Nepi

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1 Libro dell'Esodo narra evento fondante della «storia» di Isracle: la emano» di Dip che libera il popolo ebraico dalla «mano» degli oppressor: egiaiani Seguendo la struttura propria della collana, 'autore propone dappri~ ‘ma una fertura del testo biblico prestando attenzione alla crama del racconto, all’inerazione dei personaggi ¢ al vocabolario utilizzato; in seguito propone una interpretazioe, un momento in cui i lettori sono chiamati a un atteggiamento di affiniti e insieme di distanza, diven- tando cio’ contemporanei e familiari del testo senza dimenticare che {sso 8 stato scrtto in epoca, lingua e modaliti che non sono le nostre;, Al terzo e ultino momento & Mapplicazione del testo a noi stessi pro- Tungando nell'oggi i significati della Serittura perché diventi Parola capace di alimentare la nostra fede, motivare la nostra cart e raffor~ zare la nostra speranza Antonio Nepi, della diocesi di Fermo (AP), dottorando in esegesi biblica preso il Pontificio Istituto Biblico, decente i Sacra Scrittura ¢ lingue bibliche presso Pstituto teologico marchigiano, ¢ aucore di numerose traduzioni e di vari articoli in ambito esegetico. Collabora ccon le riviste «Parole di Vitae, «Parole, Spirito e Vitav e «Firmanas, Ha ‘curato Ia traduzione italiana dei due volumi di L, Alonso Schokel ~ C, Carniti, 1 Saini, Roma 1992-94, insieme a F Dalla Vecchia € G. Corti, Iniroduzione generale all’Antico Testamento, Brescia 1996, In copertina: Angle cn cil, di Achille Casanova amber, Bases del Seat Pens ISBN 88-250-1086-9 9 MMM € 11,50 (1.C.) EDIZION MESSAGO:RO PADOVA DABAR - LOGOS - PAROLA LECTIO DIVINA POPOLARE (a (Ca PSP Introduzione e commento di Antonio Nepi A ea eeSvR Dabar ~ Logos ~ Parola ® una collna che intende offre deg strament wi per Ia Leto divnapopoan, ciot dei sus che -faclitina © aecompagnine incontro di ‘ogi credente ed singole comuniti eecle- Si con Ia Sacra Seritara nel contesto della nuova evangetizzzione. Saranno pre= Senvat tutti libri della Bibb, prvilegian- oper Ia fen rani pi significative pit in so nella larg, Viene proposto un eserctio di ascolto conantes dell Parola ¢ i rilessione perso- mile €/0 comunitara, travers it metodo dei scenic ascolto» che s articola in cin- aque fas, di cui ogni susiio sviluppa le tre central 5 Tasoeate a presenza dello Spirito Santo per chiedere docile all'scolto © luce per comprenders ls Parola D> Legere con attenzione il brano per porre sintetizamente in risato gli elemen- fi store’ leterari che permettono al let= fore di entrare dentro il testo biblico. © Interpretare il testo alla hace i tutta a Sacra Seria per fi emengere,approfon- dendo i sem leet, quanto i Signore desidera comunicare attraverso Ia. sua Parola Applica signiticat del esto alPogat petché Paola enrinela vita di ogni lee- tore cedente come nutrimento della fede, rmotivazione della earth crescita nella speranza, © Pregare il Signore lodandato per Pespe- rienza fata einvocandolo perché il dialogo continu nelh vita quotidian, SRY Th. 38 a) DABAR - LOGOS - PAROLA Lectio divina popolare “BIBLIOTECA SEMINARIO REDEMPTORIS MATER MACERATA 8 NOY. 2004 Collana diretta da Gastone BoscoLo GIANNI CAPPELLETTO Tiziano LoRENzIN DABAR - LOGOS - PAROLA, (Capitoli 1-15) Introduzione e commento di ANTONIO NEPI | Ave MESSAGGERO PADOVA Ai miei genitori Gabriele e Iginia Imprimatur Padova, 5 febbraio 2002 D. Serena, Vie. Gen, ISBN 88-250-1086-9 ‘Copyright © 2002 by P.P-F.M.C. MESSAGGERO DI SANT™ANTONIO ~ EDITRICE Basilics del Sano - Via Orto Botanico, 11 ~ 35123 Padova PER LEGGERE L’ESODO Introduzione 1, libro dell’ Esodo: apocalisse di Jxwi e nascita d'Israele Etimologicamente «esodo» significa euscitay. I li- bro dell’Esodo prende questo nome dal titolo della versione greca dei Lxx, mentre i nostri fratelli ebrei lo chiamano con le prime parole che apron il testo wwe’elleh shemot («e questi sono i nomi). Secondo libro della Torah 0 Pentateuco e, dun- que, secondo libro del Primo Testamento, 'Esodo ne rappresenta il cuore, perché narra levento fon- della «storia» d’Isracle: @ il racconto Fo'goranter della «mano» di Dio, che libera Israele schiavo dalla «mano» degli oppressori Egiziani, tramire la «mano» di Mosé. Si tratta di un evento capitale, perché regi- stra nell'anagrafe della storia e della fede la prima «apocalisse = rivelazione» di Dio come Jxiwt, la na- scita d’Israele come popolo e quella di un mediatore eecezionale come Mose. In virtit di questa liberazi ne che coincide con una nuova creazione, JHWH ri- vendica e dimostra la sua sovranit’ su Israele e sull’u- niverso, gli propone la sua alleanza-legge ¢ lo sceglie come sua dimora, accompagnandolo nel cammino verso la terra promessa. Questo «vangelo di salvezza», sintetizzato nel duplice s/a snes fio re dall Egitto» (Es 13,16) e «io-abjtero-in_mezzo a | kergyma basilar. del Toro» (Es 25,8), risuona come il, Primo ‘Testamento e, come un sass0 in uno stagno, genera e dilaca nuove eapocalissi» liberanti e sicreanti 5 Per keggere IEsodo nella fede delle successive generazioni d’Israele ¢ del- la chiesa. 2.1 «magnifici cinque», radici e tronco del Primo Testamento Nel canone tripartito della Bibbia ebraica, chiama- ta con l’acronimo TaNaK* (= Torah, Neviim, Ketu- vim), VEsodo appartiene alla prima sezione. Questa appartenenza @ importante, perché i «magnifici cin- que» libri della Torah hanno un carattere distinto € un’aatoriti normativa che gli altri libri biblici non possiedono, dal momento che sono «timbrati» dal magistero di Mosé, come afferma la chiusa di Dt 34,10-12, Ora, @ principalmente il libro dell’Esodo a raccontare la vita di Mos® ¢ la costicuzione del popo- lo, il dono dellalleanza, della legge ¢ del culto, ante- riori ad altre realta o istituzioni successive, come la terra e la monarchia. Pertanto, !Esodo rende la To- rah impareggiabile e superiore (e viceversa); gli scritti profetici ((Neoiim, che annoverano i profeti anteriori = quelli che noi chiamiamo «libri storici» da Giosu a 2Re ~ ci profeti posteriori da Isaia a Malachia) servo- no a ricordare e attualizzare la Torah, mente gli Scritt sono una meditazione esistenziale della Torah. Rubando la metafora al poeta del Sal 80(79),9ss., possiamo immaginare tutto il Primo Testamento co me un albero, di cui i libri della Torah sono le radici e il tronco. II libro della Genesi descrive prima il ter- reno dove nasce, vale a dire 'umanita intera creata da Jui, chiamaa ad accogliere nella liberti la sta pre- senzz (Gn 1-11), per poi presentare le radici dell e- sperienza storico-religiosa del popolo ebraico, ossia i patriarchi)e-in particolare le promesse sulla discen- denza e sulla terra (Gn 12-50); gli altri magnifici quattro, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio ‘6 Intoduzione costituiscono il tronco, cio’ l’esodo nelle sue tre tap- pe fondamentali di «liberazione dall’Egittor, «am- mino_nel deserto» con la sosta al Sinai per il(dono dell’Alleanza e «il cammino che si arresta nelle steppe di Moab» prima dellingresso nella terra, che resta si- gnificativamence al di fuori del Pentateuco, solamen- te contemplata dagli occhi di Most. Quanto seguir’, a partire da Giosue, sari la storia di quest’albero ta- iantato nella terra promessa e il crescere cella sua iioma, prima frondosa, poi denudata e troncata, fi- no allo schianto dellesilio (Is 6,13). Cid che alla fine “risulta importante, sono le radici e il tronco, perché, come dice un alto poets, eanche per un albero ce speranza; se sotto terra invecchia la sua radice e al suolo muore i suo ronco, al sentore del acquarger- ‘moglia e mette rami come nuova piantay (Gb 14,7). Radici e tronco permetteranno sempre la speranza di una nuova creazione (Is 11,1), il fiorire di una nuova chioma. Il canone ebraico si chiude infacti con un invito a ripartire, in un nuovo esodo, dall’esilio verso Gerusalemme (cf. 2Cr 36,22-23). Presupponendo il terreno ¢ le radici, gid viste nel precedente commento al libro della Genesi, osservia- mo la struttuta di questo tronco: il racconto si snoda in una sequenza concentrica” (ripresa con lievissime variazioni da G. Borgonovo). STRUTTURA ‘A. Prologo: Mos? cil popolo in Egito (Es 1,1-7,5). B. L’uscita dall’Egitto: legislazioni c il cantico di Most in prospettiva della terra (Es 7,6-15,21). C. Heammino nel deserto: acqua-manna ¢ quaglie-isti- tuzione dei giudict (Es 15,22-18,27). D. Lalleanza al Sinai: il Decalogo e il Codice dell'Al- leanza (Es 19-24). E, Leggi sul sancuario mobile, al Sinai (Es 25-31), 7 Per laggere 'Esodo X. Peceato - eastigo - perdono - nuova alleanza (Es 32-34). Costruzione del santuario, al Sinai (Es 35-40). i del Levitico, tra cu spicea il «Codice di San- ita (Lv 17-26) e di Nm 1-10, sempre al Sinai. ©. I cammino nel deserto: manna ¢ quaglie;istituzione dei profeti (Nm 11-12) a Paran. B’ I primi approcci alla terra, con alcune leggi cultuali (Nm 13-36) a Paran, nel Neghey ¢ in Moab, nel paese degli Amorriti, poi nelle steppe di Moab. ‘AY, Bpillogo: la terra, dono di Jw, & condizionata all’osser- vanes dalla Torah (I Deuteronomio come riapitolzione dalla Torah), nelle steppe di Moab, Emerge chiaro in questo tronco il ruolo preponde- rante del libro dell’Esodo. Questa simmetria concen- trica evidenzia alcuni asperti fondamentali: — Vesodo non é una uscita senza méta, ma ha come obiettivo un ingresso: un movimento di liberazione «dalla servitd al servizio». — la.méta, cio? la terra, perd resta fuori, rimanendo «pro- messa» all orizzonte (A’). Essa é dono conseguente alla liberazione ¢ a un cammino, condizionata alla fedelt’ alfalleanza, Cid significa che il donacore, Juwet & pid importante del dono. — La struttura permerte di individuare due «centri» del Pentateuco: uno é interno alla rivelazione al Sinai (Es, 15.Nm 10) esi configure come pare esenzale della «costituzione» d'Israele come popolo (D-E ed E’-D"); altro & esterno e coincide con i Deuteronomio (A’), «norma che dice di osservare la normav; esso infattiri- capitola la Legge e la rilancia tracciando la strada per raggiungere la terra (o ritornarvi). Diventa pertanto fondamentale e decisivo saper «amminare nel deserto» ed essere fedeli alla Torah donata al Sinai. Essa identi- fica chi Istaele e come deve vivere da Israele, impe- dendo di riprecipitare in Egitto (A). Innoduzione = Nel cuore del «viaggio» e del patto sinaitico risalta Ve- pisodio di Es 32-34, con la roctura ¢ il ristabilimento dellalleanza (X). L'episodio & un archetipo di tutea la storia d'Israce, in particolare di quella che segue il Pen- tarcuco, la quale sari un costante alternarsi di infedelt, i castigo, di richiesta di perdono e di rinnovamento del rapporto grazie alla fedeltie alle wviscere ¢i miseri- cordia» di Jurwn (Es 34,6-7). Questo episodie archeti- pico, che costituisce «il peccato originale» per Isracle, soggiace anche allo schema teologico di Gn 1-11, ri- proiettato a cutta l'umanit’, come abbiamo visto in Gn 1-11. 3. Struttura e contenuto del libro Possiamo dividere il libro dell’Esodo in tre parti principali, in base agli scenari, agli-attori e ai tempi narrativi. 'e Es 1,1-15,21. In Egitto. Jaws libera il popolo e si fa conoscere come il sovrano d'israele e dell’universo Questa prima sezione ha come scenario lEgitto ¢ introduce gli attori principali: gli Israclit, il Faraone e gli Egiziani, Mosé, Dio ¢ Aronne. Gli Israsliti, di- venuti un popolo, sono oppressi e minacciasi di ge- nocidio dal Faraone, Mose viene salvatoe, dopo va- rie vicende, incontra su un monte Jew che gli si rivela e lo incarica di liberare Israele. Inizia un con- fronto con il Faraone che tifiuta di liberare il popolo ¢ di riconoscere lautorita di JHwH; nella sequenza delle piaghe, poi nella notte di Pasqua e nel passaggio del mare, eventi di salvezza e di giudizio, wii di- mostra definitivamente la sua sovranita. Questa se~ zione si chiude sulla sponda della liberca con un inno di vittoria che ricapirola gli eventi e si apre al futuro, Possiamo dividerla in sei parti, con suggestive corri- spondenze: Per leggere I'Esodo E12 12-1521 Oppresone¢ Pasqua Mort di cen dei bbl eb primogenit eit "Nasi figs Foga enacta ‘i Moa. Teck. Bat E675 Vocasione di Most. Role di Aronne. Voeasione di Most. Rule di Aron. (cceoeesecaaand BS E7610 |Confroaro con Faraone.| | Confront con Faraone. Trcolpin di Farsone. | [1 seopin di Dio: le piaghe Es 15,22-18,27. Nel deserto. Le crisi d'Israele e la compagnia di JHws Lo scenario & il percorso nel deserto, dall’Egitto al Sinai, filmato in cinque episodis nei primi tre esplode il duplice vizio d'Israele: la nostalgia dell’Egitto e la momorazione, Israele deve subito fronteggiare le risi di un popolo neonato qual 2, come la sete, la fame, il dubbio della presenza di Dio, Pattacco mili tare dei primi nemici, l'organizzazione di un proprio apptato giuridico che garantisca i istbilimento ella giustizia. Ogni problema viene risolto direttamente da Juwsi, o indirettamente tramite il suo servo Mose; Israele scopre che la sua esistenza dipende unicamen- te da Dio. SS BE230] &16 | Bini7 | Bi7e15 | B16 acquarara| Ibo (cends| Massa | Laprima bata | Onganizaione “Trgge | hmanna”” | eMeria, | gluco | dela cediito, | clequaghe. | cuimine dalla | fon Atak. | gist, espero | momeratione. | © La fora sah, della preghier, Ieoduzione «Es 19-40, Al Sinai. L’Alleanza ¢ lo statuto d'lsraele, «dimora» di Jwet Lo scenario di questa sezione, la pitt corposa del libro, diventa quello del Sinai. Si trata di un mo- mento costitutivo. Juiwit chiede liberamente a Isracle di entrare in alleanza con Lui. Propone la sua legge, le sue norme cultuali, che sanciscono il nuovo status d'lsracle e preparano la «dimora» della Gloria di JH in mezzo al suo popolo. Questa sezione si pud suddividere in quattro parti: Bi9r26t1| [B24123118) | 63234 E3540 Propose ‘Norme Rotana Exscurione ‘estipulaione | | periteutt, | leriabilimena] | dll nore sells, del'Alleanza. | |_perilcalto. ————s 1 n libro «polifonico» Come abbiamo visto per Genesi, la storia della composizione del libro dell’Esodo & chiaramente in- dissociabile da quella del Pentateuco, frutto di una attivita lecteraria che si @ protratta per secoli. Dopo un'attenta visita, !'Esodo pud apparirci come un’altra navata di una cattedrale (= il Pentateuco) in cui con- vivono vari stil, dal romanico al gotico, dal rinasci- mentale al neoclassico; se lo si riascolta con un orec- chio educato, pué risuonare come parte di unopera polifonica, che ha assemblato e riartangiato nel corso del cempo voci e partiture diverse, dal timbro flebile © spiccato. Anche I’Esodo 2 il risultato di tradizioni ralo brevi cicli di racconti indipendenti su dever- minati eventi legati a personaggi (ad es. Mose, Aron- rnc) o a luoghi e situazioni (Oreb, Madian, Kadesh), che confluirono in testi scritti in epoche diverse, tal- u ee Per leggere I'Esodo volta in forma di semplici canovacci, per poi rimpol- parsi ed essere integrati in racconti pitt ampi e unitari fino ad approdare, dopo mirate revisioni nevralgiche, alla compilazione definitiva del testo attuale. E difficile ricostruire i modi e i momenti precisi di questo complesso processo di formazione; quel che | possiamo affermare con certezza & che il libro dell’ E- sodo ha trovato la sua forma definitiva e attuale nel | petiodo del post-csilio, nella orchestrazione finale av- uta tra il 400 e il 300 a.C. nell'ambito e ad opera | della comunita del Secondo Tempio, principalmente sotto il dominio persiano € poi, con ultimi ritocchi, sotto quello di Alessandro Magno ¢ dei Tolomei @Egitto. Quante e quali «woci»? Che tipo di materiale orale, archivistico 0, se si vuole, quale patrimonio di «voc» e spartiti ebbe a disposizione la comunita post-esilica? Semplificando forse troppo, ma a scopo di chiarezza, potremmo di re che una prima proposta «classica» continua a indi- viduare un quartetto di artisti, mentre una seconda proposta, pit recente, si limita cautamente all'identi- kit di tre «scuole».. Per la teoria documentaria, ancora seguita pur in modo diversificato da molti, & possibile rintracciare gusto font © wadzion, che sintetiziamo nel or et O fa fonte Jahvista (sigla J), cosi chiamata, perché adotta il nome Juwe per Dio (sempre tradotto «Si- snore» nella traduzione della Bibbia-Cei); sarebbe la fonte piii antica e pit estesa, scritta in Giuda, sotto il regno di Salomone (X secolo), o pitt tardi (VIL seco- To}sfino al primo postesilio (500 aC. cica). Questa «voce», che ama dipingere Dio in modo/anttopo- 12 Invoduzione morfico", sembra tifosa della monarchia davidica Ne libro dell’Esodo la sua teologia ribadirebbe alcu- ni punti fermi: Jriwi é il Signore della storia e sceglie Isracle come mediatore del suo piano di salvezza uni- versale; Most viene presentaro come l'ultimo dei pa- trarchi;Isracle-comte nazione nasce nelluscea dale PEgitto e al Sinai; la relazione tra JHwH e il popolo sgorga dalla gratuita divina ed esige unicamente la fede come risposta; questa relazione pud essere di- storta dalla liberci umana che sul momento puo ti- fiutare e ostacolare il disegno divino ~ da qui Pim- postanzs delle epiaghere di un testo paadigmatico come Es 32-34 -; ultima parola, perd, & def Signo- re, sempre disposto a dimenticare gli errorie a rinno- vare il suo progetto. «Dono-peccato-castigo-perdo- no» @ Vintuizione che sembra soggiacere alla voce “dello Jahvista qui, come nel resto del Pentateuco. La monarchia viene considerata quale erede della /ea- dership di Mose c il compimento delle promesse pa- triarcali Q Ia fonte Elohista (sigla E), cost chiamata, perché adotta il nome divino “Elohim (sempre tradotto con «Dio» nella traduzione della Bibbia Cei), Sarebbe stata scritta dopo lo scisma, nel Regno di Samaria (XVIII secolo), influenzaca dalla spirivualica di pro- feti del nord come Elia, Eliseo e Osea. Ev.ta gli an- tropomorfismi,-mentre sottolinea la trascendenza di Dio, introducendo gli angeli come mediatori. Nel li- bro dell’Esodo presenterebbe Mosé come il modello supremo del profeta, taumaturgo € impavido com- battente del faraone, come i profeti con i re 'Isracle; enfatizzerebbe, con un certo nazionalismo, la preoc cupazione di Dio per il popolo eletto, separato dagli altri popoli che appaiono pit: come nemic’ o sedut- tori che come destinatari di un messaggio di salvezzas insisterebbe sullallennza come una fede -eciproca, 13 Pr leggere IEsodo la cui esigenza radicale é «il timore di Dio», visto non come paura, ma come rispetto e obbedienza; dareb- be spazio a raccolte legislative (come al Codice del- PAlleanza). Qui il condizionale é d’obbligo, visto che questa fonte appare come la «cenerentola» del quar- tetto: molti ne negano l'identita o la ridimensionano in quanto frammentaria 0 come una revisione della seguente. @ Ia fonte Deuteronomica/Deuteronomista (sigla D). Tale fonte, o meglio corrente di pensiero, viene collocata tra la fine del VII secolo sino al post-esilio inoltrato, sotto Timpulso della classe ditigente di Gerusalemme, Si caratterizza per il suo «gergo» par- ticolere. In una prima fase, questa corrente cerca di riaggornare le fonti antiche e di rileggere e ristrut- turare Ie tradizioni religiose mediante la categoria delfallemntay, tx centraizzavione dat culte-e it pe- mato della Legge: Il risultaco fu la prima redazione del libro del Deuteronomio, la cui visione teologica ‘si pud riassumere nel motto «un solo Dio, un solo jtempio, una sola Legge per it popols cleo nell | terra donata a tuttin. Durante e dopo lesilio, una scuola di sapienti laici, alla luce di questo pro; ma, ha riletto il percorso storico da Giosue all ulci- mo re in quella grandiosa opera storiografica (Gs- 2Re) che viene denominata «Storia Deuteronomi- sticax questa scuola rivela la sua mano nella reda- zione di numerosi passi dell’Esodo, Anche se non & facile distinguere tra elementi deuteronomici ed ele- menti deuteronomistici, i punti salienti della teolo- gia di D nel libro dell’Esodo sono: Ia presentazione del patto tra Dio e Israele come un’alleanza condi- jionata, dipendente ciot non solo dalla fedelt’ di 'Dio, ma anche da quella del popolo, per cui l'esilio £ stato la conseguenza di questa infedelta; Pimpor- tanza accordata all'esodo dall’Egitto ¢ alla terra pro- 4 Inveduzione messa; la presentazione di Mos®come il profeta per antonomasia d'Israele per l'esperienza originale sul- POreb (nome tipico di D per il Sinai), e come me- diatore € servo sofferente totalmente sottomesso a Juswn il ruolo d’Israele come comuniti convocata da Dio e quindi responsabile dell'immagine stessa di Juw# nel mondo; l'importanza della Torah come principio di vita; la liturgia come attuazione nel- Peoggin del passato di salvezza di Dio. O Ia fonte Sacerdotale (sigla P, dal tedesco Priester acerdotale). Questa fonte fu opera dei gruppi sa- cerdotali, guide prima della comunita ebraica in esi- lio, poi di quelle di Gerusalemme e di cute le altre “disperse nel vasto regno persiano nel post- jtutco come un inviato di Dios tuctavia non dimenti. | ealasia umanita, segnalando il suo peccato che gli impedira di entrare nella terra. Riassumendo cronologicamente il percorso di juesto quartetto d’artisti, J ed E procedettero in mo- fo parallelo dallo seisma sino alla caduta del Regno del Nord. Dopo la caduta di Samaria (722 aC) la fonte E sarebbe stata portata a Gerusalemme dai ri- fugiati ¢ fusa-con quella jahvista in una redazione | chtamatadfehovises la JE o RJE), ultimata all’epo- ca di Giosia (622 a.C.). Pid tardi, al tempo della ca- dura di Giuda e durante lesilio, anche D e P furono fuusi con JE. Questa fusione riceverte la sua redazione ¢ fisionomia definitive sulla base della tradizione P intorro al 330 a.C. con qualche piccola aggiunta so- pravvenuta in seguito. ‘Attualmente, questa ipotesi viene messa in discus- sione, perché sembra non esserci prova di un’attiviti letteraria e una teologia di ampio respiro come quella actribuita a J, prima dell'VIII secolo. Della classica teria documentaria sembrano salvarsi solo D ¢ Ps |sccE.appare defunto-da un pezzo, J viene sempre pitt {collocato in un'epoca pitt tardiva, esilica e persino | post-sacerdotal 16 e : brreduzione, Tre teologie-cardine Recentemente altri (come, ad es. J.Li Ska, Inero- duzione alla lettura del Pentateuco, EDB, Bologna 2000, a cui rinvio per maggiori approfondimenti), preferiscono spiegate la formazione del Pentateuco partendo dai suoi «cardini», che consentono di anco- rare cronologicamente laccavallarsi delle voci; questi cardini sono 1 tre codici di leggi e le tre teologie che li affiancano: dapprima viene il Codice dell’Alleanza (Es 20,22-23,33) anteriore all’silio (VITI-VI secolo a.C,); poi il Codice deuteronomico (Dt 12-26) e la teologia deuteronomica (VII-VI secolo); poi il rac- conto sacerdotale (538-520 a.C.); Finalmente il Co- dice di Sanciea (Lv 17-26) e la teologia postsacerda- tale e post-deuteronomistica (520-515 a.C.). Questé tre diverse teologie, deuteronomica (D), sacerdotale (P) e quella del Codice di Santita (sigla H dal tedesco heilig = «santo») cortispondono a tre momenti cru- ili della storia d’Israele: la fine della monarchia, I'e- silio e il ritorno della prima generazione, la ericostru- ne» all’epoca del Secondo Tempio. Fu proprio a partire dalle esigenze della comunita del Secondo Tempio che avvenne la compilazione del nostro Pentateuco. La necessiti di «tiedificarey Istaele ¢ di fondarne V'identita, in chiara continuita con il passato ¢ in base alle istanze del presente, portd a raccoglere gli sri basa che erano scampat naufragio dell’esiio, per elaborare una sorta di ma- 1a charta che servisse da costituzione fondamentale. Juesta stesura non fu facile, dato il cima avvelenato dalle controversie tra i wfigli dell Esilio», cioe gli ex- deport il polo del pact, cio clone che er no restati in Giudea a ea (cf. Esdra e Neemia). Inoltre, fu fisiologico un certo «compromesso» tra due grandi «scuole» teologiche in competizione, che incarnava- no le istanze principali dei dirigenti della Giudea € 7 pe Per leggere IEsodo della comunita di Gerusalemme: la teologia deutero- nomistica, che rispecchiava gli interessi della corren- te laica degli «anziani», rappresentanti dell’aristocra- zia terriera, e a teologia sacerdotale, che difendeva le prerogative delle famiglie sacerdotali del Secondo Tempio di Gerusalemme. Questo accordo fonda- mentale approd® a una sistemazione finale da parte di una scuola teologica posteriore alle due, che ha lasciato la sua impronta nel Codice di Santita (Lvg]) 17-25; sigla H. Hi riprende le teologie e gli scritti di De P, corregge P su alcuni punti e opera una sintesi «ra le loro idee fondamentali, cercando di ris a vecchi ¢ nuovi problemi: perH (cf. Lv 26,1) Palleanza ¢ quella condizionata al Sinai come presu| 2)) posto di sopravvivenza per Israele (D), anche se per». mane valida e incrollabile Palleanza unilaterale-che poggia sulla fedelta di Dio (P); H (Lv 19; 21) demo- cratizza la richiesta di santita, esigendola da tutto il popolo (D), anche se resta una qualita specifica del sacerdozio (P); se & stato Patto gratuio dell'esodo a «santificare Isracle» ora il popolo pud restare santo se ossera Ia legge, Onde superare le conseguenze del Pinfedelti e del peccato, sperimentate nell'esilio ¢ nella disillusione del ritornoy Hpropone Pespiazione come possibilita di riconciliaaione trail popolo e Dio (Ly 16) Scopo e criteri della compilazione Questo podetoso sforzo di compilazione non fa tanto dovuto ~ come alcuni sostengono ~ alla neces- sita di avere una costituzione civile e religiosa, che dovera essere riconosciuta come una autorizzazione persiana di una speciale relativa autonomia accordata alla provincia della Giudea, quanto a esigenze inter- a comunita del Secondo Tempio, il cui obietti- vo era stilare una «mappa genetica» che ne salvaguar- 18 ndere lomraduzione dasse il DNA e attestasse che Israele non era «figlio di nessuno», né un popolo «recente», ma aveva radici antiche, dovute all elezione dun Dio altrexanco an- tico, il ereatore dell universo. Questa identiti «radi- cale» fu trovata nei legami di sangue (discendenza ¢ continuith con i patriarch, nel libro della Genes’) ¢ nella legge delfalleanea, con i soi ditt’ e dover’ da rispettare (gli altri quattro libri, Es-Lv-Nm-Dp), avendo come pilastr il culto e la legge, il sacerdozio ¢ iL aicato, €un'indubbia tensione unitaria, che é la méta ultima della terra Vale la pena soffermarci sui criteri compositivi di tuesta opera di compilazione, perché ci consentono dj spiegare in base a provateanaogie con al test extrabiblici, la conservazione di voci spesso incoeren- tio in tensione fra di loro, oppure la convivenza di un racconto, 0 di una legge antica, accanto ad altri pid aggiornati in uno stesso libro, 0 all interno del Pentateuco. J.L. Ska ne enuncia quattro: a) La legge dell'antichiv’, Questa legge sancisce che cid che’ pit antico ha pit valore enon deperi- bile. In tal senso il narratore finale vuole dimostrare Pantichita delle tradizioni e delle istituzioni di Israc- le, dinanzi alle altre nazioni. Ad esempio, allorché si presenta Mos?, o Vstituzione del culto della legge, come anteriori alla monarchia, si afferma la superio- rith di cid che precede come fondamento insostit bile per la vita d'Israele. b) La legge della conservazione, Conseguente alla precedente, questa legge non elimina niente di cid che & antico, ma lo conserva, perché resta utile, L’e- ;empio piti patente & quello gia visto dei tre codici di leggi all'interno del Pentatcuco, ma anche la com- presenza di diverse prescrizioni nel rito della Pasqua in Es 12 o di «voci» narrative in uno stesso racconto come Es 14. Questa regola di non abolite, ma di ti- 19 ES eS Se a Por leggere Esodo spettare cid che @ antico sembra essere diventata pitt rigida nel periodo del Secondo Tempio. ©) Lat legge della continuita e dell'attualita. Collegata alla precedence, questa legge conserva solo. qullo che ha validiti c incisiviti peril presente, correggendolo e aggiomandolo perché possa adeguatamente risponde- all attualiti.. Naturalmente la scelta del materiale comportd una faziosita che oggi ci sfugge. Questo ac- cade pet le leggi ¢ i riti, che risultano chiaramente adarati a nuove situazioni, o nell innesto di versioni pi recenti su altre pit antiche (come in Es 3-4), con aggiunce tardive o con piccoli dettagli attualizzanti. ) La legge delleconomia, NelVantichied, scrivere era un lusso di pochi privilegiati e si scriveva solo quanto era necessarios forse all'inizio alcuni testi era- no semplicemente dei «canovacci» che servivano da traccia per chi doveva declamare o narrare i testi; solo dopo I'csilio, con la diffusione della pergamena, venne piti facile scrivere documenti di una certa estensione, Questo lungo percorso era doveroso; il lewore si & gid accorto che troviamo convincente Pipotesi dei «are cardini», pur restando la problematicita dit testi che sfuggono a una precisa identificazione. Nel no- stro lavoro, comunque, continueremo a segnalare certi testi sotto la sigla J ed E, considerandoli «a riale anonimo» 0 «materiale non sacerdotale» fram= ‘mentario, inserito nella stesura finale. '? 