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v “Hoe quoque, Tiresia, practer narrate potenti responde, quibus amissas re 9 artibus atque modis. quid rides” ‘iamne doloso zon satis est Ithacam revehi patriosque penatis adspicere?? ‘o mulli quiequam mentite, vides ut nudus inopsque domum redeam te vate, neque illic aut apotheca procis intacta est aut pecus: atqui ot genus et virtus, nisi cum re, vilior alge est.” quando pauperiem missis ambagibus horres, ccipe qua ratione quoas ditescoro. turdus » sive aliud privum dabitur tibi, devolet illue, ros ubi magna nitet domino sene; dulcia poma et quoscumque feret cultus tibi fundus honores, ante Larem gustet venorabilior Lare dives. qui quamvis periurus erit, sino gonte, eruontus * 280 SATIRA QUINTA ULIssE Questo ancora, o Tiresia,' oltre a quel che dice- sti, rispondi a me che t'interrogo, con che arti e che modi le erdute sostanze jo possa riavere. Che ridi? miresta Non basta dunque pil alleroe ingannatore tornare ad Itaca e rivedere i patrii penati? ULIsse O tu che a nessuno in niente mentisti, vedi co: me nudo ¢ povero a casa io ritorni ~ sei tu che me lo predi- ci — né Ii la cantina né il gregge é intatto dai Proci: ep- pure la stirpe e il valore, se non c’é il patrimonio, son pid) vili del'alga. TIRESIA Dacché, per parlar senza raggiri,? @ la poverta che ti fa orrore, apprendi in che modo tu possa arricchire: se un tordo® o un'altra specialita come dono personale ti verrd regalata, voli essa ld dove splende un gran patrimo- nio con un padrone vecchio; i dolei frutti e tutte le primizie che ti produrra il podere coltivato, prima che il Lare,* il ricco le gusti, del Lare pit venerabile ancora. Sia pure egli spergiuro, senza prosapia,® insanguinato di sangue frater- 'B il leggendario indovino tebano, che Ulisse consulta nella nékuia, ricevendone indicazioni e consigi sule sue future vende, La satira o reciana & limmaginaria, divertita ontinuazione di quel dialog. Alte intende missis ambagibus riferto alle parole di Ulisse w@ la poverta, Mhai dott chiar, che tif orrore. Ma le ambages fanno pe te dallo stile oracolare e Ulise ha usato un linguaggio pomposo. Una delle ghottonerie della cucina romana (cfr. Sat. I 2, 74) ‘Al Ler familiars, divinita protettrice del folate domestico, si of: fhivano le primizie di stagione. Chi non discende da une gens é schiavo o liberto (questi ulti as 28 sanguine fraterno, fugitivus, ne tamen illi tu comes exterior, si postulet, ire recuses.’ ‘utne tegam spurco Damae latus haud ita Troiae me gessi, certans semper metioribus,’ ‘ergo pauper eris.’ ‘fortem hoo animum tolerare iubebo; et quondam maiora tui tu protinus, unde | divitias aorisque ruam, dic, augur, acervos. ‘dixi equidem et dico: captes astutus ubique testamenta senum nou, si vafer unus et alter insidiatorem praeroso fugerit hamo, ‘aut spem deponas aut artem inlusus omittas. magna minorve foro si res certabitur olim, vivet uter locuples sine gnatis, inprobus, ultro qui meliorem audax vocet in ius, illius esto detensor; fama civem causaque priorem sperne, domi si gnatus erit fecundave coniux. juriculae — ,tibi me virtus tua fecit amicum. ius anceps novi, causas defendere possum; eripiet quivis oculos citius mihi quam te contemptum casa nuce pauperet; haec mes cura est, noguid tu pordas neu sis focus." ite domum atque 282 » no, schiavo scappato,* tuttavia non rifiutare, se te lo chie- de, di essergli a fianco” come accompagnatore. uLisse To proteggere il fianco a quello schifoso di Da- ma?