Download as pdf or txt
Download as pdf or txt
You are on page 1of 28

MARCO PALLADINI

LA PIETRA E LA CROCE
DITTICO TEATRALE
Marco Palladini

La pietra e la croce
Dittico teatrale
PROMETEO
O IL SACRO FUOCO DI UN DIO MINORE

(L’attore che interpreta Prometeo)

1. Genealogia familiare del divino

… in principio, lo sapete, era tutto un caos,


era tutto confuso, un gorgo indistinto, non si capiva nulla,
la luce e il buio, l’alto e il basso, il grande e il piccolo,
il visibile e l’invisibile, materia e antimateria, era tutto assieme,
tutto fluiva nella stessa corrente di energia della creazione…
infinite esplosioni e radiazioni e gemmazioni coi colori dell’origine…
poi gli elementi si separarono… l’aria, l’acqua, il fuoco, la terra,
i metalli… l’universo prese forma… dall’abisso si generò la bellezza…
ma da quel vuoto pieno di forze e di passioni di ogni genere
si separarono anche il bene e il male… e… e da lì nacquero i guai…

(Pausa)

… mi chiedono sempre come si è arrivati a tutto questo…


beh, è una storia lunga e complicata… io stesso non so
se riesco a comprendere tutti i suoi passaggi tortuosi…
io qui riferisco quello che mi è stato raccontato… il cosmo
si specchia nella sua eternità e nell’istante… cioè si rinnova
ogni momento e ad ogni passo conferma la sua natura perenne…
il cosmo è, così, un campo di tensioni permanente e insieme
la dimensione che dà senso e fondo ad ogni essere, ad ogni
lampo di vita… è in questo campo beato e perturbato che
dopo tutte le separazioni e le battaglie della materia e dell’essenza
il signore del cielo, Urano, stabilì il suo immortale dominio
e affermò il suo potere sopra il creato e tutte le creature…

(Pausa)

… ma il cosmo, come vi ho detto, è sempre in tensione…


dunque, resta alla fin fine un caos… un caosmos potremmo chiamarlo…
e in questo caosmos per suggellare l’unione tra il cielo e la terra,
Urano decide di fecondare Gea, il cui ventre sgrava esseri possenti…
i Ciclopi e i Titani… figli rigogliosi e impudenti, figli di enorme forza,
figli ribelli che Urano teme e che allora precipita nelle viscere della terra…
che il loro destino resti sepolto laggiù e… non se ne parli più… e invece
è il più giovane di loro, Kronos, che sfugge al controllo del padre

• Marco Palladini La pietra e la croce Dittico teatrale • pag. 2


e gli si fa sotto e con una micidiale falce lo evira… urla di gioia Kronos
al momento della divina castrazione, quindi ebbro di superiore
e feroce volontà si avvia trionfale ad assumere il suo potere divino…

(Pausa)

…. questa, sapete, è come una storia a puntate… e ad ogni puntata


la storia si rovescia su se stessa… ogni protagonista rovescia
il suo punto di vista e di vita… così Kronos assumendo il ruolo del padre,
diventa come il padre… teme anche lui che i suoi figli a loro volta
si ribellino, gli tolgano il rispetto di sé e l’ambito potere di signore supremo
del cielo e della terra… perciò il vigile sposo di Rea agisce in anticipo…
fa guerra preventiva alla prole… divora i figli appena sono nati….
ma ogni piano, anche divino, non è perfetto… presenta un falla…
e succede che Rea, sgravato il sesto figlio, di nome Zeus, lo nasconde
e riesce a metterlo in salvo… Zeus cresce astuto e predace, volitivo
e sensuale, e, una volta pronto, assalta il padre Kronos
e lo spodesta… il nuovo dio di tutti gli dei armeggia abile
con tuoni e fulmini e sbaraglia tutti gli avversari… sgomina
i Giganti e i Titani, poi vince il fratello Poseidone, padrone degli inferi marini,
tanto per far intendere a tutte le creature chi ha il comando
puro e duro… e per compiere l’opera si fa infine sposo della sorella Era…

2. Il fuoco del conflitto

Zeus, già, è lui il mio grande nemico… lui che mi odia


oltre ogni orizzonte del possibile e del comprensibile…
ma io, invece, riesco a comprenderlo… sì lo comprendo
perché non mi controlla, non mi può controllare,
può farmi suo prigioniero, ma avermi sottomesso e suddito,
questo mai… e questo lo fa impazzire di rabbia e di astio…
è una storia lunga… dèi e semidèi nella spirale della lotta
e non più appassionatamente insieme… nodi che non si sciolgono…
patti che si infrangono… sguardi che si sfuggono…
illusioni che ritornano… verità che non si dicono…

(Pausa)

Io ero… e sono Prometeo… quello che diede forma e sostanza


agli uomini… io l’artista e il filosofo che li modellò con queste mani
con l’argilla della Tessaglia… Io ero e sono Prometeo… il titano
che pensa prima… quello che antivede… che vede prima e contro…
quello che agli uomini donò intelligenza e memoria, per farli animali
ma diversi… in certo modo partecipi dell’essenza del divino…
ed era questo che non piaceva a Zeus, che molto diffidava
di questi umanimali intelligenti e non faceva mistero del proposito
di distruggerli prima che, diceva, “questi alzino troppo la testa
e la cresta e si rivoltino contro il nostro potere”… ma io ero
e sono Prometeo e difesi le mie creature… e quando organizzarono

• Marco Palladini La pietra e la croce Dittico teatrale • pag. 3


un sacrificio di conciliazione per gli dei, fui io, in qualità di arbitro,
a decidere come dividere il grande toro immolato sull’altare…

(Pausa)

Così, squartai e feci a pezzi e a brani la bestia… e le carni migliori


le celai sotto la repellente pelle del bruno ventre del toro…
mentre posi le ossa sotto una coltre di lucido appetitoso grasso…
quindi invitai Zeus, a capo della schiera degli dèi, a fare la scelta…
l’ingordo si buttò sul grasso, ma quando capì di essere stato raggirato…
o meglio, secondo me, di essere stato ingannato dalla sua stessa
supponenza e arroganza… diede fuori di matto, scagliò maledizioni
e condanne contro tutto e tutti… gli uomini carnivori li rese
poveri mortali, poi tolse loro definitivamente il fuoco e lo nascose
là dove essi non avrebbero mai saputo e potuto arrivare…
sull’inaccessibile per gli umani monte sacro dell’Olimpo…

(Pausa)

