimostrato assunto che l'Europa è «il vero nemico della Chiesa» di
Roma.

Mi soffermo soltanto sul passaggio in cui lei scrive che la stessa Chiesa «come
tanti, i più, ritiene che l’omosessualità sia un disordine morale e una a-
normalità, per ragioni culturali, genetiche, fisiologiche o che altro».
Poche parole ma che contengono una serie di grandi e gravi questioni che
però non si possono dibattere nel semplice luogo che è un blog.
Mi scusi se sarò forzatamente sintetico.

Anzitutto, un dogma religioso non ha bisogno della maggioranza democratica


per avere valore. «Come tanti, i più», lei scrive usando un argomento che
contrasta con lo spirito cristiano, con il Gesù venuto a combattere le opinioni
prevalenti nel suo tempo.

Questo dogma a cui lei accenna, riguarda il concetto di natura umana. Tutto
ciò che, dall'epoca medievale in avanti (dal cosiddetto aristotelico-tomismo),
si contrappone all'idea di perfezione intesa non come un dato risultante dai
fatti ma come un principio dichiarato a prescindere da quei fatti, è condannato
dalla Chiesa. Quindi nulla di nuovo se la stessa Chiesa, ufficialmente ferma
all'aristotelico-tomismo, condanna la sodomia.
Liberissima di farlo. Ma meraviglia che laicamente ci si sottometta al dogma
senza discuterne il contenuto.

La natura è perfetta?
Sabato sera ho ascoltato padre Alex Zanotelli ospite di Fabio Fazio.
Nel raccontare la sua esperienza pastorale svolta non tra le confortevoli
stanze delle nostre case, ma tra baracche africane abbandonate nel fango,
Zanotelli ha detto due cose sconvolgenti.
Ha definito Dio come Padre e come Madre (immagine già usata da Giovanni
Paolo I e censurata di recente da Benedetto XVI). Anzi come Papà e Mamma.
Poi ha ipotizzato la drammatica sofferenza di questo Papà che non può
applicare la sua misericordia a salvare dal dolore terreno le sue creature
proprio perché rendendole libere ha tolto a se stesso il potere d'intervenire
nella nostra vita fisica.

Forse Zanotelli è un eretico. Mi auguro che nessuno pensi a trattarlo come


tale, auspicandone una condanna al rogo.
Un'ultima cosa. È apparso di recente un volume del filosofo Pietro Rossi,
«L'identità dell'Europa» (il Mulino).
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 468
L'autore scrive che del patrimonio culturale del nostro continente fanno parte,
oltre alla democrazia liberale ed al libero mercato, anche altri tre elementi: «lo
sforzo di estendere la giustizia sociale, la tolleranza reciproca delle fedi
religiose, l'uso pubblico della ragione».

Sono tre prìncipi di straordinaria importanza. Soprattutto l'ultimo, quell'uso


pubblico della ragione, che concilia e riassume tutti gli altri. Ma esso si
contrappone al dogma religioso da qualunque fede provenga. È questo uso
pubblico della ragione che mi sembra sia da lei scambiato per l'atteggiamento
che si pone quale «nemico» della Chiesa di Roma.
Sarebbe interessante leggere una sua opinione su questi passi di Pietro Rossi.

28/04/2007/
Economist e cilicio della Binetti

Al settimanale Economist non tornano i conti. Il Pd italiano si richiama


all'esperienza politica di Clinton. Ma nel Pd c'è pure Paola Binetti che aderisce
all'Opus Dei ed indossa il cilicio.
Il periodico britannico aggiunge che Clinton non avrebbe mai usato il cilicio.
A parte l'ovvia irrisione protestante che si cela dietro la critica ad una persona
che si dichiara cattolica, osserviamo che neppure a noi personalmente piace il
cilicio.
Nella vita c'è già abbastanza da soffrire per non doversi procurare altri dolori
con artificio.
Molto probabilmente la signora Binetti ha avuto qualche dritta da Bush più che
da Clinton, per le sue dichiarazioni politiche e forse anche per il cilicio.
Lasciamo ad ognuno la libertà di portare tutti i cilici che vuole, ma nel
regolamento del nascente Partito democratico dovrebbe essere inserito un
punto in cui, circa queste scelte, si dovrebbe precisare che sono cose che, se
si fanno, però non si dicono.
Non si sa mai. Infatti ci potrebbe essere sempre qualcuno disposto ad imporle
come obbligo politico: un tanto del mensile da parlamentare al partito, ed un
poco delle proprie libertà intellettuali alla mortificazione spirituale mediante
strumento di tortura. Per legarsi alle radici cristiane dell'Europa.

Scritto il 28/04/2007/ alle 15:46 in Politica | Permalink | Commenti (3)


26/04/2007/
Bayrou e l’omlette romana

François Bayrou si farà un partito e lo chiamerà democratico, come quello di


Prodi Rutelli e Fassino. I quali si troveranno così in un bel guaio.
Per restare centrista (o come osserva argutamente Domenico Quirico, per
rimanere centrale nel gioco politico francese), Bayrou userà un’etichetta che a
livello italiano indica però non soltanto il centro dell’elettorato moderato
europeo, ma pure quella parte di sinistra che in Francia guarda a Ségolène
Royal.

Dunque l’etichetta di Bayrou turberà alla fine ancor di più gli umori italici.
Già c’era stato un equivoco tra Ségolène Royal e Prodi. Lei dice che lui andrà
domani venerdì a Lione. Lui risponde che non sa nulla poi aggiunge: le
manderò una cartolina (in video).

Adesso insomma le cose francesi rischiano di spaccare altre uova nella casa
«democratica» in costruzione a Roma. Ovvero una bella frittata.
Non so se la traduzione di omlette renda l’idea, ma la sostanza è quella. (I
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 469
francesi hanno l’equivalente della nostra frase «rompere le uova nel
paniere»?)

Comunque la morale della favola è questa. Quando parla il centrista francese


Bayrou s’agita il centrista italiano Rutelli, anche perché Bayrou tratta male
Berlusconi.
Al quale i «democratici» nostrani di governo stanno invece guardando con
simpatia per l’affare Telecom.

Bayrou ha accusato Sarkozy d’avere «qualche somiglianza» con Berlusconi,


quasi ricalcando il discorso fatto il giorno precedente da madame Royal. Per la
quale, Sarkozy «vuole un’Europa che non vogliamo, un’Europa ultraliberale
alla Berlsuconi».

In tal modo pure madame Royal inquieta i colleghi-compagni romani mentre


questi pensano appunto al Cavaliere come salvatore della Patria nel campo
nella telefonia nazionale.

Quando Fassino e Prodi guardano verso Parigi, tremano. Come quando


tengono d’occhio i loro dissidenti interni, in fuga verso l’appuntamento di
domenica prossima, detto degli «Uniti a sinistra». (Diceva Totò: «Ma mi faccia
il piacere!».)

Intanto si pensa alla gestazione del Pd nostro non di Bayrou. E si cerca di


capire il senso di quel motto «una testa – un voto».
A me sembra l’eco della discussione avvenuta nel 1789 agli Stati generali
francesi, sul voto non per «ordine» ma appunto per testa.
Quello per «ordine» avrebbe favorito nobili ed ecclesiastici. Il voto per testa
avrebbe fatto invece trionfare il «terzo stato», quello da cui nasce tutto
quanto succede poi.

Venendo all’oggi, i partiti hanno sostituito gli «ordini» dell’antico regime.


La proposta è di votare non secondo i partiti (cioè la loro consistenza
parlamentare odierna), ma secondo le «teste» degli elettori che s’iscriveranno
alle primarie a venire del Pd.

Tornando alle storie parallele di Parigi e Roma: Bayrou dimostra come


perdendo le elezioni non si abbandoni la speranza di condizionare il quadro
politico.
Se vivesse in Italia, lo chiamerebbero Andreotti.

23/04/2007/
Tra Parigi e Roma

La Roma politica che ruota attorno al governo ed al nascituro Partito


democratico, avrebbe potuto ricavare una tranquilla lezione ammonitrice dal
primo turno delle elezioni presidenziali francesi, se madame Ségolène Royal
avesse avuto più di quel 25,84% dei voti che ha conseguito. Un risultato che
tuttavia supera quasi di un punto quanto le accreditavano i sondaggi.
Invece a Roma si danno le solite contraddittorie interpretazioni come ai tempi
del «Candido» di Giovannino Guareschi, con il «visto da destra» ed il «visto da
sinistra». C’è una sola differenza. Adesso, le opposte valutazioni del voto
francese sono all’interno dello stesso Pd, non in schieramenti concorrenti. A
Parigi l’ago della bilancia si mostra il centro di Bayrou. A Roma nel Pd il centro
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 470
rutelliano che guarda a Bayrou, fa da bastiancontrario rispetto all’ala
fassiniana che plaude a Ségolène Royal. Dunque, una tipica situazione da
«fratelli coltelli».
Osserva il sociologo della politica Alain Touraine nell’intervista di stamane
fattagli da Domenico Quirico: «Ségolène ha realizzato un buon colpo ma ora
tutto dipende da Bayrou e dai suoi voti». Se il buon colpo di madame Royal si
ripetesse nel ballottaggio e lei la spuntasse su Nicolas Sarkozy proprio grazie
ai centristi di Bayrou, quali conseguenze si registrebbero in Italia nella
gestazione del Pd, è facile immaginare.
Per Roma, se il centro francese risultasse determinante, sarebbe (forse, mi
auguro di sbagliare) un indebolimento della nostra sinistra che guarda con
simpatia a Ségolène Royal. Però, se madame perdesse e trionfasse Sarkozy,
altrettanto probabilmente le cose andrebbero male per il nostro Pd.
Ci sarebbe sempre qualcuno pronto ad accusare il nome «socialista» della
candidata quale causa della sconfitta.
Se entrambe le ipotesi (vittoria o sconfitta di madame Royal) non vanno bene
per il partito Democratico italiano in gestazione, significa forse che, per chi ci
crede, si preparano giorni meno sorridenti di quelli vissuti a Firenze ed a Roma
durante lo scioglimento di Ds e Margherita.

18/04/2007/
Quell’Ulivo che fine farà?

Nei giorni di vigilia decisivi per le future sorti del Partito democratico, con lo
svolgimento degli ultimi congressi di Quercia e Margherita, forse sono troppi i
conti in sospeso per poter sperare in una serena gestazione della nuova
formazione. La quale dovrebbe raccogliere con entusiasmo riformisti e
moderati, insomma una specie di matrimonio d’interesse fra diavolo ed acqua
santa, del tutto improbabile se non addirittura improponibile dal punto di vista
logico. Ma si sa che spesso, nella storia e nella vita, non conta la logica. Talora
vincono i buoni sentimenti ed in altre occasioni trionfa la capacità di reagire
con durezza ai fatti che ci sono davanti.

I buoni sentimenti sono spesso causa di forti delusioni e fregature.


L’esperienza di ognuno potrebbe farne un catalogo illuminante. Figurarsi se
andiamo a vedere le vicende collettive. Una per tutte, lo sconforto che dopo
tangentopoli ha coinvolto tante persone perbene che s’erano illuse con il
programma riformista socialista craxiano, per superare l’eterno dualismo fra
biancofiore e bandiera rossa.
Ma anche la durezza ha le sue controindicazioni ed i suoi gravi effetti
collaterali. La storia politica italiana ne ha tanti esempi, riassumibili in quella
frase ironica e drammatica al tempo stesso, che usava Pietro Nenni: «Alla fine
c’è sempre uno più puro che ti epura».

Il centro-sinistra sta navigando faticosamente fra due scogli, quello della


conservazione sostenuta dai moderati e quello della fuga in avanti (per usare
formule vecchie ma spero comprensibili) di chi non vuole accettare lo status
quo, l’immobilismo e l’inerzia. E dicendo di non stare al gioco, se ne esce dalla
casa-madre non più sbattendo la porta ma avvertendo in anticipo con un
significativo galateo: guardate che ce ne andiamo.

Un tempo i moderati avrebbero risposto deridendo come Togliatti fece con


Vittorini. Oggi questo non basta più o non è più possibile. Oggi ai moderati,
proprio in virtù della loro posizione che dovrebbe essere elastica e non
dogmatica, tocca il compito certo difficile di comprendere che il dissidente di
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 471
casa propria non è un eretico, che la sua fuga indebolisce la possibilità di una
gestione «ulivistica» (insomma, tutti assieme appassionatamente), e che si fa
soltanto il gioco politico di una destra litigiosa, senza idee, in affanno costante
per barcamenarsi tra il peronismo berlusconiano e la necessaria visibilità dei
singoli leader delle piccole formazioni che però hanno grande capacità di
ricatto. Come dimostra il fatto che nella discussione sulla riforma elettorale la
soglia di sbarramento del 5 per cento è stata abbassata addirittura al 2 (cioè
praticamente a zero) per non scontentare nessuno.

Nelle settimane che passeranno tra gli ultimi congressi di Quercia e


Margherita per arrivare alla fase costituente del Partito democratico, le ragioni
dei dissidenti dovrebbero trovare ascolto, non per patteggiare alcunché ma
per comprendere la posta in gioco (drammatica) che richiama in un certo
senso quella del primo dopoguerra del secolo scorso.
Nel 1920 socialisti e popolari vinsero elezioni comunali e provinciali, dopo che
nel 1919 la vecchia maggioranza liberale era passata da 310 a 179 seggi. Nel
1919 socialisti e popolari ebbero 257 seggi contro i 251 degli altri partiti. Nel
1921 i socialisti persero 33 seggi, di cui 15 andarono al pci. I popolari con 108
seggi (+7) ed i fascisti al debutto con 35, furono collegati nel blocco nazionale
che raccolse in tutto 274 deputati. Gli agrari scelsero l’aiuto dello squadrismo,
e poi l’uomo di Predappio fece la marcia su Roma in carrozza letto.

Era lo stesso ottobre 1922 in cui i riformisti furono cacciati dal partito
socialista. Si chiamavano Turati, Treves e Matteotti. Il quale nel 1924, dopo
aver denunciato le illegalità e le violenze compiute dal governo a danno
dell’opposizione, fu rapito ed ucciso.

Oggi i contesti sono fortunatamente diversi. Ma resta la lezione. I dissidenti


non hanno torto per principio. Soprattutto oggi che la regola della discussione
democratica dovrebbe essere rispettata dai partiti per primi. Soprattutto da
quelli che debbono ancora costituirsi.

16/04/2007/
Ci ha provato

Embé, da San Pietroburgo Silvio Berlusconi ha tentato di farci credere che il


vero unico comunista (a denominazione controllata) non è Vladimir Putin, ma
Romano Prodi.

Embé, ha tentato, ma non gli è riuscito. E pensare che il Cavaliere s'era


informato anche con Massimo D'Alema. Il quale alzando leggermente il
baffetto di sinistra gli aveva quasi dato una speranza: «Comunista comunista
proprio no, ma Romano c'è quasi vicino».

Pure Rocco Buttiglione aveva suggerito qualcosa a Berlusconi, proprio nel


momento in cui, al congresso dell'Udc, lo aveva dichiarato decotto. L'Uomo di
Arcore aveva teso un orecchio sino a Fiuggi: se Rocco pensa che io sia il
passato, guarda senz'altro a Prodi per il futuro, e non tenendo più la destra,
anche il buon filosofo, amico del bel tempo che fu, andrà senz'altro a sinistra
con i feroci compagni moscoviti.

Nella serata trascorsa con Putin, dopo aver visto muscolosi atleti di arti
marziali, Berlusconi ha tratto un sospiro di sollievo ammirando (dicono le
cronache) ballerine in succinti costumi rossi. Quel colore gli ha suggerito un
pensiero: anche i «rossi» hanno la loro bellezza. Ma pensando a Prodi, s'era
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 472
rimangiato il pensiero.

Infine sono arrivate le cariche della polizia di Putin (vero democratico per
Berlusconi) contro i dissidenti. E Silvio ne ha tratto conforto. Prodi non va
proprio bene per l'Italia.

10/04/2007/
Prodi e Strada

La vicenda drammatica di Adjmal Naqshbandi, l'interprete di Daniele


Mastrogiacomo ucciso dai talebani, divide Gino Strada da Romano Prodi.
Si ripete come sempre il dramma della Storia. Le ragioni dell'umanità
soggiacciono a quelle della politica.
Le ragioni dell'umanità sono destinate a perdere, dovunque. Quella della forza
non vincono mai, anche quando trionfano.
Quelle della politica non si sa se vincano o perdano assieme. La politica è
l'inganno, la parola di meno o la parola di troppo. La storia è frutto e vittima di
questo inganno. I politici alla fine hanno sempre ragione. Tuttavia nel tempo
vincono soltanto le ragioni dell'umanità, non quelle dei leader o dei capi di
governo.
A Mario Lozano, il soldato Usa che da un check point a Baghdad sparò contro
l'auto dove viaggiavano Nicola Calipari (rimasto ucciso) e Giuliana Sgrena, i
politici hanno insegnato che se non uccidi ti uccidono.
Lui ha eseguito, ha obbedito: «Se esiti, torni a casa in una bara. E io non
volevo tornare a casa in una bara. Ho fatto quello che avrebbe fatto
qualunque soldato al mio posto».
Poi con una terribile osservazione tutta politica cambia discorso a proposito di
Giuliana Sgrena: «Sono sicuro che la sua vita non è come la mia: lei fa i soldi,
è famosa».
Sembra di ascoltare un commento tutto italiano.
Stamani l'articolo di Giulietto Chiesa sulla Stampa terminava con queste
parole a proposito di Gino Strada: «Ugo Intini ha detto che "Gino Strada è un
uomo esasperato"», un po’ meno volgare di Berlusconi che parlò di un
"chirurgo confuso"».

06/04/2007/
Se un giovane ci lascia così

Egregio professor Marcello Pera.

Lei ha scritto sulla Stampa di ieri che l'Italia corre un «rischio clericale».
È un articolo interessante, intelligente, cauto, arguto.
Da filosofo come lei è. Ma si sa che i filosofi oggigiorno parlano e scrivono a
pancia piena (per fortuna).
Ma per sfortuna ci sono persone che soffrono a pancia vuota, e talvolta la loro
storia finisce come quella del giovane torinese che ha preferito la morte ad
una vita che gli era diventata insopportabile.
Lei prof. Pera ci rassicura. In Italia abbiamo una «rinascita del sentimento
religioso».
Di questa «rinascita» la politica dovrebbe comprendere «le ragioni profonde»,
facendosene interprete ed affidando a quella rinascita «un compito
rigenerativo contro la crisi che in Occidente stiamo attraversando».
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 473
Al contrario di lei ritengo che la Filosofia debba più seminare dubbi che
suggerire certezze o conferme a quello che ci frulla in testa.
Adesso, professore, spieghi lei alla madre di quel ragazzo alcune cosette che
lei ha scritto: che l'Occidente è in crisi, ma che in Italia abbiamo una «rinascita
del sentimento religioso».
Lei dice giustamente che i vescovi non debbono credersi dei politici. Non
leggo però che i politici non debbono credersi dei vescovi. Lei suggerisce nel
solenne latino della formula, di vivere «velut si Christus daretur».

Lasciamo formule, latino, codici di Diritto canonico, e pensiamo a quel ragazzo


che si è tolto la vita. A lei, professor Pera, suggerisce l'idea che è vittima della
crisi dell'Occidente, oppure di equivoche interpretazioni sul ruolo della laicità
nella politica, oppure di qualche discorso ecclesiastico andato giù troppo
pesante a proposito di certi temi recenti?
Ci (si) spieghi, per favore.
Quel ragazzo ha visto il rischio di vivere (male) e ci ha lasciati.
L'argomento, professore, interessa ai Filosofi anno Domini 2007?

02/04/2007/
Se piangi, se ridi

Se piangi, se ridi... diceva una canzone di successo. Ognuno ha i suoi buoni


motivi per scegliere una delle due strade emotive.

Elisabetta Gardini era allegra giovedì 29 marzo e confidava le ragioni del suo
buonumore: «Il presidente ci ha come resettato il cervello. Ripulito, ecco».
Sentir dire una signora che era lieta perché le avevano ripulito il cervello,
lasciatemelo dire, fa un certo effetto. Ancor più che se lo avesse proclamato
un distinto signore afflitto dal mestiere di portaborse.
Lei, che è una portavoce, fa degnamente il suo mestiere. Le dicono di ripetere
a pappagallo una certa cosa, e lei obbedisce. Come darle torto? Pur tuttavia,
non mi convince la signora Gardini quando batte i tacchi (a spillo), allunga le
mani sui fianchi stando sull'attenti e sembra l'incarnazione aggiornata del
credere ed obbedire che una volta (anticamente) era di destra, poi in tempi
più recenti anche di sinistra, all'epoca dei trinaraciuti su cui scherzava
Giovannino Guareschi.

Più emozionante il pianto di ribellione con cui Katia Zanotti al congresso


bolognese della Quercia, ha sigillato il suo addio ad un partito che lei
guardava mirando alla base e non al vertice come la sua collega Gardini.
Sono storie diverse, Katia Zanotti si farebbe fucilare prima di dire (o soltanto
pensare) quello che invece rallegra Elisabetta Gardini. La quale non discute su
nulla, il partito sta nella volontà del capo che guida e resetta i cervelli.
Peccato che la portavoce di Berlusconi dimentichi che, mezzo secolo fa,
l'accusa di portare i cervelli all'ammasso, era proprio diretta a quei
«cumunisti» che il cavaliere vede dovunque. Accusa che adesso può attribuirsi
anche ai suoi seguaci. Se ci pensa bene, guardandosi allo specchio, dopo le
parole della sua portavoce, Berlusconi può pure lui definirsi un «cumunista».
Ed essere soddisfatto di incarnare governo ed opposizione. Prendi due e paghi
uno.

Al supermarket della politica italiana, il pianto di Katia Zanotti (giusta o


sbagliata che sia la sua scelta nel partito) fa intravedere un senso di umanità
che spinge ad augurare alla signora Gardini d'andare a fare quattro
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 474
chiacchiere con la collega di Bologna. Ma questa volta senza farsi resettare
nulla.

31/03/2007/
Dignità è donna

Dignità è donna. In politica. Due casi. E due lettere indirizzate allo stesso
quotidiano di Roma.

La prima del 31 gennaio è firmata da Veronica Berlusconi (all'anagrafe Miriam


Bartolini) che scriveva al marito, Silvio Berlusconi, non avendo occasione di
trovarselo di fronte per dirgliene quattro sulla faccia.

La seconda del 28 marzo, è di Livia Aymonino, consorte di Silvio Sircana,


portavoce del governo, fatto oggetto di attenzioni fotografiche al limite del
ricatto.

Berlusconi era stato galante con alcune attriccette della televisione durante
una pubblica cena.
Miriam Bartolin ha tagliato corto: le parole del marito (per apprezzare la
bellezza delle fanciulle), lei le considerava «lesive» della sua «dignità», e non
«scherzose esternazioni».

Livia Aymonino ha scritto: «Bisogna stare dritti. Quando ondate di fango, di


parole, di dolore, di nulla ti travolgono a tua insaputa, malgrado te, bisogna
stare dritti perché se ti pieghi hanno vinto loro, le calunnie, le parole, il fango,
il nulla».

Morale. Con poche parole due signore, tirate indirettamente per i capelli alla
ribalta della cronaca, hanno detto con una chiarezza morale esemplare il loro
pensiero per condannare idiozie che non gradivano. Miriam Bartolini si riferiva
al comportamento del marito, Livia Aymonino alla campagna diffamatoria
contro il marito.

Entrambe hanno costruito tutto il loro discorso attorno al tema della «dignità»,
parola usata espressamente da Veronica Berlusconi e parola richiamata da
Livia Aymonino indirettamente sia nel concetto che «bisogna stare diritti» se ti
tirano il fango, sia nel suo dichiarare fiducia alla «onestà specchiata e
intellettuale» del marito.

Dobbiamo essere grati a Miriam Bartolini ed a Livia Aymonino del loro


coraggio nel dire in pubblico cose che non riguardano soltanto loro e le loro
famiglie. Alle quali auguriamo quella serenità di cui la vita pubblica italiana ha
grande bisogno.

29/03/2007/
Le vecchie zie

Cari lettori, dalla redazione ricevo una mail: il mio blog è finito «linkato in
modalità fissa» nella pagina di «Politica» del sito StampaWeb.
Sono commosso (sinceramente) e preoccupato. Da vecchio cronista so che
occorre essere sempre all'altezza della situazione, in ogni momento. Questo
mi costringe a non prendere sottogamba né il blog né l'onore che ricevo dalla
segnalazione.
Dico tutto ciò non per smanceria, ma per scusarmi in anticipo con eventuali
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 475
navigatori delusi o disillusi.

Andiamo ad incominciare questa nuova fase, partendo da una foto di


quest'oggi: il creativo cinese Zhu Fei, alla gara di design di gioielli a Pechino,
ha presentato un paio di occhiali d'oro che lasciano vedere ben poco.

Sono adatti a rappresentare l'odierno quadro politico italiano.


Dove si osserva molto, si vede poco e si capisce ancor di meno.
Fuori di metafora: democrazia è comunicare, farsi intendere, non imitare il
gatto che gioca con il topo e magari poi arriva una vecchia zia che prende
entrambi a ciabattate.

A noi piacciono le vecchie zie dappertutto tranne che in politica.


L'Italia in politica purtroppo abbonda di vecchie zie che sanno tutto, spiegano
tutto, pretendono tutto e scambiano il cielo per il loro cervello.
Ovvero ci fanno solenni ramanzine per dichiarare che tutto quello che fanno
gli altri è sbagliato. Non se se può più.

Le vecchie zie hanno i portafogli pieni, la sapienza filosofica a dispense, il


rimedio a tutti i mali senza ticket sanitario.
Nella pagina della politica, sotto il titolo del mio blog, c'è quello «Amarcord
Cinquecento» che unisce una parola nata nella mia città (Rimini) come titolo
del celebre film di Fellini, a quello dell'auto su cui ho imparato a guidare.
La «Cinquecento» della Fiat ha fatto più, per creare democrazia tra la gente,
di tanti governi d'ogni colore.

Le vecchie zie non amano la «Cinquecento», preferiscono carrozze tirate dai


cavalli, quelle di quando la gente stava a dieta per mancanza di cibo, e
stendeva la mano a chiedere elemosina.
È questa l'Italia che sognano le vecchie zie. Ritroviamo lo spirito della
«Cinquecento», ed andiamo avanti con la dignità che si richiede a tutti in una
avventura comune.

24/03/2007/
Bada come parli!

L'altro ieri ho letto il post interessante di Max Giordani su Gino Strada.


Ho visionato qualche commento. Mi ha impressionato quello di una persona
che non si firma con il suo vero nome, ma come Grisostomo.

A cui Max ha risposto: «Non accetto chi, protetto dall'anonimato, si comporta


come le donnicciole isteriche permettendosi insulti».

A mia volta ho commentato:


"Hai scritto, ed a ragione, «Non accetto chi, protetto dall'anonimato, si
comporta come le donnicciole isteriche permettendosi insulti».
Sottoscrivo, dunque.
Da sempre sul Web combatto contro l'anonimato, segno di un esibizionismo
patologico (altro che porno in tv!).
Combatto al punto che ormai mi rassegno a scrivere poco o nulla d'attualità
per non lasciar spazio ai cretini."

Orbene: questo Grisostomo mi inviato una mail per chiedermi se volevo


essere querelato.
Mia mail di risposta:
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 476
«Egregio architetto,
le chiedo scusa se lei si è sentito offeso da un discorso che ho fatto
genericamente circa il web e certe usanze degli utenti.
C'è un malinteso di fondo. Non si può avere colpa se si parla di anonimato non
conoscendo in calce ad un testo letto nome e cognome della persona che
scrive.
Credo che lei possa convenire su questo fatto che non riguarda la sua persona
di cui ignoro tutto, essendo possibile sul web spacciarsi per quello che non si
è...
Credo che su questo aspetto non ci siano dubbi.
Dal punto di vista giuridico il reato di diffamazione si configura soltanto
quando si dichiara l'identità legalmente anagrafica. Se lei che si chiama
[omissis] dichiara di essere Grisostomo non può pretendere di non essere
considerato un anonimo, ma soltanto di presentarsi con uno pseudonimo di
cui dovrebbe rispondere penalmente se dichiarasse cose perseguibili, dato
che si può risalire con l'IP a chi commette un reato per via informatica.
Abbia la più sincera espressione del dispiacere creato dall'episodio.»

19/03/2007/
Privacy diseguale

Le cronache giudiziarie, politiche e mondane registrano gli interventi


dell'Autorità per la tutela della privacy, dopo che è successo un fatto od un
fattaccio che ha avuto Scrivere_2 per protagonista un uomo politico.
Il quale non ha commesso nessun reato, tranne che una mancanza di cauto
buon gusto girando di notte per certe strade.
A me preme sottolineare il fatto che quell'Autorità per la privacy si è
prontamente mossa.
Se un privato cittadino le si rivolge non trova ascolto, mentre gli uomini
pubblici sono immediatamente tutelati.
Due anni fa una lettera con notizie false aveva fatto chiudere un mio sito
come illegale.
Il gestore del sito aveva ricevuto la dimostrazione che quelle notizie erano
false, ma non aveva mosso un dito per riaprire il sito.
Il Garante della privacy non mi ha nemmeno risposto.
A gennaio è finito in carcere chi aveva fatto scrivere la lettera con le notizie
false a mio danno.
Il gestore del sito lo ha riaperto ancora prima di sapere che l'avvocato che da
Milano aveva scritto e formato la lettera con le notizie false sarà tra poco
processato a Rimini (dove abito) per diffamazione a mio danno.
Signor Garante, ma lei chi garantisce? Solo i potenti del Palazzo o del mondo
mondano?

13/03/2007/
Elezioni, Prodi deve tacere

Anche le parole e le espressioni della politica sono soggette a logoramento.


Anzi, la stanca ripetizione di formule ne favorisce un deperimento ben più
veloce e grave di quello fisico a cui tutto è naturalmente assoggettato. Nel
bagagliaio della cronaca di questi ultimi giorni è stata deposta anche la valigia
della «riforma elettorale». Di cui si legge che è stata inserita nel calendario
delle attività di governo.
L’agenda del premier Romano Prodi si è così arricchita di una nuova voce,
giudicata strumento strategico per sopravvivere. Una specie di carota (la
riforma del sistema elettorale) davanti all’asino (gli elettori e l’opposizione) da
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 477
condurre sino alla fine naturale della legislatura.
Lasciamo da parte queste interpretazioni da «visto da destra» e «visto da
sinistra», per cui ogni atto è giudicato secondo una supposta convenienza di
parte, finalizzata a raccogliere i frutti del lavoro compiuto od impedito (mors
tua, vita mea). L’Italia, e non soltanto da oggi, è giunta ad un grado tale di
crisi di governabilità che non basta più proclamare prima e dopo i pasti
principali secondo il rito telegiornalistico, che tutto va rifatto, mutato, rivisto.
Occorre che ci si renda consapevoli che già un precedente esperimento di
«bicamerale» non è approdato a nulla, che non spetta ad un governo inserire
in agenda la riforma elettorale, che infine la posizione centrale del
Parlamento nell’organizzazione politica dello Stato fa sì che il governo governi
e le Camere legiferino.
Non deve essere il capo dell’esecutivo (un nome, un destino) a guidare il gioco
del mutamento. Si corre il rischio, se si ha in Parlamento una maggioranza
forte, di far nascere una legge elettorale che potrebbe essere definita (cosa
già successa) una bella «porcata», favorendo il governo in carica nella
successione a se stesso (non verificatasi fortunatamente con la precedente
riforma).
In caso contrario, con un leader a palazzo Chigi che fatica a far tornare i conti
dei seggi di un ramo del Parlamento (come sta succedendo al Senato con
Prodi), si potrebbe tentare una soluzione compromissoria rivolta a salvare
capra e cavoli, e non a tutelare il rispetto della Costituzione ed i diritti degli
elettori. Ai quali ora è tolto ogni giudizio sui candidati, con la predestinazione
degli eletti in base alle scelte dei partiti in lizza.
Il rispetto della Costituzione si ha soltanto se ci si ricorda dei limiti posti
dall’art. 71 della Carta fondamentale: al governo è riconosciuto il diritto di
«iniziativa» delle leggi, mentre (art. 76) non può essergli attribuito l’«esercizio
della funzione legislativa».
Se un premier comincia a trattare con l’opposizione sul testo di una legge di
riforma elettorale che deve discutere il Parlamento, sembra uscire dal
seminato costituzionale dell’art. 71 (il diritto di «iniziativa») per invadere un
campo non proprio che però non è quello previsto dall’art. 76 («esercizio della
funzione legislativa», ma «soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti»),
bensì il terreno più vasto ed indeterminato dell’opportunità tutta politica di
tenere rigidamente distinti ruoli e figure dell’impianto costituzionale dello
Stato.
Quindi da palazzo Chigi era preferibile far partire un invito al Parlamento
attraverso il ministro che ne regge i rapporti e che dovrebbe curare (secondo
la dizione ufficiale attuale) pure le «Riforme istituzionali», al solo scopo di
promuovere l’azione di Camera e Senato, senza l’intervento diretto del
presidente del Consiglio.
Prodi è una delle parti in causa. Deve governare, e basta, non può contribuire
a discutere con l’opposizione una legge da cui dipende non il futuro personale
del capo di governo ma quello generale di tutta la rappresentanza politica
dello Stato che si trova già formalmente e sostanzialmente presente nei due
rami del Parlamento.
Prodi si è precostituito una via di fuga parlando di «dibattito informale». Ma
non basta. Non deve mettere né naso né bocca nella legge di riforma
elettorale, altrimenti diventa un leader alla Berlusconi, diverso da quello che
abbiamo votato alle primarie e fatto salire al ruolo di capo del governo alle
passate elezioni politiche.
Antonio Montanari

11/03/2007/
Potere blogger
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 478

Tutto il potere ai soviet, disse uno. Non lo imito dicendo: tutto il potere ai blog.
Per carità. Però anche i blogger nel loro piccolo, come le formiche di quel
famoso libretto einaudiano, possono “alterarsi”. Ed alla fine ottenere qualche
risultato.
La storia in breve è questa. Sui quotidiani locali e nazionali appare un
comunicato in cui si dice che nella mia città è stato «ritrovato» un manoscritto
del XVII secolo. La notizia, detta soltanto così, è una balla bella e buona.
«Ritrovato un corno», semmai ne è stato identificato l’autore. Chiedo lumi ad
un funzionario responsabile. «Ritrovato significa identificato l’autore, non il
rinvenimento fisico dell’oggetto?». Mi si dice che è così. Oltretutto se l’oggetto
«ritrovato» fosse stato materialmente rivenuto avrebbe voluto dire che era
andato perduto, e la gente si sarebbe chiesta: ma come si fa a perdere un
manoscritto in una pubblica istituzione destinata alla conservazione dei beni
culturali?
Dunque, nulla di drammatico (perdita e ritrovamento), ma soltanto
l’attribuzione certa della paternità dell’autore (un illustre sconosciuto ai più) di
quel manoscritto. Benissimo.
Però il comunicato contiene un’altra affermazione da contestare: di quel
manoscritto si erano perse le tracce dalla fine del 1700. Falso. Quel
manoscritto appare in un catalogo ottocentesco con il nome del suo autore, a
cui oggi se ne attribuisce la paternità. Ed appare pure in uno studio recente
(1986) sui manoscritti lasciati nel XVIII secolo alla città da un suo figlio illustre,
il cardinal Giuseppe Garampi.
Tutta la novità della scoperta del 2007 sta nell’aver identificato la
corrispondenza tra il manoscritto e la sua edizione a stampa. Novità seria ed
importante per gli specialisti. Quindi una scoperta c’è stata, ma non nei
termini con cui è stata presentata alla stampa. Ma la colpa è di chi ha scritto il
comunicato, non di chi (come noi) lo ha letto sui giornali chiedendo lumi agli
esperti.
Quando il discorso appare sopra un blog “ufficiale” curato dal sottoscritto, si
aprono le “danze” delle polemiche sia scritte sia sgraziatamente orali alla
presenza di estranei.
Morale della favola: anche un piccolo blog può servire a qualcosa, soprattutto
se fa agitare chi non la racconta giusta.
Non “tutto” il potere ai blog, dunque, ma soltanto quello di controllare quanto
si legge sui quotidiani per verificarne l’esattezza. Più odiano noi blogger, più
possiamo sentirci utili.

08/03/2007/
San Marino. Capo dello Stato? No, sei disabile.

Capo dello Stato? No, sei disabile. Succede a San Marino, dove i capi di Stato
sono due, si chiamano Reggenti e durano in carica sei mesi.
Mirko Tomassoni era candidato per il semestre che si inaugura il primo aprile
2007. Lo hanno scartato. Non può accedere al trono della Eccellentissima
Reggenza con la carrozzina su cui deve muoversi. Quindi non può governare.
Semplice, no?
San Marino con orgoglio si proclama «L'antica terra della Libertà».
Ovviamente sei «libero» soltanto se sei libero anche di muoverti. Come invece
non può fare Mirko Tomassoni. Che quindi tanto «libero» benché sammarinese
non è.

07/03/2007/
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 479
Rimini, politici hard

Alcuni consiglieri comunali di Rimini visitavano i siti porno utilizzando


computer dell'amministrazione pubblica. La denuncia viene da Antonella
Beltrami, assessore ai servizi informatici del Comune di Rimini. La riporta il
quotidiano Corriere Romagna di oggi. Gli episodi, come precisa la signora
Beltrami (nella foto), risalgono a «qualche anno fa».

01/03/2007/
Coppola e Rimini

Come in tutte le storie che si 'rispettino' anche in questa dell'arresto di Danilo


Coppola, la mia città, Rimini, c'entra.
Basti citare la dichiarazione ufficiale del sindaco che riporto qui sotto.
Di mio aggiungo che l'imprenditoria riminese è troppo disinteressata alla sua
città, ed allora si aprono le porte a conosciuti e sconosciuti che vengono da
fuori facendo tremare un'economia già in affanno di suo.
Ma di questo non si vuol parlare perché non è un argomento politicamente
corretto. Insomma tutto fa brodo, e poi dobbiamo leggere le parole del primo
cittadino per quest'occasione di cronaca nera.
Ecco che cosa ha scritto in un comunicato ufficiale delle 15:11 il sindaco
Alberto Ravaioli:
“La notizia dell’arresto di Danilo Coppola crea più di una preoccupazione nella
comunità locale, visto che lo stesso è a capo del gruppo imprenditoriale
italiano che di recente ha acquisito il Grand Hotel di Rimini.
Allorché fu ufficializzato l’acquisto dell’albergo, dichiarai pubblicamente che la
nuova proprietà avrebbe dovuto tenere conto della storia e del ruolo
fondamentale che il Grand Hotel riveste per Rimini. Avevo aggiunto che avrei
attivato un confronto con la nuova proprietà per essere messo a parte dei
progetti e delle iniziative in grado di consolidare la magia di un simbolo
davvero patrimonio della collettività riminese. Devo dire che, nonostante le
numerose sollecitazioni, in questi mesi non ho mai avuto risposte in tal senso.
Le notizie odierne dei guai giudiziari che hanno investito Danilo Coppola hanno
dunque una ovvia ricaduta sul Grand Hotel il quale- è l’auspicio che come
Sindaco di Rimini mi sento di fare- ha assoluta necessità di non cadere in
labirinti che rischierebbero di comprometterne il futuro e dunque la valenza
per l’intera città.”

25/02/2007/
Sanremo è nato a Rimini

Il primo festival della canzone di tenne nella mia città, Rimini (1936-37).
Nel '36 il cronista del "Corriere Padano" (che non aveva ancora ascoltato
l'esecuzione dei motivi, ma parlava per sentito dire), si soffermava sulla
fragilità di certi versi non sufficientemente fascisti in apparenza: "Vorrei
toccare le tue coscette fresche…".
Altre notizie si leggono qui:
http://www.webalice.it/antoniomontanari1/arch.2004/arch3/marinacentro/mari
nacentro.08.html

24/02/2007/
Dico Binetti

Paola Binetti è stata intervistata sulla Stampa di stamani, 24 febbraio 2007.


Ho la cattiva abitudine di leggere soltanto le risposte, nelle interviste.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 480
Per cui ho compreso che la Binetti ha ringraziato il Padreterno perché è caduto
il governo Prodi. Che lei e i suoi colleghi di partito lo hanno aiutato soltanto, lui
gli ha detto lavorate e loro hanno lavorato. Che non hanno ricevuto nessuna
telefonata da lui. Che invece la Binetti si è sentita con lui.
A questo punto ho dovuto leggere anche le domande.
Chi ha detto di lavorare non è stato il Padreterno, ma Rutelli.
Chi non ha telefonato è stato il cardinal Ruini.
Quello con cui si è sentita la Binetti, è stato Mastella.
Va bene, ho fatto confusione io, ma non scherza neppure la Binetti che
mescola Padreterno e Mastella passando per Rutelli (quello che li ha fatti
lavorare) ed addirittura Ruini, l'ingrato che non ha telefonato.
Tutto bene, ma si potrebbe (pure se si è la Binetti) rispettare il
comandamento: “Non pronunciare il nome di Dio invano” (Dt 5,11).

Post scriptum.

Ho "smoderato" i commenti. Ma come si leggeva nelle inserzioni matrimoniali


di mezzo secolo fa, «astenersi perditempo».

Chi scrive per offendere sappia che sarà cancellato, per rispetto al sito che ci
ospita ed alle sue regole.

17/02/2007/
Noi fancazzisti contro il cemento di Rimini

Lettera inviata al Corriere Romagna (e pubblicata il 19 febbraio)


Contro il cemento, Rimini ha reagito così

Tutta la Gallia è divisa in tre parti, scrisse Giulio Cesare all’inizio di un’operetta
che si faceva leggere e tradurre mezzo secolo fa ai poveri studenti alle prese
con i latinucci delle Medie ante-riforma. Prendo a modello la prosa dell’illustre
condottiero che dalle nostre parti passò. E che proprio nel foro di Rimini
arringò i suoi soldati dopo aver superato il Rubicone.
Prendo a modello Giulio Cesare per sostenere non senza fondamento che
anche la popolazione di Rimini (o quasi tutta) si può dividere in tre parti: i
silenti, i mugugnanti ed i parlanti.
Le prime due categorie hanno in comune l’intenzione di non arrecare danno a
loro stesse, consapevoli del fatto che aver il coraggio di parlare non è la stessa
cosa che aver il coraggio di far male ai propri affari.
Silenti e mugugnanti infatti pensano soltanto alle proprie tasche. Con la
differenza che chi non parla in pubblico può anche sussurrare in privato.
Mentre chi manifesta qualche malcontento borbottando davanti a tutti, può
mirare a salvarsi l’anima, facendo finta di essere aperto a criticare il prossimo.
Ma in realtà pensando bene di non esporsi troppo arditamente. Per cui forse
potrebbe essere anche ben più pericoloso dei colleghi silenti. I quali
semplicemente tacciono, mentre il mugugnante s’inventa un ruolo di recita
finalizzata al proprio interesse e non a quello collettivo.
La terza ed ultima categoria, quella dell’«homo ariminenis loquax» (da non
intendersi secondo quanto suggeriscono i dizionari classici, come
«chiacchierone», ma semplicemente come «colui che parla»), risulta
storicamente composta soprattutto da ingenui e temerari individui che hanno
il coraggio delle loro opinioni e non si spaventano se debbono manifestarle,
nei dovuti modi della civiltà e della correttezza, davanti al tribunale della
Pubblica Opinione.
Orbene, nella vicenda del motoraccio immobiliare, la mia teoria sulle tre
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 481
specie di concittadini (i silenti, i mugugnanti ed i parlanti) ha trovato ferrea
conferma.
Molti politici hanno parlato in ritardo sui tempi di una decenza pubblica che
risiede nel principio di fare gli interessi della collettività, e non quelli di questo
o quel potentato economico. Molti altri non hanno detto nulla. Alcuni hanno
finto di parlare, con quell’abilità che serve indubbiamente a scalare le vette
dell’oratoria cattedrattica o congressuale, ma che si ferma nel concreto d’ogni
giorno sulla soglia del principio evangelico di scegliere tra il sì ed il no per non
farsi prendere la mano dal demonio.
Qualcuno s’è azzardato e si è tirato indietro, come quando si viaggia in treno e
si guarda fuori dal finestrino, ma poi si scopre il cartello ammonitore che vieta
quel gesto, pena la multa da parte del controllore.
Molti, invece, hanno parlato per merito di questo giornale che li ha ospitati e
che ha favorito ed incoraggiato il dibattito.
Avendo partecipato dalle colonne del «Corriere» a questo stesso dibattito, non
ho però bisogno di appuntarmi sul petto la coccarda del parlante. Ma solo
quello di confermare ai pubblici amministratori che noi cittadini non staremo
zitti, anche se siamo stati già additati a pubblico ludibrio come scansafatiche
che, anziché sobbarcarci il peso di un impegno amministrativo, stiamo in
panciolle a criticare quanto i nostri rappresentanti eletti concepiscono,
sudando nelle segrete stanze del Potere.
Saremo scansafatiche (o «fancazzisti» come scrivono modernamente), ma
intanto qualcosa abbiamo combinato pure noi, lasciatecelo dire. Abbiamo
fermato (si spera…) una rovinosa colata di cemento in questa città dove
parlare ha un prezzo, e dove silenzio e mugugni sono sempre stati
regolarmente ricompensati a tassi da usura.
Antonio Montanari
Rimini

11/02/2007/
InterneTEPPISTI

Leggo nel blog sui nostri blog un interessante intervento di Fabio, autore del
blog metamorphosis, che ho commentato con il testo che riproduco qui:

"Sottoscrivo, con un'aggiunta personale che è utile a tutti.


Il mio post sui "Tagli alle pensionate" ha provocato un'infinità di commenti,
oltre 40.
C'è chi è stato educato, ma si sono pure manifestati gli incivili di cui parlate
qui sopra.
Volevo fare un intervento nel mio blog, mi sono finora trattenuto.
Ho fatto bene perché vedo che non sono il solo a sentirmi deluso e tradito.
Con Fabio pure io dico: «Basta con la violenza verbale!».
Un lettore che aveva scritto un commento nel mio blog è stato offeso. Lo
stesso lettore mi ha spedito questa mail che vi propongo:
«Caro Antonio, il tuo appello iniziale alla pacatezza non è stato accolto da certi
tuoi lettori. Un tal Marco mi ha attaccato sul tuo
blog in modo alquanto arrogante. Anche se non sono state usate parole
volgari il tono denotava una mancanza di rispetto non degna di un dibattito
civile. Sono state usate espressioni come "levati il prosciutto dagli occhi" e
"spero che tu possa lavorare gratis". Si possono avere anche idee diverse ma
è bene moderare i toni e tenere le debite distanze. Scusami se ti scrivo ma
sono veramente amareggiato. Ti rinnovo la mia stima, cordialità, Fabio.»
Forse è lo stesso Fabio del quale si parla nel post.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 482
Ho mezza voglia di non scrivere più nulla.
Per ora lascio quei commenti a testimonianza del problema, nei prossimi
giorni cancellerò tutto.
E se continuo, non lascio i commenti liberi.
L'intervento che mi proponevo di fare poteva avere come titolo
"InterneTEPPISTI".
Se vi piace ricopiatelo ed aderite ad una campagna di civilizzazione, cortesia e
correttezza nella comunicazione sui blog."

08/02/2007/
Tagli alle pensionate

Finalmente giustizia è fatta!


Alle pensioni di reversibilità versate alle vedove di dipendenti statali, è stato
imposto un taglio del dieci per cento.
Essendo io il pensionato statale, tocco... ferro, e mi auguro lunga vita.
Ma ai signori che governano e che ho lietamente votato, dico: attenzione, non
fateci fessi, perché noi elettori possiamo e sappiamo vendicarci.
Se avete bisogno di soldi, andate a stanare gli evasori fiscali dai quali siamo
circondati, e non rapinate le già scarse nostre sostanze.
Per il momento vergognatevi.
Per il seguito non voglio dirvi pentitevi, perché non voterò mai a destra. Ma
forse non voterò la prossima volta. State dimostrando che è del tutto inutile
scegliere un partito, una linea, un programma.