* Non cosi a Troia mi condussi, coi pid forti sempre misurandomi! tinesta Povero dunque sarai. vise Comanderd al coraggioso mio cuore di soppor- tar questa prova; e prove maggiori io gia sopportai.? Tu subito, augure, dimmi donde ricchezze e soldi a mucchi io possa cavare, TIRESIA Te l'ho detto e te lo ridico: astuto, va’ in cac- cia, dovunque, di testamenti di veechi, e se uno o due fur bacchioni, rosicchiata la punta dell'amo, sapranno fuggire le insidie, non deporre la speranza e I'arte non tralasciare, gabbato una volta. Se qualche giorno nel Foro si discutera tuna causa pid o meno importante, quello dei due che sard pid ricco e senza figli, sia pure un furfante, sia pure sfron- tato a chiamare in giudizio uno meglio di lui, di quello tu fatti difensore; spregia pure il cittadino superiore per re- utazione e per buone ragioni, se in casa avr un figlio 0 ‘una moglie feconda, «Quinto» metti, oppure « Publio » (si compiacciono del prenome le orecchie delicatine) «la tua virtil mi ti fece amico; conosco le ambiguita del diritto, son capace di difender le cause; mi strappera prima gli occhi, chiunque egli sia, prima di poterti sottrarre, tenendoti in spregio, anche solo un guscio spezzato di noce: questo mi sta a cuore, che tu non subisca una qualche perdita né sia oggetto di iso». Digli di andarsene a casa e di pensare al- sumevano il nome gentilzio delex padrone) oppure straniero: siamo comunque ai gradini inferior della scala sociale. *Peggio dello schiavo cé solo lo schiavo che scappa e che, una volta ripreso, ¢ bolato di ignominia ed assegnato ai lavori pit faticosi e um lant. 1 fugiivus, t2a Valero, non ha tn patronus che posse recamare Veredita del liberto morto senza fig ‘Exterior indica probabilmente la parte opposta rispetto al muro, ‘quella scoperta, che Taccompagatore si preaccupa di proteggere "Dama @ nome greco: a Roma & nome di schiavi o di tibert (fr ‘Sat. 117, 54). wTraduziones parodistica di un eelebre verso delf'Odissea (XX 18). 283 pelliculam curare iube; fi cognitor ipse, persta atque obdura: seu rubra Cenicula findet infantis statuas, seu pingui tentus omaso ‘Furius hibernas cana nive conspuet Alpis. nonne vides" aliquis cubito stantem prope tangens inquiet, ,,ut patiens, ut amicis aptus, ut acer?" phures adnabunt thynni ot cctaria crescent. ssicui practerea validus male filius in re pracclara sublatus aletur, ne manifestum caclibis obsequium nudet te, leniter in spem adrepe officiosus, ut et scribare secundus hres et, siquis casus puerum egerit Orco, in vacuom venias: perraro haec ales fallit. 284 la sua preziosa salute; fatti tu rappresentante legale;!” persisti sta’ saldo, sia che la rossastra canicola" spacchi le statue che voce non hanno, sia che, teso nel pingue suo ventre, Furio sputacchi di bianca neve le Alpi d’inverno."? «Non vedi» dita qualcuno dando di gomito a chi gli sta in piedi vicino «com’é tenace, com’é servizievole con gli ami- i, com'® agguerrito? » Altri tonni ti nuoteranno attorno e cresceranno i vivai. Se poi qualeuno, di patrimonio eospicuo, alleva un figio legittimo™ malfermo in salute, perché 'an- dar dietro sfacciato a chi non ha figli non ti abbia a scopri- re, insinuati coi tuoi servigi, senza dare a vedere, fino alla possibilit di successione,"* si che tu sia seritto come erede in secondo grado e, se un qualche caso dovesse portare il agazzo nell'Oreo, tu occupi il posto vuoto: dawero di rado questo colpo fallisce. Chiunque ti dia il testamento da leg- "™B oolul che rappresenta legalmente, per mandato, una delle due pati in causa, in presenza del mandante, su eu ricadono direttamente Je conseguenze legali. Cié differensiava il engnitor dal procurator, it ‘quale invece rappresentava il mandante in sua assenza e rispondeva in prima persona, per poi regolare conti e pendenze con il mandante, La costellazione del Cane, di cui Siri @ la stella pit lominosa, si leva nel periodo pid trrido delfestate: @ chiamata rossa non tanto per il colore dellasiro, quanto per la vampa di calore che ad e580 si sccompegn "Si tratta, secondo Tindicexione degli soolasti, qui come in Sat, 1 10, 86, di Furio Bibaculo, poeta di Cremons. Ma Tidenticazione & tesa incerta dal fatto che Bibaculo & poeta necterco, una scuola eui mal 5 adattano le gonfiezze stilistiche che Orazio rimprovera a Furio (qval- ‘euno ha pensato percid a un Furio Alpino diverso da Bibaculo. 