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SALVATORE SETTIS Un’arte al plurale. L’impero romano, i Greci e i posteri* 1. Un modello additivo. Quello della definizione dei suoi confini é stato € resta, negli studi sul- T'arte romana, il problema capitale, in senso sia cronologico che geografico: poiché «romano» designa a un estremo della sequenza una minuscola por- zione di territorio racchiusa entro la cinta romulea, ¢ all’altro estremo la compagine sterminata dell’Impero, dal vallum scozzese a Dura Europo, dal Mar Nero al Marocco; inoltre, le merci (inclusi gli oggetti d’arte) che var- carono le frontiere romane, spingendosi fino a Ceylon, in Danimarca, in Cina, in Etiopia. Secondo un’affermazione spesso ripetuta, scrivere una storia dell’arte romana é anzi impossibile, a causa della sua variet’ che non si lascia ridurre ad unum: «e intanto sarcbbe meglio parlare sempre di “ar- te dell’epoca romana” perché il percorso ne é pluricentrico e assai compli- cato»'. Poiché, in termini di storia politica, l'estensione geografica del nomen romanum varia di continuo (sia per addizione che per sottrazione), il qua- dro entro il quale tentare una definizione dell’arte romana pud essere ca- ratterizzato come |’incrocio di coordinate spaziali ¢ temporali, di volta in volta mutevoli. Per esempio: non puéd esservi, in principio, «arte romana» nei territori gallici prima della conquista di Cesare; il problema si pone, per cosf dire, a partire dal giorno dopo. Negli anni di Augusto, il problema si pone per I’Egitto e non per la Britannia; trent’anni dopo la sua morte, con Claudio, per la Britannia ¢ non per la Dacia; dopo le campagne traianee, anche per la Dacia, e immediatamente dopo per una parte del territorio partico, conquistata da Traiano ma abbandonata quasi subito. In un mo- mento determinato, a rigore, pud darsi «arte romana» solo all’interno del * Ho scritto questo testo durante un felice periodo di ricerca trascorso a Santa Monica (California) su invito del J. Paul Gecty Genter for Art History and the Humanities: ad esso va ora il mio ringraziamenco er aiuto offertomi nellmendare una prima versione di questo testo, ringrazio Maria Luisa Catoni, Monica Donato, Sonia Maffei e Cecilia Parza; Sonia Maffei ed Enrica Melotsi sono state di grande aiuto nella pre patazione dell'apparato illustrativo. x + x. wancen sawpmveLts, L’arie romana nelle monele delta imperale, intcoduzione a1. skein, Llarie romana nelle monete dell ett inperale, Milano 1968, p. 5 (istampato in w., Dall’llenismo al melioevo, Roma 1078, p. 142) 3 830 Parte terza Le culture La complessita di questa situazione sta essenzialmente in tre punti: pri- mo, abbiamo qui a che fare con tre diversi livelli (egizio, greco, romano) che si suecedono cronologicamente ma producono linguaggi, o stili, che fi- niscono per convivere entro le medesime coordinate spazio-temporali; se- condo, il livello romano, per quanto sia il piti recente e appartenga ai do- minatori, non é necessariamente il piti «alto» dei tre; terzo, la corrente di «influssi» che, possiamo presumere, muoveva da Roma verso I’Egitto @ bi- Janciata (come on accade con la Dacia) da una corrente in senso contrario: vi sono in Roma pitture egittizzanti’, e naturalmente «influenze» dell’ar- te greco-alessandrina, a cominciare dalla voga delle rappresentazioni «rea- listiche»* ¢ da alcune caratteristiche della pittura di paesaggio’. Ancora una volta, districare quanto vié di «romano» negli oggetti d’arte prodotti nell’Egitto romano si rivela difficile‘, La tentazione qui potrebbe essere di adottare, applicandolo alla cultura artistica, un modello linguistico: poi- ché, certo, riconosciamo a prima vista un’iscrizione latina in mezzo a quel- le in greco o nelle tre scritture degli Egizi. Ma le cose non sono cos{ sem- plici, neppure quando si parla di testi letterari: Plauto scrisse ovviamente in latino, ma la presenza in lui della Commedia Nuova dei greci & cos{ mas- siccia, che si é potuto scrivere un intero (e giustamente famoso) libro sugli Elementi plautini in Plauto’. Ma anche lo schema «a due livelliy che avevamo prowvisoriamente adottato per la Dacia é falsificante: anche nell’area dacica, infatti, sono do- cumentabili «influenze» della cultura greca, mediata dalle citta gteche sul- Je rive del Mar Nero. Quello che di pitt M. DE Vos, L’egittomania in pitture e mosaici romeno-campani delle prima eld imperiale, Leiden 1980. 