5.Esodo: dove, come, quando? Una domanda inevitabile & qual & Pactendibilia storica degli eventi raccontati dal libro dell’Esodo e, pitt precisamente, quando, dove e come avvenne l'e- sodo? 20 roduzione Le fonti extrabibliche, in particolare egiziane, non registrano affatto la venuta di «lsraele» in Egitto, né menzionano le varie vicende narrate dalla Bibbia, in particolare eventi-cosi eclatanti come la morte dei primogeniti e la totale disfatta dell’esercito egiziano nel passaggio del mare. Abbiamo testimonianze ico- nografiche e documenti scritti che attestano la pre- senza ¢ la circolazione di gruppi semiti sin dal terzo millennio come commercianti, come invasori (ad es. gli Hyksos, che regnarono in Egitto dal 1720 al 1550 a.C.), come funzionari di corte e come mano- dopera straniera utilizzata per lavori. Qualcuno, par- tendo dall’omofonia, ha voluto ravvisare gli ebrei nei famosi Abiru/Apiru di cui parlano cronache egiziane c accadiche; costoro, perd non erano un’ unit’ etnica, ma uno strato sociale di miserabili e di disperati, spesso costretti a una vita di mercenari, di servitori, 0 ci predator; sostenua ancora ogg, quests idensifc cazione non sembra avere solide basi. Se & possibile affermare la verosimiglianza del racconte biblico, tuctavia non si & ancora in grado di indivicuare una precisa epoca in cui gruppi provenienti da Canaan si sarebbero stabiliti in Egitto, o di provare che vi sia stato un esodo cosi come viene natrato dalla Bibbia. La schiavitt degli ebrei Il racconto di ebrei costrettia lavorare come schi Viz autendibile; Viconografia egiziana attesia schiavi di orgine semitica che fabbricano mattoni, facilmen- te identificabili per la loro fisionomia (ad es., per il loro tipico naso 6 costume, come nella tomba del vi- sir Rekmirc). Le citta-deposito di Pitom e Ramses (Es 1,11), citare anche nelle fonti egiziane, vengono siruate nella parte orientale del delta del Nilo, ma la loro precisa ubicazione resta incerta. Il riferimento a Ramses ha fatto ipotizzare come precisa epoca storica 21 er leggere IEsodo quella di Ramses II ¢ di suo figlio Mernefia nel XII secolo, con cui vengono identificati i due faraoni anonimi del racconto biblico; tuttavia, non possedia- ‘mo altri indizi, cosi come non risulta provato l'im- piego di manodopera ebraica nella costruzione di questi siti a uso milicare; le indicazioni cronologiche offerte dalla Bibbia (cf.1Re 6,1 secondo cui il rempio di Salomone fa costruito 480 anni dopo l’esodo) sembrano piti simboliche che storiche. Mosé Questo personaggio cosi basilare nella storia d'I- sracle non sembra aver lasciato tracce nelle fonti egi- tiane, se non in alcuni scritti antigiudaici tardivi a partire dal III secolo a.C., che potrebbero raccogliere tradizioni anteriori. Egli ha un ruolo-chiave nel Pen- tareuco, mentre nel resto della Bibbia ebraica viene poco ricordato (circa una ventina di volte, di cui solo te nei profeti). L’unica cosa sicura é che il suo nome, al di [3 dell’etimologia proposta dal testo biblico, ha origini egiziane: moses é un suffisso che significa «fi- glio div, ravvisabile in nomi teoforici come Tut-m sis («liglio del dio Tot»); altri, invece, lo fanno deri vare dalla combinazione dei due geroglifici m + sh, che significano «nello stagno». Questo potrebbe de- |porre in favore della storicita di Mosé: se_il suo pei |sonaggio Fosse stato inventato dagli Israeliti, non gli avrebbero dato un nome egiziano, ma ebraico (lo stesso vale per inomi egiziani di Aronne ¢ Fines). Di piii non possiamo dire. Con ogni probabilica, egli assurse al ruolo di personaggio centrale nell’epoca post-esilica, quando, dopo [a fine della monarchia, si cercd in Mos? un fondamento pit antico per I'es stenza d'Israele. E plausibile pensare al recupero di un certo nucleo storico relativo al suo personaggio, rimpolpato con riletture successive, in modo da far- 22 Invodvzione ne un /eader in cui potevano ticonoscersi varie istan- ze teologiche del post-esilio. Questo, correlativamen- te, comportd loblio delle tradizioni «scomoder 0 non pertinenti. La descrizione della sua nascita, co- me vedremo, ha motivi leggendari, con sorprendenti analogie con il racconto antico di quella di Sargon, re di ad (vissuto nel 2334-2280 a.C.) e di altri eroi famosi. I testi che parlano della sua «olpay sono tar- divi (Nm 20,12-13; Dt 1,37-38; 3,23-28) e cercano di motivare perché non entrd nella terra promessa. In ogni caso l'intenzione del testo biblico non & for- nici una biografia «storica» di Mose, che resta in- verificabile, quanto presentarlo come un personag- gig emblematco della siuarione di Israele nel post esilio. Le piaghe d’Egitto Il nostro libro consacra ben cinque capitoli al rac conto delle «piaghe». Nella Bibbia il loro numero va- ria: sono dieci nell’ Esodo, sette nel Sal 78(77),43-51 € nove in Sal 105(104),27-36 (cenendo conto dei duplicati), sei in Sap 11-18. Dal punto di vista stori- co, i fenomeni descritti sono communi in Egitto, come acqua det Nilo che durante la piena di luglio-agosto diventa rossa.(= sangue) trasportando detrci di argil: la rossa ¢ provocando la moria dei pesci. Cosi pure | sono fenomeni naturali il proliferare di rane e zanza- re, quando le acque si ritirano in autunno; ¢ nota una specie di mosca tropicale che provoca malattie ulcerose che colpiscono uomini e bestie; la piaga del- le tenebre pud essere una tempesta di sabia provo- cata dallo scirocco nero. L'unico fenomeno insolito, raro in Egitto (ma non in Palestina), ? la grandine, a cui il racconto biblico dedica molto spazio. Pitt ar duo é spiegare la morte di tutti i primogeniti epizia ni, Nessuna fonte egiziana parla di questa terribile 23 Per leggere I'Esodo tragedia cosi eclatante, mentre, vale la pena ticordar- Jo, nel [V-III secolo a.C. ne circolava un’altra, forte- mente xenofoba (recepita pid tardi anche da Tacito), oe ee sedi un’epidemia (peste o lebbra) da cui erano affec ti, guidati da un Most soprannominato «Alfa, per- thE colpito da una sorta al dermopatia. & posbile enare'a una presentazione iperbolica del narratore iblico: in Es 4,23 si parla solo della morte del pri- mogenito del Faraone ed & possibile che Es 12 sia tuna amplificazione di questo dato originario. Alcuni studiosi hanno tirato in ballo uno specifico morbo che calpisce solo i primogeniti. La descrizione di esti fenomeni, per, pur rivelando una certa cono- scenza della situazione geoclimatica dell’Egitto, ¢ troppo generica e priva di contestualizzazioni preci- sc, per cui si pud parlare di verosimiglianza, ma non di certezza storica. Anche qui l’intenzione del testo non é quella di offtirci una cronaca nuda ¢ cruda de- sli eventi, ma di presentarcene il senso teologico. Piit che di «piaghe», come vedremo, il testo parla di «se- gnie prodigin; il narratore fa confluire varie tt Ai per onenere armeamente il aumers’edigs>, pume- ro della completezza, Ianciando un decalogo di av- yertimenti che mirano a far riconoscere al Faraone che JHWH é il sovrano del cosmo ¢ della natura e il suo potere & pit forte di quello del Faraone e di tutco Parsenale della sapicnza magica dell Egito. L'uscita dall'Egitto Anche Puscita dall Egitto ¢ Pitinerario seguito da- |i Israeliti sfuggono al tentativo di una accurata in- Sagine stotica. La verosimiglianza é indubbia: diversi testi egiziani attestano vari passaggi di schiavi fuggia- Schi vero il deserts in un verbafe-di un ufficale pre- posto alla sorveglianza delle frontiere orientali (Papi- 24 Invadduzione v0 Anastasi 1V), si parla di schiavi che avevano eluso i controlli nascondendosi tra le canne degli acquitri non erano rare anche le fughe di ufficiali egiziani non pil grado in peicolo a corte (come nella clebre Storia di Sinube trail 1962-1928 a.C. circa) Ul testo | biblico sembra parlare di due modalie’ di uscita, di un esodo-espulsione ¢ di tn eodo-fuga, cosi come | di due itinerari per raggiungere la Palestina (cf. nota! ad Es 13,17 n is Bibbia Cai in base a cid é stata formulata Pipotesi (R. De Vaux) secondo cui vi fu- rono due esodi, da parte di almeno due gruppi d’I- staeliti, da collocarsi probabilmente in tempi ¢ m diversivil primo, Pesodo-cacciata», segui come itine-©. © ratio la strada pi wrmale della costa medi- ‘ord, verso Kadesh, pene- trando in Palestina dal sud, senza fare Pesperienza del Sinai; if secondo) P«esodo-fuga, segui un itinerario pit lungo, deviando verso la penisola sinaitica, ed enero in Palestina dalla Transgiordania, Quest ulti- imo sarebbe Vesodo cchassicor, quello-del gruppo di Mos, collocato cronologicamente intorno al 1250} ‘urance il regno di Ramsete II o Memnefta, E pit probabile, pero, che vi farononon due, ma parecchi esodi di schiavi semiti fuggiti dall’Egitto, per cui lo storico non é in grado di identificare con assoluta certezza quale di essi fu quello di cui ci parla il testo, che resta vago. r Il Mare dei Giunchi Connesso al precedente, un altro problema @ I’ dentificazione del «mare» attraversato dagli Israelit Comunemente viene chiamato e tradotto «Mar R¢ so» (a partire dalla versione greca dei Lxx), ma il testo ebraico parla di «Mare dei Giunchi» 0 «Mare delle Canne», Come vedremo, questa denominazione non é priva di risonanze mitiche. I tentativi di iden- 25 3 Per leggere I'esodo tfeare questo mare contempano te propose: qual cuno lo localizza tra i Laghi Amari, nella regione do- ve si troya attualmente il Canale di Suez, rieca ancor oggi di lagune e acquittini; altri lo localizaano con ura laguna chiamata lago Menzaleh (anticamente la- 0 Sirbonide) sulla Via Maris che costeggiava il Me- iteraneos altri, seguendo i Lax, con il Mar Rosso, La candidacura pit probabile ¢ quella dei Laghi Amari, ma si tratta di una ipotesi. II testo biblico non offre ragguagli abbastanza precisi per datare ¢ situare evento. Come vedremo, per il narratore, conta primariamente il senso di quanto é avvenuto, piutcosto che la cronaca 0 il sito. Il passaggio del mare ‘Aldi fuori del racconto biblico non abbiamo nes- sun altro documento che registra questo evento; le cronache egiziane ignorano questa sconfitta cosi cla- morosa, che comportd il totale annientamento del- esercito egiziano e la morte del Faraone. Va segna- lato che le storiografie del tempo, pit aduse al genere encomiastico e celebrativo di trionfi, erano difficil- mente inclini a consegnare ai posteri disfatte inglo- ricse. Non sappiamo se si trattd di un voluto colpo di spugna di un’onta, o di uno o pit episodi isolati insignificanti per la storiografia egiziana, Cerramente hon lo fu per Pautore biblico (anche lui a suo modo fazioso), che lo celebra come l'evento fondante della fede e dell’esistenza di Israele. IL filmato biblico appare verosimile e pud rientrare in un evento naturale. Un'accozzaglia di schiavi vie- ne inseguita da-un reparto di carri egiziani, che pero non riesce ad agguantarli nella zona lagunare (Es 14,5-10). Dopo il tramonto, un forte vento prove- niente dall’est (il ben noto khamsin2), a cui puo com- binarsi una marea (fenomeni naturali registrati nella 26 Ivexdozione zona dei Laghi Amari), prosciuga una parte della sponda di un lago 0 acquitrino (Es 14,9.21). Una colonna di nube ~ probabilmente una tempesta di sabbia ~ impedisce agli egiziani di catturare gli Israe liti (Es 14,20-21). E presumibile che al mattino il vento possa essere cessato, facendo si che l'acqua fluisse al suo posto abituale. A questo punto i carri egiziani restano impantanati (14,25); le onde che ri- tornano sono piti veloci degli Egiziani e li sommer- gono annegandoli. La scena ¢ abbastanza simile a Gs 3-4. Per quanto riguarda la descrizione del passaggio degli Israclici fra dite muraglie d'acqua (Es 14,22.29) si tratta di un abbellimento che, deliberatamente, vuole rappresentare questo atcraversamento del mare come un atto di una nuova creazione, paragonabile a quella di Gn 1 ¢ Gn 8 e rappresenta un «anticipo» del passaggio del Giordano (Gs 3) Nl soggiomo nel deserto Anche sul soggiorno degli Isracliti nel deserto non possediamo documenti al di fuori del racconto bibli- co. Le varie tappe dell'itinerario non sono facilmente identificabil. Il quadro della permanenza nel deserto & comunque verosimile, visto che, ancora oggi, grup- pi di beduini vivono nelle zone desertiche del Ne- ghev e del Sinai. Il numero di quaranta anni, non va preso alla lettera, ma @ senza dubbio simbolico: nella Bibbia riappare in testi tardivi, post-esilici (Es 16,38; Nm 14,34; De 1,3). I numero «quaranta) esprime Parco di una generazione o di vita completa in se stessa e, nelle intenzioni del narratore biblico, ¢ un'e- quivalenza simbolica del periodo dell’esilio. | «mi- racolv che accompagnano il viaggio di Ise pos sono avere una spiegazione naturale, per chi conosce le condizioni ambientali del deserto sinaitico; per quanto riguarda la potabilizzazione delle acque ama- 27 eS a eo Per leggere I'Esodo re (Es 15,22-25), sono note le proprieta terapeutiche dicerti tipi di legno capaci di rendere salubre l'acqua imbevibile. La manna ¢ un fenomeno comune nella penisola sinaitica: si tratta della secrezione bianca ¢ dolciastra di un insetto che si nutre della linfa di una tamerice. Le migrazioni di quaglie sono ben co- nosciute nella penisola sinaitica, cosi come nella co- sta mediterranea; la carne di quelle che migrano alla fine della stagione estiva dall’Europa verso l’Africa & scuisita, mentre quella delle quaglie che vengono dall’Africa in primavera ¢ immangiabile e cid pud spiegare la diversita della digestione in Es 16 e in Nm 11! Anche il miracolo dell’acqua che zampilla dalla roccia (Es 17,1-7) pud spiegarsi a causa dell’e- sautsione termica: durante la notte, Pacqua, pur rara, si condensa nei luoghi pitt freschi nelle crepe della roccia, costituendo una sorta di deposito, e pud fiot- tare dopo il colpo ben mirato di chi sa individuare, come ancora oggi gli esperti beduini, questi «serba- toi» nasoost, ATGiD di queste spiegazioni, val la pe- na di tipetere che il narratore b Pico 2 pal iesecou- to all’aspetto teologico: solo Juwrt & in grado di col- mare ogni mancanza vitale. MSinai Anche ’identificazione del Sinai (od Oreb) resta oggetto di discussioni. Vi sono almeno quattro pro- poste: a) tradizionalmente lo si localizza con P’attuale Gebel Musa nell'estremiti meridionale della penisola sinaitica, dove sorge il celebre monastero greco-orto- dso di Santa Catena; b)recentemente, archeolo- italiano E. Anati ha proposto di identificarlo con Har-Karkom, un monte nel deserto del Neghev, presso loasi di Kadesh, nella penisola del Sinai altri, in base alla descrizione di Es 19, in cui ravvisa~ no un’eruzione vuleanica, lo localizzano in Arabia 28 Intoduzione Saudita, a sud-est del Sinai nella parte settentrionale del massiccio montuoso di Al Hijaz, ricco di vulcanis 4) altri lo localizaano a Petra, nella Transgiordania, dove secondo la tradizione araba fu sepolto Aronne. Per quanto riguarda la teofania, il fuoco che escender sulla montagna, piit che a un'eruzione vulcanica, la scia pensare a un temporale. Il testo non precisa di pitt e Pidentificazione resta nel campo delle conget ture: quel che conta, per il narratore, & dirci che i Sinai non si trova nella terra promessa, ma nel deser- to, ed é il luogo dove Isracle @ entrato in alleanza con Dio c ha ticevuto la sua costituzione peculiare. Le leggi di Israele Secondo la Bibbia, @ al Sinai che Israele diventa una nazione e riceve i cardini della sua esisterza: la Legge ¢ il culto. Questi cardini occupano la maggior parte del libro dell’Esodo e si prolungano nei i successivi del Pentateuco. La loro istituzione nel de serto & una retroproiezione operata dalla comunit3 del Secondo Tempio, che vive nel «desesto» de post-csilio, senza spazi e istituzioni normali quali ui proprio tertitorio, la monarchiae il tempio. La «prey, cedenza» di questa legge e di questo culto permette a Isracle di vivere e progettarsi come popolo anche senza questi spazi ¢ istituzioni. L’esilio & stato un sperienza che ha permesso di capire e scegliere le cose fondamencali ed essenziali: quel che pit conta il rapporto con Dio, ¢ Israele pud vivere come nazione in qualsiasi situazione, anche transitoria. Quello che narrativamente é un punto di partenza, storicamente & un punto di arrivo, che raccoglie tutta la ricchezza di un patrimonio legislativo e cultuale maturato nel corso dei secoli, forgiandolo in base alle esigenze che la nuova situazione impone. Va notato che il diritto di Isracle si differenzia da quelli conosciuti nel Me~ 29 Por leggere IEsodo dio Oriente antico, perché non é legato a un territo- rio ed é veramente «democratico», in quanto non sancto da un re umano, ma proposto da Dio e accet rato liberamente dal popolo. Il culro e la costruzione del «santuario», una tenda mobile, servono a prepa- ue la dimora di Juwi in mezzo ai suo popolo. Leg- g¢ € culto impediscono a Isracle di ritornare nella condizione di schiavi in Egitto. In conclusione, anche se le modalita precise con cui si sono svolti i fatti narrati si sortraggono a una puntuale ¢ rigorosa indagine storiografica, possiamo ritenere verosimile che alla base ci sia un fondamento storico, un'esperienza vissuta da gruppi diversi in epoche diverse, in seguito riletta e fatta propria in modo corporativo da quanti si riconoscevano come «staeliti». Questo racconto non fa un’invenzione 0 una mera riproiezione nel passato, ma una riflessione su un evento di salvezza, che, atricchito della storia successiva, narrato e celebrato, ¢ diventato il fonda- mento di tutto Israele. 6.Il genere letterario dell'Esodo Quanto detto, ci permette di precisare il genere letteratio del libro dell’ Bsodo. Non @ un testo di sto- riografia, né una epopea, né una saga, né un racconto mitologico. Certo, in alcune pagine si riscontrano elementi comuni al genere epico, come gesta milita 1i, piccoli lampi di eroismo e fotogrammi di vita di corte; tuttavia, sono appena accennati, cosi come i protagonisti umani — si pensi solo a Mosé fuggiasco € titubante — non sono certo etoi tetragoni, senza ‘macchia e senza paura, ma conoscono dubbi ¢ con- fusioni. Inoltre, se nel mondo aristocratico dell’epica o della saga il popolo fa da fondale passivo, nel mon- do quotidiano del nostro racconto appare attivamen- 30 Invodvzione te sulla scena. Diverso sari il caso del libro di Giosué, uno dei rari casi di letceratura epica biblica, dove Pe~ popea ci trasporta in un mondo assoluto e sublime. Fatte queste distinzioni, possiamo dire che il genere letcerario dell’ Esodo & quello di «un racconto fonda- tore» (J.L. Ska), che contiene la mappa genetica dei suoi destinatari. La sua intenzione non € quella di cinformare», quanto di «performare», cioe di tra- smettere una fede e di plasmare un modo di pensare e di agire. Non a caso trova il suo contesto vitale nel- la liturgia, ambito privilegiato in cui tutti i membri in un ricordo non individuale, ma «di gruppo», at- tualizzano nella memoria le gesta di Dio, narrano la loro fede e riaffermano la loro identita e la loro ap- partenenza. Va da sé che comporta anche un caratte- re esclusivo: il messaggio narrato é la veriti, l'unica; il racconto genera il popolo e chi ne rigetta i valori € le istanze si autoesclude da sso. 7.Come leggere il testo Sulla scia della metodologia adottata per le presen- te collana, suggeriamo al lettore tre momenti central La lettura del testo Prevede una prima lettura sincronica*, vale a dire una lectura del testo come si presenta oggi, con un’attenzione alla sua dimensione squisitamente nar- rativa, cio? alla trama* del racconto, all interazione dei personaggi, al vocabolario utilizzato. In proposi- to, sari utile ticordare almeno quattro regole fonda- mentali della narrativa biblica. 2) Attenzione alleazioni e ai discorsi nel racconto. La natrazione biblica privilegia la priorita dell'azione sulla definizione; ad es., anziché «dire», o «definire» 31 Per leggere IEsado un personaggio come fedele, malvagio, rilutcante od ostinato (come Mose o il Faraone), preferisce «mo- strare», 0 «drammatizzare» queste caratteristiche pri- mariamence attraverso le sue azioni e le sue parole b) Attenzione al vocabolario, Spesso la trama di un racconto si impernia sulla ripetizione di una parola- chiave o di azioni, sul ritorno di un motivo, di un tema o di una scena tipica; sono fattori strutturanti ¢ significatvi In Esod, ad es, sono parole-chiavi vetbi come «servire» (‘abad), «liberare» (jatsa), «far partite» (shalach); una sequenza di azioni ripecute & quella delle piaghe; un motivo dominante € quello dell oppressione e della liberazione; abbiamo temi narrativi come l'astuzia di donne che beffano il tiran- no, come la nascita di un trovatello, o come il duello tra Mosé e i maghi dell’Egitto; una scena tipica é| contro al pozzo di Mos? con le figlic di letro. <) Antencione ai peronagg.T personage biblici sond,complessi e possono sperimentare evoluzioni e involiioni; di sicuro non restano prigionieri del fa- to, come quelli di Omero, ma godono di liberti, co- me succede per Mosé, Aronne, ¢ anche per il Farao- ne, I personaggi biblici non sono mai autonomi o isoati sulla scena, ma sempre in funzione dell'azione ¢ in interazione con altri, Una tecnica fondamentale @ quella del contrasto, ravvicinato o a distanza; un petsonaggio pud gettare luce od ombra su un altro, come accade nell’antitesi tra le levatrici e il Faraone (Es 1), tra Mos® ¢ il Faraone, tra Most ¢ Aronne e i sorveglianti ebrei (Es 5) e i maghi egiziani nel duello delle piaghe, o tra Mose e lo stesso Aronne (Es 32). Lasciando da parte i personaggi di sfondo e di mini- me raccordo, nessun personaggio di peso, principale 0 comprimario, é mai neutro; attraverso loro il nar- ratore veicola il suo mondo di valori e presenta tipi di opzioni e atteggiamenti positivi e negativ 32 Inroduzione d) Attenzione del estore. Ik natratore biblico esige a compliciei del lettore; lo chiama a seguire la sua strategia narrativa, a colmare gli spazi bianchi disse- ‘minati nel racconto (ad es., omissione della giovi- nezza e Peducazione di Most in Es 2, 0 il modo in cui Mosé ha saputo di essere un ebreo in Es 2,11). Il narratore biblico racconta cid che @ indispensabile e nel momento opportuno, lasciando intuire quel che & pit importante per Iu eaguzzando Finteligenzay dei suoi letcori. L'interpretazione del testo Leggere non basta: occorre capire e interpretare. Si tratta di ridare vita al testo, di farlo parlare ¢ com- muovere. E un momento delicato, perché i lettori sono chiamati a un atteggiamento di affiniti e di di- stanza, Affinit’, nel senso di diventare contempora- ni ¢ familiari del testo, senza dimenticare che esso & stato scritto in un’epoca, in una lingua, in modalita espressive che non sono le nostre, ma restano distanti nel tempo. Questo ci permerte una corretta ex-egesi (un «tirar fuori» dal testo) e ci tutela da una indebita civegesi (un «introdurte» nel testo elementi e idee estranei a esso). Questo approccio si accompagnera a una lettura diacronica’, che cerca di individuate i «mattoni del racconto», vale a dire le eventuali tradizioni soggia- centi al testo, quando possono risultare utili per la comprensione. Una lettura diacronica, attenta alla genesi del testo, ci libera dall’ingenuit’ e pud svelarci i rettoscena, i «perché» della narrazione. Successivamente, vengono proposte alcune piste di riflessione su alcuni temi, che il lettore pud appro- fondire (serutatio) per proprio conto, Una particolare attenzione viene accordata al NT, facendo si che, in un mutuo rapporto di «partecipazione e analogia», le 33 Pr leggere IEsodo pagine del Primo e del Secondo Testamento si illu- minino e si fecondino a vicenda. Rubando l'aforisma otigeniano di Agostino, possiamo dire: «Qual é il va- lore di Mose ed Elia, ciot la Legge ¢ i Profeti, se non colloquiano con il Signore?» (Sermone 78,2). Applicazione 3 il momento in cui «applichiamo il testo a noi stessi, € noi stessi al testo», prolungando nelPoggi i significati della Scriteura, perché ridiventi Parola che alimenti la sua fede, motivi la sua carith ¢ rafforzi la gus speranza ca Seriuracrsce, con chil legge» (saa Gregorio Magno). Si tratta di «fare la Parok, di incarnarla e narrarla nel proprio vissuto, nel pro- prio cuore, nella propria anima e nelle proprie forzes perché, «se uno ascolta Ia Parola ¢ non la mette in pratica, costui assomiglia a un uomo che guarda il proprio volto allo specchio: appena si & guardato, se ne va, e subito dimentica com’era» (Ge 1,23). Scru- tare la Parola, significa lasciarsi scrutare e portare da essa (Gv 15,1-3; Eb 4,12-13); abitarla significa la- sciarsi abitare dalla Trinita (Gv 15,7.10). 8. «lmpara il cuore di Dio nelle parole di Dio» Facciamo nostro questo splendido programma di Gregorio Magno. Imparare il cuore di Dio nella Scrittura e nella storia (K. Barth) richiede una disci- plina interiore. «Una lectio che non diventi preghiera ed evangelizzazione é una lectiofallita» (B. Calati). La Parola non & magica: per agire vuole trovare un cuore sgombro dai sassi delle distrazioni e dei pregi dizi, pienamente disponibile e accogliente. Ricerca un luogo di solitudine e di silenzio. Invoca lo Spirito Santo perché si riveli e ti riveli e vivifichi le Scriecure. 34 Inoduzione Prepara il cuore chiedendo perdono dei tuoi peccati Leggi e rileggiil resto nella calma e nella pace. Asco tae accogli. Fissa lo sguardo sul testo e non su di te, ruminando la Scriteura. Cerca di vedere come la Pa~ rola che hai letto si sia realizzata in Gesit e coopera, ‘cuore ¢ corpo, con lo Spirito, perché egli realizzi in te Fimmagine dei suoi servi, i profeti, immagine che trova la sua perfetta espressione in quella di Cristo. Verifica la tua vita su quanto il Signore ti ha rivelato. Prega il Signore ridicendo a Dio le sue stesse Parole, ‘Narra, annuncia e condividi le meraviglie di Dio e il ‘uo incontto con lui. Rallegrati, poi, se qualcuno un no ti diri: «Non & piti per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sap- piamo che questi ¢ veramente il salvatore del mon- do» (Gy 4,42). Caro lettore, quest’ ultimo & Paugurio che faccio a me stesso 35 Po leggere Esodo Awertenza 1 I nome dvino J viene sco sera vrai come chiesto oggi per rispetto verso i nostri «fratelli maggiori», gli ebrey che non lo pronunciano mai in osservanza al comandamento «Non pronuncerai invano il nome di Jit, tuo Elohim» (Es 20,7) e lo sostituiscono con Ado- nai (= «Mio Signore»), 0 con perifrasi come «ll Santo, Benedetto Eglisiaw 2, La traslitterazione delle parole ebraiche & notevolmente semplificata, perché sia leggibile e facilmente pronuncia- bile in italiano. 3. Quando di un paso biblico non si segnala il libro, ¢ sor- nteso che fa parte del testo che stiamo leggendo, vale a dire Es 1-15. | Salmi sono citati seguendo la numerazione del testo cbraico (Ts, com’e usanza delle edizioni «non licurgicher della Bibbia, con tra parentesi la numerazione lieurgica. 4, Si ricordino le seguenti sigh: Tu rimanda rispettivamente al testo ebraico vocalizeato chiamato Testo Masoretico (500-900 d.C.)s Lyx rimanda alla versione greca, cosiddetta dei Setanta (250-100 a.C.); Cu Cei rinvia al testo biblico in lingua italiana curato dalla Conférenza Episcopale Italiana ¢ dichiarato «te- sto ulficiale» della chiesa cattolica in Italia (ceditio princeps» 1971); il Nuovo Testamento sempre ci- tato secondo la versione del 1997 indica la « Traduzione interconfessionale in lingua cor- renter della Bibbia curata da cattolici ¢ protestant italiani (LDC-Abu 1985). Lasterisco rinvia il lettore al Piccolo Lessico in ap- pendice al libro. Ginga son i moment che sendin que propria di Lec tio divina, Per il primo (invocazione) e Uultimo (Ringrazia- enc) 1 paseo wlizeare le preg iperae ne carton no segnalibro. I tre momenti centrali invece sono sviluppati nei ‘capitol che seguono, ognuno dei quali é suddiviso in tre parti, corrispondenti appunto ai momenti di Lewura, Interpretazio- ne, Attualizzazione, 36 L’ouverture del racconto Esodo 1-2 Es 1-2 finge da wesposizione», fornendo le coordinate ambientali del racconto di Es 1-15, In Es 1 abbiamo la situazione, i personaggie il problema che fa seattare la storia, cio’ Voppressione che degenera in schicvine ge- nocidio. Es 2 ¢ interamente dedicato al personaggio di Mosé, protagonista del racconto, L’altro grande (e vero) protagonista, Dio, rimane dietro le quinte, avpena ac- cennato in azione in Es 1, mentre risulta pit: coinvolto nella finale di Es 2. Questa finale serve da ponte che prepara il racconto della chiamata di Mose im Es 3-4. ‘La struttura generale di questa ouverture é la sequent — Fs 1: Israele in Egitto. Oppressione e soppressione. — Fs 2,1-22: la nascita di Mose, Giustiziere in Egitto, fuggiasco in Madian. —F52,23-25: transizione. La querela d'Isracle. Aleune osservazioni: — I «rotolo» dell'Esodo, in ebraico si. = letteralmente con la frase we questi sono i nomi dei figli d Tsraele» (we'elleh shemot bene Jisra’el), che funge da titolo. La congiunzione «es (we, eliminata dalla traduzio~ 37 ne Cit) 2 importante; segnala al lettore che quanto verra raccontato non é un inizio assoluto, ma in con- tinuité con quanto é stato narrato nel «rotolo» della Genesi. = Come vedremo, Varco del racconto vero e proprio di Es 1-2 comincia a partire dall avvento al trono di un nuovo Faraone (1,8) e si conclude con la sua morte (2,23-25). Lo scenario dapprima ¢ lEgitto, poi Ma- dian, per ritornare in Egitto, I due capitoli sono uni- ficati da un vocabolario che gioca fondamentalmente ‘sull antitesi tra vita e morte, che si esprime in corri- spettive ascelten di campo da parte dei personaggi — Caratteristico di Es 1-2 2 il susseguirsi in scena di un nutrito numero di personaggi femminili, che, appa- rentemente secondari, giocano un ruolo decisivo per Lo sviluppo degli eventi. 