05/02/2007/
Calcio e affari

Il cosiddetto sport del calcio tiene banco a livello nazionale per le


drammatiche (e non imprevedibili vicende di Catania).
Nella mia città, Rimini, il calcio è al centro di infuocate polemiche perché con
la scusa di far costruire un nuovo stadio (nella foto il vecchio "Romeo Neri"), si
sta minacciando una terribile colata di cemento quale ricompensa per gli
immobiliaristi interessati all’iniziativa.
La contropartita iniziale parlava di trecento appartamenti, adesso siamo
arrivati a 1.700, perché nel frattempo allo stadio sono stati aggiunti una pista
di atletica ed un palazzo per la danza.
Il malumore della città è stato interpretato da molti interventi, tra cui quelli del
sottoscritto sul quotidiano locale Corriere di Romagna.
I politici non gradiscono. Il padrone della Rimini Calcio ieri ha definito
«incivile» la protesta della gente che non vuole vedere scomparire gli ultimi
spazi a disposizione sotto una nuova colata di cemento.
Riproduco qui di sèguito quanto a mia firma è apparso sul Corriere di
Romagna odierno.

L’assessore Elisa Marchioni tratta delle vicende cittadine del «motore


immobiliare», invitando a non lasciare la discussione al solo dilemma «fra chi
accusa tout court e chi si difende d’ufficio».
Poi, dopo aver raccontato che ormai le risorse finanziarie delle
amministrazioni locali sono al lumicino, afferma: «Concordo che il confronto
non si esaurisca in campagna elettorale!». Infine, la signora Marchioni confida
di non possedere «ricette o verità assolute» per quanto concerne «il bene
comune» della città; ed invita ironicamente «chi ne abbia» a farsi avanti ed a
mettersi in gioco, sottolineando che «forse, chiamarsi fuori da questo servizio
così complesso e prezioso, salvaguarda le mani pulite» e preserva dai guai.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 483
Per evitare questi comportamenti ignavi, l’assessore invita a sostituire «alle
polemiche» un «ritrovato gusto di sentirsi parte attiva» e protagonista della
città.
L’assessore ha inavvertitamente ragione là dove scrive (quasi per lapsus
freudiano) che oggi «costruire» è diventato «più difficile». Infatti Rimini non
accetta in modo passivo la minacciata cementificazione del motoraccio
immobiliare legato allo stadio Romeo Neri.
Tralasciando per motivi di spazio altri aspetti derivanti dalla morte
dell’ispettore di Polizia Filippo Racita allo stadio di Catania, vorrei soffermarmi
soltanto sulla controversia dialettica che l’assessore Marchioni ha introdotto
nel dibattito in corso al quale ho partecipato sulle colonne del Corriere il 27
gennaio scorso.
Le osservazioni al progetto urbanistico comunale che la signora liquida come
polemiche (immagino fastidiose per tutti i signori della Giunta municipale, e
quindi anche per lei), nascono dalla volontà dei cittadini di non vedere
rovinata definitivamente una città in cui il sottoscritto nel corso di mezzo
secolo circa ha ascoltato promesse mai realizzate.
A simbolo di questa realtà di sovrano immobilismo si prenda il ponte di
Tiberio, costretto ancor oggi a sopportare il traffico urbano perché: a) il nuovo
ponte che avrebbe dovuto collegare la sottocirconvallazione alle Celle non è
stato costruito in quanto al suo posto è sorto un edificio ad uso di civile
abitazione; b) non vi è una circonvallazione esterna e veloce, ma la strada
statale è stata trasformata in parte della città; c) la nuova fiera è stata
collocata alle Celle e non sulla statale di San Marino, cioè dentro Rimini e non
fuori. Orbene, queste non sono polemiche ma fatti conseguenti ad «errori»
gravi dei pubblici amministratori, ai quali non si può più porre rimedio.
La partecipazione che lei reclama, caro assessore, non è ben accetta agli
stessi pubblici amministratori per i quali sembra vigere l’antico avviso
antidemocratico «Non disturbate il manovratore». Chi scrive di queste cose ai
giornali (parlo per me), non vuole presentarsi come «anima bella» che cerca di
non sporcarsi le mani, ma lo fa perché altre vie sono duramente (so quello che
dico) impedite. Ho un grosso fascicolo di lettere ai pubblici amministratori ed
ai giornali (Corriere compreso) su piccoli ma gravi problemi di viabilità; lettere
alle quali non è mai stata data risposta neanche dopo colloqui personali con il
signor Sindaco.
L’assessore Marchioni lamenta che la coperta dei soldi sia sempre più corta.
Ha ragione. Però bisognerebbe aggiungere la lunga lista delle spese inutili di
tutte le pubbliche amministrazioni. Comunque, caro assessore, ricordi quanti
tripli o quadrupli salti mortali senza rete di protezione fecero nel secondo
Dopoguerra i suoi predecessori per la Ricostruzione italiana in generale e
riminese nel caso specifico.
Ora voi siete abituati troppo bene, e vi spaventa un futuro in cui per prima
regola occorrerebbe non introdurre nuove addizionali a chi paga già le tasse,
ma stanare gli evasori. Oggigiorno, ha detto sabato scorso il governatore di
BankItalia, il Fisco «penalizza le famiglie che compiono il proprio dovere».
Ascoltatelo.

Un altro mio intervento sul tema era stato ospitato dallo stesso quotidiano il 2
febbraio. Eccolo:

Caro Corriere, ieri sera sono andato a letto con l’idea di scriverti sulla gestione
della cosa pubblica a Rimini negli ultimi cento e passa anni, partendo da una
notizia del luglio 1876, quando il «Corriere della Sera» scrisse che da noi
regnava «la miseria», e sottolineava il contrasto fra la gestione appunto
pubblica della stazione balneare (da cui traeva «profitto tutta la città»), e la
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 484
mancanza d’investimenti sociali.
Volevo collegare quel discorso alla realtà odierna, in cui discutiamo della
temuta colata di nuovo cemento su questa Rimini ridotta ad un immenso
mostro urbanistico dove tra case e case non ci sarà, anzi non c’è già più
spazio per circolare, perché il problema viabilità è sempre affrontato “dopo”
come dimettendosi meditò l’assessore Tiziano Arlotti: prima fate le case e poi
“dopo” mi fate costruire le strade. Quando magari (aggiungo) lo spazio per le
strade appunto non esiste perché tutto consumato per un’edilizia che è la più
cara d’Italia (vedi costo degli affitti e degli immobili).
Stamattina ho cambiato idea. Lasciamo stare il passato (semmai ci ritorniamo
sopra un’altra volta, se acconsentirai), e guardiamo il presente, ma non
ripetendo (oso sperare) discorsi già fatti, bensì toccando una questione inedita
che risulta indigesta anche a me che me la sono posta, e che quindi offro alla
discussione di persone più esperte del sottoscritto, cioè a chi conosce le
contorte vie della Politica, del Diritto, soprattutto nel caso in esame, cioè le
strade ardue del Diritto costituzionale che sta alla base delle concezioni
relative sia alla pubblica Amministrazione sia alla gestione della Politica
stessa.
Il problema è tutto qui: una Giunta eletta con un certo programma, e messa
ora in discussione da un’intera città, può far finta di niente davanti alla
‘rivolta’ collettiva? Un sindaco, un vicesindaco, gli assessori competenti e tutti
gli altri che alla fine debbono reggere le sorti della città, possono credere che
nulla sia successo, ed andare avanti senza rendersi conto che, oltre alla rovina
della città ipotizzata sia dagli esperti (vedi Campos Venuti) sia da chi ci vive
ogni giorno, c’ è questo interrogativo che pesa (direbbero in tivù) «come un
macigno»: è «democratico» l’eroico furore dei signori di Palazzo Garampi nel
raggiungere il loro traguardo?
Alle precedenti elezioni il sindaco Ravaioli incamerò buona parte delle perdite
di Forza Italia (52,13% dei voti, mentre AN salì del 16,26). Poi (luglio 2006) ci
fu la scelta dell’ex candidato sindaco Alberto Bucci di non votare contro
Alberto Ravaioli e la sua giunta, ma di astenersi sulle linee programmatiche
del governo cittadino. Una scelta che suonava ampiamente innovativa, per cui
sembrò (in apparenza) aver ragione il capogruppo di Forza Italia Alessandro
Ravaglioli: «È come se Berlusconi si fosse astenuto sulla fiducia di Prodi».
Forse l’andare avanti verso il motoraccio immobiliare è la dimostrazione che
Ravaglioli aveva torto e che avrà ragione Ravaioli: la politica che corteggia i
palazzinari, premia.
Grazie, caro Corriere, se mi ospiterai.
Antonio Montanari

03/02/2007/
Giordano Bruno insegna

La bella biografia di Giordano Bruno, presente oggi sulla Stampa, e scritta


dalla professoressa Anna Foa, mi suggerisce una breve riflessione sul fatto che
adesso i cattolici chic ed aggiornati, non parlano più di «Controriforma», ma di
«Riforma cattolica».
Consapevoli dei guai fatti dalla Controriforma (vedasi appunto l'uccisione di
Giordano Bruno), usano un vocabolo diverso.
Ma se le parole sono conseguenza delle cose, le cose c'insegnano che il
termine usato oggi, cancellando la prima parte della vecchia parola, tenta di
far dimenticare gli orrori della reazione romana alle nuove correnti religiose e
filosofiche.
Cambiano le parole, restano i fatti. Come il rogo di Giordano Bruno.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 485

25/01/2007/
Perlasca di Romagna

I trentanove ebrei che Ezio Giorgetti ospitò nel suo albergo a Bellaria dopo
l'armistizio dell'8 settembre 1943, riuscirono a salvarsi grazie a carte
d'identità fornite loro da Virgilio Sacchini (1899-1994).
La vicenda ci è rivelata per la prima volta dalla dottoressa Patrizia Sacchini
D'Augusta, nipote di Virgilio. Suo nonno in quei giorni era Commissario
Prefettizio del Comune di Savignano sul Rubicone: «Era fascista, ma era anche
un uomo buono ed estremamente generoso (con la sua Industria di legnami e
imballaggi, prima che gli eventi bellici la distruggessero, aveva dato lavoro a
tanti Savignanesi ed era un padrone che rispettava profondamente gli operai)
ed è per questo che né lui né gli altri membri della sua famiglia furono oggetto
di ritorsioni da parte dei partigiani del luogo».
Virgilio Sacchini mise al corrente del suo intervento a favore degli ebrei
'bellariesi' soltanto il proprio figlio Marino.
Ascoltiamo ancora la dottoressa Patrizia Sacchini: «La storia mi è stata
raccontata diversi anni fa da mio padre, Marino Sacchini, prendendo spunto da
un articolo comparso sul Corriere di Rimini (29/09/1994). Alla fine della guerra
mio nonno, Virgilio Sacchini, nato a Savignano sul Rubicone il 26 dicembre
1899, Cavaliere della Corona D’Italia, confidò a mio padre di avere aiutato
quel gruppo di ebrei, nel 1943, a fuggire e a raggiungere il Meridione. Si
diceva felice che tutto avesse avuto termine, poiché aveva messo a
repentaglio, con il suo gesto, la sicurezza della sua famiglia».
Prosegue la dottoressa Sacchini: «Ezio Giorgetti (che, attraverso un amico
comune, il signor Bertozzi, conosceva mio nonno) ottenne da mio nonno le
famose carte d’identità in bianco che nel recente articolo pubblicato dal
Corriere di Rimini in data 22/01/2007 risulterebbero essere state fornite dal
Segretario Comunale di San Mauro Pascoli, Sig. Alfredo Giovanetti. Le carte
d’identità appartenevano al Comune di Savignano sul Rubicone e mio nonno,
pur correndo un serio pericolo, per il ruolo che ricopriva, non esitò a metterle
a disposizione del gruppo di ebrei. Non so se questo fatto fosse noto al
Maresciallo Osman Carugno, al Sig. Giovanetti e a Don Emilio Pasolini,
immagino che mio nonno avesse chiesto e ottenuto la garanzia del riserbo
assoluto attorno al suo gesto. Mi fa immenso piacere offrire questo piccolo
contributo alla vostra ricerca. Ricordo mio nonno sempre con tanto affetto e,
da convinta antifascista, lo ringrazio di aver contribuito alla salvezza di quel
piccolo gruppo di ebrei».
A parlare di carte d'identità fornite ad Ezio Giogetti da Alfredo Giovanetti fu la
moglie dello stesso Giorgetti, Lidia Maioli nel volume curato da Bruno Ghigi nel
1980, «La guerra a Rimini», pag. 321.
Antonio Montanari

Aggiornamento.

Questo post appare oggi 29 gennaio 2007 sul Corriere Romagna, nella prima
pagina della sezione cultura.

23/01/2007/
Pacs vobiscum

Su questo importante tema si sono confrontati il cardinal Romano Ruini e l'on.


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 486
Camillo Prodi, giungendo alla conclusione che ormai il patto (tecnicamente
«pacs») è fatto: il cardinale governerà l'Italia da Palazzo Chigi mentre il
presidente del Consiglio sarà prossimamente sostituito alla guida della
Conferenza episcopale italiana.

22/01/2007/
Roma accusa Wielgus

Sul sito vicino al Vaticano e quindi come suol dirsi ufficioso www.zenit.org si
va giù pesanti contro monsignor Stanislaw Wielgus. Rimandiamo al testo
completo, qui riportiamo un'estrema sintesi del servizio:
1. «Il vescovo ha assicurato tutti, Santo Padre compreso, che non aveva
collaborato con i servizi comunisti e non aveva fatto del male a nessuno».
2. «Il 2 gennaio monsignor Wielgus ha chiesto alla Commissione Storica
dell’Episcopato di fare la verifica dei suoi dossier conservati negli archivi,
confermando la sua estraneità al lavoro di spionaggio; lo ha giurato davanti
all’arcivescovo Jozef Kowalczyk, Nunzio apostolico in Polonia.»
3. Il 5 gennaio «l’arcivescovo Wielgus, che nel frattempo aveva preso
possesso della diocesi, ha scritto una commovente lettera penitente alla
“Chiesa di Varsavia” nella quale ammetteva i suoi contatti con i servizi segreti,
si scusava per aver taciuto su tali contatti, assicurava di nuovo che la sua
collaborazione con i comunisti non aveva fatto male a nessuno, chiedeva il
perdono per il suo comportamento di 30 anni fa e si metteva a disposizione
del Santo Padre.»
4. «Perché monsignor Wielgus ha taciuto?»
Si legga tutto il documento qui:
http://www.zenit.org/italian/visualizza.php?sid=10438

19/01/2007/
Art Buchwald, contro 'il potere'

La notizia della scomparsa di Art Buchwald, il columnist americano nato nel


1925, mi fa riandare con la memoria a quando in Italia vennero presentate
mezzo secolo fa le sue irridenti annotazioni sul (o piuttosto «contro» il) potere
politico. Le pubblicava «il Giorno», e su Internet trovo al proposito una pagina
del 1999, scritta da Pilade del Buono che fu un grande giornalista sportivo
dello stesso quotidiano milanese.
«Il Giorno» ospitava anche la «colonna» di una firma illustre e riscoperta in
questi ultimi anni grazie alla ristampa di molti suoi libri, Giancarlo Fusco.
Mio padre conobbe Fusco quando venne a Rimini per parlare di turismo nel
suo ufficio all'Azienda di soggiorno che dirigeva. E nella «colonna» (questo era
proprio il titolo della rubrica) composta in occasione di quel viaggio, mi citò,
perché avevo fatto 12 al Totocalcio con la schedina suggerita da Ghezzi. Vinsi
70 mila lire, che allora erano una bella cifra.
Buchwald e Fusco erano il pane quotidiano delle mie letture di ragazzino, mi
hanno segnato tanto che per 24 anni (dal 1982 al 2006) ho tenuto una rubrica
di satira in un settimanale riminese, «il Ponte». Se qualche consenso ho
raccolto presso i lettori in tanti anni, è anche merito delle antiche letture di
Buchwald e Fusco, due autentici maestri del genere.

18/01/2007/
Vespa, advocatus papae

Ed alla fine arriva Bruno Vespa ad accusare il cardinal Stanislaw Wielgus ed a


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 487
scagionare papa e curia per la vicenda dell'arcivescovo di Varsavia.
Su Panorama on line di oggi si legge:
"È ormai certo che Benedetto XVI non conoscesse la storia fino in fondo. Non
la conosceva Giovanni Battista Re, capo della Congregazione dei vescovi e
istruttore delle nomine che vengono sottoposte al Papa. In Vaticano escludono
che il Pontefice abbia avuto altre fonti e sostengono che il «dico-non-dico» di
Stanislaw Wielgus ha fatto traboccare il vaso costringendo il Papa ad accettare
l'offerta (formale e un po' burocratica) di dimissioni proposta dal prelato."
Come abbiamo già scritto, "La lettera di Wielgus ai fedeli scaricava
formalmente, venerdì scorso, ogni responsabilità su Roma. Wielgus
ammetteva infatti d'aver detto al papa che era stato coinvolto «con i servizi di
sicurezza dell'epoca che operavano in uno stato totalitario e ostile nei
confronti della Chiesa»".
Vespa non crede a quella lettera, segue la linea 'romana' che accusa i politici
polacchi, e getta la croce addosso al 'reo'-confesso Wielgus. Il quale non ha
fatto ricorso alla tecnica del «dico-non-dico» di cui parla Vespa, ma ha scritto
'papale-papale' che era stato una spia e che a Roma il papa ora lo sapeva.
Vespa, da cronista di lungo corso, dovrebbe aver chiaro che in Vaticano non
troverà mai conferma a queste affermazioni di Wielgus.
La stampa internazionale si è dimostrata molto attenta a cogliere le
contraddizioni romane, ammesso che non si voglia parlare di errori compiuti
nei sacri palazzi.

14/01/2007/
Wielgus, chi rischia a Roma

Secondo il quotidiano inglese «Indipendent» il cardinale Giovanni Battista Re,


prefetto della Congregazione dei vescovi (oltre che presidente della pontificia
commissione per l'America latina) rischia il posto per il caso Wielgus.
Spiega www.radinrue.com: «Mgr Stanisław Wielgus a déclaré à l’agence
catholique d’Information polonaise KAI, samedi matin, qu’il n’a jamais mentit
en donnant au Nonce Apostolique de faux serments en ce qui concerne ses
relations avec les SB. "En lien avec les accusations médiatique j’aurais donné
à Monseigneur le Nonce Apostolique en Pologne un faux serment concernant
mes contacts avec les services spéciaux de la PRL. Je transmets la copie de
mon serment transmis".»
Dunque. chi non ha trasmesso al papa le dichiarazioni di Wielgus?
Re, spiega Indipendent, ha detto che non avevano saputo nulla a Roma
dell'attività di Wielgus.
Wielgus smentisce Re. Di qui l'ipotesi che il cardinale perda il posto.

14/01/2007/
Amato e nuvole

Si vuole fare una nuova politica, ma non si sa come affrontarla ed attuarla,


allora si mette in piedi una bella scuola dove illustri e dotti signori parlano
dell'universo mondo, e dalla quale dovrebbero nascere poi i provvedimenti
concreti da adottare in parlamento per il bene del popolo italiano.
L'apertura della scuola bolognese dell'ex Ulivo, è toccata ad uno dei più
raffinati intellettuali della realtà cattedratica e partitica italiana, il prof.
Giuliano Amato,
Riproduco la notizia Ansa di ieri sera:
«"Non è stravagante cominciare da una scuola prima ancora che attraverso un
congresso". Così Giuliano Amato spiega la nascita di Ulibo. Il ministro
dell'Interno, nella veste di professore di politica, ha inaugurato oggi il primo
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 488
corso dell'Università libera di Bologna (Ulibo), annunciata come scuola per
aspiranti aderenti al futuro Partito Democratico. "Dobbiamo sommare e
fondere conoscenze, culture, valori e sensibilià' -ha spiegato Amato- prima di
sommare e fondere tessere e tesserati". »
Sono contento che Amato sia contento.
Sono contento ma preoccupato. Se siamo ancora allo stadio della fusione di
«conoscenze, culture, valori e sensibilità» come fase preparatoria dell'etc.
etc., allora vuol dire che i nostri nipoti una bella mattina si sveglieranno e
saranno interrogati dai nipoti dell'on. prof. Amato e dell'on. prof. presidente
Romano Prodi, e da come risponderanno saranno distribuite loro le pagelle, e
poi si convocherà un congresso per stabilire se l'università dell'ex Ulivo ha
prodotto in cinquanta anni qualcosa di utile alla società italiana.
Leggete bene la formula: «scuola per aspiranti aderenti al futuro Partito
Democratico». Vuol forse dire che ci saranno esami per passare alla
aspirazione alla respirazione concreta nel seggio elettorale (candidati di lista)
od in quello parlamentare (effettivamente eletti)?
Scusate il mio scetticismo. Ma nell'avvio con la calma enciclopedica e
dottrinale del Dottor Sottile (vecchia definizione che calza a pennello ad
Amato), così come con la sospirosa esposizione del professor Prodi, non vede
nulla di promettente il sottoscritto, che resta tuttavia fermo nella sua adesione
al programma che si chiamava dell'Ulivo e nel ricordo della sua entusiastica
partecipazione alle primarie della scorsa primavera.
Maledetta primavera, non vorrei cantare prossimamente come Loretta Goggi.
Da altro testo dell'Ansa ricavo che Prodi ha detto che il Partito Democratico
"nasce dalla richiesta della gente. E' da 10 anni, anzi 12, da quando è nato
l'Ulivo, che gli italiani ci chiedono unità, ci chiedono una grande forza
riformista''.
Il Partito Democratico, ha spiegato ancora il premier, ''non nasce da una
scuola ma viene fortemente aiutato da una scuola; e la scuola si affianca per
aiutare questo processo che è un processo voluto dagli italiani''.
Nella piccola cultura popolare corrente, il «mandare a scuola uno», equivale a
definirlo incapace di fare qualcosa. Se l'esame dei bisogni degli italiani non è
diretto, cioè fatto da parte degli stessi politici (che sono già altamente
'scolarizzati'), ma mediato da una scuola in cui i politici possono esporre le
loro astruserie senza pagare pegno alla chiarezza pubblica ed alla decenza
intellettuale, allora rischiamo di finire come in quella scenetta dei tre comici
napoletani d'un tempo (c'era Troisi, e credo si chiamassero la Smorfia), in cui
un povero disgraziato era oggetto di intervista sulla sua misera condizione
sociale. E gli esperti che facevano le domande poi lo zittivano, dicendo che
erano loro a dover parlare perché loro sì sapevano come viveva lui...
Insomma la libera università dell'ex Ulivo rischia di essere un inutile
carrozzone teorico che finisce per dar ragione a don Benedetto, ovvero il
filosofo Benedetto Croce.
Croce non tollerava la sociologia perché secondo lui non sono i filosofi ad
doversi adeguare alla realtà descritta dalla sociologia, ma debbono essere gli
uomini a seguire la filosofia ed i suoi preziosi dettami. Ecco perché quelli come
don Benedetto si chiamano, sia tecnicamente in modo corretto, sia con
derisione, pensatori «idealisti»: cioè gente che non aveva i piedi per terra, ma
la testa fra le nuvole. Amato e Prodi corrono il rischio di andare a finire in
quella schiera che è già folta si per sé, e non necessita di altri adepti.
Soprattutto perché i problemi di ogni giorno (dall'università vera non questa
inventata a Bologna, all'economia, dalla giustizia all'informazione) richiedono
attenzione e provvedimenti immediati, allo stesso modo per cui la gente
quando va a fare la spesa deve avere in soldi in tasca.
Cari Prodi, Amato e compagni, vale per voi l'antica scritta dei negozi di una
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 489
volta: «Qui non si fa credito». Anche per voi, è venuto il momento di pagare il
conto. Siete in grado di mantenere le promesse elettorali? E soprattutto
sapete far capire alla gente comune come il sottoscritto, e non soltanto ai
vostri colleghi della libera università dell'ex Ulivo, le questioni gravi dell'ora
presente ed i vostri progetti?
Scusate, ma di Caserta ho compreso soltanto che siete in forte disaccordo tra
voi. Questo la sapevamo da un pezzo, ma noi vi abbiamo votato per
governare, non per spiegarci che l'acqua bolle se si accende il gas.

12/01/2007/
Gli amici se ne vanno

Le notizie di «nera» oltre ai drammi umani degli assassini con coltello e


spranga, portano alla ribalta (come si usa dire con la solita retorica cronistica)
figure che sino ad ieri avevano credito ed accrediti dappertutto.
Raccomando la lettura dell'inchiesta (sul Sole-24 Ore) di Claudio Gatti, che
riguarda Scaramella e la sua «incredibile ascesa».
Giornali ed agenzie di oggi sono avari di informazioni su di un altro
personaggio che lavorava a Milano (e non soltanto lì), finito in carcere per
motivi fiscali. Mentre sui giornali locali (lontani dalla capitale lombarda) se ne
dice qualcosa di più ma non tutto.
Questi signori che manovravano soldi e potere, ovviamente non sono nati dal
nulla. Sono stati protetti ed utilizzati, adesso che sono nei guai, gli amici li
abbandonano (come scrivono le cronache locali lontane da Miulano), tutti
fingono di non sapere chi fossero un tempo e che cosa siano oggi.
Di tutte le miserie della condizione umana questa è la più frequente e la più
classica.
Anche perché da quelle amicizie di un tempo sono magari giunti utili
economici di non poco conto.
Nei giorni delle bufere giudiziarie, gli amici se ne vanno...
Ma restano tracce e convivenze del passato. Certe verginità politiche ed
economiche non si rattoppano facilmente nella memoria dei concittadini.

08/01/2007/
Polonia e polonio

In margine al caso di Stanislaw Wielgus, il vescovo-spia licenziato dal papa al


novantesimo minuto (se non ai tempi supplementari), si possono fare tre
osservazioni. Le prime due sono relative alla realtà polacca, e sono
rispettivamente di tipo politico e religioso.
Aspetto politico. Il racconto che trapela dalle cronache circa una sorpresa
papale davanti al frastuono provocato dalla nomina di Wielgus ad arcivescovo
di Varsavia, non regge al confronto con la tradizionale prassi vaticana che
raccoglie oculatamente dossier su dossier attorno ai propri «funzionari».
Dietro il racconto della sorpresa papale c’è l’affermazione della manovra
antireligiosa, espressa dal portavoce vaticano padre Federico Lombardi. Il
quale ha denunciato «una strana alleanza fra i persecutori di un tempo ed altri
suoi avversari».
Padre Lombardi sa bene (e qui passiamo al versante religioso del problema),
che ogni sacerdote dev’essere pronto a donare se stesso a Cristo sino
all’effusionem sanguinis, cioè al sacrificio della vita. La promessa di fedeltà
spirituale al Vangelo mal si concilia con i compromessi politici sia nell’Italia
fascista sia nella Polonia comunista.
Accertato che le notizie che circolavano «contro» Stanislaw Wielgus non erano
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 490
frutto di invenzioni ma erano state dall’interessato stesso confermate, il
Vaticano avrebbe dovuto essere più attento allo spirito religioso della Chiesa
che alla propria presunzione politica di fare un’azione di rivalsa contro chi
diffondeva quelle informazioni «contro» Wielgus.
Da Varsavia padre Adam Boniecki, amico di papa Woityla, dichiara: «Non so
chi, ma qualcuno ha disinformato papa Ratzinger».
Chi ha disinformato Benedetto XVI abita a Roma od a Varsavia?
Impensabile che la Curia romana non sapesse. Quindi, non si possono
attendere colpi di scena clamorosi contrari alla tradizione dei sacri Palazzi. Il
caso è politicamente risolto. Sotto il profilo religioso resta come un
ammaestramento profondo a non ridurre le cose dello Spirito a semplice
gestione mondana e burocratica degli uffici e delle relative nomine.
Terza ed ultima osservazione. Se la Curia romana ha agito sapendo e
tendendo all’oscuro il papa, il fatto in sé non meraviglia ma preoccupa per gli
effetti collaterali che personalmente collego all’Italia.
La scorsa estate abbiamo visto trionfare il Cavaliere tra i ciellini del meeting di
Rimini dove è di casa anche “fonte Betulla”, simbolo di una politica
antiprodiana come se il professore di Bologna fosse un pericolo bolscevico.
Se tutto ciò faceva sorridere (od anche ridere del tutto) sino all’altro ieri, oggi
non è più così. Il problema (per Roma o Varsavia secondo in casi) è lo stesso:
dove la disinformazione si ferma e non si trasforma in uno strumento di
pressione politica ben mirata verso scopi altrettanto ben precisi?
Non per nulla altri recenti attacchi bolognesi contro Prodi sono partiti
‘attraverso’ ambienti giornalistici attigui a quelli religiosi ufficiali. Le
successive vicende «al polonio» hanno poi dimostrato che si è tentato di
accreditare Prodi come agente del Kgb.
Abituata a trasformare tutto in operetta, la maggior parte dei commentatori
politici ha preso sottogamba la questione. Ma la vicenda Wielgus può
sollecitarci ad essere meno superficiali ed a prendere in maggior
considerazione certi risvolti politici della vita religiosa, ben chiari a Varsavia
ma trascurati a Roma. Dove il Tevere in questi anni si è fatto sempre più
stretto a danno dello Stato laico, contro lo stesso Vangelo che obbliga a
distinguere Cesare da Dio.
Ultim'ora. Il papa non ignorava la gravità di questa crisi, scrive stasera Le
Monde in una nota che parla della responsabilità del nunzio Joseph Kowalczyk
(nominato nel 1989 da Giovanni Paolo II), di un errore commesso dal Vaticano
con il comunicato di sostegno a Wielgus (21 dicembre, «Le Vatican indiquait
avoir "pris en compte toutes les circonstances de la vie" du prélat désigné, y
compris son passé, et affirmait que le pape avait "toute confiance" en lui»), e
di una terza sorpresa, la fretta di accettare le dimissioni del neo arcivescovo di
Varsavia da parte di Roma.
Scritto appunto che «Le pape n'ignorait pas la gravité de cette crise», il
quotidiano francese osserva che nella visita a Varsavia dello scorso anno,
Benedetto XVI «avait admis la présence de "pécheurs" dans l'Eglise et les
"échecs du passé", mais demandé au pays "de ne pas jeter à la légère des
accusations sans preuve".

07/01/2007/
Varsavia, una lezione per noi

Clamoroso dietrofront del Vaticano. Il papa ha imposto le dimissioni a


monsignor Stanislaw Wielgus, dopo che per ben due volte (il 21 dicembre
2006 ed il 5 gennaio scorso), gli aveva confermato la sua fiducia
incondizionata.
Il montare della polemica sul passato da spia comunista del neo arcivescovo
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 491
di Varsavia, ha travolto le ultime resistenza dei Palazzi apostolici.
La Curia romana risulta la vera sconfitta dell'intera vicenda, dopo aver istruito
la pratica di Wielgus, il quale ne esce tutto sommato a testa alta. Ha ammesso
il suo "errore" dopo averlo inizialmente negato. Roma però lo ha sempre
coperto, accettando sino all'ultimo momento una situazione assurda. In tal
modo l'indietro tutta del papa è ancora più eclatante, ed è la sconfessione
della procedura seguìta dalla Curia romana, consapevole della realtà
drammatica e dolorosa delle cose, ma con testardo orgoglio noncurante dei
gravi riflessi negativi che una tale nomina avrebbe potuto avere (come in
effetti ha avuto) nell'opinione pubblica non soltanto polacca.
La Curia forse ha ritenuto che Varsavia fosse facilmente controllabile ed
addomesticabile come accade con i vicini politici italiani. Da ciò deriva una
severa lezione per il nostro Paese circa la linea laica da seguire nel rispetto
della Costituzione del 1948.
La lettera di Wielgus ai fedeli scaricava formalmente, venerdì scorso, ogni
responsabilità su Roma. Wielgus ammetteva infatti d'aver detto al papa che
era stato coinvolto «con i servizi di sicurezza dell'epoca che operavano in uno
stato totalitario e ostile nei confronti della Chiesa».
Ma il papa ed i «dicasteri competenti della Capitale Apostolica», aveva
aggiunto Wielgus, non avevano manifestato rilievi. Per scaricare la sua
coscienza, Wielgus si confessava davanti a tutti e fuori dai vincoli burocratici.
A quel punto la situazione era insostenibile per Roma. Oggi, mentre ci
aspettavamo di vedere le telecronache del discusso insediamento del nuovo
arcivescovo di Varsavia, è avvenuto all'ultimo momento il colpo di teatro. Il
papa accettava quelle che sono state chiamate dimissioni soltanto per rispetto
formale dei codici di Diritto canonico. In realtà si è trattato di un licenziamento
in tronco del personaggio divenuto scomodo e non più difendibile davanti
all'opinione pubblica mondiale, al punto di far ipotizzare che abbia spiato dal
1967 e per vent'anni anche Karol Woityla sia da cardinale sia da papa, il papa
della caduta del muro di Berlino.
Come scriveva stamani sulla Stampa, con una domanda retorica, Franco
Garelli, ammesso che Wielgus abbia realmente informato il Vaticano sul suo
passato di spia, la sua nomina poteva apparire come «la sconfessione» della
lotta condotta in patria e nel mondo dallo stesso Karol Woityla «contro il
comunismo e per i diritti religiosi e civili».
L'episodio di Varsavia è accaduto all'interno del mondo cattolico e dell'Europa,
questa volta non ci sono musulmani da incolpare, al contrario di quanto
accaduto dopo il discorso papale di Ratisbona, dove Benedetto XVI aveva
offerto improvvidamente una citazione da Manuele II Paleologo, per il quale
Maometto aveva portato soltanto «cose cattive e disumane».
Questa volta sono gli stessi ambienti cattolici (non tutti, s'intende) a giudicare
inadeguata l'azione della «Capitale Apostolica».
Resta soltanto da chiedersi: è colpa di Benedetto XVI oppure si tratta di un tiro
mancino della Curia ai suoi danni?
La vicenda polacca avviene all'indomani del discorso papale sulla «immensa
espansione dei mass-media», i quali se da una parte moltiplicano le
informazioni dall'altra «sembrano indebolire la nostra capacità di sintesi
critica».
Quanto accaduto a Varsavia per il caso Wielgus fornisce un'indicazione
opposta: il moltiplicarsi delle notizie ha favorito la «sintesi critica», sino al
punto di spingere il Vaticano a far marcia indietro sulla sua decisione per
quella sede arcivescovile. A Varsavia nessuno immaginava una soluzione così
rapida ed inattesa, data la tradizione ecclesiastica dei «tempi biblici».
A Roma dovrebbero mandare a memoria la frase dello storico Bronislaw
Geremek, già vicino a Solidarnosc: i polacchi di oggi pensano che Karol
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 492
Woityla non avrebbe mai scelto un personaggio come Wielgus per la carica da
arcivescovo della capitale.

04/01/2007/
La giacca di Prodi

Romano Prodi, simpaticamente accusato ieri dalla Stampa di non aver mai
cambiato giacca da sci nel corso degli ultimi dieci anni, ha scritto oggi al
giornale promettendo di mutare la sua tenuta da uomo delle nevi: «... ho
potuto constatare che in dieci anni la tecnologia delle giacche a vento a difesa
dal freddo è molto migliorata: prima di tornare a sciare rinnoverò quindi il mio
guardaroba e lo renderò più riformista».
Prodi proviene da un ambiente culturale e geografico che una volta
considerava il cambiar giacca un grave peccato politico. Il voltagabbana in
Emilia e in Romagna non è mai stato tanto simpatico. Anzi è sempre stato
considerato un traditore.
Rendendo il suo guardaroba più riformista dove sceglierà: più a destra o più a
sinistra? Ritorna il tormentone della canzone di Giorgio Gaber.
Per essere «riformista» chi «tradirà»: Rutelli o Fassino?
Con l'augurio che non si possa mai dire: sotto quella giacca (nuova) niente.

02/01/2007/
Ferrara, papa 'azzurro'

Se Giuliano Ferrara vuol 'salvare' la fede


Oltre al papa bianco che celebra in San Pietro ed a quello nero (dal colore
della veste anche lui) che presiede all’Ordine di Gesuiti, adesso c’è pure
l’«azzurro», Giuliano Ferrara, la cui tinta deriva dal partito in cui milita.
L’editoriale che Ferrara ha pubblicato ne «Il Foglio» di sabato 30 dicembre
2006, è una predica da teologo che si crede investito d’una funzione salvifica
nei confronti dell’intera Italia.
La sua «Sfida ai cattolici senza dottrina» (questo il titolo dell’editoriale) è stata
una solenne tirata d’orecchie degna del Sant’Uffizio a quanti, tra i fedeli di
Santa Romana Chiesa, hanno sostenuto che nel caso di Piergiorgio Welby si
trattava di porre fine all’accanimento terapeutico e non di eutanasia, e che
era stato un errore del Vicariato negargli la cerimonia religiosa. Indossate le
pesanti vesti dell’Inquisitore, Ferrara ha chiesto di portare le pezze d’appoggio
dottrinali di questo modo di pensare, i cui seguaci sono accusati di aver ridotto
il Cristianesimo ad una «filastrocca umanitaria» senza alcuna giustificazione
teorica (che in questo caso vuol dire non soltanto teologica, ma pure filosofica
e persino politica…).
Ridotto in pillole, l’argomentare di Ferrara significa che non si può essere
buoni cristiani senza essere buoni teologi. Ferrara ovviamente sa ma finge di
non sapere che il Vangelo è cosa per tutti, più per quegli «ultimi» destinati a
diventare «primi», che strumento di potere di un apparato organico
specializzato nel distillare norme e discipline le quali, secondo il vento che tira
nei sacri palazzi, possono anche condurre a bruciare qualche cristiano in odore
d’eresia. Proprio per il suo spirito innovatore, Gesù Cristo misericordioso in
quei roghi non poteva essere vicino ai carnefici ma doveva affiancarsi agli
eretici arsi vivi in suo nome.
Ferrara non agisce da solo, ovviamente, in questa battaglia. A fargli buona
compagnia (se non concorrenza) c’è un vero sacerdote, don Gianni Baget
Bozzo che in un articolo sulla «Stampa» (28 dicembre 2006) intitolato
«Berlusconi l’anima della libertà», aveva concluso con un’affermazione
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 493
alquanto temeraria e bugiarda perché antistorica: «La Repubblica è di sinistra,
la democrazia è di destra».
Enzo Bianchi, il priore di Bose, ha scritto: «Non spetta alle figure ecclesiali
della gerarchia entrare nella tecnica, nella economia e nella politica per
trovarvi specifiche soluzioni». Giuliano Ferrara vuol fare l’opposto: da militante
politico vuol imporre lui che cosa debbano pensare i cattolici dissidenti
rispetto alla gerarchia. Alla quale la gente «ultima» rivolge domande semplici:
perché non fu negato il funerale alla guarda svizzera omicida e suicida, perché
uno della banda della Magliana è sepolto in una basilica romana?
Sia per i credenti sia per i laici, vale comunque (soprattutto oggi) la vecchia
lezione di Piero Gobetti, illustrata così da Norberto Bobbio: «Credeva in coloro
che hanno sempre torto, che hanno torto perché hanno ragione, nei vinti
anche se non saranno mai vincitori, negli eretici, che soccombono di fronte
agli ottusi amministratori dell’ortodossia, nei ribelli, che perdono sempre le
loro battaglie contro i potenti del giorno».
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 494
2006
Archivio storico blog Stampa Antonio Montanari//2006//

28/12/06
Il prete amico degli anarchici

Fuschini2Se ne è andato a 92 anni don Francesco Fuschini, il prete scrittore


della Romagna, dopo il lungo silenzio della sua brillante penna, dovuto alla
malattia che lo aveva colpito. Lui, abituato a parlare scrivendo ed a scrivere
parlando, ha ricevuto dalla vita lo schiaffo di questo silenzio che nel suo spirito
avrà perdonato in virtù della fede, ma che da uomo schietto avrà senz'altro
considerato una vigliaccata a tradimento voluta dal destino.
Un suo celebre libro era intitolato «Vita da cani e da preti» (1995), per dire
tante cose: che ci sono dei cristiani migliori degli animali. Qui in Romagna la
parola cristiani indica genericamente gli uomini, gli uomini e le donne ma
persino (per la bizzarria del nostro carattere, cioè della nostra filosofia
spicciola), gli animali come quel suo cane Pirro reso celebre dalla penna
evangelica di questo figlio di povera gente delle valli del Po. Siamo tutti figli di
Dio, pensa la gente come don Francesco, e perché fare tante filippiche
distinguendo tra le creature che parlano e quelle che abbaiano?
La vita spesso rovescia i ruoli: parlano più a senso i cani, e troppo spesso
abbaiano a sproposito i loro padroni.
Nella prefazione ad un altro libro, «Mea culpa» (1990), Fuschini chiudeva la
pagina scrivendo: «Questa sera ho cenato con il mio cane che ha nome Pirro.
Gli dico "cappellano" e lui mi lecca».
Questa era la vita semplice di un prete povero, non di un povero prete. Un
uomo mite che amava tutti, soprattutto i mangiapreti di quella Romagna
all'antica che oggi non c'è più. Quella degli anarchici ai quali don Francesco
dedicò un delizioso, amorevole capolavoro, appunto intitolato «L'ultimo
anarchico» (1980), il testo del debutto che raccoglieva sparse pagine
giornalistiche, e che ne fece un autore di successo suo malgrado.
Quella Romagna cara anche a Max David, la penna romagnola del «Corriere
della Sera», il quale una volta raccontò la tragedia avvenuta in un cantiere,
con quel muratore che precipita dall'armatura e che, certo della sua fine, urla
ai compagni di lavoro: «Zivil e sla banda», civile e con la banda, ovviamente il
suo funerale.
A questi uomini lontani dagli altari ma vicini al suo cuore, don Franzchin ha
dedicato se stesso e pagine che sono da antologia della migliore letteratura
del nostro Novecento, per quello stile originale, fatto di «parole poverette»
tanto importanti e ricche da diventare titolo di un altro libro (1981).
Era nato nel 1914 a San Biagio di Argenta, era stato parroco di Porto Fuori a
Ravenna dal 1945 al 1982.
Nel suo cuore c'era l'umanità, non c'erano distinzioni teologiche o politiche.
Guardava tutti e tutto con l'occhio umile e maestoso del Vangelo che lui visse
ed applicò con la semplicità di chi possiede il dono di rendere facile il difficile,
e di considerare la vita comune la più bella e solida enciclica che si possa
scrivere.

Scritto il 28/12/06 alle 17:31 in Attualità | Permalink | Commenti (0)


23/12/06
Politica chiusa, dolori aperti

L'articolo di fondo del Foglio di oggi, che parte dal caso Welby per discutere
del ruolo del partito radicale in Italia, è un esempio illuminante non di
quell'antipolitica che Giuliano Ferrara rimprovera ai seguaci di Pannella
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 495
(definiti «l’altra faccia della medaglia di un sistema politico chiuso»), ma di
quell'antipolitica a cui lo stesso Ferrara partecipa discutendo dei sacri princìpi
della gestione della cosa pubblica, dimenticando che il dramma di vivere è
sempre uno, di chi ne è afflitto, vittima e custode di un segreto che la legge
non può descrivere perché la norma è sempre astratta, mentre il dolore è
concreto.
Tutti fanno finta di non capire che le leggi ci sono già, tutti invocano nuove
disposizioni, tra anatemi, condanne morali, rifiuti di funerali religiosi, eccetera
eccetera. Questo si chiama svicolare, cerca tempo, dare un colpo al cerchio ed
uno alla botte.
Ridurre il problema del rifiuto dell'accanimento terapeutico (problema già
risolto dalla norma positiva dello Stato laico e dalla legge morale della
Religione cattolica con la sua applicazione al caso personale proprio da parte
di un papa, Giovanni Paolo II), ridurre questo problema a battaglia radicale
significa soltanto deviare dalla discussione, credere che la Politica sia
l'Onnipotenza di quello che non c'é: «una legge, una legge» si grida e
s'invoca, ma le leggi ci sono, c'è la Costituzione, c'è soprattutto quello che si
chiama il senso comune della gente e della sua coscienza, c'è il rifiuto
dell'accanimento terapeutico che non è, onorevole Bindi, eutanasia.
Dividere un corpo senza vita con una spartizione politica come oggi sta
succedendo in Italia, con una spartizione che distingue il bonum dell'iniziativa
radicale dal malum del suo approdo ad un gesto concreto, dovuto quest'ultimo
(secondo Giuliano Ferrara) al fatto che noi abbiamo un sistema politico chiuso,
ebbene tutto ciò mi sembra una grande discussione amorale: è come se ad un
affamato fosse imposto prima di sedersi a tavola un corso di galateo su come
s'impugnano forchette e coltelli, e su come si versa il vino nel bicchiere dopo
avere assaggiato il profumo con le delicate narici dannunziane di questi
teocon che con il loro atheismus triumphans fanno impazzire di gioia
monsignori vaticani ed esponenti della nobiltà nera romana.

Scritto il 23/12/06 alle 17:21 in Attualità | Permalink | Commenti (0)


20/12/06
Libia, diritti umani e blog

Infermiere_bulgare La condamnation à mort, mardi 19 décembre, de cinq


infirmières bulgares et d'un médecin palestinien par un tribunal libyen a
provoqué une vive émotion sur de nombreux blogs.

Questo si legge su Le Monde di questa sera.

Scritto il 20/12/06 alle 18:10 in Attualità | Permalink | Commenti (0)


19/12/06
Maggiolino di Natale
Maggiolino

Una notte d'inverno un maggiolino


s'è addormentato sopra la mia maglia
nella vecchia poltrona affianco al letto.
Non potevo scacciarlo l'indomani,
rispettando il letargo già iniziato.
L'abbiamo preso e trasferito altrove
dentro una lana calda, brutta, affettuosa
che nasconde al mondo la presenza
inquietante del piccolo universo
che in lui tace mille storie ignote.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 496
E forse annuncia il bene,
dice pace proprio nel Natale,
e chiede ascolto al muto suo parlare.

Scritto il 19/12/06 alle 17:40 in Attualità | Permalink | Commenti (14)


18/12/06
Operazioni

Cuore Flavia Franzoni moglie di Romano Prodi, quando di recente ha avuto


bisogno di una delicata operazione al cuore, si è ricoverata in una struttura
pubblica. Alla fine ha detto che le sue “tasse hanno avuto come corrispettivo
un servizio di grande qualità”.
Silvio Berlusconi si è fatto operare in America.

Scritto il 18/12/06 alle 17:08 in Attualità | Permalink | Commenti (19)


17/12/06
Internet d'annata

Calici Per il Time "persona dell'anno" sono tutti coloro che usano Internet
Troppa grazia sant'Antonio, come dicevano i nostri vecchi.

Notizia clamorosa, da lasciarci senza parole per la gratitudine che sorge


spontanea nei nostri animi...
A parte gli scherzi, che ne dite?

Leggete intanto l'articolo della StampaWeb delle 13:11 di oggi:


Nella sua consueta - ed attesa - scelta di fine anno, il settimanale americano
Time ha nominato «Persona dell’anno» tutti coloro che - persone o istituzioni -
godono della cittadinanza della nuova «democrazia digitale», come il
settimanale ha definito il sistema generato dall’uso globale del web.
I vincitori, quest’anno, dell’ambito riconoscimento del settimanale più famoso
del mondo sono perciò tutti coloro che usano internet o ne creano i contenuti.
Prosegue qui.

Scritto il 17/12/06 alle 16:18 in Internet e media | Permalink | Commenti (0)


14/12/06
Talenti dei potenti

Lamiaopinione_1_1 • Il mio post su «Talenti senza parenti» ha ricevuto molte


risposte: ringrazio di cuore tutti quanti sono intervenuti, dimostrando l'utilità
di questo strumento di partecipazione democratica che è il blog.
• A mia volta avevo risposto che mi ripromettevo di parlare successivamente
della «proliferazione universitaria, ogni campanile con la sua sede
accademica, pura follia».
• Eccomi qua.
• Detto in breve, le cose funzionano così. Ci sono consorzi che finanziano le
sedi universitarie decentrate. Questi consorzi fanno il bello ed il cattivo tempo.
Sistemano negli incarichi, indirizzano le scelte culturali, privilegiano gruppi
persone e intere comitive in una ramificazione del potere accademico che non
tiene conto assolutamente né dei meriti né delle capacità né dei risultati
scientifici di quanti trionfano.
• Si potrebbe dire che i giudicati sono gli stessi giudicatori, per cui nessuno
usa il metodo Tafazzi di punirsi dolorosamente, anzi usa l'incenso per
incensare se stesso fingendo di incensare il prossimo suo che ama come se
stesso (ovviamente).
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 497
• Le ramificazioni che partono dal potere locale non sono poi poca cosa come
estensione geografica. In una lontana città si è verificato questo fatto. Un
editore specializzato da trent'anni in un certo tipo di studi storici è stato
emarginato in un convegno all'estero perché il potere locale di quella lontana
città doveva far trionfare una sua cordata.
• Il bello della vicenda è che in quella cordata il massimo della
specializzazione è stato raggiunto inviando al convegno all'estero un
pensionato proveniente da un'attività che nulla ha a che vedere con gli studi
storici (diciamolo: dirigente d'azienda finanziaria o simile), ma che grazie alle
relazioni personali appena andato in pensione è diventato docente
universitario con cattedra non in una facoltà storica o letteraria, con una
materia che storica e letteraria non è. Ma oltre oceano è andato a trattare di
cose storiche e letterarie.
• Chiaramente si dimostra che la «mano nera» dei poteri universitari
internazionali esiste a scapito soprattutto di quei giovani e validi ricercatori
che non hanno i santi in Paradiso come i pensionati d'azienda ascesi in
cattedra così come un altro pensionato non d'azienda va alla bocciofila o al
circolo a giocare a carte.
• Se tutto ciò non rientra in un potere paramafioso da «Mano nera», non so
come si possa definire.
• Ribadisco quanto già in precedenza dichiarato: «Non ho interessi personali in
gioco, né nascoste ambizioni da vedere realizzate o premiate. Sono un
osservatore distaccato, a cui premono due cose: il rispetto della dignità delle
persone e la valorizzazione di quanti dedicano il meglio di loro stessi allo
studio che non è un passatempo allegro ma una fatica improba».