1! poeta ‘qui arguiamente parodiato era comunque autore di un poema epico sul- |a imprese di Cesare in Gallia, cui apperteneva il verso Iuppiterhiber- ‘nas cara nive conspuit Aipes, esempio di quello stile gonfiebarvceo, che Orazio spiritosamente fe diventare caratteristcafisien del poets (in ‘gui tentus omaso). E probabile che parodia di poosin elevate ci tia an che, nel verso precedence, specie nelpitetoinfante. ei tribunali si asssteva in pied al dibatimento condo la consuetudine e il drito zomano, il padre rconosceva ‘come proprio filo egttimo il neonato prendendolo fra le mani levan dolo in alto (eublatus, "pes & termine giuriico: essere eredi in spem secundam yuo dire secedere al testatore in easo di scomparsa degli etedi primati. 285 qui testamentum tradet tibi cumque legendum, abnuere et tabulas a te removero memento, sic tamen, ut limis rapias, quid prima secundo cora velit versu; solus multisne coheres, veloci percurre oculo. plerumque recoctus feriba ex quingueviro corvum deludet Bantem captatorque dabit risus Nasica Corano. ‘num furis? an prudens ludis me obscura canendo 1? ‘o Laertiade, quidquid dicam, aut erit aut non: divinare etenim magnus mihi donat Apollo.’ ‘quid tamen ista velit sibi fabula, si licet, ede.” “tempore quo iuvenis Parthis horrendus, ab alto 286 gere, non lo scordare, riftuta e scosta da te le tavolette, ma in maniera da afferrare con la coda dellocchio che cosa dica la prima tavoletta al secondo rigo;'® e se tu sia Punico erede 0 coerede con molti, scorri veloce con Vocchio. Ac- cadra non di rado che uno, ricucinato funzionario dall'im- Piegatuecio che era, gabbi il corvo, lasciandolo a bocca aperta, e che Nasica Puccellatore sia lui a far ridere Cora- no alle proprie spalle."” ULISSE Sei forse invasato? O a bella posta m’inganni con oracoli oscuri? ‘iRESIA O figlio di Laerte, tutto quel che dir’ 0 accadra ‘oppure non accadré:"® di predire il futuro, infatti, mi fa dono il grande Apollo. LISS Cosa perd voglia ‘ito, rivela, ‘inesta Nel tempo in cui un giovane, terrore dei Par- codesta storiella, se é le- Nel secondo rigo del frotespizio cil nome delferede, nel primo quello del testatore "Tiresia vuol mettere qui in guardia il eacciatore di eredita: non di ado succede che Tucellatore rsuli, @ sua volta, woeellato. A questo ‘senpo Findovino allude, un po’ oscuramente come si convene ai respon- si oracolari, a un fattereio accaduto a due personaggi delle Rome di ‘Augusto: Corano e Nasica. Corano é un ex quinguevir(ufficiale di pol ia di basso rango) diventato poi seriba (eegretario ai un magistrato, Uficio pid elevato Iucroso, che poteva portare a guadagnare il rango e- questre): recoctus dice Tiresia, alludendo probabilmente al mito. del veochio Pelia (Medes lo uccise con questo stratagemma: fece credere alle fie che il padre, fatto a pezzi e poi messo a bole in una pentol, sarebbe cosi ringiovanito, grazie alle sue arti magiche). Nesica reste ‘on Ia bocca spalancata e avidamente dischiuea come il corvo della fa vola esopica che, convinto dalla wpe ad aprie la bocea per cantare, la- ‘eid cadere il formaggio ene fu derubato. Tl fatto in questone, su eui ne ‘sappiamo un po’ di pit ai w. 64 sgg., doveva essere familiere ai lettor 4i Orazio, ma rsulta del tutto incomprensibile pe il miticointerloeuto- ve di Titesia, che se ne spazientace © protest, "Orazio scherza sullambiguita dallespressione: tutto quello che io 4rd accadra oppure no (a seconda che sia postiva o negativa le mia Dredizione). Cosi come sono, per’, le parole di Tiresia appsiono una Profesia da due soldi, anche se, certamente, infallible. II poeta, de epi creo razionalista, prende un po' in giro la eredulité nella divinazione. 