38 ISRAELE IN EGITTO: OPPRESSIONE E SOPPRESSIONE Esodo 1 Introduzione (vv. 1-7) 1E questi sono in nomi dei figli d’Israele encrati in Egiteo ‘con Giacobbe e arrivati ognuno con la sua famiglia: “Ru: ben, Simeone, Levi e Giuda, *Issacar, Zabulon e Benia mino, "Dan e Nefiali, Gad e Aser. °Tutte le person da (leté. «dal femore dis) Giacobbe erano sertanta, Giu- seppe si trovava gi in Egitto. “Giuseppe poi MORI ¢ cosi tutti i suoi fratelli e cutta quella generazione. ‘I fighi dI- sraele prolficarono e crebbera, divennero numeresie molto potenti il paese ne fu ripieno, Esposizione: il programma di Faraone (vv. 8-10) *Allora sorse sull’Egitco un nuovo re, che non aveva cono- sciuto Giuseppe. °E disse al suo popolo: «Ecco che il po- polo dei figli d'Israele 2 pitt numeroso e pitt frte di noi. "Prendiamo provvedimenti (ett, «siamo Cree nei sui riguardi per impedire che aument, atrimenti, in caso di guerra, si unira ai nostri avversari, combattera contro di noi e poi partira dal paeser. "!Allora vennero imposti loro dei sovraintendenti ai lavori forzati per opprimerli con i loro gravami, e cosi si costtui rono peril faraone le citti-deposito, cioé Pitom ¢ Ramses "Ma quanto pit opprimevano il popolo, canto pit si mol- siplicaua e cresceva oltre misura si comincid a settire come un incubo la presenza dei figli d'Isracle, '*Per questo gli Egiziani fecero lavorare i figi d’Isracle trattandoli dura- mente. "“Resero loro amata la vita costringendoli a fabbri- 39 Israels in Egito: oppressione @ soppressione care mattoni di argilla e con ogni sorta di lavoro nei campi a tutti questi lavori li obbligarono con durezza Piano B: soppressione dei neonati maschi d'Isracle (wv. 15-22) ‘SP il re d’Egitto disse alle levatrici degli Ebrei, delle qual una si chiamava Sifta e 'altra Pua: «Quando assi- stete al parto delle donne ebree, osservate quando il neo- rato’ ancora tra le due sponde del sedile per il parto: se & tun figlio, LO FARETE MORIRE; se é una figlia, potra vivere>. Ma le levatrici temettero Dio: non fecero come aveva Joto ordinato il re d’Egitto ¢ lasciarono vivere i bambini. "IL re dEgitto chiamo le levatrici e disse loro: «Perché avete fatco questo e avete lasciato vivere i bambini?>. Le levatrici risposeto al faraone: «Le donne ebree non sono come le egiziane: sono piene di vitaliti: prima che attivi presso di loro la levatrice, hanno gia partorito!» Dio beneficd le levatrici, I popolo aumentd ¢ divenne molio forte. 'E poiché le levatrici avevano temuto Dio, egli diede loro una numerosa famiglia. * Allora il Faraone diede quest’ordine a tutto il suo popolo: «Ogni figlio ma- schio che nasceri agli Ebrei, LO GETTERETE NEL NILO, ma lascetete vivere ogni figlin. LetTura STRUTTURA I. Es 1,1-7: Introduzione, IL, Es 1,8-22: Oppressione e soppressione dei figli d'Israele, v.8 _ Esposizione. vw. 9-10 Il programma di wy 11-14 Piano A: oppres wy. 15-22 Piano B: soppres Faraone. Narrativamente, 'Introduzione, delimitata da una inclusione (wv. 1.7), imbastisce gli ancefatti essenziali per la comprensione di quanto accadra; subito dopo, 40 Esodo 1 abbiamo il racconto effettivo, delimitato da un’altra inclusione (vv. 8.22), che narra in due ondate l’op- pressione degli Istaelitie il centativo di sterminio dei loro neonati da parte degli Egiziani: I personaggi in scena sono «i figli d'Isracle», i Fa- raone, il popolo egiziano ¢ le due levatrici Sifra e Pua. Assai defilato, fa capolino il personaggio di Dio. ‘Come abbiamo evidenziato graficamente, al letto- re non sfuggira che il testo gioca sullo scontro tra il vocabolario della vital proliférazione ¢ quello della morte/schiavit INTERPRETAZIONE © Jsraele lievito della benedizione di Dio (Es 1,1-7) I libro del? Esodo si apre con questo sommatio che funge da cemniera: non si parte da zero, ma si prolunga una storia, quella della presenza di Giacob- bee det suoi figli in Egitto; il narratore presuppone la conoscenza delle puntate precedenti, adombrate nella ripresa sintetica della lista di Gn 46,8-27. I do- dici «figli d'Isracle» espressamente nominati (vv. 2-3) sono i figli carnali di Giacobbe, ciascuno con il ri- spettivo «clan». In ognuno dei nomi di questi capo- stipiti delle triba.d'Isracle risuona un auspicio di benedizione (nomen-omen)*, che ha gia tibaltato una situazione di sterilita e di umiliazione (cf. Gn 29,31-30,24) I numero di questi figli d’Israele secondo il’TM é di esettanta persone» (le «settantacinque persone» del te- sto dei Lox riprese da At 7,14, si spiegano con Pag-) gine: dei cingue discendenci di Bfisim e Manasse/ figli di Giuseppe). Il distinto accenno a Giuseppe sug- gerisce di nuovo che la fraternied francumata dalla sua vendita (Gn 37) é stata ricomposta. La cifra «settanta» attesta fin d’ora una discreta fecondita ¢ non & scevra 4 70 L Israele in Egino: oppressione & soppressione di risonanze mitiche_¢ simboliche; anzitutto implica completezza(=7 X 10)) se, inoltre, secondo la conce- Hone biblica-Dia_aveva diviso i figli di Adamo (= umanit3) inf 70 nazioniycorrispondentemente al nu- mero dei fighi d’Israele (cf. Dt 32,8-9 ¢ Gn 10), il nar ratore sembra quasi voler suggerire che il macrocosmo dell'umanit’ alberga nel suo seno, come una sorta di «dievito» benedetto, il microcosmo dei figli d’Israele. Lebraico puntualizza letteralmente che «tutta questa «vita» (nefés/) & uscita dal femore (jarek) di Giacobbe» (v. 5); oltre a essere un’espressione che leg:ttima la discendenza diretta e non bastarda, il ter- mine «femore» rievoca quello colpito da Dio nella lotta misteriosa con Giacobbe allo Iabbok (Gn 32,26); proprio da quella lotta era scaturito il suo nuovo nome «lsraele», sotto il segno di una benedi- zione, che riconfermava quella che aveva strappato astutamente al padre (Gn 27) ¢ quella ricevuta da Dio (Gn 28). Se limposizione di questo nuovo no- me significava per Giacobbe una nuova identita ¢ una speciale presa di possesso da parte di Dio, lo stes- so accadri per i stoi discendenti: questi «figli d’Israc- le» porteranno per sempre marchiato nella carne del- la loro storia il segno di questo incontro-scontro con il Signore. La morte di Giuseppe (v. 6, gid narrata in Gn 50,26) ¢ quella dei suoi frarelli e della loro generazio- ne, segnala un cambio d’epoca (cf. Gs 2,8-10). A questo punto l'espressione «figli d’Israele» non desi- gna pit i 12 figli di Giacobbe, ma un intero popolo Cam, cf. v. 9). Questo popolo sperimenta in continuita un’ulte- iote explosione demografica nell’arco di pit: genera- joni, che si accavalla in cinque verbi di proliferazio- ne edi crescita, alcuni dei quali scandiranno come un ritornello tutto il prosieguo della narrazione (wv. 7.9.10.12.20). 42 Esodo 1 Questa fenomenale espansione é una realizzazione della benedizione* divina. Anche se in questo som- mario sono assenti il termine «benedizione» (bera- Fab) € ogni menzione di Dio, & come se il narratore invitasse a «ticonoscerli dai frutti» (Mt 7,16). Il let- tore che ha letto il libro della Genesi intuisce che questa discendenza innumerevole «come |i polvere della terra», risale alle promesse fatte ai patriarchi; & il compimento di una delle promesse fatte 2 Giacob- be (Gn 35,11-12; Gn 46,3-4), a Isacco (Gn 26,3- 5.23), ad Abramo (Gn 12,2-3; 13,14-17; 17,1-8); in modo pitt generale, scaturisce dalla benedizione di Dio a tutta Fumanita, come partecipazione al po- tere creativo divino («crescete ¢ moltiplicatevi», cf. Gn 1,28; 9,1). Va pero notato che si tratta del compimento di soltanto due delle promesse patriarcali; finora si sono realizzate quella di una numerosa discendenza ¢ quella di costituire una benedizione per coloro che accolgono i discendenti di Abramo (cf. Gn 12,3-4; 22,18; 28,14), come hanno dimostrato i so; giorni di Giacobbe presso Labano (Gn 30) e quello di Giu- seppe, autentica fortuna per PEgitto (Gn 41), Resta- no inadempiute la promessa del dono di una terra/ paese, quella di un’alleanza* in cui Dio si impegna a diventare il loro Dio (Gn 17,7) ¢ quella di diventare cna grande nazione» (goj gadol); sinora Dio é stato il Dio di una famiglia, non di un popolo; e se ora Israc- Je & un «popolo», non @ ancora una nazione, perché manca di un territorio ¢ di un diritto props Inoltre, Dio aveva preannunciato ad Abramo l’immigrazione| dei suot discendent in un paese stranieo,lechiav ! 'uscita verso un p, n 1513-1) cosi come aveva promesso a Giacobbe un sicuro ri- torno (Gn 46,4). Lo stesso Giuseppe in punto di morte aveva ribadito un certa «visita» di Dio, che avrebbe fatto uscire i figli d’Isracle dall’Egitto verso 43 Israele in Egito: oppressione e soppressione la terra giurata ai padti, ¢ aveva fatto giurare che le sue ossa sarebbero state sepolte nella terra promessa (Ga 50,24-25). Il lettore di buona memoria sa percid che il sog- giorno egiziano dei figli d’Israele sara temporanco; es- si dovranno ritornare nella terra promessa ai padris egli ne conosce il perché (si tratta di una promessa di Dio), ma non ne conosce ancora il quando ¢ il come. A prima vista, invece, presso i figli d’Israele enon sem- bra pid restare ricordo degli antichi...» (Qo 1,11); di- versamente dal loro padre Giacobbe (Gn 37,11) non sembrano conservare reminiscenze del loro passato, né del loro futuro. Lo stesso Dio sembra assente (ve- latamente presente, come ‘El, nel nome «lsra-el-e»).. Toccheri a Dio, come vedremo, rinfrescare la loro memoria, la sua e la loro «vocazione»; per il momen- to, tutto sembra tranquillo, ma é solo la quiete prima dela tempesta... ‘© Oppressione e soppressione dei figli d'lsraele (Es 1,8-22) Dopo lesposizione che avvia lazione del raccon- to, abbiamo il programma del Faraone, che constata iP problema ~ a formidabile crescta dTsracle — e dt Pavvio a due misure repressive, che si accavallano in una progressione sempre pitt violenta: il piano A pre- vede in due riprese un’ oppressione affidata a sovrin- tendenti e poi al suo popolo; il piano B prevede in dlue riprese la soppressione dei bambini maschis la prima viene commissionata a due levatrici, la secon- daa tutto il popolo d’Egitto. Sulla scena subentra come protagonista un nuovo personaggio, quello del re d’Egitto, o Faraone (v. 8). Egli resta anonimo, caratterizzato dal! incarnazione di questi due epiteti di potere, ma sopratcutto dalle sue parole e dalle sue azioni. Il titolo «re d'Egitto» segnala la sua potente dignita, la sua responsabilica 44 Esodo 1 di garante della giustizia, del diritto, in quanto asso- luto sovrano della vita di una nazione celebre per la sua potenza e la sua sapienza L’altro titolo, «Earao- ne» (dall’egiziano Per-da = la grande casa»), @ una formula protocollare che designa il palazzo, Ia corte, ladinastia, e qui funziona come nome propro (come «Cesare, tramutatosi in Kater 0 Zan. Val la pena notare che, a orecchi ebraici, le consonanti di alcune parole possono evocare altri significati: il nome «Egitto» (mmitsrajim) pud richiamare «angosce, stret- tezze» (tsarim), cosi come «Faraone» (par'oh) pud evocare il senso di «scapestrato, fuori di sé» (cf. Sir 10,2-3: «un re scapestrato [melek parud'], revinera il suo popolo»). Di questo re si dice che era «nuovo ¢ non aveva conosciuto Giuseppe». E un'informazione che tenta di giustficare il successive comportamento di questo sovrano: se questo re avesse sperimentato la benefica presenza di Giuseppe in Egitto, non agireb- be cosi come sta per fare. Il «programma» di Faraone (vv. 9-10). — Faraone avverte la presenza dei figli d’Isracle come «minaccia» coinvolge nella sua «prospettiva» (hinneh = econ, letceralmente «vedetes) il suo popolo (v. 9). La sua é una leteura della situazione in chiave spiceatamente mlcre, con un travisamento farioso della ral la frase del v. 9b potrebbe essere altresi tradorta: «Vede- te, il popolo dei figli d’Israele 2 numeroso e potente, mentre noi non lo siamo». Pertanto, escogita un «programma» per impedire la crescita dei figli d’I- staele e una loro eventuale coalizione ai danni dell’E- gitto. Tale programma nell’originale ebraico suona molto piti perentorio: «Orst/forza (havah)! Fac: ciamoci saggi (nitchakkemah) nei suoi riguardi, per impedire che aumenti, perché non accada che, in ca- so di guerra, si unisca ai nostri avversari, combatta contro di noi e poi salga dal paese!» (v. 10). Si tracta 45 Israele in Egino: oppression & suppression di una strategia elaborata in nome di una «sapienza»s il verbo «facciamoci saggin (trad. Cei: «prendiamo provvedimenti») deriva dalla stessa radice di «sapien- 21, saggezza» (chokmah), ed esprime una scelta deli- berata e autocostruita, nella quale coinvolge il suo popolo. Questa armonica sapienziale serve al natra- tore per sfruttare la tastiera di ironici e progressivi conttasti: in primo luogo, serve a distanziare questo Faraone da quello precedente che aveva riconosciuto «Vintelligenza ¢ la saggezza (navon wechakam)» lo ««pitito di Dio» di cui era dotato Giuseppe (Gn 41, 38-39); in secondo luogo, servira a copritlo di ridico- Ic, nel confronto con Pastuzia delle due levattici. La decisione del Faraone nasce da una paura esa- gerata, analoga a quella del re di Moab (Nm 22,4.6.11) ea quella di Caifa (Gy 11,50). Tutti que- sti petsonaggi ricorrono, in un modo o nell’altro, a tuna presunta «ragion di stato» che progetta l’elimina- zione di colui che ai loro occhi (solo ai loro occhil) rappresenta la minaccia di turno: tuttavia, per ironia drammatica*, quanto questi personaggi dicono in base alla loro prudenza, si avvereri in un senso diver- so da quello da loro inteso, Nel nostro caso, il Earao- ne sta dicendo qualcosa che accadra nel cap.14: real- mente ci sara un «combattimento» contro PEgitto, ‘ma con un avversario inaspertato (14,14.25) e davve- 10 i figli d’Israele «saliranno» dal paese. Di questo perd il lettore si accorger’ alla fine del racconto... Lattuazione del programma del Faraone si svilup- pein quattro tentative primi te aliscono, mente 'esito dell'ultimo resta drammaticamente sospeso. @ Primo tentativo: lavori forzati sotto il controllo di sovrintendenti (vv. 11-12). ~ Il piano A scatta con la prima misura di imporre lavori forzati, sotto il con trollo di sovrintendenti, Qui spicca il verbo «oppri mete» (‘anah), che in ebraico comporta P 46 Esodo 1 umiliare la dignita di qualcuno, rinfacciandogli la propria impotenza, Gli Israeliti vengono sottoposti a lavori forzati (mas), oppressi da prestazioni pesanti ¢ ingrate (sevel), finalizzate alla costruzione delle citta- deposito di Pitom ¢ Ramses. La localizzazione di (queste cited resca incerta: val la pena notare che quel- la di Ramses riassume emblematicamente tutto |'E- sodo: luogo di residenza dei figli d’Isracle nella regio- ne migliore dell’Egitto al tempo di Giuseppe (Gn 47,11), adesso si trasforma in un lager di oppressio- ne, per poi diventare il luogo stesso della partenza dalla schiavitd (Es 12,37). L'impiego della manodo- pera istaelia per la costruzione a uso militare di que- ste citta-deposito significava un'equiparazione a cate- gorie inferiori come quelle di prigionieri di guerra 0 «schiavi di Stator (2Sam 12,31). Questo primo tentativo fallisce e sortisce l’effetto contrario (come quello di Saul in 1Sam 18,21-30!). Anche se il narratore non lo dice, il fallimento é do- vuto alla benedizione divina, da cui promana inargi- nabile la forza della vita. L’ulteriore crescita di Israele diventa un «incubo» per gli Egiziani, espresso in ebraico dal verbo qiits(v. 12), che comporta sia idea di paura, ma anche di disgusto e di conseguente pre- sa di distanza dal «voleo» (mippene) di altri; questa convivenza fastidiosa ingenera negli Egiziani un complesso di inferiorita, che sfocia in una «depressio- ne» (come quella di Rebecca in Gn 27,46). @ Secondo tentativo: gli Egiziani intensificano la schiavitt(v. 13-14). — A questo punto Poppressione diventa totale e disumana: lo dimostrano il totale coinvolgimento degli Egiziani, la costrizione a fare qualsiasi lavoro pesante (kal ‘avodah gashah), esteso ai campi e alla fabbricazione di mattoni; questa siste- ‘matica schiaviti (in soli due versetti rimbomba ben cinque volte la radice ‘bd che qui ha il senso negativo a7 ‘roele in Egito: oppressione e soppressione di «schiavizzare») si coniuga con una esasperazione psicologica, che avvelena ogni speranza: «resero ama- re le loro vite» (il verbo mararé sinonimo di persecu- tione in Gn 49,23). Questa recrudescenza risulta in- corniciata dal significativo avverbio «con durezza» (befarek, 13.14). Si tratca di un’espressione abbastan- za tara, che a orecchi istaeliti suona con una conno- tazione giuridica (cf. Ly 25,43.46.53; Ez 34,4); se, com’é noto, la schiavirii era un fatto ordinario presso tutti i popoli, ammesso anche in Israele, qui questa espressione segnala una schiaviti che oltrepassa il suo limite normale e accettato ¢ sconfina nella vio- Jenza ¢ nella brucalica pitt assoluce e alienanti. a Terzo ¢ quarto tentative: lo sterminio dei bambini maschi (vv. 15-22). — I wy. 15-22 presentano una struttura chiastica*, con delle significative antitesi. 2) Lordine del re alle levattici (vv. 15-16). b) Le levatrici temono Dio ¢ non obbediscono al re A'Egitto (v. 17). ©) Reazione e inchiesta del re d'Bgitco (vy. 18-19). €) Rearione di Dio (v. 20). b’) Le levatrici temono Dio ¢ vengono ricompensace (wv. 21). 2) Llordine del re a tutto il popolo (v. 22). Il Faraone fa scattare in concomitanza con la schiaviti il piano B del genocidio: Puccisione di tutti ineonati maschi, mentre le femmine vengono rispar- miate. L’eliminazione di figli i_significa |’an- |nientamento totale della stipe, del «names c-della~ |memoria di-un popolo (cf. 1Re 11,14-15; Sal % 09[108],13); le femmine vengono risparmiate per ovvi motivi (cf, Gde 10,14-23)! Questa, Pulizia etnica selezionata viene commissionata a due levatrici, di 48 Code? cui il narratore ci offre i nomi: Sifra («la bellas) e Pua («splendore» 0 «ragazzav?). Per Ta prima volta sulla scena appaiono due donne. Sono le prime di una gal- leria di personaggi femminili, che, pur secondari, svolgeranno una funzione decisiva e sovveriva nel capitoli seguenti, sempre a favore della vita. Esse de- vyono assistere al parto delle donne ebree e appurare Peventuale nascita di un maschio: le «due sponde del sedile» (letceralmente «le due pietre», ‘2vmaim) posso- no essere un eufemismo per indicate il sesso cel neo- nato, quello della puerpera, oppure possono illudere allo sgabello del parto, in questi ultimi due casi, una sorta di «tornio» (cf. Ger 18,3). Non é chiar ~ e il problema continua a intrigare gli esegeti — se queste due levatrici siano ebree o egiziane e se sia verosimil un controllo su larga scala affidato a due sole donne. Sela logica vince la grammatica, dovrebbero essere egiziane: il Faraone non affiderebbe questo spp mento-epurazione a delle levatrici ebree; inoltre, la giustificazione che forniranno (v. 19) & plausibile a condizione che si occupino abitualmente delle Egi ziane. Al narratore, perd, interessano altre notizie; anzieuto presentael un Faraone che impone alle levatrici di rinnegare la loro stessa vocazione: da maieute di vita debbono trasformarsi in mammane mortali; poi dirci che ai suoi occhi, in quanto nom nate, esse sono pitt importanti del Faraone, che resta anonimo. In tal senso, svestono il ruolo di personag- gi secondari per diventare le antagoniste, le eroine del racconto: sulle «sponde del sedile», esse antici- pano il Dio «ostetrico» che fari nascere Istaele tra due «muraglie d’acquay nel Mare dei Giunchi (Es 14,29). Le due ostetriche, perd, non obbediscono all'ordi- ne del re d’Egitto, La loro & una vera e propri «obie- zione di coscienza», ancor piti forte e straordinaria se sono egiziane. In una situazione di morte, unica ri- 49 Ibiueke in Cyito: oppressione © soppressione bellione nascosta in favore della vita & la loro. Il loro coraggio nasce dal fatto che esse «temettero Dio» (wv. 17.21). Qui Dio é presentato nel suo nome generico ‘Elohim, il Dio dell universo, della vita, della creazio- ne (Gn 1,1). Nel testo ebraico ’é un ironico e ben noto gioco di parole: anziché il letale «assistere» (ra- ‘ah, v. 16) commissionato da Faraone, esse scelgono di «emere Dio» (gare v. 17). Questo «timore di Dio» non va inteso come paura o terrore, bensi come rispetto riconoscenza reverenziale del primato della vita e delle leggi universali della creazione. I lettori Ebrei sanno che il «timore di Dio é il principio della sapienza» (Sir 1,12.18) ed é «fonte di vita, che evita i [lacci della morte» (Pro 14,27). Queste levatrici, con- sapevolmente o inconsapevolmente, scelgono la sa- pienza del Dio della creazione, anziché la sapienza di Faraone, «dio» dell Egitto. Sul comportamento delle levatrici, il narratore ci offre due valutazioni: quella del Faraone ¢, dietro le quinte, quella di Dio. Il sovrano d’Egitto non tarda ad accorgersi dell'ennesimo fallimento; sottopone le due levatrici a una vera inchiesta processuale: «Per- ché avere fatto questo?» (cf. Gn 3,13). La risposta delle levatrici @ una pia fraus che simultaneamente serve a ridicolizzare la presunta sapienza del Faraone © con un pizzico di sciovinismo, a esaltare la supe- tiore vitalita delle donne israelite. Notiamo qui l’ito- nia: se il Faraone ha adottato provvedimenti in base alla sua saggezza, le levatrici si dimostrano pit s di luis se te di Egicwo ha paura degli Istachti lee vatrici hanno timore di Dio; se il faraone vuole stroncare la componente maschile d'Istaele, le donne israclite si rivelano pit vitali di quelle egiziane. In an- titesi, il narrarore ci fa conoscere il giudizio di Dio. Per la prima volta, egli interviene in favore del suo popolo grazie alla compassione di queste due donne. Egli benefica (lett. «rende buona e bella» yarav, v. tsodo 1 20) come una sua nuova creazione la disobbedienza delle levatrici, che sanno distinguere cié che é bene € ‘male, vita e morte, luce e tenebre, come ha fatco lui (cf. Gn 1). Come a Israele, Dio regala loro una fami- glia numerosa (v. 21); egli benedice chiunque sta dalla sua parte, e dalla parte del suo popolo: se le le- vattici sono egiziane, esse rappresentano loccasione ‘mancata dal Faraone. La loro astuzia, perd, non blocca il disegno del monarca egiziano. Questa volta, nel suo progetto di genocidio, coinvolge tutto il suo popolo: ogni egizia- no dovra gettare ogni maschio cbreo nel Nilo: il fiu- me che é la vita per PEgitto si trasforma in fiume di morte per Israele. I nostro capitolo si chiude con una drammatica suspense, perché il lettore non sa che cosa succeder’. Faraone ha davvero un potere incontrastato, capace di decidere assolutamente della vita ¢ della morce? Cosa sari delle promesse di Dio, accordate a questo popolo? Ma, soprattutto, questo Dio dov'&? Imattoni del racconto Fin qui abbiamo adottato una lettura «sincro ca*, che legge il testo cosi come si presenta nella sua stesura attuale. E importante, perd, anelizzarlo ak idiacronica»*, cercando di individua- re i emattoni del racconto» o le «voci» che si sono giustapposte. Come abbiamo anticipato nell’ Jnsro- duzione, questo tipo di identificazione non sempre & facile; tuttavia, non @ inutile né arido, perché ci per- mette di radicare, li dove & possibile, il testo nella storia, aprendoci interessanti suggestioni. Fino a poco tempo fa, gli studiosi avevane indi duato ~ e alcuni continuano a farlo — nel nostro testo un amalgama di «re tradizioni diverse: lo Jahvista (vv. 6.8-12.22), PElohista (vv. 15-21) ¢ il Sacerdotale 51 Israele in Egitto: oppressione e soppressione (ww. 1-5.7.13-14). Pid convincentemente, altri ravvi- sano invece la presenza di un vocabolatio tipico della > Scuola Deuteronomistica (= D) e della Scuola Sacer- dotale, con alcuni ritocchi tardivi post-sacerdotali. ‘Ad esempio, il vocabolario dell oppressione e dei lavori forzati nei vy. 8-12 rientra in una fraseologia che coincide con quella usata da autori deuteronomi- stici per descrivere le misure adottate dal re Salomo- ne per consolidare il suo potere e costruire il tempio (cE. 1Re 5,27-30; 9,15.19.21). Comunemente Salo- mone viene ricordato per la sua sapienza ¢ intelligen- za (1Re 3,12; 5,9-14): si trata cuttavia di una sapien- za che ha cominciato bene, ma ha finito inglotiosa- ‘mente con lo snaturare se stessa. I nostro racconto sembra proiettare nella descrizione di Faraone i tratti negativi di un Salomone despota, che non esit6, per i suoi sogni megalomani, a ridurre in schiaviti il suo popolo. Evidente & anche la fraseologia di P. Affiora nella descrizione della proliferazione d’Israele e pud specchiare Pesplosione demograica avvenuta, sotto il governo persiano, dopo il «diluvio» delPesilio (cf. Gn 9,1). In particolare, vorrei soffermarmi sull’e- spressione tipicamente sacerdotale,«con durezzay (befarek) che ricorre ben due volte (vy. 13-14). Ley sue rare ricorrenze sono interessanti: in Ez 34,4 dest gna il modo in cui i cattivi pastori (= governanti po- \ litici e aucorita religiose @'Israele) hanno maltrattato | il gregge che appartiene al Signore; invece di interve- | nire a tutela dei piti deboli, come mercenari li hanno drutalmente e disumanamente sfruttati. In Ly 25,43. 46.53 l’espressione segnala un limite invalica” bile, che servéa regolare la Iegislazione della schiavitiy_ allo stesso Israele, Nessuno, israclita o forestiero, pud maltrattare «con asprezza» un altro fratello israc- lita: prevaricare, agendo con durezza, equivale a «non temere Dio» (Lv 25,43)! 52. odo 1 Un altro testo illuminante é quello di Ne 5, che nel contesto del ritorno e della ricostruzione di Giu- da, descrive la situazione precaria di Giudei costretti avendersi come schiavi, a causa dell’estrema poverta, € sottoposti a umilianti vessazioni. Neemia, in que- sto caso, si distingue dai precedenti governatori e dai loro servi che avevano angariato il popolo; anziché sfruttare la sua carica, si dimostra solidale con il po- polo, gia gravato dai lavori Il sommario di Es 1,1-7 tradisce la mano di una redazione post-sacerdorale e va capito nel contesto delposcaalin io, nel fervore ideologico delle polemiche sulle «origini» di Israele; per alcuni le «radici» erano i pattiarche_ per ali Pesodo (Veco di queste dispute affiora in Os 12 e Is 63). Qui si afferma indiscutibil- mente che i figli d’Israele dell’esodo sono i legittimi discendenti dei patriarchi. L'ultima mano del narratore finale ha assemblato tutte queste «ociy o tradizioni (altre sicuramente sfuggono) nella_polifonia del suo racconto. E come se egli avesse rubato i colori della sua tavolozza altro- ve, strizzando l’occhio ai suoi lettori, invitandoli a intuite coincidenze e analogie, a instaurare collega- menti ea riflettere. Al riguardo, un esempio moder- no pus essere illuminante: conosciamo tutti il ro- manzo dei Promessi Sposi; com’é noto, il Manzoni lo ambienta nel Seicento, ma, in realta, ha di mira la situazione e i problemi del suo Ottocento: dietro gli spagnoli di Ferrer, dipinge, in modo non malcelato, Vimpero asburgico dominante nella sua epoca. Cosi accade nel nostro testo: dietro la schiavita egis aiana si cela l'esperienza tragica della diaspora cell’ Ess lio, Harratore la «tiracconta» per un popolo che ne € reduce, alla ricerca di una propria identita e delle pro- ptie radici, sotto il controllo vigile di un nuovo impe- ro, quello achemenide di Persia; egli invita alla speran- za, ma anche a non ripetere gli error del passaco. 53 Isra6le in Egitlo: oppressione © soppressione ‘Spunti per la riflessione * Israele come lievito di Dio La prodigiosa proliferazione d'Israele & il segno conereto della fedelti di Dio alle sue promesse, nor. ché il sigillo di una particolare clezione iniziata con 1 patriarchi. Tuttavia, non si tratta di una elezione esclusiva, fine a se stessa, ma al servizio dell'umanith, La storia che Dio «fa» con Isracle ¢ anticipo, caparra, di quanto eg incende fare per altri popols & le mic sione affidata ad Abramo: «e in te si diranno bene, dette tutte le famiglie della terran (Gn 12,3). Per il momento, i figli dIsraele sembrano inconsapevoli di questo «dono e compito». Esso diventera chiaro ¢ forte al Sinai, quando Dio chiamera Isracle ad accet. tare liberamente ¢ responsabilmente limpegno di es- sete la sua «proprieta privata» e, nel contempo, «tin regno di sacerdoti e una nazione santa» era tutti i po- poli (Es 19,5-6). Chi benedira Israele sara benedetto; chi lo maledira, sara maledetto. Se rileggiamo questo brano alla luce del Secondo Testamento, alla fecondita del «femore di Giacobbe, subentra, in una logica di continuit)-superamento, 'a feconditi di Gesii, umanamente sfiglio di Giusep. pe, figlio di Giacobbe» (Mc 1,16), in realta «Figlio di Dio». Egli é primizia di quanto fara con lumanits, la sua fecondiea & quella del chiceo di grano chee son to nella terra per produrre molto frutto (Gv 12,24); la sua discendenza continua, eppure travalica i recin. ti genealogici della razza, del sangue e delle prerogn. e dei «dodici figlid’Isracle» (Ap 7). Anche per questa discendenza permane il dono di essere benedizione per lumanita: ha il compito di essere «lievito» (Le 13,21), «luce e sale» (Mt 5,13- 14), «profumo di Cristo» (2Cor 2,15), ma anche «se- gno di contraddizione» in una testimonianza che pud risuleare scomoda e urtante (Le 21,12-19), 54 Esodo 1 «Dio @ pitt importante della terra La fecondita d’Israele nel paese d’Egitto ci rivela che la benedizione ¢ la presenza di Dio non sono le- gate a una terra particolate, a una istituzione precisa; Dio agisce, & presente e pud parlare anche in terra straniera (come in Ez 1); come egli stesso promette: «ln ogni luogo dove Io vorré ricordage il mio nome, verrd a te ¢ ti benedird» (Es 20,24), Ee sari un erro- re (il natratore sa che lo & stato) legare 0 confinare «magicamente» la presenza di Dio e attaccare il pro- prio cuore a realti o istituzioni materiali, come la ter- ra (Dt 8,7-20), l'arca (1Sam 4), la monarchia (1Sam 8), 0 il tempio stesso (Ger 7). Dio & pit: importante della terra, perché egli é la vera «terra». Il rischio sem- pre in agguato per Istacle & quello di confondere «Dio» con «le case di Dio», dando il primato a que- st ultime. : Anche nel NT ritroviamo questa medesima realti: i cristiani vivono da «stranieri e pellegriniy (Pt 1,1; 2,11), nel mondo, ma non del mondo (Gy 17,16); la loro «costituzione autonoma» (politeuma) resta, nel- Pactesa, altrove (Fil 3,20). Tuttavia, permane il ri- schio di dimenticare questa dimensione nomadica ¢ di appoggiarsi ai «coni di Dio», anziché a Dio stessos a ricordarcelo & Apocalisse, quando ci ammonisce che cid che costituisce la chiesa non é soltanto il suo essere «candelabro» (= apparato liturgico e istituzio- nale), il suo «fare le cose», ma il suo essere «stella», trasparenza della compagnia ¢ orbita del cammino del Risorto (Ap 2,5). » «Emalvagiol'uomo dall’occhio invidioso; voige altro- ve lo sguardo e disprezza la vita altruis (Sir 14,8-9) Il petsonaggio del Faraone ci permette di rintrac- ciate le radici della violenza che scatena contro i figh di Israele: essa trova la sua origine nell'ignoranza ¢ in 55 Lzraale in Egito: opprossione © soppressione uno sguardo deformato. Il Faraone dimentica, non si preoccupa di conoscere «da dove» vengono gli altri e «da chi» nasce una storia «maestra di vita» (Sir 11,7); non guarda i figli d’Israele come dono, ma come pe- ricolo che mete a repentaglio il sistema e il suo po- tere. La violenza nasce sempre da un inconscio senso di imy a ¢, davvero, ogni sbaglio nasce da un abbaglio. Diversamente dal re Assuero (Est 6,3), il Faraone non accetta consigli e il suo ¢ un continuo monologo, che non ammette interlocutori. A questo punto, questa ottica malata genera la paura; il «volto» delPaltro alimenta una nausea che a sua volta genera gelosia, depressione e violenza (Mt 6,22-23). ‘Tra vari esempi di questo sguardo violento, ricor- quelli di Cainoy di Saale di Aman. In’Gn 4, (Cainodnon coglie come benedizione e aiuto suo fa- lo Abele; anzi, colui che & un «soffion (Aevel) pet - lui diventa insopporrabile confronto; rifiuta di trare nello sguardo gratuito di Dio, per spiatlo in ag- guato; lascia entrare la ubestian accovacciata alle por- te del cuore, che lo sopprime: la violenza perpetrata ricade su di lui e lo accompagna nel suo vagare etra- Pid scavato @ il processo psicologico che por- bond. vole: iminare Davide: Saul legge con_oce chiar gel sam. 18,9) l'audience riscossa da Da- “vide, un successo che lo ridimensiona, Il fastidio del ‘confronto si tramuta in depressione patologica che To spinge al delirio (B.Costacurta). Non pitr in gra- do di discemnere, Saul diventa preda della sua osses- sione; risucchiato in una spirale di fuga dalla realta € di morte, vede nemici dappertutto, non esita a col- pire persino il figlio Gionata ¢ si macchia di stragi gratuite ed efferate (1Sam 22,7-21); solo e impauri- to, ricorre disperatamente alla magia pur di districar- s. dal suo disorientamento (1Sam 28), per poi termi- gare suo gor con la confit sii (Sam 11-4). 