Proprio lì dove io, invece, con l’aiuto di Atena, di notte arrivai


di soppiatto… sottraendo una furtiva fiamma al carro di Elio…
e quel fuoco divino lo riconsegnai subito agli uomini miei figli
e miei protetti… questo Zeus non me lo perdonò, non me lo poteva
perdonare e con inestinguibile furore proclamò la mia sventura eterna…
ed ecco che qui nella zona più impervia ed inospite del Caucaso
mi fece trascinare dai suoi pretoriani perché io scontassi
la condanna perenne sino alla fine dei tempi e pure oltre…

3. La scena della colpa

Su questa triste roccia tempestosa ricordo il fiero cipiglio


e la parole di Cratos, il potere carnefice inviato da Zeus
a fare sinfonia del mio dolore… “Dovrai imparare a odiare
il potere del dio di tutti gli dèi… dovrai soffrire tutta l’enormità
della tua colpa… dovrai per sempre dimenticare ed emendare
il tuo amore per gli uomini”… Era con lui, Efesto, figlio del mio
immortale nemico ed anche mio cugino che tentennava dinanzi
all’ordine crudele… “È certo grave disobbedire al padre,
disattendere le sue decisioni… ho di fronte a me il combinato
del potere e della forza, eppure… eppure mi chiedo se sia giusto
che io con la violenza dell’ordine sottometta a tortura chi in fondo
proviene dalla mia stessa origine divina… io dubito, ma lo farò,
so che dovrò farlo… lune rosse incendieranno la notte e all’alba
la pena riceverà dal sole il suo definitivo sigillo… non è questo,
Prometeo, l’avvelenato frutto per avere tu troppo amato e favorito
i tuoi uomini?... avere sfidato il dominatore nuovo del cielo
e la sua rampante durezza non è stato un tragico, fatale errore?”…

(Pausa)

• Marco Palladini La pietra e la croce Dittico teatrale • pag. 4


Efesto così parlava, ma l’arcigno Cratos lo incalzava…
“Perché stai a perdere tempo… un ordine è un ordine
e prontamente va eseguito… non è un bello spettacolo
mostrare pietà per una nullità stramaledetta dagli dèi
e dal loro capo… chi tradisce gli immortali per i mortali
non merita rispetto alcuno… questo semidio e mezzouomo
lo precipitiamo nell’abisso senza tempo dell’infamia…
niente altro si merita… su, avanti, legalo con le pesanti catene…
la rupe feroce brama di tenerlo tra le sue aguzze braccia…
batti, batti e ribatti i ceppi con il maglio… fissali, fissali per bene,
che non possa mai più liberarsi… e infine prendi l’arco
del cuneo ferrigno e che il suo morso gli stringa il petto…
INCHIODA! INCHIODA! INCHIODA! per Zeus… e la sua gloria…
avanti, smettila di darti pena, Efesto molliccio e debole di cuore…
quel che doveva essere fatto, è stato dunque fatto… ancora
una cosa: ma tu, titanico Prometeo, non eri il previdente?...
e come mai la tua miseranda fine non l’avevi prevista?...
la tua fama era evidentemente usurpata, impotente di un sottodio…
sei della specie peggiore… è bene che la tua storia termini qui”…

4. Persistenza del ribelle

C’era una volta Prometeo e adesso non c’è più?... errore,


Prometeo c’è, c’è ancora… benché ridotto ad un corpo sfiancato
e martoriato da quest’aquila reale che giorno dopo giorno
fa banchetto con il mio grosso fegato che, notte dopo notte,
inarrestabile ricresce per ridarsi di nuovo in pasto al terribile
e famelico uccello…è questo il mio quotidiano, sempiterno inferno…
carne più disgraziata della mia non ce n’è tra la terra e il cielo…
e nondimeno io ci sono ancora, con la mia testa e col mio spirito indomito…
io ci sono piagato, ma non piegato… andatelo a spiegare al dio superiore
che così mi ha ridotto… andategli a spiegare che il dio minore
che l’ha sfidato, non si è pentito… che l’avere riconsegnato il fuoco
agli uomini è stato un atto più sacro ancora dei suoi odiosi diktat…

(Pausa)

Da quando sono qui, avvinto a questo funesto sperone della Scizia,


non sono invero sempre stato solo… molti mediatori, veri
o finti consolatori, sono venuti in pellegrinaggio da me…
alcuni avidi di vedermi, di vedere l’incatenato… magari
con malcelata soddisfazione… altri pronti a dispensarmi
non richiesti consigli… rammento bene le loro parole…
“Ti sei murato vivo nel tuo luciferino orgoglio… tu portatore
e predatore di fuoco… ma questo fuoco ora alimenta il rogo
della tua condanna… la furia di Zeus, la determinazione implacabile
della sua legge non ti concederanno tregua… vieni a più miti pretese…
la forza del fato non si vince col tuo rifiuto di irriducibile…

• Marco Palladini La pietra e la croce Dittico teatrale • pag. 5


noi siamo qui per farti riflettere e aiutarti ad alleviare il dolore”…

(Pausa)

Mi tentavano i demoni olimpici… parlavano alla parte di me


che combatte contro di me… ricamavano arpeggi con gli accordi
della mia debolezza… “Perché, lo sai, c’è una via d’uscita alla tua pietosa
condizione… sì, c’è qualcosa che persino il supremo Zeus può volere
da te… non fare finta di non capire… tu riottoso titano lo conosci bene,
visto che sei stato tu ad aiutarlo a rovesciare il padre Kronos…
tu che sei stato lo stratega della sua ascesa al potere, adesso
puoi essere lo stratega della conservazione del suo potere…
tu che vedi oltre, puoi indicare a Zeus le mosse e gli atti
che prevengano l’arrivo di un altro dio pronto a spodestarlo…
se farai questo, il signore del cielo non ti sarà indifferente,
saprà capire, riflettere e potrà essere con te clemente”…

(Pausa)

Così parlavano gli intermediari tra l’abisso e l’etere…


voci forse ingannevoli e forse no che si insinuavano
nella mia testa in tempesta… mentre l’adunco becco
d’aquila non cessava di torturarmi il fianco… eppure, NO…
sì, io dissi NO, NO, NO… rifiutai di andare in soccorso di chi
mi aveva dannato e così atrocemente umiliato…
dissi NO a chi voleva che aiutassi un potere tirannico
che era l’opposto di ciò in cui credevo e che aveva
animato il mio agire di semidio… dissi NO, perché
se ribellarsi è giusto, non c’è mediazione possibile
tra il ribelle e il persecutore… persisterò, dissi,
e brucerò nel fuoco della mia pena, per aver voluto dare
il fuoco della conoscenza agli uomini… la mia missione
in fondo è stata compiuta… non ho altro da aggiungere…