Scritto il 14/12/06 alle 14:27 in Politica | Permalink | Commenti (0)


12/12/06
Nozza e Nozzoli, pistaroli

GuidonozzoliNella Stampa di oggi 12 dicembre 2006 anniversario della strage


di piazza Fontana del 12 dicembre 1969 appare un articolo di Giovanni Cerruti
che recensisce il volume Il pistarolo di Marco Nozza (p. 46).
Tra gli altri giornalisti ricordati c' è anche il riminese Guido Nozzoli (foto).
La segnalazione della pagina web è opera di Google Alert:
Pistarolo di cuore nell’Italia di piombo
La Stampa - Italy
... Non solo Nozza: Gianni Flamini di Avvenire, Giulio Obici di Paese Sera,
Guido Nozzoli, Gian Pietro Testa e Marco Sassano del Giorno, Adolfo Fiorani e
Marcella ...

Ecco il testo integrale di Cerruti:


MILANO. Il block notes era di quelli lunghi e stretti, da stenografo. Lo riempiva
con calligrafia minuta, ignorando le righe, poi lo rileggeva e con la biro rossa
aggiungeva date, dettagli, riferimenti ad un altro dei cento, mille block notes
di una vita da cronista. E che cronista. Per almeno due generazioni di
giornalisti e lettori del Giorno, quelli adesso cinquantenni, Marco Nozza è stato
un Maestro, o un buon compagno di viaggio nell''Italia delle bombe e delle
stragi, del terrorismo nero, di quello rosso, del rosso e del nero pilotati, o
inquinati, da Servizi segreti e depistaggi. Era l''Italia delle bombe e dei
processi, da Piazza Fontana in avanti, dal 1969 agli Anni Novanta. E Nozza,
con il suo block notes in mano e l''archivio in testa, era sempre lì, a cercare, a
domandare, a diffidare.
«La realtà che di volta in volta ci franava addosso era difficilissima da
immaginare prima che franasse e, una volta franata, raggiungeva livelli
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 498
incredibili», scrive nelle ultime pagine del suo appena uscito Il Pistarolo (Il
Saggiatore, introduzione di Corrado Stajano, pagg. 384, euro 19). E'' morto nel
1999, Nozza. E questo libro è la sua ultima appassionata cronaca, lunga 30
anni. Già nel titolo, Pistarolo, c''è l''autoironia di Nozza, un bergamasco dalla
risata schietta, uno che con l''ironia riusciva ad arrivare dove voleva arrivare.
A farsi raccontare il dettaglio, quel particolare che doveva finire nel block
notes e poi nell''articolo e, sempre, nell''archivio e nella memoria. Già, la
memoria. La capacità di collegare un nome ad un altro nome, un fatto ad un
altro fatto, un''inchiesta ad un''altra inchiesta. Mai credere al caso. Mai
credere alle versioni ufficiali, e in quegli anni ben pochi le mettevano in
dubbio. Sulla strage di piazza Fontana, appunto. Milano, 12 dicembre ''69.

E'' Nozza a scoprire che Pino Pinelli, l''anarchico che entra in Questura come
testimone vivo e ne uscirà come testimone morto, per quel pomeriggio aveva
un alibi incrollabile. Era al bar a giocare a carte, e Il Giorno può titolare «Sei
uomini forniscono un alibi perfetto a Pinelli». E'' Nozza che va a cercare la zia
e la nonna di Pietro Valpreda, subito arrestato, «il Mostro», e in casa trova il
soprabito marrone, «sportivo, con cintura, fodera scozzese», che è il primo
indizio della fragilità di Cornelio Rolandi, il taxista che aveva riconosciuto in
Valpreda il cliente sceso con una borsa proprio davanti alla Banca della strage.
«Piazza Fontana e quel che ne seguì - scrive Corrado Stajano nella prefazione -
fu un evento che fece da cesura alla vita di tutta una generazione. Ci fu un
prima e un dopo. Una riscoperta del mondo e di se stessi. Anche per i
giornalisti».

Non solo Nozza: Gianni Flamini di Avvenire, Giulio Obici di Paese Sera, Guido
Nozzoli, Gian Pietro Testa e Marco Sassano del Giorno, Adolfo Fiorani e
Marcella Andreoli dell’Avanti, Ibio Paolucci dell’Unità, Mario Cicellyn del
Mattino, Giuliano Marchesini della Stampa, Umberto Zanatta di Stampa Sera,
Italo del Vecchio della Gazzetta del Mezzogiorno. Il Pistarolo e i Pistaroli. Che,
dal ''72 in poi, dopo il terrorismo nero, le deviazioni dei Servizi e le reticenze
dei ministri, conoscono le piste rosse, la dolorosa perdita di amici come Emilio
Alessandrini, il pm di Piazza Fontana assassinato da Prima Linea, o del
giornalista Walter Tobagi. Avrebbero voluto ammazzare proprio Nozza, al
posto di Tobagi.

Ma Nozza era una trottola, c''era sempre e c''era mai, «e avevo quattro uscite
diverse da casa mia». Non si è fermato nemmeno quando Il Giorno l''ha
mandato in pensione. I suoi block notes erano diventati troppo scomodi, così
ha scritto questa sua ultima cronaca da «Pistarolo». Per non dimenticare.

Autore: Marco Nozza (introduzione di Corrado Stajano)


Titolo: Il Pistarolo
Edizioni: Il Saggiatore

Scritto il 12/12/06 alle 10:16 in Attualità | Permalink | Commenti (0)


11/12/06
Enzo Biagi, cronista

Biagiblog Ben tornato in tivù, dunque, caro Enzo Biagi. Con l'augurio semplice
semplice che la gente capisca che i cronisti non sono funzionari di partito o di
governo, che sono lecite le critiche al potere e le domande ai padroni del
vapore, di tutti i vapori, dal sindaco del più piccolo comune al presidente del
consiglio o ad un amministratore delegato.
Con la speranza che i giornalisti combattenti per la libertà dell'Occidente non
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 499
si mascherino più da spie, almeno quando non è carnevale. Ma il dramma
nazionale è che da noi ci sono sempre state troppe quaresime e di
conseguenza e per reazione ci sono state pure sempre fin troppe sfilate in
maschera.
Per un giornalista, l'importante è raccontare e spiegare (come diceva Indro
Montanelli) quello che non si è capìto, non vestire i panni di uno 007 che cerca
gloria postuma non nella penna ma nei dossier riservati.
Il mondo è pieno di imbecilli. Quelli che incartano le loro fissazioni in un
giornale, come se si trattasse di un caspo d'insalata al mercato, alla fine
risultato figure patetiche: si credono furbi ed intelligenti, non riescono ad
oltrepassare il confine della barzelletta vivente.
Biagi rappresenta la storia di un giornalismo attento ed onesto. La
disattenzione è la regola di chi vuol far carriera e non vuole grattacapi. Quanti
grattacapi possa procurare il lavoro del cronista, dipende non dagli oppositori
di regime ma dalla demenza di chi (ad ogni livello ed in ogni ambiente) non sa
difendere il lavoro dei cronisti seri, e il quotidiano granello di democrazia che
quel lavoro serio porta alla mensa comune.
Ben tornato, Enzo Biagi. Ad insegnare che l'umiltà del cronista che lei ha
sempre impersonato, è molto più alta delle dignità che si attribuiscono tanti,
troppi fanfaroni che circolano nell'ambiente. E buon lavoro nel segno di
un'informazione democratica necessaria (oggi più che mai) come l'ossigeno
per la nostra vita politica.

Sul problema dell'informazione, Le Monde di stasera pubblica questo articolo:

Journalistes/lecteurs, une relation à développer, par Dominique Gerbaud

Scritto il 11/12/06 alle 17:57 in Attualità | Permalink | Commenti (5)


10/12/06
Pastori, anzi turisti

Donne16 Tranquilla domenica prenatalizia, dunque. A Bologna al Motorshow


(nella foto Stampa, una delle modelle presenti), Prodi è stato accolto da
slogan tipo «pagliaccio», «buffone», «mortadella», «ritirati».
Intanto Berlusconi vuole far ricontare le schede perché si dice convinto di aver
vinto le ultime elezioni.
Fassino ha rassicurato:"Non siamo contro la famiglia", rispondendo all'allarme
del Vaticano ("Si vuole sradicare la famiglia").
Tutto come previsto.
Restano le solite domande, nella mente di chi non conta nulla come il
sottoscritto. Se sono moderati quelli che danno del buffone al capo del
governo, gli estremisti che cosa diranno mai? Se uno perde le elezioni essendo
al governo al momento del voto, gli si potrebbe chiedere da dove nasca la sua
convinzione? E se l'opposizione di allora sia stata più furba di lui e lo abbia
fregato?
Circa Vaticano e Fassino, resta da confidare nella misericordia di Dio per
entrambi nel momento del giudizio universale. Il giudizio degli uomini è
sempre lacunoso in qualcosa.
Niente di nuovo sotto il sole, dice la Bibbia. Non credo che Prodi e Fassino
vogliano riproporre Sodoma.
Le cose esistono, le varietà umane pure, accettiamole ed amen. Se fossi
nell'Osservatore romano mi chiederei quanto pane c'è sulla mensa di certe
famiglie, se la miseria a volte non le distrugga oppure non conduca a
comportamenti poco corretti (il giornale direbbe peccaminosi) proprio per
colpa della miseria. Oppure dobbiamo credere che tutta l'Italia e tutte le
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 500
famiglie siano come quelle che vanno a vedere l'Aida con il visone e lo
smocking, ed a fare quegli acquisti favolosi di cui ha raccontato sere fa il TG5
da Milano?
Il Natale sta arrivando: per chi? Panettoni, torroni, abiti, regali... Benissimo. Ma
il Natale deriva dalla nascita di un Bambino in una grotta al freddo ed al gelo
(così ci raccontavano da fanciulli), salutato dai pastori. Che erano gli ultimi
della società, gli esclusi. Proprio in una grotta cominciava la rivoluzione
cristiana.
Immaginate come la racconterebbero oggi . Forza Italia direbbe che è stato
montato un caso che non esiste. Nato in una grotta? Non ci sono notizie certe.
Sembra che si trattasse di ricchi turisti occidentali in viaggio di piacere, la
madre ha partorito all'improvviso, per stare più tranquilla ha cercato un luogo
appartato, lontana dai papparazzi.
Rutelli non vorrebbe pronunciarsi in mancanza di notizie ufficiali. Fassino
ammetterebbe che qualcosa è successo, ma non si sa né dove né come né
perché.
Il TG5 di Carlo Rossella smentirebbe che si tratti di pastori accorsi a
festeggiare nella grotta. Erano quelli delle solite feste in Sardegna vestiti da
pastori per evadere dalla triste noia quotidiana imposta dalla sinistra ad un
Paese mortificato dal risultato elettorale e dalle troppe tasse.
A Striscia la notizia, ci scherzerebbero su. Pastori in una grotta? Ma no, un
trucco di Prodi per fare festa all'estero senza essere scoperto.

Scritto il 10/12/06 alle 17:54 in Attualità | Permalink | Commenti (3)

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09/12/06
Giovani francesi

E_tchoungui_345x260 Sul nuovo sito france24 segnalo il blog dell'esperta di


cultura, Elisabeth Tchoungui (foto), dedicato al tema «i giovani e la politica»:
«Il est français, adolescent, porte un jean trop large, dialogue sur son
ordinateur trente-six heures sur vingt-quatre, une oreille reliée à son mobile,
l'autre à l'écouteur de son baladeur numérique. Pour lui, l'élection
présidentielle se déroule sur une planète lointaine, celle où les glaciers
fondent, malades de pollution, celle où seules les ouvrières chinoises forcées
de dépiauter de vieux ordinateurs pour extraire des composants toxiques qui
les tueront à petit feu sont assurées d'avoir un emploi. En mai prochain, il n'a
pas la moindre intention de se rendre aux urnes».
Il testo si legge qui.

Scritto il 09/12/06 alle 18:32 in Attualità | Permalink | Commenti (0)


08/12/06
Doppio cognome

Aa00094acbi A proposito del doppio cognome che sarà possibile adottare per
legge.
Io l'ho già usato sul web dal 1999 perché c'è un'infinità di persone che si
chiamano Antonio Montanari, come io sono registrato all'anagrafe.
Per facilitare le ricerche in Internet ho aggiunto al Montanari legittimamente
paterno il Nozzoli materno.
Mi padre si chiamava Valfredo Montanari ed era nato a Forlimpopoli, il paese
di Pellegrino Artusi.
Mio nonno Antonio era segretario nella scuola magistrale diretta da Valfredo
Carducci, il fratello del poeta Giosue.
Quando nacque mio padre, fu portato al battesimo proprio da Valfredo
Carducci da cui prese il nome.
Mia madre si chiamava Maddalena in onore di sua nonna paterna, Maddalena
Vanzi, discendente di una famiglia riminese ricchissima nel 1700 e poi andata
lentamente in miseria come la maggior parte delle classi dirigenti del XVIII
secolo.
In un volume andato in tipografia proprio la scorsa settimana e dedicato a
Sigismondo Pandolfo Malatesti (editore Bruno Ghigi), e che uscirà prima di
Natale, in uno dei due saggi miei che vi appaiono, ho inserito questa nota
autobiografica (circa i miei avi materni) a proposito del tempio malatestiano di
Rimini, parlando dei sarcofagi esterni: «Il primo e secondo sono quelli dei poeti
Basinio da Parma e Giusto de’ Conti, scomparsi rispettivamente nel 1457 e nel
1449. Il quarto è quello di Roberto Valturio, morto nel 1475. Nel quinto si
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 502
trovano i medici e filosofi Gentile Arnolfi (1473-1546) e Giuliano Arnolfi (1513-
1547), figlio e nipote di Giuliano Arnolfi, archiatra di Alessandro VI. La sesta
arca è onoraria in ricordo del vescovo Sebastiano Vanzi, sepolto ad Orvieto
dove morì nel 1571. L’ultima, dedicata a Bartolomeo Traffichetti (1523-1579)
di Bertinoro, è anch’essa vuota: il suo corpo fu sepolto nella chiesa riminese
dei santi Bartolomeo e Marino. Da un fratello di Sebastiano Vanzi vescovo
(1514-71), Lodovico (+1584), discende come pronipote Ignazio (1667-1715),
bibliotecario gambalunghiano dal 1711 al 1715. Un pronipote di Ignazio
(Giorgio nato nel 1760) ebbe dal figlio Pietro e da Colomba Mazzocchi come
nipote Maddalena la quale sposò Gaetano Nozzoli a cui diede Romolo (1876-
1966) che da Lucia Meldini (1881-1966) generò lo scrittore Guido Nozzoli
(1918-2000) e Maddalena (1904-98) andata in moglie a Valfredo Montanari
(1901-1974), dai quali nacque chi scrive nel 1942».

Scritto il 08/12/06 alle 17:03 in Attualità | Permalink | Commenti (0)


07/12/06
Fannulloni

Montezemolo Lettera a Luca Cordero di Montezemolo.


A proposito della sua dichiarazione circa la metà degli italiani che a suo parere
sono «fannulloni», mi faccio portavoce di un amico e collega di altra lontana
città, Ubaldo Ubaldini Traversari Introversi che non sapendo usare né il
computer né Internet, mi prega di scriverle quanto segue.
«Il sottoscritto Ubaldo Ubaldini Traversari Introversi in quanto pensionato e
quindi di diritto rientrante nella categoria dei «fannulloni», desidera spiegarle
che nella medesima categoria è stato costretto a rintanarsi ancora di più per
cause indipendenti dalla propria volontà ma derivanti dalla malvagia volontà
altrui.
Dopo aver dedicato decenni della propria vita allo studio ed alla cultura, il
sottoscritto Ubaldo Ubaldini Traversari Introversi si è visto fatto oggetto
dell'invidia non di colleghi di bassa condizione come la sua, ma di persone ben
più altolocate che non volevano che il medesimo sottoscritto le disturbasse
con la propria attività disinteressata (cioè svolta senza guadagnarci una lira).
Qualcuno ha fatto scrivere da una avvocata oltretutto docente universitaria
una lettera in cui si accusava il sottoscritto di essere penalmente indagato per
diffamazione.
Nulla di vero. Mai indagato, mai denunciato. L'Ordine degli avvocati a cui
appartiene l'avvocata che scrisse la lettera falsa e calunniosa, non ha trovato
in tale azione nulla di riprovevole o di censurabile.
A questo punto, il sottoscritto Ubaldo Ubaldini Traversari Introversi avendo
raggiunto la prova provata che neppure nelle capitali morali del Paese si tiene
conto dell'onore altrui e della morale propria, ha gettato tutto alle ortiche,
rinunciando ai propri studi, dato che la lettera con la notizia falsa, e la
decisione di quell'Ordine degli avvocati a cui appartiene l'avvocata che scrisse
la lettera falsa e calunniosa, sono atti considerati dal sottoscritto come
tipicamente mafiosi o camorristici (e quindi premonitori e suggeritori di
silenzio) anche se avvenuti in territori che la geografia politica non fa rientrare
in quelli direttamente controllati dalla mafia e dalla camorra. A dimostrazione
che siamo un Paese unito.»
Ubaldo Ubaldini Traversari Introversi finisce qui la sua epistola che io giro ai
lettori con la simpatia che ho per lui perché (per antica e lunga
frequentazione) so quanto ci rassomigliamo ed abbiamo identico sentire.

Scritto il 07/12/06 alle 16:21 | Permalink | Commenti (0)


06/12/06
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 503
Prima Repubblica

Andreotti Ieri sera stavo leggendo un libro con il televisore acceso.


Il libro è «Il pistarolo» di Marco Nozza, racconta la storia italiana a partire dal
12 dicembre 1969.
Ad un certo punto, Nozza scrive che nel «Giorno» di Gaetanino Afeltra doveva
essere assunto un signore, «certo Guido Giannettini», nome ricorrente nelle
oscure vicende di quegli anni, e nelle cronache su terrorismo e servizi segreti
deviati.
Nozza si scontra con il direttore Afeltra, il quale gli spiega che l'assunzione gli
era stata raccomandata da Giulio Andreotti.
Alzo gli occhi dal libro, leggo la pagina a mia moglie, guardo il televisore.
Bruno Vespa annuncia la puntata di «Porta a porta» su Mario Scaramella ed i
misteri della commissione Mitrokin. Vespa presenta gli ospiti: tra loro, c'è
Giulio Andreotti.
Chiudo il libro in cui si parla di Guido Giannettini e Giulio Andreotti, spengo il
televisore da cui avrei visto Bruno Vespa intervistare Giulio Andreotti sul caso
Scaramella. Il tempo sembrava essersi fermato alla Prima Repubblica, ai
misteri legati al 12 dicembre 1969, la strage di piazza Fontana.
Stamani leggo un interessante intervento di Irene Spagnuolo sulla «Terza
repubblica».
Io ho inserito questo commento che riproduco qui:
Sono convinto che il passaggio dalla prima alla seconda Repubblica non sia
mai avvenuto.
Perché accadesse occorreva modificare non la legge elettorale ma la
Costituzione.
Noi siamo ancora nella prima Repubblica, non sappiamo però di esserci
ancora, crediamo che la legge elettorale (la porcata di cui ha detto Calderoli,
uno dei suoi padri...) abbia tentato un'innovazione, etc.
Il momento è difficile proprio per questo, spacciano per riforme dei fatti che
non sono stati tali.
Qui a Rimini alle amministrative della scorsa primavera, Forza Italia ha perso il
52% dei voti a favore del centro-sinistra che nelle previsioni della vigilia si
dava per perdente o (nella migliore delle ipotesi) pericolante tanto da dover
andare al ballottaggio.
Invece no, ha vinto subito. Perché? Perché i gruppi di potere della destra
cattolica hanno avuto tutte le loro belle soddisfazioni dall'amministrazione
comunale di centro-sinistra: e mi mica sono stati scemi al punto di poter
vincere e dover governare con tutte le rogne connesse all'esercizio del potere.
Forse il caso-Rimini è destinato a ripetersi in sede nazionale.
D'altro canto non è mai stata fatta la legge sul conflitto d'interessi.
Ha ragione Barbara Spinelli (editoriale di domenica sulla Stampa): i mali
italiani sono tutti da esplorare, e tra essi c'è il comportamento del centro
sinistra che sia all'opposizione prima sia al governo ora non ha mai pensato di
togliere a Berlusconi il controllo delle rete televisive.
Un carissimo saluto ad Irene ed a tutti i lettori.
Ieri sera ho inserito un commento politico che non è stato segnalato (il
sistema era inceppato..), inserisco qui il link relativo:
http://antoniomontanarinozzoli.blog.lastampa.it/antoniomontanari/2006/12/bb
_benservito_a.html

Scritto il 06/12/06 alle 11:11 in Politica | Permalink | Commenti (1)


05/12/06
BB, benservito a Berlusconi
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 504
Casi240x240 Già il titolo dice tutto: «Il leader, il popolo e niente in mezzo».
Il fondo di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera odierno dà
formalmente il benservito al cavaliere: sabato a Roma tra il popolo della
destra ed i suoi capi «sembrava esserci il nulla. Sul palco o nelle sue vicinanze
era assente qualunque rappresentanza significativa di questo o quel pezzo di
società italiana».
E poi: Berlusconi «è stato incapace di elaborare una qualsiasi forma di
rappresentanza sociale e di cultura della mediazione, probabilmente perché
politicamente sprovvisto di una qualunque vera idea forte. La rivoluzione
liberale è così rimasta una formula. Tutto si è fermato agli slogan e come
partito (non come lista elettorale!) Forza Italia è rimasta un partito di
plastica».
Se il più moderato dei commentatori moderati del campione giornalistico del
moderatismo giornalistico, scrive queste cose...
La conclusione di Galli della Loggia è questa: Forza Italia «non organizza, non
coagula nulla; non conduce se non raramente vere battaglie politiche; nelle
elezioni amministrative mostra scarsissima capacità di attrarre personalità
indipendenti diverse dagli imprenditori. Al centro, poi, essa è ancora e sempre
solo Berlusconi che, forte del suo strapotere e del suo carisma, impone a tutta
la coalizione la propria evanescente cifra politica, fuori della quale c'è posto
solo per il tradimento più o meno mascherato ovvero per gli inquietanti
eccessi leghisti e/o mussoliniani. La destra dunque può anche essere
elettoralmente plebiscitata, ma resta tuttora condannata a una vera e propria
solitudine politica che rimanda direttamente a un'irrisolta solitudine sociale».
(Le sottolineature sono mie.)

Scritto il 05/12/06 alle 18:01 in Politica | Permalink | Commenti (0)


04/12/06
Casini saluta e se ne va

Casini02hVa in onda la scena degli addii.


Questa sera Pier Ferdinando Casini dirà nella trasmissione di Giuliano Ferrara
che «ormai la Cdl non ha più senso per cui i vertici li facciano loro, li facciano
Berlusconi, Fini e Bossi».
Niente di più di una presa d'atto, nulla di diverso da uno scritto notarile in cui
si constata quanto è già accaduto.
Ieri ho osservato che il «trionfo» romano di Berlusconi nascondeva la
sostanziale debolezza dell'opposizione. E che l'attacco del cavaliere a Casini
era soltanto l'ultima spiaggia di Berlusconi per dire: il padrone sono me.
Ovviamente Casini non accetta di farsi mettere i piedi sulla testa, lui ha dietro
le spalle cento tirocini ed una sola scuola, quella della politica democristiana
che non è da prendere alla leggera e che è sempre stata un osso duro per
tutti.
Berlusconi ha tentato di presentarsi come l'erede naturale di quella scuola, e
pontificava come se si fosse seduto sulla cattedra di Pietro e vestisse
contemporaneamente i panni del segretario della vecchia dc e di un pontefice
di santa romana Chiesa.
Prima Follini e poi Casini gli hanno detto ciao. Ma non si tratta di Follini e
Casini soltanto, cioè di due persone e delle loro correnti politiche o partitiche.
In questione è il concetto stesso di forza unitaria che Berlusconi vuole
rappresentare mescolando mille anime tenute assieme solo dal collante prima
del potere e adesso dell'opposizione. Ma partiti e politica sono tutt'altra cosa.
Non sono la proprietà privata data in comodato a qualcuno, sono contrasti e
contraddizioni, diverbi ed accoltellamenti, poi non tanto figurati se pensiamo a
quel dramma rimosso della nostra storia recente che fu l'uccisione di Aldo
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 505
Moro.
Merita ampia riflessione quanto scritto ieri da Barbara Spinelli nell'editoriale
della domenica sulla Stampa: abbiamo il contesto di una democrazia malata,
ma i mali italiani sono ancora da esplorare.
L'uscita di Casini dalla Cdl spacca una coalizione. Sarà una terapia od un
aggravamento per la nostra democrazia malata?

Scritto il 04/12/06 alle 16:46 in Politica | Permalink | Commenti (1)


03/12/06
Romano, hai ragione (questa volta)

Prodi01g • Caro Romano Prodi, questa volta hai ragione al cento per
cento. Dalla piazza soltanto insulti. Leggo sulla StampaWeb questa tua
dichiarazione: «Ieri, veramente, io ho sentito solo esprimere solo insulti,
programmi non ce ne erano». E mi viene da aggiungere quanto segue.
• Per dimostrare intolleranza, spirito di violenza, arroganza ed i nostalgici
pensieri del ventennio da parte di ventenni schiamazzanti, non era necessario
marciare su Roma (in pullman). Bastava girarsi attorno ad ogni angolo di città
o di strada.
• Ai «due milioni» che hanno offerto al loro unico leader ex tesserato P2
l'occasione di dichiarare che sono la maggioranza nel Paese, è (non) inutile
ricordare che le piazze non sono le Camere uscite dalle urne.
• La piccola differenza sfugge a chi urlava in quei cortei. Differenza
gravemente oscurata da chi parlava alle folle.
• Tra demagogia (di destra o di sinistra fa lo stesso: gli opposti coincidono
sempre nella Storia) e democrazia, la distanza sta in questa differenza: le
piazze non sono le urne. Siamo una repubblica parlamentare. Dalla piazza
passa la via per quella presidenziale autoritaria. Ma quella via non è ancora
fortunatamente presente nei nostri programmi collettivi 'consapevoli'.
• Credo che il «trionfo» romano sia segno di una sostanziale debolezza
dell'opposizione. L'attacco ad un personaggio (per me insopportabile, quindi
non lo dico per difenderlo) come Casini, è soltanto l'ultima spiaggia di
Berlusconi per dire: il padrone sono me.
• È una brutta politica, questa di un'Italia manovrata dalla «Forza»
berlusconiana che può mobilitare tv, giornali e masse scorrazzate per l'Italia
(chi ha pagato? ovvia la risposta).
• Come tutte le democrazie anche l'Italia ha bisogno di forze di destra
consapevoli e costituzionali. Per ora non ci sono nel senso che non si fanno
sentire e stanno inginocchiate verso il Berlusconi populista-peroniano. C'è
soltanto un leader che mette il suo cappello su tutte le poltrone quando lui ed
i cosiddetti alleati si radunano. C'è un delfino (Fini) che viaggia in moto
violando la legge senza casco. Bell'esempio.
• Non riuscendo a trovare argomentazioni politiche, la destra di oggi, la
destra berlusconiana in regime di monopolio del signore di Arcore, urla,
offende, sbraita, deride.
• Niente tasse? E chi paga gli ospedali dove vogliamo (vogliono anche gli
urlanti) essere curati?
• Passi per il cavaliere (s'aggrappa al delirio del trionfo), ma politici
responsabili non ci sono nei suoi dintorni?
• Sergio Romano stamani sul Corriere della Sera ha scritto che Berlusconi
quand'era al governo non è riuscito a mantenere le promesse del 2001, ed ha
impiegato una parte del suo tempo a risolvere in parlamento «i suoi
problemi».
• Non le basta questo, ambasciatore Romano, per giudicare
negativamente quel governo?
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 506
• Lei osserva che nonostante ciò, Berlusconi entusiasma più di metà del
Paese. E questo, secondo me, dipende dal fatto che l'opinione di
commentatori come lei (che forse Berlusconi considera un comunista) non
mette in luce i guasti di quel governo, ma soltanto le difficoltà (chiamiamole
così) di quello uscito dalle urne.
• Berlusconi è un uomo in crisi, da tempo. Soltanto per i commentatori è il
mago che raduna le folle. E poi, dietro gli insulti che cosa c'è? Lei stesso
ambasciatore Romano spiega che Berlusconi non ha parlato né di Europa né di
globalizzazione, «le due realtà da cui dipende il futuro dell'Italia».
• Ed allora? Di che cosa parliamo? Anzi di che cosa hanno parlato ieri
sera?
• Ecco perché questa volta ha ragione Prodi: «Ieri, veramente, io ho
sentito solo esprimere solo insulti, programmi non ce ne erano».

Scritto il 03/12/06 alle 16:53 in Politica | Permalink | Commenti (3)


02/12/06
Cose turche del 1461

Sigismondo Al gran parlare che s’è fatto in questi ultimi giorni dei rapporti tra
mondo occidentale e Turchia, aggiungiamo un brevissimo ricordo che riguarda
il riminese Sigismondo Pandolfo Malatesti.
Dopo la presa di Costantinopoli, Sigismondo tenta un simbolico abbraccio
culturale tra Oriente ed Occidente. Nel 1461 aderisce all’invito del sultano dei
Turchi ad inviargli uno dei migliori artisti della sua corte, Matteo de’ Pasti, con
l’incarico di fargli un ritratto.
A lui Sigismondo affida per Maometto II una copia del «De re militari» di
Roberto Valturio. In una elegante epistola latina stesa dallo stesso Valturio,
Sigismondo dichiara di voler far partecipe il sultano dei propri studi ed
interessi. Matteo de’ Pasti, arrestato in Candia prima di giungere a
destinazione, è trasferito a Venezia dove è processato e liberato il 2 dicembre
1461, dopo esser stato riconosciuto innocente. Il «De re militari»
sequestratogli è richiesto dal pontefice che lo vuole esaminare.
Contro Sigismondo i suoi avversari inventano un’altra grave accusa: d’aver
invitato Maometto II a combattere il papa. In tal modo lo accreditano in un
solo botto come nemico della Religione, dello Stato della Chiesa, delle signorie
e dell’Italia tutta. Il 26 aprile 1462 tre fantocci raffiguranti Sigismondo sono
bruciati in altrettanti diversi punti di Roma, ed il giorno seguente il papa Pio II
emana una bolla per scomunicare ed interdire il signore di Rimini,
inaugurando quella leggenda nera su di lui, che ritorna successivamente. Il 2
dicembre 1463 la Chiesa romana lascia a Sigismondo una città privata per lo
più dei territori che aveva governato fin dai tempi del Comune.
Il tentativo di dono di Sigismondo a Maometto II avviene in un momento di
forte tensione internazionale, anche se la presa di Costantinopoli ha provocato
soltanto quello che uno storico ha definito «reazioni sentimentali o retoriche»
come la bolla del papa sull’avvento della bestia dell’«Apocalisse»,
avanguardia dell’Anticristo. Il 18 aprile 1454 Venezia ha stipulato un accordo
con il conquistatore di Costantinopoli.
L’unico a rimetterci è il nostro Sigismondo. Al triste declino egli tenta
d’opporsi come condottiero al soldo di Venezia nella crociata in Morea dal
1464 sino al 1466, quando il 25 gennaio fa ritorno in patria da uomo sconfitto.
Reca però con sé un bottino, le ossa di Giorgio Gemisto Pletone, che gli
garantisce un prestigio perenne. Se Pio II non fosse già morto il 15 agosto
1464, Sigismondo gli avrebbe fornito nuovi, forti motivi per un’altra condanna.
Antonio Montanari
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 507
Per altre notizie, sul web:
Sigismondo il «terrorista»
Fu accusato nel 1461 di spingere Maometto II contro Roma

Scritto il 02/12/06 alle 15:04 in Attualità | Permalink | Commenti (0)


01/12/06
Talenti senza parenti

Lamiaopinione_1 • Riprendo il gioco di parole dell'interessante articolo che


ieri La Stampa ha pubblicato a firma Michele Ainis, intitolato: «Liberare i
talenti dai parenti».
• Il sottotitolo diceva: «Per oltre la metà degli italiani più dei meriti
contano le relazioni. Potremo ridare slancio e fiducia soltanto togliendoci di
dosso la camicia di lobbies e nepotismi».
• Ecco, appunto: lobbies e nepotismi. È un sogno disperato, quello
secondo cui il merito vada premiato per quello che esso vale e non per quanto
esso pesa in termini di amicizie, protezioni ed appartenenza a famiglie nel
senso tradizionale od in quello allegorico (cioè gruppi di potere, e diciamolo
pure potere mafioso).
• A quasi 65 anni, ho visto franare definitivamente l'Italia dei meriti a
vantaggio di quella delle protezioni. Sembra rinnovarsi il panorama storico,
umano e sociale del seicentesco mondo di don Rodrigo: si è qualcosa, si è
qualcuno se si ha in mano la carta della protezione di qualche potente
signorotto locale.
• Non ho interessi personali in gioco, né nascoste ambizioni da vedere
realizzate o premiate. Sono un osservatore distaccato, a cui premono due
cose: il rispetto della dignità delle persone e la valorizzazione di quanti
dedicano il meglio di loro stessi allo studio che non è un passatempo allegro
ma una fatica improba.
• Per comprendere quanto la valorizzazione dei talenti sia un aspetto
fondamentale del nostro vivere sociale, consiglio la lettura di un libro appena
uscito. Si tratta di «Camminare nel tempo» di Ezio Raimondi, il grande
italianista di Bologna che racconta la sua vita nei dialoghi con Alberto Bertoni
e Giorgio Zanetti.
• Un libro sul quale mi riprometto di tornare in altra occasione. Intanto
chiedo agli amici lettori di partecipare alla discussione con i loro commenti.
Violinopng

Scritto il 01/12/06 alle 11:41 in Politica | Permalink | Commenti (11)

****
Cossiga
Caro Francesco Cossiga, ogni volta che cronisticamente mi sono occupato di
lei, ho scritto che è una persona simpatica.
Adesso che leggo delle sue dimissioni da senatore a vita, confermo il vecchio
giudizio, aggiungendo un particolare apprezzamento. Lei è uno dei pochi che
danno le dimissioni, seguendo un esempio illustre ed ormai dimenticato,
quello del presidente Enrico De Nicola, primo capo di Stato (provvisorio, ed
anzi secondo perché le funzioni della più alta carica erano state prima assunte
in via transitoria da Alcide De Gasperi).
De Nicola raggiunse un primato da Guiness. Lei lo eguaglia con un solo gesto,
rumoroso ma forse inascoltabile nel chiasso mediatico che ci circonda.
Mi permetta di dire però che a volte dietro l'aggettivo «simpatico» si cela
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 508
rispettosamente il riconoscimento di una geniale follia politica che forse è
necessaria o forse potrebbe essere instradata verso diversi binari.
Comunque, caro Francesco Cossiga, le sue uscite che dovrebbero costringere
parecchie persone a riflettere ed a parlare a modo, non hanno prodotto altro
che silenzi eloquenti a dimostrazione che la politica è un imbroglio anche nel
sistema democratico per cui il cittadino singolo conta poco anzi non conta
nulla.
E questo è l'aspetto più miserabile e tremendo della nostra realtà politica. Se
prendono a pesci in faccia una venerabile (non nel senso massonico...) figura
come lei, si figuri cosa può accadere ai «semplici» cittadini.
«Semplici» a tal punto di «dover» credere nella democrazia anche per colpa di
chi se ne dichiara artefice fregandosene bellamente di realizzarla come fa la
maggior parte della classe politica nazionale o locale. La quale bada soltanto
agli affari propri o dei propri amici.
Presidente emerito Cossiga, auguri per la salute, e ci tenga allegri, tanto di
cose serie nessuno sembra oggi aver voglia.

Scritto il 27/11/06 alle 14:41 in Politica | Permalink | Commenti (0)


26/11/06
Visco gode con Fisco

Il Fisco di Visco sta bene in salute. La Stampa di stamani ci conforta: «C’è la


ripresa. Il Fisco gode».
Si rallegrano gli italiani. Si agitano gli ambienti d’Oltretevere. Se il Fisco gode,
è un atto lecito? L’on. Binetti si è chiesta: «Ma siamo preparati a questo tipo di
nuovo piacere. Chi lo offre, è consapevole dei rischi che fa correre alla
popolazione ignara? Non ne abbiamo ancora discusso a sufficienza, questo
tipo di godimento non rientra nei nostri schemi mentali, non c'è stato sinora
nessun pronunciamento ufficiale delle Commissioni interparlamentari, né di
quelle internazionali (Roma-Vaticano), né del presidente del Circolo ricreativo
di Melanzana Soprana autorevole esponente dei cattolici atei ispirati dal
pensiero di Giuliano Ferrara».
Se i ricchi piangono ed il Fisco gode, c'è speranza in una maggior giustizia
sociale? E poi il pericolo maggiore, si fa notare negli stessi ambienti, è che
Visco goda con il Fisco assieme a Prodi. Una situazione zapatera davvero
insopportabile.

Scritto il 26/11/06 alle 11:21 in Politica | Permalink | Commenti (0)


24/11/06
Una scuola...

Un quotidiano locale scrive oggi che in una scuola di Rimini c'è stata bufera:
«Filmano il prof, lo doppiano e diffondono il video in rete. La classe sospesa
per 3 giorni. Un insegnante ripreso da alcuni alunni col videofonino, poi
doppiato con frasi ingiuriose e finito su internet. I ragazzi a casa per tre giorni.
La preside: "Non è una punizione: studieranno la Costituzione e la legge sulla
privacy"».
Io li avrei obbligati ad una settimana di studio supplementare tra le mura
scolastiche proprio su Costituzione e privacy, per dimostrare che la scuola (o
Scuola?) serve a qualcosa.

Scritto il 24/11/06 alle 18:26 in Attualità | Permalink | Commenti (1)


20/11/06
Una donna a palazzo Chigi
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 509

Io l'ho proposto umilmente in questo blog.


Marini01g
Sulla Stampa di oggi il presidente del Senato Franco Marini concorda (senza
ovviamente avermi letto...) in un'intervista che è anche qui su StampaWeb:
«Il premier? Lo vorrei donna».
Il presidente del Senato Marini pensa ad una Segolene Royal.

Scritto il 20/11/06 alle 12:23 | Permalink | Commenti (1)


18/11/06
Giudici ed educazione

Ragazzi
Il Tribunale civile di Milano ha riassunto in una breve formula la concezione del
mondo che dovrebbe sottostare ai comportamenti collettivi. Se i figli sono
violenti la colpa è dei genitori che non hanno impartito loro un’«educazione
sentimentale» che, se realizzata, li avrebbe invece portati sulla buona strada
degli ottimi sentimenti e delle cordiali manifestazioni di affetto nei confronti
delle persone di sesso diverso.
Sembra facile parlare di «educazione sentimentale», soprattutto in una
società che dei sentimenti non vuol farsi carico, anzi li disprezza, ma non
soltanto da oggi. Ricordo una scena del 1973, l’inverno dell’emergenza
petrolifera e delle domeniche a piedi. Ero su di un autobus fermatosi per
accogliere due anziani che faticosamente salivano. Una signora di media età
vicino a me, chiese retoricamente alla figlia adolescente: «Ma perché vanno in
giro, se ne stiano a casa».
Se adesso una nipotina di quella signora che così parlò alla ragazza, dovesse
dimostrare disprezzo verso le persone giovani od anziane come quei due
passeggeri dell’inverno 1973, non mi sentirei di dare nessuna colpa a lei, né a
sua madre, penserei piuttosto a quella che biologicamente è la nonna, forse
una parola che alla signora in questione fa drizzare i capelli.
Questo mio ricordo potrebbe far pensare che hanno ragione quei giudici di
oggi che dalla famiglia pretendono l’«educazione sentimentale» dei figli. Non
è così. L’educazione in generale (non soltanto quella sentimentale che ne è
una parte ed una conseguenza), è un processo così difficile, complesso e
contorto che soltanto negli Stati totalitari ci si illude di poterla impartire come
una serie di dogmi in cui credere, a cui obbedire e per i quali combattere. E
con quali drammatici risultati, lo sappiamo tutti (o perlomeno in parecchi).

Scritto il 18/11/06 alle 16:20 in Attualità | Permalink | Commenti (8)


Donne e politica

Segolene02p_1
Perché vedrei ben volentieri una donna a palazzo Chigi:
1. La popolazione è composta di maschi e femmine, e finora soltanto i maschi
in grandissima percentuale hanno gestito la vita politica.
2. Sarebbe ora che, senza quote rosa e senza recinti protetti, l'elemento
femminile fosse accolto in proporzione non dico alla popolazione (dove le
donne sono la maggioranza), ma in parte eguale rispetto a quello maschile.
3. I politici italiani non hanno grande stima dell'elemento femminile (vedi i
discorsi berlusconiani di recente memoria).
4. I politici italiani maschi sono vecchi e stanchi. Occorre rigenerare la nostra
vita pubblica. Cambiare molte cose. Una di queste cose da mutare riguarda
appunto la presenza femminile, da incrementare, valorizzare sino al punto di
riconoscerle pari dignità anche nell'esercizio delle «supreme cariche».
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 510
5. Ecco perché avevo proposto Barbara Spinelli per il Quirinale.
Il post pubblicato qui sopra il 30 aprile 2006 l'avevo inviato anche alla
Stampa/lettere dei lettori: non è stato pubblicato...
6. Perché la Spinelli. Avevo scritto che lei offriva «al Paese la garanzia di una
trasparente indipendenza, di una solida autonomia di giudizio, di una
correttezza di analisi che sono fondamentali in un momento confuso come
quello che stiamo attraversando».
Mi ritrovo anche oggi in quelle parole. Aggiungo: la Spinelli era una garanzia
anche per la laicità del nostro Stato.
Post scriptum. Circa la mancata pubblicazione della lettera pro-B. Spinelli sul
giornale di carta, riprendo dalla Stampa di stamani un passo di Tito Boeri: «Un
altro effetto di Internet è stato quello di aver moltiplicato il potere delle idee.
Chi ne ha, può diffonderle a costi molto bassi ad un'elite sempre più
numerosa, senza dover necessariamente passare dai giornali».

Scritto il 18/11/06 alle 15:21 in Politica | Permalink | Commenti (0)


17/11/06
Voglio una donna (a palazzo Chigi)

Segolene02p

Nel discorso con cui Segolene Royal (Le Monde di stasera) ha commentato la
sua vittoria alle primarie «domestiche» (cioè del partito a cui appartiene e non
della coalizione come per Prodi da noi), c'è un passaggio centrale che può
interessare anche gli italiani: "la pauvreté et la précarité" non sono una
"fatalité".
Richiamando quanti ne soffrono, ha citato tra gli altri "les salariés poussés
vers la sortie" e "les familles qui n'arrivent pas" a fine mese.
Concetti chiari, parole semplici. Faccio il confronto con le formule italiche. E mi
chiedo: che cosa ci manca in Italia? Forse una donna come Segolene Royal.
Per l'elezione presidenziale, avevo proposto Barbara Spinelli con questo
spirito. Ora estendo la proposta anche per il governo.
Caro Romano Prodi chi potrebbe prendere il tuo posto? Voglio una donna a
palazzo Chigi.

Scritto il 17/11/06 alle 18:36 in Politica | Permalink | Commenti (4)


15/11/06
Televisione-religione

Professoressa
Alla «televisione-religione» Le Monde di ieri ha dedicato un'interessante
intervista circa il libro di imminente pubblicazione «Quand des médias
dévoilent l'intime».
Tra gli autori del volume c'è Jean-Michel di Falco, vescovo di Gap (Hautes-
Alpes), che è stato interpellato dal quotidiano parigino.
Monsignor di Falco ha detto: «Un public voyeur et exhibitionniste. Ceux qui,
d'eux-mêmes, viennent exposer à la télévision leurs situations ou difficultés
de vie se livrent à un dégradant strip-tease. Je me refuse à mettre en cause
ces hommes ou ces femmes, mais leur attitude en dit long sur l'état de notre
société». L'intervista integrale si legge nel sito de Le Monde: www.lemonde.fr.

Scritto il 15/11/06 alle 18:04 in Cultura e società | Permalink | Commenti (0)


14/11/06
A scuola di sesso
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 511
RebeccalinkE dopo che la televisione italiana pubblica e privata nei reality
mostra in continuazione fanciulli e fanciulle in calore come le bestiole che
girano per strada, pretendiamo che nelle scuole le nuove insegnanti ed i nuovi
allievi non cerchino di «recitare» le stesse cose?
Il senso del pudore è stato abrogato dalla legge commerciale del video.
Non lamentiamoci che poi in una classe della Media di Nova Milanese sia
successo quello che è successo. Scuola Nova per la Nova società della Nova
televisione.
Mi sento terribilmente reazionario nello scrivere queste cose, ma lo faccio per
non far credere che sia colpa delle prof e degli studenti di oggi. La scuola è
vittima dei palinsesti.

Sulla Stampa di oggi:


«Ho fatto sesso con la supplente e me ne vanto».

Scritto il 14/11/06 alle 15:52 in Attualità | Permalink | Commenti (1)


13/11/06
La figlia del vitellone

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Lei adesso è una signora famosa in Gran Bretagna per i suoi libri. Lui è un
riminese ottantenne, ancora vigoroso, ex collaboratore ed amico di Federico
Fellini, sceneggiatore e scrittore robusto, di ottima penna. Lei è la figlia che ha
raccontato la ricerca di lui, suo padre ignoto...
Lei si chiama Helena Frith Powell. Lui Benedetto Benedetti.
Così ne hanno parlato i giornali inglesi...

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Un libro di Helena Frith Powell.

Scritto il 13/11/06 alle 11:40 in Attualità | Permalink | Commenti (0)

11/11/06
Blog e politici

Jospinlemonde_1

Anche i politici (francesi) amano i blog...


Notizia fresca di serata, dall'edizione appena apparsa de Le Monde:
Lionel Jospin «distille son amertume sur son blog»:
http://lioneljospin.parti-socialiste.fr

L'articolo si legge qui: www.lemonde.fr.

Scritto il 11/11/06 alle 18:27 in Attualità | Permalink | Commenti (2)


10/11/06
Studiare affranca

Draghistampa
Nel discorso letto a Roma dal governatore di Bankitalia Mario Draghi per
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 512
l'apertura del centesimo anno accademico della Sapienza , c'è un passaggio
che i nostri politici dovrebbero mandare a memoria: «Una efficace politica
dell'istruzione deve conciliare l'eccellenza con l'equa diffusione delle
opportunità di istruirsi nella misura massima desiderata». Efficienza e qualità
sono le due parole chiave di tutto il discorso.
La domanda che mi pongo, in riferimento anche a recenti polemiche sulla crisi
dei nostri atenei e sul loro proliferare sia nelle sedi sia nei corsi, è: questa
efficienza e questa qualità oggi come sono gestite e garantite in Italia?
L'altra mattina ho ascoltato nella rassegna stampa di «Prima pagina» (Rai Tre)
la citazione di un articolo (non ne ricordo l'autore), in cui si elencavano tra le
spese “politiche” anche quelle delle università o delle sedi periferiche
costruite su misura per compiacere i potentati locali.
Sono finiti i soldi, dicono i rettori, e così non si può andare avanti: mancano i
fondi anche per la cancelleria e la carta igienica.
Il governo è messo come è messo. Bambole, non c'è una lira.
Ma non tutto dipende dai soldi. Domanda: come sono gestite le sedi ed i corsi,
come e chi insegna, e perché insegna?
Detto papale papale, le carriere universitarie sono in gran parte espressione di
appartenenza a gruppi di potere: qua i vescovi, là i massoni (alla fine magari si
danno anche una mano), lì un partito, là una fondazione bancaria...
E chi garantisce la serietà, l'efficienza, la qualità con questi chiari di luna?
Governatore Dragi, il suo è stato un gran bel discorso. Un'utopia, sia detto con
rispetto, espressa senza tenere in conto la misera realtà d'ogni giorno.
Forse anche l'Università che abbiamo è quella che il nostro Paese si merita. Se
le mafie culturali gestiscono tutto, anche l'Università è in loro potere.
Governatore, lei ha mai sentito parlare di questi aspetti? Altrimenti il suo gran
bel discorso finisce per essere come la inutile recita di una ricetta
gastronomica costosa e complessa in casa di un povero disgraziato che non sa
come arrivare a fine mese.
Perché quel discorso non resti un'esercitazione retorica, esimio governatore, si
dia da fare ogni giorno, non consideri chiuso l'argomento con la fine della
cerimonia alla Sapienza.