56 Esodo | Anche la violenza di Ama} (Est 3) nasce da uno sguardo accecato-net-confronti di 1e0; pur Frenendo la massima autorita dopo il re, non esta a progetate Jo sterminio delfintero popolo ebren solo perché uno di essi, Mardocheo, ha rifiutato di rendergli ossequio. Dagli esempi citati, 2 importante notare che chi «partorisce» violenza, alla fine cade vittima di essa, con leffetto di un boomerang (cf. Sal 7,15-17}: come vedremo, anche Faraone tester’ vittima della violen- za che pervicacemente mette in atto. © «ll timore di Dio é una scuola di sapienza» (Pro 15,33) Nel racconto emerge netto il contrasto tra due lo- giche di esapienzay e tra due criteri di «giustizia». Da tuna parte la sapienza mortale di Faraone; se «la bocca esprime cid che sovrabbonda dal cuore» (Mt 12,34), quella di Faraone esterna solo paura, oppressione € strage. Egli assomiglia a un re Mida in negativo, che ha la caratteristica di voler trasformare in violenza tutto cid che tocca: coinvolge il suo popolo nell’op- pressione e nel genocidio, induce le levatrici < rinne- gare la loro yocazione, riduce il Nilo a una tomba @acqua, Nella sua autosufficienza, egli si erge ad ar- bitro della vita e della morte, del bene ¢ del male, La sua giustizia ¢ quella della legge del pit forte, di una forza feroce che, per dirla con il Manzoni, «fa nomar- si Dritto» (cf. Sap 2,11). DalPaltra parte c’é la sapienza di due semplici le- vatrici, che trae motivazione e forza dal «timore/ti spetto di Dio» (cf. Gb 28,28; Sir 1,12.14.18). Se Fa ol decidere lui cid che & bene e cid che & Te levatrici decidono cid che & bene per Dio. Nelf'obiezione etica di queste donne, emerge il pri- mato del Dio del cosmo, l'unico che ha potere sulla vita di ogni uomo (Dt 32,39; 1am 2,6). 87 Israele in Egillo: oppressione e soppressione Questa antitesi non & altro che il primo assaggio del grande confronto tra ka sapienza dEgitto e quella secondo Dio. ¢ «ll volto si specchia nell'acqua, l'uomo nel cuore umanor (Pro 27,19 - Tuc) « __ Sfogliando le pagine del Primo e del Secondo Te- \stamento, ci accorgiamo che questi due tipi d enze, rappresentate dal Faraone e dalle levatrici, 3 | tornano continuamente, incarnandosi-nei-personag- ‘> \\ gi piti diversi. [Padri ci hanno insegnato la fecondita i una lettura tipologica: qui, mi limico a segnalare alcune analogie con altri personaggi della Bibbi Q Faraone come «tipo». ~La umaschera» del Faraone € quella preferita dagli autori biblici per tratteggiare chi si erge ad anti-Dio e i tradizionali persecutori d’I- sraele. Esempi non mancano: oltre ai gia citati re di Moab ¢ Aman, si pensi anche a Cazael ¢ Teu (2Re 8,10), all’Assiria a Babilonia (Ger 31,15) e ad An- tioco IV Epifane (cf. 2Mac 7). Nel NT questa ma- schera viene indossata da Erode, da Caifa, dallo stes- so Saulo, fanatic custode della Legge prima della sua «conversione», cosi come dall’impero romano (Ap 11,8); nelle lettere paoline, risulta dipinto come «faraone» sia il Peccato personificato (Rm 6,6), sia la Legge in talune deformazioni (Gal 5,1), mentre nella letceta agli Ebrei 2 Satana a essere presentato come tale (Eb 3,14). Q Le levatrici come «tipor. — Quanto alle levatrici, siano esse egiziane o ebree, la loro astuzia trasgressi- va le trova in ottima compagnia, specialmente fem- minile: il loro & uno dei non rari casi in cui una men- zogna serve al progetto divino. Seleziono alcuni esempi: ricordiamo l'astuzia delle figlie di Lot, che, in nome della vita, non esitano a violare la legge del- 58 Esedo 1 Pincesto, pur di perpetuarla (Gn 19,30-38); quella di ‘Tamar che, sempre in nome della vita, strappa la di- scendenza al suocero Giuda (Gn 38); rammentiamo Pastuzia della «maschia Giaele» (Gde 4) e della saggia Giuditta (Gdt 11-13) che, con freddezza truccata da fascino femminile, salvano il proprio popolo climi- nando il nemico; accanto a costoro, possiamo anno- verare Ester, che coniuga diplomaticamence avve- nenza ¢ svenimenti per salvare il suo popolo (Est 5). In questo elenco non mancano personaggi maschili, come lo stesso Davide che si finge pazzo pur di non attaccare il suo popolo (1Sam 21,11-14), come Cu- sai che mente per salvare Davide (2Sam 17), come Tobia che viola leditto del re per la sua pieti verso i morti (Tb 2), 0 come i marinai pagani che disobbe- discono all’ebreo Giona a causa del «timore del Si- gnore» (Gio 1,16). Nel NT, ricordiamo Giuseppe «il giusto», che sceglie di seguire la volonti di Dio, anziché la «giustizia» della Legge, non denunciando Maria incinta (Mc 1,19) e i re Magi pagani, che bef- fano Erode ansioso di conoscere Gesti, ma per ucci- derlo (Me 2,7-12). Del resto, questa saggezza viene raccomandata da‘Gesti stesso quando dice: «Siate dunque prudenti come i serpent ¢ semplici come ley colomber- (Mt 10,16), €allorché invita ad avere una Sealtrezza superiore ai fig ndo (Le 16,8). Pur | nelle varie armoniche, possiamo notare che non.si_ tratta di_una astuzia fine a se stessa, ma, sempre a | cutela del primato deta — Due ultime osservazioni: in questo episodio Dio non interviene direttamente, ma «agisce» attraverso Ja compassione di queste donne. La solidariet’ uma- na, pur inconsapevole, & un «miracolo» di Dio. Se- condo, il narratore offre i nomi delle levatrici: avreb- be potuto lasciarle nelPanonimaro, come fa altrove. Il suo interesse non @ quello della grande cronaca de- gli annali imperiali: egli consegna alla memoria pe- 59 Iaacle in Egito: oppressione e soppressione renne dei lettori chi e cid che pitt conta agli occhi di Dio, di un Dio «che innalza gli umili ¢ confonde i superbi nei pensieri del loro cuore». Come per altre eroine, il Toro ricordo restera indelebile (Gde 5,2. Gde 13,10; Le 1,52; Mc 14,9). ATTUALIZZAZIONE Mi limito ad alcune piste, lasciando inevitabil- amentegpazo al lewore, senza pretendete di sai le scintille incandescenti della Parola, 0 le sue provo- cazioni ¢ attualizzazioni. _Alla luce della storia passata e presente la situazione di Israele in Egitto appare il paradigma di tance forme di sfruttamento, di schiavied e di massacri che hanno imperversato e continuano a imperversare sul nostro pianeta. Un antico detto ebraico rammenta che «Fa- | tone non & mai morto»: come la prima bestia o la Babilonia dell’ Apocalisse, Faraone € una «l igura aper- ta, un sistema che si rigenera e che va continuamente smascherato nelle sue donazioni e incamazioni. E ancora viva la tragedia dell’Olocausto (Shoah pet gli Ebrei), cosi come di altre ben note «pulizie etniche», oppure opportunamente sepolte (basti pensare a cio che é avvenuto e avviene al di | dell’A- driatico, o nel cuore dell’Africa, o in Indonesia, 0, per tragico «tibaltamento», nei territori istaelopale. Sines), Agli inizi del secolo XXI, nel nostro villaggio glo- bale, ma anche dietro Vangolo di casa, la schiavitt non é affatto cessata. Oppressioni e soppressioni cambiano latitudine, smettono copricapi egizi per indossare la camicia militate, il doppiopetto, talvolta abiti e cop: capi rlgisi; non mancano motivazioni programmatiche tese a tutelare lordine mondiale nei Paesi cosiddetti «a rischio», Non si usano pid verghe oO tsodo 1 e fruste, ma la sorveglianza viene affidata a tecnologie sempre pid potenti e raffinate come potenziali ato- mici o il controllo mediatico; un controllo che, pur nel tramonto delle ideologie, si gioca sempre con 'o- biettivo del potere, in particolare economico-finan- tiario e culturale, Faraone spesso diventa ua esta nome che nasconde un sistema e una rete di alleanze ¢ strategie disumane pit pericolose, in quanto scel- gono di essere anonime; chissi se oggi l'autore bibli- Co l'avrebbe chiamato «Grande Fratello» o Echelon. La nostra quotidianit’ pit. immediata ci presenta strumenti di schiavirt che variano da ricatti e pres- sioni (come, ad esempio, Pusura) ai gommoni e con- zainer stipati di gente disperata; la manovalanza ¢ lo sfruttamento, sempre piit spesso di minori, non av- viene pid in citt’-deposito, ma sui marciapiedi, nei campi, negli scantinati o nelle fabbriche, assiepati di gente che lavora in nero, o che vede i propri docu- menti strappati e sequestrati, Oggi pitt che mai, il fenomeno della immigrazio- ne/emigrazione pullula sotto i nostri occhi, assumen- do dimensioni planetarie, L’affermarsi ormai conso- lidaco di una societ’ multiculturale pone il problema con lo straniero, con il diverso, con laltro. ‘I rischio 2 vivere questa differenza radicale con «disgusto» im- paurito, non cogliendo, sia come credenti che come non credenti, la ricchezza ¢ la benedizione della «convivenza delle differenze». Vale la pena citare un apologo tiberand) che ognuno ~ non solo i c:istiani pottebbe far proprio: «Camminavo nella foresta ¢ vi- di un’ombra ed ebbi paura, pensando che fosse una bestia feroce. L’ombra si avvicind € mi accorsi che era un uomo; pando si fece pitt vicina mi accorsi_/ che era un fratello». E questa fatica di saper aspettare, | di superare la diffidenza e l’irrigidimento per sconfig- gere fenomeni di emarginazione, di razzismo e pre- giudizi a ogni livello. 61 braele in Egino: oppressione © soppressione Oltre a cid, per noi credenti, dal testo emergono altre provocazioni pit sottili, ma non certo peregri- ne! abbiamo visto che Dio ® pia importance della sterra/paeser: questo ci permette di non identificare il cristianesimo con la cristianit’, una tentazione co- stantemente riemergente nella storia della chiesa. Non dobbiamo cadere nella trappola di pensare che «Faraone» ¢ il suo sistema non esercitino il loro fasci- no su di noi, a livello di rapporti personali, comuni- tari ¢ istituzionali. «Estirpa il Faraone che ¢é in te», ci rammenta la sempre valida sapienza rabbinica ¢ patristica. Nessuno ha il diriteo di togliere la liberts alle persone, di rubare loro la vita, neppure Salomo- ne per costtuire il tempio del Signore; nessuno potri mal avere il diritto (0 lo 2lo) di spadroneggiare ella fede ¢ sui percorsi ecclesiali dei singoli credenti, co- me ci ricorda Paolo (2Cor 1,24). Se la storia degli uomini sembra essere ineluttabil- mente sotto il segno della «legge del pitt force», la di- sobbedienza silenziosa ed effieace delle due levatsici ci insegna il coraggio di lottare per la vita, al di li di steccatt religiosi e ideologici, Esse non hanno biso- 0 di elaborare un’astrusa teologia per schierarsi la parte della vita e Dio si compiace di loro. Il «ti- more del Signore» & sopractutto rispetto dell'uomo, dei pitt poveri e indifesi, come ci viene detto in Mt 25,31-46: i veri «giusti» sono quelli che, pur non ayendo riconosciuto Dio, lo hanno rispettato, rispet- tando la Vira. Letrura Come primo passo, consigliamo una prima leteura personale di tutto il resto, onde coglierne la trama e fa dinamica global mo sul testo di ogni brano del racconto, coniugando- ne immediatamente lettura e interpretazione. Narrativamente, in base a criteri di tempo, di luo 0 ¢ soprattutto di azione, nonché della i personaggi, possiamo cosi strutturare Es 2,1-22. A) Es2,1-10: Ia nascita di Most B) Es 2,11-22: Mosé e la sua passione per la giustizia, Es 2,1-22 @ deli due matrimoni, con la nascita di un figlio: si comin- cia con quello dei genitori di Mos®, e si chiude con quello di Mosé e Zippora, con la nascita di Gers- hom. Il primo brano racconta la nascita di Mosé il suo miracoloso salvataggio da parte della figlia del ‘araone; il secondo brano ci presenta immediata- LA NASCITA DI MOSE. GICSTIZIERE IN EGITTO, FUGGIASCO IN MADIAN Esodo 2,1-22 Successivamente, ci so‘fermere- istribuzione STRUTTURA wy, 11-15: Mose giustiziere in Egitto, wy, 16-22: Most fuggiasco e liberatore i Madian. ito, a mo’ d’inclusione, da 63 (a nasciia di Mosé. Giusiziore in Egito, fuggiasco in Madlon mente un Mosé gia adulto ¢, in una sorta di dittico, si impernia su due sue azioni, Nel primo pannello, ambientato in Egitto, abbiamo Pimpatto traumatico di Most con la condizione alienata del suo popolo; le conseguenze del suo gesto violento in favore di un fratello ebreo, lo costringono alla fuga. Nel secondo pannello, ambientato in Madian, viene descritto un ‘nuovo intervento di Mose transfuga in favore delle figlie di letro e la sua condizione di emigrato in terra straniera, Ogni sezione si caratterizza per un yocabolario caratteristico e per una determinata scelta di perso- naggi. Nella prima sezione (2,1-10) respiriamo quello della vita, espresso in termini di nascita e dominato da personaggi (la madre e la sorella di Mos®, le ancel- lee a figia di Faraone) e temi facqua, lat) squisira- mente femminili. Nella seconda sezione (2,11-22) Patmosfera cam- bia decisamente; nel primo pannello (vv. 11-15) il vocabolario diventa quello della «fraternitin, ma so- prattutto della «violenza» ¢ della «controversia», con petsonaggi esclusivamente maschili: (Most, egizia- no, L'ebreo, il Faraone). Nel secondo pannello (vv. 16-22) vitae violenza, mondo maschile ¢ femminile siriconciliano in una solidarieta inaspettata. INTERPRETAZIONE La nascita di Mosé (Es 2,1-10) a) 'Un womo della famiglia di Levi andd a ptendere in mogle una figs di Levi. *La donna concep «para un figlio, vide che era bello ¢ lo tenne nascosto pet tre mes 64 Esedo 2,1-22 b) *Ma non potendo tenerlo nascosto pi oltre, prese un cestello di papiro, lo spalm@ di bitume di pece, vi mise destro bambino e lo depose fai giinchi sulla tiva del Nilo. ©) ‘La sorella del bambino si pose a osservare da lon- tano che cosa gli sarebbe accaduto. 4) 5Ora la iglia del faraone scese al Nilo per fate il bagno, mentre le sue ancelle passeggiavano lungo la sponda del Nilo. Essa vide if cestello fra giunchi e mand@ la sua sehiava a prender- lo. ‘Laptie vide il bambine. ecco, era un fan- ciullino che piangeva. Ne ebbe compassione ¢ disse: «lt un bambino degli Ebtein. €)’La sorella del bambino disse allora alla figlia del faraone: «Devo andarti a chiamare una NUTRICE tra le donne ebree, perché ALLATT per teil bam ino. *Na'v, le disse la figlia del farnone. La fanciulla and® a chiamare la madre del bambino. b)?La figlia del faraone le disse: «Porta con te questo bambino © ALLATTALO per me; io ti daré un salario». La donna prese il bambino elo ALLATTO. 2) "Quando il bambino fu cresciuto, lo condusse alla fi- sglia del faraone. Egli divenne un figlio per leied ella lo chiamé Most, dicendo: «lo ho salvato dalle acque». Questo primo brano, come evidenziato, presenta tuna struttura concentrica’, che fa emergere una «bi valenza» del personaggio Most: pasce ebreo, pet d ventare alla fine anche egiziano. E una sorta di «dop- pia nascita», quindi di duplice identita. In una situa- zione di pericolo, la «svolta» si trova al centro, nella «compassione» della figlia del Faraone che salva il neonato (vv. 5-6). Il cas¢ dei personaggi che attornia- no questo bambino @ tutto al femminile e tigorosa- mente anonima; il narratore, evitando distrazioni, vuole focalizzare la sua cinepresa sul protagonista, Punico che in tutto il racconto ricevera un nome: Mosé. 65 la nascita di Mess. Giuslizior in Egito, luggiasco in Mecian © Gn strovatello» destinato a grandi cose.. Per raccontare la nascita di Mosé e del suo salva- taggio, il narratore adotta un topos ben noto nel folk- lore di cut i tempt si tratta cel tema del etrovael lo», tipico di alcuni antichi racconti di nascita di so- v-ani importanti o di fondatori di citta, Pur nelle varianti, gli elementi comuni di questo genere lette- rerio prevedono la nascita di un bimbo in circostanze ostli, il suo abbandone, il suo salvataggio, la sua cre- scita pitt 0 meno nascosta, poi la sua rapida ascesa che lo portera a essere un eroe 0 un eminente sovra- no, che sovente spodesta chi lo aveva perseguitato. I patallelo pitt famoso.e normalmente citato ¢ quello della nascita di Sargony potente sovrano mesopota- mico del IIT millennio a.C. In un testo accadico a noi pervenuto, questo re racconta di sé in prima per- sena di essere stato concepito in segreto da sua ma- die (probabilmente una sacerdotessa), ignaro di chi fosse sto padre. Vale la pena seguire in diretta il resto del racconto: il lettore non potri non accorgersi di sorprendenti coincidenze, che sottoliniamo: [Mia madre] mi concepi, mi partori in segreto _, mi pose in un cesto di giunchi con bitume sigill il coperchio. Mi gettd nel fiume che non mi copri Il fiume mi portd mi condusse ad Akki, lacquaiolo. Akki, Vacquaiolo, mi tid fuori dal fiume. ‘Aki, 'acquaiolo, mi prese come suo figlioe miallevd... fece di me il suo giardiniere. ‘Mentre eto un giardiniere (la dea) Ishrar fu mossa da affetto per me € per quattro... sono stato re. Alri paralleli non mancano: un’analoga nascita da trovatello & attribuita a Cito, il re persiano che pose fire alPesilio babilonese, cosi come al dio egi 66 Esco 2,122 Horus, nascosto da sua madre Iside in una macchia di papiro, per salvarlo dall’uccisione del dio Ser; forse noi abbiamo piti familiare il racconto leggendario della nascita di Romolo e Remo o di Ercole. Le ana- logie sono sorprendenti, ma vi sono anche importanti differenze: le origini di Mose non sono oscute ne¢ ille- gittime, non viene preannunciato da rivelazioni Staordinarie, non & Palio di déi, cos! come non di- venteri mai un re (né un eroe...). Tuttavia, la sua & tuna nascita di un bambino speciale, destinato a gran- di imprese. Occhi di donne: la nascita ¢ il salvataggio di Mose Il racconto si apre con un matrimonio ¢ una na- scita, Al narratore preme soltanto dirci che moglie e marito sono discendenti di Levi, e concentrarsi sulla nascita del loro figlio. Solo pit: tardi sapremo che il padre si chiama Amram e la madre lochebed (Es 6,20), cosi come che questo figlio non é né il primo né'unico, ma ha una sorella maggiore (v. 4) ¢ un fratello maggiore, Aronne (Es 4,14; 7,7 Attraverso gli occhi della madre sappiamo infatti che questo neonato & «bello» (ov). Certo, nobilitan- do un vecchio adagio napoletano, ogni figlio é bello per sua madre. Qui, perd, «bello» un aggettivo che esprime una gamma di significati che spaziano dal bello al buono, al sano e tobusto ~ cl riavia al oc- chi di Dio quando crea (we vide che era cosa “buona” (too)», cf. Gn 1,10). Nella Bibbia, solitamerte avara di descrizioni estetiche, & significativamente la prima € unica volta che si parla di un neonato «bello»; forse questo spiega il fascino che questi eserciteri sulla fi- gliadi Faraone, oppure, ci anicipa che si rata di un ambino davvero «raccomandato». Stranamente, pe- 10, il nome ebraico di questo bambino viene taciuto, (0 ordine di sterminio del Faraone, la madre cer ca di nascondere come un tesoro (ssafan) questo 7 Lo nascita db Mosé. Giustiziere in Egito, fuggiasco in Madian bimbo (cf. 2Re 11,2), ma poi decide di deporlo, in un cesto bitumato, trai giunchi del Nilo. E suggesti- vo notare che il termine «cestellg» (zevah, wy. 3.5) in ebraico é lo stesso che designaTatca di Nog anch’es- sa spalmata di bicume, che serviri @scampare al difu- vo (Gn 6,14; 7,1). Subito dopo osserviamo la scena attraverso gli oc- chi della ‘ores del bambino. La sorte di questo neo- nato é nelle mani del destino, o chissd nelle mani di Dio, che perd continua a essere assente in una vicen- da che sembra conoscere solo protagonisti umani. A questo punto compare la figlia del Faraone, la figlia stessa del nemico. La descrizione é sobria, lontana da quella omerica della leggiadra Nausicaa che trova il maturo Odisseo sulla riva. La principessa apte il ce- sto € «vedey il bambino piangente. La sua compassio- ne, o meglio, la sua decisione di risparmiatlo (cha- mal, cf. [Sam 15,3.9; Ger 13,14), precede la sua constatazione che & un bimbo ebreo. Nel suo sguar- do, la principessa fa suo lo stesso sguardo della madre e della sorella di Mosés se il lettore ben ricorda, & lo stesso «sguardo» delle levatrici (Es 1,16). Con calcolata tempestivit’, itrompe la sorella: nel- lasua proposta di trovare una nutrice ebtea che allat- tiil bambino gustiamo I’astuzia, ma anche la chiara affermazione che questo bimbo verra svezzato da sua madre, una donna d’Israele. Dopo lo svezzamento (circa tre anni, cf. 2Mac 7,27), la principessa decide di volere per sé questo bambino, il che implicitamente comportava impar- tirgli una educazione egiziana: la frase «egli divenne un figlio per lei» 2 una formula di adozione (cf. Est 2,7), cosi come il fatto di imporgli il nome. Nono- stante la spiegazione etimologica offerta, che inter- __ preta il nome dfosé con «io l'ho salvato dalle acque» (da mashah «trarre fuori», v. 10), questo nome & egi- ziano (cf. Introduzione): si tratta di un suffisso, moses, of Esado 2,122 che significa «generato da/figlio div e si ritrova in no- mi teofori di faraoni come Tutmosis (= figlio del dio Tot) o Ramses (= figlio del dio Ra). Val la pena cogliere l'ironia: proprio la figlia del Faraone é la primaa traspredire Por ‘padre, come Mikal e Gionata Vooleranno quello dilero pa. dre Saul per salvare Davide (1Sam_19,11-17; 1am 20). Il bambino, anche se riceveri Pidentit’ dalla fi- glia del Faraone, verra allattato da una nutrice all’in- terno del suo popolo. Qui il «latte» pud essere capito come alimento concreto, ma anche come metafora di sapienza segreta ed elitaria, di, purificazione ¢ di partecipazione alla forza divina. Se, nella letteratura e nell'iconografia egiziana, i faraoni venivano raffigu- rati nell'atto di poppare il «latte divino» dell Egitto (fil rilievo del tempio di Hathor a Dendera), Mosé verri nutrito dalla sapienza ¢ dalla tradizione del suo popolo. Ironico & anche il fatto che sia la stessa prin- cipessa a pagare un salario per un gesto che la madre avtebbe farce naturalmente e che servirh ad llevare a corte un bimbo che si rivelerd una calamici per I'E- gitto! Un ultimo e sortile tocco d’ironia sta nel nome stesso di Most: in ebraico suona mosheh, che & un participio attivo e significa «colui che tira fuorivs chi & stato tratto fuori, sara colui che trarta fuori Israele dalle acque del Nilo (come dira 15 63,11). Nel'AT & Tunico a portare questo nome. Mos? dunque, cresce con una doppia identiti e appartenenza. Ben presto sar’ chiamato a una opzio- ne fondamentale. Mosé e la sua passione per ia giustizia (Es 2,11-22) Questo secondo brano si articola in due pannelli in entrambi, Mos? appare un uomo appassionaro della giustizia, anche se con modaliti ed esiti diversi. La progressione, o la conversione, @ significativa. 6 La nascita dh Mose, Giusiziere in Egito, fuggiasco in Madian 8) Mos? giustiziere in Egitto (wy. 11-15) ) "In quei giorni, Most, cresciuto in eti, si recd dai suoi fratelli b) e nota i lavori pesanti da cui erano oppressi. Vide un Egiziano che colpiva un Ebreo, uno dei suoi frat i. Voltatosi attorno e visto che non cera nessuino, colpi a morte I'Egiziano ¢ lo seppelli nella sabbia, ©) "Il giorno dopo, usct di nuovo ¢, vedendo due Ebrei che stavano rissando, disse a quello che ave- ‘a torto: «Perché percuoti il tuo fratel 4) “Queglirispose: «Chi ti ha costituito capo giudice su di noi? Pensi forse di uccidermi, co- ‘me hai uciso PEgiziano? @) Allora Mosé ebbe paura e pens’: «Certamente la cosa sié risaputan, b’)'*Poi il Faraone senti parlare di questo fatto e cercd di mettere a morte Mose, 2) Allora Mosé si allontand dal Faraone e si stabili nel paese di Madian e sederte presso un po7zo. Il racconto é incorniciato da due verbi di movi- mento: l’«uscire» (y. 11) di Mosé e il suo «allontanar- sin (lett. «fuggire, v. 15). Al centro troviamo una domanda importance (v. 14). Questa volta { perso naggi sono tutti maschili¢ il vocabolario ci fa respi. rare un mondo di fraternita («fratello», ach), ma so- prattutto di violenza («colpire», nakabs «uccideren, harag) ¢ di contesa («tissare», natsah; «aver tortor, ratha'; «giudicer, shofét). Alla constatazione di Most («vederes) risponde quella degli Egiziani («sapere»), Mosé compare sulla scena gia adulto e si sorvola sul petiodo della sua educarione egiziana (cf At 7,22); € una «lacuna» narrativa che ci permette di ca- pite la sorpresa di Mosé dinanzi all'oppressione del suo popolo, cosi come la sua difficoles a farsi accetta- re dai suoi fratelli. 70 Es0do 2,1-22 Most «esce» (jatsa): il primo esodo & il suc. Egli si rende conto con i propri occhi (vv. 11.12) dellop- pressione dei suoi frateli e di chi sono gli oppressori. ‘Mose recupera in modo consapevole if senso di una fraternit’; il testo non ci dice come, ma con ogni probabilita é il non sopito o ingenito richiamo della voce del sangue. Forse, nelle sue vene fluisce lo stesso istinto di vendetta, 0 la passionaliti che contraddi- stingue il Dna dei figli di Levi (Gn 34,25-31; 49,6- 7), Wedendo wn egiziano che colpisce un suo fratello, Most lo contraccambia a morte: occhio per occhio, colpo su colpo. Il «vedere» di Mose approda a una soluzione di Morte. Il giorno dopo, esce di nuovo e assiste a una rissa tra due ebrei. Redarguisce colui che ha torto, invi- tandolo a una solidariet’ fraterna, ma il suo interven- to viene interpretato dall’ebreo come una indebita pretesa di potere, addiritcura con intenzione omici- da. La replica pud suonare sarcastica ¢ fiera: «Chi ti ha costituito, oh uomo (le- ish), come principe e ca po su di noi?v. Mosé viene contestato dai suoi stessi fratelli (come gia Giuseppe in Gn 37 ¢ come lo sari Paolo, accusato di ambizione in 2Cor 10); la seconda domanda «pensi forse di uccidermi come hai ucciso Egiziano?» lo inchioda alla sua colpa nascosta. Mose raggela di paura; se l'omicidio si é subito risaputo in giro questo significa che non @ stato protette dall’o- merti di coloro che sono del suo stesso sangue. La sua violenza si ritorce contro di lui, perché i Farao- ne, informato, cerca di metterlo a morte; allora deci- de di fuggire e si sabilisce nel paese di Madian: In questo primo brano emergono alcuni aspetti caratteriali di Mosé: @ un uomo animato da un forte senso della giustizia e della solidarietd, ma si tratta di una giustizia violenta, solitaria ¢ impulsiva, Sangui- sno, non si tira indietro, ma non ama la ribalta, pre- Erendo restare dieto le quinte, Costretto dai fata 7 {a nascito at Mose, Giuslciere in Egito, faggiasco in Modion uscire allo scoperto, non ha il coraggio ¢ Pascuzia del- le levatrici (Es 1,17-19), non gioca a fare Peroe, ma scappa impaurito (cf. Me 14,50). Most si ritrova un fallito, sia come ebreo, sia come egiziano; ha speri- ‘mentato Pingratitudine e il sospetto del suo popolo, ha perso il suo status tischia la morte come traditore presso gli Egiziani. Fuggiasco come Caino, non ha un marchio di protezione che lo tuteli (Gn 4,14: ch Pro 28,17); & solo come Agar, ma non ha voci celesti a fargli compagnia (Gn 16,7). bj Most liberatore in Madian (vv. 16-22) 4) Ora il sacerdote di Madian aveva sette figlie. Esse vennero ad attingere acqua per riempite gli abbevera. toi c far bere il gegge del padre.” Ma arrvarono scant ‘pastori ele scacciarono. b) Alllora Most si leva a difenderle e fece bere il loro bestiame: ©) "Tornate dal loro padre Reuel, questi disse loro: «Perché oggi avete fatto ritomno cosi in fretta’», " Risposero: «Un Egiziano ci ha liberate dalle mani dei pastors, stato lui che ha attinto per noi cha dato da bere al gregge.° Quegli disse alle figlie: «Dov'e? Perche avete lasciato li quell'uo- mo? Chiamatelo a mangiare il nostro cibels. b’)* Cosi Mos? accettd di abitare con quell'uomo, che sli diede in moglie la propria figlia Zippora. a1) Ella gli parton un figlio ed eg lo chiamd Ghersom, perché diceva: «Sono un emigrato in terra stranieral, Qui il vocabolario ci trasporta in un mondo pasto- rale che ha al centro 'eacqua», relazioni familiar, coa la compresenza di personaggi maschili e femmi- nili, AlVinizio e alla fine c’é un gioco di parole in ebraico tra il verbo «scacciare» (garash), Ghersom (ghersom) e «emigrato» (gher). 