5. Storia di IO ovvero Io sono la storia della mia


maledizione

Incalcolabile tempo trascorso e l’ululato di venti turbinosi


che, infine, per un po’ si placano e nel silenzio naturale
o quasi mistico, ecco le urla, i lamenti e i pianti
della fanciulla perseguitata a causa del mio stesso nemico…
e dunque mia amica… ecco IO, la figlia di Inaco…
primo sovrano della città di Argo… ecco IO, la ninfa errabonda,
la vergine trasfigurata, trafitta dall’estro del fato… ecco IO,
la raminga inseguita dalle grida dell’incubo, dai suoni stridenti
della memoria… dai mostri dell’angoscia e del terrore…
ecco IO presso di me, l’impotente e crocifisso alla cruda
roccia possente… ecco IO in forma di giovenca,
pronta a fare domande di amara e cupa risonanza…

• Marco Palladini La pietra e la croce Dittico teatrale • pag. 6


pronta a chiedere conforto e a raccontare la sua misera vicenda…

(Pausa)

“IO sono quella un dì bellissima, bramata ed amata da Zeus…


al cui desiderio non si poteva resistere o sottrarsi…
IO sono quella perseguitata da Era, sua moglie, pazza
d’odio a pensare il marito nel talamo focoso insieme con me…
IO sono quella che per sfuggire alla gelosia funesta della dea
venni da Zeus tramutata in vacca… scacciata dalla mia casa,
scacciata dalla mia terra… un povero animale, porca vacca
rinnegata e sola… ma Era la furente scoprì il trucco e
costrinse Zeus a consegnarmi a lei… IO sono quella umiliata
e derisa che fu legata ad un ulivo e sorvegliata notte e giorno
da Argo, il pastore guardiano dai cento occhi di brace…
IO sono quella che Era, non contenta, faceva tormentare
da un tafano forsennato… morsi impossibili da sopportare…
IO sono quella vittima piangente che Zeus si decise ad ascoltare,
inviando il fido Ermes ad annientare Argo il terribile…
IO sono quella che allora scappai, scappai, scappai…
fuggii senza tregua, senza pace, senza aiuto… addosso
le ombre, i fantasmi, i dementi spiriti che mi hanno
condannata a questa vita incatenata a un odio senza fine…
IO sono quella che ora sono qui a chiederti lumi sulla mia sorte…
lumi veraci, però, ché le parole false o ambigue sono
un male ulteriore che giusto mi ripugna”…

(Pausa)

Così venne a parlarmi quella umanissima bestia che


rispondeva al nome di IO… e a cui dovevo risposte
non oblique… repliche distinte a chi come me soffriva
l’infelice destino di un odio inestinguibile… destini,
i nostri, che intrecciavano le mosse di quella divina e vivida
coppiaccia… Zeus ed Era, Era & Zeus… gli dèi si fanno
e poi si accoppiano o malaccoppiano, è lo stesso,
comunque fanno danni, immensi i danni dell’arroganza
e del potere senza misura e fuori controllo…
forse è da qui che ai miei cari umani venne un giorno in mente
di porre mano al fatto e al malfatto ed inventare la democrazia…

(Pausa)

Rifacendomi voce della visione, profetai allora ad IO,


la sventurata: … Le tue traversie sono appena iniziate…
il cammino sarà lungo e doloroso… ti dirigerai dapprima
ad oriente viaggiando per le terre solcate dai nomadi Sciti…
più oltre giungerai al fiume violento, l’impetuoso Ibriste…
a fatica lo supererai per inerpicarti sull’alto Caucaso…
e quindi discenderai a sud verso Temiscira, la capitale

• Marco Palladini La pietra e la croce Dittico teatrale • pag. 7


del regno delle Amazzoni sterminatrici del maschio,
che ti festeggeranno… ancora andrai in Tracia, a Salmidesso,
e poi nello stretto dei Cimmeri, giù giù fino a quel passaggio
di mare a cui lascerai il nome di Bosforo… ormai l’Europa
sarà alle tue spalle, ti inoltrerai nelle terre d’Asia…
trapasserai le onde e le spume che dividono i continenti
e seguendo il cammino raggiante del sole approderai
sul suolo d’Africa, sino al fiume Etiope e poi al luogo
matrice del papiro e del Nilo santo dalle acque maestose
e dolci… lungo il corso nilopide, cercando il tuo
definitivo Egitto, capiterai nella città di Canopo dove Zeus,
infine, con il tocco della pietosa mano, ti ridarà l’umano sembiante …
e lì genererai un nero Epafo che s’impianterà glorioso
sui campi irrigati dal Nilo arcano… sarà il primo sovrano egizio,
fondatore di Menfi… altre cinque generazioni si succederanno
a lui e innumeri, aggrovigliate, tragiche vicende di supplici
e di familiari massacri… ma dalla tua seminale stirpe nascerà ad Argo,
da ultimo, l’eroe fortissimo che sarà il mio agognato liberatore…

(Pausa)

La voce divinatrice si stava acquietando in me, ma già IO


più non mi ascoltava e si stava allontanando dalla rupe,
stravolta, direi, piuttosto che risollevata…
un gorgoglio disumano dalla sua gola di empia, trista vacca…
“IO sono una frana, uno sfacelo penoso… IO sono la mattìa,
la malattia, il delirio di una febbre che non si placa…
IO sono l’anima non salva che scalcia d’orrore contro
l’ira divina belluina … IO sono l’assurdo fatto essere vivente
e deprivato di una vera vita, di una sua propria via…
IO sono una lingua che non è più la mia… IO sono una parola
che è melma, che è merda, che è il pantano in cui sprofondo…
IO sono la mia maledizione e la maledizione del mio io”…

6. Dal vaso proibito i mali nel mondo

Non cedo, cado, mi affanno, mi sollevo, ricado ma non cedo…


nella radente curva della luce che a sprazzi folgora l’orizzonte…
il visibile e l’invisibile colluttano e poi si sposano nel mio cuore
squarciato, ma saldo… cado sì, ma pugnace e mai vinto non cedo…
nel mio animo di vecchio, ferito combattente si affollano
sentimenti contrari, pensieri convulsi, schegge di ricordi…

(Pausa)