La lectio magistralis di Draghi si legge su StampaWeb.

Scritto il 10/11/06 alle 18:05 in Politica | Permalink | Commenti (0)


09/11/06
Bush, ombre cinesi sull'Italia

Bush06ppCi sono lunghe ombre cinesi che dagli Usa di Bush si proiettano
sull'Italia.
La vittoria dei democratici non significa ipso facto una rivalutazione di Prodi e
della sua linea politica interna ed internazionale, ma le dimissioni di Ramsfeld
dicono che là chi governa fa in fretta a prendere certe decisioni anche più
dolorose.
Da noi, sul caso Pollari stiamo perdendo del tempo prezioso, pure se ormai
maggioranza ed opposizione sembrano concordare sul fatto che bisogna
cambiare il vertice del Sismi.
L'opposizione italiana non sa darsi pace della sconfitta di Bush. E spara a zero
contro la maggioranza di governo.

Il prof. Pera (che ben conosce i problemi economici come ex bancario, e quelli
teleologici come teologo nonché filosofo ora vicino al Vaticano) ha dichiarato
stamani alla «Stampa» che Prodi dovrebbe usare «parole più misurate» verso
il presidente degli Usa. Prodi ha detto soltanto che l'illustre collega d'oltre
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 513
Oceano ha perso per colpa della guerra in Iraq.
Pera scambia per imprudente arroganza il calmo giudizio politico di gran parte
degli osservatori internazionali e la convinzione personale dello stesso Bush. Il
quale ha ammesso di avere capito come «molti americani» con il loro voto
abbiano voluto «far comprendere il loro disappunto» per la situazione irachena
di stallo.

«Le Monde» di stasera scrive che ci sono numerosi interrogativi «sur l'exercice
du pouvoir dans la nouvelle configuration issue du vote du 7 novembre».
Rumsfeld_irakCirca Rumsfiel "dimissionato", osserva poi: «Donald Rumsfeld
avait contre lui l'ensemble des démocrates, un certain nombre de
républicains, l'ancien chef d'état major et ancien secrétaire d'Etat Colin
Powell, le présidentiable John McCain, la plupart des néoconservateurs, une
demi-douzaine de généraux à la retraite, l'Army Times, le Navy Times, l'Air
Force Times, le Marine Corps Times, journaux les plus lus dans les forces
armées... Jusqu'à Laura Bush qui, si on en croit le dernier livre du journaliste
du Washington Post Bob Woodward, avait essayé de faire valoir dès 2004 à
son mari l'inconvénient de conserver un ministre de la défense qui avait fini
par symboliser l'enlisement en Irak.»

Perché opinioni simili, se espresse in Italia siano scambiate dall'opposizione


per arroganza, è un fatto che risulta comprensibile se partiamo dall'idea che in
politica da noi vige la regola dei campi di calcio, sfottere od offendere.
Ma che in tale clima fanatico faccia i suoi bagni di pensiero anche il prof. Pera,
dispiace a causa dell'etichetta che solitamente si accompagna alla sua
persona, di «studioso di Filosofia».

Pera sostiene che non è stato l'Iraq bensì è stata la corruzione a far perdere
Bush. Gli «elettori di Dio» lo hanno abbandonato, concorda Alexander Stille su
«Repubblica», appunto per scandali e corruzione.
Se scandali e corruzione per gente che dice di governare in nome di Dio siano
fatti meno gravi della guerra, lo può sostenere soltanto chi vuol fare bilanci
filosofici con il criterio di quelli amministrativi come il prof. Pera.

Il problema di domani, per l'Italia, non è la situazione irachena, nella quale da


soli non possiamo mettere becco (c'è l'Europa, ce l'Onu), ma appunto il
rapporto tra governo ed opposizione.

Bush dichiara di aver detto al leader del suo partito che è ora di mettere da
parte le divergenze elettorali e lavorare assieme con i democratici e gli
indipendenti «sulle questioni alle quali il Paese deve far fronte». Bush ha preso
su di sé la responsabilità della sconfitta. «Hanno vinto loro», ha spiegato.
Pelosi01Alla democratica Nancy Pelosi, nuova presidente della Camera, ha
dichiarato di essere «pronto a lavorare assieme».
Lui può dire queste cose. Che da noi né Berlusconi né Prodi possono accettare.
Negli Usa non ci non sono né i Casini né i Follini né i Mastella.
Da noi un governo istituzionale da più parti invocato, in questo momento, non
è possibile per un fatto semplice. Lo dovrebbe guidare il presidente della
Camera, terza carica istituzionale.
E v'immaginate l'opposizione che accetta di far reggere l'esecutivo da
Bertinotti? Per forza di cose bisognerebbe ritornare alle urne, anche nel
tentativo di evitarle appunto con il governo istituzionale, se le vecchie parole e
le antiche regole hanno ancora un significato.

Scritto il 09/11/06 alle 18:11 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 514
08/11/06
«La Stampa», carta e web

StampatestataMi piacerebbe che sulla prossima Stampa ci fosse


un'integrazione fra strumento di carta (quello tradizionale) e mondo web, con
la pubblicazione sul primo anche di qualcosa dei blog della Stampa on line.
La Stampa, grazie ad Anna Masera, ha il merito di essere stata
completamente innovativa con il sistema dei blog e delle segnalazioni in
pagina web.
Si potrebbe sperimentare la pubblicazione di brevi testi dai blog sulla Stampa
Auguri!!!
Sono un lettore da (...non di) 42 anni.
Antonio Montanari, Rimini

Questo il messaggio lasciato ieri sera (18:19) sul forum di StampaWeb ieri
sera.
Pubblico anche la risposta di Anna Masera (che ringrazio): quotidiana.

«Grazie, caro Antonio. Speriamo che il suo messaggio venga raccolto.


Anna Masera»

Aggiungo un particolare di cui ieri sera mi sono dimenticato scrivendo nel


forum.
C'è un giornale straniero che nell'edizione su carta inserisce una selezione
degli interventi apparsi nell'edizione on line. Non ricordo quale sia...

Scritto il 08/11/06 alle 14:32 | Permalink | Commenti (16)


07/11/06
Sinistra e nobiltà

Ringrazio quanti hanno partecipato in questi due ultimi giorni al mio blog con
civili, intelligenti ed interessanti commenti ai post su Rula e su Saddam.

Mi preme sottolineare due aspetti: il primo riguarda il ruolo della televisione


(«ma sembra tutto stanco e trito»), anche in relazione ai problemi sociali.
E come secondo aspetto, c'è la presenza fra di noi (in tivù e nella vita sociale)
di questi nobili che credevamo ormai tramontati.
«Ma come cavolo allevano i figli nelle famiglie nobili in italia?» si chiede
giustamente mm.La risposta è implicita nella domanda.

Bene, ragazzi, continuiamo a discutere di questa nostra società e dei problemi


concreti che dobbiamo affrontare noi che nobili non siamo (e ce ne vantiamo).

Borromeo04 Il caso della signorina Borromeo (foto) mi sembra esemplare.


Una nobile romana era stata sdoganata da Antonio Socci per parlarci di
religione (ne scrive anche su un mensile del Corsera, illustrando le banalità più
ovvie, come la ricetta del pane degli angeli, e di come lo mangiano le dame
del Santo Sepolcro...).
Adesso Santoro, rifattosi il capello, ha cercato di adeguarsi. Ma Santoro e la
fanciulla forse vivono sopra una mongolfiera. Il mondo lo vedono da lontano.
Ne capiscono qualcosa?

Santoro è intelligente e furbo. La Borromeo poverina l'hanno messa lì per fare


etichetta, per dire che anche a Sinistra ci sono nobildonne da pareggiare il
conto con Socci...
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 515
Ovvero, «Sinistra e nobiltà». Potrebbe essere il titolo di un bel film...

Scritto il 07/11/06 alle 16:28 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (2)


06/11/06
Saddam, Blair e l'Europa

Saddam_hussein_inculpationCrescono i no alla pena di morte «anche» per


Saddam.

Nell'ultima ora le note d'agenzia ci hanno informato che pure Blair è contrario.
Beninteso non in riferimento al caso specifico del dittatore irakeno, ma al
problema in generale. «La Gran Bretagna è contraria alla pena di morte»,
leggo su StampaWeb: sul caso specifico, alle insistenze dei giornalisti, Blair ha
risposto «con una certa irritazione»: «Mi scusi, vorrei potermi esprimere a
modo mio».
Ieri, invece il ministro degli Esteri Margaret Beckett si era schierata a favore
dell'impiccagione dell'ex presidente Saddam (condannato per il massacro di
148 sciit a Dujail nel 1982).
Oggi Blair non può smentire brutalmente un proprio ministro, deve
accontentarsi della questione di principio, appunto: «La Gran Bretagna è
contraria alla pena di morte».
Riassume l'agenzia Agr: «Il capo del governo di Londra oggi ha detto di essere
contrario alla pena capitale e questo, ha precisato, vale "sia per Saddam sia
per chiunque altro"».

La polemica ferve anche sui nostri blog della Stampa: si veda bizblog ed
anche dragor.

Parto personalmente dal problema di carattere generale: come si pone la


cultura europea di oggi davanti all'esecuzione capitale di un condannato? La
accettiamo o la rifiutiamo per principio? Blair è stato chiaro, lui con tutto il suo
passato bellicoso: «La Gran Bretagna è contraria alla pena di morte». E
l'Europa?

Scritto il 06/11/06 alle 14:58 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (4)


05/11/06
Rula Jebreal

Rula01mGentile Rula Jebreal,


la ormai famosa battuta goliardica («E’ una gnocca senza testa») ascoltata in
uno studio televisivo della Rai, mi sembra soltanto una forma di commento e
risposta diretta non a lei in quanto donna ma in quanto giornalista che faceva
seriamente il suo mestiere.
Lei si è meravigliata: «Dico solo che è strano che sia successo mentre
incalzavo un ospite».
No, gentile Rula Jebreal, in Italia non è strano che mentre un/una giornalista
«incalza» un politico, qualcuno se la prenda con lui/lei, cercando di offenderla.
I politici ed i gelosi ospiti di contorno (commentatori, analisti, ecc.) si
considerano depositari di una verità che i giornalisti in tutto il mondo mettono
in discussione con le loro domande. Questo sistema in Italia non piace.
Mi creda, quello che è successo, è avvenuto appunto perché lei «incalzava» un
ospite. Perché lei pretende di sapere. Perché lei è donna. Perché lei è
straniera.
Vede quanti perché ci sono dietro il perbenismo italiano che si riassume nella
battuta: possiamo andare d'accordo, se la pensi come me.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 516
E poi i politici nostrani non vogliono essere incalzati. Se chiede loro se piove o
c'è il sole, non le danno la fotografia del tempo in quel momento, ma
cominciato ad esaminare tutte le possibili variazioni nell'arco delle prossime
24 ore.
Era quello che stava facendo quel simpaticone di Antonio Di Pietro nel
momento cruciale della frase mormorata «su di lei».
Lei aveva ragione di chiedere come si sarebbe comportato il ministro
nell'esercizio delle sue funzioni. Di Pietro cercava di spiegarle con innocenza
che lui la pensa in un modo, ed il governo in un altro. Lei incalzava, lui faceva
melina. Non per colpa del ministro, ma perché così è la politica in Italia.
Quarant'anni fa ci lamentavamo che il bipolarismo italiano fosse imperfetto. Lo
abbiamo riformato, ed adesso non sappiamo neppure se in Italia c'è ancora il
bipolarismo.
Auguri, gentile signora, e non se la prenda. Questa filosofia che Di Pietro
metteva in pratica quella sera parlando con lei, è servita ai nostri antenati a
sopravvivere in situazioni peggiori, alle dominazioni straniere, alle invasioni
dei barbari. Dovremmo avere paura di Calderoli e di una battuta goliardica?
Lei è bella, ma anche intelligente. E mi creda la bellezza esprime pure l'onestà
dell'intelligenza. Guardi tante sue colleghe dotate nella mente ma acide nel
cuore, potrebbero essere graziose ma hanno ghigni che fanno tremare. Sono
brutte.

Sadddam_ansa_9162424_57090

Mi permetta un post-scriptum d'attualità. È di oggi la notizia della condanna a


morte di Saddam. Non so sino a qual punto pronunciata per caso alla vigilia
delle elezioni americane di martedì prossimo, ma certamente non espressione
di quella concezione democratica europea che è contro la pena di morte.
Quale democrazia vogliamo esportare?

Ultimora. Leggo adesso su Internet:

"La Ue è contraria alla pena capitale in tutti i casi e in ogni circostanza e non
dovrebbe essere applicata neanche al rais iracheno Saddam Hussein". Così la
presidenza della Ue in un comunicato esprime la posizione dell'Unione
sull'esecuzione del Rais.

Scritto il 05/11/06 alle 18:00 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (8)


04/11/06
Bush e gli evangelici

Bush01

Non c'è da scandalizzarsi, anzi viene da sorridere davanti alla storia del
reverendo Ted Haggard, leader spirituale di 30 milioni di evangelici, che è
stato accusato da tale Mike Jones, omosessuale, di averlo pagato per tre anni
per avere rapporti sessuali con lui.

Leggendo la Bibbia, come scrisse Enzo Biagi su "Epoca" quand'ero ragazzino,


cioè cinquant'anni fa, si trova l'elenco di tutti i peccati in circolazione (allora a.
C. ed adesso). Quindi nulla deve meravigliare.
Ciò che stupisce invece è la "santa" ipocrisia di queste personcine che urlano
e sbraitano da mattina a sera per annunciare le pene dell'inferno ai
"peccatori", e poi alla fine neppure loro possono scagliare la pietra.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 517
(«Lanciò la prima pietra?
Era senza peccato?
La gente non sapeva,
era uno smemorato.»)

La commistione fra religione e politica è un matrimonio contro natura (questo


sì) che rovina l'una e l'altra.
Poi, quanto si grida inutilmente, conoscendo la fragilità della condizione
umana (vedi ancora la Bibbia), al solo scopo di fare giochi politici. Quei giochi
politici che il Vangelo consiglia (consiglierebbe) di evitare: date a Cesare
quello che è di Cesare...

Come anche la recente storia politica italiana insegna, troppi Cesari hanno
mescolato le carte. Con spirito di crociata vogliono ingraziarsi la Chiesa e poi
passare all'incasso. Ma anche così la Chiesa perde dignità e forza. E poi non
diamo la colpa agli infedeli d'Oriente. I nostri infedeli d'Occidente sono i
responsabili di un oscuramento della religione che ignora così i propri doveri
mescolandosi alle dispute materiali (io vi procuro i voti, voi sistematemi gli
insegnanti di religione, ad esempio).

I cosiddetti «atei devoti» hanno ricevuto un'etichetta che nulla dice se non
l'irrazionalità dell'operazione che essi conducono in porto (cioè verso l'urna).
Se Cristianesimo dev'essere testimonianza allo spirito del Vangelo, gli «atei
devoti» ed i loro capi politici, ne sono completamente lontani come quel
reverendo Haggard che tuonava e poi (stando all'accusa) faceva quello che
proibiva agli altri.
Haggard_1

Sulla Stampa di oggi:

Maurizio Molinari
Scandalo evangelico indebolisce Bush

Elezioni Usa, i neocon scaricano Bush


A tre giorni dalle elezioni di medio termine molti prendono le distanze

Scritto il 04/11/06 alle 17:49 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


02/11/06
Kerry

Kerry
La cosidetta gaffe di Kerry («Ragazzi, se non studiate resterete impantanati a
Bagdad») ha un suo richiamo storico a quanto avvenuto oltre quaranta anni fa
per il Viet-Nam dove vennero mandati a combattere (e a morire) i ragazzi con
i peggiori risultati agli esami universitari.

Leggi sulla Stampa.

Scritto il 02/11/06 alle 14:37 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (4)


Ferrara maestro e felice

Ieri sera Giuliano Ferrara era contento come un bambino che avesse vuotato il
barattolo della marmellata senza che nessuno se ne fosse accorto.

Nella sua rubrica su "la7" ci ha rallegrato sdoganando in tivù una


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 518
dignitosissima ed austera parola che il bon ton dei programmisti ed i pruriti
dei censori ha sempre evitato. Il titolo del suo appuntamento era appunto
«Soliti stronzi e venerati maestri». Si discuteva di un volume recentissimo che
Edmondo Berselli ha intitolato «Maestri d’Italia».

Berselli Come poi ha sùbito spiegato, alla base di tutto c'era Alberto Arbasino.
Il quale ha descritto l'itinerario esistenziale compiuto dai massimi intellettuali,
quei maestri dei pensiero che fanno venire il prurito a Ferrara, osservando che
costoro passano dal ruolo di «giovane promessa», a quello di «solito stronzo»
e per finire trionfalmente diventano un «venerato maestro».

Metà della trasmissione (si parlava anche di un testo di Giorgio Dell'Arti,


presente in studio) è stata un vigoroso ed allegro dialogo fra Ferrara, Berselli e
Sartori, con le uniche punte di serietà introdotte inutilmente dalla Armeni e da
Maria Laura Rodotà. Il gruppo maschile ha deriso un po' tutto e tutti. Rodotà
ha cercato di stare con i piedi poggiati per terra, ma non è riuscita a scalfire la
retorica dell'antiretorica di Ferrara.

Il sorrisino di Berselli era tutto un programma. Bravo, intelligente, arguto, in


fin dei conti pure lui è uno di quei «Maestri d’Italia» che prende per i fondelli
nel libro.
A noi eterni alunni anche in vecchiaia, non restava da chiedere se è possibile
giocare con le parole di Arbasino ed il titolo di Ferrara. Oltre ai Soliti Stronzi e
a Venerati Maestri, non esistono forse altre categorie che possiamo generare
incrociando aggettivi e sostantivi?

Ci sono Soliti Maestri e Venerati Stronzi, Stronzi Maestri e Maestri Stronzi, non
mancano i Soliti Venerati ed i Venerati Soliti.
Insomma il campionario di quelli che comandano in un modo o nell'altro, è
molto vasto.

Ieri sera Ferrara si è divertito, ho detto all'inizio. Ma una cosa è la risata ed


un'altra è l'analisi (cosa seria e noiosa che difficilmente passa quando si parla
della vita culturale). E così anche Berselli è apparso più un furbettino del
cadreghino che un pungente osservatore di costume di quel mondo che
sembra censurare ma al quale appartiene a pieno titolo.
Sarebbe utile sapere che cosa dicono di lui.

Leggi la recensione al libro di Berselli a cura di M. Belpoliti sulla Stampa.

Scritto il 02/11/06 alle 11:59 in Cultura e società | Permalink | Commenti (2)

01/11/06
Lavoro nero

Il lavoro nero sulla costa riminese è un classico che non passa mai di moda,
scrive stamani Maria Patrizia Lanzetti sul Corriere Romagna, illustrando le
ultime novità in un settore che unisce la tradizione all'innovazione.

Tradizione nel vero senso della parola, perché le radici del fenomeno sono ben
piantate, come riconobbe circa due decenni fa l'Inps che definì Rimini la
«capitale del lavoro nero».
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 519

Innovazione perché nel fenomeno sono coinvolti come vittime i nuovi arrivati,
cioè persone che giungono in Italia da ogni parte del mondo. E che hanno
sostituitogli italiani che migravano verso la costa adriatica dalle zone
sottosviluppate, come le si chiamava un tempo.

Lanzetti racconta che il caso più clamoroso è avvenuto in un albergo di lusso a


Riccione, nove o dieci ore di servizio per meno di venti euro.

Per non chi non è pratico della zona, va detto che oltre al pianto greco di
letteraria memoria, esiste la classica lamentela degli operatori commerciali
riminesi, un pianto romagnolo di chi regolarmente ogni anno dice afflitto che
la «stagione» è andata male, ma nello stesso tempo aumentano i depositi
bancari, gli investimenti, una ricchezza diffusa e palpabile in mille
manifestazioni le quali soprattutto significano aver reso Rimini la città più cara
(o una delle più care) d'Italia per affitti, valore degli immobili, e via
discorrendo.

Se crescono gli affitti, cresce anche tutto il resto, compresa la malavita, il più
classico dei fenomeni indotti.
Per affrontare la quale la giunta comunale di Centro-sinistra (per nulla
malvista dall'opposizione, come hanno dimostrato i risultati elettorali dove
Forza Italia ha perso il 52 %) ha deciso di dotare i Vigili urbani di spray al
peperoncino e bastone (leggi: manganello).
Se lo avesse fatto un assessore leghista, avremmo letto titoloni sui giornali.

L'impressione è che la piccola ordinaria amministrazione spaventi i signori del


Comune perché vorrebbero che tutto procedesse con gli stessi silenzi che
hanno garantito evasione fiscale e lavoro nero in un'atmosfera di felicità
collettiva. A scapito dei più deboli.

Scritto il 01/11/06 alle 17:55 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (1)

*****

31/10/06
Ruggero Pascoli fumava...

Ricevo la Google la segnalazione di questa nota su Ruggero Pascoli di Silvana


La Porta, apparsa in www.aetnanet.org ed intitolata «Il padre di Pascoli morì...
perché fumava troppe sigarette». La ripropongo integralmente.

Saper leggere. E’ una delle quattro fondamentali abilità che tanti e tanti libri di
didattica hanno propinato per anni ai docenti e sulle quali si batte e si ribatte
nella scuola primaria, per evitare che le nuove generazioni, quando leggono,
non abbiano a che fare con una serie articolata di suoni…ma disarticolata di
concetti!
Ma non sempre questa meritoria occupazione della scuola dà buoni risultati e
così si assiste a parecchi guai, di cui può essere un esempio l’aneddoto
seguente.
Dunque Giovanni Pascoli è una colonna della poesia italiana a cavallo tra
Ottocento e Novecento. Ma al di là di questo, Giovannino è legato per tutti noi
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 520
al ricordo delle prime poesie imparate alla scuola elementare, quelle che
raccontano della triste e improvvisa morte del padre, ucciso da ignoti mentre
ritornava a casa in un assolato giorno di agosto. Ucciso perché? Da chi?
Domande che sono rimaste senza risposta per gli studiosi, ma alle quali invece
qualcuno prova a offrire spiegazioni. E chi può essere questo qualcuno se non
un volenteroso alunno interrogato da un altrettanto volenteroso insegnante?
Ad un certo punto, infatti, trionfante il ragazzo esclama: “Il padre di Pascoli
morì perché fumava troppe sigarette.” Dinanzi a tale convinta e apodittica
affermazione, pronunciata con la massima sicumera, il professore dapprima
resta basito; poi chiede spiegazioni. Ma chi te l’ha detto? Ma dove l’hai letto?
Sul libro, prof, non ci crede? Sul libro c’era scritto proprio così. Così come? Sul
libro c’era scritta la seguente frase: “Il padre di Pascoli morì il 10 agosto
1867…per mano di…sicari.”
Sigari, prof., ha capito? Sigarette insomma. Non sicari, assassini, ma il
micidiale fumo ha ucciso il padre di Pascoli. Noi sappiamo leggere, prof., che si
crede?
SILVANA LA PORTA

www.aetnanet.org

Scritto il 31/10/06 alle 11:10 in Cultura e società | Permalink | Commenti (2)


28/10/06
Spioni non burloni

Ferrilli
A proposito di spioni e di illustri spiati. Non facciamoci prendere dall'euforia.
Uno legge che anche Sabrina Ferilli era spiata, ed allora conclude che si tratta
soltanto di una ridicola messinscena.

I deficienti sono anche un po' burloni. A volte studiano come piazzare i


paraventi davanti all'opinione pubblica per dare la possibilità a qualcuno di
giustificare le situazioni reali, e dire che ci troviamo davanti ai soliti casi
ridicoli di spionaggio («Non sappiamo far nulla in Italia, neanche il
pettegolezzo politico...»).

Non sono d'accordo. Sono finti tonti questi signori che manovrano le spie ed i
loro esecutori. Il pettegolezzo politico da decenni è un'arte amministrata con
oculata attenzione, dal caso Montesi in poi. Allora si voleva bruciare un uomo
politico (Attilio Piccioni, democristiano) e si mandò in galera il figlio musicista.
Poi c'è stata la P2, eccetera.

Qui ed ora abbiamo dei giornali che hanno inventato ripetutamente finti
scandali per colpire Romano Prodi ed il suo circolo bolognese, e guarda casa la
storiella dell'ultima vicenda è partita proprio sotto le due torri con un
giornalista diventato "portavoce" informale della Curia bolognese e di quelle
romagnole per via dei legami televisivi che egli ha con loro grazie alla
emittente bolognese che dirige.
Sono ambienti che sanno bene come muoversi, cautamente ma non
castamente, perché alla fine il segno dei loro misfatti lo lasciano.
Ci sono poi gli episodi collaterali cioè i problemi organizzativi di queste Curie
periferiche che hanno il Pastore che guida un gregge in cui le pecorelle non
sono bianche come nella grotta di Betlemme, ma di un bel nero politicamente
inteso. E sono proprio queste pecorelle nere per nulla smarrite ma molto
accorte che guidano la politica culturale e manovrano per quella
amministrativa delle città...
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 521
Un fatto è certo. Non lasciamoci prendere dall'euforia.

Scritto il 28/10/06 alle 15:34 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


27/10/06
Giustizia miope/2

Il precedente post dedicato alla Giustizia miope ha ricevuto un commento che


merita di essere riproposto qui come articolo a sé stante. Me lo ha inviato un
lettore che si firma «RR»:

«Non entro in dettagli perchè sarebbe troppo lungo. Comunque io mi sono


fatto due mesi nelle patrie galere per un reato finanziario ai danni dello Stato.
Reato che non avevo commesso. Solo due mesi perché poi il mio avvocato è
riuscito a farmi uscire.

Dopodiché ho cercato di farmi pulire la fedina penale. La prima istanza è stata


respinta per un qualche cavillo, pur ammettendosi che non avevo commesso
alcun reato. Avrei dovuto proseguire sobbarcandomi ulteriori spese e dovendo
alla fine forse ricorrere alla Corte europea. Ho lasciato perdere.
Tra loro non si danno mai torto, statene certi. Guardate un po' se quel P. M.
che ha fatto condannare Tortora ha avuto problemi: no, continua imperterrito
la sua carriera.
Questa si chiama mafia, e questi dovrebbero difenderci dalla mafia.
Per bene che vada ci difendono dai ladri di polli, oppure condannano qualche
assassino se e soltanto se è un'assassino qualunque.»

Fin qui il commento ricevuto dal nostro lettore.


La cui testimonianza rientra in quell'ampio quadro di drammatiche e dolorose
esperienze sulle quali non bisogna chiudere gli occhi ed allentare l'attenzione.
Al proposito invito quanti frequentano il mio blog ad intervenire ulteriormente
se hanno altre argomentazioni da proporre.
Quando sentiamo un racconto di queste vicende, non dobbiamo dire mai che
si tratta di un caso individuale... La Storia è fatta di una serie di casi isolati che
sommandosi permettono di raccontare le «situazioni» storiche.
In questo modo anche il nostro «mondo blog» può svolgere una funzione
sociale.

Scritto il 27/10/06 alle 17:35 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


26/10/06
De jella ex lege italica

Cassazione01
È ufficiale, la jella esiste, non è un reato minacciarla (augurando il male ad
una persona), ma lo diventa se poi quel male succede. Lo dice una sentenza
della Cassazione.

Il problema è semplice (me lo suggerisce argutamente mia moglie): e se al


Tizio a cui è stata minacciata la jella, succede poi qualcosa, la colpa è di chi ha
pronunciato le parole minacciose?

Dunque, a questo punto, deve intervenire il Legislatore a stabilire eventuali


connessioni di fatto e di diritto fra chi fa lo jettatore anche non di professione,
e chi potrebbe rimanere vittima di una vicenda non legata agli auspici dello
jettatore. Ed indipendente dalla volontà di costui.
Anche lo jettatore deve godere di presunzione d'innocenza, pure se come quel
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 522
personaggio pirandelliano ambisce alla «patente» di portare jella al prossimo.
Fra codici e pandette si trova qualcosa che ipotizzi avvenimenti negativi per
pura coincidenza con la minaccia proferita da qualcuno?

Su «Repubblica» di stamani, Elsa Vinci ha fatto una bella citazione da


Alessandro Dumas. Lo jettatore di solito è magro e pallido, con il naso ricurvo
e occhi grandi da rospo.
Da giovane ero bello robusto (oltre il quintale), colorito roseo, naso ricurvo ed
occhi piccoli.
Invecchiando e dimagrendo, adesso sono magro e pallido, con il naso ricurvo e
occhi grandi da rospo.
Dumas mi suggerisce di tentare un esperimento.

Scritto il 26/10/06 alle 18:41 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (5)


24/10/06
Giustizia miope

Giustizia2

Dovrebbe essere cieca come la fortuna. Ma la Giustizia italiana appare miope.


Non vede bene, quando guarda in faccia a qualcuno. Le sfugge il quadro
d'assieme, per cui viene a mancare al suo compito.
È tardiva, lenta, incerta, contorta, non è giusta la nostra Giustizia. Riforma e
controriforma, leggi vecchie e disposizioni nuove, tutto alimenta il sacrosanto
giro autoreferenziale di chi detiene un Potere, e lo esercita non a vantaggio
della collettività ma del Potere stesso.
Le due classi nobili della Giustizia, magistrati ed avvocati, si passano la palla,
recitano la stessa commedia umana. Il dramma degli imputati che non hanno
né soldi né alleanze di potere non interessa a nessuno. Ed allora non
chiamiamola Giustizia, ma burocrazia della legge penale.
La Giustizia italiana è un labirinto in cui sopravvive soltanto chi, magistrato o
avvocato, conosce le strade per uscire dallo stesso labirinto, ed accompagna
chi «può» essere accompagnato. Gli altri sono numeri e non persone.
L'Italia resta pur sempre il Paese degli Azzeccagarbugli, alcuni con la toga da
magistrato, altri con quella d'avvocato. Siamo ad uno stadio storico che
esisteva prima di Beccaria, prima del 1789, prima del mondo moderno. Siamo
in un eterno medioevo. Ahinoi.

Scritto il 24/10/06 alle 17:00 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (3)


21/10/06
Tra Verona e Vicenza

Ruini Tra Verona e Vicenza si è consumata una bella sagra politica. In realtà a
Verona si doveva parlare soltanto di Religione, ma si sa come vanno certe
cose.
Oltre al presidente del Consiglio, è arrivato pure il capo dell'opposizione. Fischi
per il primo, investitura popolare per il secondo, con un'aggiunta fuori
programma.

Infatti Berlusconi l'altro ieri, invece di andare soltanto ad ascoltare, ha fatto


una dichiarazione d'intenti per applaudire al pontefice, e per attirarsene le
simpatie, dicendo che fa bene il papa ad opporsi a tutto questo modernismo di
gente che ragiona soltanto in termini di scienza e che non s'accorge di come
in Occidente stiamo per essere soffocati dai popoli non cristiani.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 523
L'elogio testuale di Berlusconi al papa citava la «difesa della libertà cristiana di
Benedetto XVI di fronte al relativismo scientista e al fondamentalismo
religioso».

Poi Berlusconi stamani è andato a Vicenza dove ha proclamato il verbo non


troppo nuovo: cacciare l'infedele di pazzo Chigi, ovvero Romano Prodi.
A Roma contemporaneamente il papa lanciava un nuovo allarme: l'Occidente
sta attraversando «una drammatica crisi di cultura e di identità».
Per i fedeli non di Roma ma di Arcore sarà facile associare l'immagine della
crisi occidentale con quella del professore di Bologna, ex ‘allievo’ del cardinal
Ruini. Il quale a Verona proprio ieri ha detto che è stato «mancato in larga
misura l'obiettivo» dell'unità dei cattolici in politica.

Spaventa l'immagine dolorosamente pessimistica che non i politici ma gli


uomini di Chiesa stanno lanciando in questi ultimi tempi, dimenticando la
regola prima della Religione: Dio opera nella Storia, e quindi dovremmo stare
in silenzio ad ascoltare il Suo modo di parlare.
Invece si fanno le kermesse con le «aggiunte» politiche come a Verona,
veramente pericolose perché sono una degenerazione utilitaristica. Da un
canto ci sono i politici che chiedono visibilità e ricompense elettorali. Dall'altra
i porporati che dicono di non interessarsi alla Politica, eppure parlano ai
politici.

Il Vangelo reca parole comprensibili da parte di tutti. I teologi usano definizioni


che il senso comune non percepisce. Ma è ancora vera Religione questa?
I primi ad arrivare alla grotta di Betlemme sono stati i poveri, ignoranti,
emarginati pastori. Gli ultimi della società sono diventati i primi della
Religione.
A Verona non c'erano i pastori della grotta di Betlemme, c'erano quelli (con
anelli e croci d’oro) della silenziose stanze curiali e vaticane.

La Chiesa non fa politica, ha detto il papa ed il cardinale Ruini ha aggiunto che


è fallita l'unità dei cattolici in politica.
La distinzione tra le due affermazioni è comprensibile soltanto da parte dei
teologi, neppure i politici ci arrivano.
In concreto le singole Curie fanno politica e non cercano nessuna unità.
Ovvero spacciano per unità gli interventi a gamba tesa che i gruppi di potere
all'interno delle Chiese locali attuano per eliminare ogni dissenso, ogni
confronto.
La diocesi della mia città, Rimini, ha affidato ad una nota casa editrice locale
di destra, la pubblicazione di un testo ‘ufficiale’ sulle «sette» dove si parla
anche delle erboristerie che diffondono idee ereticali...

Scritto il 21/10/06 alle 15:36 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


13/10/06
Amici

L'opinione di Giavazzi espressa sul Corriere della Sera, e riportata oggi in un


severo fondo di Lucia Annunziata sulla Stampa («Perfino Tremonti era più
disponibile e meno spocchioso»), fotografa bene il malcostume politico che
inonda anche l'attuale maggioranza (per la quale ho votato).
L'arroganza del potere, verrebbe da dire.
Arroganza che non meravigliava nel passato governo, ma che non stupisce
neppure nell'attuale. Il quale regge le sorti del Paese all'insegna solita degli
amici dei miei amici...
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 524
Marziale1

Anche quello attuale vorrebbe vedere trattati così (foto Reuters) chi non fa
parte del gruppo degli amici degli amici...

Scritto il 13/10/06 alle 14:24 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


10/10/06
Blog, Le Monde

Lemondefr

Blog in Francia. Segnalo questo articolo su Le Monde di questa sera:


«Les bogoss baizent les rageux !»
LE MONDE | 10.10.06 | 14h58 |

Blog

Scritto il 10/10/06 alle 17:01 in Internet e media | Permalink | Commenti (0)


08/10/06
Ad Orvieto tutti insieme appassionatamente

I due giorni di sciopero dell'informazione ci hanno garantito una visione


ottimistica del seminario per il Partito democratico. La ricomparsa dei
quotidiani ci ha riportato alla consueta realtà. Ad Orvieto non era cambiato
nulla.

Non so se ricordiate quei problemi che davano una volta alle elementari. Prodi
direbbe che non si può rispondere alla domanda se prima non si precisa di che
si tratti. Berlusconi spiegherebbe che per lui non esiste il problema dei
problemi, perché è abituato a risolverli tutti, anche quelli che non sappiamo di
che tipo siano, perché lui ricorre ai sondaggi e ciò è già di per sé un problema
che non ammette soluzione diversa da quella che lui stesso ha in testa.
Ovvero se io penso, pensa Berlusconi, che gli italiani in maggioranza (56%)
sono ancora con me, anche gli altri la debbono pensare con me, perché se non
lo pensano questo è il vero problema.

Comunque il problema delle elementari di una volta è questo. Data una vasca
di 50 metri cubi e dato un rubinetto che vi versa 2,5 metri cubi all'ora, quanto
tempo deve passare prima che la stanza in cui si trova la vasca si allaghi
completamente?

Ad Orvieto è stato formulato un problema che ridotto all'osso suona così: data
la presenza di 120 persone, e data la possibilità che venti persone non
sappiano offrire suggerimenti, e che le altre cento ne offrano ciascuna uno e
mezzo, quanti suggerimenti alla fine si raccolgono in media per non mettersi
d'accordo? La risposta ve la forniamo direttamente noi. Ogni persona presente
usufruiva di 1,25 suggerimenti offerti dal seminario. Ammesso che per
arrivare ad una ipotesi di decisione occorresse come minimo essere a quota
uno o sotto di essa, Orvieto ha dimostrato che per colpa di quello zero virgola
25 non si poteva arrivare a nessun accordo.

Nella piccola quota dopo la virgola si sono inserite opinioni illustri ma non per
questo meno traumatizzanti. Da quella di D'Alema («Non si fa nascere un
partito nuovo in un gazebo»), ovviamente espressa come richiamo alla
necessità di un confortevole grand hotel; a quella di un sottosegretario (Gigi
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 525
Meduri) sostenitore della teoria che i vecchi partiti non si possono far
sciogliere nell'acido muriatico. Gavino Angius si è schierato per il silenzio: «È
meglio che non si sappia quello che penso».

De Mita, noto filosofo della Magna Grecia, ha chiuso con solennità: «Un partito
si fa con gli atti di governo che compie». Prodi ha chiesto: ma quale governo?

Scritto il 08/10/06 alle 16:32 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (2)


07/10/06
Uccisa. Aveva criticato Putin per la Cecenia
Annaplotik

Aveva criticato Putin per la Cecenia, è stata uccisa.


E' la reporter russa Anna Politkovskaia, nota per le sue posizioni critiche nei
confronti del Cremlino particolarmente in relazione al conflitto in Cecenia.

Scrive Le Monde di stasera:


Une figure du journalisme russe d'opposition assassinée à Moscou
La journaliste russe d'opposition, Anna Politkovskaïa, célèbre pour sa
couverture très critique de la guerre en Tchétchénie, a été découverte
assassinée samedi 7 octobre, à Moscou.
L'articolo prosegue qui.

Così si legge su El Mundo di stasera:


Asesinan en Moscú a Anna Politkóvskaya, una de las periodistas más críticas
con el Kremlin.
L'articolo prosegue qui.

Scritto il 07/10/06 alle 19:04 in Attualità | Permalink | Commenti (0)

05/10/06
Misteri su Corriere Romagna

Computer
Il mio post di ieri sui misteri di Rimini è stato pubblicato stamani nella «pagina
aperta» del Corriere Romagna.

Scritto il 05/10/06 alle 17:32 in Attualità | Permalink | Commenti (0)


04/10/06
Misteri/2

A proposito del post sui misteri di Rimini, pubblicato ieri: l'assessore


competente Stefano Vitali si giustifica dicendo che mancano le leggi e che
aveva le mani legate per poter intervenire a tempo debito.
Mi permetto di commentare ulteriormente la vicenda con questo post,
rivogendomi direttamentre all'assessore Vitali.
In Italia i pubblici amministratori oscillano quasi sempre tra due affermazioni
in apparenza contraddittorie: non ci sono le leggi (e abbiamo le mani legate) è
la prima; ci sono troppe leggi (e non sappiamo come cavarci gli zampetti), è la
seconda.
La contraddizione cade quando si pensa che le due frasi sono un paravento
aperto a posteriori per nascondere quello che è accaduto prima.
Il bravo ed onesto (anche intellettualmente) assessore Stefano Vitali non si
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 526
sottrae all'abitudine dei pubblici amministratori, e questa volta sceglie la
prima affermazione, in riferimento alla morte della maestra, il cui cadavere
era custodito dai due figli seguìti dai servizi di igiene mentale del Comune di
Rimini.
Bastava forse, durante la prima visita, avere un po' di naso (non soltanto nel
senso di percepire olfattivamente il cattivo odore avvertito dai vicini). E
chiedere l'intervento delle forze dell'ordine. Come è accaduto nell'ultima
ispezione.
La pratica è stata accantonata, durante la prima visita, perché ci si è
accontentati delle risposte logiche di una persona che di logica ne possiede
soltanto per mascherare ciò che, secondo la sua mente, doveva rimanere
assolutamente segreto.
Nessuno va accusato, per carità, per questa vicenda. Però non tiriamo fuori la
storia della mani legate. La legislazione italiana è talmente cavillosa che tutto
è previsto e tutto è permesso, se chi deve interpretare ed applicare le leggi ne
comprende anche il margine di discrezionalità che in casi di emergenza è
anche un margine di razionalità.
Vorrei ripescare un'altra storia molto recente. Quella del cadavere ritrovato,
messo in cella frigorifera all'obitorio e dimenticato, mentre si stava cercando
una donna scomparsa. Poi a dei vicini della scomparsa è venuto un dubbio. La
scomparsa era proprio quella della cella frigorifera. Nessuno degli indaganti se
ne era accorto, o ci aveva pensato.
Posso testimoniare il dramma di una povera donna ultraottantenne di una
località vicina che anni fa incontrai in una pubblica struttura.
Era ridotta a quasi uno scheletro, viveva da sola alla periferia o nella prima
campagna (ma esiste ancora, oggi, la cosiddetta campagna?), tra polli,
galline, cani e topi.
I topi mentre lei dormiva l'aggredivano. Fu trasferita dall'ospedale a quella
pubblica struttura con la parte inferiore del suo corpo lacerata dai morsi degli
animali. Non era assolutamente in grado di parlare. Vegetava. Possibile che
nessuno non si potesse accorgere di lei prima che fosse ridotta così?
Torniamo al dramma della maestra morta. Quei due suoi figli che stavano con
le tapparelle abbassate, dove andavano ad acquistare il cibo, se ora sentiamo
dire che non uscivano mai di casa? Oppure chi li aiutava magari per semplice
pietà?
Una volta si diceva: adesso che l'uomo va sulla luna queste cose non debbono
più succedere. Ma forse l'uomo sulla luna non c'è andato mai, e queste cose
continuano a succedere.
Antonio Montanari

Scritto il 04/10/06 alle 12:41 in Attualità | Permalink | Commenti (0)


03/10/06
I misteri di Rimini

L'estate scorsa si erano dimenticati un cadavere in cella frigorifera all'obitorio,


e ne cercavano due in mare e lungo il fiume...
Adesso sapevano qualcosa dai vicini (cattivo odore...) di una casa in cui
abitava una vecchia madre con due figli assistiti dai servizi psichiatrici.

Dopo ferragosto i vigili sono andati, i figli hanno resistito nel silenzio.
Ieri i medici ci hanno riprovato, dopo altre sollecitazioni dei vicini (quel cattivo
odore...) e con l'aiuto della polizia.

Morale della favola. La povera mamma era già uno scheletro. I figli
aspettavano la resurrezione del suo corpo. Le autorità competenti forse anche
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 527
loro.

Scritto il 03/10/06 alle 18:06 in Attualità | Permalink | Commenti (0)


01/10/06
Finanziaria

Pure Gianni Morandi non è più lui. Gli autori del suo spettacolo tivù gli hanno
imposto un cambiamento assurdo. Da sempre era il ragazzo di Monghidoro
che aveva chiesto alle coetanee di farsi mandare dalle mamme a prendere il
latte. Ora è diventato la brutta copia del ragazzo della via Gluck.
Come Celentano pure lui l’ha buttata in politica. Si è presentato con un’aria
spaesata che contrastava con il copione da recitare. Gli hanno inventato una
parte che cominciava dicendo che anche lui sarebbe «sceso in campo» perché
sa cantare come Berlusconi e corre come Prodi. Già questo doppio
gemellaggio avrebbe dovuto consigliare i suoi collaboratori a lasciar perdere.
Gli italiani hanno le tasche piene di «questa» politica. Di Berlusconi per motivi
che conoscono bene anche i suoi sostenitori. Aldilà delle canzonette duettate
con Apicella, c’è stato molto fumo e poco arrosto. Glielo ha detto con grazia
Giuliano Ferrara dal «Foglio», glielo ha gridato inutilmente Vittorio Feltri da
«Libero», glielo ha suggerito con cautela Paolo Guzzanti dal «Giornale» che è
cosa loro, nel senso che appartiene alla famiglia di Arcore.
Prodi ha vinto la maratona delle elezioni primarie con quattro e passa milioni
di voti. Dopo di che ha fatto del suo meglio per perdere consensi alle politiche
dove quel risicato margine di 23 mila schede gli è stato rimproverato
dall’opposizione, incapace di vedere (anzi di prevedere) che il professore
avrebbe fatto del suo meglio per offrire agli avversari grande quantità di
argomentazioni a proprio sfavore, come è successo dal viaggio in Cina al
ritorno alle Camere.
Pensate se anche gli autori che circondano Prodi tentassero di trasformarlo in
una pallida imitazione di quel Celentano che sembra esser diventato il metro
di paragone di tutto. Al punto che la gente molte volte, assistendo a
discussioni poco convincenti, s’interroga: gli argomenti di fondo sono forniti
dal capo dello storico Clan o da Maurizio Costanzo Sciò? Avremmo un Prodi
alla Gianni Morandi che imita Celentano. Altro che Romano, sarebbe un
Romagnolo per via degli accenti. E nella sostanza ripeterebbe quello che ha
già mostrato a Pechino, con quel «Ma siamo matti?» detto a chi gli chiedeva
se fosse andato in Parlamento a parlare del caso Telecom, non sapendo che
avrebbe poi dovuto fare retromarcia.
Questo Prodi celentanizzato spiegherebbe che anziché di 24 mila baci
(eccessivi per la finanziaria) si accontenterebbe di alcune carezze.

Scritto il 01/10/06 alle 17:35 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


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26/09/06
Prove/2

A proposito di intercettazioni.

Il prof. Franco Coppi ieri ha detto al Corriere della sera: «Forse bisognerebbe
prevedere l'obbligo di informare le persone illegalmente intercettate. E forse si
potrebbe prevedere anche la conservazione per un certo periodo di tempo del
materiale. Insomma, si potrebbe riconoscere alle persone intercettate il diritto
di avere copia delle conversazioni».

Dalla Stampa di oggi riprendo la conclusione di Lucia Annunziata che nel suo
articolo di fondo scrive: «Forse valeva la pena di essere meno precipitosi...». E
termina: «In politica si pecca di solito di lentezza, ma anche la velocità a volte
è un peccato».

Un grande avvocato come Coppi ed una grande commentatrice politica come


Lucia Annunziata usano quel «forse» che risulta,al di là della sua natura
retorica nella struttura del discorso, un «certamente»: bisogna certamente
pensare alle «persone illegalmente intercettate», senza quella fretta di
governo e di opposizione che è un peccato (oltretutto sospetto, come fa
capire Lucia Annunziata) al pari della lentezza.

Questo post è stato inserito come commento a quello precedente.

Scritto il 26/09/06 alle 13:59 in Attualità | Permalink | Commenti (0)


Prove & danni

Sì, è vero quanto scrive Francesco: «Per quanto concerne il diritto di


difenderti, mi sembra che il problema non si ponga, posto che se sono illecite,
saranno distrutte senza alcuna notizia di reato e conseguente procedimento».
Ma io pensavo a ciò che sta dietro la prova illecita.
Se uno ha tramato per procurare un danno al sottoscritto, io posso saperlo?
La distruzione della prova non può recare un danno ad una ipotetica parte lesa
lasciata all'oscuro?
Detto con un esempio diverso: se uno tenta di spararmi, e poi si scopre che il
fucile è stato acquistato di contrabbando, allora si distrugge il fucile, ed amen.
Ma io ho oppure no il diritto di sapere che un dato giorno un dato individuo ha
tentato di colpirmi con una determinata arma (anche se questa è stata
acquistata di contrabbando)?
Scritto da: Antonio Montanari a 26/set/06 10:55:31

Scritto il 26/09/06 alle 11:01 in Attualità | Permalink | Commenti (2)


25/09/06
Pronto, chi spia?