72 Esodo 2,1-22 Questo episodio si apre con la menzione del sacer- dose di Madian e delle sue sete gle. Madianjcomd tertitorio non é facilmente localizzabile, visto che di signa un popolo nomade senza un’areafissa; qui vie, ne presentato amichevolmente, mentre in altre tradi zioni & uno dei nemici pitt implacabili d’Israele (cf Gde 6-7); tutravia, 2 un popolo che sembra avers) cantichi» legami con Abramo (Gn 25,2). La famiglid di questo sacerdote madianita con le sue «sett» figlic sembra a prima vista indicare una famiglia quasi ideale, se non ci svelasse la mancanza fondamencale (in termini di forza-lavoro, di discendenza e di dife- sa) di almeno un altro uomo in quel nucleo familia- re: questo spieghera la successiva proposta del loro padre a Mosé. Consapevolmente 0 inconsapevol- mente, Mosé é giunto presso dei nomadi, che vivono come vivevano i patriarchi e dove potra respirare una certa ateligiositin. Il pozzo dove si svolge la scena ¢ un Iuogo che, oltre alla sua funzione essenziale di approvvigiona- mento d’acqua, rappresenta il sito privilegiato di in- contri, scambi ¢ combinazione di matrimoni (cf, Gn 2411-21). Come per Abramo, anche nella biografia di Mosé c’é un «pozzo dei setter: le sette ragazze, ve- nute come al solito ad abbeverare il gregge, vengono scacciate da pastori: le dispute per i diritti sull'acqua erano € sono ancora oggi normali (cf. Gn 21,22-24). ‘Mosé di sua iniziativa interviene in loro difesa (lette- ralmente «le salvav, jashd’. Egli riconferma la sua pas- sione per la giustizia dinanzi a un sopruso: questa vol- ta, petd, il suo intervento & disinteressato, senza om- bre di sospett: si leva da solo a tutelare delle donne straniere contro uomini stranieri. Al loro ritorro a ca- sa, sappiamo il nome del loro padre: qui viene chia- mato Reuel {il cui etimo @ incerto: «compagno di Dio» o «pascolo di Dio»), altrove pitt comunemente Ietro (= «Abbondanza», cf. Es 3,1; 4,18; 18,1). Nel 73 la noscita di Mosé. Ciustiziere in Cgit, fogyiosco in Madian resoconto delle figlie, Mos? & «un egiziano», che le ha liberate (natsad e ha compiuto al loro posto il lavoro di attingere e abbeverare. II testo insiste su questa azione di Most (vv. 17.19): si tratta di un lavoro umi Ie, non certo da principe, riservato comunemente alle donne. L’invito di Reuel a «mangiare cibo», & un ge- sco di comunione e di amiciaia (Gn 24,54), ma pud essere anche un sottinteso invito a prendere moglie (cE. Gn 39,6.9; Pro 9,17). Most accetta di buon gra- do la «com-pagnia» (letteralmente «il condividere il pane») della famiglia di Reuel, In un solo versetto il hartatore condensa i tempi di questa sua scelta ¢ la sta nuova condizione: l'ebreo-egiziano Mos? diventa pastor trova finalmente una casa una famigha st le, sposando Zippor = sPasseottoy). I acco si chiude com’era cominciato, con un matrimonio e con la nascita del figlio di Mosé. Mentre solitamente era la madre a imporre il nome, qui é il padre a chia- marlo Ghersom (cosi in TM, [cf 18,3] da non con- fondete con Gherson, come fa la trad. Cei). Tale no- me, nelletimologia offerta dal narratore, serve a Mose per riassumere la sua nuova situazione: «sono un emi- graco (gher), [a (sham) in terra stranieray; in realth il nome Ghersom deriva dal verbo «scacciare» (garash). Mosé si considera un extracomunitario scacciato in una terra che non sente sua, in una nuova famigli Imattoni del racconto Dal punto di vista diacronico, si continua ad attri- buire, in modo vario, Es 2,1-22 all'amalgama delle tradizioni Jahvista ed Elohista. Tuttavia, alcuni ter- mini esotici, la fraseologia spesso affine a quella dei testi deuteronomistici e sacerdotali sembrano rinvia- tea una datazione pitt recente. L’attenzione riservata alla nascita ¢ al salvataggio di Mosé é rara nella Bib- bia e serve a far risaltare il suo personaggio che, come 74 Esodo 2,1-22 futuro «fondatore» d'Israele, non ha nulla da invidia- re a sovrani come Sargon o Ciro. Nello stesso tempo la sua vicenda sembra essere emblematica delle vicis- situdini e dei contrasti in cui rinacque PIsraele pos esilico. Spunti per la riflessione «La bellezza di Mosé: «dalaspetto si conosce 'uomo...» (Sir 19,26-27) Solo in questo passo la Bibbia ci parla della bellez~ za di un neonato! Altrove troviamo solo la descrizio- ne della bellezza fisica di persone adulte: di questa folta sfilata, ricordiamo Susanna, Ester, Giuditta, Giuseppe, David, Assalonne, Adonia! Nella narra~ zione biblica tale bellezza di solito é funzionale al rac- conto, ma segnala una predilezione particolare da parte di Dio, un «segno» speciale, una qualita che potra servire ai suoi disegni. Turtavia, la bellezza non basta, cosi come non é sufficiente una vocazione «di marca>. Occorre essere fedeli giorno dopo giorno zlla bel- lezza della vocazione ricevuta: Most, il «bello» (tov), sari chiamato a far risaltare dal suo volto la «bellezza/ boned» (tus) di Dio (cf. Es 33,19, nella trad. Cei «splendore»); al contrario, Saul il bellissimo (cute vol- te iov, cf. 1Sam 9,2), cosi come Adonia e Assalonne, tradiri la sua bellezza; nel caso di quest'ultimo, la sua bellezza narcisistica si trasforma tragicamente (1Sam 18,9-14) in una trappola mortale! Nel NT, in Gesti risorto, passato attraverso lo sfi- guramento della croce, risaltano il fascino ¢ la bellez- za di Dio da gustare e contemplare (IPt 2,3). Ai Do- ici viene concessa la bellezza della vocazione aposto- lica, ma sappiamo che a Giuda non & bastata: «molti sono chiamati, ma pochi eletti» (Mt 22,14). 75 la noscita di Mosé. Gustiziere in Egito, fuggiasco in Madian © Mosé «anticipas l'esperienza dell/Esodo Se il lettore conosce gia la storia dell’Esodo, non carder’ ad accorgersi che Mose prefigura Pesperienza del suo popolo€ anicpa ne sui gest le azioni di io. Egli viene deposto tra i giunchi ¢ salvato dalle ac- que del Nilo, cosi come Israele verra salvaco dalle ac- que del Mare dei Giunchi (Es 14); la sua erinascita», prelude a quella wrinascita» fondativa della storia dT sracle. Fgli viene adottato dalla figlia del Faraone, inseri- to nella cultura egiziana di cui prende in prest vantaggi e le ricchezze, come faranno gli Israeliti al momento di partire (Es 12,35-36), con la promessa di una nuova «adozione», questa volta di Dio (Es 6,7), edi una nuova «cultura»: il latce nutriente della sapienza della Legge (Is 55,1). Il suo tentativo di rendere giustizia al suo popolo rivela gia la passione, ma anche gli errori di un mal- destro e solitario «apprendista stregone»; solo alla scuola di Dio, forte della parole del bastone divino, il suo «olpire» si rivelera efficace, perché é Vattuazio~ ne della stessa passione di Dio, che vuole ristabilire la giustizia, «colpendo» gli Egiziani. La rimostranza dell’ebreo non @ altro che un as- ssago delle citiche che Most dova subire proprio dagli Israeli tra non molto (Es 5), ma in modo ripe- tuto e congenito nel soggiorno del deserto (cf. Es 16- 17), quasi ad anticipare che il principale contestatore di Mosé non sara tanto Faraone, quanto il stio stesso popolo! In un raffinato gioco di parole in ebraico, anche Pesperienza di Madian (mdjn) anticipa il sistema giu- diziatio (djn) che egli istituira nel deserto. Il suo in- tervento per tutelare i diritti delle ragazze madianite defraudate dai pastori, anticipa il profondo senso di 76 Esodo 2,1-22 giustizia che rivelera in Es 18, dove istituira dei giu- dlici imparziali ¢ disinteressati per dirimere (djn) le cause c le ingiustizie tra il popolo. In filigrana possi: mo notare una polemica contro tutti qui «pastorin, che sfuttano il loro potere per propri profit, non esitando ad angariare le persone pith indifese (cf. Ger 23; Ex 34; Gv 10). Most sta dunque ricalcando le orme € riappr riandosi suo malgrado dell’esperienza dei patriarchi (M. Buber): egli € «forestiero» (gher) come Abramo (Gn 23,4), pastore di greggi al servizio del suocero come Giacobbe (Gn 29). Egli ha liberato» (natsal) ¢ «salvato» (jashd’) le figlie di Reuel; come vedremo, sono gli stessi grandi verbi di Dio che si impegna a «liberate» ¢ «salvare» il suo popolo (Es 6,6; 14,13). Ironicamente, nel suo tirocinio presso Reuel («pasco- lo di Dio»2) si sta inconsapevolmente preparando ad essere il epastore> che salves il gregge di Dio (Ez 34,22.27). Mosé sperimenta sulla propria pelle Pesperienza dell’esodo che sari chiamato ad annunciare. Nel NT anche Gesit anticipa nella propria vita, quella che sari Pesperienza della chiesa (come dimostra Lu- ca nel suo dietico Vangelo-Atti). © «Chi wuol imporre la giustizia con la violenza @ come un impotente che vuole violentare una ragazza (Sit 20,4 - Tuc) I due gesti di «giustizia» di Most sono diversi: in Egirto uccide, in Madian difende, senza spargimento disangue. Anche se il testo non pronuncia valutazio- ni moral, lasciandole come altrove al lettore,¢ chi ro che il primo gesto @ una violenza gratuita (Mos? avrebbe potuto evitarla, magari ricorrendo al suo prestigio di egiziano?), che innesca inevitabilmente alera violenza. In fondo Mos? ha adortato la stes- 7 1c nascito di Mosé. Gwusiziere in Egito, fuggiasco in Madian sz prassi del Faraone. Forse Mosé si aspettava un applauso; invece, come Caino (Gn 4), Abimelech (Gde 10), Abner (2Sam 3,22-27) vede la sua violen- zz ripiombargli sul capo (Sal 7,17). Al contrario, Da- vide, pur potendosi tranquillamente vendicare della violenza di Saul, cetca il dialogo, la riconciliazione e demanda a Dio il ristabilimento della giustizia (1Sam 26). Il racconto dell’ Esodo sari la conversione di Mosé in un uomo non violento, mansueto (Nm 12,3): eli sara chiamato a usare le «armi» e la tattica di Dio. La solitudine che lo ha portato al fallimento verra colmata da una compagnia decisiva ed efficace. Il Nuovo Testamento ci mette in guardia dallo sguainare la spada di Pietro (Gv 18,10), perché «chi pada colpisce, di spada perisce» (cf. Mt 26,52). La regola aurea di Gest, «amate i vostri nemici... a chi ti percuote sulla guancia, presenta anche Valera» (Le 6,27-38), scardina la legge del taglione e travalica lerigide esigenze della giustizia. Ogni cristiano sa che lawvendetta», da intendere come ristabilimento della giustizia, ¢ affidara al Padre (Rm 12,19), cosi come sa che la solitudine é pericolosa e sterile: «senza di me non potete far nulla» (Gv 15,5; Mc 9,18.28-29). ATTUALIZZAZIONE In una storia che sembra conoscere solo attori uumani ¢ il fluire del caso (U'acqua del Nilo), in balia della violenza del potente di turno, il narratore ci d ce che Dio c’e. Egli risperta la liberta delle sue crea- ture, ma nessun evento gli sfugge e lordito, pur ap- pacentemente confuso e opaco, ¢ il suo. Ogni gesto in favore della vita, anche da parte di chi non lo co- nosce, concorre al suo disegno salvifico. Per realizzar- lo, Dio non esita a servirsi di quella che, a occhi umani, @ lestrema debolezza (un neonato in perico- 78 Esodo 2,1-22 lo) o la pith impensabile estraneiti: «la figlia del farao- ne» pud avere lo stesso suono del «Samaritano» del vangelo, Ancora una volta i «miracoli» di Dio sono affidac’ alla scompassiones delle persone, credenti 0 pagane. Tl testo ci invita a una riflessione sul delicato rap- porto tra violenza e giustizia, cosi come affiora nel duplice gesto di Mosé che uccide Egiziano ¢ poi scaccia i pastori per tutelare i diritti delle ragazze ma- dianice, Nel primo caso si tratta di una violenza omi- cida negativa che ingenera altra violenza e ricade su chi la compie. Nel secondo caso si tratta di un inter- vento deterrente teso a ristabilire la giustizia. Pur chiamati alla non violenza del Maestro, vittima della violenza, ma reso vivo da Dio, i cristiani non posso- no disinteressarsi della giustizia sulla terra, anche se sanino che la stia perfezione non é qui; non-violenza non significa passivita ¢ disimpegno, ma violenza dell'amore, denuncia profetica ed eliminazione con- creta, «politica», di tutte le situazioni di ingiuscizia che colpiscono sempre i diritti alla vita dei pit indi fesi e dei piti poveri. «ln una societ’ la quale, trauma- tizzata dalla paura, recupera riflessi di aggressivita € di razzismo, il cristiano eviter’ di pronunciare giudizi global e parziali, collaborando fermamente alla dife- sa degli innocenti. In un ambiente in cui 'uomo & costretto a lottare per strappare cid che & conforme alla Gti Sociale" Asceseaeio Ania vie as" pravvivenza, il cristiano condurri un’azione ferma, ma senza mai cedere alla violenza, all’odio e alla menzogna» (Giovanni Paolo II, Discorso ai Consigli ‘pastorale e presbiterale di Lione, 6 ottobre 1985). Un ultimo spunto di attualizzazione. Oggi, pit che mai, viviamo in una realta complessa, in un cro- giuolo di proposte culturali diverse e spesso conflit- tuali, I soggetti e gli ambiti tradizionalmente deputa- tial ruolo primario di educazione alla fede (famiglia, 79 la nusciks Ui Muse, Giusliciere in Egite, leggiasco in Madlon | gruppis seula) hanno smarito o delegato questo tuolo, Nell’ambito di un personale cammino di ri- cerca spirituale, assistiamo sempre pit frequente- mente a cristiani che scelgono di trovare in altre pro- poste (buddismo, yoga, New Age) quello che pensa- no di non aver trovato nella proposta cristiana. Lo «svezzamento» di Most ci aiuta a non perdere le no- stte radici, i luoghi e gli spazi includibili del racconto e cella condivisione della fede; ci invita a non trascu- rare quel preziosissimo «tesoro» che appartiene a tut- ta.una tradizione mistica, monastica, che nel corso dei secoli ha generato-dei santi e che forse, incauta- mente, abbiamo relegato nella soffitta delle «antica- \ gles; perché cereare snobisticamente alerove-(guida ed ésercizi spirituali, contemplazione, silenzio, asce- si) quel che gia possediamo? Il concilio Vaticano I ci ha rammentato Pessenziale di una Tradizione, da non confondere con le tradizioni umane; ci ha ri- chiamato al primato della parola di Dio, della mi «a, cosi come al dialogo con altre religioni ¢ culture. Chi saldamente ancorato a questa Parola, non teme il confronto, le provocazioni, le suggestioni che pos- sono stimolarlo, arricchirlo, smuoverlo: in fondo, tomando al testo biblico, sata proprio Tetro, il «ma- dianitay, a suggerire a Mose lidea di créare Pstituzio- ne det-giudici in Israele (cf-Bs 18). Nella fedelta ¢ nellx continuit’ al deposition fidei, alla comunita ec- clesiale & richiesto di «non spegnere lo Spirito, non disprezzare le profezie, esaminare ogni cosa e tenere cid che é buono» (ITs 5,19-20); lo Spirito parla mol- te lingue e, pur nella diversita delle latitudini, di soli- isce-mai-se-stesso (B. Pascal). 80 «FORSE IL GIUDICE DELLA TERRA NON PRATICHERA LA GIUSTIZIA?». LA QUERELA D’ISRAELE Esodo 2,23-25 I letcore non deve stupirsi per un intero capitolo dedicato a questi tre versetti. Essi costituiscono una chiaveintrpretaivaesenzale pe la. comprensione di Es 1-15 ¢ ci permetteranno di capire Ia dinamica degli eventi, nonché di approfondire uno degli aspet- ti costitutivi fondamentali del Primo e del Secondo ‘Tescamento: il ristabilimento della giustizia da parte di Dio, Signore e giudice della storia. Letrura = Nel lngo corso di quel anni, il dEgto mon, Gl Israeliti gemettero per la loro schiavivi, azarono grida di Famento e il loro grido sali dalla schiavicti a Dio. * Allora Dio ascoltd il loro lamento, si ricord® della sua alleanza con Abramo ¢ Giacobbe. ® Dio guard la condizione de- ali Israclitie se ne prese pensiero.2i¢<21-2" Dal punto di vista narrativo, Es 2,23-25 costitui- sce una sorta di sommario-transizione, che si riag- gancia alla dura schiavid del eap.1, segna la fine di tun’epoca e prepara gli eventi successivi. I personaggi fondamentali sono «i figli d’Isracle» € Dio, finora re- stato assente e in silenzio. Il narratore, da consumato regista, sposta la sua telecamera in Egitto, condensa il tempo della storia, 81 la filma dall’ato e ce la fa osservare dal punto di vista privilegiato di Dio. II vocabolario é particolare, ricco di sette azioni dalla forte connotazione giutridica, sul- Je quali ritorneremo. INTERPRETAZIONE Abbiamo tre notizie important la prima é la mor- te del re egiziano oppressore, che chiude un ciclos la seconda é che il popolo d'Israele @ allo stremo e pro- testa; la terza & la reazione di Dio, che per la prima volta appare coinvolto nella dura situazione degli Israeliti. La morte del Faraone non cambia la situazione: non si menziona il suo sostituto, ma ben presto ci accorgeremo che non sara diverso dal suo predeces- sore, Tuttavia, questo pud spiegare perché non si ri- cordera il delitto di cui si era macchiato Mose. © Lurlo d'tsraele La reazione degli Isracliti 2 molto pitt di un sempli- ce grido o sos: aglt orecchi del lettore suona come una vera € propria querela: i verbi «gemettero» (‘anach), «akzarono grida di lamento» (za‘aq), i sostantivi «gti do» (shaw'ah), «lamento» (na agah) appartengono a un tipico vocabolario giuridico, che esprime un grido d’appello, un ricorrere in istanza (cf. 2Re 8,3; Ger 20, 8; Gb 19,7). Del resto chi & povero e calpestato pud parlare solo con suppliche (Pro 18,23). Questa que- relanasce «dalla loro schiavitt» (traduzione pitt fedele di cuella della Cei: «per la loro schiaviti»), Come ab- biamo visto in Es 1,13-14, c’& una brucaliea (befarel), che ha oltrepassato il limite di una schiavitd ordina- ria. E importante notare che non si dice che questa gueela venga rvolta a Dio, o che Irate ne invochi il nome o Pintervento; il grido degli Israeliti, pur lan- 82 Esodo 2,23-25 cinante, non ha diretti interlocutori ¢ sembra un gri- do nel vuoto. Per il momento solo i lettori sanno che questa querela «sali a Dio» (v. 23). « Dio ascolta la querela Qui Dio vien presentato ben cinque volte nel Txt con il suo nome generico di ‘Elobim, il Dio della creazione, il Dio di tutta 'umanita. La sua reazione appare quella di un giudice, che procede a untinchie~ sta per accertare la sussistenza del reclamo (cf. Dt 13,13-15). Egli «ascolta» (shamd), esaudisce la ri- chiesta, il che significa che decide di intervenite; que- sto perché «si ricorda» della sua alleanza*; pet la pri- ‘ma volta, nel libro dell’Esodo appare il termine «al- leanza» (berit), che rinvia al suo precedente vincolo con Abramo ¢ con Giacobbe, stipulato in modo uni- lacerale, cio’ dipendente dalla sua fedelt3, non da quella del partner; questo ricordare (zakar) esprime un intervento efficace, in base a un impegno gia pre- so dal quale Dio non pud esimersi. Pertanto Dio «ve- de» (ra‘ab) gi Israeliti, cio® passa ad appurare la loro condizione ¢ «se ne prende pensiero» (lett. «conob- be», jada’), cio’ se ne rende conto, la sperimenta (i Lxx traducono «si fece conoscerer). Tn 2,14 la domanda dell’ebreo non ammetteva nessuna soluzione giuridica all’oppressione degli Istaeliti € ne contestava Pautorit’ allo stesso Moses una domanda che suonava come una constatazione disperata: nessun giudice, nessun Dio, solo Faraone ¢ la lotta per la sopravvivenza. Il capitolo si chiude con questo intervento giudiziale di Dio, che perd ar cora resta sconosciuto nella sua attuazione. I mattoni del racconto La critica delle fonti attribuisce questa transizione a P, tranne la notizia della morte del re d’Egitto (v. 83 ‘Fors il yivdice della tera non praricherd fo giustizia?> 23a) che viene attribuita a J; lo stile di questa notizia, perd, & affine a «trapassi» d’epoca tipicamente deute- ronomistici. Nel suo insieme & una cuciura redazio- nale forse post-sacerdotale che agevola il passaggio alla storia seguente. La sensazione di abbandono ¢ di silenzio da parte di Dio pud tradire i sentimenti della comunita della diaspora. Rispetto a testi dove Istaele agrida» a Dio (cf. Gde 2,18-19s Ne 9,27-36), \qui il nostro testo presenta il grido di un Isracle in- olpito senza fare del m — ul giudice del mondo esercitera forse la giustizia in modo ingiusto?» (Gn 18,25 - Tic) Questo breve brano ci fornisce le coordinate inter pretative fondamentali degli eventi che seguiranno. Il vocabolario forense ci permette di comprendere il racconto di Es 1-15, come una sorta di «processo», naturalmente visto secondo la concezione giuridica del narratore e del lettore israelita. Come ha dimostrato con acribia P. Bovati, Rista~ | bilire la giustizia (Roma 1986), il diritto. giudiziario = |delERE part ormalizagc-ton sistematicita, c¢ |nosce duc tipi di procedure processuali a il giud ‘in erbunale; b) la controversia. : -a) II giudizio (mishpaa) un'azione processuale tri- laterale, che prevede tre soggerti la parte lesa, Toffen- sore o imputato e, al di sopra di loro, un giudice Sulla base della querela sporta dalla parte lesa, il giut- dice é chiamato a istruire il processo e ad appurare la sussistenza delPaccusa; questo giudizio sfocia in un verdetto che sancisce la ragione dellinnocente ¢ la condanna del colpevole, con il castigo di quest’ulti- mo. Normalmente il giudice é il re, un suo delegato, © lo stesso Dio. Un chiaro esempio narrativo di que- St0 giudizio é episodio di Salomone chiamato a giu- dicare il caso delle due madri in 1Re 3,16-28; nella io 84 tsodo 2,23-25 poesia della preghiera soggiace a parecchi salmi di supplica, in cui lorante reclama a Dio contro i nemi- ci ad es. Sal 7; 17{16]; 109[108}, ecc.) b)iLa controversia (rio) & un’azione bilaterale, che prévede due atic’ legati ta loro da-un rapport di Emicizia, di alleanza.o da un vincolo familare- Nor- rialmente si -un_dialogo. in cui, le parte lesa accusa direttamente chi hi in orto o reato contro di Jei, Diversamente dallesito del mishpat, il riv non mira alla punizione delPaccu- sato, ma al ristabilimento delle giuste relazioni di un tempo; non mira alla sua soppressione, ma alla sua vita, L'intenzionalica di questa vertenza, pertanto, & squisitamente pedagogica, sapienziale, nel senso di tuna «cortezione».patetna, fraterna 0 amicale, uno sccumenia-medicinale (Pro 19.18) che-mira alla c ‘one,-al.recupeto di_un rapporto cons derato prezioso,-Chiari esempi narrativi di un_riv sono la controversia tra Gedeone e gli Efraimiti in Gde 8,1 3 e quella tra Giacobbe e Labano in Gn 3143-54; tratta di un genere alquanto diffuso nella leteeratura profetica e salmica (ad cs. Is 1,1-20; Os 2,4-25; cf. il dittico dei Sal 50-51[49-50)). Va notato che un rfv pud sortire esiti positivi — come nei due esempi narrativi citati — e approdare alla riconciliazione; tuttavia, nel caso Paccusa peda- gogica del riv venga disprezzata o disattesa, si ricade nelfambito e nella procedura del mishpar chi sfuta la correzione, l'ammissione del proprio reato © dun- que la riconciliazione, incappa nella sentenza e nella condanna (& leventualics prospertata da David e Saul nella controversia di 1Sam 24: se quest ultimo insister& nei suoi tortie ifiuteri di ricomporre Panti- ca amicizia, il giudizio sara rimesso direttamente nel- le mani del Signore; cf. v. 16). Ora, il narratore biblico fa assurgete quello che & il diritto peculiare ’Isracle (chissa se Istaele non 85 Pabbia dedotto o imparato dall’esperienza dell’eso- do...) a un diritto internazionale; non solo Israele, ma anche tutte le altre nazioni straniere sono sotto- poste all'unico sovrano e giudice del mondo che & Dio ¢ rientrano nella sua giurisdizione ¢ nella me- desima dinamica di ristabilimento della giustizia con le sue procedure (come appare chiaramente ad esempio in Am 1-2 e negli oracoli contro le nazioni di Ger 46-51). Personalmente, spero senza forzature, ritengo che questi due tipi di procedure siano presenti nel rac- conto di Es 1-15 e ci aiutino a capirlo. In Es 2,23- 25 abbiamo 0 chiaramence l'istruzione di un mishpato giudizio trilaterale: Dio, come ha fatto nel- la procedura contro Sodoma ¢ Gomorra in Gn 18,20-21, in quanto sovrano, dunque giudice del, mondo, accoglie la querela della parte lesa (Isracle), awvia V'indagine, appura personalmente il reato (op- pressione oltre ogni limite) qui senza lescussione di testimoni e si accinge a intervenire per ristabilire la ‘iustizia. Pid oltre, precisamente in Es 4,22-23, ve- dremo-invece-che‘Dio-interversta-us percu-con i Farone, tramite Mosé, nella modalita di un iv, ac- cusandolo ¢ invitandolo a riconoscere il proprio tor- £0, Qui Dio prendera le part di Istacle, presentando- si egli stesso come parte lesa; la cosa importante é che cgli instaura una controversia bilaterale con !Egitto, perché egli & anche padte e signore dell Egitto e non trle perderlo, La Succesiva sequenza delle cosid dette epiaghe» non sar altro che un dialogo-dlamore Pedigogico fatto di-colptoTeziont correttive (Pro 2: 13-14) che mireri a far rinsavire il Faraone. Questi, perd, dopo Fugaci-resipiscenze, alla fine respingera totalmente questa profferta di riconciliazione con Dio e Istaele; agendo cosi ricadra nell’ambito ¢ nella logica del giudizio, con il conseguente verdetto ¢ ca- stigo, che «distingueriv Pinnocente (Istaele) ¢ il col- 86 Esodo 2,29-25 pevole (E '0); questo awverri nelle acque del Mare dei Giundl ATTUALIZZAZIONE * ILDio che raccoglie le lacrime Abbiamo visto che la querela d’Isracle innocence non cade nel vuoto, ma sale a Dio, cosi come la que-| rela della voce del «sangue» di Abele ucciso da Caino ¢ Paccusa contro liniquita di Sodoma e Gomorra; Dio le ascolta cosi come aveva ascoltato la voce del! pianto di Ismaele, figlio dell’egiziana Agar (Gn| 21,17), cosi come ascoltera il grido «Dio mio, Dio| mio, peiché mi hai ainda dt suo Fg pocente sulla erace (Mc 13.34), ialzandolo in pie- a tionk Come recia tupendament il Sal 56(55),9, Dio | come un beduino che raccoglie nel suo otre come gocce preziose te lacrime dei calpestati_e Te annota ) ppuntualmente nel suo Tbro (IR 20,5). O | Dio non ¢’é differenza tra lacrime israeli i israelite, cristiane-o-pagane. Ognt grido di wrocifis- | siv, singoli o popoli, che nasce da ogni ingiustizia, | rivolto o non rivolto direttamente a Dio, non va| sprecato; la supplica dei poveri e degli indifesi di ogni | latitudine perfora le nubi ¢ la loro vita & preziosa ai suoi occhi (Sal 72(71],12-14)}: il Dio che fy gustzia| non pué non intervenire a difendere i loro diritti =| 140[139],13). Ritroviamo la stessa querela di Israele in quel «fino a quando Sovrano non farai giastizia?» (Ap 6,10) che i fedeli perseguitati dell Apocalisse in dirizzano al Signore del mondo; a essi viene chiesto| di non imporre scadenze, ma di vivere nella certezza che le loro suppliche non vanno sprecate (Ap 81-5), bensi concorrono al trionfo del Regno e alla condan-_ nna del male (Ap 18-19). 87 «Forse i! giudice della tea non praicherd la giusizio®s # Mysterium lunaes Se il Dio del Primo e del Nuovo Testamento & eminentemente il «Sole di giustiziay (MI 3,20), la chiesa in quanto «mysterium lunae», come & stata de- finita dai Padri e come & stato ribadito dalla Novo Millennio Ineunte (n. 54), non pud non assumersi questo compito di riflettere la stessa passione per la garanzia ¢ il ristabilimento della giustizia: & quanto preghiamo nella lcurgi, senza deleghe ad alti: «La tua chiesa sia testimonianza viva di veritd e di liberta, di giustizia e di pace, perché tutti gli uomini si apra- no alla speranza di un mondo nuovo» (Preghiera.Eu- caristica Vic). Gii Paolo VI aveva profeticamente ammonito che ogni cristiano 2 chiamato a questo impegno personale per la giustizia (Ecclesiam Suam, 30), cosi come aveva parlato del «grido dei poveri che deve rsvepliare le coscienze di fronte alla miseria © allingiustiziay (Evangelica Testificatio, 18); un «gri- do» che attraversa da sempre il magistero della chiesa ¢ che stato richiamato da Giovanni Paolo II ai grandi della terra riunitisi nell'ultimo vertice del G8 a Genova (luglio 2001). I Catechismo della Chiesa Caitoliea (n.1867), oltre all’oppressione degli Israeli- ti, al sangue di Abele e al peccato dei Sodomiti, ricor- da che-esistono-attrt «peccati che gridano al cielo» Si sono illameno del forestiero, della vedovae del Porfano ¢ lingiustizia verso il salariato. 88 La vocazione di Mose, del popolo e di Dio Esodo 3-4 Es 3-4 presenta il racconto della vocazione di Mose. Si tratta di una delle pagine pit celebri del Primo Te- stamento; per il suo carattere eccezionale, bacilare ed esemplare, pub essere definita la «madre di tuate le vo- cazioni, Per la prima volta Dio si rivela con il suo nome per- sonale, Jitwet e, fedele a questo nome, irrompe da dietro le quinte sul palcoscenico della storia per iniziare la grande liberazione dellesodo. La vocazione di Mose na-\ sce da questa vocazione di Jur, che lo chiama ad agire Tazo os a al suo posto: entrarmve ervizio della vocazione aitsraetechiamato a essere il spopolo di Jiwitn. Ein Greta cohcidenaa di vocationt oe womamo I repost ‘alle domande lasciate in sspeso nel capitolo precedente: chi sant Mosé, da chi ricevera la sua identitse autori- ta (2,14) e chi risponderi alla querela di Israele (2, 23-25). Es 3-4 sancisce Vinvestisura di Mose il fiat» di questa straordinaria esperienca: rw si rivela a Mose ¢ gli desea il suo programma di liberazione. Alle reitera- te obiezioni di Mose, Jot risponde con la promessa 89 \ dela sua compagnia, con il dono di ssegni» che autenti- caro la sua missione e con il supporto di Aronne. Il ra conto si chiude con quattro incontri: nel primo Mose si congeda dal suocero Tetra} nel secondo si imbatte dram- ‘maticamente nel misiero di un Dio-waggressarex: nel terzo incontra suo fratello Aronne; nel quarto i divigenti e tutto il popolo dlsrael ~ Structura Narrativamente, Bs 3-4 si configura come una unit lesteraria, che possiamo articolare in due parti principali: A) Vocazione e missione di Mosé (3,1-4,17). B) Partenza da Madian e risorno in Egitto (4,18-31). Da 3,1 a 4,17 la scena 2 ambientata all’Oreb, il monte di Dio; successivamente si sposta in Madian (421); lincontro con Dio avviene in un luogo impreci- sato del viaggio di ritorno (4,24); Vincontro con Aronne ‘avviene ancora presso UOreb (4,27), mentre quello con il popolo in Egitto T prossimi due capitoli saranno dedicati rispettioa- mente a queste due grandi parti: suggeriamo al lettore tuna prima lettura del testo di Es 3-4 nella sua interez- za: noi ritorneremo sui brani nellambito dell'interpre- tazione. 