Ecco quello che rifletteva dopo… sì, Epimeteo, mio fratello


e mio alleato, che Zeus volle sottrarre al suo castigo divino,
per poterlo convenientemente e subdolamente usare
come strumento della sua fiera vendetta contro gli inferiori uomini…

• Marco Palladini La pietra e la croce Dittico teatrale • pag. 8


così lo indusse ad ammogliarsi con la bella Pandora, donna sventata
e sciocca che rubò al marito un vaso proibito in cui io avevo rinchiuso
tutti mali del mondo… pilotata dal padrone del cielo, Pandora ruppe
quel vaso e la fatica, le malattie, la vecchiaia, la pazzia, le cattive passioni
e la morte si precipitarono fuori… e presero possesso dell’umana stirpe,
a cui rimase soltanto la flebile speranza… la volontà residua di credere
all’illusione di una cosa, ad uno spettro che si aggira per il mondo
e mai si lascia afferrare… ma non disperarti Epimeteo, i buoi sono ormai
fuggiti dalla stalla… i demoni sono ovunque… tu non puoi farci più nulla…

(Pausa)

Pietrificato nel dolore sopra questa pietra bruta… mi domina


il superbo, rancoroso Zeus, ma non può leggermi nel pensiero… non sa
che io so che sta apprestandosi all’unione con colei, l’innominata,
da cui nascerà il potente virgulto che lo rovescerà… era questo
il senso dell’anatema scagliato dal padre Kronos dopo essere stato
buttato giù dal trono superiore… padri e figli… figli e padri…
una continua crudele lotta di cannibali che va avanti dalla notte
dei tempi… che è l’alfabeto stesso della vita… che è l’immanente
logica dell’essere sia immortale che mortale… già, a pensarci:
come e quanto si assomigliano gli dèi e gli uomini…
e allora chi ha inventato chi?...

7. L’incatenato scatenato

Ho la vista offuscata… ma chi vedo? vedo un altro valletto di Zeus…


Ermes, lo psicagogo… Ermes, il dio che le anime dei morti
con solerzia accompagna laggiugiù agli inferi… Perdi il tuo tempo,
Ermes, io non posso morire… non sono destinato a finire nel Tartaro…
io sono stato dannato al martirio in sempiterno dal tuo principale…
o gli ordini sono cambiati?...
E quello... “Non fare lo sbruffone… questa arroganza non ti
ha giovato e non ti giova… Zeus vuole sapere di quali nozze
vai cianciando… a cosa alludi?… a chi ti riferisci?... che cosa insinui?…
niente giochetti infidi ed enigmi puerili… devi parlare chiaro…
precisare nomi e fatti… e questo, maldisposto ed eversivo
profeta in catene, è un ordine del padre degli dèi…
un ordine indiscutibile, se non vuoi che il peggio del peggio
del peggio si prepari per te”…

(Pausa)

Allora io: … soffro, rido e non parlo… soffro e rido… ti rido


in faccia, lacchè di Zeus, leccapiedi del padrone dell’Olimpo…
considero un onore essere lo schiavo di questa pietra di tortura…
mille volte meglio questo che essere il meschino sicario del padrino,
del mammasantissima, del capo dei capi… io ti disprezzo Ermes
e mi glorio di essere odiato da chi odio… la guerra eterna

• Marco Palladini La pietra e la croce Dittico teatrale • pag. 9


non l’ho incominciata io, ma la combatterò fino in fondo…
l’infamia non è dalla mia parte… che si spacchi il cielo
e tra rombi di tuono Zeus scagli i suoi fulmini assassini…
che gli uragani sconvolgano i mari e le terre… che le tenebre
vengano ad abitare il mio cuore ed altre cento aquile facciano
a brani il mio corpo… tutto ciò non piegherà Prometeo,
fosse l’unico e l’ultimo essere del caosmo… il caso e la necessità
si sono stretti in me… Zeus non mi può annientare e io gli regalo
la vertigine del dubbio che il suo regno stia per terminare…

(Pausa)
!
Ermes lo scornato, vanamente minaccia… “Sono parole gravi…
inconcepibili per un Titano nella tua condizione… sono le parole
di un folle… sono i vaneggiamenti di un demente… sono i pensieri
di un masochista… diffido chiunque, uomo o semidio, a darti retta…
a seguirti in questa tua pazzia pericolosa e sovversiva… chi si
proverà a darti aiuto o sostegno se la vedrà con la collera
del dio di tutti gli dèi e la tua sventura senza fine raggiungerà
pure lui… questo io dico e ridico e maledico in nome del signore
supremo… chi doveva essere avvisato è stato messo sull’avviso…
domani non potrà dire che non sapeva… la stirpe prometeica
brucerà in quel fuoco che gli è stato recato da questo impuro folle,
da questo dissennato riottoso… è lui l’assoluto perdente”…

(Pausa)

E se ne va, infine, il pessimo necroforo, Ermes, con le sue


ingiurie e le sue promesse di guai su guai… ma io già so
che camminano con me quelli che tremano, ma lo stesso
non arretrano… camminano con me quelli marchiati
dalla sacra fiamma della conoscenza e del vero sentire
e, dunque, pronti al mortale sacrificio… camminano con me
quelli che più non accettano gli incomprensibili arcani
di poteri superiori e rivendicano il proprio libero arbitrio…
camminano con me quelli che cercano una giustizia terrena
e più non si fidano dei dogmi assoluti del cielo… camminano con me
quelli che già sono una nuova razza di umani che hanno visto la luce…
camminano elettrici con me quelli che vogliono prendere luogo
nel non-luogo… camminano con me quelli che incarnano
la speranza del futuro e si mettono alle spalle i miti, i divieti,
gli dèi oppressivi e il buio che acceca del passato…
!
(Pausa)

Quando fra millenni giungerà l’erculeo, benedetto mio liberatore


che ucciderà con la freccia d’oro l’aquila aguzzina e mi strapperà
da questa roccia di orrore… la nera pioggia allora cesserà e nell’azzurro
sarò di nuovo e per sempre con loro… insieme padre e figlio…
sarò il puro spirito di PROMETEO SCATENATO,

• Marco Palladini La pietra e la croce Dittico teatrale • pag. 10


PROMETEO SALVATO, PROMETEO RIVELATO, PROMETEO RINATO…

_________________________________________

* Prometeo o il sacro fuoco di un dio minore, è andato in scena al Castello


svevo-normanno di Lamezia Terme, settembre 2009; Coop. Itinerari di conoscenza;
ideazione scenica e regia: Pippo Di Marca; interpretazione: Antonello Cariglino;
musiche live: Claudio Mapelli; disegno luci: Giovanna Bellini.