Sembra facile dire che dovranno essere distrutte tutte le intercettazioni


illegali.
In punta di diritto il principio della negazione di una prova di un reato acquisita
contro la legge, non fa una grinza.
Ma vediamo due aspetti.
Primo: se sono stato ascoltato abusivamente da qualcuno che voleva
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 530
danneggiarmi, io non ho il diritto di difendermi? Per farlo debbo venire a
sapere, e se distruggono le prove, di quali notizie posso essere messo al
corrente?
Secondo aspetto. Chi decide la distruzione? Il pm? Od il giudice? Il verbale di
distruzione che cosa comprenderà? Il mittente e l'operatore. Ed il destinatario
(vedi sopra)?
Il rito purificatore del falò non sembra rispondere ad una linea di giustizia. Il
problema è complesso. C'è tanta fretta nel governo, forse per ingraziarsi
l'opposizione?

Scritto il 25/09/06 alle 18:13 in Attualità | Permalink | Commenti (2)


24/09/06
Al lettore-padrone

Pubblico qui in anteprima un articolo destinato al settimanale riminese "il


Ponte" dove curo una rubrica che entra nel 25esimo anno. L'articolo uscirà con
la data del primo ottobre 2006.

Al lettore-padrone
Aveva ragione Indro Montanelli. Quando si scrive sopra un giornale, occorre
ricordarsi che l'unico padrone è chi ci legge. Il resto non conta. Questa rubrica
entra nel suo venticinquesimo anno di attività. L'insegnamento di Montanelli è
duro da rispettare. Le due direzioni de «il Ponte» lo hanno accettato, mi hanno
lasciato ampia libertà di argomentazione perché il «lettore» (un ipotetico
lettore) gradiva incontrarmi settimanalmente.

Di questo «lettore» mi sono fatto una vaga idea statistica. All'ottanta per
cento consente o dissente senza protestare. Un quindici per cento ritiene che
tra le assurdità impensabili di questo mondo, c'è anche quella di una rubrica
affidata al sottoscritto. Un cinque per cento, infine, ha protestato
intensamente perché certe cose non si dicono neppure per ischerzo.

Aggiungo alla statistica un'osservazione ambientale. Una cosa è scrivere con


la firma di Indro Montanelli sopra un giornale «grosso» di una metropoli.
Un'altra è vivere senza essere nessuno in una città da dove partono viaggi per
tutto il mondo, ma dove sembra di trovarsi in una dimensione da «borgo
selvaggio» o provinciale come si diceva un tempo. Dove tante sono le ire che
vagano per l'aria contro questo o contro quello per il semplice fatto che essi
non sono nel coro degli eletti e dei potenti. Spesso, troppo spesso, viviamo la
realtà della favola in cui dire che il re è nudo, provoca scandalo verso la
persona che racconta la verità, non verso chi gira senza vestiti.

Dunque, grazie a tutti. E adesso permettetemi un bilancio che non riguarda


l'inutile cronista che vi si presenta in questo angolo di pagina, ma un po' il
paesaggio che ci circonda tutti, favorevoli, contrari, astenuti o facinorosi
avversari di queste righe. In venticinque anni come è cambiata l'Italia? La
lettura delle ultime vicende politico-industriali legate alle intercettazioni
illegali, dovrebbe farmi cambiare la domanda: ma l'Italia è cambiata? Dalle
storiacce del Sifar e della P2 all'ultimo scandalo in casa Telecom, il passo non
è lungo. Ecco, fa spavento questa Italia immobile per la quale s'invocano (tre
volte al giorno prima dei pasti) mutamenti radicali, riforme fondamentali, giri
di boa epocali. Tutto invece resta fermo ad un concetto truffaldino di gestione
del potere che non è quello esercitato in nome del popolo italiano dal governo,
dal parlamento e dalla magistratura. Ma è quello di quanti si fanno gli affari
loro, spacciandoli per nostri. [anno XXV, n. 975]
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 531

Scritto il 24/09/06 alle 18:56 in Attualità | Permalink | Commenti (0)


23/09/06
Privacy

RiministoriaSoltanto per i potenti si parla di tutela della privacy. Il «semplice»


cittadino può essere messo alla berlina da chiunque. Prendo ad esempio il mio
caso. La società telefonica *** ha chiuso un anno fa un mio sito internet in
base ad una falsa notizia di doppio procedimento penale nei miei riguardi. A
tale società ho dimostrato con documentazione giudiziaria che appunto la
notizia era infondata. Ma essa a tutt’oggi continua a definire «illegal» quel mio
sito precisando che è stato oscurato per «uso illecito dello spazio web».
Un anno fa ho scritto al garante della privacy. Nessuna risposta. Ecco perché
dico che soltanto per i potenti si parla di tutela della privacy.

Scritto il 23/09/06 alle 16:59 in Attualità | Permalink | Commenti (3)


22/09/06
Bugie

La dodicenne emiliana che s'è inventata la bugia dello stupro, non legge
certamente libri (interessante sul tema il blog di Dragor), ma è molto
informata su come va questo mondo.
Il metodo più semplice per essere creduti è inventarla grossa, appunto lo
stupro, ricorrendo all'armamentario razzista di pronto consumo: il colpevole è
un marocchino.
Non declassiamo tutto ad un episodio di banalità adolescenziale.

Scritto il 22/09/06 alle 15:34 in Cultura e società | Permalink | Commenti (2)


21/09/06
Giudizio universale

Riprendo dall'interessante blog di Anna Villani questo brano tratto dal Vangelo
"apocrifo" di Tommaso Apostolo:
I suoi discepoli lo interrogarono e gli chiesero:
"Vuoi tu che digiuniamo, in che modo faremo l'elemosina, e quali regole
seguiremo riguardo ai cibi?"
Gesu' rispose: "Non dite sciocchezze e cio' che non vi sentite di fare, non lo
fate, perchè tutto si svela di fronte al cielo. Non vi è nulla di nascosto che, in
verità, non venga alla luce, alla lunga non possa apparire".

Questo il commento che ho inviato.

Bellissimo il passaggio del vangelo aprocrifo di Tommaso: "Non dite


sciocchezze e ciò che non vi sentite di fare, non lo fate, perché tutto si svela di
fronte al cielo".
Quando vedo tante cose "storte" (ovvero comportamenti non conformi alle
cose dette o predicate), sostengo che si dovrebbe istituire la festa liturgica di
Santa Ipocrisia...
"Tutto si svela di fronte al cielo".
Un giorno ho pensato di scrivere un atto unico, intitolato «Il giudizio universale
è momentaneamente sospeso».
Dovrebbe apparirvi all'inizio il Padreterno che interroga, e che è preso dallo
scoramento perché nessuno (a parole) ha compiuto nulla di male. Più che
scoramento, andando avanti nel Giudizio universale, si dovrebbe poi parlare di
forte alterazione...
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 532

Scritto il 21/09/06 alle 18:11 in Cultura e società | Permalink | Commenti (1)


19/09/06
La scuola di oggi

Il bell'articolo di Paola Mastrocola sulla Stampa di ieri (vedi forum), mi ha


dimostrato che i problemi principali nella scuola di oggi sono gli stessi di
quando io cominciai ad insegnare: nel 1964!!! (grazie a Dio, sono in pensione).
Ovvero: docenti fannulloni, presidi incapaci, burocrazia incompetente, ministri
che credono essere l'educazione l'equivalente di un'operazione
all'appendice...
Quella storia ministeriale (in fine d'intervista) della nonna e del suo
maldipancia al pronto soccorso, è di una comicità irresistibile...
Una sola cosa aggiungo, il premio al merito: sì, attraverso le raccomandazioni,
il potere di pressione di gruppi, l'amicizia e soprattutto la sottomissione delle
persone.
Nel 1971 arrivai ad un istituto che quest'anno festeggia di 100 anni di vita, il
Valturio di Rimini, con nomina del provveditore di Forlì. Sorpresa, il mio posto
era stato nascosto per una supplente non abilitata. Secondo le disposizioni
vigenti allora, dal primo novembre i posti vacanti erano assegnati dai presidi...
Ecco quei presidi di allora avrebbero dovuto, come i presidi di oggi, assegnare
il premio al merito. Ma mi faccia il piacere, diceva Totò.
Chi sa lavorare lo si vede, anche di notte.
Ho incontrato colleghi lavativi, altri ignoranti nella materia ed anche qualcuno
pazzo nel vero senso della parola. Sono stati quelli che hanno avuto sempre
vita tranquilla, tollerati e temuti.
Una volta per uno sdoppiamento d'istituto persi il posto per qualche ora, in
quanto era stata fatta una graduatoria interna con documenti falsi a favore di
una collega.
Al mio avviso che sarei andato in procura della Repubblica a denunciare il
fatto, riebbi il posto.

Scritto il 19/09/06 alle 17:30 in Cultura e società | Permalink | Commenti (0)


17/09/06
Pronto, chi paga

Il telefono, la tua voce. Era uno slogan pubblicitario. Adesso lungo le linee
della Telecom viaggiano parole agitate, che non sono le nostre soltanto per il
fatto che esse contano niente. Sono le solite voci dei padroni. La storia ha un
risvolto tutto comico, frutto di quella bonomia emiliana che ispira Romano
Prodi quando si fa la barba, culla i nipotini e parla davanti ai microfoni della
tivù. Il suo consigliere economico Angelo Rovati ha predisposto un piano per
Telecom senza che lui ne sapesse nulla, ma su carta intestata del governo. Il
capo dell’opposizione ha definito l’operazione come frutto di «dilettanti allo
sbaraglio». Ci consenta, a noi sono più apparsi «dilettanti allo sbadiglio».
Ci spieghiamo. Rovati suggerisce a Tronchetti Provera di adottare certe linee
d’azione. Berlusconi interviene bollando l’iniziativa (che presuppone
autorizzata da Prodi) quale ennesimo e stralunato esempio di statalismo. Ha
dimenticato di aggiungere: sovietico.
Dalla Cina dove Prodi si trova in viaggio di lavoro con Rovati, il capo del
governo dice che non sapeva nulla del piano incriminato. Lo stesso Rovati non
può smentire il suo capo. Anzi confida a giornalisti amici che, per non
imbarazzare Prodi, sarebbe disposto a dichiarare che neppure lui stesso
sapeva nulla della lettera inviata a Tronchetti Provera. Ma il professore gli ha
detto che Rovati deve saperlo per forza, dato che il capo del governo ignora
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 533
l’episodio.
A questo punto Rovati guardandosi in giro ha «realizzato» (come dicono i
benparlanti) che quel signore è lui, e che quindi non può non sapere. Vedete
quali profondi abissi raggiunge l’intelletto dei politici.
A questo punto lo sbaraglio è diventato lo sbadiglio. Dietro il cancan di
Berlusconi contro Prodi spunta una dichiarazione del suo fido Confalonieri
(Mediaset): facciamo una bella cordata italiana per acquistare Tim che
Telecom vuol sbolognare dopo averla comprata due anni fa. Il ministro
Antonio Di Pietro brontola. Il giornale della Confindustria lo definisce
«interventista senza limiti». Lui risponde: sì, è vero e me ne vanto. Perché
«negli ultimi anni, anche grazie alla copertura dell’informazione, si è assistito
a un continuo degrado economico e industriale dell’Italia».
Francesco Cossiga è andato in aiuto di Confalonieri proponendo: Berlusconi
per il centrodestra e Carlo De Benedetti per il centrosinistra si alleino e salvino
Telecom. Il telefono, dunque, soltanto la loro voce.

Scritto il 17/09/06 alle 17:40 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (3)


15/09/06
Fallaci, maestro di carta

FallacipanormaOriana Fallaci quarant'anni fa, per quelli della mia generazione


di ragazzini che avessero qualche interesse culturale e giornalistico, ha
rappresentato uno di quei maestri da leggere, per capire la differenza fra chi
racconta la vita 'vera' e chi confeziona soltanto caramelle gradite al palato dei
potenti.
Il suo spirito polemico negli ultimi anni l'ha invece portata verso atteggiamenti
da crociata che personalmente non ho né apprezzato né condiviso.
Mi auguro che quegli atteggiamenti non prevalgano.
Essi ricalcano vecchie avventure del mondo occidentale, quando a cavallo gli
armati combattevano di spada. Adesso c'è la bomba atomica.

Scritto il 15/09/06 alle 12:14 in Cultura e società | Permalink | Commenti (8)

13/09/06
Blog, perché?

Riprendo il discorso avviato con il mio post di ieri.

Ringrazio sentitamente gli intervenuti: Irene, Prishilla e Biz. E la redazione web


della Stampa per la segnalazione del mio blog nella prima pagina.
Biz è molto pessimista. Forse ha ragione. Ma con il pessimismo non si va da
nessuna parte.
Vediamo i vari punti.

Biz parla di fonti. Cambio discorso. Parlo di notizie.


Faccio un esempio. Giorni fa qui a Rimini un vigilante ha ucciso una persona e
ne ha ferito gravemente un'altra.
Oggi salta fuori che in un periodo di prova presso un istituto privato di
vigilanza locale, aveva sparato un colpo in ufficio. Nessuno aveva informato
dell'accaduto le autorità competenti. Adesso indaga la procura di Rimini.
Questa la notizia pubblicata nel quotidiano locale riminese che leggo.
Però manca un particolare. Allo stesso istituto di vigilanza appartenevano pure
quei sorveglianti che tempo fa furono denunciati e condannati perché
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 534
rubavano di notte nel supermercato che dovevano proteggere.
Per carità, nessun legame tra i due fatti, ma un qualche sospetto sulla
selezione del personale non vi viene in mente?

Ecco, partiamo dai fatti. Siamo sicuri che tutte le cronache che raccontano i
quotidiani partano dai fatti?

Scrivere le notizie.
Giustissimo: da come si presentano, si può manipolare la realtà.
Però se facciamo un giornalismo freddo e non caldo, ovvero che elenca dati e
non propone soltanto interpretazioni, si può cercare di avvicinarci all'obiettivo
di «raccontarla» un po' giusta, se non un po' meno ingiusta di quello che
talora appare.

Perfettamente d'accordo con il fatto che si può essere portati a dire soltanto la
«sua».
Per questo batto sul fatto di presentare le notizie. Dovrebbe essere il lettore a
commentare il blog.

Se si ha un minimo di intelligenza, la si smetta di fare l'uomo di destra o


l'uomo di sinistra.
Il quotidiano locale (di sinistra) a cui sono abbonato non ha pubblicato una mia
lettera in cui dicevo che Forza Italia ha perduto il 52% dei voti a Rimini perché
si è trovata bene a fare i suoi affari con la giunta di Centro-sinistra che era
data per perdente.

L'indipendenza a livello locale si paga cara (il Comune non ha voluto affidarmi
un lavoro storico suggerito dall'interessato...).
Ma non importa.
Sul blog si è fuori delle angustie cittadine, soprattutto per chi ha 64 anni come
me.
(Non ditemi che sono troppi per fare il blogger...)

Scusate se mi autocito.
Nel post su Capezzone e la Rai racconto particolari sconosciuto sopra un
amico riminese.
Avrei potuto aggiungere particolari personali. Qualcuno, perché non scrivessi
più su Internet, ha presentato l'anno scorso una falsa dichiarazione di querela
nei miei confronti con indagini a Roma e Rimini. Indagini che non esistono.
Aggiungo che l'ordine degli avvocati a cui appartiene il legale che ha scritto la
falsa dichiarazione, non ha trovato nulla da ridire sul comportamento del suo
iscritto.
(Due anni fa di notte fu manipolato il mio cavo telefonico nella centralina
vicino a casa, per cui la mattina la linea non funzionava. Forse qualcuno
voleva mettermi sotto controllo.)

Ecco, cominciamo a raccontare ed non a pensarci addosso. Vedrete che


qualcosa in attenzione si otterrà.
Se volete, della manipolazione delle fonti trattiamo un'altra volta.

La diagnosi di Biz è molto attenta ed intelligente. Merita attento esame.


Attendo le vostre osservazioni.

Scritto il 13/09/06 alle 18:32 in Internet e media | Permalink | Commenti (7)


12/09/06
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 535
Blog, come e per chi?

Mi ricollego all'interessante pezzo «L'agonia dei giornali» di Irene Spagnuolo.


10 Premetto.
Acquisto tre giornali nazionali al giorno più un locale.
Amo le cose stampate (la malattia della carta è nel dna famigliare da varie
generazioni, con grande disperazione di mia moglie).
I blog si presentano nei confronti dei quotidiani tradizionali come l'aereo
rispetto al viandante (o al ciclista, unica foto disponibile...).
Il viandante vede «tutto», perché crede di vedere tutto, ma il suo affascinante
racconto di viaggio non può fotografare il mondo al pari di una foto scattata
dall'aereo...
Il problema serio è «come» fare i blog.
Riotta ha scritto su «Io donna» del Corsera di sabato che un suo testo
«contro» Grillo gli ha procurato contumelie. (E' capitato anche a me, nel mio
piccolo...)
Però quelli che gli scrivono offese sui blog, sono come i vagabondi che ridono
contro il prossimo in qualsiasi strada del mondo, senza azionare il cervello.
Non ti curar di loro ma guarda e passa, verrebbe da suggerire a Riotta.
Sulla «Stampa» del 30 agosto, Fiamma Nirenstein ha scritto un pezzo che
avevo messo parte per trattarne qui, intitolato «La guerra perduta dei media».
Un suo passo dice: «Molta della verità di questa guerra è stata affidata a
bloggers come... etc.».
Il blog è tutto nuovo.
Se lo fanno Prodi o Berlusconi non dice niente, loro sanno come e dove
parlare.
Se lo si fa «controcorrente» (così intitolai una rubrica di satira 40 anni fa,
molto prima del mitico Montanelli... scusate l'ardire), se lo si fa presentando
notizie o commenti che i soliti mezzi non offrono, allora lasciate pure che vi
scrivano porcherie quelli che si proteggono pavidamente nell'anonimato.
Bisogna tener duro. Continuiamo a parlare dell'informazione italiana (scritta e
parlata), di come si fa, perché si fa e soprattutto «per chi» si fa.
Vi piace l'idea?

Scritto il 12/09/06 alle 17:59 in Internet e media | Permalink | Commenti (5)


11/09/06
Capezzone e la Rai

Il famoso bigliettino trovato da Capezzone è un giochetto a cui l'informazione


italiana ha dato credito come se si trattasse di un comunicato-stampa del
Quirinale o di palazzo Chigi.
Politicamente è una goliardata per dire a tutti: guardate chi sono i
raccomandati. Tra loro, in quota Margherita, c'è un amico concittadino, Giorgio
Tonelli, a cui di recente hanno fatto uno strano scherzo.
Era direttore della sede Rai di Bologna, e lo hanno sostituito con un altro. Non
è l'esatto termine giuridico-amministratico, ma il sugo della vicenda è questa.
Sono in corso cause penali intentate da Giorgio Tonelli ai giornali che avevano
presentato la sua vicenda (una l'ha già vinta, credo), scrivendo cose false.
Le cose false erano che lui da Bologna per i suoi TG aveva favorito una società
di produzione televisiva della Curia riminese, alla quale appartiene il fratello di
Giorgio, don Giovanni Tonelli, direttore del settimanale cattolico della città, Il
Ponte, dove Giorgio aveva fatta la sua gavetta (e lì l'ho conosciuto,
collaborando io al Ponte dal 1982).
Il bello di tutto è che, secondo me, hanno colpito Giorgio per mandare via dal
Ponte don Giovanni che non piace al gruppo reazionario che gravita
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 536
potentemente attorno alla Curia.
Sempre secondo me, Giorgio ha corso il rischio di finire in galera perché
qualche (qualche, per modo di dire, un preciso) potentato clerico-fascista
mirava a togliersi dai piedi don Giovanni. Che è ancora sulla poltrona di
comando. Per quanto non si sa, perché sta per arrivare (ad inizio 2007) un
nuovo vescovo.
E perché non è da escludere che il ricambio sia decretato dal vescovo attuale.
Un fatto è certo: se prevarrà il potentato di cui sopra, le valigie di don
Giovanni saranno chiuse al Ponte prima di Natale.
Come è altrettanto certo che rimosso lui non sarà più gradita la mia
collaborazione che lui ha sempre fortemente voluto.

Scritto il 11/09/06 alle 18:25 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


10/09/06
Piazzisti italici

Una delle regole d’oro del giornalismo italiano, è che le migliori opinioni
pubblicate sono quelle di scrittori o di intellettuali stranieri. I connazionali si
trastullano solitamente con dispute astiose e banali, facendo perdere tempo
prezioso ai lettori. Quelli esteri, educati a dire molto in poco spazio, arrivano al
nodo dei problemi senza gli inutili giri di parole che noi abbiamo ereditato da
una deteriore cultura barocca che nascondeva la sottomissione al potere nelle
nuvole colorate di frasi inutili ma d’effetto.
Quella stessa cultura (bagnata come un biscottino gustoso negli avanzi di
certa baloccona filosofia ottocentesca), è utilizzata dai nostri intellettuali per
parlarsi addosso e per attribuirsi un ruolo di giudici supremi, colloquiando tra
pochi colleghi con fastidiose strizzatine d’occhio. Con le quali essi fanno
sapere a tutti di essere i sapienti indispensabili senza i quali noialtri poveri
ignoranti non comprenderemmo nulla.
«Un mondo ricco con tanti poveri» è il titolo di un articolo pubblicato oggi 10
settembre 2006 non da un giornale di Sinistra più o meno radicale (come si
dice oggi), ma dal quotidiano (conservatore) della Confindustria «Il Sole-24
Ore», a firma di Joseph Stiglitz, americano, classe 1943, premio Nobel 2001
per l’economia. Vi si legge questo passo: «Stiamo diventando sempre più
Paesi ricchi con gente povera», soltanto «i Paesi scandinavi hanno dimostrato
che esiste un’altra via. Investimenti in istruzione e ricerca e una forte rete di
sicurezza sociale possono dare come risultato un’economia più produttiva e
competitiva» nella realtà della globalizzazione. Della quale si passano in
rassegna i fallimenti come le malattie nei Paesi poveri, a causa del sistema dei
brevetti sui farmaci.
Se l’ articolo del prof. Stiglitz, tratto da un volume in prossima uscita negli
Usa, portasse una firma italiana, sarebbe oggetto di infamanti accuse di
estremismo.
L’autorità di Stiglitz in campo scientifico (è stato vicepresidente della Banca
mondiale) non può essere discussa. Grazie ad essa i suoi pareri sono materia
di studio. Se confrontiamo il contesto in cui Stiglitz lavora con quello in cui
viviamo noi, c’è da mettersi le mani nei capelli. Qui non si parla con
cognizione di causa, si offrono pregiudizi anziché giudizi fondati sulla realtà, si
urla, si offende. Ci si aggrappa alla ridicola arte dei piazzisti che
frequentavano una volta i nostri mercati ambulanti: «Non per cento, non per
cinquanta, ma vi regalo tutto».

Scritto il 10/09/06 alle 17:40 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


09/09/06
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 537
Dounia, una miss

Ha 22 anni. Di famiglia marocchina, è nata in Italia, frequenta l'università di


Rimini con una borsa di studio, si chiama Dounia, è stata eletta Miss Romagna
Cinema. Adesso sogna Salsomaggiore e la finale del concorso di Mirigliani.
Ci tranquillizza dicendo che mette la mini e non porta il velo.
Auguri a lei ed a tutti noi.
Stiamo in pace, guardiamo le belle ragazze, non uccidiamo, e che Dio ci
protegga (il Dio delle nostre tre Religioni...).
E per questa volta diciamo «viva le miss».

Scritto il 09/09/06 alle 17:11 in Cultura e società | Permalink | Commenti (0)


07/09/06
Un nuovo delitto a Rimini

La notizia. Un delitto, un altro delitto a Rimini.


Domani leggeremo le analisi sociologiche e le dichiarazioni della autorità.
Stasera limitiamoci a due blog.
Brevissimi commenti che spaventano: «Peccato» leggiamo nel primo.
«...Facciamogli una statua! ma poi leghiamocelo, e buttiamolo a mare!», si
trova nel secondo.

Questa la notizia (fonte Ansa).


GUARDIA GIURATA UCCIDE ITALIANO E FERISCE ALBANESE
RIMINI - "Ho fatto il mio dovere, se non ci fosse gente come me questi chissà
cosa continuerebbero a fare". Si è giustificato così con gli investigatori
Giovanni Marco Borrelli, 26 anni, la guardia giurata di un istituto riminese che
verso le 22 di ieri, davanti a decine di testimoni terrorizzati (quasi tutti già
interrogati dai carabinieri), ha ucciso sul lungomare di Rimini Antonio Geraci,
suo coetaneo, muratore originario di Milazzo (Messina) e residente a San
Clemente di Rimini, scambiandolo per Erjon Ciko, anche lui 26enne, l'albanese
che dal maggio dello scorso anno, con un crescendo di Sms e telefonate,
importunava quella che per molti viene definita la sua fidanzata, e che invece
l'omicida ha descritto agli uomini del Reparto operativo dell'Arma come la sua
più cara amica. Ciko, dopo lunghe ore trascorse in sala operatoria, è
ricoverato in condizioni critiche nel reparto Rianimazione dell'ospedale Infermi
di Rimini.

"Lo avevo chiamato poco prima dandogli appuntamento per un chiarimento


definitivo", ha detto il 'vigilante' ai militari ricostruendo le fasi dell'esecuzione.
"Quando sono arrivato era fuori dalla macchina, cellulare all'orecchio. L'ho
riconosciuto sentendolo parlare. Così l'ho colpito con una martellata in testa.
Lui però mi si è gettato addosso. Allora ho sparato quattro colpi. Una volta a
terra l'ho preso a calci. Poi sono andato vicino alla macchina è ho fatto fuoco
un'altra volta".

Borrelli, accecato dalla 'gelosia', ha portato a termine il suo piano con una
freddezza da vero killer. Da casa (abita a poca distanza dal luogo
dell'esecuzione) è uscito portando con sé, oltre all'arma di ordinanza, un
martello e un grosso coltello. Prima di essere ammanettato è entrato in un
ristorante-pizzeria a breve distanza, ha preso una bottiglia d' acqua minerale e
ha cercato di ripulirsi dalle tracce di sangue. Quindi ha atteso l'arrivo dei
carabinieri, ai quali si è consegnato affermando di essere stato lui a "uccidere
due albanesi". Anche durante l'interrogatorio, cui ha preso parte anche il Pm
di turno, il 'vigilante' ha più volte ribadito il proprio 'odio' verso gli albanesi.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 538

E' stata interrogata a lungo anche l'amica-fidanzata, che ha 'confermato',


senza sbavature, il movente dell'omicidio: e cioé l'insistenza con cui l'albanese
la importunava.

Scritto il 07/09/06 alle 18:38 in Attualità | Permalink | Commenti (5)


06/09/06
Mondo Blog

Notebook_user_ Gentili amiche Dolcissima e Irene, grazie dei vostri commenti.


Mi auguro che il mondo dei blog cresca riflettendo sulle sue potenzialità.
Dovremmo essere noi i primi a scrivere su noi stessi, non per parlarci addosso
ma per chiarire alcune cose del nostro (nuovo) mondo.
Il «circolo» dei blog della Stampa sta crescendo in una maniera veramente
affascinante.
Soprattutto va sottolineata l'attenzione dell'editore e della curatrice-inventrice
Anna Masera.
Poi ricordo la qualità delle cose che si possono leggere.
Adesso sarebbe molto bello se si volesse, con l'aiuto di Anna Masera, avviare
una discussione proprio sul tema: blog, società, cultura ed informazione.
Riferendoci non in generale ai «massimi sistemi dell'universo» ma alla
«piccola» realtà italiana.

Circa il post di Dolcissima (I comunicatori di immagine non dimostrano alcuna


responsabilità sociale), ho inserito un commento che riproduco.

I creatori di pubblicità, e non da oggi, si sono proclamati maestri di vita e di


pensiero.
Noi reagiamo razionalmente, rifiutando i condizionamenti cretini e le idee
balorde.
Ma quanti sono i soggetti fragili, deboli o invia di crescita, che alla fine
sottostanno e subiscono le mode e le idee più balzane?
Anche questo tuo, cara Dolcyssyma, è un bell'argomento.
Altre cose andrebbero analizzate, a proposito di quello che si vede nei blog.
Parliamo (superficialmente e pudicamente) soltanto di esibizionismo giovanile.
Che cosa spinge tante ragazze ad imitare le pornostar? Mi fermo qui ed avete
già compreso.
Non voglio assumere atteggiamenti catastrofici o moralistici.
Ma da vecchio pedagogista m'interrogo su questi nuovi fenomeni.
Voi giovani che ne pensate?

Scritto il 06/09/06 alle 11:16 in Cultura e società | Permalink | Commenti (2)


05/09/06
Blogger, non monaci

Giuliano Ferrara riconosce dignità politica anche ai blogger, affiancati ad


economisti, giuristi, imprenditori, insegnanti e giornalisti, in quella ideale
platea alla quale un leader (nello specifico, Berlusconi) dovrebbe rivolgersi.
Lasciamo stare il discorso sul ruolo di Sua Emittenza, sulla sua crisi
generazional-ideologica alla soglia dei 70 anni.
Soffermiamoci soltanto sul paniere intellettuale composto da Ferrara con
appunto l’inserimento anche dei blogger.
Sinceramente sospetto che Giuliano Ferrara non sappia che il blog sia uno
strumento di partecipazione molto ampia alla realtà sociale. Forse lui conosce
soltanto quello di Beppe Grillo. Ma non importa. Voce dal sen fuggita…
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 539
Questa patente di liceità politica concessa ai blogger è interessante. Anche il
blog fa opinione, secondo Ferrara. Il quale però pone il problema in senso
verticale: il capo «propone novità e sprovincializzazione» a tutte le categorie
che abbiamo citato, dagli economisti ai giornalisti ed appunto ai blogger.
A questo punto, ringraziamo della cortesia, e suggeriamo che sia più valido
ascoltare economisti, giornalisti e blogger, piuttosto che considerarli una
massa di manovra da convincere e far applaudire a comando il capo che parla.
Siamo blogger, non monaci con voto d’obbedienza.

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Miscellanea del giorno

Facchetti. «Un hombre vertical» che significa «correttezza, serietà, lealtà,


anche potenza, cattiveria mai». Gianni Mura, Repubblica, 5.9.2006.

Scrittori. «Più sono di basso livello più fanno le star. Poi magari incontri un
premio Nobel e scopri che è alla mano, disponibile». David Sedaris, umorista
americano intervistato da Cristina Taglietti, Corriere della Sera, 5.9.2006.

Scritto il 05/09/06 alle 17:44 in Cultura e società | Permalink | Commenti (3)


03/09/06
Il calendario Rutelli

Dopo il calendario giuliano e gregoriano, avremo anche quello rutelliano. Per


scuola, turismo e tempo libero. Ovviamente non per la politica che, da che
mondo è mondo, «ha i suoi tempi», e quindi non può star dietro alle cose
normali dei comuni mortali.
Varrà ancora una volta la lezione della vecchia scuola democristiana (che
Mastella sogna ogni notte e pare anche da sveglio): d’estate si preparano le
grandi svolte, altro che vacanze. Si finge di passare le acque, di prendere il
sole, di scalare una vetta. Si sta invece ben piantati con i piedi per terra, per
sistemare le povere cose di questo mondo.
Ma non sappiamo perché anche i comuni mortali dovrebbero adattarsi ai ritmi
ed ai calendari dei politici, come vorrebbe Rutelli, pensando ad un nuovo
turismo impegnato tutto l’anno. D’estate si lavora e d’autunno ci si riposa.
M’immagino la mia città, Rimini, che a dicembre vara le notti bianche per
rispondere agli ordini ministeriali, e reclamizza le virtù nascoste dei bagni
marini in acqua gelata.
Forse sarebbe il caso di pensare a cose più serie. Ne prendo un esempio dai
giornali di oggi. Sulla «Stampa» Luca Ricolfi scrive che ci sono tanti incapaci
nella pubblica amministrazione, e cita i docenti che «non conoscono o non
sanno insegnare la propria materia». Quanta ragione ha Ricolfi. Ci sono
insegnanti universitari che sfornano libri copiati o volumi pieni di errori
gravissimi. Tutti fanno carriera, nessuno controlla nessuno.
In un’intervista al «Sole-24 ore» il premio Nobel per la chimica Harold Kroto
cita il caso di un politico che ha detto: «Gli studi matematici non sono
importanti». Aggiunge Kroto: «Credo che questa persona sia un pericoloso
idiota».
Forse anche noi siamo circondati da persone che ritengono gli studi
matematici non importanti, ma non hanno il coraggio di dirlo. Siccome
nessuno può indicarli come pericolosi idioti, mandiamoli in vacanze con il
calendario Rutelli, e lasciamo lavorare seriamente anche tutto l’anno le
persone perbene.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 540

Scritto il 03/09/06 alle 19:06 in Attualità | Permalink | Commenti (0)


01/09/06
Rimini capitale...

«Gli immigrati superano i locali nell'avvio di nuove attività» annuncia oggi


«Tre», mensile di economia del settimanale riminese «il Ponte».
Il problema è semplice: moltissime comunità estere hanno tanto danaro da
investire in città, in imprese ed immobili. Ma da dove deriva tutta questa
disponibilità?
Una volta si parlava di investimenti mafiosi nazionali.
Adesso si ipotizzano investimenti mafiosi internazionali.
E' un particolare secondario o fondamentale?
Quindi dopo la Rimini capitale del lavoro nero, potremmo avere anche la
Rimini capitale dei capitali la cui origine è oscura.

A cura de il Rimino.

Scritto il 01/09/06 alle 12:13 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)

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29/08/06
Rassegnata gioventù?

Ha ragione Giuseppe Culicchia sulla Stampa di oggi a notare la differenza tra i


giovani francesi e quelli italiani. I francesi hanno costretto De Villepin alla
retromarcia. I nostri non sembrano mettersi in marcia per nulla.
Però farei un'aggiunta. I giovani francesi non hanno forse ricevuto
l'educazione che è orgogliosamente impartita ai figli qui da noi, «Per il lavoro,
ci penso io con le mie conoscenze...».
In Francia forse prevale la cultura del costruirsi da soli il proprio futuro. Da noi
di certo domina il senso della protezione famigliare.
Ma sappiamo che esistono vari tipi di famiglie, da quelle antiche patriarcali a
quelle moderne nucleari, a quelle modernissime allargate, a quelle sempiterne
mafiose («Per il lavoro, ci penso io con le mie conoscenze...»).
Per commenti da pubblicare scrivere qui.

Scritto il 29/08/06 alle 18:22 in Cultura e società | Permalink | Commenti (0)


28/08/06
Blog, scrive Le Monde

Riporto da Le Monde questo articolo sui Blog.


Inviate i vostri commenti da pubblicare a questa mail.

La France allait au café, elle discute sur les blogs, par Jean-Michel Normand

Du journal intime au manifeste enflammé, les blogs, ces sites personnels qui
permettent à chacun d'exprimer sa personnalité ou ses opinions et de susciter
des commentaires extérieurs, soulèvent en France un engouement inégalé.
Médiamétrie en dénombre 3,2 millions, ce qui suggère que 12 % des
utilisateurs de l'Internet ont créé une petite fenêtre sur la Toile avec vue
imprenable sur leur moi, pour ne pas dire leur ego. Non sans succès, semble-t-
il ; 36 % des internautes visitent ces blogs alors que cette proportion n'excède
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 541
pas 24 % au Royaume-Uni, 18 % en Italie et 9 % en Allemagne.

Fin juillet, le Herald Tribune se penchait sur cette "mystérieuse adoption


enthousiaste", considérant qu'elle pourrait bien refléter les particularismes
des Français, foncièrement individualistes, contestataires et enclin à étaler
leurs états d'âme. Il ne fait pas de doute que la blogomania répond à une
fascination pour tout ce qui touche à l'intime - qui explique, notamment, la
popularité des émissions de téléréalité - et correspond à un désir un tantinet
narcissique de "scénarisation de soi", comme le souligne François-Xavier
Hussherr, directeur du département Internet de Médiamétrie. En particulier
chez les 12-24 ans, qui représentent la moitié des troupes. Pourtant, le
phénomène ne se réduit pas à une simple réaction égocentrique. La
prolifération des blogs ressemble aussi à un moyen de contourner quelques
blocages inhérents à la société française.

Il est révélateur d'observer à quel point les blogs des futurs candidats à
l'élection présidentielle ont pris un caractère stratégique alors que,
historiquement, les partis sont fort mal enracinés dans le corps social. Ouvrir
et faire vivre un blog - dont la raison d'être, faut-il le rappeler, consiste à
organiser des échanges et lancer des débats - permet de valoriser l'image
d'un homme ou d'une femme politique. Cela constitue également un moyen
inespéré d'aller au-delà du premier cercle des sympathisants et, aussi,
d'entrer en contact avec un groupe d'âge - les moins de 35 ans - largement
inconnu au bataillon.

De même, la blogosphère est peut-être en train de révolutionner les relations


entre marques et consommateurs, plutôt déséquilibrées en France en raison
de l'absence de grandes organisations consuméristes influentes. Adaptés
aussi bien aux débats d'idées qu'aux exigences pratiques de la vie
quotidienne, les blogs proposent en libre-service une inépuisable réserve de
données certes parcellaires mais qui peuvent éclairer certaines décisions
d'achat.

Terrain idéal pour faire partager ses expériences - surtout lorsqu'elles sont
mauvaises... -, il s'agit d'une source d'information privilégiée pour ceux qui ne
se satisfont plus de la seule communication promotionnelle. Avant de choisir
une paire de chaussures de sport, un appareil photo numérique, une
automobile ou un abonnement téléphonique, on fait désormais le tour des
blogs pour recueillir avis et témoignages d'autres citoyens-consommateurs.
C'est ainsi qu'Internet est devenu un banc d'essai gigantesque - et quelquefois
redoutable, si l'on en juge par les mesures d'audience - pour produits et
services. Face à cela, les marques ne savent pas toujours sur quel pied
danser.

Et puis, si les Français se sont entichés des blogs, c'est peut-être aussi parce
qu'ils ne savent pas toujours communiquer par un autre moyen. La vitalité de
ces échanges qui se nouent sur Internet illustre l'impact grandissant d'une
nouvelle forme de sociabilité - déjà perceptible à travers le formidable succès
des sites de rencontres sur le Web - dans un pays où l'entre-soi reste souvent
la règle et où il est devenu nécessaire d'organiser des fêtes d'immeubles ou
des repas de quartier pour faciliter les relations de voisinage.

"Dans une large mesure, la prolifération des blogs tient au fait qu'ils
permettent d'entrer en contact avec des gens d'origines beaucoup plus
diversifiées qu'on ne pourrait le faire dans la vie réelle, assure Loïc Le Meur,
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 542
directeur pour l'Europe de la plate-forme de blogs Six Apart et pionnier de la
blogosphère française. En fait, ils remplissent la fonction qui, autrefois, était
assurée par les cafés."
JEAN-MICHEL NORMAND
Article paru dans l'édition du 27.08.06
http://www.lemonde.fr/web/article/0,1-0@2-3232,36-806587,0.html
Inviate i vostri commenti da pubblicare a questa mail.

Scritto il 28/08/06 alle 18:16 in Cultura e società | Permalink | Commenti (0)


Politici giovani, un commento

A proposito del mio post sui «politici "giovani”», ricevo questo interessante
commento dalla bravissima Irene Spagnuolo che pubblico con il suo permesso:

«Credo che gli insopportabili saccenti siano il portato delirante della


stupidità. Ciò a testimoniare che neanche l'età mette al riparo dall' esuberante
arroganza di chi crede di essere e sapere...
E' meraviglioso ricordare che possiamo imparare qualcosa ogni giorno da tutti,
che possiamo crescere e arricchirci di piccoli e grandi momenti per tutta la
vita...Per goderne dovremmo sempre evitare di scivolare negli schemi,
conservare entusiasmo e curiosità, coccolare l'umiltà come dote preziosa,
stare alla larga dai qualunquismi esasperati. La molle gioventù c'è ma c'è
anche una coriacea anzianità che è altrettanto sconfortante....Quanto valgono
lo scambio, la comunicazione ! Forse ci sarebbero meno steccati e più vivacità
culturale e umana. La tua apertura fa ben sperare. E' veramente piacevole e
importante.
Irene Spagnuolo».
http://spagnuoloirene.blog.lastampa.it/

Meriniblog

Ringrazio anche la redazione della Stampa per aver stamani segnalato il mio
intervento (foto).

Scritto il 28/08/06 alle 17:53 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


27/08/06
Politici «giovani»

Racconta la poetessa Alda Merini che da giovane nel dopoguerra fu licenziata


dallo studio legale dove lavorava perché scoperta a scrivere liriche in ufficio
(«Lei non ha idea dell'avarizia degli avvocati»). Tra i suoi primi versi alcuni
riguardavano il leggendario banchiere Enrico Cuccia, che per ovvi motivi
chiamava «il gobbo». Una mattina Alda Merini (si era nel 1948, lei era nata nel
1931) fermò Cuccia e gli disse: «Io ho fame». Lui rispose: «Buon segno», e
«tirò dritto». Il ricordo è esemplare per tanti motivi, tra cui quello che riguarda
il rapporto fra le generazioni. Giovani che chiedono, vecchi che non
rispondono a tono, facendo finta di non capire.
L'argomento è stato trattato anche in un seminario organizzato da politici che
appartengono alla «generazione del 1966» o giù di lì, e che avendo quindi
soltanto più o meno quarant'anni sono visti negli austeri ambienti di Senato e
Camera come debuttanti in attesa di formarsi un'esperienza sul campo. Un
latinista «di prima grandezza» (Alessandro Schiesaro) definisce l'Italia un
Paese di corporazioni chiuse, vecchie, poco innovative e poco ricettive ovvero,
traducendo in lingua corrente, per nulla aperte a chi non ne fa parte. Lo stesso
discorso è stato fatto da Enrico Letta, sottosegretario alla presidenza del
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 543
Consiglio, con una formula elegante: in Italia sia in politica sia nell'università
sia nelle professioni sia nel giornalismo, c'è un problema, «la logica della
cooptazione», ovvero la scelta dall'alto, aggiungiamo noi, la chiamata da parte
di chi comanda, per cui come dice Letta «per andare avanti devi avere un
capofila che ti tira su».
Le cronache del seminario dei quarantenni che bene o male contano qualcosa
(ed hanno buone speranze di migliorare le loro posizioni già invidiabili), si sono
incrociate con una polemica avviata da una rubrica della «Stampa» curata da
Massimo Gramellini. Il quale ha definito «la molle gioventù» quella di oggi che
non riesce a staccarsi dalla casa paterna, non frequenta le facoltà scientifiche
perché troppo impegnative, si laurea comodamente dopo anni di «fuoricorso»,
e poi per non affrontare ostacoli va a far la fame nei call center (come oggi
chiamano i centralini telefonici). Una tal Luisa gli ha scritto che i vecchi non
incoraggiano le nuove idee dei giovani. Per me ha ragione lei. Da antico
insegnante preferisco frequentare i giovani. I miei coetanei (peggio se più
anziani) sono insopportabili saccenti.

Scritto il 27/08/06 alle 16:35 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


25/08/06
Silvio beato (lui)

BerlusconiriminiDa Rimini Silvio Berlusconi conferma l'origine sovrannaturale


della sua credenziale politica, tirando in ballo don Giussani che per il momento
non può né smentire né confermare.
Don Giussani gli avrebbe detto: "Il destino ti ha fatto diventare l'uomo della
provvidenza".
Stando così le cose, il prossimo passo che riguarda Berlusconi è la
beatificazione in vita.
Come fare, sono cavoli amari d'Oltretevere.
Basta che per il prossimo Meeting sia tutto pronto, e che possa avvenire la
proclamazione delle sue eroiche virtù davanti alle consuete folle osannanti di
Rimini.

Scritto il 25/08/06 alle 17:57 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


24/08/06
Lode ai blog

Lode ai blog, come intitola Irene Spagnuolo il suo ultimo post.


Questo il commento che le ho inviato:
«Il blog è un fenomeno nuovo. Da vecchio, inutile cronista (classe 1942) sono
contento dell'iniziativa della Stampa. Fenomeno nuovo, e quindi non compreso
spesso, e talora guardato con sospetto.
Lo considero un fatto di vera democrazia.
La Stampa con Anna Masera sta facendo un esperimento di grande spessore
editoriale.
Scriviamo, esprimiamo le nostre idee, forniamo notizie che altri non dicono.
Chi non ci ama non ci segua.
Un carissimo saluto a te ed agli altri amici blogghiani...
Antonio Montanari»

Scritto il 24/08/06 alle 17:28 | Permalink | Commenti (0)


22/08/06
Mafia riminese

Dietro la protesta di quei bagnanti forestieri contro i Vigili urbani di Rimini che
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 544
inseguivano in spiaggia gli ambulanti extracomunitari, c’è qualcosa di più di
una stravaganza estiva, tolti gli sputi contro la forza dell’ordine in azione.
Ha ragione Maria Laura Rodotà (Corriere della Sera di stamani). Quei poveretti
sono in mano al racket. Perché, anziché colpire loro, non si risale a quanti
tengono le leve del commercio abusivo degli africani, e che sono «italiani, in
genere»?
Tutto qui. Problema di un’enorme semplicità.
D’inverno il centro di Rimini è invaso da africani che provengono anche da
città lontane come Ferrara. Non riuscendo a vendere nulla, chiedono un euro
di carità. Se gli spieghi che un cittadino qualsiasi non può dare un euro a tutti i
«negri» che incontra per strada, ti danno ragione, anche quando dici che loro
non vanno a lavorare onestamente, ma si sottomettono alla mafia. Con
l’occhio triste abbassano il capo per dire di sì, che è vero, che sono in mano
alla mafia per sopravvivere.
Poi un’altra affermazione importante di Maria Laura Rodotà mi preme
sottolineare e condividere: questi vuccumprà sono gli eredi dei nostri magliari
di mezzo secolo fa.
A Rimini ne conobbi uno di Genova, e la mia famiglia ebbe lunga amicizia con
la sua. Poi mise su negozio sulla passeggiata elegante di Marina Centro. E
d’inverno veniva a vendere a casa l’abbigliamento adatto alla stagione.

Scritto il 22/08/06 alle 17:43 in Attualità | Permalink | Commenti (0)


20/08/06
Prodi o Prudenti?

Manager incarcerati per una serie di reati che vanno dalla criminalità vera e
propria a «miseri imbrogli legali». Diffidenza e sfiducia diffuse ovunque.
Costose nuove regole. Il quadro si riferisce agli Usa, ed è delineato in un
volume scritto dal sociologo Daniel Yankelovich (classe 1924), «Profitto con
onore», Yale University Press.
Da una sua pagina presentata ne «Il Sole-24 ore» di oggi 20 agosto, ricaviamo
un passo illuminante per qualsiasi Paese: «Leggi e regolamenti non assicurano
la buona condotta», infatti «uno studio legale prospera solo quando i suoi
avvocati sanno consigliare i clienti su come aggirare la legge».
In Italia di recente si è tentato di salvaguardare l’onore degli studi legali,
risparmiando ai loro avvocati la fatica di studiare i modi «su come aggirare la
legge». Ci hanno pensato direttamente alcuni onorevoli, per caso anche legali
delle parti interessate ai provvedimenti approvati dalle Camere. Ma questa è
ormai acqua passata.
Nei giorni scorsi il tema delle nuove regole è stato affrontato da alcuni ministri
della Repubblica in relazione alla questione fiscale. Come è ben noto, pagare
le tasse è ritenuto in Italia un’impresa disonorevole, per cui molti elogiano gli
evasori quali eroi degni di stima, ammirazione ed imitazione. Resta celebre la
battuta di un presidente del Consiglio, pronunciata mentre era in carica: «Chi
è? Ah, siete dei ladri? Per fortuna, temevo che fosse la Guardia di Finanza».
Questa non è acqua passata, anche perché il governo Prodi, a corto di voti e di
fiato, dovrà prima o poi fare i conti con quell’ex-presidente, al quale sul tema
delle tasse sta dando una mano la stessa maggioranza. Il ministro di
Clemenza e Giustizia, Clemente Mastella, ha inventato uno di quei giochini
estivi che furoreggiano sui giornali, «prendi un cognome e storpialo». La
discussione verteva su come stanare gli evasori, e sulla necessità di
un’anagrafe dei contribuenti per controlli incrociati (che ci illudevamo fossero
stati già realizzati da trent’anni, come promesso).
Mastella è intervenuto dichiarando che «Visco fa rima con fisco», per cui
quando parla deve essere più cauto. Sarebbe come sostenere che il ministro
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 545
alla Difesa Parisi potrebbe essere spinto dalla rassomiglianza con la capitale
della Francia, ad infastidire Chirac per l’invio di truppe Onu in Libano. E che
Prodi sarebbe più efficace nella sua azione di capo dell’esecutivo se si
chiamasse soltanto onorevole Prudenti.