90 MOSE CONFISCATO DA UN SOGNO Esodo 3,1-4,17 LeTTuRA Es 3,1-4,17 costituisce un’uniea letteraria ben de- limieata, in base a criteri di tempo, di luogo, di azioni ¢ comparsa di personaggi. Possiamo strutturarla in due parti principali, che si articolano in quattro se- zioni: 1, La vocazione di Mose. ‘A) Sguardo chiama sguardo (Es 3,1-9). 2, La missione, l'investicura e le obiezion B) Missione ¢ rivelazione del nome di Jirwet (Es 3,10-22). A’) Most accredirato dai segni del potere di JuiwHt (Es 4,1-9), B’) Mosé bocca di Dio, Aronne bocca di Mosé (410-17), Come 2 stato notato, ognuno di questi brani si contraddistingue per un campo semantico caratteri- stico, che si impernia su parole-chiave (B. Ctilds): in 3,1-9 prevale quello della «visione»; in 3,10-22 pre- vale quello della «missione»; in 4,1-9 quello della «credibilit’»; in 4,10-17 quello del «parlare». Questi quattro filoni semantici innervano tutto il racconto, conferendogli una coerente unita. La sezione 3,10- 4,17 risulta unificata dalla ripetizione della sequenza «tichiesta/obiezione/risposta» su cui ci soffermeremo in dettaglio. a1 ‘Mosé confiscato da un sogno INTERPRETAZIONE La vocazione di Mosé (3,1-9) ‘Ora Most stava pascolando il gregge di letro, suo suoce- ibn gd ead Firs deserto e arrivd al monte di Dio, ’Oreb. *L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco, in mezzo al roveto. Egli guardé ed ecco (webinnel): il roveto ardeva nel fuoco, ma quel roveto non si consumava. "Mos? pen- sd: «Voglio avvicinarmi a vedere questo grande spettaco- Io: perché il roveto non brucia’». “Il Signore vide che si cra avvicinaro per guardare (64) ¢ Dio lo chiamé dal to- veto disse: «Mosé, Mosé!». Rispose: «Eecomil (hinnel)» +Ripzese: «Non avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, per- ché il luogo sul quale tu stai 8 una terra santals. °E disse: flo sono i Dio di tuo padie, i Dio di Abramo, il Dio di Isacen, il Dio di Giacobber. Mosé allora si veld il viso (panajir) perché aveva paura di guardare (nbi) verso Dio. "Il Signore disse: «Ho osservato (ra’ah, 2 volte) la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti: conosco infatti le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dalla mano dell Egicto e per farlo aunt shcsputetar pace vce pocec tree + emcees verse un paese dove scorre latte ¢ miele, verso il luogo dove si trovano il Cananeo, I’Hittita, 'Amorreo, il Peri zita, !Eveo, il Gebuseo. ’Ora, vedi, (hinneb) il grid de Israciti& atrivato fino a me ¢ io stesso ho visto Poppre sione con cui gli Egiziani li tormentano. In questo brano domina il campo semantico della visione, in cui fa la parte del leone sotto varie forme la radice r/ «vedere» (7 volte il verbo, pit il sostantivo «spettacolo»), accanto al sinonimo «guardare» (nbi) ¢ la particella wecco» (hinneb, letceralmente wvedin). A) Sguardo chiama sguardo @ Lo sguardo di Mos? (wv. 1-6). ~ Il racconto si apre con un uomo a quanto pare adattatosi alla sua situa- 92 Esodo 3,1-4,17 zione. Sradicato dal suo popolo, «schedato» dal Fa- raone, ora @ un pastore. A occhi e orecchi Egiziani, egli fa un mesticre considerato ignobile (ef. Gn 46,34) el suo nome moses, pud suonare come quello di un «ex», dato che & monco del suo «dio» egizianos come ebreo, nella sua biografia il Dio dei pacti fino- ra é risultato un illustre sconosciuto. I! testo non lo dice, ma sapremo che egli ha circa ottant’anni (cf. Es 7,7 che riecheggia in At 7,30): tutte queste, umana- mente, non sono certo buone credenziali! ~ Lattenzione del narratore si incentra su Most e strappa alla quotidianita del suo lavoro pasterale un giorno decisivo, quello in cui si spinge oltre il deserto ¢ giunge al monte di Dio, 'Oreb. Il deserto (midbar) qui va visto nella sua valenza negativa ¢ non roman- tica: ¢ luogo di solitudine e vuoto (eobu wabohu), eeppa arida e tenebrosa, spazio invivbilee ito di agguati (cf. Dt 8,15; 32,10; Ger 2,6); agli occhi degli Istaeliti appariri un «sepolcro» di morte (Es 14,11). Si tratta comunque di uno spazio da attraversare per poter trovare pascolo. Il monte nella Bibbia ¢ nella storia delle religioni é solitamente il luogo dell'incon- tro con la divinita, la sua sede. Oreb & il nome con cui la tradizione deuteronomista chiama il Sinai (cf. Dr 1,6; 4,10). L’esatta localizzazione di questo mon- te resta problematica (cf. Introduzione). Oreb in ebraico deriva da una radice (ch- a ) che significa ssiccit, devastazione, macerie» (come quelle che contempla malinconicamente Neemia in Ne 2,17). Viene inaspettatamente chiamato «il monte di Dio»; si tratta di una anticipazione di quanto Mos® speri- menteri fra poco. ‘A.questo punto abbiamo una teofania*, ¢ inizia un gioco di sguardi tra Most e Dio. L’iniziativa parte da Dio, che dapprima viene presentato come «angelo del Signore», poi come lo stesso «Signore» (JiiW) ¢ «Dio» (Elohim) che parla: come accade altrove, si 93 ‘Mosé conliscato da un sogno tratta della medesima persona (cf. Gn 16,7.135 22,1.11.15). L’angelo del Signore si lascia vedere «comefin fiamma di fuoco»: I fuoco} cangiante e im- materiale, @ uno dei simboli teofanici privilegiati in tutte le religioni: esprime la dimensione intoccabile, trasformante, purificante della di Nella Bibbia € il simbolo della presenza dinamica di Dio (Gn 15,17; Dt 1,33), della sua gloria (Es 24,17; Ez 1), della potenza della sua paroh (Dt 4.33; Ger 20,9), del suo amore (Ct 8,6), visto nel duplice versante di gelosia ¢ rivendicazione (Dt 32,22; Sof 1,18). Qui osserviamo la scena attraverso gli occhi di Mosé: la sua attenzione si ditige non tanto sul fuoco, quanto sul roveto che arde € non si consuma. II raro termine «roveto» (seneh), ripetuto due volte, riecheggia il no- me Sinai: nella Bibbia ricorrera una terz’ultima volta in Dt 33,16, dove Dio viene chiamato «Colui che abicava nel roveto». Mosé non & consapevole della presenta di Dio, Peril momento scegledeibera- meate di «svoltare» ¢ vedere un insolito spectacolo, mosso da curiositi e da stupore. I Signore vede il vedere di Mos? ¢ lo chiama per nome due volte (cf. Gn 22,1.11; 1Sam 3,4). Come Samuele, Mos® risponde «eccomi» (hinneni, lett. vedimis), ignaro del suo interlocutore. II Signore in- tima a Most di non avvicinarsi e di togliersii sandali, perché il luogo dove si trova é terra santa, «Avvici- nnarsi» (qarab) riapparira come un verbo cultuale tip co dei sacerdoti che si avvicinano alla presenza divina (Es 40,32; Lv 16,1). Lsandali rappresentano la digni- 18 di una persona libera, il suo potere d’acquisto (Am 2,6; Sal 60[59], 10): oggi porremmo dire la sua auito- nomia ¢ la sua carta di credito. Togliere i sandali dai piedi é un gesto di rispetto e di riconoscimento della santiti.di_un Iuogo (come fara Giosue in Gs 5,15 ¢ come fanno ancor oggi i musulmani, i buddisti e gli indit prima di entrare in una moschea, in una pago- 94 Exod 3, 1-4, 17 dac in un tempio); é un segno di povert’ (Ger 2,25), ai umileh (Sam 15,30) e-dellz Condizione di chi & schiavo e depone il proprio onore dinanzi a un supe= riore (Is 20,2); togliere i sandali, giuridicamente, si- gnifica rinuncia ai propri diritti di possesso (cf. Dt 25,9; R€4,7-8). Per la prima volta nella Bibbia si di- ce che un luogo & «santo» o «consacrato» (letteral- mente «separato», qadosh) e appartiene cio® alla sfera di Dio. Come pet f consaeratione del tempo del x. bato (cf. Gn 2,3), & come se Dio dicesse «questo spa- zio & proprieta privata». Dio 2 per sua natura il «San- to» (Is 6,3), il totalmente Altro, che «sancisce» il di- vario che esiste tra Creatore e creatura, Dalla curiositi, Most passa al riconoscimento di una Presenza, che ora rivela la sua identici: Ia for- mula «lo sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio d’Isacco, il Dio di Giacobbe», come tale ¢ uni- ca in tutto il Primo Testamento (cf. 1Re 18,36). Si tratta di un Dio personale, che ha fatto la storia dei suoi padris cuttavia, ed @ questa la novita del libro dell Esodo, egli non & solo il Dio della famiglia di Mos@, identico al Dio degli antenati, ma il Dio di tutto Israele che egli chiama «mio popolo» {‘ammi, v. 7). Dinanzi a questa rivelazione, Mosé reagisce con timore e tremore ¢ si copre il volto per non vedere Dio. Come per Giacobbe a Bet-El (Gn 28,16-17) ¢ per le levatrici (Es 1,17), questo timore ® il riconosci- mento rispettoso della trascendenza di Dio ¢ della propria inadeguatezza, non piti la paura della sua so- itudine violenta. Nel gesto di coprirsi il volto (1waj- jaster panaw), oltre alla consapevolezza che nessun uomo pud vedere Dio ¢ restate vivo (cf. nota Bibbia Cei a Es 33,20 e Gde 6,22-23), pud affiorare la vo- lonti di prendere le distanze, di sottrarsi a qualcosa di inaspettato e imprevedibile (cf. al contrario il Ser- vo che non si copre la faccia in Is 50,6). 95 ‘Mest confiscate da un sogno @ Lo sguardo di Dio (vv. 7-9). ~ Il discorso di Dio & tuna constatazione € una promessa di intervento pet- soncle: la struttura & concentrica. Abbiamo una se- quenza di 8 verbi: 7 sono azioni di Dio, uno & il giungere del ugrido» degli Israclit. a) ho osservato (ra'ah) la miseria del mio popolo in Egitto b) eil loro grido (tse‘agah) ho ascoltato (shama’) a causa degli aguzzini (naghesim): conosco (jada) le sue sof- ferenze, ©) Sono sceso (jarad) per liberarlo (nara) dalla mano dell’Egitto € per farlo uscire (‘alah) ca questo paese, bi IL grido (ese‘aga) degli Isracliti& artivato (bo) sino a me 2')€ 0 stesso ho visto (raf) Poppressione con cui lo tor- ‘mentano, Ora anche Most, insieme ai lettori, sa che la que- rela degli Israeliti in 2,23-25 non @ caduta nel vuoto, ma stata accolta da Dio. Egli ha «appurato davvero, con attenzione» (cosi va tradotto il binomio verbale ra’oh raiti del v. 7) Poppressione, ha eascoltato» la denuncia (seagab, 2 vole) dun popolo iranneggia to da «aguzziniv; in questo termine (noghesim, trad. Ceit «sorveglianti») ce tutta Parroganza e la cattiveria di chi angatia capricciosamente un altro. Egli cha co- nosciuto» (jada) le sofferenze ¢ le ferite di Israele: questo verbo, oltre a una verifica, pud esprimere un intimo e profondo coinvolgimento. II popolo umilia- to sembra avere gli stessi tragici connotati del Servo sofferente (Is 53,4.7). Il Dio che parla, non & quello che ride sarcasticamente come in Sal 2,4: € un Dio serio, preoccupato e fermamente deciso ad agire. Al centro troviamo il suo programma, che com- pendia tutto il libro dell’Esodo: egli «scende» (il ver- 9% Esodo 3,164,17 bo pud essere anche un futuro «scenderd») per un'u- scita in vista di un ingresso, per un affrancamento in vista di un dono. ILprimo verbo «liberare», in ebrai- co esprime uno «strappare» violento (natsal il popo+ Tovdalla-emcanoYpotenaay (yae)-c dala terra 'Egito| sbarazzandolo dei suoi nemici; il secondo verbo uscirer (‘alah, letceralmente «salire’y geograficamen- te esatto, perché dall’Egitco si sale in Canaan) & in direzione di una terra fertile e vasta (Ne 9,35), verso tun paese dove «scorte latte ¢ micle» (un'espressione che troviamo in testi ugaritici, per esprimere, in ter- mini di cultura pastorizia, la fertilita del suolo); titro- viamo questa immagine ideale, pitt esuberante ¢ poc- tica, in Dt 32,11-14: si tratta di una terra la cui ferti- lita & dono e dipende solamente dalla benedizione di Dio, non dal possesso c dal lavoro agricolo degli abi- tanti. E la promessa ai patriarchi finora restata ina- dempiuta. Questo dono della terra comportera l'e spulsione det suoi abitanti cananei*: qui sono sei po- poli Isracle sari il settimo (cf, Dt 7). Dio invita Mos? a entrare nella sua ottica: lo sguardo di Mose (letteralmente «vedi (hinneb) i. gri- degli Israeli & saliton,v. 9), deve coincidere con il suo «ho visto Poppressioness i termini «oppressio- ne/tormentare» (lachats, 2 volte) sottolineano 'ini- micizia tra vittima e aguzzino, ma anche la sadica cortura inflitta a una bestia da soma recalcitrante (Nm 22,25). La missione, linvestitura e le obiezioni di Mosé (3,10-4,17) Liunita di Es 3,10-4,17 si sviluppa sulla sequenza richiesta/obiezione/risposta. La missione di Mose scaturisce dalPagire di Dio. Lora» del v. 10 si riag- gancia allcora, vedi» del v. 9, ne rappresenta la con- seguenza e suggerisce I'urgenza dell'esecuzione 7 ‘Mes conlscato do un sogno Pet comodici del lettore, offriamo il seguente pro- spetto generale, per poi ritornare sulle singole sezioni. Richiesta Obiezione Risposta 1. Ora va’, Ti mando 1. Chi sono io per an- «lo satd con tev, dal araone. Faiuscite dare da Faraone e pet il mio popolo (v. 10). fare usc... pi lsrali- wv. 1D), 1, Ma mi diranno: Io sone-colui-che s0- «Come si chiama?y eno. Dita: alo sone io che cosa risponde- Jw i Dio di vost ew 13) paar mi a mandate froin (wv. 1415), 1 at siunisci gli an- ML, Beco non mi cre- Tre sepni che atsta- dianidlsrade edlo- deranno, non ascoke. no il gover di Most to:llDiodeivostripa- rannola mia vee, ma (42-9, Gri mie apparso., Tu diranno: Non ti 3 e gh anziani andrete paso Jive (4), dalred Egitoeditets TW Signore s&presen- tato‘’ not cl sia per= meso andare nel de ser per un sacificio 2 Jee (16-22), JV. Mio Signore, non Chi ba dato una bocea sono mat ‘stato un aluamoodilorende nuon parlarore(v. 10). muta. sordo, veggen- te cco? Non sono forse io Jw? (v.11). UL Ora va’. To sard_V. Perdonami, Signo- Non vié forse to fa conta a bose eh re miov manda chico Aonne dev insognerd quello che vuoi mandate!(v 13). a2. Tu gh pater © ovate 13) inci aloe Caleparole da dite eio Si0.con con entre patlatee vis rid quello che do- ete, a popolo perce; eg sara te come Doce € ai pr li (eve i) Dio. Teaai in mano auc bane con Cu compiaipro- goo. 98 Esodo 314,17 Le tichieste di Dio sono tre, aperte sempre dal- Vimperativo «va’»: 1) presentarsi dal Faraone per far uscite il popolo dall’Egitto; 2) convocare gli anziani per recarsi nel deserto a fare un sacrificio al Signore; 3) parlare come bocca di Jiwr. Ma, a ogni richiesta, Mosé si schermisce e solieva alibi, che ricevono una puntuale controreplica di Dio. Va notato che ci tro- viamo dinanzi al racconto biblico di vocazione che presenta il maggior numero di obiezioni, ben cinque, da parte dell’interpellaco. Vultima parola & quella di Dio, decisiva e arrab- biata. L’accavallarsi di un cosi gran. numero di obie- zioni serve a confermare che Mos? non si & scelto, ma é stato scelto, «confiscato» dal sogno e dai segni di Dio. B) Missione e rivelazione del nome di Juwu (3,10-22) ° Ora va’! lo ti MANDO dal faraone. Fa" uscire dall Egitto il mio popolo, gli Israelitis. " Mose disse a Dio: «Chi so- no io per andare dal faraone ¢ per far uscire dall Egitto gli Israeliti>, Rispose: «lo sard con te. Eccoti il segno che io i HO MANDATO: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall Egitco, servirete Dio su questo monte Mose disse a Dio: «Ecco io arrivo dagli Israeliti e dico loro: Il Dio dei vostri padri mi HA MANDATO a voi. Ma mi diranno: Come si chiama? E io che cosa risponderd loro?».. 8: «lo sono colui che sono!». Poi disse: «Dirai agli Isracliti: lo-sono mi HAMANDATO a voi». 'S Dio aggiunse a Mosé: «Dirai agli Israclits II Signore, il Dio dei vostri padri, il Dio di Abram, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe mi HA MANDATO a voi. Questo & il mio nome per sempre; questo é il titolo con cui sard ricordato di generazione in generazione. "Val Riunisci gli anziani d'Israele e di’ loro: Il Signore, Dio dei vostri padri, mi 2 apparso, il Dio di Abramo, Isacco, di Giacobbe, dicendo: Sono venuto a veder: voi e cid che viene fatto a voi in Egitto. ‘E ho detto: Vi fard suscire dall'umiliazione dell Egitto verso il paese del Cana- 99 ‘ose conliscato da vn sogno neo, dell’Hictita, dell’ Amorreo, del Perizzita, dell’Eveo ¢ de Gebuseo, verso un paese dove scorre latte € miele. ‘ssi ascolteranno la tua voce e tu ¢ gli anziani d'Isracle andrete dal red Egitto e gi riferirete: I Signore, Dio deg Ebrei, si presentato a noi. Ci sia permesso di andare nel deserto ate giomi di cammino, per fare un sactificio al Signore, nostro Dio. "To 30 che il re d’Egitto non vi per- mettera di partire, se non con Vintervento di una mano forte. “STENDERO dunque la mano e colpird PEgitto con tui i prodigi che opererd in mezzo a e550, dopo egli vi MANDERA, *'Fard si che questo popolo trovi grazia agli occhi degli Egiziani: quando andrete, non ve ne andrete a mani vuo- te. Ogni donna domander’ alla sua vicina e all'inquilina dela sua casa oggetti di argento e oggetti d’oro e vestis ne caricherete i vostrifiglie fe vostre figle e spoglierete lE- gitto, In questo secondo brano prevale il vocabolario della «missiones, espresso da parole-chiave come i verbo «MANDARE» (shalach), che ricorresette volte nelle sue varie forme, come il verbo «andarer (Falak), che ricorre sette volte, accanto al verbo «fir uscires (jatsa’) che ricorre quattro volte. Q La prima richiesta di Dio. La rivelazione del Nome. = La prima tichiesta & perentoria, in duc imperativi il primo «va’y assomiglia a quello di Abramo (Gn 1211), ma questa volta in favore di un popolo, I secondo «fat uscires é il classico verbo dellesodo (jar- sa’nella forma causativa). Se nel v. 8 @ Dio a «far salite» gli Israeli, qui tocca a Mosé. La prima obiczione di Mosé & «Chi sono io (mi ‘anoki) per andare ¢ per far uscire?»; in fondo & la stessa domanda dell’ebreo: «Chi ti ha costituito, 0 uuomo, capo e giudice su di noi?» (2,14). Mose nega ogni sua possibile Leadership, si sente privo di auto- revolezza e del necessario «carisma» (cf. Ger 1,6; 1Sam 9,21; Gde 6,15). La risposta di Dio «perché 100 Esodo 3,1-4,17 sard con te € questo sara il segno che io (ki noki) ti mando» & una compagnia che fonda Pidentit’ di Mosé ¢ legittima la sua missione. C’e un gioco di pronomi Figs di Mose ineatnera Pelov di Dio. Il segno di questa compagnia sta nel futuro: «servirete Dio su questo monte». Sara un futuro appuntamen- to sull’Oreb, lontano dall Egitto, stavolta con il po- lo, ad attestare che Mosé € stato inviato da Dio. Si noti l'uso del verbo «servire» (‘avad), finora usato nel senso negativo di schiavizzare. La promessa & il pas- Saggio dalla wschiavit (avodal) d'Egio, al wservizi Gultuales (auada) di Dio. La seconda obiezione é la previsione che gli Israe- liti chiederanno il nome del Dio che lo invia. La do- manda «qual é il suo nome?» equivale a «che cosa & in rad di fre». Put se Mose lo presenta come il Dio dei vostri pads, la schiavie in Egito, ispetto alla storia dei patriarchi, rappresenta una inedita e gravis- sima situazione. Detto altrimenti, qual é il suo pote- re, la sua credibilita, a confronto con il pantheon del- la nazione oppressiva attualmente incontrastata? Fi- nora gli Israeliti sembrano aver scordato questo Dios se lo ricordano, accetteranno di essere «figli di un dio minore» che li ha abbandonati in questo inferno? Per la prima volta, nel Primo Testament, il Si- nore rive il suo nome: «ehjch usher ehebn (v.14). Si trata di un’espressione unica in tutta la Bibbia: & collegata al verbo «essere» (Aajah) in una forma verba- le che esprime permanenza, dinamicita, futuro; grammaticalmente andrebbe tradotta «lo sard colui che sar» ¢, nella maggioranza delle traduzioni cor- renti, viene resa comunemente con «lo sono colui che sono» (la Tic traduce: «lo sard sempre quello che sono»). Questo Nome non é un gioco di parole, né un rifiuto a rispondere alla precisa richiesta di Mo- sé (della serie «la cosa non ti riguarday). La sua inter- pretazione ha fatto versare fiumi d’inchiostro, non 101 ‘Mose coniiscato da un sogno sempre con esiti persuasivi: possiamo coglierla nel contesto immediato dei wv. 14-15 ¢ in quello pit am- pio del libro dell’ Esodo e del Primo Testamento: — Indubbiamente & un’asserzione di esistenza (come ha interpretato la versione greca dei Lxx: «lo sono l’esi- stente>, seguita dai Padri greci); pud suonare in oppo- sizione ai falsi di che non sono niente. — Nel v. 14 «lo sono» & colui che manda Mose al popolo; aggiunta del v. 15, presentandolo in terza persona con il tetragramma Juiwe, precisa che questo Dio ¢ il «Dio dei vostti padriv. «lo sono colui che sono», dunque, non é un'altra divinita, ma il Dio del passato (colui che si & manifestato ¢ ha agito con i patriarchi), del presente (colui che interviene peril popolo), del futuro (Colui che si manifesteri e agit’) ~ Euntesiscenza che &assistenza: «lo sard con te» (v. 12), «lo saré con la tua bocca» (Es 4,12) si traducono in una compagnia che non verri mai meno: per la prima vol- ta, pero, & una compagnia rivolta non solo a un singo- Jo, maa un intero popolo. = Dando il suo nome, Jirwi si rivela, ma conserva il suo iistero: egli immanente e rrascendente nella storia. Egli c’ © agisce, ma si riserva di decidere il come ¢ ii quando: «cosi é se mi pare», senza capricci o arbitrarie- @, ma nella fedelth di chi 8 presente al momento giusto. = Colta nel suo aspetto dinamico e futuro, che coinvolge anche il lettore, Dio sembra dire a Most e agli Israeli «lo sar quel che sono; capirete quello che io sono (¢ sono stato) da cid che fard per voi, dalla storia che Fard con voin. Un testo illuminante, che si richiama a que- sta rivelazione, é Is 52,5-: «Ora che faccio io qui2... Si il mio popolo & stato deportato per nulla! I suoi domi- natori trionfavano — oracolo del Signore — e sempre, tutti i giorni il mio nome & stato disprezzato, Pertanto il mio popolo conoscer’ il mio nome, comprendera in quel giorno che io dicevo: Eccomi qua», Detto altri- menti, Dio c%, ci sta, si manifesteri coerentemente a cid che & accompagna, nonostante questa esistenza sembri smencita dall oppressione del popolo. loz Esodo 3,1-4,17 Ora, va sottolineato che questa «apocalisse» del suo nome rappresenta il «tischio» di Dio. Finora, come confermera Es 6,2-3, non ha mai voluto farlo con i patriarchi, neppure con Giacobbe, che gliclo aveva espressamente richiesto (Gn 32,36). Si era servito di «pseudonimir, ma il suo nome era € resta «Misterio- so» (Gde 13,18). Per la mentalita semitica (ma anche di altre culture antiche e odierne), il nome ¢ lz perso- na stessa, cosi come il nome di un sovrano costituiva la credenziale di un messaggero; conoscere il nome di un Dio, significava esercitare un potere su di lui, co me, ad es., si legge nel mito egiziano della dea Isis, che convince astutamente il dio Ra a rivelarle il nome per poi agite indisturbata sfruttandone le energie di- vine. Di conseguenza, per la prima volta, Dio rivelan- do il proprio nome, scommette la sua identith per un popolo che ¢ ancora un’accozzagla di schiavi Per Jiiwn si tratta di una scommessa etema, per sempre (/e‘olam). Questo infatti, sar il «nome/fama» (hem) con cui egli «vuole essere ricordato di genera~ zione in generazione» (v. 15). Questo titolo, 0 me- glio «memoriale» (zeker), ha un potere biunivoco: fa- ra si che gli uomini si ricordino V'identita di questo Juwut salvatore, ¢ fara si che JHWH si ricordi di tutti oloro che lo invocano con questo nome. Tale me- moriale, che trova il suo /umus privilegiato nella li- turgia, acualiza tierea | suoi fraordinai prodigi (cE, Sal 111[110],4). Israele, «griffato» dal nome di Juwn (Dt 28,10; Nm 6,27; Is 44,5), sa che l’esisten- za del suo nome dipendera da questo «lo sono colui che sono», © La seconda richiesta di Dio: istruzioni sulla missione (wv. 16-22). — Un secondo «va’» chiarisce che la mis- sione di Mosé é riunite gli «anziani d’Israclen" (zigne Jisra’l), qui menzionati per la prima volta nella Bib- bia. Appaiono distinti dal popolo e, per il momento, 103 ‘Most confiscate do on sogno sembrano i primi destinatari del messaggio di Mosé. Li ritroveremo sempre in frangenti decisivi dell’E- sodo (cf. 12,21; 19,7; 24,1.9.11): sono coloro che garantiranno la continuiti della leadership di Mose nella storia successiva, II contenuto del messaggio ri- prende parzialmente Es 3,7-12, ma introduce ele- menti nuovi, a) Anzitutto il tema della «sicura visita» di Dio, vaticinata da Giuseppe (Gn 50,24). Il v. 16 recita letteralmente «Davvero sono venuto a visitarvin (pa- god pagadri). 11 verbo pagad indica una visita «decisi- va», non un semplice «wedere». E un verbo caro a Geremia: & sinonimo di conoscere, non lasciar mori- te, ravvivare il ricordo, non lasciare invendicato un torto (Ger 3,16; 15,15); pertanto, non @ un mero prendere atto di una situazione, ma un deliberato in- tervento, che determina una sorte ambivalente: posi- tiva per gli innocenti, negativa per i colpevoli. b) Abbiamo un inaspertato «viaggio di tre giorni nel deserto, per offrire un sacrificio a JiiwHi, nostro Dio». Con ogni probabiliti, questo viaggio di tre gior- ni pud rappresentare un escamotage (come quello delle levatrici) per fuggire senza insospettire gli Egiziani. La richiesta, pero, implica una chiara presa di distanza religiosa dal pantheon dell’ Egiteo: il «Dio degli Ebreiv (titolo che ricorre solo in Esodo, cf. 5,3: 7,16s.) non & una delle divinich egiziane, né il dio-Faraone. ©) Sianticipa Pesito degli avvenimenti di Es 5-15. Dio avvisa Mose che Faraone si opporri, ma nulla sara insormontabile per il disegno divino che si com- piri. Qui Puscita viene presentata sia come «fuga», the come «espulsiones. C7 un gioco di parole: solo dopo che Dio stendera (shalach) la sua «mano forte», il red’Egitto lascer’ partie (shalacb) gli Bbrei (v. 20). La mano nell'antropologia semitica é simbolo di po- tere, di azione, di forza; immagine della «mano for- te» (jad chazagah) ® nota ai lettori ebrei: ¢ la mano 104 Esodo 3.1-4,17 del Potente di Giacobbe (Gn 49,24), che interviene per liberare e ricreare (Is 41,20; 51,9; 52,10), asso- Giata al «braccio reso» (Es 6,6) che «non si raccorcia» (Nm 11,23), cio’ @ invincibile e non viene meno. Questa «mano forte» servira a far sapere chi & Juwit € che soltanto lui ha agito (Sal 89[88],14). Se Most aveva tentato, privatamente velleitatiamente, di ri- solvere un caso isolato di oppressione colpenco 'E~ giziano, qui é Dio ad awvisare che «colpira» Egitto con i prodigi che opereta. Il termine «prodigi> (ni- lao) designa eventi misteriosi, che manifestano la presenza di Dio e, soprattutto in ambito liturgico, ne esaltano la fantasia stupefacente e la fedele’ spiaz~ zante e imprevista (Sal 105{104],23-43; Ne 9,17). d) Come fu detto ad Abramo, si preannuncia che Israele non partira a mani vuote (cf. Gn. 15,14 ed Es 11,2-3 e 12,35-36). L’abbondanza di ricchezze ¢ la spoliazione dell'Egitto appaiono un po’ esagerate (cE. Esd 1,4-6): possono risuonare come il sacchegeio di un vincitore nei confronti di un vinto (Gs 7,21), ma anche come il dovuto risarcimento a uno schiavo che viene affrancato (Dt 15,13-14). In tutta questa anticipazione di eventi, sorprende Ia loro certezza (accadranno sicuramente), ma anche la loro indeterminatezza (quando e come accadran- no?). Solo Dio, infaeti, conosce i momenti e le mo- daliti precise del loro compimento. Tutto I'Esodo sari la storia della sua «mano forte» che si rivelerd in tutta la sua potenza sulle rive del Mare dei Gunchi (Es 14,31). A’) Mos® accreditato dai segni del potere di Juwn (41-9) " Mosé tispose: «Ecco, non mi crederanno, non ascalteran- no li mia voce, ma diranno: Non ti & apparso il Signore!» 2I Signore gli disse: «Che hai in mano?» Rispose: «Un, 105 ‘Muse confiscato da un sogno basconen. ’Riprese: «Gettalo a terral». Lo gettd a terrae il bastone diventd un serpente, davanti al quale Most si mi- se. fuggire. Ml Signore dise a Most: «tend! la mano e prendilo per la codals. Stese la mano, lo prese e diventd di ‘nuovo un bastone nella sua mano. >«Questo perché cre- dano che ti & apparso il Signore, il Dio dei loro padri, il di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». “Il Signore gli disse ancora: «lntroduci la mano nel seno!». Egii si mise in seno la mano e poi la ritird: ecco la sua mano era diventata lebbrosa, bianca come la neve. ’Egli disse: «Rimetti la mano nel senol». Rimise in seno la ma- noe la tird fuori: ecco era tornata come il resto della sua came. *«Dunque se non ti eredono e non ascaltano la voce del primo segno, crederanno alla voce del secondo! "Se nom eredono neppure a quest due sgn enon aicateran- no la tua voce, allora prenderai acqua del Nilo ¢ la verserai sulla terra asciutta: lacqua che avrai presa dal Nilo diven- teri sangue sulla terra asciutta» Qui il vocabolario prevalente diventa quello della credibilita di Mosé, espresso attraverso il verbo cre- dere (aman, nella forma causativa, da cui deriva il nostro «Amen» liturgico), lespressione ascoltare la voce (shama’ ‘et gol). Particolate risalto acquista la «mano» di Mosé. Mosé avanza la sua terza obiezione: come potri provare agli Israeliti Uapparizione di JuWH? Jw ri- sponde con altri tre segni, con i quali conferma Pin- vestitura di Mosé come suo ambasciatore: & lui stesso a darli, senza che Mose li richieda (cf. Ger 1,11.13: Am 7,8); Most dovta furli eparlare». Tuttavia, JHWH = primo, prevede leventuale scetticismo degli Israc- ti (cf. Is 6,9-10; Ez 3), Notiamo che i primi due segni. (09) si realizzano sullistante, con un elemento (bastone, mano) che si trasforma ¢ poi ritorna come primas il terzo segno & al fucuro: si tratta di un «sag- gio» (acqua presa dal Nilo), che verra eseguito se gli Isracliti non crederanno ai segni e non ascolteranno la voce di Mosé. Soffermiamoci su questi tre segni. 