• Marco Palladini La pietra e la croce Dittico teatrale • pag. 11


PASSAGGIO DENTRO LA PASSIONE

Non tutti sono puri

L’ombra cammina con me perché è parte di me

Io sono passato accanto ai palazzi calcinati


e alle cucine del potere dove gli straccioni
sono scacciati e presi a calci nei vicoli malodoranti

Io sono arrivato dove tu, Jesus, stavi lavando i piedi


a chi, in fondo, ti seguiva e non capiva da dove veniva
la smisurata energia della tua umiltà

Quanto orgoglio e quanta forza


nei tuoi gesti semplici e definitivi
quanti fiori sono fioriti e poi disseccati
per attendere il compimento di ciò che era scritto

Quelli che mangiano il tuo pane


non sono quelli che avevano alzato il piede
contro di te? Quanta fede e fame di altro
hai nutrito per poter dire “Io Sono”
perché l’essere supremo è in me

In verità tu lavi i piedi in verità


battezzi quelli che devono percorrere la via giusta
ladri e barboni e prostitute anche loro,
certamente, entreranno nel regno di Dio

C’è un senso di desolazione


davanti al bene che non faccio
e davanti al male che faccio
è la follia del tuo amore per l’uomo
che ti ha sospinto ad appropriarti
di questa immensa desolazione
non c’è ragione e non c’è limite

È nel cuore dell’impurità il tuo miracolo


il tragico abita in te perché non c’è rivelazione
che non dica il nulla eterno che l’uomo è

• Marco Palladini La pietra e la croce Dittico teatrale • pag. 12


Uno di voi mi tradirà

La grazia è la coerenza
del destino che si accetta

La sera si può cenare mentre spira il vento


che proviene dal deserto e che brucia e annienta
fremiti e incanti da una terra di spavento

Tu sai e non defletti anzi persisti:


“Sarà quello a cui porgo il cibo
che ho appena intinto nel sugo”
e Giuda figlio di Simone Iscariota
che serba il tradimento nello scrigno oscuro
della sua anima, inghiotte il boccone
e rapidamente guadagna l’uscita
e i trenta denari che gli sono stati promessi

I tuoi discepoli attorno ascoltano, guardano


ma non intendono perché anche l’incomprensione
sta nel tacito patto della comunione con te

Tu Jesus sai, sai bene che dove stai andando


loro non ti possono seguire
che si amino tra loro, comandi, che si uniscano
solo così li riconosceranno tuoi discepoli

Tu sai, sai bene che proprio il più devoto,


il pescatore Simon Pietro, tre volte ti rinnegherà
prima che la nuova aurora spunti
ma l’hai messo in conto ad una vita,
la tua, che già non è più tua

E poi, è proprio dove fermenta l’impotenza


che l’anima può trovare lo slancio,
la forza per essere redenta

Lo spirito del Figlio si fa compagno


di smarrimenti, dolori e gemiti
è nell’umiltà della condivisione
che la speranza si fa possibile

È nella com-passione che questa storia


diventa buona novella, divina azione
di libertà, transito da sé verso l’altro,
esodo verso una vera liberazione

• Marco Palladini La pietra e la croce Dittico teatrale • pag. 13


La parola che ascoltate non è mia

Lingue di foresta e di bosco


lingue di fiume, di sabbia e d’oro
lingue d’ombra e di penombra
Nazareno, chi si nasconde in te?

Sono con te nell’ora più buia


dei passi irrevocabili

Hai spezzato il pane bianco


e hai detto “questo è il mio corpo”
Hai offerto il calice di vino rosso
e hai ripetuto “questo è il mio sangue”

Ai discepoli che chiedevano dove andavi


hai replicato che se conoscevano te
conoscevano la via perché tu sei “la via,
la verità e la vita”, la vita che va oltre
le apparenze di ciò che è

Se tu sei nel Padre e il Padre è in te


allora essi hanno ascoltato la parola del Padre
perché le parole che pronunci
le visioni che annunci non vengono da te
vengono direttamente da colui che t’ha inviato
che nell’amore ti ha insufflato

La verità si mostra e si nasconde nella parola


amore e pensiero nel movimento unico
che conduce dal soggetto all’universale
Il mondo, il cielo, le stelle, frammenti di eterno
che fondano la totalità del reale
e assieme il segreto ultimo delle cose divine

Prima di uscire nella notte che inghiotte


la pace, la tua pace speciale,
la tua pace che non è di questo mondo,
li avvisi che l’odio del mondo
si sta per abbattere su di te e su di loro
che tu hai eletto a depositari del verbo

Dici quel che dici prima che accada


così che quando accadrà ciò che deve accadere
essi credano, non tentennino, sappiano
che la volontà del Padre sta per compiersi
Viene sempre l’ora di lasciare il mondo
per poter dire: io infine ho prevalso sul mondo

• Marco Palladini La pietra e la croce Dittico teatrale • pag. 14


Al frantoio

Andiamo tranquilli nell’aria fresca


nel viatico notturno che conduce
al Monte degli Ulivi, sino al podere
che chiamano Getsèmani, il torchio per l’olio
si dissimula nell’oscurità che è anche quella
che attanaglia il tuo cuore, l’anima è turbata
“triste fino alla morte”, tu ti allontani e preghi
inginocchiato a terra combatti le tue paure
umano e divino in colluttazione dentro di te
Lo spirito si dice pronto, ma la carne si rivela debole

Vegliano i discepoli, vegliano fino al sonno


Pietro e Giacomo e Giovanni si addormentano
colpevoli di non sapere che è l’ora delle tenebre,
l’ora dei terrori, dei mancamenti, dell’immersione
nell’angoscia e nel tremore degli abissi

Il figlio di Dio è di fronte a se stesso


di fronte al compito che gli ha assegnato il Padre
deve superare la prova dell’incarnazione
che nell’ora suprema lo travolge, lo scuote, lo macera

Tu, Jesus, devi ora abbandonarti alla tua parola


che è la sua, ti aggiri tra i vecchi ulivi pregando
il Nome di colui che hai manifestato agli uomini,
ora sei solo nella solitudine più sublime
quella dove varchi il confine della tentazione
e del cedimento e vai consapevole a bere l’amaro calice
che ti ha riservato il Padre ravvolto nel silenzio

Tu gli parli e lui muto e immutevole ti accompagna


preghiera di fede che smuove le montagne
e svuota i mari, colui che non ha avuto inizio
è l’azione esatta per cui sei andato ad esprimere
la preghiera che è in te da sempre
e che dunque non incomincia mai