Prodi06

Foto La Stampa Web

Scritto il 20/08/06 alle 16:45 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


19/08/06
Turismo violento

Rimini. Tutti contenti per il grande afflusso di turisti in Riviera.


Sovraffaticati medici ed infermieri del Pronto soccorso. Per l'afflusso di vittime
di atti di violenza.
Nessuno si è chiesto (ufficialmente) se nei numeri del nuovo turismo (il grande
afflusso) ci sia la spiegazione dei numeri degli atti di violenza in aumento
imprevisto, ma non imprevedibile.
Noi crediamo di sì.

Scritto il 19/08/06 alle 18:02 in Attualità | Permalink | Commenti (0)


15/08/06
Hina Saleem

Hina

Confronto la tragica sorte di Hina Saleem con la notizie dalla Riviera


riccionese, dove per le arabe si vogliono creare spazi riservati perché costoro
portano molti soldi.
Leggere al proposito questo post.
Inviare commenti da pubblicare a monari@libero.it.

Scritto il 15/08/06 alle 17:36 in Attualità | Permalink | Commenti (0)

10/08/06
Riccione, un muro di sabbia

Dopo il muro di Padova per ghettizzare gli spacciatori, avremo anche quello di
sabbia a Riccione per proteggere le bagnanti arabe velate dagli sguardi dei
bagnanti in costume... da bagno?
Quasi tutti nel Centro-sinistra sono contenti del progetto (per l'estate 2007).
Quasi tutti, meno qualcuno.
A favore sono gli assessori provinciali e regionali Marcella Bondoni e Massimo
Pironi, concordi sul fatto che gli affari sono affari.
O li accontentiamo, o gli arabi se ne vanno, spiega Massimo Pironi, consigliere
regionale diessino.
Un'operazione commerciale che va bene, secondo Marcella Bondoni, diessina,
assessore alla provincia di Rimini, a meno che non ci siano in ballo i diritto
delle donne...: «Ma qua ci sono soltanto operatori che danno una risposta ad
una domanda», puntualizza per tranquillizzarci e tranquillizzarsi.
Decisamente contro sono la sindacalista Uil Giuseppina Morolli, l'assessore al
Comune di Rimini Antonella Beltrami (Ds), Leonina Grossi, consigliere
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 546
provinciale (Ds) e Stefano Vitali (Margherita) assessore al Comune di Rimini
per i servizi sociali.
Vitali risponde indirettamente al sindaco di Riccione Daniele Imola (Ds) che si
era detto soddisfatto dell'idea di una spiaggia riservata per le turiste arabe:
Imola cerca una pubblicità legittima che però fa male all'integrazione che è il
vero problema del futuro delle nostre città.
D'estate e d'inverno. Con arabi ricchi ed arabi poveri (la maggioranza in
Riviera romagnola).

Scritto il 10/08/06 alle 19:08 in Attualità | Permalink | Commenti (0)


05/08/06
Nuovi italiani

Amato Stamattina a «Prima pagina» su Radio Tre è intervenuto un cittadino


senegalese che abita in Italia, sulla promessa normativa per acquisire la
nostra cittadinanza.
Ha parlato della nostra Costituzione con una conoscenza che neppure un
laureato da noi ha.
Benvenuto, futuro «nuovo italiano».
Questo valga come promemoria per quanti chiedono ai «nuovi arrivati» la
conoscenza della lingua e della cultura del Bel Paese.
Se, come per la patente di guida, dovessimo ogni tanto sottoporre ad un
controllo i connazionali, quanti sarebbero i promossi ed i bocciati su lingua,
cultura e legge fondamentale dell'Italia?

Scritto il 05/08/06 alle 17:58 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


03/08/06
Delitto a Riccione

Omicidio Ai romanzieri ed ai cronisti piace la Riviera romagnola in giallo ed in


nero. La realtà li accontenta.
L'ultimo delitto, a Riccione, mette a confronto due generazioni d'immigrati.
Ragus Karl Horst, 76 anni, tedesco, agente immobiliare ricco, è stato ucciso da
un ucraino di 21 anni per difendere l'onore di sua madre, 46 anni, in Italia
come badante.
Una volta gli italiani corteggiavano le tedesche, ed i tedeschi raramente
cercavano le italiane.
Adesso non si è internazionalizzato il sesso.
Il fatto vero è che le povere immigrate da tutto il mondo ricorrono al sesso
(contrabbandandolo per amore) perché hanno bisogno di mettere assieme
soldi per loro, per la famiglia lontana, per la loro casa dove vivono dei vecchi
che hanno la stessa età di quelli che vengono a badare qui.
Poi succede che un figlio arriva in Riviera, ascolta le umiliazioni subìte dalla
madre, litiga con il vecchio ex spasimante, perde la testa ed il giorno dopo i
cronisti di nera sono accontentati. Tutta la stampa nazionale ne parla.
Dietro il delitto niente?
Per carità, ci sono mille cose che raccontano come è cambiata la nostra vita.
I romagnoli un po' maturi snobbano le ragazze locali troppo emancipate,
corteggiano entusiasti le badanti o le altre lavoratrici straniere, credono di
aver trovato finalmente il vero amore.
Ed in molti casi restano (i romagnoli) senza soldi e senza affetti, perché
appunto in molte quelle straniere scappano dopo aver preso il malloppo.
In un caso, questo di Riccione, c'è scappato il morto.

Scritto il 03/08/06 alle 11:28 in Attualità | Permalink | Commenti (0)


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 547

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30/07/06
Francesco Caruso

Francesco Caruso, fresco deputato rifondarolo dal lungo corso


extraparlamentare, ha spiegato il suo voto favorevole all’indulto con il
concetto di «scambio di prigionieri» fra «migliaia di poveri Cristi chiusi nelle
celle per un niente» ed uno «sparutissimo gruppo di criminali in giacca e
cravatta» legati a Forza Italia. Non siamo in grado di quantificare dal punto di
vista scientifico il «niente» di cui dice il deputato belligerante a tempo pieno.
Se la memoria non c’inganna, in quel «niente» rientrerebbe pure qualche caso
di omicidio. Per la precisione sui giornali tra l’altro si è parlato di un signore
che uccise entrambi i genitori, di un altro che fece fuori cinque donne, di una
giovane che massacrò mamma e fratellino. La santa battaglia di Caruso a
favore dei derelitti (che veramente esistono e non sono una sua invenzione di
comodo), in questo caso è diretta più contro la logica che contro la Politica in
genere. Che lui considera responsabile di tutti i mali sociali.
Caruso ha una di quelle facce simpatiche che avrebbero fatto liete le vecchie
zie d’un tempo, sempre pronte a giustificare il male commesso dai loro nipoti
in virtù d’una attenuante: sono inesperti del mondo. Ma oggi non esistono più
le vecchie zie, e soprattutto pretendiamo che anche i giovani parlamentari
come Caruso conoscano la differenza fra una guerra (in cui è importante lo
«scambio di prigionieri») e lo Stato di Diritto in cui il primato della Legge (con
tanto di iniziale maiuscola come nelle lapidi dei tribunali) non permette di
considerare una condanna come la cattura d’un combattente da parte d’un
esercito avversario. Se l’on. Caruso è legato a questa idea, forse ha sbagliato
indirizzo entrando a Montecitorio. Anche se la sua frase è semplicemente
frutto di un’esagerazione ideata al solo scopo di esprimere un sentimento di
vicinanza a tanti derelitti, Caruso dovrebbe essere invitato a darsi una
calmata. Purtroppo non sappiamo da chi. (Il presidente della Camera è del suo
stesso partito.) Come capo storico dei «disobbedienti» italiani, Caruso si trova
nell’imbarazzante posizione di legiferare, ovvero di imporre delle norme che
lui stesso dovrebbe rifiutare per principio come ribelle in ferma permanente.
Anche la disobbedienza può essere in tanti casi una virtù. Se diventa vizio,
neppure le vecchie zie riuscirebbero a cancellarlo. La Giustizia dev’essere
rapida per essere giusta, ma a troppi fa comodo così come è oggi.

Scritto il 30/07/06 alle 17:19 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


29/07/06
Larghe intese (da Rimini a Roma)

Rimini, 29 luglio 2006

La scelta dell’ex candidato sindaco Alberto Bucci di non votare contro Alberto
Ravaioli e la sua giunta, ma di astenersi sulle linee programmatiche del
governo cittadino, suona ampiamente innovativa, per cui sembra (in
apparenza) aver ragione il capogruppo di Forza Italia Alessandro Ravaglioli: «È
come se Berlusconi si fosse astenuto sulla fiducia di Prodi».
Ma per comprenderne il vero significato, forse non è inutile ascoltare le voci
romane dai giornali di oggi sabato 29 luglio. Il presidente della Camera
Bertinotti ha detto alla «Stampa»: «Le difficoltà si possono superare
allargando la maggioranza di governo» con una discussione franca che «sotto
traccia è già in corso». Il presidente del Senato Marini ricorre ad una contorta
formula per invocare più confronto con l’opposizione e meno voti blindati per
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 548
addivenire a scelte condivise. Anna Finocchiaro ha detto no allo «stress da
voto di fiducia» per arrivare a scelte bipartisan su «questioni d’interesse
nazionale».
Intanto Silvio Berlusconi (che sarà a Rimini in agosto al Meeting di CL) secondo
Francesco Verderami («Corriere della sera»), promette un radicale
cambiamento: farà «l’uomo di confine» allo scopo di ‘bruciare’ Casini, e quindi
non sarà più l’oppositore irato di Prodi come sinora è fermamente stato.
Dunque Bucci potrebbe aver anticipato Berlusconi ed aver avviato da Rimini
un esperimento nazionale, per un diverso «clima» di governo della cosa
pubblica. Insomma una specie di rivoluzione che in sede locale ha la sua
premessa nel risultato elettorale amministrativo della scorsa primavera,
quando Forza Italia perse il 52,13% dei voti, mentre AN salì del 16,26. Un
risultato che dimostrava come con la vecchia amministrazione di Ravaioli il
Centro-destra (od almeno una sua parte) non se la fosse poi passata così
male. Due assessori erano stati… defenestrati per la questione del troppo
cemento. Tutto ciò aveva fatto prevedere non il ballottaggio per Ravaioli, ma
addirittura la sua sconfitta al primo turno. Invece… Per la serie: l’orco non è
poi brutto come lo si dipinge.
Adesso Bucci debutta con l’astensione. Se si tratta di una rivoluzione, essa ha
un precedente nella scelta fatta da Massimo Conti il 13 giugno 1989: la
sostituzione dell’antico legame fra Pci e Pci con un pentapartito che vince le
elezioni del 1990 forte di 26 seggi su 50 (Psi +2, Pci –3, altri 2 li aveva persi
nel 1985). Divenne sindaco Marco Moretti che alla parola pentapartito sostituì
la formula di «bicolore fra laici e Dc». L’anno dopo proprio a Rimini al XX
congresso del Pci nasceva il Pds.
Forse Bucci entrerà nella storia per una mossa preveggente che oggi a molti
della sua stessa parte politica appare invece come un classico inciucio.
Antonio Montanari

Scritto il 29/07/06 alle 12:37 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


23/07/06
Dis/Servizi segreti

Per cento giorni nel 1941 Ernest Hemingway lavorò come spia del governo
americano. Sarebbe molto disdicevole che quei cronisti italiani che sono stati
sinora al soldo dei nostri Servizi segreti, si considerassero colleghi d’arte del
celebre romanziere. Le notizie degli ultimi giorni ci hanno mostrato terribili e
persino luttuosi intrecci fra spioni, malaffare e politica. Persone perbene che
hanno permesso alla magistratura di scoprire attività illecite di
intercettazione, sono state trovate prive di vita. Sembra la scena di un film.
Ma è la realtà spaventosa. Su cui si lancia la rinnovata promessa di «riformare
i Servizi» come soluzione di tutto. Ci si permetta di ritenerla una pia illusione,
amaramente confermata dal ricordo che ad ogni riforma si contrappone con
diabolica astuzia una controriforma per opera dei cosiddetti «settori deviati».
Dei quali sappiamo che hanno operato, hanno prodotto spaventosi effetti
destinati a turbare la quiete politica del Paese.
Ma sui quali si conoscono ben poche informazioni perché in un modo o
nell’altro si arriva al sigillo leggermente nauseabondo del «segreto di Stato».
Che non permette di scoprire le cause di tanti fatti misteriosi accaduti in Italia,
non sappiamo se tra l’indifferenza della politica, o se nel coinvolgimento di
«certa» politica o di «certi» politicanti.
Esiste una maniera tutta nostrana di gestire i «segreti» e gli annessi Servizi.
Spacciandosi ad esempio come combattenti di una quarta guerra mondiale,
ma senza l’idea di sacrificarvi la vita, bensì di passare poi alla cassa per il
rimborso spese.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 549
Sono scenette da commedia all’italiana, da vecchio film con Totò e Peppino De
Filippo. Verrebbe da ridere se non ci fossero sull’asfalto i cadaveri eccellenti di
quelle persone perbene che avevano lavorato per far rispettare la legge. Negli
ultimi anni abbiamo assistito ad invenzioni ben illustrate e amplificate anche
in sede parlamentare, come il finto caso della Telecom Serbia. C’è da
chiedersi (la risposta non è scontata): chi ha manovrato chi e per che cosa? Si
è persino tentato di coinvolgere Romano Prodi come presidente europeo in
una bega interna solo nostra, con documenti falsi passati ai giornali.
Dunque è tutta una specialità italica quella di inventare balle. Il dramma è che
appunto ogni tanto ci sono poi delle notizie vere che recano storie di morte.
Quanto lette non sappiamo, in questi giorni di caldo e soprattutto di
discussioni sportive.

Scritto il 23/07/06 alle 17:07 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


21/07/06
Montanelli

A proposito della pagina della Stampa di oggi con l'inedito di Indro Montanelli
(Due o tre cose che so del bandito Giuliano), vorrei sottolineare quel passo
che non riguarda il tema (Salvatore Giuliano, la mafia, lo Stato, la politica,
etc.) ma il giornalismo: «le cose più importanti ho dovuto, come sempre,
lasciarle nella penna».
Come sempre, ha dovuto lasciarle nella penna e non le ha scritte sul giornale.
Ovvero...
Suggerisco, al riguardo, il saggio di Sandro Gerbi e Raffaele Liucci intitolato
«Lo stregone. La prima vita di Indro Montanelli», Einaudi.
Sono quasi 400 pagine di impietosa requisitoria. Da leggere tutte per
comprendere i problemi del giornalismo (di ieri ma forse anche di oggi): «le
cose più importanti ho dovuto, come sempre, lasciarle nella penna».

Scritto il 21/07/06 alle 17:28 in Cultura e società | Permalink | Commenti (0)


18/07/06
Autogol del governo

BersaniLa vertenza con i taxisti non è finita in pareggio, come crede il ministro
Bersani, ma con un doppio autogol. Il governo si è dovuto arrendere davanti
alle violente proteste sindacali, culminate a Roma nelle botte ad un
giornalista. La seconda rete è stata incassata sul piano generale. Il governo
aveva sfidato tutto e tutti: adesso vi facciamo vedere chi siamo. Gli esperti
prima hanno commentato che le liberalizzazioni le avrebbe dovute fare
Berlusconi, per cui se Prodi realizza un programma studiato su quello del
signore di Arcore, qualche dubbio viene circa la fantasia di chi ha vinto le
elezioni. Poi, sempre gli esperti hanno dimostrato che il decreto-Bersani
rischia di ottenere effetti opposti a quelli che si era prefissato. Si vedano le
critiche anche da Sinistra per le tariffe legali.
Dietro le quinte si sta muovendo qualcosa che rassomiglia ad una lenta
cottura del premier. Enrico Letta ha detto: occorre convincere i moderati per
allargare la maggioranza. Nelle stesse ore dalle sponde dell'opposizione Giulio
Tremonti chiamava Forza Italia e Ds a scaldarsi per scendere in campo con la
Grande Coalizione. Forse a Romano Prodi risulterà utile l'accordo con i taxisti.
Viene il dubbio che molti dei suoi alleati sognino per lui a breve il viaggio di
ritorno a Bologna.
Tutto dipenderà dal ruolo che vorrà svolgere il presidente della Repubblica,
una cui intervista al quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung ha
provocato qualche apprensione nel Centro-sinistra. Al quale Napolitano ha
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 550
fatto sapere che se la maggioranza di governo non fosse stata coesa sulla
questione della missione afgana, ci sarebbero state «delle conseguenze» sul
piano politico. La frase ha entusiasmato molti commentatori, non soltanto
d'opposizione. Marcello Sorgi sulla Stampa ha scritto che siamo di fronte ad
una novità non di poco conto: un presidente «politico» che «considera un suo
preciso dovere influire sull'indirizzo e le strategie del Paese».
Nell'intervista Napolitano ha ribadito la nostra amicizia con gli Usa quale
pilastro della politica estera, aggiungendo: «Fin dagli anni '70 anche il più
grande partito di opposizione, il partito comunista, lo aveva riconosciuto». Non
sappiamo se la citazione da libro di Storia di Napolitano sia un ironico
commento sul presente (c'è gente che non comprende ora quello che noi
avevamo capìto molti anni fa), oppure un inconscio richiamo ad un primato del
Pci anche dopo la sua fine.

Scritto il 18/07/06 alle 09:26 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


16/07/06
Asinopoli (2), Ricolfi

Da meditare, e molto, è questo pensiero del prof. Luca Ricolfi sulla «Stampa»
di stamani: una sinistra moderna non può consegnare «alle cieche forze del
mercato il destino dei ceti più deboli, non può abbandonare la bandiera del
merito».
Sul «Corriere della Sera» di oggi, il cardinale di Venezia Angelo Scola dichiara
invece: «Basta con la scuola di Stato» (titolo di prima pagina).
Inviare commenti via mail.
Il precedente post sull'argomento Asinopoli è qui.

Scritto il 16/07/06 alle 16:55 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


13/07/06
Asinopoli, ha ragione Mastrocola

Stamani apro la prima pagina della «Stampa», intravedo in fondo una bella
firma, Paola Mastrocola, il titolo fulminante «Gioventù ingannata» come
commento al «Miracolo alla Maturità: tutti promossi».
Poi esco di casa, vado a consultare antiche carte in un pubblico archivio. Ad
un certo punto un guardasala mi affida una fanciulla che deve fare una
ricerca: «Può darle una mano?», mi chiede.
La ragazza racconta: ha studiato Ragioneria, che orrore. Cinque anni di
Tedesco senza saperne alla fine neppure una parola. In quinta il programma di
Italiano fermatosi a D’Annunzio con conseguente choc alla prova d’Italiano
all’Università. Dove adesso frequenta un corso umanistico ma moderno, il
Dams di Bologna, quello di Umberto Eco.
Prende anche lei i suoi documenti antichi, deve concludere la tesi, trova le due
citazioni che le servono, sono in latino.
«Ha studiato latino?», mi chiede, come se le mancasse qualcosa nella sua
cultura. Vorrei dirle: purtroppo sì. Più di quarant’anni fa, un’estate intera e
passa, ovvero sei mesi per il primo orale (ne valeva la pena per un 30/30 che
era più prezioso di quelli attuali?). E poi uno scritto (con gli assistenti
spocchiosi e perfidi che correggevano errori che poi loro stessi confessavano
non essere tali…). Ed infine il secondo orale.
La giovane ha con sé un libro, lo sfoglia, e dice di non capire certe date. Ha
ragione. L’illustre docente universitario che l’ha composto, mette in fila una
serie di errori nella lettura dei «numeri romani», che costerebbero la carriera a
qualsiasi studente alle prime armi.
Torno a casa e leggo l’articolo di Paola Mastrocola. Todos caballeros, tutti
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 551
promossi. Troppi promossi. Anche alle cattedre universitarie, però.
Viviamo in «Asinopoli».

Scritto il 13/07/06 alle 16:22 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


08/07/06
Zapatero

Uno Zapatero sincero che non fa mistero delle sue idee, è molto meglio dei
mille ipocriti che s'inchinano ignari della dignità politica e della sacralità della
religione. E che la considerano soltanto strumento politico.
Un repubblicano mio concittadino, Achille Serpieri (1849-1909), chiude così le
proprie memorie:
«Vuoi vivere e star bene?
Passa il tuo tempo nelle Sacrestie,
grida sempre viva Papa, Re, e le Spie».
(A proposito delle quali vedi il post precedente...)

Scritto il 08/07/06 alle 17:55 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


07/07/06
Sismi, servizi...etti segreti

I servizi segreti ancora una volta sono alla ribalta con invenzioni e tranelli
politici.
Sembra una maledizione italiana, dal caso Montesi in poi.
Cronache e storie sono piene di questi episodi.
Preoccupa un aspetto nuovo. Aumenta il numero di giornalisti coinvolti come
«barbe finte» del Sismi, che si prestano al gioco della diffamazione a scopi
politici.
L'altissimo numero delle intercettazioni abusive denunciato di recente, indica
un'epidemia molto pericolosa sul piano politico. Finiremo per essere una
repubblica fondata sul ricatto? O lo siamo già?
All'altissimo numero delle intercettazioni abusive corrisponde una vasta
diffusione sul territorio che può interessare e coinvolgere chiunque.
Due anni fa il mio telefono fu staccato nottetempo dalla linea della centralina
di quartiere. Evidentemente qualcuno aveva cercato di lavorarvi sopra, e non
è stato capace di concludere l'operazione. Questi sprovveduti però risultano
ben pagati...

Scritto il 07/07/06 alle 11:59 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


04/07/06
Bossi come Garibaldi?

Siamo sommersi da buone notizie. Scrive un quotidiano: in una società


sempre più infantile, la moda dei bambini accetta regole e manie dei più
grandi. Tradotto: i grandi rincretiniscono, i piccoli li imitano. I cinesi esportano
i loro prodotti ed in cambio importano i modelli occidentali. Non quei baldi
giovanotti che sfilano sulle passerelle addobbati da coniglio in porchetta, ma
gli esempi della nostra politica. La notizia è questa: in Cina si ruba al partito
per pagare le amanti. Le quali si sono ribellate, per eccesso di concorrenza
sotto uno stesso tetto.
Loro non sanno che a Pechino si erano ispirati in anticipo al decreto Bersani
sull’abolizione dei privilegi di categoria. Lo spirito monogamico ha però
battuto l’esportazione della democrazia occidentale avvenuta senza sparare
un colpo, ma soltanto evitando di far sapere alle signore cinesi in questione
che le aspiranti attrici italiane hanno esperienze ben peggiori, dovendo cenare
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 552
con il cantante Malgioglio. Adesso le concubine dell’ex celeste impero
rivendicano il numero chiuso, come i taxisti italiani contro Prodi.
A completamento del quadro cinese, apprendiamo che quelle città con il boom
economico sono tra le più inquinate del mondo. La loro aria uccide, lo smog
provoca un record di vittime.
Molto meglio da noi. Leggiamo da «CorrierEconomia» (3 luglio): «Nell’ultimo
anno la Borsa è stata un business: per le banche, non per i risparmiatori». I
dati: su 4,4 miliardi raccolti, ne è stato bruciato uno e mezzo circa. Si
riconferma l’aurea e tranquillizzante regola: gli istituti bancari fanno affari
d’oro sulla pelle dei risparmiatori.
Immaginavamo l’on. Mastella in tranquilla vacanza. Invece è agitato, al
governo. Dove si chiederebbe, stando ad un giornale, che cosa ci stia a fare,
consapevole di contare meno del due di briscola. Coraggio, simpatico
Clemente, compia un gesto ardito fuggendo dalle riunioni di palazzo Chigi. C’è
già chi è pronto a prenderne il posto, come teme Berlusconi dopo l’incontro tra
capo dello Stato e capo della Lega, una replica di quello di Teano fra Garibaldi
e Vittorio Emanuele II.
Unica differenza: quello della camicia rossa portava il Meridione all’Italia,
questo della camicia verde lo affonderebbe senza complimenti. Napolitano ha
rassicurato: Bossi è realista sulle riforme. Ci preoccupa tutto il resto. I
garibaldini volevano essere sepolti con la loro bandiera. Per Bossi il tricolore
può sostituire la carta igienica.

Scritto il 04/07/06 alle 10:10 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)

27/06/06
Grazie Stampaweb...

Grazie a Stampaweb, grazie ai 1.300 e passa lettori che in 23 ore hanno


cliccato il mio blog che era stato segnalato dalla redazione in prima pagina si
internet (vedi foto).
Stampa_refer_blogmio

Grazie a chi mi ha scritto.


Pubblico questa mail ricevuta:
«Italiano vivente all'estero da varie decadi, mi sono sempre interessato a
quelle che succede in Italia.
Non mi sono mai naturalizzato francese, forse a causa del mio sentimento pro-
europeo, che qui non é di moda.
Il suo articolo mi ha fatto bene in quanto rappresenta una riflessione aperta e
profonda.
No, gli italiani all'estero non sono dei coglioni (ma che volgarità) ne l'Italia ci
fa schifo (non credo che qualcuno possa aver detto questo !).
L'Italia parte dell'Europa ed é caratterizzata da una cultura differente che é
aperta alle altre e che una minoranza degli italiani vorrebbe richiudere su se
stessa.
Grazie».

Scritto il 27/06/06 alle 16:12 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


26/06/06
Ha vinto la democrazia

Ha vinto la democrazia partecipata, non quella arruffona dei capipopolo,


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 553
neppure quella arzigogolata delle segreterie politiche dei partiti.
Siamo andati a votare in tanti per giudicare la riforma della Costituzione. Non
abbiamo rinunciato al diritto della scheda ed al dovere di recarci ai seggi. Il
precedente governo non ha voluto che ci fosse il «giorno delle elezioni» (lo
dico in italiano, loro lo dicevano in inglese). Poi i suoi esponenti finiti
all’opposizione si sono lamentati delle continue chiamate alle urne.
Ha vinto la consapevolezza che il popolo è sovrano, anche se le cronache
hanno fatto di tutto per confondere le idee alla gente. L’attuale opposizione
alla fine su qualcosa è riuscita a convincere anche il presente governo: si
ridurranno (in futuro) i numeri di senatori e deputati. Calcolatrice alla mano,
non servirà a nulla. Lo dicono gli esperti.
L’attenzione dell’elettorato è stata distolta da scandali a ripetizione (dal calcio
alla sanità) e dai mondiali del pallone. Ma alla fine la gente non si è fatta
distrarre. La partecipazione a questo voto dovrebbe spingere tutti, vincitori e
vinti, ad essere non suscettibili come le fanciulle che vanno in tivù sospinte da
qualche protettore, e poi si mettono a strillare: giù le mani dal mio onore, mi
sono fatta strada soltanto con le mie qualità artistiche.
La vicenda delle vallette di partito ha visto alla ribalta un po’ mesta ed un po’
carogna personaggi di tutti i tipi. Anche uno che avrebbe potuto essere il re di
quest’Italia che suo nonno aveva contribuito a rovinare. Il contorno della regal
compagnia era ridicolo, non squallido, come si voleva far diventare all’insegna
del tutti siamo come loro.
Anche il voto di questo referendum ha dimostrato che essere furbi in politica
non è né una colpa né un merito, è semplicemente una disgrazia collettiva che
dovremmo evitarci. La gente ha voluto fare sentire la propria voce, come alle
primarie del Centro-sinistra. E lo avrebbe fatto con consapevolezza anche per
il Centro-destra, se le avessero organizzate. Una democrazia si regge sul
confronto. Che si fa a voce alta o bassa, ma si fa
L’Italia repubblicana si era avviata sulla strada del ridicolo, con qualcuno che
pretendeva d’instaurare una specie di monarchia mascherata non prevista
dalla Costituzione mediante la figura di un primo ministro tipo amministratore
delegato che odia le persone normali e tratta il mondo come un ininterrotto
spettacolo comico.

Scritto il 26/06/06 alle 17:21 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


22/06/06
Giovani, «abbandonati» e riminesi

Superare nel dialogo il senso di crisi, capire le nostre identità

«Dimmi con chi vai. Ma non sai chi sei…». Abbiamo stravolto il vecchio adagio
che deduceva dal gruppo d’appartenenza le caratteristiche individuali di chi vi
partecipava. Ne abbiamo ricavato un ipotetico slogan del tipo di quelli che
piacciono a chi progetta «campagne informative» rivolte con forte
presunzione ad obiettivi molto ambiziosi: «suscitare la discussione», «formare
le coscienze».
Incolonniamo da una parte le azioni svolte da enti pubblici e da istituzioni
politiche, e dall’altra i fenomeni che la società registra (tra la meraviglia degli
ottimisti e lo scandalo di chi grida ogni giorno al lupo, anche se transita un
agnello male in arnese). La bilancia fa pendere il piatto della realtà più di
quello delle campagne formative. L’unico contrappeso in grado di rimettere a
posto la bilancia, è l’educazione. Ma l’impegno che essa richiede nel tempo, la
rende un’entità non misurabile in un solo istante. Il suo significato si rivela nel
momento in cui i fatti dolorosamente ne denunciano l’assenza.
L’interessante fondo del direttore don Giovanni Tonelli (“il Ponte”, 18 giugno
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 554
2006), partendo dalle cronache periferiche di un mondo giovanile già di per sé
periferico nella società contemporanea, invita a soffermarci su «segnali» come
il disabile messo in croce per scherzo, i 19 arresti per droga in un solo paese, i
ricatti hard via telefonino. L’articolo conclude riferendo come anche da parte
di numerosi sacerdoti sia stata denunciata «l’assenza di una riflessione
approfondita sull’universo giovanile riminese»: i ragazzi dopo la scuola media
sono «di fatto» abbandonati.
Provenendo da terminali anche sociologicamente sensibili come i sacerdoti, la
denuncia è un invito alla riflessione. Nella quale tutti dovremmo sentirci
coinvolti con il disinteresse pratico e l’interesse ideale di chi non ha
«campagne informative» da farsi finanziare. E con la preoccupazione che il
vivere sociale è una molteplicità di soggetti e fenomeni per cui quanto accade
intorno non deve lasciarci indifferenti. Anzi deve convincerci a considerare il
modo di vivere di «questo» mondo al quale apparteniamo.
Giustamente il direttore non ha parlato soltanto di un vago (ma non troppo,
alla fine) «universo giovanile», ma ha specificato che si tratta di quello
«riminese». E certo non per sottovalutare il significato dei fenomeni.
Rimini ha sempre avuto a livello nazionale una sua tipicità sociologica che
deriva dalla sua vita economica e dalle relazioni sociali che quest’ultima
comporta. Per ciò le ricette valide altrove qui non funzionano. Occorrerebbe
esaminare le conseguenze di questa tipicità sulla vita delle famiglie e dei
giovani locali, sedotti da modelli che poi fanno moda anche fuori di casa.
Rimini finisce per essere epicentro di fenomeni di massa che dobbiamo
studiare nel loro nascere.
La specificità riminese aggiunge valore al discorso su quell’universo giovanile,
invitando ad un impegno di analisi quanti ritengono che sia ancora possibile
«educare» la società di domani nel suo dinamico sviluppo di oggi.
Quest’analisi dovrebbe condurci ad esaminare con la necessaria obbiettività
tutti i fattori nuovi che appaiono nella società, nella comunicazione,
nell’economia, rilevando soprattutto i legami meno appariscenti ma ben saldi
che uniscono tra loro questi tre fattori. I quali stanno mutando i vecchi
modelli.
Davanti ai fatti che accadono, è sbagliato dichiarare una disperazione che non
porta a nulla, e rimpiangere i modelli del passato. Le vecchie generazioni
debbono trovare nelle nuove quanto possa unire positivamente (in famiglia, a
scuola, nel lavoro) in un’epoca in cui si sente parlare soltanto di crisi del
focolare domestico, di vuoto della cultura e di precarietà professionale. Non
esistono modelli validi per tutti. Gli adulti debbono non contrapporsi ma
dialogare. Soprattutto in un periodo in cui tutti, giovani od anziani, siamo
classificati soltanto come fasce di consumo. Il problema delle nostre identità
dovrebbe essere affrontato come primo passo sulla strada del confronto con il
mondo «abbandonato» dei giovani, senza imporre formule ma offrire ascolto.
Per sapere chi siamo «noi» adulti, prima di chiedere ai giovani che cosa siano
e soprattutto che cosa si sentano loro.
Antonio Montanari

Scritto il 22/06/06 alle 16:26 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


18/06/06
Cittadino Savoia

Confesso la mia ignoranza. Non sapevo che ci fosse un re d’Italia. Conosco


una repubblica che proprio domenica 25 giugno va distratta alle urne per fare
il tagliando alla Costituzione. Ignoravo che la monarchia avesse un capo
riconosciuto come tale da un deputato dell’opposizione. Il cittadino Vittorio
Emanuele Savoia è stato tradotto in carcere con una serie di accuse dalle
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 555
quali gli auguriamo possa difendersi provando una limpida innocenza.
Speriamo che resti a suo disonore soltanto l’espressione usata a proposito dei
cittadini sardi, discendenti di quella terra che dette il nome agli antenati del
nostro. Essi, secondo lui, tra le altre cose puzzano come le capre.
Il suo arresto ha provocato utili reazioni nei nostri quotidiani e negli ambienti
governativi. La necessità di una Giustizia rapida è stata affermata da Piero
Ostellino sul Corriere della Sera e dal ministro Clemente Mastella che ad essa
presiede. Non per colpa loro fortunatamente ma per mia disattenzione, non ho
letto che la Giustizia dev’essere rapida pure per tutti. Il che al momento non
succede e ben sappiamo con quali conseguenze. Ostellino precisa che non
dobbiamo salvaguardare l’immagine di un principe ma la dignità di un uomo.
Per cui si potrebbe amaramente concludere che la dignità è citata in virtù
dell’immagine, dato che appunto la lentezza oscena della Giustizia distrugge
l’immagine di chi non ha difensori pubblici di una dignità aristocratica.
Sulla Stampa Carlo Rossella, direttore del TG5, invoca giustizia in nome di una
simpatia della persona che ha la battuta pronta e ingenua, l’aria svagata,
un’eleganza naturale ed un ottimismo «a volte confortato» da «qualche fresco
bicchiere» di vino. Del quale l’illustre giornalista cita il nome che immaginiamo
adatto al lignaggio del consumatore e alla raffinatezza del cronista che ci
istruisce.
Tra i difensori del Savoia c’è pure un nobile di cui ricordiamo l’azzardata
teoria, esposta al salotto televisivo di Giuliano Ferrara: «Nella civiltà
contadina, la donna era la regina della casa». Forse ha letto la frase in qualche
pensierino dei baci Perugina, forse ha frainteso qualche antico testo ereditato
da illustri antenati, o forse non ha capito granché né del mondo di ieri né di
quello di oggi. Se fosse vera quest’ultima ipotesi, dovrebbero affidargli una
rubrica assieme a Bruno Vespa che di recente ha invitato il cittadino Savoia,
chiamandolo altezza. Totò avrebbe risposto: un metro e 90.

Scritto il 18/06/06 alle 17:01 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


15/06/06
La solita Italia

La solita Italia è quella che emerge dall'inchiesta (oggi 15 giugno 2006) scritta
da Carlo Bonini e Giuseppe d'Avanzo per Repubblica, sullo scandalo del calcio:
«Aree infedeli delle istituzioni utilizzano la fuga di notizie per mutilare il lavoro
dei pubblici ministeri confidando nell'ansiosa competizione dei media».
Un «lavoro di scasso», insomma, che ha raggiunto il suo effetto: la mancata
carcerazione degli indagati, in questo «"vietnam" politico-giudiziario-
investigativo».

Scritto il 15/06/06 alle 15:59 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


11/06/06
Certi amici

Come quarant’anni fa dicevano in Cina, lunga vita al presidente. Nonostante le


pessimistiche previsioni di Eugenio Scalfari. Secondo cui il nuovo governo non
ha mano ferma, non ha un pensiero illuminato, il quadro è desolante, il
consenso popolare in calo. Ma Prodi è un uomo fortunato, e Scalfari questo
non lo vuole ammettere. A Santa Margherita Ligure al convegno dei giovani
imprenditori l’incontro fra D’Alema e Fini ha fotografato lo scenario prossimo
futuro. Non è un oroscopo, ma il calendario delle scadenze. Come per i
surgelati. Fra due anni Montezemolo lascia Confindustria. Intanto Berlusconi si
scalda in panchina. Entrerà al suo posto. Fini potrà guidare così la coalizione di
Centro-destra pensando alle elezioni del 2011, alle quali arrivare come
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 556
candidato per palazzo Chigi. Nel frattempo i cinque anni di legislatura avranno
reso Prodi contento e cotto al punto da lasciar mano libera a D’Alema. Che
finora per il bene della coalizione si è sacrificato rinunciando a presidenza del
Senato e della Repubblica. Ma che alla fine non andrà in esilio in un’isola
deserta del Pacifico indossando un serafico saio.
A Santa Margherita (nel senso di località ligure), Fini ha confidato: «Ho 54
anni. Sembra che a 50 in politica non si sia ancora maturi per assumere delle
responsabilità». I giovani (ha aggiunto, sottintendendo i «non decrepiti») sono
esclusi dal potere. A 59 anni nel 2011 spera di esser considerato pronto per la
scalata alla presidenza del Consiglio. Allora, come si vede, il duello non sarà
più tra Prodi e Berlusconi ma tra D’Alema e Fini, tenuti ora a frollare in una
sotterranea alleanza fra il Professore ed il capo di Alleanza Nazionale che
mirano soltanto a liberarsi del Cavaliere. Il quale, intervenendo sabato 10 allo
spettacolo della scuola di ballo della sorella Maria Antonietta, ha confidato di
essere stanco perché la vita dell’oppositore è troppo dura.
Scalfari ha elencato le risse di bottega del governo Prodi: spinte centrifughe,
gara alla visibilità, corsa agli incarichi. Ma succede anche altrove. La Grande
Coalizione tedesca è piena di contraddizioni, cala nei sondaggi (come Prodi
pensa a nuove tasse). Non ha però l’on. Sergio De Gregorio (lista Di Pietro)
eletto contro gli accordi alla presidenza della commissione Difesa per evitare
che vi andasse una signora pacifista di 82 anni, Lidia Menapace. De Gregorio
ammette: ho amici nei servizi segreti, se è reato me lo dicano. Anzi, certi
amici aiutano.

Scritto il 11/06/06 alle 18:35 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


07/06/06
Dalle messe alle masse

Lore6

Scritto il 07/06/06 alle 19:22 in Attualità | Permalink | Commenti (0)


04/06/06
Cavalieri della Repubblica

Abbiamo festeggiato la sessantesima ricorrenza del 2 giugno 1946. Il dramma


dei giorni successivi è finito nel comodo dimenticatoio dei posteri che non
vogliono grane. Figurarsi, la televisione di Stato ha mobilitato Fabrizio Frizzi.
Alle 18 del 10 giugno 1946, i venti giudici della Cassazione rimandano ad altra
adunanza il giudizio definitivo sul referendum istituzionale del 2 giugno, cioè
la scelta tra monarchia e repubblica. Dal 12 sera il presidente del Consiglio
Alcide De Gasperi esercita «le funzioni» ma non i poteri di capo dello Stato. Il
13 il re Umberto II ha la buona idea di andarsene dall'Italia. La monarchia era
rimasta sepolta sotto le macerie della guerra voluta da Mussolini e
supinamente accettata da «Sciaboletta», Vittorio Emanuele III. Il giorno prima i
monarchici del Sud hanno fatto 11 morti. I dati definitivi del referendum
arrivano il 18 giugno. Per 453.506 voti vince la repubblica (quasi un milione e
mezzo quelli nulli). Indro Montanelli definisce «incolpevole» Umberto II. Non
so. Di certo inetto. Dette miglior prova sua moglie Maria José.
Un ascoltatore di Primapagina (Radiotre) ha detto che metà degli italiani ha
confuso il 2 giugno con il 4 novembre. Ha ragione. Le sfilate armate ai Fori
imperiali non possono recuperare sofferenze, tensioni e sogni di quei giorni. E
rappresentare il senso della Repubblica e della Costituzione. Ho un bisnonno
di Treviso che combatté nel Risorgimento da ufficiale. Quindi, nulla di
personale con la categoria militare. Anche sul 4 novembre ci sarebbe qualcosa
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 557
da dire. La festa della Vittoria è stata trasformata per motivi europeistici in
quella delle forze armate. Ma pure per le forze armate occorrerebbe elencare i
dolori a cui furono mandate incontro per colpa degli alti comandi nel 1915-18,
della storia dell'armistizio fatto in segreto e poi annunciato dai vecchi nemici e
nuovi alleati la sera dell'8 settembre 1943 e della fuga del re da Roma il 9.
L'ora delle indecisioni era suonata.
Un'altra cosa non capisco. Nella Repubblica fondata sul lavoro, il 2 giugno si
fanno cavalieri e grand'ufficiali un'infinità di persone che spesso altro titolo
non hanno se non l'amicizia con questo o quel politico di turno. Non ricordo di
aver visto mai decorato un lavoratore ammalatosi in fabbrica perché non
erano state rispettate le leggi di tutela della salute. O deceduto per quelle che
una volta si chiamavano le «morti bianche», ovvero incidenti sul lavoro.

Scritto il 04/06/06 alle 16:42 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)

30/05/06
Rimini, il voto

Il voto amministrativo di Rimini ha una clamorosa sorpresa.


Forza Italia passa da 25.335 voti a 12.128 (-52,13%). Qualcosa (+16,26) va ad
AN che sale da 8.691 a 10.113.
Il Centro-Destra era senza un candidato storico, al contrario del Centro-Sinistra
che ha rieletto il sindaco uscente Alberto Ravaioli.
Il candidato improvvisatosi all'ultimo momento, succedeva ad un altro
gettatosi nella mischia e poi fermato.
Ufficialmente dal cuore (problemi di salute), ma immaginiamo anche dal
«portafoglio»: lui gridava troppo forte un «sogno» nuovo che avrebbe rovinato
molti affari in corso.
Con la vecchia amministrazione, il Centro-Destra non se l'è passata poi così
male.
Due assessori dimessi (defenestrati) per la questione del troppo cemento non
sono episodi da nulla.
Tutto ciò faceva prevedere non il ballottaggio per Ravaioli, ma addirittura la
sua sconfitta al primo turno.
Invece. Per la serie: l'orco non è poi brutto come lo si dipinge.
Antonio Montanari

Scritto il 30/05/06 alle 12:19 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


28/05/06
Il marcio su Roma

Su 10 elettori del Centro-sinistra 3 sono stati convinti da Prodi e gli altri 7 da


Berlusconi.

La nostra finta notizia era destinata a restare segreta soltanto perché


corrisponde ad una verità di fatto sgradevole ma inconfutabile. Al contrario di
altre invenzioni che circolano liberamente per confondere le menti. Parola di
Barbara Palombelli. La sua rubrica nel settimanale illustrato del «Corriere della
Sera» del 25 maggio inizia così: «Esistono due categorie di persone: i
calunniati e i risparmiati. [...] Nel mondo del giornalismo, le due tribù sono
visibili, si potrebbero fare nomi e cognomi». Il suo divertente elenco è troppo
lungo da riportare. Ricordiamo soltanto il «grande direttore» che ha sempre
obbedito ai poteri forti e che «oggi passa per giustiziere dalla parte dei deboli
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 558
e c'è pure chi ci crede». Arriviamo alla conclusione: «Iscritta da anni alla
categoria dei calunniati, frequento avvocati e tribunali da tempo
immemorabile».

Un'altra giornalista, Elena Polidori, ha pubblicato il libro «Via Nazionale.


Splendori e miserie della Banca d'Italia». Lei pure parla di due calunniati
speciali. Nel 1979 il governatore Paolo Baffi è incriminato, il suo vice Mario
Sarcinelli arrestato. Dietro ci sono le «implicazioni politiche» che mirano a
salvare il bancarottiere mafioso Michele Sindona. Sono gli anni in cui è ucciso
il liquidatore della fallita Banca Privata Italiana di Sindona, Giorgio Ambrosoli,
avvocato «rigoroso ed onesto» (I. Montanelli). Per leggere nomi e cognomi di
chi macchinò contro Baffi e Sarcinelli, rimandiamo al volume. C'è un senatore
a vita vivente.

Giuliano Ferrara in tv ha proposto a Massimo D'Alema di mettere per iscritto


una promessa, una specie di salvacondotto a Berlusconi per svolgere libere e
pacifiche manifestazioni di protesta nelle piazze. Eugenio Scalfari su
«Repubblica» ha osservato che «il comune senso del pudore ha fatto fagotto».
Perché scandalizzarsi? Ferrara interpreta l'eterno sogno politico della Grande
Borghesia italiana: fare la rivoluzione con il permesso del Signor Questore. Il
Cavalier Berlusconi non marcerà su Roma. C'è già. Un suo fervido sostenitore,
Angelo Panebianco («Corsera»), gli ha rimproverato di illudersi con il «giocare
allo scontro frontale», e di non sapere fare l'opposizione favorendo così il
governo. La prossima volta 9 elettori di Prodi su 10 saranno convinti da
Berlusconi. Un piccolo sforzo del Cavaliere e si arriverà a 10 su 10.

Scritto il 28/05/06 alle 16:07 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


25/05/06
Riviera «nera»

La Riviera «nera», tra cronaca e romanzo


Un delitto vero ed una storia inventata

Fuori stagione. Il dato di cronaca legato ad una vicenda vera, l'omicidio di Elio
Morri sul lungomare sud di Rimini, è anche il titolo di un romanzo annunciato
su Internet nelle stesse ore in cui le agenzie di stampa battevano la notizia del
delitto riminese. E ancor più strana coincidenza, in «Fuori stagione», opera del
giornalista Enrico Franceschini, si parla di un fatto di «nera». Ambientato sulla
nostra costa, in un luogo di fantasia ma ben localizzato «fra Rimini e Pesaro».
Il solito inverno, i consueti alberghi chiusi, l'immancabile «Caffè dei Marinai»
dove si gioca, si beve, si spettegola. Il protagonista è Quinto Baldini. Reduce
dall'Africa dove ha fatto i soldi con riciclaggio di immondizia, traffico di avorio,
distillerie di alcolici. Trasferito il capitale in Italia, ha avuto giorni neri per il
fallimento delle sue attività. Si è salvata soltanto l'abitazione dove Baldini sta
con moglie e figlia.
Dice una scheda del romanzo (presentato la settimana scorsa a Bologna,
Milano e Roma): «Sullo sfondo della vicenda di Quinto Baldini, si delinea un
quadro squallido e spietato della provincia italiana». Questa benedetta
provincia che, secondo i punti di vista, è luogo di salvezza o di perdizione di
tutto: dall'anima al portafoglio.
Anche per il delitto Morri se ne è discusso. Un inviato che se n'intende perché
è di Bologna, Jenner Meletti, su «Repubblica» ha scritto: «Rimini è sempre
stata una periferia d'Italia». E noi, illusi, che ci credevamo di essere una (se
non «la») capitale del turismo europeo.
Franceschini, nato a Bologna nel 1956, lavora a «Repubblica» come
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 559
corrispondente dall'estero: per otto anni è stato a Mosca, poi a New York, a
Washington ed attualmente si trova a Gerusalemme. Nel 1994 ha ricevuto il
Premio Europa per il suo reportage sulla rivolta armata nelle strade di Mosca.
Tra i suoi libri troviamo «I padroni dell'universo. L'America dei nuovi
persuasori occulti» (1990), «La rivoluzione di Boris (1991), «Wall Street: la
borsa e la vita (1988), «La donna della Piazza Rossa» (1996), «Russia.
Istruzioni per l'uso» (1998).
Antonio Montanari

Scritto il 25/05/06 alle 12:13 in Attualità | Permalink | Commenti (0)


23/05/06
Donne al governo

Le donne, i senator, l'ira e i furori io leggo, che furono al tempo che passò il
Prodi di sopra al Colle a nominar ministri.
Erano tante le signore attese per il giuramento del nuovo governo. Molte le
promesse fatte, poche quelle mantenute. La questione femminile in
Parlamento si è svolta in tre tempi. Prima con le quote rosa, la riserva indiana
in cui salvaguardare la dignità politica dell'altra metà del cielo. Poi la certezza
che era meglio concedere qualcosa piuttosto che fare conquistare alle donne
una posizione istituzionalmente garantita. Infine lo scherzo: soltanto sei donne
al governo, ovvero il 24% degli incarichi assegnati contro il tanto sbandierato
33. Il primo a sentirsi umiliato è stato Prodi. Si aspettava di più. Era stata sua
la promessa del terzo del potere. Ha dato la colpa ai partiti: non hanno fatto
proposte. D'accordo è stata Livia Turco, una delle prescelte e soprattutto
fortunata perché andata ad un dicastero, quello della Salute, con portafoglio.
Del quale sono invece prive le altre sue cinque colleghe.
Una notizia inedita. Era stato progettato anche il Ministero per le ministre, da
affidare ad un uomo per rispettare gli equilibri del manuale Cencelli. I
segretari dei partiti della coalizione si basavano sull'analogia con il ministero
delle politiche della famiglia, attribuito ad una nubile, Rosy Bindi. Allo stesso
modo, hanno pensato, possiamo attribuire ad un maschietto la guida delle
politiche ministeriali che riguarda le femminucce. Le colleghe dei partiti per
vendicarsi avevano avanzato una contro-richiesta, un ministero per i ministri
maschi da affidare ad una esponente del gentil sesso. Non è piaciuta la parità
costituzionale. Si è detto: le donne comandano in casa e non al governo, come
la vicenda conferma.
In Gran Bretagna sono 6 le ministre sul totale di 11, in Spagna 8 su 16, in
Svezia 11 su 22. La Germania ha un primo ministro, Angela Merkel, tanto forte
da poter mettere una tassa sui ricchi ed aumentare l'Iva. La sua Grande
coalizione era stata proposta dalla nostra Destra anche per l'Italia: adesso non
piace più. Qui una signorina dotata di brio intellettuale, Barbara Berlusconi,
critica le tv di famiglia scatenando un maschilismo rabbioso. Maurizio
Costanzo l'ha chiamata giovinetta con la scienza infusa. Il pubblico le dà
ragione: un programma con i comici degli anni 80 è fallito. Adesso i politici
capiscano che non sono sorpassati soltanto i comici degli anni 80.