106 Esodo 3,1-4,17 3 batons rasformat in serpents, ~ Ml normal ba stone di Mosé diventa il bastone di Dio (Sal 23(22],4)s questo «pastorale» richiama lo «scettro» simbolo di potere delle divinita e dei faraoni d Egitto (il geroglifico egiziano heka indica il «governarer e lo scettro era l’emblema di Osiride). Si trasforma in un. serpente (nachash). NelPimmaginario biblico e i al- tre culture (in particolare quella egiziana), per le sue caratteristiche, il serpente ¢ un animale ambiguo misterioso (Pro 30,19), che evoca venerazione e ri- brezzo. E il simbolo dell’energia sorterranea che crea vita, delle potenze caotiche dl mare (Is 27,1), del ciclo del tempo, della immortalita, della fecondita, della sapienza ¢ del potere oracolare (la stessa radice nachash in ebraico significa «divinazione»; cf. Dt 18,9; Gn 3,1). In Egitto rappresentava il fluido vita le, e incoronava Ia testa del Faraone come simbolo del suo alter ego divino. La fuga di Mosé dinanzi al serpente testimonia il suo timore verso questo ani- male ritenuto soprannaturale; tuttavia, all’ordine di Dio, esperto addomesticatore, supera lo sgomento, estende la mano» (shalach jad) ¢ il sexpente si ritra- sforma in bastone. Questo primo segno dota Mos? della sapienza € potere divino sulle energie nascoste del cosmo ¢ sul tempo pud trasformarli in caos e viceversa. Siffatto potere si riveler’ in cutta la sua forza sbaragliando la sapienza¢ Tenergia del git, chistnao ssxpente ‘mostruoso», quando Mose lo stendera pit volte nella sequenza delle piaghe ¢ in particolare nella «meta- morfosin del Mare dei Giunchi (14,16). mano che diventa lebbrosa. ~ La lebbra (qui da intendere non come il morbo di Hansen, ma come qualsiasi malattia generica della pelle) era una affe- zione ripugnante particolarmente temuta ¢ compor- tava 'emarginazione dalla vita comunitaria (Lv 13, 107 ‘Mose confiscate da un sogno 45). Solo Dio ha il potere di colpire o guarire da que- sto morbo (2Re 5,7), considerato una «morte civile» che sovente puniva peccati di orgoglio ¢ di usurpa- zione (cf. Nm 12,9; 2Cr 26,16-21). Nella Bibbia & un potere che egli concede soltanto a Mosé e a Eliseo (Nm 12,13; 2Re 5). Questo secondo segno investe Mosé del poten vino di trasferire nella morte o reintegrare nella vita uomini, animali e ambiente: appare in tutta la sua evidenza nella sesta piaga, quella delle ulcere pusto- lose (9,8-11). Q Liacqua che si muterd in sangue, ~ Qui il segno & tinviato al futuro, perché andra compiuto in Egitto. Parte di acqua attinta dal Nilo si trasformera in «san- gue», simbolo di morte. Si tratta di un anticipo par- ziale, che prima setviri a convincere gli Istacliti, ma in seguito sara destinato a convincere gli Egiziani, colpendo tutta l'acqua del Nilo ¢ del paese d’Egitto ¢ imbrattando i loro idol (trad. Cei: «recipientiv) di legno e di pietra (7,19-21). Questo terzo segno anticipa che Most viene inve- stito del potere salPacqua e sulla terra, sulla vita sulla morte, sul Nilo stesso, dio e «padre dell Egitto», Il potere di Jr1wu, il Dio «trasformatore» (cf. Sal 114(113],8; Am 5,8; Is 42,15) diventa quello di Mest. Tale investicura suona polemica contro la ma- gia egiziana e va letta come anticipo di cid che acca- dri nella sequenza delle «piaghe». L’Egitto (cf. Is 19,1-15), come Babilonia (cf. Is 47,10-15), ma an- che i popoli di Canaan (cf. Dt 18,9-13) era una delle nazioni pitt rinomate ¢ seducenti per la sua raffinata cultura della magia. Tanto per fare un esempio, era nota la tecnica dei maghi-sacerdoti Egiziani di irrigi- dire i serpenti come bastoni. Come noto, nell’anti- chiti arte magica coincideva con la religione ¢ la medicina e si dividera in «magia bianca» e «magia 108 tsode 3,14, 17 neray; la prima prevedeva tecniche particolari per scongiurare malattie, morte ¢ disastri naturali, men- tre la seconda serviva a provocarli. La Bibbia si dimo- streri molto severa contro la magia, condannandola come abominazione (Dt 18.9) ¢iolatra (cf. Sap 15,28) e mettendo in guardia Isracle dal lasciarsi af- fascinare da tali pratiche. Mosé non é un mago, ma un profeta; De 18,9-13 lo esprimera chiaramente, ponendo in antitesi ogni pratica magica alla figura del profeta, pari a Mose. La voce dei segni prolunga il veicolo della sua voce ¢ il suo potere taumaturgico & dono di Dio, non di alchimie personali. La sequenza delle «piaghe», a partire dal cap. 7, sari la battaglia tra a potenza di Dio e la potenza magica degli Egiziani. BY) Mosé bocca di Dio, Aronne bocca di Mosé (4,10-17) Mos® disse al Signore: «Mio Signore, io non sono un buon parlatore; non lo sono mai stato prima e neppure da quando tu hai cominciato a parlare al cuo servo, ma sono impacciato di bocca e di lingua». "Il Signore gli disse: «Chi ha dato una bocca all’uomo o chi lo rende muto o sordo, veggente o cieco? Non sono forse io, il Si- grow? "Ora val Io sard con la tua bocca ¢ t inser quello che dovrai dire». "" Mose disse: «Perdonami te mio, manda chi vuoi mandare Alloa la oleae Signore si accese contro Most gli disse: «Non v. & forse i tuo fratello Aronne, i levita», Toso che lui sa parlar bene. Anai sta venendoti incontro. Ti vedri e gioira in cuor suo. Tu gli parlerai e metterai sulla sua bocca le parole da dire ¢ io sard con te ¢ con lui mentre parlate e vi suggerird quello che dove fv. "Palen I al popolo per: ak lora egli sari per te come bocca e tu fara per lui (le veci di) Dio. " Terral in mano questo bastone con il quale compi- rai i prodigi». 109 ‘Mose conliscato da un sogno I vocabolatio ci trasporta nel campo della parola, come emerge dalla ricorrenza dei verbi «parlare» (die) e ude (aman, cost come dalla ripeizione del termine «bocea» (pef). Sulle labbra di JuwH ap- pare per la prima volta menzionato il personaggio di Aronne, fratello di Mosé. Nonostante i segni, Mos? avanza la quarta obie- ione; letteralmente dice: «Per cortesia, io non sono un uomo di parole, non lo sono stato, né ieri, né avanti ieri, né adesso che mi parli, pesante di bocca e dilingua sono io». La frase va intesa non come ina- deguatezza morale, bensi come una triplice confes- sione di incompetenza retorica: pur cosciente di esse- re entrato in dialogo con Dio, avverte di non posse- dete le idee e la persuasiviti necessarie per essere un buon comunicatore. L’alibi di Mosé assomiglia a quello di Geremia (Ger 1,4). A questo punto, se po- tesse, si nasconderebbe come Saul tra i bagagli, pur di non apparire in scena (1Sam 10,22). Il Signore confuta questo alibi, riaffermando il suo potere trasformante su ogni organo di comuni- cazione/recezione (cf. Sal 94[93],9; Pro 20,12). «lo sard con la tua bocca e ti insegnerd», é la garanzia che sari il Signore a colmare Ie lacune di Mose, co- me colmeri quelle del titubante Geremia (Ger 1,95 15,19). Il linguaggio di Mosé sara «suggerito» da Dio: per la prima volta nel Pentateuco compare que- sto verbo «insegnare, suggerire» (jarah), da cui deriva Torah vinsegnamento, legge». «lo sono colui che so- no» si rivelera tramite la bocca di Mose. Mosé diven- ta.un profera; per questo pot essere capo ¢ giuidice disraele Nel v. 13 esplode la quinta ¢ ultima obiezione. Questa volta @ Mosé a dare ordini a Dio, non si ma~ schera pitt il senso della frase @ «manda chi vuoi, non mel». Dio stavolta replica arrabbiandosi. Dietro que- sta immagine antropopatica* dell sira/collera» di Dio 0 Exodo 3,14, 17 ’é tutta la sua impazienza e sdegnata preoccupazio- ne nei confronti del male e dell oppressione. Propo- ne Lassistenza di Aronne, un fratello di Mos? di cui ignoravamo l’esistenza. Si sottolinea che clevita», nel senso di appartenente alla tribii di Levi, ma si adombra il ruolo che avri come sacerdote a partite da Es 28. Aronne sari la «bocca» di Mos, il suo por- tavoce: in 7,1 verri chiamato «profeta» (mabi). I ruo- , pero, restano chiaramente distintis Dio «suggeri- sce» soltanto a Most quello che deve dire, mentre suggerisce a tucti ¢ due quel che devono fare, Inoltre, come il testo ebraico afferma in modo inaudito (non sempre rispettato dalle traduzioni), se Aronne diven- teri la «bocca» di Mosé, Most diventeri addiriteura «Dio» (elohim) per lui, come lo diventera per il Fa- raone (7,1). L'incontto sull’Oreb si chiude con il ba- stone di Mosé; non @ pitt quello di un pastore, ma il bastone dei prodigi di Dio. La «madre di tutte le vocazioni» Es 3,1-4,17 presenta analogie e alcune coinciden- ze con altri racconti di vocazione del Primo Testa- mento (cf. Gde 6,11-24; Is 6; Ger 1; Ez 1) ¢ rientra nel genere letterario del racconto di vocazione profe- tica 0 di una missione affidata a un eroe, che sostan- zialmente presenta i seguenti momenti: a) teofania divina; b) vocazione e missione; c) obiezione del chiamato; riconferma da parte di Dio; 4) eventuale segno di convalida; e) accettazione del chiamaco. « Mosé e Geremia: due gemelti ‘Tra i racconti citati, spicca la sorprendente affinita tra la vocazione di Mos¢ e quella di Geremia. Sem- brano quasi due «gemelliv. Nel prospetto seguente raccogliamo le coincidenze pit vistose: mi Max’ confiscate da un sogoo Mosé Geremia a) Papproccio E314 Ger 4 b)il tema della sancita 3,446 1,56 ¢ obiezioni 31410 1,6 d) il mandato 310 17 ©) tio sard con te» 312415 1,8.19 8) laboccar 415 1,9;15,19 2) il rifturo 413 (ff 20.9) hy) il segno 419 LIL-19 ¢ la sua interpretazione Le coincidenze non si fermano qui, ma riappari- ranno nel corso dell’Esodo: si pensi alla delusione di Most in Es 5 e a quella di Geremia nelle Confessioni (Ger 11,18-12,6; 15,10-21; 17,14-18; 20,7-18), op- pure alla corrispondenza tra le tavole della Legge di- strutte e riscritte (Es 32-34) e il rotolo bruciato e poi riscritto (Ger 36). Pid in generale, sia Mosé che Ge- remia non sono semplici messaggeri, ma profeti le- gittimati da Dio, chiamati ad annunciare una Parola che i realizza, malgrado i rifiuti eal rischio della pro- pris incolumiefiseas ambedue sono chiamati a frorteggiare dei monarchi, ambedue sentono il far- dello non cercato di un popolo e di un messaggio che sono stati loro affidati, ambedue in varie circo- stanze vengono salvati da non-israeliti (cf. Ger 38)! Tuttavia, c', fra altre, una differenza significativa: a Mosé Dio chiede di fungere da intercessore (Es 32), mertre a un certo punto lo proibira a Geremia (Ger 7,16; 15,2.11). Anche la morte sembra tragicamente gemellarli: nessuno dei due entreri/rientrer’ nella terre. E quasi indubitabile che la vicenda di Geremia ab- bia ispirato la narrazione della vocazione di Mosés tuttavia, quest’ultima, nel testo canonico «precede» la prima (cosi come tutte le altte...); questo ci per- 12 Esodo 3,1-4,17 mette di cogliere il valore che la Bibbia ha accordato alla vocazione di Mosé. © «In principio...» L’archetipo profetico La vocazione di Most si staglia su tutti gli aleri racconti del genere per il suo carattere unico, fon- dante e paradigmatico. = Anzitutto il racconto della sua vocazione @ il pitt lun- go di tutta la Bibbia. La ceofania* & diversa da altre Cui Jirwet si fa riconoscere subito, o resta in incogni- to, ¢ attira Pattenzione su come il chiamato riconosce Dio. = «Liintento del racconto non @ biografico, ma serve a legittimare il profetay (J.L. Ska); ? la convalida che «egli ha assistito al consiglio (sod) divino» e dice il vero, con tutta Pautorita che deriva da questo imprimatur, come ‘emerge nettamente nell’esperienza di altri profeti come yea (1Re 22,19-23) o Geremia (Ger 1; 23,18-22) ¢ Amos (Am 3,7). L’accumulo delle obiezioni serve ad attestare che la sua missione nasce dalliniziativa divina, non dalle sue fisime o dai su i pattiarchi e dei profeti, Rispetto ai patriarch, Most & un intermediario, non il primo destinatario della rive- lazione; Dio infati si preoccupa prima del popolo, poi assicura «io sard con te» e il mandato precede la pro- messa: inoltre, se ogni patriarca & chiamaco prima di tutto ad agire, Mosé viene chiamato ad annunciare ol- tre che ad agire, Rispetto ai profeti, anziché il racconto in prima persona, qui lo abbiamo alla terza persona, raccontato dal narratore. — Solo Mos’, nessun altro, in tutta la Bibbia «civenterd Dio» (elohim, Es 4,16), cosi come soltanto lui «parla bocca a bocca» ¢ «facia a faccia» con JuwH (Es 33,11; Nm 12,8; Dt 34,10), — Pid decisivamente, la vocazione di Mose riceve il suo suggello da. questa prima «vocazione» di JHWH e dalla yoomlonr dlemcle come popele. Galecimeaclin"Pee 3 ‘Mosé conliscato da un sogno rah, cioé nella sezione pit: importante ¢ normativa di tutto il Primo Testamento, la vocazione di Mosé assur- ge. prototipo di tutte le altre vocazioni che vertanno, ¢ re diventa il criterio di legittimia. Non & un caso che rel libro del Deuteronomio, «ricapitolazione» ¢ «ila cio» della Torah, Most venga presentato come «il pit sgande profeta della storia dlszee (Dt 34,10) e come il paradigma del profeta al quale tutti dovranno asso- migliare,o lo «stampo» su cui dovranno modellarsi (Dt 18,9-22). La voce dell’Oreb resteri disponibile nella scoria d'Israele, ma Mosé resta una figura unica, per TAT oseremo dire iripetibile, perché a ui risale Pauto- rith stessa della Torah, Imattoni del racconto La teoria documentaria classica considera il nostro testo come Jehovista, cio? come un intatsio di reda- ziori Jahvista (vv. 1°5.16-20) ed Elohista (wv. 6-9- 15), giungendo perd a ipotizzare inserzioni di un re- dattore deuteronomista. Ma l’identificazione dei «mattoniy in base al nome di Dio usato (J = Jeni); (E= Elohim) non regge pit, perché, ad esempio, il 2 li alterna senza problemi e nei wy. 14-15, ateribui aE, abbiamo la rivelazione del nome Juuwnit Oggi diventa innegabile e «pesante» la mano di una revisione di stile deuteronomista: lo si nota dalla frascologia (ad es., il nome Oreb, l'espressione «un paese bello e spazioso», «ascoltare la voce») e dal fatto che chi ha scritto la vocazione di Mosé, conosceva bene quella di Geremia, Non mancano perd espres- sioni tipiche di testi post-esilici, cosi come emerge la tensione tra sacerdozio (Aronne) e gli «anziani», che ci spore ai conflitti della prima generazione dopo Vesilio, tra aristocrazia sacerdotale ¢ i proprietari ter- rieti di Giuda di cui gli anziani erano esponenti. Il testo cerca di comporre il dissidio e di ritagliare un posto al sole anche'a questi ultimi rispetto alle prero- 14 Esodo 3,14, 17 gative dei sacerdoti. La menzione del «bottino» egi- iano, pud rievocare il benessere dei rimpatriati dal- Vesilio (cf. Esd 1,45 Zac 6,9) rispetto alla miseria eco- nomica di chi era restato nel paese (Ne 5). Senza im- pelagarci in questioni che qui rischiano di sviarci allo scopo e dal taglio di questo commento, possia- mo dire che il nostro un racconto che riserive € reinterpreta tradizioni antiche, come ad eserapio Es 3,1-6 (pre-esilico?),e le fonde con altro materiale pit tardivo, approdando nella sua forma finale a un testo unitario che & possibile attribuire a una maro post- sacerdotale, attenta alle istanze della propria epoca. Spunti per la riflessione Mose prefigurazione d'lsraele Anche in questo testo Mose prefigura gl: eventi faturi d'Israele, come hanno ben intuito i Pedri e la tradizione giudaica, Da pastore per conto di Ietro, diventera pastore per conto di Dio, che «ha fatto uscite dal Nilo il pastore del suo gregge» (Is 63,11); sortratto alle greggi come il pastore David per diven- tare capo del popolo (2Sam 7,8), rapito al bestiame come il pastore Amos per diventare profeta (Am 7,14-15). Per primo, attraversando il deserto, incon- tra Dio all’Oreb, quella stessa montagna dove con- durri nel deserto Israele a contemplate la gloria di Dio (Es 19-24), La visione dell’angelo del Signore & solo un anticipo dell'angelo che proteggera git Israe- liti nell'uscita dall’Egitro © nel cammino del deserto (Es 14,19; 23,23), cosi come il fuoco del roveto anti- cipa la colonna di fuoco che guida gli Israclit: nell’c- sodo e il Fuoco della gloria del Signore sul Sinai (Es 13,22; 19,18). La sua investitura con il bastone di Dio comporta un potere sul cosmo che si riveler tutta a sua potenza nella sequenza delle piaghe e nel 115 ‘Mos conliscato da un sogno passaggio del mare, Egli riceve i suggerimenti di Dio ¢ la compagnia di Aronne, quegli stessi «insegna- menti» che in particolare si tradurranno nelle cavole di pietra dell Alleanza e della Legge, nell’istituzione del culto e del sacerdozio (Es 25-31; 35-40). © La firma di Jew. “Faro conoscere il mio nome santo» (Ez 39,7) La rivelazione del nome di JHWH é una vera e pro- «firma in bianco», un totale coinvolgimento a fondo perduto. Dopo la tragica esperienza dell’eslio, che ha smentito ogni merito e illusione di aucosuffi- cienza, Israele se ne ricorder’ e vi si aggrapper’ come unica certezza e speranza, come appare in diversi sal- mi: «Non a noi, Signore, non a noi, ma al tuo nome da’ gloria» (Sal 113{112],1); «noi siamo forti nel no- me del Signore» (Sal 20[19],7). Questa speranza tal- volta sconfina in un sottile ¢ ingenuo «ticatto», come se lcliminazione del nome d'lsracle significasse la smentita ¢ Poblio dello stesso Dio (Sal 88[87], 1 1- 13): tutto cid nasce dal fatto che anche nei momenti pit bui, laddove gli Israeliti hanno disonorato il suo nome santo, JHWH ha continuato ad amarli ¢ sce- glietli «per amore del suo nome» (Ez 36,20-22). Nel corso del libro dell’Esodo, infatti, il nome di JHWH si arricchiri di altri «titoli», 0 se vogliamo di ulteriori esplicitazioni e armoniche: egli il «Riscac- tatorer lo «Sposo» (cf. Es 6), egl si rvela il sovrano del cosmo ¢ della vita (Es 7-14); nel passaggio del mare, si dimostra il Salvatore» (Es 14-13) il ake (Es 15,18), rivelando la sua unicita e incomparabilita come Dio vittorioso ¢ trionfatore (Es 15,11; 18,11). Nel cammino verso il Sinai, apparira come «Medico» (Es 15,17), come «Saziatore» (Es 16), come «in mez- 20 al suo popolo» (Es 17,7), come «Vessillo» vincen- te (Es 17,15); nel dono della Legge si rivela un Dio 116 Esodo 3,1-4,17 legislatore e «geloso», fino ad arrivare al vertice di Es 34,6-7 dove rivela il suo cuore: JuwH, JuwH, Dio misericordioso ¢ pietoso, lento all’ira¢ ricco di grazia edi fedelta Nel NT, la teofania diventa cristofania; Juwn consegna il suo stesso nome a Gesti, il Messia ¢ gnore (Fil 2,10-11). Ges viene presentato con gli stessi titoli del Dio dell’Esodo: nella sequenza dei prodigi, Marco lo dipinge come il «Medico» ¢ il «S: ziatores e nel cammino verso la Passione come «olui venuto per dare la propria vita come riscatto per la liberazione di uomini»; Matteo lo presenta come il «Dio con noi», !Emmanuele; Luca lo chiama il «Sal- vatore»; nel Vangelo di Giovanni egli si rivela come Plo sono» e il suo vessillo é la croce; nella sua solida- rieta e discesa verso tutti gli emarginati dalla vita dalla religione, Gesu rivela fe eviseete di misericord del Padre». Questa rivelazione, perd, non resta pitt solo una prerogativa d'Israele, ma di chiunque crede ¢ aderisce al suo «Nome/Persona», unico che per- mette di accedere alla salvezza (At 4,12). © Unvaulentica teologia di liberazione Nel nostro testo JHWH appare come un Dio ap- passionato di giustizia, profondamente coinvolto nell’oppressione del suo popolo: la frustrazione d’I- sraele diventa la sua. Egli é la vera risposta alla quere- la degli Istacliti, egli compiri cid che Mosé, vana- mente, ha cercato di risolvere da solo con un atto proditorio di violenza. Il progetto di liberazione divi- no passer’ proprio attraverso la mediazione di un Mosé trasformato, maturato nel tirocinio del deserto ¢ dell’ascolto della Parola, Mos? potra farlo, perché ha incontrato Dio e ha assistito al suo «cons glio di- vino». Questo lo tutela da ogni strumentalizzazione del progetto ¢ del potere che riceve da Dio; questo evita anche a coloro che sono oppressi di diventare a 17 Mosé confiscato da un sogno loro volta un giorno oppressori e di ripiombare nella stessa logica e prassi di chili ha schiacciaci. Ogni pro- getto di liberazione che si secolarizza, sopprimendo fe radici del? incontro con Dio, & destinato all atrofia o addiritcura al rinnegamento delle sue istanze pitt autentiche, # «Come gli occhi det servi alla mano dei loro padroni» (Sal 123{122},2) La vocazione ¢ la missione di Mos? sgorgano da occai buttati negli occhi. Ogni vocazione nasce da uno «sguardo», che nella menealita biblica é sinoni mo di «celta», di amore: si tratta di uno sguardo che ud essere accolto e fatto proprio, ma pud essere an- che eluso o rifiutato. David (1Sam 16,7), Maria (Le 1,48) hanno accolto questo sguardo che ha scelto la loro umilta, cost come hanno fatto i primi disc (Me 1.16.19) ssorpresi nella quocidianits del loro mestiere; non cosi il ricco, imbarazzato ¢ rattristato per lo sguardo amante ed esigente di Gest (Mc 10, 17-22). Pietto, il traditore, & stato salvato da questo sguardo (Le 22,61). Ora, questo sguardo non resta una proprieta privata; chi é stato guardato, dovra a sua volta guardare e far guardare; come Most con gli Israelict (Es 24,17), come Filippo con Natanaele (Gv 1,46) ‘* Gn tesoro in un vaso di creta (2Cor 4,7) Mose viene interpellato da Jitwit in una situazione che lo vede ripudiaro come ebreo, fuggiasco e degra- dato come egiziano, tranquillo e integrato come ma- dianita. Nei primi due casi, @ stato un giocatore d’az- zardo che ha perso tutto. Dio sceglie questa debolez~ za per manifestare la sua potenza, scommette paredossalmente sui meno quotati e i meno dotati agli occhi del mondo, come ricorda chi ha fatto della sua Damasco il proprio Oreb infuocato: «Dio ha 118 sod 3, 1-4, 17 scelto cid che'nel mondo é stolto... cid che nel mon- doé debole... cid che nel mondo é ignobile e disprez- zato, ¢ cid che é nulla, perché nessuno possa vantarsi davanti a Dio» (1Cor 1,26-29). Dio & capace di «convertire» energie nascoste e di- sordinate come quelle di Saulo o di Ignazio di Loyo- la, di trasfigurare doti ¢ competenze «umanes, come nel caso degli apostoli trasformati da «pescatorin in «pescatori di uomini» (Le 5,9-11), di rimotivare e ri- dre ala persone che hanno ammainato le vele 0 sono «scoppiate» (Is 40,31), di infondere la forza di un bufalo (Sal 92{91],11) a chi & pavido, vigliacco 0 ha tradito, come a Pietro, o al personaggio di Bianca, nel Dialogo delle Carmelitane di Bernanos. «Nulla & impossbile « Dio» (Ger 32.27). Mosé, come Geremia, confessa la propria inade- wuatezza nel parlare, nel saper convincere; in fondo Franno paura di se stesi e di un Dio imprevedibile. Questi due «gemellin troveranno la forza della loro eloquenza nel suggerimento di Dio, proprio come i primi cristiani perseguitati: «Sarete trascinati davanti a re e governatori, a causa del mio nome... mettetevi dunque in mente di non preparare prima lz vostra difesa; io vi dard parola e sapienza, cosicché i vostti avversari non potranno resistere né controbattere» (Le 21,12-15). «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voiv (Gv 15,16) Mosé non si sceglie, ma ¢ Dio che lo sceglie: non chiede segni come Gedeone, ma & Dio stesso a dar- glieli. Mosé ne farcbbe volentieri a meno, ma alla fi- ne é «catturato» come Paolo (Fil 3,12), «sedorto» co- me il riluttante Geremia (Ger 20,7); oltre le sue titu- banze ¢ insinuazioni, Dio risveglia il fuoco della sua passione per la giustizia c lo trasforma in un vulcano 19 ‘Mosé confiscato da un segno (Ger 20,7-9). Dietro ogni apparente scelta persona- Ie, im realt’ Cé gia una scelta di Dio (cf. Gv 1,38 ¢ Gy 15,16). Ogni vocazione & la scoperta di essere persone eprecedute» dallamore. ATTUALIZZAZIONE Come lavoro di gruppo, potrebbero essere utili un approfondimento e un confronto tra i vari racconti i vocazione nel Primo e nel Secondo Testamento: ogni partecipante pud sceglierne uno, annotare le ptoptie osservazioni, per poi condividerle con gli al- tri in una sinfonia finale. Uno dei rischi da evitare @ quello di leggere questa pagina della chiamata di Most come riservata 0 ap- plicabile unicamente a chi vive una vocazione reli- giosa 0 consacrata. Proprio perché fondativa, ¢ il pa- radigma di ogni vocazione e di ogni incontro con il Signore (cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 2575-2577). Qui mi limito a sottolineate alcuni de- gliaspetti emer a) Ogni vocazione nasce dalla vocazione di Dio. E un acconsentire, un dire un si che risponde (= re- sponsabilita) al si primigenio ¢ fondante di Dio, nel rischio ¢ nell'avventura della liberta. La verifica di queste radici divine attesta Ponesti della risposta ¢ vaccina da ogni coonestazione (non di rado capita di timbrare come volont’ di Dio le nostre proiezioni ¢ ambizioni b) Ogni vocazione non é mai fine a se stessa, ma in vista di una missione per altri, in vista di una me- diazione: in questo, adottando categorie bibliche, & intrinsecamente «profetica» ¢ wsacerdotaler, nel senso che riceve il dono e il compito di fare da tramite tra sli uomini e Dio e tra Dio e gli uomini (cf. Eb 5,1). 120 Exodo 3,14, 17 ©) Il primo passo di ogni vocazione & entrare in comunione con Dio. Soltanto respirando questa in- timit’, la vocazione diventa una autentica missione. Questo vale per Mose, ma anche per i primi discepo- li: Gest chiama i Dodici «perch stessero con lui ¢ per mandarli a predicarey (Mc 3,14). La comunione precede la missione e la nutre; come dice un vecchio adagio, «nessuno da cid che non ha». d) Ogni vocazione & lasciarsi amare da Dio per quel che si & cosi come significa amare se stessi, sen- za vivere di confronti, svendendo o non riconoscen- do la propria unicita. Dal punto di vista «psicologi- co» @ interessante come Dio conduca pian piano Mosé a vincere le proprie insicurezze, ad autoaccet- tarsi ea macurare una stima di sé in modo realistico, a integrare il negativo di un passato di debolezze, di cerrori ¢ di abbandoni: «quando si acconsente ai pro- pti limit, di intelligenza, di fede, di capaciti, ma an- che ai propri doni, allora nascono creazioni forti» (R. Schutz). Tutto cid non in base a un’autoillusione, ma grazie a una compagnia, a una presenza. Ela sco- perta di Paolo dinanzi al groviglio delle sue fragil «Ti basta la mia grazia» (2Cor 12,9). ©) Ogni vocazione é affidamento e scommessa sul futuro, con Punica certezza della bussola di una Pa- rola. Come a Mosé, anche ai primi discepoli viene detto: «Venite e vedreten, cosi come il nome stesso di Dio @ «lo sard quel che sar». La tentazione & quella di voler vedere prima, poi casomai mectersi in cammino, perché una fede nomade fa paura. Ma & proprio «strada facendo», che si impara la propria vo- cazione e s'impara il cuore di Dio Concludendo, ogni vocazione @ scoperta di un «sopra», di un «accanto» di un «dentro» (J.C, Bar- reat). Alla luce del Nuovo Testamento, la dimen- sione profondamente trinitaria della vita cristiana. E 121 Mest cunliscuts chr un segine la docilita e il rispetto della creatura verso un Padre, Signore della storia e della vita; 2 la solidariera del figlio, chiamaco a essere fratello accanto ad altri fra- tellis @ Pinteriorita di chi sa ascoltare nel cuore e far sgorgare dalla propria bocca i esuggerimenti» dello Spirito: togliendo i sandali, rinunciando a gestire i propri programmi e guardando le cose dal punto di vista di Dio. 122 DA MADIAN IN EGITTO. L’AGGUATO DI JHWH Esodo 4,18-31 LetTura Anche qui presupponiamo una lettura prelimina- re del testo, su cui ritorneremo in dettaglio nell inter- pretazione. Questa seconda sezione presenta la seguente strut tura articolata in tre parti: l'incontro con letro ¢ la partenza (vv. 18-23), un'aggressione misteriosa di Juwu durante il viaggio (vv. 24-26), Pincontro di Mosé con Aronne € con il popolo (vy. 27-31). La structura é la seguente: 8) Congedo da Ietro e partenza (v. 18). b) Ordine di Dio a Mosé, esecuzione, Dio informa Mose (vv. 19-23). ©) Laggressione misteriosa (vw. 24-26). b’) Ordine di Dio ad Aronne, esecuzione. Most in- forma Aronne (wv. 27-28). 2’) Arrivo € incontro con gli anziani. Il popolo informato della visita di Jnwnt (vy. 29-31). Narrativamente abbiamo un susseguitsi di brevi scene, tra cui spicca al centro episodio alquanto enigmatico dell aggressione di Mose da pte Jui estremamente importante risulta il progran 123 Do Madian in Egito. Lagguato al JHwes ma divino nei vv. 21-23, con cui Most e i lettori vengono anticipatamente informati sugli eventi che seguiranno, Il vocabolario @ quello del binomio «ritorno» (tus) e «partenza (Balak), ra rtroviamo tiannods. Li quello della credibili, della missione, della parola e della visione di Es 3,1- 4,17. INTERPRETAZIONE Il congedo da letro o Pordine di Dio? (vv. 18-19) "Mos? parti, torné da letro suo suocero ¢ gli disse: «La- scia che io parta e torni dai miei fratelli che sono in Egit- to, per vedere se sono ancora vivin. Ietro disse 2 Most «Va' pure in pace'». "Il Signore disse a Mosé in Madian: < Va’ toma in Egito,perché sono mor quant isiiava no la cua vita», Finalmente, dopo tanto indugiare, Mos? parte, eseguendo i tre «va’» di Dio. Ritorna da Ietro, ma stranamente si tiene il segreto della missione ricevuta (come Saul in 1Sam 10,16). Con Ietro non é certo di una confidenza loquace; questa reticenza serve a evideniare chi sono i veri destinatari della parola di Mosé: Aronne e il popolo; a letto racconter’ i fatti solo dopo che si sono realizzati (Es 18,8). Apparen- temente decide di partite con il consenso di suo suo- cero, ma in realt’ parte su ordine e decisione di Dio (v. 19). L'informazione divina della morte di quan attentavano alla vita di Most (lett. «di quanti cerca- vano la vita», biggesh ‘et nefesh), pulisce in fondo la sua fedina penale ¢ lo prepara agli eventi, Ora il Mo- $2 che vuoke recuperare le sue rade, in nome di una solidariet4 con i suoi fratelli, € un Mose diverso, con una missione e una compagnia: quella di Dio. 124 Exodo 4,183) Il programma di Dio (wv. 20-23) *Mosé prese la moglie e i figli, li fece salire sull'asino © torné nel paese d’Egitto. Most prese in mano anche il heel a1 Seca dies Meats meant ber ti per tornare in Egitto, sappi che tu compirai alla pre- senza del faraone tutti i prodigi che ti ho messi ir mano; ma io indurird il suo cuore ed egli non lascerd partir il mio popolo. “Allora tu dirai al faraone: Dice il Signore: Isace€ il mio filo primogenito.