Tu sei l’epifania di Cristo, sei apparso


in quanto pregato da Dio e per insegnare
che si prega Dio che prega in noi
Specchio e scambio d’amore che brucia i timori
e i tumori della coscienza infelice

Getsèmani stanotte è assieme il luogo dell’assenza


e della presenza infinita e infusa
gloria del Nome che è il nome della Gloria

• Marco Palladini La pietra e la croce Dittico teatrale • pag. 15


L’ultimo bacio

La terra sa di miele e, poi, di fiele


quando si avvicina l’avanguardia della fine
È Giuda alla testa della guardia armata inviata
dai capi-sacerdoti e dagli irosi farisei
È lui che livido ti bacia, un doppio bacio
di avvelenato odio e di inestinguibile amore

Tu lasci che così sia perché sai che è lui


lo strumento designato del piano supremo
e la colpa è un uncino che lacera la pelle
e graffia la luna storta e l’Iscariota non sopravviverà
a un così grande oltraggio e delitto di lesa divinità

“Io, io sono, sono io” continui a ripetere


in mezzo alla confusione e alla concitazione
degli uomini armati che cadono al suolo
poi fermi Simon Pietro lesto a mozzare l’orecchio
del primo servo del sacerdote sommo

Lasciare che così sia perché non puo essere che così
mentre a strattoni ti trascinano via fino al sinedrio
dove i maggiorenti Hanna e Caifa si apprestano a giudicare
o meglio a celebrare un sommario e finto processo
che certifichi la tua eresia, la tua bestemmia,
la tua incompatibilità con l’autorità del tempio

Mentre la tua sublime reticenza innervosisce gli accusatori,


io m’interesso all’angelo che ti segue, il giovanetto guizzante
che sfugge alla cattura facendo cadere la sua tunica di lino
e si volatilizza nella notte correndo via leggero e ignudo

Segni del sacro e di una perdita totale


si rannuvolano attorno alla tua figura ritta in piedi
di fronte al vaniloquio del gran sacerdote
all’inutile suo interrogare “sei tu il Cristo? sei tu il Messia?”

Come negare ciò che loro sanno e non accettano


cosa opporre al linguaggio del linciaggio
la parola che sa di Dio la sa lunga e risponde nulla
al nulla morale e spirituale che ha già espresso la condanna

Chi con la violenza e la viltà ti colpisce non ti ferisce


È nel respiro e nel silenzio del destino che
“il Figlio dell’uomo, seduto alla destra della Potenza,
verrà tra le folgori del cielo”

• Marco Palladini La pietra e la croce Dittico teatrale • pag. 16


Il re dei Giudei

Tre volte il gallo ha cantato e tre volte


Simon Pietro ti ha rinnegato

È una mattina grigia, ora nervosa ora accidiosa,


quella in cui ti conducono nel pretorio
al cospetto di Ponzio Pilato, il comandante romano
in fondo contrariato di dover mettere a morte
qualcuno condannato da qualcun altro

“Sei tu il re dei Giudei?”


“ Sei tu che lo dici perché altri
lo hanno suggerito a te”

“Sei tu il re dei Giudei?”


“Se io fossi tale mi sarei difeso,
i miei compagni si sarebbero battuti
e non avrebbero permesso che finissi
prigioniero dei Giudei”

“Sei tu il re dei Giudei?”


“Il mio regno non è di questo mondo,
io sono nato al mondo per testimoniare
la verità, e chi ascolta la mia voce
ascolta la verità”

Ponzio Pilato ignora cosa sia la verità


ma sa che il Nazareno è colpevole di nulla
Pure non fa niente per cambiare la sua sorte,
se ne lava le mani perché sa bene che non è
politicamente saggio mettersi contro chi regge
la litigiosa comunità giudea

In questo passaggio fatale, in questa pasqua di morte


è sufficiente fare finta di non decidere
facendo la mossa di rimettersi alla decisione
di quelli che già l’hanno fieramente presa
ma non la vogliono eseguire

Come in un gioco di reciproci inganni


“Chi volete che io liberi, secondo l’uso,
il re dei Giudei o Barabba?”

Barabba per acclamazione libero, festeggia


e in cuor suo ringrazia questo strano profeta
che ha scambiato la propria vita per la sua
anche Barabba è stato, invero, da Jesus miracolato
!

• Marco Palladini La pietra e la croce Dittico teatrale • pag. 17


Ecce Homo

Passi d’ombra nel cortile della pena


è come un passo accelerato che corre,
corre verso l’inevitabile macello,
slittamento verticale nel buio del mistero

Pensieri nefasti e contundenti, pensieri


che annegano la mente, annullano il credo
È, forse, dove non penso
che dunque sono?

La flagellazione è un rito meticoloso


i soldati lo eseguono con applicata ferocia
e con impersonale zelo, con mirata
e concentrata crudeltà, il gesto della tortura
è come un istinto naturale che riposa
nelle latebre della specie: Ecce Homo

Il flagello dura e perdura, battente e scandito


secondo un efferato coito di morteamore
Tu sei fratello Jesus sublimato
in puro dolore fisico, il corpo scarnificato
è la sede di ciò che è senza ragione
e impara ad accogliere il regno di Dio
Ecce Homo

Una corona di spine si addice al capo


del re dei Giudei, il sangue cola sugli occhi,
il mantello rosso porpora gettato sulle spalle
è come l’offertorio del sacrificio estremo
l’adesione incondizionata al senso del Padre

Ecce Homo in questa baraonda emotiva orgiastica


in cui i Giudei e i sacerdoti-guida reclamano
la tua crocifissione, e il politico Pilato ancora una volta
si scarica la coscienza e ti consegna ai boia

Ecce Homo che rifiuta ogni residua, vana difesa


perché sa che coloro che lo mandano a morire
non hanno alcun potere su di lui

Ecce Homo quando si esaudisce l’attesa


e la sofferenza delle piaghe apre un varco
alla visione superiore, al volere che trasfigura

Ecce Homo, quando l’uomo è un resto di sacro

• Marco Palladini La pietra e la croce Dittico teatrale • pag. 18


Verso il Golgota

Tumulti di genti senza dignità,


di plebi avvilite che trasudano marcio disprezzo,
la vendetta degli omuncoli ai lati della strada

Sputi e schiaffi e grida e insulti costellano


la tua ascesa al Golgota, il volgo senza vergogna
si vuole godere e vuole partecipare
fremente alla definitiva gogna