Scritto il 23/05/06 alle 10:45 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


17/05/06
Un delitto a Rimini

Conoscevo il 'ragazzo' ucciso qui a Rimini: 33 anni fa era stato mio alunno in
prima e seconda Ragioneria.
Era molto studioso. Si era avviato verso la riflessione filosofico-teologica.
Leggeva sempre. Lo incontravo in libreria tra gli scaffali dedicati a questi temi.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 560
L'obesità era conseguente al suo essersi fatto prendere da un'attenzione
particolare (non dico fissazione) verso il fatto religioso. Non sarebbe mai stato
capace di far male ad una mosca. Il problema per me era più serio di quello
della semplice obesità. Vestiva come una specie di frate. Guardate la foto
d'agenzia, per averne conferma.
La notizia della sua uccisione mi ha profondamente addolorato. Era delicato e
gentile. Sospetto che fosse incapace di realizzare una relazione con una
donna, a proposito di quanto detto circa il trauma provocato dalla scomparsa
di una sua amica.
L'ipotesi della rapina non sta in piedi. Al massimo poteva avere in tasca cinque
euro. Lasciamolo nel mistero di una notte tragica, in mezzo ai tanti fantasmi di
questa città ricca (dati Sole-24 Ore) ma piena di 'probleni', e di tanti giri strani.
E di gente che ha bontà d'animo come lui e che finisce per 'straniarsi' per quei
labirinti che sono nelle nostre menti.
Si diceva una volta: che la terra ti sia leggera. Lo auguro anche a te, vecchio
ragazzo della mia vecchia classe di 33 anni fa..

Scritto il 17/05/06 alle 18:45 in Attualità | Permalink | Commenti (0)


12/05/06
Quando Mariù Pascoli nel 1938 scrive al duce

Per aiutare amici ebraici inventa uno Zvanì razzista

Il 21 ottobre 1938, anno XVI E. F., Maria Pascoli scrive a Benito Mussolini:
«Duce! Esaudite questa mia preghiera per amore degli esseri che vi sono più
cari». La sorella del poeta di San Mauro invoca: «Includete nella categoria
degli ebrei privilegiati la famiglia di Angiolo Orvieto di Firenze…». Angiolo
Orvieto (1869-1968) era un intellettuale e poeta che un anno prima aveva
pubblicato un volume su «Pascoli e i suoi amici ai tempi della ‘Vita Nuova’», la
quale era una rivista (1889-91) antipositivista alla cui fondazione Orvieto
aveva partecipato, ed alla quale avevano collaborato Zvanì e D’Annunzio.
Aggiunge Maria Pascoli: «Fate, Duce, questa grazia anche pensando che
Angiolo era molto amico del mio Giovannino e del Pistelli i quali, se oggi
fossero qui – pur non essendo affatto teneri per la razza ebraica –
intercederebbero per lui». Il padre scolopio Ermenegildo Pestelli (1862-1927)
fu filologo famoso per studi e ricerche di papiri in Egitto.
L’epistola di Mariù, ritrovata dalla storica Paola Frandini, è stata pubblicata,
per concessione dell’Archivio di Stato, dal «Corriere della sera» (11 marzo
2006) a corredo di un articolo di Paolo Fallai che nel sottotitolo riassume
l’argomento: «Lettere disperate a Mussolini all’epoca delle leggi razziali».
Dunque, secondo Mariù, Giovannino non fu «tenero» verso la «razza ebraica».
Lei, la sorella di un socialista (ha scritto nel 2005 Maria Santini in «Candida
soror», p. 272), da «tipica borghese del suo tempo, non particolarmente acuta
o portata al sociale», finì tra i sostenitori acritici del fascismo da cui «ottenne
molti favori». Forse (anzi, indubbiamente) nel messaggio di Mariù al duce c’è
soltanto il tentativo (rivelatosi poi vano) di catturarne la benevolenza a fin di
bene e senza andare troppo per il sottile, anzi tradendo la verità storica che
risulta da testi di eminenti studiosi. Ne citiamo due, presenti nel volume
sammaurese curato da G. M. Gori su «Pascoli socialista» (2003).
Marino Biondi osserva che Pascoli ha una posizione politica che ritiene
necessario il dialogo pietoso, la supremazia dell’amore e del cuore al posto
della coercizione e della guerra (p. 116). Renato Barilli spiega che in Pascoli la
Bibbia degli Ebrei e dei Cristiani fu superiore all’insegnamento morale laico di
Socrate, Platone, Orazio e Virgilio perché predicò la fratellanza universale (p.
164).
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 561
Mariù e Benito Mussolini si erano incontrati il 21 settembre 1924 a Rimini e nel
maggio 1930 a Castelvecchio. A Rimini quel giorno il poeta fu commemorato
da Alfredo Panzini. Per l’occasione in un periodico locale apparve un retorico
articolo di don Domenico Garattoni che arruolava Zvanì tra i precursori del
fascismo. In quel 1924 il 10 giugno era stato rapito Giacomo Matteotti, il cui
cadavere fu ritrovato il 16 agosto.
La lettera di Maria Pascoli, come ho anticipato, non produsse alcun effetto.
Scrive Fallai che le fu inviata una «sprezzante risposta», ovvero che l’esame
della famiglia Orvieto era già stato «devoluto all’apposita commissione».

Antonio Montanari

Scritto il 12/05/06 alle 18:46 in Cultura e società | Permalink


10/05/06
Napolitano e l'ingorgo

Con gioia esplosiva Cesara Buonamici lunedì 8 maggio alle 20 annunzia dal
Tg5 che per il Quirinale anche il Centro-destra ha scelto Giorgio Napolitano. La
fonte è il suo direttore Carlo Rossella. La smentita viene dai fatti. La sera dopo
al direttore del Tg1 l'on. Fini confida: «Caro Mimun, chissà come sarà
arrabbiato Rossella per quella notizia che gli ha dato il suo principale...
informatore». Il velenoso rovesciamento grammaticale dell’aggettivo
«principale» in sostantivo abbassa Rossella al rango di voce del padrone.
La vicenda della presidenza della Repubblica si è svolta nella particolare
congiuntura dell’ingorgo istituzionale con elezioni politiche, formazione del
governo, prossimo referendum per le riforme costituzionali che riguardano
pure le funzioni dello stesso capo dello Stato. Le urne d’aprile hanno dato una
maggioranza (per quanto invisibile) all’opposizione con la riforma elettorale
voluta per sé dal Centro-destra. Ciampi ha imposto la scelta del successore
prima della formazione del governo, rinunciando alle lusinghe del secondo
mandato. La sua riconferma e magari la nomina di Prodi prima del voto per il
Quirinale avrebbe confusamente accontentato tutti. Il conclamato trionfo dei
moderati ad aprile ha portato Bertinotti a presiedere la Camera e Napolitano
sul Colle. Lo spostamento a Sinistra (confermato timidamente con Marini al
Senato) crea per il governo una situazione matematica anomala. D’Alema
piaceva a rametti del Centro-destra (Feltri, Ferrara…) soprattutto come burla e
tranello per Prodi. Il quale ripensando ad otto anni fa è restato soddisfatto
dell’accantonamento di D’Alema grazie a Rutelli, Boselli, Fini e Casini.
Napolitano ripropone la storia di un partito che dal credo stalinista è passato a
quello dei riformisti, un tempo vituperati e bollati come «fascisti» dalle
Botteghe (non per nulla) Oscure. È una storia però non conclusa se i Ds per il
Colle non hanno accettato Giuliano Amato che è vicepresidente del gruppo
socialista europeo di cui essi stessi fanno parte. «Dal Pci al socialismo
europeo» non a caso è il titolo dell’autobiografia di Napolitano.
Il problema del riformismo sarà sul tavolo ancora per anni, tra le astuzie
logiche di Bertinotti (fascinoso leader da salotto), la sconfitta di Fassino
(grande elettore di D’Alema), le ire di Berlusconi contro Casini e Fini, e le sue
promesse rivoluzionare di non pagare le tasse con un comunista sul Colle.

Scritto il 10/05/06 alle 14:00 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


01/05/06
Galbraith non abita qui

Il suo ultimo libro (2004) s’intitola «L’economia delle truffe»: analizza i grandi
scandali finanziari americani. Potrebbe avere un’appendice italiana. L’autore,
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 562
John Kennet Galbraith, è scomparso a 97 anni. Ne ha dedicati 70
all’insegnamento. Il suo volume più celebre per quelli della mia generazione e
soprattutto per i non specialisti come il sottoscritto, è del 1958: «La società
opulenta». Vi denuncia i danni prodotti dalle ricchezze individuali che
aumentano la distanza tra il potere di pochi ed i bisogni di tutti. Sei anni
prima, con un saggio sul capitalismo americano, aveva sostenuto: i sindacati
sono necessari per controbilanciare i gruppi economici predominanti.

La società opulenta, pensava Galbraith, non trasforma in virtù sociali i vizi


individuali della cupidigia e dell’avarizia. Per lui il libero mercato non
garantisce il migliore dei mondi possibili. Non era marxista ma «liberal», come
dicono in America. Era consapevole (lo spiegava con calcolata ironia) che nel
capitalismo l’uomo sfrutta l’uomo, e che nel socialismo avviene il contrario. Un
antico politico del Pci forse lo imitava sostenendo che il comunismo è il
capitalismo gestito dai comunisti.
Usava formule di «irriguardosa deferenza», ha scritto Giorgio Ruffolo su
«Repubblica» (primo maggio 2006), quelle che mandano più in bestia la
gente. Seguiva l’orma del padre che quando teneva comizi in campagna saliva
sul deposito di letame di una fattoria e si scusava di parlare «dalla piattaforma
dei conservatori». I quali ricambiavano le cortesie. Una gran dama fingendo di
non riconoscerlo gli disse che lui portava un nome somigliante a quel figlio di
puttana che lavorava per J. F. Kennedy.

Lo Stato per Galbraith doveva ridistribuire le ricchezze ed alleggerire le


ingiustizie. Idee che in Italia il presidente-operaio Berlusconi avrebbe definito
comuniste. Per Galbraith l’interesse pubblico deve prevalere su quelli
particolari, affidandosi al gioco della politica e non a quello degli egoismi.
Ed in politica (cito ancora Ruffolo) occorre affidarsi ad un leader che «deve
cercare il consenso non abbassandosi agli umori istintuali della massa, ma
suscitando in quella il bisogno di ideali». Un siffatto leader democratico non è
amato perché è come noi, ma perché è migliore di noi.
In America dici «liberal» e sai cos’è. In Italia ci sono quelli di destra, centro-
destra, centro, centro-sinistra, sinistra. Sono uniti dal sistema. Cioè dal
desiderio comune di essere sistemati.

Scritto il 01/05/06 alle 16:53 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)

30/04/06
Barbara Spinelli sul Colle

Candidiamo Barbara Spinelli per il Quirinale

E adesso dobbiamo pensare seriamente alla Politica. L’elezione di Franco


Marini al Senato lascia un’ombra d’inquietudine. Per arrivare alla conclusione,
hanno dovuto escogitare il sistema delle schede «segnate». Violato il segreto
dell’urna. L’elezione potrebbe essere invalidata. Testuale citazione dai giornali
di oggi 30 aprile 2006 (ad esempio, vedi «Repubblica» pagina 10): i senatori di
Ds e Rifondazione hanno scritto «Franco Marini», quelli della Margherita
«Senatore Franco Marini», quelli dell’Udr «Franco senatore Marini», e l’Italia
dei valori aveva da indicare l’ultima formula «Marini Franco».
Clemente Mastella ha dichiarato al «Corriere della Sera»: la congiura delle
schede con «Francesco Marini» è stata una mia idea, ma poi a tradire sono
stati quelli della Margherita, non la facciano lunga altrimenti dico i nomi.
Sulla «Stampa» il fondo consueto domenicale di Barbara Spinelli ammonisce,
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 563
a proposito di tutto ciò: «I miasmi delle ultime ore converrà tenerseli accanto
come ammonimenti», ricordando il contributo di Giulio Andreotti
all’inquinamento del clima politico in questi giorni.
Pensando al Quirinale, e leggendo il suo articolo, ci passa per la mente l’idea
di proporre Barbara Spinelli come candidata dell’Unione al Quirinale. Lontana
da quei giochi nascosti e dai miasmi politici che denuncia ed analizza
impietosamente (non soltanto oggi, ma da sempre), lei pare l’unica persona
credibile per l’altissima carica da cui si dovrà offrire la Paese la garanzia di
una trasparente indipendenza, di una solida autonomia di giudizio, di una
correttezza di analisi che sono fondamentali in un momento confuso come
quello che stiamo attraversando. Quindi candidiamo Barbara Spinelli al
Quirinale.
Antonio Montanari

Scritto il 30/04/06 alle 15:47 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


26/04/06
Cretini in corteo a Milano

Un cretino isolato merita compassione, due cretini assieme possono consolarsi


tra loro, tre costituiscono già una specie di associazione a delinquere. Se poi
arriviamo al corteo di cretini, Dio ce ne scampi e liberi, come hanno
dimostrato quelli di Milano che hanno contestato la signora Letizia Brichetto
Moratti, attuale ministro della Pubblica Istruzione, mentre sfilava per il 25
aprile accompagnando il padre, Paolo Brichetto Arnaboldi, un partigiano
decorato con due medaglie, una d’argento e l’altra di bronzo, ed internato a
Dachau. Poi quei cretini hanno bruciato una bandiera d’Israele: infatti
sfilavano anche alcuni rappresentanti della brigata ebraica che hanno
combattuto tra le truppe inglesi nella campagna d’Italia, contribuendo alla
liberazione del nostro Paese dai nazi-fascisti.

Il neo deputato di Rifondazione onorevole Francesco Caruso ha tirato in ballo


Sandro Pertini per quel suo motto «Libero fischio in libero Stato» che il giovine
ha riproposto come giustificazioni per le grida dirette al ministro. Pertini non
può rispondere, ma immaginiamo che se potesse farlo ricorrerebbe ad un
sostanzioso turpiloquio rivolgendosi direttamente all’onorevole collega Caruso.
I cretini non sono mai adulti. Gli adulti vaccinati possono invece chiedere alla
signora Letizia Brichetto Moratti nella sua veste di esponente politico della
maggioranza, dove abbia trovato i due milioni di voti che lei assicura di aver
contato in più rispetto ai concorrenti che hanno vinto le elezioni: lo ha detto
dialogando con la signora Bignardi in una delle «interviste barbariche» su La7.
La signora Brichetto Moratti che sfila a Milano spingendo la carrozzella su cui
siede suo padre, ha il diritto del massimo rispetto, anche se è candidata a
sindaco della sua città.

Stiamo tornando indietro ad una situazione di trent’anni fa quando in una


assemblea il gesto di chiedere la parola veniva accusato da qualche spiritoso
barbuto come espressione di saluto romano. In questi trent’anni molti che
usavano il pugno chiuso adesso sono lì a godersela con quelli che rimpiangono
il saluto romano, ed hanno nostalgie passatiste senza consapevolezza della
Storia.
Credo che una lezione di civiltà possa essere impartita a tutti da una donna
dal cognome celebre: Barbara Berlusconi, sempre in una «intervista
barbarica» con la signora Bignardi, ha espresso le sue opinioni in tono
oscillante tra il timido e riservato (giustamente, quando si parlava di suo
padre) ed anche una ben precisa consapevolezza quando si parlava delle
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 564
trasmissioni televisive che quelli di casa sua (fratello e sorella) mandano in
onda e che lei non approva. Se i meriti dei figli non possono diventare pregi
dei padri come per la signorina Barbara, nello stesso modo gli errori dei figli
(nella fattispecie la signora Brichetto Moratti) non possono permettere
l’oltraggio ai padri come avvenuto al corteo milanese del 25 aprile. Altrimenti
c’è una barbarie politica che non è quella ironica delle interviste della signora
Bignardi. E che purtroppo è già stata sperimentata in tutte le sue forme nel
secolo scorso.

Scritto il 26/04/06 alle 14:50 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


10/04/06
Ospite della Stampa Web

Questo mio blog è ospitato oggi da Anna Masera su Stampa web con il
commento «Qui Parigi».

Quipagiristampa

Vedi anche qui: www.webalice.it/antoniomontanari1

Scritto il 10/04/06 alle 17:11 in Internet e media | Permalink | Commenti (0)


09/04/06
Per caso

Se uno che appare in televisione dicendosi pronto ad organizzare una festa


per la liberazione del piccolo ostaggio, è considerato poi un presunto autore
dell'omicidio della stessa creatura, allora ovviamente sui giornali si cerca di
ragionarci sopra. Non si pensa che la televisione farebbe bene a non dare
spettacolo con il dolore di ogni giorno fingendo contrizione ma mirando
soltanto agli ascolti e quindi ad incassare pubblicità e ad incrementare gli utili
di bilancio. No, si cerca di andare più a fondo nei segreti dell'animo umano, e
si leggono righe bellissime sul tipo: nel nostro mondo «che idolatra la
mediocrità» per alcuni è più facile «recitare le loro menzogne con una gelida
indifferenza».

Così Bruno Ventavoli ha scritto sotto il titolo «L'arte perversa del dissimulare»,
ammucchiando anche richiami storici che lo hanno portato, in una successiva
pagina intera sullo stesso quotidiano «La Stampa», ad affrontare un
approfondimento in cui alla fine al lettore meno preparato non pareva
differente il presunto omicida dei nostri giorni da qualche scrittore del passato
che aveva invece affrontato il tema con intenzioni diverse da quelle che un
qualsiasi assassino potrebbe assumere per guida al proprio agire. Onde
suggerire che le cose sono leggermente più complesse, basterebbe
aggiungere che nelle prose scientifiche del Seicento, stante la condanna di
Galileo, si ricorse al «vero in maschera» (come dice il titolo di un libro di
Emanuele Zinato) per evitare le censure. Oppure che esiste una
«dissimulazione romanzesca», altro titolo di un fondamentale saggio di Ezio
Raimondi sul romanzo di Alessandro Manzoni, dove di spiega che la parola
dissimulazione in epoca barocca voleva indicare il «dire in poche parole molte
cose».

Nella nostra epoca invece si dicono con molte parole poche cose, oltretutto
prendendo lucciole per lanterne. In un passo del libro di Raimondi si ricorda la
scena di Renzo che afferma: «La bocca l'abbiamo anche noi, sia per mangiare,
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 565
sia per dire la nostra ragione». Commenta Raimondi: «Scegliere la strada
dell'ironia, ha osservato qualcuno, vuol dire cercare la giustizia». L'umanità si
è sempre chiesta se le era concesso di mangiare, a quanti era lecito di dir la
propria ragione, e pure se la strada dell'ironia era aperta o meno, anche se
non soprattutto per «cercare la giustizia». Non ricordavo più la citazione di
Raimondi, l'ho ritrovata prima di mettermi al computer. Per caso, si suol dire.

Post scriptum. Anche questo post potrebbe essere un esempio di


dissimulazione... politica.

Scritto il 09/04/06 alle 16:25 in Politica e attualità | Permalink


02/04/06
Qui Parigi

In Francia durante una manifestazione studentesca contro il «Cpe» (contratto


di primo impiego), è apparsa ad un semaforo di Bordeaux una ragazza vestita
come la Marianna dipinta nel 1830 da Eugène Delacrois in un quadro famoso
intitolato «La libertà che guida il popolo». Marianna è immagine della
Repubblica per un decreto del 1792. Questa ragazza del 2006 che raccoglie
nel suo abbigliamento ben 214 anni di Storia, si chiama Florence. Anche lei
come la Marianna del 1830 (quando le tre giornate di luglio posero fine al
potere assoluto di Carlo decimo), aveva in mano il tricolore. Consapevole di
che cosa la sua presenza significasse, Florence ha detto: «La Marianna è da
sempre il simbolo del popolo francese, dalla rivoluzione del 1789 alla
liberazione di Parigi dai nazisti».
Le proteste contro il «Cpe» sono nate per iniziativa di un altro giovane di cui,
come per Florence, conosciamo soltanto il nome: si tratta di Simon,
ventiquattro anni, figlio di un allevatore di mucche e di una libraia che gestiva
il negozio in un piccolo villaggio, l'unico del genere in un raggio di cento
chilometri, come ha raccontato Anais Ginori su «Repubblica» di domenica 2
aprile 2006. Laureato in Scienze politiche nel 2002, due anni dopo Simon ha
conseguito un master in Storia europea. Parla tre lingue. Lavora in un call
center con contratti (rinnovabili) di cinque giorni. Suo nonno gli ha spedito i
soldi per comprarsi un vestito nuovo. Se tutto va bene, guadagna 800 euro al
mese. Vive in un monolocale di diciotto metri quadri con un amico, 280 euro
d'affitto in due al mese, ovviamente in nero, e grazie ad un giro di amicizie.
«Nessun proprietario di case fa contratti con gente come noi», sostiene: «E se
hai bisogno di soldi nessuna banca ti farà mai credito. Te l'ho detto siamo
invisibili». Stare in una periferia (in quelle banlieue che hanno preso fuoco sul
finire dello scorso anno) fa spendere molto di più per i mezzi di trasporto.
Un'altra sua definizione: siamo la generazione dei lavoratori-kleenex, dal
nome dei fazzoletti di carta, ovvero «usa e getta». Spiega: non facciamo un
nuovo Sessantotto, siamo messi peggio dei nostri genitori anche se oggi come
allora la classe dirigente «è completamente staccata dalla realtà e ci
disprezza». Li accusano di difendere vecchi privilegi e di essere quindi dei
conservatori. Simon nega e pensa di emigrare. Intanto arriveranno altri
immigrati nelle banlieue, con altri problemi.

Scritto il 02/04/06 alle 16:22 in Politica e attualità | Permalink

29/03/06
Nuova biblioteca universitaria

A San Francesco, la nuova biblioteca universitaria di Rimini. Ritorno all'antico:


nel 1400 vi fu quella dei Malatesti, la prima pubblica d'Italia
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 566

L'antico convento di San Francesco a Rimini, a fianco del Tempio


malatestiano, diventerà la Biblioteca Universitaria di Rimini (BUR,
immaginiamo...). È un ritorno alle origini. In quei locali confluirono non
soltanto i libri dei frati. Il progetto di costituire una biblioteca aperta la
pubblico e utile soprattutto agli studenti poveri, è testimoniato nel 1430 per
iniziativa di Galeotto Roberto Malatesti che segue una intenzione dello zio
Carlo (morto l'anno prima). Sigismondo, lo «splendido» Sigismondo (così lo
chiama Maria Bellonci), arricchisce la biblioteca con «moltissimi volumi di libri
sacri e profani, e di tutte le migliori discipline». Così testimonia Roberto
Valturio (che alla stessa biblioteca lascia i suoi volumi). Sono testi latini, greci,
ebraici, caldei ed arabi che restano quali tracce del progetto di Sigismondo per
diffondere una conoscenza aperta all’ascolto di tutte le voci, da Aristotele a
Cicerone, da Aulo Gellio al Lucrezio del «De rerum natura», da Seneca a
sant’Agostino, sino a Diogene Laerzio ed alle sue «Vitae» degli antichi filosofi.
Una biblioteca di famiglia dei Malatesti nel XIV secolo è attestata da una
lettera di Francesco Petrarca a Pandolfo («Seniles», XIII, 10). Anche il
giureconsulto Rainero Meliorati lascia (1499) i propri testi ai frati di Rimini,
mentre vanno (1474) a quelli di Cesena le opere possedute dal medico
riminese Giovanni Di Marco (come ringraziamento per un vitalizio ricevuto dal
signore di quella città, da lui curato).
Una iscrizione del 1490 (e non 1420 come precisa Antonio Bianchi, 1784-1840,
da cui attingiamo queste notizie), ricorda il trasferimento della biblioteca
francescana al piano superiore del convento da quello a terra «pregiudizievole
a materiali sì fatti» (Angelo Battaglini, 1794).
Nel secolo XVII, aggiunge Bianchi, «della preziosa libreria, che i Malatesti, per
conservarla ad utile pubblico, avevano dato in custodia ai frati di San
Francesco», restano soltanto 400 volumi per la maggior parte manoscritti.
Questo «rimasuglio» va perduto secondo monsignor Giacomo Villani (1605-
1690), perché quelle carte preziose finiscono in mano ai salumai («deinde in
manus salsamentariorum mea aetate pervenisse satis constat»). Federico
Sartoni (1730-86), come riferisce Luigi Tonini, sostiene invece che i frati
vendettero la libreria alla famiglia romana dei Cesi, alla quale appartengono i
fratelli Angelo (vescovo di Rimini dal 1627 al 1646) e Federico, fondatore
dell'Accademia dei Lincei nel 1603.
Nel convento di San Francesco nel 1923 fu trasferita dalla biblioteca
Gambalunga la galleria archeologica (che s'affiancava a materiale già
collocato nel 1908, scrive P. G. Pasini). Nel 1924 toccò alla pinacoteca. Nel
1938 fu aperto il nuovo museo archeologico ampliato nel 1938 con quello
medievale. L'ingresso era nel chiostro a sinistra del Tempio. A. Magini (1934)
in una guida della città spiega che alla pinacoteca si accedeva «per un ampio
salone settecentesco preceduto da un elegante atrio ad arcate».
Infine, va detto che se la biblioteca Gambalunga (1619) è la terza in Italia ad
essere pubblica dopo l’Ambrosiana di Milano (1609) e l’Angelica di Roma
(1614), a quella di Francescani e Malatesti del XV secolo spetterebbe il merito
di essere stata la prima in assoluto.
Antonio Montanari

Scritto il 29/03/06 alle 17:30 in Cultura e società | Permalink


26/03/06
Bartali

La domanda (in apparenza) inquietante resiste dal 1949. Nasce da una foto
sportiva, Tour de France: Bartali, Coppi ed una borraccia. L'anno prima Gino
Bartali aveva vinto la corsa arrivando a Parigi in maglia gialla, dopo averla
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 567
strappata dalle spalle di Louison Bobet. Dissero qui da noi che aveva salvato
la Patria in pericolo dopo l'attentato romano a Palmiro Togliatti da parte di
Antonio Pallante, uno studente universitario venticinquenne che si dichiarò
iscritto al partito liberale (comunicato Ansa del 14 luglio 1948, ore 13).
Seguirono incidenti in varie parti d'Italia con alcuni morti. La foto del 1949
mostra il passaggio d'una borraccia fra i due ciclisti. Ancor oggi i giornali
s'interrogano: chi la passò a chi? La risposta c'è già (da sempre) in un filmato
della «Settimana Incom» dello stesso Tour: Fausto Coppi invoca un aiuto dal
rivale che gli offre l'acqua per dissetarsi. Tutto qui.
Paolo Conte ha ricordato «quel naso triste da italiano allegro» che passava tra
i francesi che (censuriamo) s'adiravano. Allora come oggi, i francesi se la
prendono con noi: è accaduto a Bruxelles il 25 marzo. Pure qui c'è di mezzo
una foto che dice poco o nulla: il nostro presidente del Consiglio scherza
amichevolmente con il capo dello Stato francese Jacques Chirac. Due ore
dopo, chiuso il vertice europeo, Chirac «è esploso», come ha scritto il
corrispondente del giornale di Torino di proprietà della nota famiglia
sovversiva Agnelli: «In sette interminabili minuti di frasi avvelenate, di
allusioni e di toni forti», ha accusato in pratica l'Italia (a proposito dell'offerta
Enel sulla società Suez) di essere meno liberista della Francia.
Non possiamo dire, per rispettare la par condicio, se ha ragione l'Italia oppure
la Francia. Né possiamo onestamente celare il nostro pensiero: anche noi,
come Paolo Conte in quella canzone, stiamo ad aspettare Bartali con «quel
naso triste da italiano allegro». Ed aggiungiamo una postilla ricavandola da
una brevissima nota che lo stesso Conte ha pubblicato sulla «Stampa» in
prima pagina domenica 26 marzo 2006, in occasione dell'inizio del film
televisivo su Gino Bartali: per parlare «di esistenza umana» e non di sport,
Conte cercava allora «una di quelle facce italiane di gente normale a cavallo di
una bici», con «un bel nasone comune, nostrano, sincero». Anche noi, convinti
bartaliani di un tempo, ameremmo oggi vedere facce di gente normale a piedi
o in bici, con nasi sinceri.

Scritto il 26/03/06 alle 17:16 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


20/03/06
Ricordi di scuola

Memorie di scuola tra pubblico e privato a questo link.

Scritto il 20/03/06 alle 11:47 in Cultura e società | Permalink | Commenti (0)


19/03/06
Par condicio

Per par condicio espongo quanto segue. Si è parlato tanto di un malanno che
ha afflitto il presidente del Consiglio al quale invio molti auguri di guarigione
anche perché ogni tanto mi invia lettere affettuose ed opuscoli divertenti. Uno
suggeriva di pensare alla salute. Ho evitato per lo spavento subìto di leggere il
capitolo che mi riguarda (dove si parla degli anziani), appunto perché come
suggeriva il titolo stesso è meglio pensare alla salute piuttosto che alle
medicine, visto che queste ultime procurano più malattie della stessa
vecchiaia. Il secondo opuscolo, più recente, parla dell’innovazione digitale,
dove il ministro Lucio Stanca ha scritto una premessa che non spiega in che
cosa consista la stessa innovazione digitale. Credo che interessi mia moglie
che usa il ditale per attaccarmi i bottoni delle camicie e rammendarmi le
calze.

Vengo alla par condicio: pure io ho avuto la bua, il fuoco di Sant’Antonio, dal
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 568
costo di 140 euro per visita specialistica a mie spese e di oltre 120 per
farmaco antivirale a carico del ministro della Sanità, che poi adesso è lo stesso
signore che ogni tanto mi scrive, ma l’opuscolo sulla salute non l’ha compilato
lui perché l’avrebbe intitolato: non preoccuparti della salute che ci pensiamo
noi. Inoltre, alla par condicio si unisce un conflitto d’interessi tutto mio, perché
nel giorno in cui stavo male avevo due appuntamenti ai quali non volevo
partecipare per non trovarmi con persone alle quali risulto sgradito e che di
conseguenza mi sono leggermente antipatiche. Avevo pensato: non ci vado, e
dico che sto male mentre non è vero. Ecco, la fregatura è stata questa,
provocata psichicamente dal conflitto d’interessi: per dimostrare che era vero
che stavo male, mi sono ammalato davvero.

Il fatto forse non è stato creduto da chi non mi ha visto arrivare, ma a me non
interessa. In precedenza per evitare un brutto incontro avevo inventato un
viaggio. Dico che vado a Roma, spiegai a mia moglie, la quale mi suggerì di
fissare una mèta più vicina, diciamo Bologna. Dovevo presentare un mio
scritto, ma l’organizzatore aveva invitato anche un’altra persona che non
c’entrava nulla e che professionalmente non mi garba. Il fatto strano è che
quando l’organizzatore mi ha chiamato per la conferma, prima che gli dicessi
che sarei stato assente ed in viaggio per Bologna, lui mi avvertì che l’altra
persona era impossibilitata ad intervenire per mal di denti. Una perfetta par
condicio.

Scritto il 19/03/06 alle 16:38 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


12/03/06
Sanitari

Torna in mente la scenetta di oltre trent’anni fa con Cochi e Renato: «Bambini


assenti e presenti, facciamo l’appello». Lo facciamo anche noi guardando alle
liste elettorali del 9 aprile. Non alzano la mano tre personaggi finora illustri.
Mattia Feltri, giornalista geniale e figlio d’arte, sull’argomento ha scritto un
articolo intitolato «Trombatura ad personam», prendendo in prestito tre
caratteri del cinema spaghetti-western: il buono, il brutto e il cattivo, ovvero
Melchiorre Cirami, Giuseppe Gargani e Carlo Taormina, rispettivamente la
mente della riforma giudiziaria, l’ideatore della legge sul legittimo sospetto e
l’accusatore implacabile di ogni grado della magistratura inquirente o
giudicante. «Chi li ha visti?», potrebbe esser lo special da mandare in onda su
qualche tv, se la domanda non si trasformasse in una inquietante
constatazione: non c’è riconoscenza a questo mondo. Cancellare dal
parlamento l’avvocato Taormina significa consegnarlo prigioniero a Bruno
Vespa per ogni tipo di trasmissione di genere giudiziario, con le più dissonanti
variazioni sul tema, come è già accaduto: arrestate quella donna che ha
ucciso un figlio, liberate quella donna che avete condannato come omicida del
figlio.
L’epurazione si è allargata dalle liste politiche a quella delle amicizie. Il mitico
prof. Scapagnini, autore di una profezia forse improbabile che attribuiva al
Cavaliere la qualifica di «tecnicamente immortale», è stato declassato da
medico ufficiale (una specie di laico archiatra) a semplice amico. E soprattutto
Berlusconi ha tolto con crudeli parole a Scapagnini il merito da quest’ultimo
sbandierato d’aver preparato una sorta di filtro magico capace di meravigliosi
effetti sull’antico paziente. Il quale ora a due cronisti dell’Agenzia giornalistica
Italia ha detto che quell’elisir miracoloso non gli serve a nulla.
Se come insegnano gli scrittori latini, è dalle biografie dei personaggi che
possiamo ricavare alcuni tratti distintivi di un’epoca, non c’è da stare molto
allegri. Accantonato l’avvocato che in ogni dichiarazione ai telegiornali gettava
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 569
nel panico l’ascoltatore disinformato (dalla stessa televisione), il luminare
Scapagnini è stato declassato quando il capo del governo assumeva l’incarico
al ministero della Sanità per le dimissioni del titolare, colpito da infezione di
spionaggio presunto a danno della nipote del duce, che ha una laurea in
Medicina grazie a cui dice: adesso vi curo io. Berlusconi ne ha bisogno, soffre
di amnesie. A Lucia Annunziata (da lui definita «violenta» per una domanda
sulla Confindustria che lo ha fatto scappare) ha dichiarato d’aver «poca
possibilità di andare in tv», nella Rai «protesi della sinistra». Parole sanitarie.

Scritto il 12/03/06 alle 17:57 in Politica e attualità | Permalink


09/03/06
Vino, civiltà e dialogo

La prima globalizzazione è quella, antichissima, prodotta dalla viticoltura e


dall'enologia: lo spiega il prof. Mario Fregoni dell'Università Cattolica
(Piacenza) ad apertura di un libro molto interessante, «Religioni,
globalizzazione e culture del vino» di Mauro Manaresi (Clueb, Bologna), con
contributi storici di Mauro Perani, Giuseppe Scimé e Paolo Branca. «Il
confronto fra le diverse culture può iniziare anche da un semplice bicchiere di
vino», leggiamo nell'introduzione in cui saggiamente si conclude sostenendo
che deve esistere una «comprensione reciproca e il diritto/dovere di
condividere le differenze» esistenti fra i singoli popoli.
La prima parte del libro è dedicata al «vino nelle religioni monoteiste». Le
annotazioni storico-geografiche s'accompagnano ad un esame delle regole
religiose con un attento e documentato itinerario. Se per gli ebrei «salvo casi
particolari, il vino non è propriamente proibito», con i cristiani esso, oltre a
non essere condannato, «viene anche ad assumere una valenza positiva
fortemente simbolica», mentre nella civiltà islamica è al centro di una "sana"
contraddizione, in quanto «nel Corano il vino non è sempre stato giudicato
negativamente» (ed alla sua condanna si è giunti «da un iniziale giudizio
positivo»).
Nel capitolo sul «confronto interculturale», si esamina il valore simbolico che
un bicchiere di vino può assumere per segnare differenze o affinità nel mondo
d'oggi, partendo dalla constatazione che «non c'è cultura che per quanto
universalistica non si radichi in una storia, in un contesto socioculturale». E
tenendo presente come regola principale che «non si vuole eliminare le
diversità, quanto imparare a conviverci».
Nel momento storico presente in cui si getta legna sul fuoco del contrasto di
civiltà, un lavoro così accurato e prezioso come questo volume può portare ...
acqua al mulino del dialogo pacifico fra le genti, usando proprio quel vino che
«è un punto di partenza, un punto comune fra diversi popoli su cui tentare di
confrontarsi», ricordando sempre che «ognuno deve perseguire i propri fini,
con la consapevolezza che la cultura ha il diritto di continuare ad esistere». E
soltanto la cultura del dialogo può salvarci dal precipitare nell'abisso della
distruzione reciproca degli anatemi e delle crociate.
Antonio Montanari

Scritto il 09/03/06 alle 12:51 in Cultura e società | Permalink


05/03/06
Oggi e ieri

Sexy24Non ci sono più i San Remo di una volta. Povero Panariello, povero non
nel senso che non lo abbiano (stra)pagato bene, ma perché per mortificarlo gli
hanno contrapposto il rimpianto di Pippo Baudo. Pagine e pagine di commenti
per concludere poi che non sono soltanto canzonette, addirittura tre cantanti
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 570
con decorazioni della Repubblica italiana. Alla quale dal 20 febbraio manca un
pezzo, un ministro. Ho controllato sul sito internet di Palazzo Chigi: là dove
c’era un uomo verde (in senso di leghista) adesso c’è il vuoto alla voce
«Ministero delle Riforme istituzionali e devoluzione». Punto e basta. Era
«senza portafoglio», è rimasto senza successore, nessuno ha assunto la
delega come si ricava dal decreto apparso sulla «Gazzetta Ufficiale». Tutti a
pensare a San Remo, e nessuno alle Riforme orfane: come dire, tanto che ci
sia o non ci sia il ministro, non fa differenza. Non era mai successo prima di
ora. Meravigliarsi? No davvero, ai nostri giorni. Tina Anselmi ha detto che il
nostro Paese sembra perdere «nell’indifferenza generale» la sua memoria, la
sua identità nata dalla Resistenza: «Oggi si può essere fascisti senza
provocare alcuna reazione, solo un anno fa non avremmo accettato
supinamente una realtà del genere».
Il passato inevitabilmente ritorna. Il nostro presidente del Consiglio a Nuova
York è stato decorato della «medaglia della libertà» per mano di un signore di
97 anni, Mike Stern, che nel 1947 venne a Roma come giornalista. In realtà
era un agente segreto sotto copertura, capitano dell’Office of Secret Service
(Oss), il progenitore della Cia. Stern operò in Sicilia, fornendo armi al bandito
Giuliano che ammazzava i carabinieri ed i poliziotti che gli davano la caccia,
mentre i loro capi (ha scritto Attilio Bolzoni su «Repubblica») «scendevano a
patti con il ‘re’ di Montelepre, con i capimafia della zona e perfino con i reduci
della Decima Mas del principe Junio Valerio Borghese che proprio gli americani
fecero fuggire dopo averlo catturato».
A proposito di Sud: la sua nuova Banca ha un vertice che il vice-premier Fini
con il «Corriere della Sera» ha definito pittoresco e bizzarro per via della
presenza del principe Lillio Ruspoli e di Carlo di Borbone. Ha riposto Ruspoli:
nel 1993 lo stesso Fini mi scrisse elogiando la mia «dedizione ai comuni valori
nazionali» ed il mio «impegno civile e culturale». Non sempre i politici tornano
nella stessa bottega d’antiquariato.

Scritto il 05/03/06 alle 18:05 in Politica e attualità | Permalink


02/03/06
Un poeta albanese

«Gli altri ci aspettano, noi li dimentichiamo».


Dritëro Agolli presentato da Ennio Grassi

Grazie alla cura editoriale di Ennio Grassi in collaborazione con Alketi Ylli,
presso l’associazione bolognese «In forma di parole» (quaderno VII) è uscita
una raccolta poetica di Dritëro Agolli, intellettuale e scrittore albanese nato nel
1931. Agolli, come annota Rosangela Sportelli, vive a Tirana. In Italia ha
pubblicato (1993 e 1999) il romanzo satirico «Ascesa e caduta del compagno
Zylo» (1973) la cui uscita a puntate su di una rivista in Albania fu interrotta dal
governo. Saggista e sceneggiatore, Agolli è «noto e amato per la sua
produzione in versi».
Il quaderno bolognese prende il titolo («Mia madre la bella Hatixhé») dalla
prima composizione in cui Agolli racconta la propria nascita: «Là
sull’ottomana, sopra il nudo pavimento, tornando dai campi figliò me» (1963).
Il fare poetico di Agolli, osservano Grassi e Ylli, è caratterizzato dalle «parole
della quotidianità» permeate di legami e di attese.
L’ultima composizione, per puro caso (l’ordinamento è cronologico), riassume
il suo modo di scrivere e di leggere la vita. Racconta di quando egli parte «per
andare altrove»: «A metà lascio le cose, non riesco a finirle; / sto sveglio la
notte prima gli occhi come un gufo / ma le cose si mescolano come foglie al
vento». Dimentica di avvertire l’amico, di lasciare il quotidiano miglio
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 571
all’uccello, di pagare le solite bollette di acqua e luce, non vede il bottone che
manca, cerca un laccio per le scarpe, non telefona ad un malato: «Poi in
viaggio il rimorso mi affligge, come se chi lascio dietro, mi lanciasse addosso
delle pietre».
Lirica umanissima, fatta non di astratte impressioni elitarie ma di pensieri
correlati al vivere comune, essa fa scoprire (con la consapevolezza che rende
più pungente il rimpianto) le nostre difficoltà di corrispondere alle attese
altrui, di adempiere gli obblighi, di farci sentire vicini a chi cerca la nostra
presenza come consolazione nel tempo che passa. Ogni giorno è un partire
«per andare altrove», è un non riuscire a finire «tante cose». Scordarsi ogni
giorno di qualcuna di queste cose non è un felice egoistico oblio, ma la causa
di un tormento che ci svela le nostre debolezze, anzi «la» debolezza del
vivere, il senso del limite che ci offusca nonostante l’affanno che ci prepara
alla partenza: «Ma le cose si mescolano come foglie al vento».
Antonio Montanari

Scritto il 02/03/06 alle 15:53 | Permalink

26/02/06
Le signore a palazzo

Il sindaco di Londra Ken Livingstone è stato sospeso per un mese. Aveva dato
del kapò al giornalista ebreo Oliver Finegold che all'uscita da una
manifestazione pubblica gli aveva semplicemente chiesto come fosse andata
la serata. Noi italiani tracciamo sempre il solco. Nel luglio 2003
all'inaugurazione del nostro semestre alla presidenza dell'Unione europea,
Silvio Berlusconi dette del kapò al deputato tedesco Martin Schultz che lo
aveva pubblicamente interrogato sui suoi problemi giudiziari e sul conflitto
d'interessi. Schultz si ribellò e fu accusato dal Cavaliere di non aver compreso
una «battuta ironica». La moglie di Berlusconi, sorpresa a teatro ed
intervistata da Anna Benedettini di «Repubblica», ha confidato un pensiero
che rimanda all'episodio di ormai tre anni fa: anche nella politica c'è «qualcosa
di comico», aggiungendo di essere contro ogni censura. Della quale lei stessa
fu vittima da parte delle reti televisive del consorte quando riproposero un film
di Dario Argento, «Tenebre» (1983), in cui lei aveva recitato. Lo stesso
Argento precisò che in tv fu cancellata la scena in cui la signora Lario urlava
dopo il taglio di una mano.

La signora Lario (al secolo Miriam Bertolini, ex attrice conosciuta da Berlusconi


a teatro nel 1980 mentre recitava non troppo vestita ne «Il magnifico cornuto»
con Enrico Maria Salerno), dimostra una pacatezza che ci suggerisce
un'ipotesi. Nel caso in cui il suo consorte a conclusione delle operazioni
elettorali risultasse vincitore ma faticasse a formare un governo, potrebbe
scendere in campo lei stessa, incontrarsi con la signora Flavia Franzoni in
Prodi e dare inizio ad un giro di consultazioni informali, per formare un
innovativo «governo delle donne».

Potrebbe a tale scopo anche leggere l’intervista concessa all’«Espresso» (23


febbraio) da Tina Anselmi, che presiedette la Commissione sulla loggia P2, le
cui tessere 1.816 e 2.232 appartenevano a Berlusconi Silvio e Cicchitto
Fabrizio. Nella loggia «c’era buona parte di quelli che contavano, uno spaccato
tremendo del Paese. Ho avuto pressioni, minacce, denunce, sette chili di
tritolo davanti a casa». Pertini e papa Wojtyla la incoraggiarono. Nel 1992
Forlani cercò di non farla rieleggere, riuscendoci. Ha telefonato a Prodi,
consigliandogli meno sorrisi e meno sicurezza. Onorevole Anselmi, chiami
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 572
pure Miriam Bertolini in Berlusconi. Forse alcune signore a palazzo Chigi
potrebbero rendere la politica meno comica.

Scritto il 26/02/06 alle 17:41 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


24/02/06
Rimini, Alberti, Piero e la città ideale

Citta180x140FIRENZE, SCOPERTA OPERA DI LEON BATTISTA ALBERTI

Roma, 24 feb. - (Adnkronos/Adnkronos Cultura) - Una storia di studio e di


passione che inizia nel 1992, quando l'interesse per l'architettura, in particolar
modo quella a cui tutti gli studiosi del campo guardano e cioe' quella di Leon
Battista Alberti, autore del fondamentale ''De re aedificatoria'', spinse Gabriele
Morolli, docente di Storia dell'Architettura all'Universita' di Firenze e tra i
massimi conoscitori dell'Alberti, decise di condurre una serie di analisi
approfondite su ''La citta' ideale'' di Urbino in vista di una mostra dedicata a
Piero della Francesca. A raccontare all'Adnkronos Cultura la storia di una
scoperta eccezionale, lo stesso Gabriele Morolli, curatore insieme a Cristina
Acidini della mostra ''L'uomo del Rinascimento. Leon Battista Alberti e le arti a
Firenze tra Ragione e Bellezza'', a Palazzo Strozzi dall'11 marzo al 23 luglio.

Fonte: www.adnkronos.com

Altri articoli:
su www.corriere.it
su www.ilgiornale.it
su www.agi.it
su www.ilsole24ore.com

Scritto il 24/02/06 alle 16:09 in Storia | Permalink


19/02/06
Calderoli

Di recente nel fiume Po sono state trovate abbondanti quantità di metaboliti


della cocaina. Quando in Lombardia o nel Veneto celebrano il dio omonimo
con ampolle d’acqua ostentate al pubblico, forse certuni ne bevono un po’
confidando in inesistenti virtù terapeutiche, e s’intontiscono con le sostanze
tossiche presenti nel liquido venerato. Certi fenomeni politici potrebbero avere
una spiegazione scientifica. Basterebbe fare ricorso all’acqua minerale
imbottigliata in alta montagna, per vedere se le cose migliorano. La prima
cavia potrebbe essere il ministro appena dimissionato, quel Roberto Calderoli
a cui la laurea in Chirurgia maxillo-facciale dovrebbe fornire salde cognizioni al
riguardo. Suo malgrado e grazie alla robusta sopportazione dimostrata dai
colleghi per via del ricatto elettorale, Calderoli è stato l’ultimo nella serie dei
personaggi cosiddetti impresentabili saliti alla ribalta in vista della prossima
consultazione del 9 aprile.