287 demissum genus Aenea, tellure marique ‘magnus erit, forti mubet procera Corano filia Nasicae, motuentis reddere soldum. ‘tum gener hoe faciet: tabulas sovero dabit atquo ut legat orabit; multum Nasica negatas accipiet tandem ot tacitus leget invenietque nil sibi legatum praeter plorare suisque. illud ad haee iubeo: mulier si forte dolosa libertusve senem delirum tempere, ills accedas socius: laudes, Iauderis ut absens. adiuvat hoc quoque, sed vincit longe prius ipsum ‘expugnare caput. scribet mala earmina vecors: Taudato. scortator erit: cave te roget; ultro Peneiopam facilis potiori trade,’ ‘putasne perduei poterit tam frugi tamque pudica, quam nequiere proci recto depellere curst!” ‘yenit enim magnum donandi parca iuventus neo tantum veneris quantum studiosa culinae. sic tibi Penelope frugi est; quae si semel uno 288 ti, stirpe discesa dal nobile Enea, sara grande per terrae per mare, al gagliardo Corano andra in sposa T'alta figlia Gi Nasica, che di restituire il capitale aveva sempre pau- a2 Il genero fara allora cost: dara al suocero le tavolette e di leggere lo preghera; Nasica, dopo molti dinieghi, alla fine le prenderd, e leggerd silenzioso e troverd che niente vien lasciato a 88 e ai suoi, all'infuori del pianto. E poi questo ancora io consiglio: nel easo che una donna furbac- chiona o un liberto governi un vecchio rimbambito, mettiti in combutta con loro, lodali, per essere a tua volta lodato quando non ci sei: questo anche & un aiuto, ma di gran Iunga @ meglio conquistare direttamente il pezzo pit im- poriante.* Scrivere cattive poesie, é questa la sua mania? E tu fanne gli elogi. B un puttaniere? E tu sta’ attento che non arrivi a chiedertelo; di tua iniziativa consegna, com piacente, Penelope a chi é da pid di te. vuisse E tu eredi che potra essere infine piegata, lei tanto onesta e pudica, lei che i Proci non poterono sviare dal retto cammino? riresta Perché venne avara di grandi regali, quella gioventi, e vogliosa non tanto di Venere quanto di buona cucina. B cost che @ onesta la tua Penelope; ma se una sola “Ottaviano, il quale, dopo Is vittoria aziaea (31 a.C.), progettava ‘una spedizione in Oriente contio i Parti Ia questione sarebbe perdi masta a lungo irsolta eil principe, sleuni anni dopo, si sarebbe accon tentato di un successo diplomatico (la sottomissione formale dei Par tie In restiturione delle insegne strappate a Crasso nella battaglia ai Care) > Lresprestione, che si configura come un epiteto epieo sui generis, & incerta interpretazione, Soldum designe la wsomma intera, il acapi tale». B probabile che la paura di Nasica sia quella di dover restituire ‘apitali ricevuti in presito: egli era forse debitore di Corano e aveva dato in sposs la figia @ un uomo tanto anziano, proprio nella speranza Gi esserne designato erede e quindi, con cid stesto, di vedere annullato il pop debito ericavare magari qualche cosa di pid. Altri, meno veri: milmente, pensano che soldum sia ilcapitale dela dote (Nasia si limi- terobbe 2 versame gi interes) E forse immagine della lingua militare: come quando si dice d’una citta (0 d'una persona) che & caput bell, co’ la cosa principal, Tele mento determinate, 289) do sene gustarit tecum partite lucelium, ut canis @ corio numquam absterrebitur uncto. me sene quod dicam factum est. anus inproba Thebis ox testamento sic est elata: cadaver * unctum cleo largo nudis umoris tulit heres, scilicet elabi si posset mortua; credo, quod nimium institerat viventi. cautus adito neu desis operae neve immoderatus abundes. difficilem et morosum offendet garrulus: ultra 0 ‘non’ ‘etiam’ sileas; Davus sis comicus atque stes capite obstipo, multum similis metuenti. obsequio grassare; mone, si increbruit aura, cautus uti velet carum caput; extrahe turba oppositis umeris; aurem substringe loquaci. * inportunus amat laudari: donec ‘che iam? ad caclum manibus sublatis dixerit, urge: crescentem tumidis infla sermonibus utrem. cum te servitio longo curaquo levarit, ot certum vigilans ,,quartae sit partis Ulixes" 100 audieris ,;heres: ergo nune Dama sodalis nusquam est? unde mihi tam fortom tamque fidelem sparge subinde et, si paulum potes inlacrimare, est 290 volta, da un solo vecchio, avra gustato, con te spartendolo, un qualche regaluccio, mai pid se ne fara cistogliere, come il cane dal cuoio unto di grasso.