Io cammino con te sulla via della croce


io riconosco la tua storia tragica
io comprendo l’accensione umana, divina
e cosmica che rende unica la tua parabola
io immagino la folle potenza dell’amore
che ti ha fatto trasparente in Dio

Il luogo del Cranio è lassù in alto


tu hai gli occhi semichiusi, la bocca ritorta
in una smorfia d’indicibile,
i piedi arrancano sulle pietre sconnesse
le due assi incrociate hanno un peso terribile

Così tu cadi, cadi più volte sotto il legno


che ti schiaccia, trascinare da sé il letto di morte
è davvero una beffa maligna
Tu non senti risuonare le trombe celesti
ma solo il digrignare di voci cieche e imbelvite
di voci regredite nelle anime bieche, incattivite

Si avvicina oramai il calcinato Golgota


è il lucido teschio del mondo
pronto ad ospitare lo scandalo del martirio

Nelle vuote orbite del teschio


sfarfalla un mistico sguardo:
“L’occhio con cui ci guardiamo,
è l’occhio con cui lui ci vede”

Cosa si vede su questa lenta


infinita via crucis? Energia, pulsioni,
dolori, movimenti, infamie,
atti puri e atti sconsiderati

Incessanti le dinamiche di principi vitali


quando Dio entra nella storia
si fa il vuoto necessario
perché siamo noi a dover provare di esistere

• Marco Palladini La pietra e la croce Dittico teatrale • pag. 19


In croce

Il mistero della croce è di abbacinante chiarezza


è di lampante evidenza l’icona del supplizio
il Corpo glorioso atrocemente inchiodato
racchiude tutto il male e tutto il bene del mondo

La soldataglia che ancora vomita lazzi e scherni


si divide le tue vesti lacerate e affida alla sorte
la proprietà della candida tunica, superstite reliquia

Tra i sacerdoti e gli scribi e i servi e i farisei


che inveiscono e ti invitano a compiere il miracolo
di scendere dalla croce e così dimostrare
di essere, come affermi, il figlio di Dio,
posso vedere Maria e la Maddalena pietrificate nel dolore
di marmo il volto, esaurite tutte le lagrime

Ti hanno messo accanto in quella tremenda ora terza


le croci di due miserabili ladroni, che forse pure loro
maledirono il fatto di essere lì con te, falso re dei Giudei

Mormora il vento attorno alle braccia indifese e spalancate


sfiora il sangue scuro raggrumato intorno alle oscene ferite
soffia parole d’orrore e d’amore nella tua solitudine infinita

È il vento che mulina sulle tue labbra bagnate di aceto


che esalano in un sospiro il grido stremato:
“Dio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”
“Eloì, Eloì, lamà, sabactanì - Eloì, Eloì, lamà, sabactanì”

C’è un momento tra l’ora sesta e l’ora nona


in cui l’agonia indicibile trapassa la soglia di massimo dolore
e tramuta la carne di Jesus martoriato in puro Corpo Mistico
È un momento di assoluta calma, di abissale dolcezza
quando l’ineffabile si compie, tutto è già stato

Precipita la tenebra sulla terra e si squassa il cielo


e trema il tempio e s’inchina al passaggio della verità
Un silente urlo disumano raggiunge come un gelido brivido
l’animo devoto e innamorato di Maria di Magdala

Tua madre è una vibrazione tenerissima di viscere e di pianto


Jesus ha terminato la sua corsa mortale
oltre la Passione incomincia la vita nuova e immortale

• Marco Palladini La pietra e la croce Dittico teatrale • pag. 20


Deposizione

Ti hanno risparmiato la postrema offesa


non ti hanno spezzato le gambe i rudi soldati
incaricati questo sabato mattina di sgomberare il Cranio
dalla vista inopportuna delle tre macabre croci

Però uno dei militi, sospettoso più degli altri,


per assicurarsi che tu fossi definitivamente morto
affonda la lancia nel tuo fragile costato
e dal foro si versa atro sangue e limpido siero

Il cadavere di un Dio non si distingue da quello


del più nefando assassino, la morte ci fa eguali
è dopo la morte che si ristabiliscono le gerarchie dell’essere

Dispersi i tuoi discepoli, sono così le donne di Galilea


le testimoni della tua deposizione su un panno di lino
in cui Giuseppe di Arimatea pietoso ti ravvolge
dopo avere ripulito il corpo e le ferite con essenze,
unguenti ed aromi. La sindone s’imprime dei tuoi tratti
e fissa in negativo la vivida immagine santa
degna di venerazione e di leggenda oltre i tempi dei tempi

Con la tua morte si apre una nuova storia


ma in questo inizio non c’è il segno del trionfo
bensì quello dello sbigottimento e dello spavento

Si avverte il disorientamento tra quelli che t’hanno seguito


eppure qualcuno mi dice che è stato, sotto la croce,
un giovane barbuto centurione romano a commentare:
“ora credo sul serio che costui sia il figlio di Dio”

Vedo le Marie alla testa del piccolo corteo funebre


che scorta il tuo corpo bendato sino ad un piccolo orto
dove si trova un sepolcro intagliato nel granito
lì sei tumulato tra i lumi accesi, poi una pietra scorre
e sigilla la tua scabra, finale residenza terrena

C’è un’aria serena che spira da oriente di mezzo


Jesus morto ha promesso che sarà il Cristo risorto
Vuol dire, medito, che Jesus non è identico a Cristo?
C’è l’alfa e l’omega, sistole e diastole, è il flusso
del logos divino a fare del sé l’altro da sé
Gli uccelli all’orizzonte cinguettano l’eclissi del Nazareno

• Marco Palladini La pietra e la croce Dittico teatrale • pag. 21


Mistero di resurrezione

È l’incerta alba del terzo giorno dopo la tua morte


al pallido sole nascente quando evaporano i sogni
e riparte la vita, il tuo sepolcro si scopre non più sigillato
Nei penetrali della roccia e della coscienza si mostra
l’angelo giovinetto e biancovestito che sorride rassicurante:
“Il Nazareno, il crocifisso non è più qui, ma non abbiate timore,
Cristo è risorto, fatelo sapere ai discepoli, lui li precede
in terra di Galilea, da loro lì si farà vedere”
ma spauriscono la Maddalena e le altre donne
e non capiscono e corrono via senza fare parola a nessuno
di ciò che hanno, senza volere, visto ed ascoltato