Si era cominciato in sordina con il rifiuto del principino di Casa Savoia da parte
dei repubblicani di Destra (come per gli svincoli stradali anch’essi hanno
un’uscita a Sinistra). L’idea che Emanuele Filiberto potesse essere inserito in
una lista elettorale è una di quelle che da sole mostrano la potenza delle
fantasie quando sono prive di sentimento della storia. Nulla vieta in senso
stretto (ovvero di fronte alla legge) che egli possa contribuire alla rinascita od
alla rovina dell’Italia seguendo l’illustre esempio dell’avo Vittorio Emanuele III.
Il buon senso di P. F. Casini («Stavamo scherzando») consente di ritenere
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 573
ridicola ogni ipotesi al proposito non per questioni di principio, ma proprio in
relazione al soggetto, più adatto alle dispute sul campionato di Calcio, anche
se il Cavaliere ritiene la sua esperienza da presidente del Milan campione
d’Europa come una garanzia di successo politico che non possono vantare altri
leader, alleati o dell’opposizione non fa differenza.

Dopo erano venuti due esponenti di estrema Destra, uno dei quali dovrebbe
aver diritto di parola per i cinque anni di carcere subìti a causa di un pentito
che lo accusava di delitti mai commessi. L’altro meriterebbe ascolto per aver
nove figli da mantenere, invocando la regola che Leo Longanesi diceva
inscritta nel tricolore: «Tengo famiglia». Alessandra Mussolini li ha
abbandonati al loro destino, in compenso è stata baciata da Berlusconi. Il
principe Savoia è rimasto ranocchio.

Scritto il 19/02/06 alle 17:17 | Permalink | Commenti (0)


12/02/06
Cigni

Gelo al Quirinale, si è sentito dire. Però si sono sciolte le Camere. Forse per
surriscaldamento. Firmato il decreto da parte di Ciampi, è scattata
immediatamente la «par condicio» televisiva. L’ha dovuto spiegare lo stesso
capo dello Stato al popolo ed anche al capo del Governo. Il quale pretendeva
altri tre giorni per soddisfare le richieste dei fan che ne reclamavano la
presenza al meteo ed al listino di Borsa. D’accordo con Ciampi si è mostrato il
ministro degli Interni Pisanu, il quale aveva già dovuto frenare gli entusiasmi
del Cavaliere a proposito della repressione di eventuali contestazioni alle
Olimpiadi. Abbiamo cannoni e missili ad alzo zero per sparare contro i
disobbedienti, ha pensato Berlusconi quando con insolita modestia ha messo
davanti a sé soltanto Napoleone. Il mondo è pieno di barzellette su persone
disturbate che si credono Bonaparte, con una mano sul petto, un mignolo
nell’orecchio ed uno scolapasta in testa. Non è fortunatamente il caso italiano.

Preoccupa la regressione nel tempo. Prima i modelli erano De Gasperi e


Sturzo, adesso Napoleone. E domani? Gli scaffali della biblioteca di Arcore
sono pieni di libri di Storia, i quali sono affollati di personaggi. Pisanu per
cortesia intervenga: ci sta bene anche un paragone con Giulio Cesare od
Augusto, ma se saltassero fuori Cleopatra o Giovanna d’Arco come
metteremmo la faccenda?

Non ci facciamo mancare nulla. Sono arrivati anche i cigni reali a morire nel
Mezzogiorno. La Lega pensa a complicità mafiose od a trame mediorientali. Il
ministro Calderoli è stato preso da sconforto campanilistico: «Non ci sono più i
cigni di una volta, quelli che morivano danzando alla Scala di Milano in serate
eleganti di schietta mondanità padana». Anche noi li ricordiamo: Galina
Ulanova era una delle più celebri ballerine che interpretassero l’opera di
Camille Saint-Saëns rappresentata per la prima volta a San Pietroburgo nel
1905. Calderoli resta atterrito dall’idea che senza la Lega la gente si divertisse
a vedere una donna interpretare un cigno. Invece Emilio Fede vede in tutto ciò
la solita manovra comunista. San Pietroburgo non per nulla fu ribattezzata
Leningrado. Quindi pure i cigni artistici dei balletti e quelli reali caduti sulle
nostre terre ben rappresentano il pericolo del comunismo e dei suoi attacchi
all’Occidente. Anche Bertinotti, ha scritto un quotidiano vicino alla famiglia del
Cavaliere, è un cigno avvelenato travestito da colomba.

Scritto il 12/02/06 alle 17:16 in Politica e attualità | Permalink


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 574
05/02/06
Compagni

Sbaglia chi crede che la campagna elettorale di Silvio Berlusconi sia condotta
all’insegna delle battute di spirito. Il Cavaliere non improvvisa raccontando
barzellette. Alterna frasi di scherzo e di scherno ad accuse precise contro
l’opposizione. Se poi alle accuse non corrispondono né verità giudiziarie né
riscontri di fatto, è un problema che interessa una minoranza di persone
informate ma senza alcuna influenza statistica. Dietro il capo del governo c’è
un agguerrito gruppo di “archivisti” che spesso hanno conoscenza diretta
delle cose di cui parlano perché provengono dalla parte che ora denigrano. I
comunisti passati sulle rive berlusconiane applicano nella loro devozione al
capo lo spirito di quelle ferree comunità monastiche che erano le sezioni
comuniste a cui appartenevano, e che in base al principio della «vigilanza
democratica» controllavano tutti.

Hanno cambiato casacca ma non la mentalità, essendo la testa qualcosa di


diverso da una lampadina che si svita e sostituisce con poca fatica. Quando il
Cavaliere parla della pericolosità del comunismo, siamo d’accordo con lui,
perché ne leggiamo i segnali sul suo modo d’agire, nell’affanno con cui da
purificatore invasato mette sotto accusa chi non la pensa come lui. Ma il
problema è un altro: i suoi monologhi non avvengono alle fiere di paese, bensì
nel corso di una campagna elettorale. Per la quale lui manda a memoria i
rapporti che gli preparano i collaboratori, e che recita con un’abilità che
nessun altro uomo politico attuale possiede, incarnando il principio che non
conta quello che si dice ma come si dice, tanto c’è gente pronta a bersi tutto
anche il proprio cervello (in ogni partito).

L’opposizione è caduta nel tranello di Berlusconi. S’è fatta ipnotizzare da lui.


Fassino lo paragona al Tecoppa del teatro meneghino, che condannato diceva
al giudice: «Non sono d’accordo». La definizione non passerà alla storia. Prodi
chiamato in causa dal premier («Andrò in tivù anche con una poltrona vuota a
fianco»), risponde con una battuta infelice: «Ci salga sulla poltrona, forse
acquisterà una statura normale». Di questo passo scenderanno anche loro
verso gli abissi goliardici degli accenni fisiologici sbandierati come severe
massime filosofiche. Berlusconi ha promesso castità sino alle urne,
commovendo l’amico Putin che gli ha telefonato apposta. Intanto la Russia ci
taglia il gas, né Silvio né Vladimiro ne hanno parlato. A loro che cosa gliene
frega?

Scritto il 05/02/06 alle 16:51 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)

29/01/06
Bande

Dagli Usa ci guardano con sospetto. Jim O'Neill, uno dei capi della banca
d'affari Goldman Sachs, sostiene che ormai l'Italia conta soltanto per «cibo e
calcio». Se siete a dieta e non v'interessa il pallone, potete cambiare Paese. La
tentazione migratoria verrebbe anche per altri motivi. Il presidente di Telecom
Marco Tronchetti Provera ha detto che in Italia l'estate scorsa c'è stato il
tentativo di scalare non soltanto le banche ma pure imprese come la sua e la
Fiat: «Un grande disegno in cui era coinvolta la politica, un disegno in cui vi
erano al centro dei malfattori». Nell'enciclica papale appena pubblicata è
citato Agostino d'Ippona: «Uno Stato che non fosse retto secondo giustizia si
ridurrebbe a una grande banda di ladri».
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 575

Ritorna sulle scene Daniele Luttazzi. Ai cronisti, sul caso Unipol, ha confidato
di averne già parlato il primo settembre al festival dell'Unità di Milano: «Già
allora esprimevo dubbi sulla compagnia di giro e sui dirigenti Ds che facevano
il tifo, un errore enorme». E conclude: «Se i comici vedono le cose prima dei
politici, forse c'è qualche difetto di analisi». Luttazzi perse il posto in Rai dopo
aver intervistato Marco Travaglio (marzo 2001) sul libro di quest'ultimo,
«L'odore dei soldi» dedicato agli affari di Silvio Berlusconi. Luttazzi e Travaglio
furono denunciati: ora sono stati assolti dall'accusa di diffamazione, e
Mediaset dovrà pagare loro 40 mila euro di spese processuali. Il tribunale
civile di Roma ha stabilito che essi hanno rispettato l'interesse pubblico, sono
stati attendibili, hanno verificato le fonti e sono stati corretti nella forma.

Pensando ad Agostino: c'è ancora un po' di giustizia e quindi possiamo sperare


che la «grande banda di ladri» non prenda il sopravvento, e che i malfattori
citati da Tronchetti Provera possano essere cortesemente invitati a fornire gli
opportuni chiarimenti sulle nostre cose e sulla cosa nostra degli affari. Già in
aprile il quotidiano di Confindustria aveva parlato di sconosciuti compagni di
viaggio nella scalata alla Bnl, sulla quale poi Barbara Spinelli ha detto che
c'era una «consorteria non visibile» con un fare tra il mafioso ed il massonico.

La Giustizia è uno dei tre poteri classici dello Stato con Governo e Parlamento.
Ma le dottrine politiche moderne (dal Settecento in avanti) ne citano un
quarto, quello del tribunale della pubblica opinione che opera mediante i liberi
giornali. Quant'è libera l'informazione italiana?

Scritto il 29/01/06 alle 17:09 in Politica e attualità | Permalink


15/01/06
I Castelli dei Romoli

Kurni6b

I raffinati cronisti politici d'un tempo, quando le cose andavano modestamente


male, parlavano di clima da basso impero con Romolo Augustolo assediato e
piangente tra le sue galline (ognuna delle quali portava il nome di un
predecessore), come lo raffigurò sulle scene Friedrich Dürrenmatt. A parlare di
teatro questa volta è Pier Ferdinando Casini. Commentando la visita del
premier Berlusconi alla Procura della Repubblica di Roma per riferire dei
rapporti troppo affettuosi fra ds ed Unipol, il presidente della Camera ha detto:
«Possiamo vincere senza effetti speciali. Altro che andare in Procura. Altro che
fare avanspettacolo».
Da quell'avanspettacolo (che è una felice pagina della storia culturale
italiana), deriva una delle espressioni più usate da arroganti e prepotenti: «Lei
non sa chi sono io». La frase è stata ora condannata all'esilio da una sentenza
della Cassazione che s'appella al buon senso nel definirla da non usare
nell'ordinario commercio sociale. Non ci sostiene la speranza che una
sentenza possa cambiare il costume (pardon, il malcostume) nazionale il quale
vede nei favoritismi e nella loro esibizione pubblica il sistema di collegamento
su cui si regge la massima parte della vita di relazione del Belpaese. Gianni
Riotta ha scritto che a salvare l'Italia saranno le persone perbene (né noiose
né cretine, come invece sono credute). Gli ho mandato una mail: «Ma se le
persone perbene non sono inserite in un bel gruppo (clan) che possono fare da
sole?». Mi ha risposto: «Tener duro».
Ci sono altri modi espressivi altrettanto stupidi a cui arroganti e prepotenti
fanno ricorso, talora ispirandosi a cattive lezioni impartite proprio dai politici in
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 576
quel continuo avanspettacolo che è la televisione italiana. Il caso più recente è
stato fornito dal commento che il ministro ing. Castelli ha indirizzato al
giornalista Eugenio Scalfari, a cui l'età avanzata provoca qualche lieve
disturbo. «Tu sei nervoso, ti tremano le mani», ha sentenziato Castelli con la
sicurezza che nasce non dalla conoscenza della realtà, ma dall'eccessiva
stima che ha in sé chi appunto apostrofa gli altri perché non sanno chi è lui.
Vorremmo rassicurare il ministro: sappiamo benissimo chi è. Non è necessario
ribadirlo, dal momento che già il pubblico presente alla sua esibizione da
intellettuale leghista e governativo ha già sottolineato la gaffe commessa,
raccogliendo ovviamente la protesta che lei offriva a conferma delle nostre
certezze.

Scritto il 15/01/06 alle 17:26 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


13/01/06
1799, furore dei marinai

Novità editoriale
La rivolta dei marinai riminesi del 1799

Nel volume LIII (2002) di «Studi Romagnoli», appena pubblicato a Cesena, è


contenuto il saggio di Antonio Montanari Il furore dei marinai. Crisi
istituzionale della Municipalità di Riminiper la rivolta dei «pescatori»
(30.5.1799-13.1.1800), pp. 447-511.

Il testo completo è consultabile su Internet nel sito «Riministoria» a questo


indirizzo.

Scritto il 13/01/06 alle 16:56 in Storia | Permalink


11/01/06
Coraggio

La politica non è granché.

Consoliamoci.

L'aurea beltade ond'ebbero ristoro unico ai mali le nate a vaneggiar menti


mortali...
Coraggio.

Scarlett_johansson_8

Scritto il 11/01/06 alle 18:10 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


08/01/06
Soldi inquieti

Sembra quella storiella raccontata dal comico Pino Caruso. Due amici
discutono, il primo dà del cornuto al secondo. Il quale si difende accusando:
stai zitto, ubriaco. La risposta che riceve è semplice: sì, ma a me domattina la
sbornia passa. Questa volta forse anche l'ubriaco è cornuto e viceversa. E non
sappiamo se a qualcuno svaniscano gli effetti dell'alcool prima che all'altro
tramontino i ricordi dell'infedeltà muliebre.

Secondo Vittorio Feltri, pure il premier Berlusconi si ritrova tra gli azionisti
dell'Unipol. Nulla di male ovviamente in un libero mercato come l'Italia, dove
però tanta varietà finanziaria non c'è se incontriamo dovunque le stesse facce.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 577
Sandro Bondi precisa: «Si tratta di cose minime, inapprezzabili, ingigantite in
modo abnorme». Ognuno per la propria parte politica smorza i toni, giocando
al ribasso. I cinquanta milioni di euro incassati dal presidente dell'Unipol sono
apparsi «inquietanti» al senatore Lanfranco Turci, ex presidente della Lega
delle cooperative. Domanda: per diventare politicamente pericolosi, a quale
livello debbono arrivare le cifre?

Il quotidiano di Confindustria insinua il dubbio di legami massonici per l'ex


presidente di Unipol, il quale smentisce: fantasie prive di fondamento.
Inquietante, per dirla con Turci, il fondo domenicale di Barbara Spinelli sulla
«Stampa» (8 gennaio 2006) dove il tema ritorna mediante un accenno obliquo
ma non per questo oscuro: «È come se esistesse una consorteria non visibile»,
e chi ne fa parte «ha un modo esoterico di dire, di fare, di essere, di
telefonarsi, di sopravvivere, di ritenersi non giudicabile, che solo gli affiliati
conoscono, apprezzano e giustificano». Se l'ipotesi della Spinelli volesse
alludere ad ambienti massonici legati a gruppi bancari peraltro noti,
potremmo addirittura metterci l'animo in pace. Sarebbe la scoperta dell'acqua
calda.

Il rischio è che dietro tutto si nascondano altri sconosciuti «compagni di


viaggio nell'economia e nella finanza» della Sinistra, ipotizzati da Ferruccio De
Bortoli sul «Sole-24 Ore» del 15 aprile 2005. Fuori da ogni giro di noti o
incappucciati era certamente un cremonese di 45 anni, Giuseppe Borsoni,
invalido del lavoro, 300 euro di sussidio al mese, abitante in una casa
comunale, morto la settimana scorsa per il freddo. Gli avevano tagliato luce e
gas a marzo 2005 come utente moroso. Non ha fatto in tempo a leggere di
quegli «inquietanti» cinquanta milioni gettati dalla cronaca nell’urna
elettorale.

Scritto il 08/01/06 alle 17:38 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


02/01/06
Amori pascoliani/2

A proposito del nostro post "Amori pascoliani", la lettera integrale d'addio di


Imelde Morri al poeta di San Mauro, si legge in Libertà del 31 dicembre 2005.

Scritto il 02/01/06 alle 18:21 in Libri e poesia | Permalink | Commenti (0)


Formule e progetti

L'on. Sandro Bondi conosce bene per antica militanza comune quei colleghi
diessini ai quali ha offerto un'intesa contro i «poteri forti». La risposta negativa
della Quercia non chiuderà la strada a segrete passeggiate di esponenti
governativi con colleghi dell'opposizione. L'aria che tira è quella che abbiamo
ripetutamente descritto in passato. Il sistema proporzionale alla prossima
consultazione politica favorirà la linea della necessità dell'uno contro tutti in
perfetto stile «parenti serpenti». Non soltanto nella Casa di Arcore ma pure nel
condominio dell'Ulivo. Per stare a galla tutti debbono essere disposti a tutto.
Abbiamo scherzato dapprima ipotizzando Prodi al comando nei giorni pari e
Berlusconi in quelli dispari. Ma quando l'on. Casini ha indossato la severità di
giudizio sull'economia che di solito vediamo svettare sul sorriso beffardo di
Prodi, ci siamo convinti che forse non avevamo sbagliato pensando ad un
governo a targhe alterne fra maggioranza ed opposizione.

Il prof. Galli Della Loggia, il 31 dicembre 2005 nell'editoriale del «Corriere della
Sera», ha scritto che la polemica contro i «poteri forti» rivela «pochezza
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 578
intellettuale» e «primitivismo ideologico» in chi la porta avanti, come «certi
luogotenenti di Berlusconi» ed anche l'on. D'Alema «quando perde la sua
abituale lucidità». Di rincalzo un ex direttore dello stesso quotidiano, Piero
Ostellino, lo stesso giorno nella pagina delle opinioni derideva i politici che
appunto avventandosi adesso contro i «poteri forti» non fanno altro che
confessare la loro impotenza di ieri nella gestione della cosa pubblica, ed
accusava «gli studiosi» di non proporre domande scomode se non pure
pericolose.

L'Italia di recente è stata sommersa da formule che nascondevano promesse


non mantenute ed inconfessabili intenzioni. La «lotta ai poteri forti» è l'ultimo
esempio di un'impotenza pratica nel governare. Ne hanno tratto vantaggio
volgari furbettini romani e trafficoni più eleganti ma altrettanto spregiudicati
del Nord. Nei tribunali la formula (logorata da certi provvedimenti
parlamentari) della «legge uguale per tutti», ha ceduto il passo a quella
(costituzionale) della giustizia amministrata in nome del popolo. Che per il
ministro Castelli è il vincitore elettorale. Soltanto Ciampi ha saputo usare la
formula giusta ricordando il suo impegno per «esprimere il senso della dignità
di cittadino di una libera democrazia». Grazie, presidente Ciampi.

Scritto il 02/01/06 alle 10:46 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


01/01/06
Grazie, presidente Ciampi

Grazie, presidente Ciampi per aver ricordato nel suo messaggio di fine
mandato, il significato della dignità.
Parola che in questi chiari di luna è sempre più offuscata da oscure mire e da
ignobili comportamenti.
Ecco il passo che m'interessa segnalare: «Come presidente della Repubblica
mi sono proposto di esercitare imparzialmente il mio mandato e ho
costantemente rivolto a tutti l'esortazione al dialogo, al confronto leale,
aperto, reciprocamente rispettoso. Come presidente ho voluto esprimere il
senso della dignità di cittadino di una libera democrazia: dignità che è
consapevolezza delle responsabilità del proprio Stato, dei propri diritti, ma
ancor più dei propri doveri».

Scritto il 01/01/06 alle 11:33 in Attualità | Permalink | Commenti (0)


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 579
2005
27/12/05
Amori pascoliani

Scoperta la lettera dell'addio di Imelde Morri a Giovanni Pascoli

All’inizio del 1896 Giovanni Pascoli pensa di prender moglie: è maturo


anagraficamente (ha da poco compiuto 40 anni, essendo nato il 31 dicembre
1855) ma psicologicamente fragile, non per colpa dell’esser poeta ma
piuttosto dell’assedio a cui è sottoposto da parte della terribile sorella Mariù.
Pascoli scrive al segretario comunale di San Mauro, Pietro Guidi: «Caro Pirozz,
ti rinfresco la memoria. Cava in gran segreto le mie fedi e rintraccia quelle di
mio padre e di mia madre e manda il tutto a Girolamo Perilli, via Garibaldi, 33,
Rimini. In gran segreto… segreto di stato!…».
Momo Perilli (18531930) è il cognato della trentenne Imelde Morri, la donna di
cui Giovannino si è innamorato e che altrove definisce «pallida e tacita».
Imelde è sua cugina, figlia di Alessandro Morri e di Luigia Vincenzi sorella della
madre del poeta, Caterina.
Da poco (30 settembre 1895) Ida si è sposata con Salvatore Berti di Santa
Giustina, lasciando Mariù più depressa che mai. Riferendosi a quei giorni,
Mariù descrive Giovannino in preda ad una «tremenda crisi di nervi e di
cuore». Mariù ai primi di maggio del 1896 va a trovare a Sogliano la zia Rita
dalla quale apprende che Zvanì si era ufficialmente fidanzato con l’Imelde
(che aveva pochi mesi di età in meno di lei).
La biografa di Mariù Pascoli, Maria Santini nel suo recente «Candida Soror»
scrive che l’Imelde era «una bella donna, alta, bruna, ben fatta» (p. 144). Ed
aggiunge: «in questo modo sgradevole» Mariù ebbe notizia dell’evento. Ma la
stessa Santini riporta un antefatto: Mariù aveva scritto per conto di Zvanì
all’Imelde dopo la morte della di lei madre, per sapere se la defunta zia avesse
mai ritenuto possibile un loro matrimonio (p. 132). Nel caso di risposta
positiva, Zvanì l’avrebbe sposata volentieri.
Mariù dunque conosceva il retroscena. La notizia appresa a Sogliano può
essere considerata la conferma della difficoltà che Zvanì incontrava nel
trattare con Mariù di certi argomenti. Non deve meravigliare che Giovannino
abbia agito di nascosto per il fidanzamento come se si trattasse di azione
illecita o vergognosa. La sorella gli faceva paura. Prima egli s’accorda con
l’Imelde, poi si riserva di riferire in casa propria.
Tornata da Sogliano, Mariù non si dà pace. Trama contro le nozze di Zvanì e
vorrebbe anche frugare nel portafoglio del fratello, gonfio non di soldi (come
precisa lei stessa), alla ricerca di qualche lettera d'amore.
Giovannino, messo sotto interrogatorio da Mariù, confessa la colpa del suo
amore per Imelde, ma le promette di sposarsi soltanto dopo averle trovato
uno straccio di marito (Santini, p. 146).
Mariù aveva saputo a Sogliano che una delle due sorelle Morri aveva
dichiarato che non avrebbe mai sposato un uomo con il difetto fisico di cui lo
stesso poeta si lamentava compiangendosi: il mignolo «guasto» d’un piede.
Maria riporta la notizia a Giovannino, con quanta perfidia possiamo facilmente
immaginare. Ed arriva così dove voleva giungere, Zvanì rinuncia (maggio
1896) alle nozze con l’Imelde. La quale fa sapere che a parlare del dito
«guasto» non era stata lei ma sua sorella Annetta.
Dell’epistolario che i due innamorati si scambiarono non restano che poche
ma importanti righe, ritrovate di recente e pubblicate sul «Corriere della Sera»
del 21 dicembre 2005: «Non sono poi tanto cattiva come credi. Ma hai voluto
dar retta più agli altri che a me e ti sei procurato il male da solo». La data è il
20 giugno 1896.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 580
Ha scritto Stefano Bucci sul quotidiano milanese che la lettera è riaffiorata
dalle pagine degli «Ab urbe condita libri» di Tito Livio in una vecchia edizione
conservata nella biblioteca della casa di Castelvecchio e da poco scoperta dall'
attuale Conservatore di Casa Pascoli, Gian Luigi Ruggio.
Maria Santini nella biografia di Mariù difende la sorella di Zvanì. Se è apparsa
cattiva, la colpa è di un «pregiudizio maschilista». Al quale noi (che però non
contiamo nulla) non crediamo.
Le poche righe dell’Imelde raccontano di riflesso il dramma del poeta di San
Mauro: «hai voluto dar retta più agli altri che a me», scrive la cugina non
sedotta ma abbandonata. Il che è storicamente la verità di un duplice dramma
psicologico il quale emerge dalle stesse pagine di Maria Santini: «Se Imelde
fosse diventata la signora Pascoli, Maria avrebbe perso tutto». Poteva Zvanì
tradire la sorella portando in casa una moglie? Non di certo. Il nido, quel nido
miticamente invocato dal poeta e da Mariù, era una specie di carcere. Vero e
non simbolico.
Antonio Montanari

Scritto il 27/12/05 alle 17:51 in Libri e poesia | Permalink


25/12/05
Stalin è morto

"Stalin è morto" ha annunciato in diretta televisiva il 23 dicembre il presidente


del Consiglio.
Ma da autorevoli fonti si apprende che la notizia risale al 5 marzo 1953.
L'aveva data il giorno dopo anche "Il Popolo", quotidiano della Dc, scrivendo
che Stalin lasciava nel mondo «un grande vuoto».
Come erano comunisti i democristiani di allora, di cui Berlusconi ora si dichiara
erede.

Scritto il 25/12/05 alle 18:20 in Attualità | Permalink | Commenti (0)


20/12/05
Guardate qui

Guardate questo blog


http://verana.blog.lastampa.it/nuda/
da cui ricano una immagine.

Irak

Tanti auguri. A chi?

Scritto il 20/12/05 alle 16:03 in Attualità | Permalink | Commenti (0)


18/12/05
Banke senza pudore

Anche le piante pensano secondo il professor Stefano Mancuso che ha


localizzato il loro cervello nelle radici. E prendono decisioni. Forse più
rapidamente degli uomini, se adottiamo come esempio Antonio Fazio che
nessuna bufera riusciva a scardinare dalla poltrona di governatore di
Bankitalia. Velocità invece è stata dimostrata dalla banca lodigiana in cui il
signor Felice di Credera Rubiano aveva depositato 130 mila euro frutto del suo
lavoro di contadino, destinato segretamente ai figli. I quali soltanto dalle
cronache giudiziarie dei quotidiani hanno appreso dell’eredità non riscossa ed
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 581
hanno scoperto che quel conto era stato prosciugato dalla banca per
recuperare soldi perduti altrove. I commentatori si sono divisi in due partiti.
Chi afferma trattarsi di una nuova Tangentopoli, chi nega decisamente.
Basterebbe ricordarsi del nome dell’orchestra inventata da Renzo Arbore per
una sua antica trasmissione: «Senza Vergogna». Ognuno può far risiedere il
pudore dove vuole, ma a volte basterebbe limitarsi a credere che per essere
puliti dentro non è necessario bere le acque minerali della pubblicità che ci
fanno anche belli fuori. Lina Sotis consiglia il «bon ton» di asciugare il sugo nel
piatto con un pezzo di pane usando le mani ma non la forchetta. Rubare ad un
morto forse era avvertito dalla banca lodigiana come un’azione gentile verso
gli eredi, onde non metterli nel rischio di investimenti poco sicuri. Prima che
perdessero i soldi in Borsa facendo cattive scelte dietro pessimi consigli, gli
hanno ripulito il portafoglio convinti di risparmiare loro uno stress. E
risparmiando per sé il malloppo riparatore dei crack finanziari. Davvero
finanza creativa, come direbbe Tremonti. Stefano Folli sul «Sole-24 Ore» di
domenica 18 dicembre 2005 spiega che lo scandalo odierno detto Bancopoli è
molto più debole rispetto a Tangentopoli ed a quello della P2 di venticinque
anni fa. Folli si presenta come allievo ed erede spirituale di Giovanni Spadolini
il quale era abituato a pensare: il maltempo non si vede dalla pioggia che cade
ma dagli ombrelli aperti della gente che cammina. Per cui se uscite senza
l’ombrello fate cessare la pioggia. La storia della P2 non è andata perduta nel
dimenticatoio, non è stata archiviata tra le favole della Repubblica. Chi siede a
palazzo Chigi, il presidente Berlusconi Silvio, era indicato nei registri della
loggia di tal Gelli Licio con il n. 625, due numeri dopo Selva Gustavo ed uno
prima di Costanzo Maurizio.

Scritto il 18/12/05 alle 17:19 in Attualità | Permalink | Commenti (0)


11/12/05
Val di Susa e fachiri
Francesco Totti ha rassicurato l'Italia commentando il sorteggio delle squadre
per i mondiali di calcio: «Non faremo sconti a nessuno». La sorte non sembra
averci favorito, ma noi sapremo resistere alle avversità: tireremo diritto, li
fermeremo sul bagnasciuga, spezzeremo le reni a qualcuno a scelta tra
Ghana, Usa oppure i Cechi pur di arrivare alla mèta. Tanta fermezza di
propositi ci consola in un panorama di notizie poco allegre. «Il servizio che
doveva stanare i grandi evasori è ormai inattivo. Che combinazione» (Corriere
Economia, 5 dicembre). Abbiamo visto manganellare in Val di Susa persone
che di notte dormivano dentro le tende per presidiare il territorio. Non hanno
toccato giovanotti dal volto coperto che alla luce del sole sono andati a
spaccare impianti e veicoli non difesi, tanto per far gioire Emilio Fede sulla
pericolosità degli anarchici. Abbiamo letto che di trafori in quella valle ne
sanno già parecchio alcune ditte che vi hanno fatto esperienza: una società
scandinava avrebbe piantato baracca e burattini dopo aver visto «una frana
seppellire una costosissima talpa americana», come sul Corriere della Sera
dell'8 dicembre ha rivelato Gian Antonio Stella. Il quale ha aggiunto: allora
quella montagna fu definita «una gran brutta montagna» segnata da fenomeni
carsici, fiumi sotterranei, temperature qua e là molto alte e presenza di
amianto. Torna in mente la storia del Vajont, una faccenda di perizie
geologiche inascoltate, una vicenda in cui la politica prese il sopravvento sulla
scienza. Con il risultato che sappiamo. Per ora il governo garantisce «le
garanzie» e seguendo la linea Totti non farà sconti a nessuno: niente
trattative bensì il «dialogo» suggerito da Fini, al «Tavolo di Palazzo Chigi» che
non è una pizzeria, ma il compito eccezionale affidato al sottosegretario alla
presidenza del Consiglio Gianni Letta. Il quale subentra al ministro
competente, i cui figli gestiscono la sua vecchia ditta specializzata in trafori e
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 582
già coinvolta dal 2002 nella progettazione del tunnel della Val di Susa,
secondo un'interrogazione dei senatori dei Verdi Anna Donati e Giampaolo
Zancan, citati da Stella. Quest'Italia che non fa sconti a nessuno ma apre il
tavolo a palazzo Chigi è magnificamente rappresentata da quel fachiro di
sessanta anni fa, di cui racconta Enzo Biagi. Non era indiano, chiuso in un
cassa di vetro fingeva di digiunare, in privato mangiava zucchero e carne. Finì
arrestato, lui.

Scritto il 11/12/05 alle 16:58 in Attualità | Permalink


10/12/05
Tondelli, la geografia letteraria della Riviera (1990)

Riccione, bagnanti in punta di penna

Nel 1990 una mostra sulla storia del turismo di Riccione per il titolo prese a
prestito la frase con cui Aldo Fabrizi aveva iniziato un suo telegramma:
«Ricordando fascinosa Riccione». Il catalogo presentò due lavori di Pier
Vittorio Tondelli, l’antologia «Un mare di cose da scrivere, l’Adriatico» ed il
saggio «Cabine! Cabine!» sulle «immagini letterarie di Riccione e della riviera
adriatica».
Nel 1985 Tondelli aveva pubblicato il romanzo «Rimini» e vinto il premio
speciale della XXXVIII edizione del Premio Riccione Ater per il teatro. A
vent’anni da quella data l’editore Guaraldi ripropone antologia e saggio in un
volume arricchito da testi di Fulvio Panzeri (curatore dell’opera) e di altri
autori tra cui Rosita Copioli. La quale nella sua breve pagina racconta il primo
incontro con Tondelli, «questo ragazzo ben educato, ancora quasi un tardo
liceale, ancora un’aria da oratorio», un «viaggiatore letterario» che
inizialmente apparve come un inventore di fantasiose immagini proiettate su
luoghi nei quali lei invece intravedeva i segni della «decadenza di oggi».

Dal borgo
al lido moderno
Dalle ricerche di Tondelli ricaviamo alcune curiosità e notizie. Sibilla Aleramo
aveva visitato Riccione nel 1911 e vi ritorna nel 1947 scrivendo: «Allora era un
umile minuscolo borgo, adesso le vie principali verso la spiaggia arieggiano
quelle del lido di Venezia […]». I prezzi sono «altissimi», ma la metà rispetto a
Cortina. Giorgio Bassani ne «Gli occhiali d’oro» (1958) rievoca l’episodio di
Benito Mussolini raggiunto a Riccione in spiaggia dalla notizia dell’uccisione
del cancelliere austriaco Engelbert Dollfuss. Un personaggio del romanzo
racconta delle bestemmie del duce e delle sue lacrime che «gli rigavano le
gote». (Era il tardo pomeriggio del 25 luglio 1934, ed i figli di Dollfuss si
trovavano a Riccione ospiti di Mussolini.)
Nel 1957 Guido Piovene descrive in «Viaggio in Italia» il dopoguerra
all’americana, segnalando il matrimonio fra il cosiddetto materialismo
emiliano, l’amore della tecnica e «l’avvenirismo pronto a ricevere nuovi
stampi». Nel 1973 il giallista Giorgio Scerbanenco sottolinea le scene dei locali
notturni riminesi, pieni di giovani, «tutti moderatamente ubriachi, ma che
fingevano di esserlo di più per far chiasso».

Bicicletta,
un’educazione
Tondelli si divertì a documentare la «metafisica» delle navigazioni in bicicletta
da Alfredo Panzini (1907), a Giovanni Guareschi (1941), a Cesare Zavattini
(1961), con una citazione non geografica ma metodologica e storica di Ezio
Raimondi, il grande e celebre italianista di Bologna: «… il ciclista era come un
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 583
marinaio perché aveva una sensazione lenta e diretta dell’aria come un luogo,
come liquidità», quando la bici «era il primo segno della maturità» al pari
dell’indossare i calzoni lunghi, ed era una «educazione allo sforzo» con rigide
regole da rispettare (la salita si faceva soltanto in piedi sui pedali mai
poggiandosi al sellino…).
Tornano i nomi di Pier Paolo Pasolini (al mare a Riccione nel 1930 ad otto anni
con mamma Susanna che scrive inquiete ed inquietanti lettere al marito), di
Filippo De Pisis e Giovanni Commisso, di Raffaello Baldini, Tonino Guerra,
Giuliana Rocchi, Nino Pedretti, per chiudere con Rosita Copioli e alcuni suoi
versi del 1989.

Diagnosi
e profezie
Tutto questo fa da sfondo al volume che s’intitola «Pier Vittorio Tondelli.
Riccione e la riviera vent’anni dopo». Le pagine che riguardano la figura di
Tondelli permettono un approfondimento molto specialistico che però non
impedisce continue derive sulla vicenda socio-economica dei nostri luoghi,
come l’eterno tema del «fuori stagione», lo scontro fra «mito estivo» e «sogno
invernale», per arrivare al «mito stanco» di Mattia Feltri («La Stampa», 21
agosto 2005), alla «stagnazione» certificata da Romano Prodi il 28 gennaio
scorso su Rai3 ospite di Serena Dandini (e noi credevamo che si fosse trattato
di uno scherzo dei cronisti…) ed alla ‘profezia’ dello scomparso Gianni Fabbri:
«Rimini è una città che ha un futuro se non dimentica di essere una città
costruita su ciò che non c’era».
Tutto questo riepiloga Fabio Bruschi, ben documentato anche nelle note. Per
la verità aggiungiamo soltanto che la città d’anteguerra aveva il suo dignitoso
mercato turistico, quindi qualcosa «c’era stato» anche prima delle bombe
annientatrici non soltanto delle case.
Antonio Montanari

Scritto il 10/12/05 alle 16:07 in Storia | Permalink


04/12/05
Giustizia cieca
La signora romana Maria Grazia, 34 anni, «aspetta giustizia». Commessa in
una catena di profumerie, quando rimase incinta del secondo figlio fu
trasferita dal negozio sotto casa dove lavorava, in una sede «molto lontana»
dopo aver ricevuto la richiesta di dimettersi. Nato il bambino, esibì un
certificato medico sul quale il sanitario aveva sbagliato la data che corresse il
giorno dopo. La signora Maria Grazia fu licenziata per frode e falso, come ha
detto a «Repubblica» del primo dicembre: «Mi sono rivolta ad un avvocato:
sono passati tre anni e ancora non sono stati ascoltati i testimoni». Lo stesso
quotidiano (30 novembre), sotto il titolo «A 85 anni in carcere con il
Parkinson», ha riferito il caso di Otello Sandrelli detenuto a Regina Coeli «per
scontare una pena di otto mesi dopo aver fornito false generalità». Il Garante
regionale dei diritti dei detenuti, Angiolo Marroni, ha segnalato il caso
sottolineando come il signor Sandrelli sia affetto anche da problemi cardiaci e
si trovi ora al Centro clinico del carcere dopo un ricovero per colica renale
all’ospedale di Santo Spirito. Tralasciamo il resto della notizia (arresto a
Firenze, trasferimento a Roma, solidarietà a Regina Coeli di detenuti,
personale, agenti, infermieri). Limitiamoci all’idea di questa Giustizia troppo
«bendata» anzi cieca, disumana e bifronte, veloce ed attenta per i ricchi e
potenti, lenta e crudele per Maria Grazia ed ancor più con Otello. Più il tempo
passa e più vediamo disattese le regole fondamentali del vivere civile. I politici
spiegano che i problemi sono all’esame delle loro nobili attenzioni. I burocrati
offrono mille paraventi: scarsità di organici, mancanza di fondi, intoppi
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 584
legislativi, colpe remote attribuibili a Galileo Galilei, Cristoforo Colombo,
Giuseppe Garibaldi. La mitica gente comune ha altre preoccupazioni, tipo:
perché un giocatore africano del nostro campionato non lo si può
democraticamente definire «negro di merda»? Esistono per fortuna anche
preti caritatevoli, qualche intellettuale depresso che non s’affanna alle corti
dei potenti ma sulle piaghe nascoste dei dolori altri, oltre a qualche
intelligente garante come Angiolo Marroni. Facciamo adunate e manifestazioni
per i Diritti dell’Uomo e del Cittadino, manca però il buon senso, quello che
non si vende a prezzi scontati o con offerte speciali, in questo orgoglioso
Paese che vuol esportare la Democrazia dimenticandosi di realizzarla in casa
propria.

Scritto il 04/12/05 alle 17:38 in Politica e attualità | Permalink | Commenti (0)


Dal 1999

27/11/05
Casini

La Margherita ha convocato un «Big Talk». Come hanno scritto su


«Repubblica» di oggi domenica 27 novembre Alberto Arbasino e Filippo
Ceccarelli, nel parlare inglese «Big Talk» significa «fanfaronata» oppure «vana
chiacchiera». Per un convegno sulle prossime elezioni, non c'è male.
Più tranquillo sotto il profilo linguistico oggi domenica è apparso l'on. Casini
sostenendo che «dobbiamo stringere la cinghia». Sembrava Prodi. Entrambi
sono di Bologna, che male c'è se dicono la stessa cosa: basta con gli
«illusionisti». Se maggioranza ed opposizione concordano sulla diagnosi, si sta
avverando la nostra ipotesi d'un governo a targhe alterne fra Berlusconi e
Prodi, nei giorni pari l'uno in quelli dispari l'altro.
Tempo fa, non ricordiamo quando, scrivemmo che Casini aveva posto il
cappello sulla poltrona di Palazzo Chigi. Se gli riuscisse l'impresa, gradiremmo
un pubblico riconoscimento, ci accontenteremmo della nomina a cavaliere di
gran cordone. Sulla quale ci giochiamo tutto, aggiungendo che però la sua
frase «Viviamo sopra le nostre possibilità» è addirittura un reperto
archeologico, essendo stata pronunciata da Ugo La Malfa (padre di Giorgio)
una trentina d'anni fa, quando Casini portava i calzoni corti ed andava al
campeggio.
Parliamo di un'altra parola non troppo elegante che appare a nostro avviso in
modo inopportuno ed inappropriato nel sottotitolo («Le stagioni dell'odio»)
dell'ultimo libro di Bruno Vespa, dedicato a «Vincitori e vinti», e che vuol
essere un viaggio nella Storia «dalle leggi razziali a Prodi e Berlusconi». Per
quello che ci risulta né il Cavaliere né il Professore si son fatti promotori di
campagne politiche finite con l'eliminazione fisica degli avversari. Pure se sul
«Corriere della Sera» di domenica 27 novembre ci è accaduto di leggere
quanto ha detto inavvertitamente Berlusconi alla «convention» (poteva non
esserci la parolina inglese?) di Forza Italia: non dobbiamo cedere Palazzo Chigi
all'opposizione, cioè ai «comunisti». I quali, «anche se si spacciano per
socialisti, per liberali», ha precisato, «sono da eliminare, anche se non
fisicamente, politicamente». Anche se non, dunque. Forse è colpa di Bruno
Vespa e dell'«odio» teorizzato in quel sottotitolo infelice. Se Vespa vuole
occuparsi di Storia, lo faccia non tanto per rendere ridicoli i contemporanei
(che possono riuscirci da soli con i «Big Talk»), ma per rispettare i morti del
1938 frutto del vero odio antico.

Scritto il 27/11/05 alle 17:37 in Attualità | Permalink | Commenti (0)


Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 585
26/11/05
Gli Ebrei a Rimini

Gli Ebrei a Rimini (1015-1799)


Nel 1548 Rimini anticipa il ghetto ebraico
Sette anni dopo c’è la «bolla» di Paolo IV.

L'articolo prosegue qui.

Scritto il 26/11/05 alle 16:50 in Storia | Permalink | Commenti (0)


25/11/05
Grillo

Beppe Grillo ha dichiarato a Sebastiano Messina di Repubblica (ieri 24


novembre, pag. 15): «Su Internet nasce la nuova democrazia».
Aprendo questo mio blog avevo scritto:
«Internet è strumento di democrazia.
Speriamo che la democrazia faccia progressi non con la ragione delle armi ma
con le armi della ragione.
Ed auguri anche per un uso consapevole di Internet. Un uso rivolto non ad
offendere ma a difendere le ragioni di tutti. Un uso intelligente al servizio del
bene comune.»
Scusate l'autocitazione.

Scritto il 25/11/05 alle 18:21 in Internet e media | Permalink


21/11/05
Periferie

Non per nulla ci crediamo, ognuno di noi, al centro dell'universo. Millenni di


vicende belle o brutte sembrano darci ragione, se pensiamo di essere i
padroni di tutto. Il bello degli errori logici è che sono così virtuosamente
affascinanti da mostrarsi come perle di saggezza. Insomma quel «fatti più in là
che passo io», non è una fesseria qualsiasi uscita di bocca, vergognosamente
e per caso. L'idea della superiorità razziale ad esempio è nata, cresciuta ed è
stata convalidata in ovattate ed eleganti stanze, dove il minimo disordine era
evitato perché avrebbe potuto sconvolgere le sicurezze mentali anche più folli
di chi stava seduto a tavolino ad emettere sentenze, disegnare mappe
ideologiche, sacrificare il meglio per migliorarsi non attraverso un tirocinio
personale, e quindi fatica propria, ma scacciando una fetta del proprio
prossimo, considerandola composta di individui spregevoli da cancellare in
maniera indelebile dalla faccia della terra.

Adesso che si parla tanto di periferie, delle esplosioni sociali avvenute in altri
Paesi europei, e delle minacce che immaginiamo anche per il nostro,
dovremmo fare attenzione a guardare dentro noi stessi per poter osservare
meglio chi ci sta vicino e che tentiamo di allontanare da noi. Siamo tutti
periferici. Nella vita, nel mondo, nella geografia. Nella storia. Siamo spesso e
volentieri anche periferici a noi stessi. Siamo pure meticci. L'importante è
saperlo per non disprezzare gli altri.
Le certezze filosofiche cedono facilmente il passo alla più rabbiosa reazione.
Nel 1764 Voltaire scriveva sugli Ebrei: «Insomma non troverete in essi che un
popolo ignorante e barbaro, che unisce da molto tempo la più sordida avarizia
alla più detestabile superstizione e al più tenace odio per tutti i popoli che li
tollerano e li arricchiscono. Tuttavia non bisogna bruciarli». Grazie per quel
filosofico «tuttavia». Anche questo è Illuminismo, una sua parte soltanto, ma
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 586
comunque una parte. Basta ricordarsene al bisogno.

Il male del vivere sociale è sottile. Marco Valsania su «Il Sole 24 ore» di
domenica 20 novembre ha raccontato «la città fantasma di New Orleans»
dopo il disastro dell’uragano Katrina di agosto: «Congresso e Casa Bianca
cercano di frenare sulla spesa, adducendo il timore di sprechi e piani
inadeguati». La città può ospitare 250 mila persone, ne sono tornate soltanto
100 mila delle 500 mila residenti: «quasi tutti bianchi e benestanti». Però sta
per riaprire lo zoo.

Scritto il 21/11/05 alle 17:45 in Politica e attualità | Permalink


19/11/05
Pari & dispari

Avevamo il proporzionale. Gettato alle ortiche come causa d'ingovernabilità


politica. Si diceva: troppi partiti, cambiamo il sistema e tutto andrà meglio.
Detto e fatto. Abbiamo introdotto il maggioritario. Due blocchi. A destra ed a
sinistra. Così saremo felici e soprattutto ricchi, hanno creduto in molti. I partiti
si sono moltiplicati come funghi. Anzi molti sono stati (e sono) soltanto dei
partitini. La definizione ricorre ad un vezzeggiativo pieno di affetto o
compassione: «poverino, il partitino», oppure «quanto ti amo partitino mio,
con i soldini che procuri». Ci siamo scoperti non ricchi e non felici, per cui
hanno deciso di gettare nella pattumiera il maggioritario e meditare il ritorno
al proporzionale.

Il maggioritario si basa sul potere (strapotere) di un leader. Il proporzionale


era (ed è) la giungla in cui ognuno corre per conto proprio. Soltanto il
proporzionale italiano delle elezioni del 2006 dovrebbe fare eccezione,
all'insegna del motto: dividiamoci, ma facciamo finta di essere uniti. Fini e
Casini ad esempio sanno che chi prende più voti rispetto al passato può
pretendere di sedere a palazzo Chigi se le urne sono favorevoli al loro
schieramento. Berlusconi pretende che i due monelli stiano zitti ed in castigo.
Non si è forse accorto che la sua pensata di tornare al proporzionale può
essere l'arma fatale fornita ai suoi pupilli contro di lui.

Il ministro Tremonti ritiene che le urne del 2006 non permettano un governo
solido, per cui ha lanciato la proposta di una grande coalizione alla tedesca. Lo
ha seguìto soltanto Follini ovviamente per far dispetto al Cavaliere,
immaginandolo seduto a trattare con Prodi e Bertinotti. Meraviglia che
l'economista Tremonti non sappia come un programma di grande coalizione
alla tedesca sia impossibile nell'Italia che vuol continuare a diminuire le tasse
ed a favorire i grandi capitali. La signora Merkel ha proposto alla controparte
ed al suo Paese tra le altre cose l'aumento dell'Iva, la tassa sui ricchi e
l'abbandono del nucleare. Se a Roma leggessero i progetti della signora
Merkel si accorgerebbero che sono più rivoluzionari di quelli dell'Ulivo, e quindi
lascerebbero perdere la grande coalizione. Alla quale forse si arriverà lo
stesso. Siamo abituati ai contrasti logici. Forse dopo le convergenze parallele
ed il partito di lotta e di governo, avremo le dissonanze incrociate a
circolazione alternata. Nei giorni pari Prodi, in quelli dispari Berlusconi.

Scritto il 19/11/05 alle 13:56 in Politica e attualità | Permalink


Benvenuti

Benvenuti ed auguri alla Stampa.


Ma anche auguri a tutti noi. Internet è strumento di democrazia.
Blog di Antonio Montanari su “Stampa.web” 2005-2008, pagina 587
Speriamo che la democrazia faccia progressi non con la ragione delle armi ma
con le armi della ragione.
Ed auguri anche per un uso consapevole di Internet. Un uso rivolto non ad
offendere ma a difendere le ragioni di tutti. Un uso intelligente al servizio del
bene comune.

Scritto il 19/11/05 alle 10:30 | Permalink

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