4 N. HIMMELMANN, Alexandria und der Realismus in der griechischen Kunst, Tiibingen 1983, P. ZANKER, Die Trankene Alte, Das Lacken der Verbobnten, Frankfurt a. M. 1989 > E. w. LeacH, The Rheioric of Space, Literary and Artistic Representations of Landscape in Republican and Ausustan Rome, Princeton NJ. 1988. © 1. casmictione, Kunst und Gesellschaft im romischen Agypten, in AAntHung, XV (1967), pp. 107 seg. 7, FRAENKEL, Plawtinisches int Plautus, Miinchen 1922 (trad. it. Firenze 1960). * Enciclopedia wniversale dell'arte, Venezia-Roma 1958-66 (citata in seguito come EUA) Settis Un’arte al plurale 831 organizzate secondo un’articolazione della produzione artistica romana per livelli sociali (dove «Romano aulico», con «Ellenistico-romane correnti», palesemente si oppone a «Italico-romane popolaresche correnti»’), altre segmentano geograficamente l’arte provinciale («Provinciale»; e poi: «Africo-romani centri», «Danubiano-romani centri», «Gallo-romani cen- trio, «Ispano-tomani centriv, «Romano-otientali centri»), una infine («Tardo antico») privilegia una cesura cronologica. Si coglie qui con par- ticolare evidenza una organizzazione della materia che é in realta la norma nella manualistica corrente, e il presupposto di molti studi di dettaglio, an- che se con svariate, e a volte capitali, modificazioni nella terminologia e nel suo significato (menzioneremo in seguito la piti rilevante, |’«arte ple- bea» di Bianchi Bandinelli). Nel tentativo di definire l’arte romana cercandone come il nucleo di origine, si tende dunque a procedere all’indietro delimitandolo, come per esclusione, rispetto alla sua estensione finale. Al contrario, una concezione che rispecchi piti da vicino lo sviluppo (in senso specificamente politico e territoriale) della storia di Roma non pud che procedere per addizione 0, quando vi siano state perdite di territori, per sottrazione. Possiamo imma- ginare questo processo come un movimento di marea: alla crescita corri- sponde l’assorbimento delle zone che ne vengono coperte via via; ai decre- menti, processi di stagnazione (e non necessariamente di «fine»). Dopo- tutto, dai Romani entro le mura serviane ai Rbomaioi, come i Bizantini chiamavano se stessi, corre una linea chiaramente leggibile. Questo movimento di marea va visto naturalmente entro il quadro del- le coordinate territoriali e storiche dell’Impero di Roma, ma non pud ri- dursi ad esso. Per apprezzare correttamente sia la validita euristica che la problematicita di questa visione «additiva», essa va collocata in una cor- nice ancor piti vasta: il millenario processo di definizione di aree di cultura artistica nelle regioni intorno al Mediterraneo. Procedendo per schemi as- sai grossolani, si pud ipotizzare un modello additivo e diffusivo basato sul- la sequenza di quattro momenti: 1) formazione di aree con specifica cultura artistica, di volta in volta di- stinta, con forte coerenza interna, e fondamentalmente «equivalen- tiv Puna all’altra. Com’é owvio, vi sono interscambi (ma gli elementi di volta in volta assimilati vengono assunti come propri) € piti pro- blematiche aree di sovrapposizione, o di confine; * T carsivi sono mici, Per la tendenziale identificazione di «romano aulico» e di wellenistico-romano», fr, 0. vessners, «Ellenistico-romane correnti», in EUA, IV (r938), col. 757: «Gran parte della prockizione artistica dell’ Impero Romano e di Roma stessa in et imperiale rientra di pieno diritto nel concetto di arte ellenistica», oe Parte terza Le culture 2) elaborazione, in talune aree e non in altre, di tendenze e meccani- smi di espansione. Tali meccanismi possono ricalcare Pespansione politica, la conquista militare, la colonizzazione, i commerci, ma non necessariamente si riducono ad essi. In certe aree (e non in altre) la cultura artistica pud svilupparsi con un tal grado di specificita autoconsapevolezza da proporsi a modello, ¢ da essere accettata per tale in aree meno «attive». I processi di modellizzazione e di accettazione del modello possono cambiare di volta in volta, in re- lazione alla funzione (per esempio publica vs privata) che gli og- getti d’arte assumono entro contesti dati. Inoltre, l’espansione di una determinata cultura artistica & favorita dalla preesistenza di aree «miste» di confine (0 interfacce), di cui essa sia una delle compo- nenti; 3) processi di assineilazione delle culture artistiche «meno ative» (0 re- cessive) a quella «pit attiva» (0 diffusiva). Tali processi sono di so- lito descritti o a partire dalla cultura «pid attiva» (per esempio in termini di «influenza», «acculturazione», e cosi via), o a partire da quelle «meno attive» (per esempio in termini di

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