Il tempo del mondo che verrà passa attraverso


le deviazioni e i fraintendimenti del mondo che c’è

Mistero della vita redenta ed eterna che ora procede


sulla terra perenta e parla e guarisce e illumina
Bozzolo di luce come disegno di apocalisse
lampo di rivelazione nella gioia e nella speranza

Nella quotidianità dei tuoi gesti rinati e liberati


sei di nuovo al cospetto di Maria di Magdala
che obbedisce al maestro e annuncia ai discepoli
scettici e increduli, che Cristo lei l’ha visto
vivo e splendente, in procinto di salire al Padre

Non manchi di apparire in questo giorno primo della settimana


anche a due dei tuoi fratelli sottomessi istruendoli
con parole di pace e di remissione dei peccati

È infine agli undici apostoli riuniti attorno al desco


che fai visita con frasi aspre di biasimo ed accusa
Pilastro di una fede senza se e senza ma
è la resurrezione finale dei corpi creduta e proclamata
E a Tommaso ostinato che vuole con il dito toccare
le ferite sulle mani e sul fianco prima di esclamare
“Sei tu, signore, il mio Dio”, puoi secco replicare:
beati sono quelli che credono senza vedere e toccare

Tu devi lasciarli, dici, vai a stare al tuo posto accanto al Padre


loro adesso sono soli e dovranno andare per le vie del mondo
l’evangelo a predicare e dovranno soffrire, patire, anche morire
Il cammino della fede non è una strada di rose e di gigli
è un viottolo tortuoso tra l’orrido e la cima più alta e luminosa

• Marco Palladini La pietra e la croce Dittico teatrale • pag. 22


Il cammino continua

“Il segno del Padre vivo è nei figli eletti


e questo segno è il movimento e la quiete”

“Siate transeunti ovvero non siate come quelli


che amano l’albero, ma ne odiano il frutto
o al contrario amano il frutto e odiano l’albero”

“Se volete usare le chiavi della conoscenza


dovete essere prudenti come serpenti
e semplici come colombe”

“Il Regno è dentro di voi e fuori di voi,


ma coloro che pensano che io sia venuto
per recare la pace al mondo, non sanno che invece
io sono venuto per creare divisioni, fuoco, spada, guerra,
il padre contro il figlio, il figlio contro il padre”

“Beato è il leone mangiato da un uomo, ché diverrà uomo;


maledetto l’uomo mangiato da un leone, ché diventerà leone”

“Colui che non odia suo padre e sua madre come me,
non può pretendere di essere mio discepolo.
Ma colui che non ama suo padre e sua madre come me,
non può diventare mio discepolo. Poiché mia madre
mi diede menzogna, ma la mia vera madre mi diede la vita”

“Chi ha conosciuto il mondo, ha trovato il corpo,


ma colui che ha trovato il corpo è superiore al mondo”

“Io comunico i miei misteri a quelli che sono degni


dei miei misteri. Ciò che fa la tua mano destra,
la tua mano sinistra lo deve ignorare”

“Colui che conosce il tutto, ma è privo della conoscenza


di se stesso, è privo del tutto”

“Io sono la luce che sovrasta tutti loro. Io sono il tutto:


il tutto promanò da me e il tutto giunge sino a me.
Spaccate del legno, io sono lì dentro.
Alzate una pietra e lì mi troverete”

Conosco quelli che hanno camminato assieme


senza ruoli, capi, funzioni, armi, soltanto la forza

• Marco Palladini La pietra e la croce Dittico teatrale • pag. 23


di una decisione di coloro che non hanno nulla da perdere,
che non hanno una patria, un patrimonio, una terra, un rifugio,
sospinti dall’amore per una vita integra e intera
Conosco quelli che hanno sempre camminato e continuano

____________________________________

* Frammenti di questo testo sono stati utilizzati nello spettacolo Passione, regia di
Marcello Sambati, allestito nel Chiostro di S. Agostino, Tuscania (19 marzo 2008)

• Marco Palladini La pietra e la croce Dittico teatrale • pag. 24


La pietra e la croce
Dittico teatrale

Tutti i diritti sono riservati e protetti a norma di legge.

© Marco Palladini - 2010


email: m.napalm@alice.it

È consentita la sola lettura" ad uso personale e privato. L'utilizzo dei testi e delle fotografie"per
qualsiasi altro scopo deve essere" autorizzato dall'autore.

• Marco Palladini La pietra e la croce Dittico teatrale • pag. 25


Marco Palladini

Romano, è attivo dagli anni Ottanta nel panorama nazionale come scrittore, poeta,
drammaturgo, regista, performer e critico nell’ambito del teatro d’autore e di ricerca.
Tra i suoi ultimi lavori per la scena: Rosso Fuoco (2002), Poesie per un tempo di guerra
(2004), Gli angeli ribelli e l’Età Oscura (2005), Hudèmata Actàbat – suite nera (2007),
Litania per Emilio Villa (2003 e 2008), Ballata del Futuremoto (o le visioni di un chaosmunista)
(2009), Satyricon 2000 – Tra scuola e bordello (2010), Ho visto le migliori menti – Beat
Poetry e oltre (2010), Il Vangelo secondo Pier Paolo (2010).
Tra le sue ultime pubblicazioni: la trilogia teatrale Destinazione Sade (1996, riedita come
ebook nel 2009 in www.cittaelestelle.it); il dramma Serial Killer (Sellerio, 1999); il cd
poetico-musicale Trans Kerouac Road (Zona, 2004), il libro di racconti Il comunismo era
un romanzo fantastico (Zona, 2006), il memoir narrativo Non abbiamo potuto essere gentili
(Onyx, 2007), il volume critico I Teatronauti del Chaos - La scena sperimentale e
postmoderna in Italia 1976-2008 (Fermenti, 2009) e le raccolte in versi La vita non è
elegante (Fermenti, 2002), Iperfetazioni (Zona, 2009) e Il mondo percepito (Le impronte
degli uccelli, 2010). È, inoltre, tra gli autori del volume collettivo La letteratura nell’era
dell’informatica (a cura di C. Milanese, Bevivino editore, 2007-2008). Dirige attualmente
la rivista on line del Sns “Le reti di Dedalus” (www.retididedalus.it). Svariati suoi audio e
videofile e testi sono rintracciabili in rete.
Questo ebook è gratuito e condivisibile con altri.

Tuttavia per questo regalo vi chiedo un altro regalo da parte vostra.

Fate una piccola ma importante donazione a:

http://www.alzheimer.it

http://www.parkinson.it

Aiuterete la ricerca scientifica


e l'assistenza a persone meno fortunate di noi.

Grazie

You might also like