% Cid che ora ti vado a raccontare é accaduto che io ero gid vecchio: a Tebe una vecchia birbona fu portata a seppellire, secondo il suo te- stamento, in questo modo: il cadavere unto di olio abbon- dante lo portd sulle spalle l'erede, per vedere, 8 chiaro, se potesse scivolargli via almeno da morta: perché, io credo, troppo le era stato addosso mentre ella era in vita. Sii ac- corto nell'accostarti: non mancare al servizio, ma non stra- fare nemmeno, senza misura. Se il soggetto ¢ intrattabile e scontroso, lo infastidira chi é troppo loquace: oltre il no e il si stattene zitto. Fa’ il Davo della commedia e sta’ col capo chino, simile pit che puoi a uno che ha paura.*® Con I'osse quio apriti il varco: ricordagli, se il vento s'8 fatto pit for- te, di esser prudente e di coprirsi la cara sua testa; tiralo fuori dalla calea, facendo riparo con le tue spalle; se ha vo- glia di chiacchierare, mostra tese le orecchie. B un presun- tuoso e gli piace esser lodato: finché non avra detto wehi, basta!», levando al cielo le mani, tu incalzalo: quell’otre sempre pit grosso tu gonfialo di gonfie parole. Quando ii fine ti avra liberato dal lungo servizio e dalle lunghe fa che e tu, ben certo di essere sveglio, avrai udito: « Ulisse sia erede di un quarto», subito va’ gridando qua e la «Dungue ormai Dama, il compagno mio, non ¢é pit? Do- ve ne troverd un altro cosi forte e fedele?», e, se anche ti riesce di cavare solo poche lacrime, avrai cosi modo di allude a un proverbio greco che Luciano, tr gli altri, ef attesta in questa forma: «La eagna, una volta che ha imparato a gustare il evo non se ne staccherd pid ™ Davo @ un nome di schiavo frequente nella commedia nuova e quia. i nella paliata (cf. 110, 40): & colto nell'ateggiamento di chi si finge sottomesso, mentre, in reltd, tiene in pugno la situasione con la sua astuzia ¢ il suo spirto d'iniiativa 201 gaudia prodentem voltum celare. sepulerum permissum arbitrio sine sordibus exstrue: funus 10s egregic factum laudet vicinia. siquis forte coheredum senior male tussiet, buio tu dic, ex parte tua seu fundi sive domus sit, emptor, gaudentem nummo te addicere. sed me imperiosa trahit Proserpina: vive valeque.’ uo 292 nascondere il vito che tradisce la gioia.® Tl sepolero, se & lasciato alla tua diserezione, costruiscilo senza badare a spese; il funerale sia fatto con signoriita e si meriti Pelogio del vicinato. Se per caso uno dei coeredi, piuttosto in la con gli anni, tossisce di una brutta tosse, a questo tu digit che, se ha intenzione di acquistare dalla tua parte o un po- dere o una casa, tu sei felice di venderglieli a una cifta simbolica. Ma Proserpina imperiosa mi trascina via: ad- dio e stammi bene. Si intende in genere un po’ diversamente: ese ti & molto difcle spremere qualche laerima, 8 sempre modo di nascondere il volto che tradisce Ia gioiay. A me’ pare pit) probabile che la possibilté di na scondere jl volto non sia walterativa» alle lecrime, ma eoincida con le lacrime stesse (per poche che sino): @ insomma atto del piangere che permetteriallerede di nascondere (anche fisicamente fra le mani) il volto nonché i sentimenti ch esso non potrebbe non tradire. Altri anco- ra, meno felicemente, interpungono cos: si peulum pote, illarimare t.. (illaeimare sarebbe imperativo del deponente ilacrimer). 293

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