*To ti ayevo deto lascia partire il mio figlio perché mi serval Ma t. hai ri- fiutato di lasciarlo partire. Ecco io faccio morire il tuo io primogenitol Oltre al vocabolatio del ritorno-partenza, riappa- re il verbo-chiave «mandare, lasciar partire» (shalach), che nella sua forma intensiva significa vaffrancare, li berare», nonche il tema-chiave del figlio/primogeni- 10 G volte). Il. 20 & una sorta di «titolo» riassuntivo del viag- gio dirtomo, da cui perro sappinmo che, rel fat tempo, Mos? aveva avuto alti figl oltre a Ghersom. Parte con la moglie e con loro, ma soprattutto con il bastone di Dio. Nei wy. 21-23, Juwi anticipa a Mose il program- ma di quanto accadri, cosi come le difficolti della missione. Nel suo ruolo di confidence intimo di Dio, come Abramo (Gn 18,17-18), Mosé appare suo pro- feta e mediatore, chiamato a pronunciare un oracolo («ost dice Jurwet», v. 22). JiiwH si rivela il regista che prevede e integra 'opposizione negativa del Faraone hel suo piano i salverea, Questo sommari proletico prevede tre elementi: a) i «xegnin; b) Pindurimento del cuore di Faraone; c) Israele figlio primogenito di Dios sono le chiavi del racconto che seguir’. © I wsegniv, ~ Va notato che Mose per primo dove’ wedere» (ra‘ah, v. 21, Bibbia Cei: «sappiv) i prodigi che Dio ha posto nelle sue mani, come se, oltre al 125 Do Madian in Egito. Vagguato al Juve Faraone, egli stesso debba sperimentare per primo la potenza di Dio. Il termine «prodigion (mofet) indica tun segno da interpretare per impararne la lezione (cf. Fx 12,6; 24,24, dove serve a sapere chi é Dio ¢ il suo progetto). Lindurimento del cuore di Faraone, ~ Dio anticipa che «indurira il cuore» (chazag lev) del Faraone. Il «cuore» (lev) nell’antropologia biblica é la sede della razionalita, dei pensieri, delle decisioni: corrisponde alla nostra mente, Nel testo ebraico dell’Esodo que- sto «indurire il cuore» viene espresso con altri sinoni- mi come «itrigidire, sclerotizzare il cuore» (qashah ca), «appesantire il cuore» (kavad lev); il senso & quello di una ostinazione, di una caparbieta, di una impermeabilit’ dinanzi alle parole c ai fatti (cf. 7, 22). Al jonimi sono «indurire la nuca» (2Re 17, 14), «indurire Porecchio» (Zc 7,12), «indurire la fac- cia» (Ger 5,3) che equivalgono a non accertare umil- mente i propri limiti, a rifiutare di comprendere una correzione ¢ ad agire da stupidi: pit: semplicemente, non c'é pit sordo di chi non vuole ascoleare. Ora, il fatto che sia proprio Dio a indurire il cuore de! Faraone, a renderlo cosi testardo e ostinato, urta € sconcerta la nostra sensibilita, perché il Faraone ci appare un burattino incolpevole, manovrato dai fil di un Dio puparo che, sadicamente 0 pet motivi di scena, ha bisogno di un «cattivo» nella sua tragedias a questo punto, fa liberti umana sembra svanire ¢ cut- to suona come predestinazione fatale, come condan- na gratuita e anticipata (Io stesso discorso vale per Giuda, «il tradicore»), Se leggiamo i capp. 7-14, noteremo che ricorrono tre modi differenti per esprimere I'«indurimento del cuore» del Faraone ¢ talvolta dei suoi ministri e degli Egiziani. 126 Esodo 4,831 Dio indurisce i’ cuore del Faraone: 4,215 9,125 10,20.275 11,10; 14,4.8.17 (ohazag leo) 7,3 (qashah lev) 10,1 (kaved lev) Il Faraone indutisce il proprio cuore: 8,11.28; 9,7 (kaved lev) 13,15 (gashab) I cuore del Faraone sindurisce: 7,145 9,7 (kaved lev) 7513.22; 8,153 9,35 (chizag lev) Si tratta della medesima realt’, espressa da un du- plice punto di vista, teologico (= Dio inducisce il cuore) e antropologico (= Faraone indurisce il cuo- re). Privilegiando il punto di vista teologico, il narra- tore vuol dirci che il Faraone non é sullo stesso piano di Dio; resta una creatura, mentre Dio é il sovrano della storia. Il Faraone resta libero di contrastare Dio, ma la sua opposizione, alla fine, non pud bloc~ care il piano di Dio che risulta vittorioso. Dio nella sua onnipotenza prevede, cio? integra questa sua ri- bellione negativa nel suo piano di salvezza (come in Gn 50,20). Ecco allora perché «rifiutare Dio» equi- vale a «Dio che rifiuta» (cf. Rm 1,18-32). B un modo di dire che Dio, rispettando la liberta delle creature, detiene il conerollo delle vicende umane e nulla pud impedirgli di attuare il suo disegno d'amore. Con un gioco di parole, Pindurimento (kaved) serviri a di- mostrare la sua gloria (kaved). Come vedremo, la li- bera scelta di Faraone degenerera in un suicidio: «Un uuomo che apparecchia mali a un altro li appazecchia a se stesso» (Esiodo). Il presentare questa libera scelta dal punto di vista teologico serve a non liquidare in modo banale Paspetto misterioso ¢ incomprensibile delle opzioni umane per la stupidici e il male. 127 Do Median in Egito. Uagguate al evs © Leraele primagenito, ~ A Most viene dato il compi- to profetico di instaurare una vertenza in nome di Dio; come abbiamo gii anticipato nel cap. III, dal giudizio trilaterale di Es 2,23-25, in cui Dio appare come giudice, al di sopra di Israele (querelante) ed Egitto (querelato), qui si passa alla controversia bila- terale, in cui JHWH stesso si presenta come parte lesa ¢ interpella il colpevole, tramite il suo inviato. La for- mula é wse tu rifluti.. sarai punito». La gravita di {questa accusa e conseguente punizione va sempre ca- pita sullo sfondo del diritto familiare israeita. Isracle, per la prima volta nel Pentateuco, viene chiamata da Dio stesso «mio figlio primogenito» (beni bekor). E la primizia del suo raccolto, il primo figlio tra le nazioni (Ger 31,7). Israele non'é Fealio di nessuno, ma ha Juwu come padre e da questi riceve nome (il nostro cognome), nutrimento, educazione. In quanto pri- mogenito (Os 11,1; Ger 31,9) Israele ha dititto alle redita paterna (2Sam 19,44) ¢ gode di un affetto svi- scerato: & il «cocco» di Dio (Ger 31,20). Proprio per questa «familiarit’ generatrice-creatrice» (Is 44,24), Jui interviene a reclamate i diritti di Israele, che sono i suoi diritti, Ora, tale controversia bilaterale mira ptimariamente a recuperare un rapporto incri- nnato. Tuttavia, Dio gid prevede il rifiuto del Faraone. Seiil Faraone non ascolteri e non affranchera il figlio primogenito di uw, Jurwet colpir il figlio primoge- nito del Faraone (cf. Ger 50,33). Pur sconcertante, questa applicazione della «legge de! taglione» esprime radicalmence tutta la solidarieta paterna di JHWH con il suo popolo. Una solidarieta familiare che, come vedremo, nel corso del libro del- PEsodo si arricchisce di altti connotati: in Es 6,6 Jit agira come «redentoren (Go'el)*, ovvero come il eparente pid prossimo» che, per dititto, deve ga- rantire e restituire la liberta a suo figlio e impedirne Palienazione. 128 tsodo 4,831 L’aggressione misteriosa (vv. 24-26) ™ Mente si trovava in viaggio, nel luogo dove pernottava, il Signore gli venne contro e cercd di farlo morire. * Allora Zippora prese una selce tagliente, recise il prepuzio del fi- glio e con quello gli toccd i piedi e disse: «Tu sei per me uno sposo di sangue». *Allora si ritird da lui. Essa aveva detto sposo di sangue a causa della circoncisione. Questo cammeo di notte e di sangue non ha nulla da invidiare alla penna di Shakespeare e, da sempre, ¢ tra i pid oscuri ed enigmatic del Primo Testamento. Il testo insiste sulla circoncisione e su un’espressione che letteralmente suona «sposo di sangui» (chatan damin). La versione del Tw risulta ambigua sui soggetti ¢ oggetti delle azioni ed & diversa da quella det Lxx e delle altre versioni antiche, che attenuiano il ruolo di- retto di Dio nell’aggressione ed evidenziano il valore espiatorio della circoncisione. Nel TM gli unici personaggi espressamente identi- ficati sono JHWwH e Zippora: i profili degli altri (Mose e il figlio) restano confusi dalla notte. Chi @ in viag- gio, anche se non viene mai nominato, & presumibil- mente Mosé. Chiaramente & Dio che lo aggredisce e cerca di farlo morire. Non é chiaro a chi Zippora toc- ca i piedi e a chi dice «sposo di sangue»: probabil- mente a Mose. Questo epiteto & collegato alla circon- cisione. Llettore resta perplesso: perché Jriwit cerca di far morire Most, ora che ha deciso di accettare la mis- sione e di partire, dopo ben cinque obiezioni per non impegnarsi? JHwH & un Dio sadico, che si diver- te a create il giocattolo, per poi romperlo capriccio- samente? Qual é il senso def rito compiuto da Zip- pora? E perché questo episodio a questo punto del racconto? ‘Tentiamo prudentemente una spicgazione. Indi- scutbilment’ il gesto di Zipporaallontana la minac- 129 De Madian in Egito. Lagguato di Juve a di morte da Mosé; come nel caso della figlia del Faraone, per la seconda volta ¢ una donna straniera, tuna madianita, a salvare Mosé. Lo salva grazie a una circoncisione: si tratta di una operazione normal- mente riservata al padre, ma solo lei pud farlo perché Most @ in pericolo di morte (cf. 2Mac 6,10). Sembra trattarsi di una citconcisione vicaria: con una selce tagliente recide il prepuzio del figlio e con esso tocea piediy (eufemismo per i genitali) di Mosé. Alquan- to enigmatica resta la sua dichiarazione «tu sei per me uno sposo di sangui» riperuta ben due volte, da leie dal narratore, collegara esplicitamente da que- st'ultimo alla circoncisione. Per noi resta oscura: qualcuno ha pensato a una (antica?) espressione tipi- ca della circoncisione premaritale inserita nel restos qualcun altro, in base al plurale «sangui» che normal- mente designa un assassinio, pensa che Zippora abbia espiato 'omicidio dell’ Egiziano che ancora gravava su Mosé. Quel che possiamo dire & che ora sembra suonare come una constatazione di aver riac- quistato suo marito grazie al sangue della circoncisio- ne, offrendo un «prezzo nuziale» che stavolta é di vita (adifferenza di Davide in 1Sam 18,27). Vi sono alcuni testi che possano aiutarci a far hice su questo episodio, tutti relativi alla ctconcisione. In Gn 17 la circoncisione di Abramo e della sua fami- gl il segno dellalleanza con il Signore. In Gn 34 la circoncisione é ill contrassegno dei figli di Giacob- be: circoncidersi significa diventare uno di loro (Gn 34,15). In Es 12,44-49 la circoncisione verra impo- sta come condizione per mangiare la Pasqua, da cui ¢ escluso ogni «straniero» (gher). In Gs 5,2-9, Giosué fa circoncidere una nuova generazione e il Signore commenta: «Oggi ho allontanato da voi l’infamia €'Egitto», il disonore cioé di un passato fatto di schiaviti, di peregrinazione errante e di sospetti con- to Dio durante il viaggio nel deserto. 130 Esodo 4,631 Ora, non ci risulta che Most fosse stato circonci- so, né che avesse citconciso i propri figli. Anch’egli proviene da un passato macchiato di sangue, di vita cerrabonda, finanche di dubbi; «infamia» @anche una situazione in cui si vestranco per i propri Fratelli, un forestiero per i figli della propria madre» (Sal 681671, 9). Il gesto di Zippora lo libera definitivamente dal suo passaco egiziano; la madre lo aveva pertorito ebreo, la figlia del Faraone ne aveva fatto un egizi no, Zippora lo aveva reso madianita; ora questa spo- sa, diventa una «terza madre» (Mose il figlio si con- fondono...) ¢ lo rende finalmente «istaelita», cosi co- me anch’essa lo diviene; cambia l'impostazione delle relazioni familiari; da figlia di suo padre, suocero (choten) di Mose, diventa moglie di un matito (cha- tar). Viene reciso un duplice cordone ombelicale: ta- le recisione pud avvenire solo nel sangue. Se un incirconciso era considerato «impuro» ed «estraneo» (Is 52,2), la circoncisione é il segno nella came viva della nuova identi israelita di Mast, del suo essere «tiservato» a Dio, che lo connette ai di- scendenti di Abramo ¢ alPalleanza. Mos non & pitt straniero, ¢ uno di loro Un'ulteriore luce pud derivare dal fatto che il per- sonaggio di Mosé prefigura quelli che saranno i mo- menti salienti delPesperienza d’Israele. Nei versetti precedent si é parlato del «figlion primogenito di Dio (= Israele) e del figlio primogenito di Faraone; il gesto di toccare» (naga’, lo stesso verbo di Zippo- ra), ritornera in Es 12,22, quando gli Israeliti do- vranno «toccare» (trad, Cei: «spruzzare») con l'issopo intriso di sangue Varchitrave e gli stipiti delle porte per impedire allo Sterminatore di entrare, in un con- exo che vede la morte del primogeniti epiianie la preservazione di quelli israeliti. In tal senso, Mosé vi- ve anticipatamente nella propria pelle e con la sua famiglia, quello che avverra nella notte tremenda e 131 Do Madian in Egito. Lagguato ci JH meravigliosa di Pasqua, dove un altro «segno» di san- gue marchers i confini tra la vita e la morte: pertan- to, episodio traguarda la decima ¢ ultima piaga, nonche il riscatto dei primogeniti. Oltre a cid cgh ¢ in fondo la eprimiziay di eutti quegli stranieri ¢ apo- lidi che vorranno far parte dei figlid’Isracle. Resta ancora il mistero dellageressione di Jurwnt, che si presenta sotto i tratti oscuri, quasi «demonia- ci», dell’Avversario. Qui Mosé sembra rivivere Tag- gressione divina subita da Giacobbe in Gn 32,23- 31, un episodio che presenta diverse analogie sor- prendenti con il nostro: = sia Giacobbe che Mosé sono sulla via del ritorno; en- trambi dovranno affrontare avversari come Esaii ¢ Fa raone. — Entrambi lottano di norte con un violento aggressore che alla fine (per Giacobbe e il lettore) o sin dall’inizio (peril lettore e Mosé) si rivela Dio. ~ Entrambi vengono «toccatiy nella sfera della fecondici. Giacobbe viene toccato nel femore da Dio, Mosé viene toceato nei «piediv da Zippora. ~ Entrambi ricevono una nuova identit’s Giacobbe rice- ve il nome di Israele, Mosé viene chiamato «sposo di sangue». Per Giacobbe l’incontro é ebenedizione», per Mosé vita e wsantificazione>. — Entrambi, escono vivi dal confronto ¢ da questo esito dipende limpresa successiva; dopo questo tremendo contatto con Dio, non hanno pitt paura di misurarsi con awersari umani; pur consci della loro debolezza, Tincontro/scontro corrobora la consapevolezza di avete Dio dalla loro parte (A. Fanuli). — Entrambi dopo l'aggressione incontrano il rispettivo fratello: Giacobbe sbbraccia e bacia Esai, Mose ab- braccia e bacia Aronne. ~ I due incontri vengono consegnati alla memoria di sempre, ¢ collegati nel caso di Giacobbe a un luogo (Penuel) ¢ a una prescrizione alimentare, mentre nel aso di Most a un ito (la circoncisione), 132 Esodo 4,18 Lincontro con Aronne (vv. 27-28) "Il Signore disse ad Aronne: eVa’ incontro a Mosé nel desertol». And® ¢ lo incontré al monte di Dio lo bacid, *Mosé rifeti ad Aronne tutte le parole con le quali il Si- gnore lo aveva inviato e cutti i segni con i quali 'aveva accreditato, Dopo lincontro/scontro con Dio (pagash, v. 24), ecco lincontro (pagash, v. 27) di Most con Aronne. Curiosamente, su sollecitazione di JHw1 allo stesso Aronne, esso accade prima di quello ordinato con gli anziani in 3,16: tale incontro avviene significati- vamente nel deserto, al «monte di Dio» a sottolineare che profezia e futuro sacerdozio, pur gerarchicamen- te distinti, hanno il medesimo ed eminente marchio boc. Diversamente dalla reticenza avuta con letro, Mo- sé condivide con Aronne «tutte le parole» ¢ «tutti i segni» della sua investicura: come nella condivisione tra Maria ed Elisabetta, il primato va alle azioni di Dio (cf. Le 1,39-56). ‘Mosé e Aronne incontrano gli anziani e il popolo (wv. 29-31) eS Most e Aronne andarono ¢ adunarono tutti gli anziani degli Israeliti. Aronne parld al popolo, riferendo tutte le parole che il Signore aveva dette a Mosé, e compi i segni davanti agli occhi del popolo. *"Allora il popolo eredert, Essi inter che il Signore avevavisitato gi loa che aveva vist la loro afflizione; si inginocchiarono ¢ si pro- strarono. Visione, missione, parola e credibilita si ricon- giungono. La scena si svolge indubbiamente in Egit- (0. Mosé ¢ Aronne, a distanza di pochissimo tempo, sono ormai una classica coppia di messager: verera~ nis dapprima radunano gli anziani, coloro che deten- gono Lt responsablica del popolo, poi tut gi Isc. 133 Do Nadian in Egito. Vagguao di Jr liti, Ora, come predetto, @ Aronne a trasmettere tutte le parole e compiere i segni. Finalmente il popolo crede (aman) c si rende conto che la «querela» lan- ciata in 2,23-25 ha trovato risposta. Dinanzi alla «vi- sitay di Dio, cio’ alla sua decisione di scendere in campo eal suo accertamento dei fat gi sali rea giscono «inginocchiandosi e prostrandosi» (gadad + shachah); sono due verbi liturgici, che esprimono ac- coglienaa, grattudine per un fo gratuito inaspet- tato (cf. Es 12,27; 1Cr 29,20; Ne 8,6). Mosé, dunque, fa questi due incontri: con la com- pagria di Dio, sconvolgente ¢ imprevedibile e con la compagnia del popolo. Egli mediatore, insieme ad Aronne (profezia + sacerdozio) di un vangelo di sal- vezza. Il suo pessimismo (e quello di Dio...) per il momento sembrano smentiti dalla calorosa acco glierza del popolo, Nel corso dell’esodo, perd, la si tuazione si ribalter’: pitt che con Dio, Mose dovr lottare con il suo popolo; forse laggressione di Dio preannunciava proprio quella degli Israeli Imattoni del racconto La teoria documentaria continua ad attribuire 4,18-31 pressoché interamente allo Jahvista, con qualche versetto attribuibile all Elohista (vv. 18-20). Tutaavia, il vocabolario, la tensione tra il ruolo di Aronne (= P) ¢ la presenza degli anziani (= D), il te- ‘ma della circoncisione (cara a P), tradiscono riletture pitt tardive: come abbiamo visto, l'episodio dell’ag- gresone nottuna, appatentemente eataicn, se ra gid conoscere testi sacerdotali come Gn 17, Gn 32.¢Gs 5,2-9. Il ruolo svolto dalla madianita Zippo- ra pud suonare come una voce polemica e «sovversi- va» aei confronti dellesclusivismo preteso dall’orto- dossia post-esilica di Esdra ¢ Neemia che vietava i matcimoni misti (ef. Ne 13,23-275 Esd 10), intransi- 134 Esodo 4,18-31 genza che viene condannata anche in Nm 12,1 (cf. perd Es 18,2) Il testo finale potrebbe avere ritocchi di mano post-sacerdotale. Spunti per la riflessione «Mi ha sbarrato la strada perché non pass (Gb 19,8). Un Dio in agguato Ancora una volta, possiamo leggere questo episo- dio nella sua fanzione protetia: Finaspetate aggre sione a Mos®, oltre a fargli vivere anticipatamente la «notte» di Pasqua, prefiguta la drammatica esperien- za degli Israeliti al? uscita dall Egitto e nel viaggio del deserto, dove pensano a una petfida trappoladi Dio, che li ha condotti la per «farli morire» (ritornello co- stante, cf. Es 14,11; 16,2; 17,3; ef. Nm 20,4). contro con Aronne prefigura P'incontro al Sinai tra profezia e sacerdozio: é li che Mos® riferira le parole di Dio e il levita Aronne diventera sacerdote. Vorrei perd soffermarmi sullepisodio delle aggres- sione di Mosé. E interessante notare come questo momento di «lotta con Dio» contrassegni la biografia di altri personaggi biblici, come se fosse una sorta di tunnel 0 di pedaggio inevitable, che assume i tratt delle esperienze pit diverse: scontro con la logica pa- radossale di Dio, esperienza della sua assenza, 0 del suo abbandono, finanche del suo scandaloso tradi- mento. Abbiamo gia visto la lotta di Giacobbe (Gn 32) Un testo pertinente, anche se diverso, ¢ quello del rofeta Elia in 1Re 19. Potremmo dire che presenta Ereeaeeeaiag cael nase opel pal coe della sua attivita profetica, Elia @ costretto alla fuga, minacciato dalla persecurione mortale di Gezabele, che vuole la sua pelle. Tutto questo per aver servito Juown, per aver parlato e agito in suo nome. Adesso 135 a Machan in Ego. Vogguato dt June Elia si ritrova solo, impaurito, deluso, stufo di dover lottare in nome di Dio: non ne pué pitt («ora basta»; IRe 19,4) ¢ implora Dio di riprendersi la sua voglia di vivere (nefes). Anche in questo caso abbiamo un duplice «tocco» (naga’, 1Re 19,5.7) di Dio, che lo rinfranca e gli di nuove energie per lincontro all’O- reb: da quel momento, Elia ¢ un profeta diverso, cost come Isaia ¢ Geremia allinizio della loro missione, «toczatiy sulle labbra (naga, Is 6,7; Ger 1,9). Proseguendo, possiamo pensare all’angoscia di ‘Abramo in Gn 22, quando Dio sembra «invitarlo» a sacrificare Isacco, a «restituirer la promessa, il dono stesso che pit gli stava a cuore; oppure alla delusione di Giona, spiazzato dalla logica di Dio, alla quale rea- isce, quasi infantilmente, chiedendo di morire (Gio .3): oppure all'afftanta amatezza di Tobia, diventa- to cisco proprio per aver corso rischi in nome di Dio, che implora anch’egli una eutanasia divina perché non ne pud pitt (Tb 3,1-6). Non possiamo dimenti- care Giobbe, che avverte Dio come un uragano che lo schiaccia, come un avversario accanito, che gli ru- ba il respiro e la carne sbarrandogli la strada, proprio come a Mosé (Gb 9,17-18; 19,1-22); non dimenti- chiamo neppure Geremia, che nel corso della sua missione dovri fare i conti eon un Dio «torrente in- fido e incostante» (Ger 15,18). Nel NT, questa stessa esperienza viene vissuta da Gesit che, nuovo Giacobbe, nel Getsemani lotta «a- gonisticamente» con Dio e con se stesso (cf, a trad. Cei: «in preda all’angoscia», dove il greco ha «ago- nia»; Le 22,43); cosi pure da Paolo, che per tutta la sua vita sari lacerato da una misteriosa «spina nella carne» e dovri fronteggiare un Avversario incaricato di prenderlo a ceffoni (2Cor 12,7). Questa aggressione di Dio, questo suo ghigno juasi demoniaco, in realta sono una «notte oscura» Ui purficarione da false motvazioni, da alti appog. 136 Esodo 4,1831 gi: & una notte di torale nuditd. B il momento in cui Dio vuole fare totalmente suo il candidato p:esceltos nello scontro, egli non esita a mascherarsi da nemico, per rivelarsi sovranamente il Deus absconditus, come Jo chiamava Lutero; accettare i suoi sentieri significa imbattersi nel confine tra la vita ¢ la morte, rischiare un’avventura non gestibile, irta di imprevisti ¢ di ver- tigini; solo accettando i suoi «colpi bassin, non previ- sti da regolamenti umani, si diventa vincitoris para- frasando Geremia, Dio rende consapevole l'uomo di essere una «cittd senza mura», che pud diventare «muro di bronzo» (Ger 1,18) solo affidandesi a lui: davvero il cimentarsi con Dio & cementarsi in lui. ATTUALIZZAZIONE Potremmo soffermarci sulla reticenza di Mos? nei confronti di suo suocero etro e sulla sua aperta con- divisione con Aronne. Come dice Qohelet, «’é un tempo per tacere e un tempo per parlare» (Qo 3,7). Pit brutalmente, Matteo avvisa di «non gettare le proprie perle davanti ai porci» (Me 7,6). Non ce ne voglia Tetro, ma questo ci mette in guardia da «co- munioni d'animay troppo facili e superficiali. Posso- no veriicarsi situazioni in cui 2 importance tutelare il proprio itinerario da strumentalizzazioni, come del resto ha fatto Gesit con il suo wegreto» messianico, o da facili annunci e testimonianze, ancor prima di «costruire» seriamente la propria vita spirituale (que- st ultimo é il rischio ingenuo dei «neo-convertiti»). Quando non si é sulla stessa lunghezza d’onda dello Spirito, anche Pesperienza piti sublime di Dio ischia di scandalizzare gente che per il momento non & ca- pace di accoglierla, Per Aronne @ diverso, perché co- me Maria visitera Elisabetta, egli incontrer: Mose, mosso dal medesimo Spirito. Come dimostta la sto- 137 De Median iv Eyite. Vagguate di aves ria della spiritualita, per un misterioso feeling, i santi sanno «fiutarsi» e riconoscersi. I ruolo giocato da Zippora, la straniera, ancora una volta ci mette in guardia da intransigenze ¢ dalla pretesa di monopolizzare la salvezza; essa pud arriva- re dalle persone pitt impensabili e spesso in modo sowversivo rispetto alle convenzioni ¢ agli stereotipi ritual e culturali, 1a dove ¢ in gioco la vita Per quanto riguarda Pesperienza di un Dio come avversario, suggerirei di meditare le formidabili pagi- ne di san Giovanni della Croce sulla «notte oscura», o di santa Teresa di Lisieux che vive la sua comunio- ne con il Getsemani; si pud riprendere con attenzio- ne anche quanto il Catechismo della Chiesa Cattolica (in particolare i nn. 2725-2728) esprime sulla lotta spirituale della vita nuova del cristiano come insepa- rabile dal combattimento della preghiera. La notte insanguinata di Mosé aiuta ogni discorso ceologico «cazionale» a riconoscere i propri limiti e a non cade- rernala tentazione di banalizare o negare il ato mi sterioso e incomprensibile di un Dio che non esitera a rivelarsi nello «scandalo» della Croce del Figlio. Le ferite possono diventare feritoie attraverso fe quali balugina o irrompe, limpida o livida, la luce dell’ As- soluto. 138 La crisi e la riconferma della missione di Mosé Esodo 5,1-7,5 Diversamente da altri, consideriamo Es 5,1-7,5 c0- me unit ben delimitata, in base a eriteri di tempo, di Luogo e di azione. Si tratta di una sezione importante del racconto, che funge da raccordo con quanto precede, ma anche da preludio alla sequenea delle «piaghe». Fi- nalmente troviamo a contatto tutti i personaggi princi- ppali del dramma: Mose, Aronne, il nuovo Faraane, gli Tsracliti e Jaw, Tutto si svolge in Egitto: ritorniamo al tema dellppresione visto nel cap. ma vengono into- dotte anche aleune informazioni decisive da parte di Dio, che servono da chiave per gli avvenimenti seguenti Struttura Questa macro-uniti prevede due parti principali L. Es 5,1-22: la crisi: fallimento dell'incontro con Faraone, a contestazione degli scribd lvaele, la prote- sta di Most ,5: oracolo di risposta di Dio e riconferma della vocazione di Most UL. Bs 6,1- 139 Stranamente, tutta questa unitii narrativa viene di- menticata dai lezionari liturgici: eppure ha molto da dirci, in particolare Uoracolo di Es 6 che, come vedremo, 2 un autentico condensato di teologia biblica, da non accantonare come una mera o presunta «ripetizionen della vocazione di Mose in Es 3, Nei prossima due caj toi privilegerema linterpretazione di aleuni brani fo damental, valea dire del cap. 5 e delloracolo di 6,1-8, lasciando la lettura dell intera sezione, anche delle sue pari apparentemente «noiose», alla fatica dei lestori 140 TRA SCILLA E CARIDDI: LA CRISI Esodo 5 LeTTURA Most, coadiuvato da Aronne, sembra aver avuto successo nel primo compito di parlare al suo popolo e gli Isracliti sembrano aver accolto il suo messaggio. Ora, insieme ad Aronne, si accinge al secondo, quel- lo di parlare al Faraone Questo secondo annuncio non fa altro che peg- giorare le cose, esasperando sia il re d'Egitto sia gli stessi Israeliti, condannati a una recrudescenza dei lavori forzati. Mos? e Aronne subiscono un doppio «processo»; sono accusati da Faraone di essere falsi ¢ Gi fomentare 'insubordinarione degli Israeli, cos come sono accusati dagli scribi israeliti, dinanzi al itribunale di Jirwi, di aver scatenato l'odio mortale del Faraone contro di loro. A questo punto Mose sfoga la sua delusione contro Dio, traditore delle sue promesse, ma soprattutto traditore dell’incarico affi- dato al suo stesso inviato. La sua missione sembra essere naufragata tra Scilla e Cariddi, tra Dio e il po- polo. In base alla distribuzione dei personaggi all unita ‘empo, di azione e di luogo, possiamo strutturare il racconto in sei scene, che corrispondono pratica- mente alle «accuse». II seguente schema pud ben illu- strare tale structura: 141 Tra Scilla e Cariddi: fa casi 1* scena (wy. 1-5): Most e Aronne in ‘Accusa del Faraone. 2 wena (vv. 6-9): ordine del Faraone ai sorveglianti e agli scribi, Accusa del Faraone, 3* wena (vv, 10-14): ordine dei sorveglianti e degli scribi al popolo. Accusa dei sorveglianti. 4 sena (vy. 15-19): gli scribi in udienza dal Faraone. Il oto reclamo, Paccusa del Faraone. 5* scena (vv, 20-21): accusa degli scribia Most e ad Aronne. 6 scena (vv. 22-23): Most accusa JHWH. yza dal Faraone. Ogni scena, tranne la seconda, inizia sempre con un verbo di movimento. Il vocabolario ci fa ripiom- bare in un mondo di schiavit’ ¢ oppressione, espresso da termini come «fare, fabbricare, lavoro, impegno» (tutti derivanti dalla stessa radice ‘s/), «la- vor forzativ (sevel), schiavitd/lavorare (la ben nota radice ‘bd), esorveglianti» (noghesim), «malerattater (ra'), a cui possiamo aggiungere i «mattoni» ¢ la «pa- afin. A questo vocabolri si contrppone quello ell liberazione, con il verbo «lasciar partire/libera- rey (shalach) ¢ quello cultuale, espresso da termini come «festa/pellegrinaggion (chagag) e «sactificion (eabach). Emerge anche un vocabolario di tipo fo- rense, espresso da verbi come «protestare/ reclamaren (isa'ag), «procedere contro» (ra‘ah ‘al) ¢ «giudicare» haf). Tutto il racconto s'impernia su un netto gioco di contrast tra i personaggi ¢ le loro parole, spesso non percepibile nele wadusionir lo lustreremo nel dia. gramma seguente. Mosé ¢ Aronne Faraone e gli scribi «cosi dice Juwn» «cosi dice Faraone» (koh ‘amar JHWH,v.1) (koh ‘amar Par‘oh, v. 10) 142 Exodo 5 JHwe é il Dio d'Isracle, «chi é JHwH? degli Ebrei (wv. 1.3) Non conosco Juwet» (v, 2). «lascia partire il mio enon lasceri partie popolo» (v. 1) Isracle» (v. 2) pellegrinaggio lavori e fabbricazione esactficio nel deserto. di mattoni la protesta del popolo Ia protesta degli scribi (tsa‘ag, v. 8) (wa‘ag, v. 15) timore della peste € della timore della spada spada di Jw (v.3) del Faraone (v. 22) il reclamo di Most Paccusa degli scribi a Most (v. eisuoi due sperchés 18) ei due wperché» (ammab) (lammab, v.22) degli Egiziani (vv. 3.15). Jawa maleracea (ra’) Faraone maleratea (7a’) il suo popolo? (v. 22) gli Israeliti (vv. 19.22) INTERPRETAZIONE Q Prima scena: Vudienza presso il Faraone, — Il cap. 5 si apre con Peuforia di ‘Most ¢ Aronne, che sireexno in udienza dal Faraone e, in nome di JHWH, qui per Ja prima volta chiamato «Dio d'Israeler e «Dio degli Ebrei», chiedono il permesso di partire in pellegri- naggio per prestargli culto nel deserto. Curiosamen- te, Mosé e Aronne non compiono nessun segno, € non parlano affatto della rivendicazione di JHWH sul suo primogenito Isracle, né della correlativa minaccia ntro il primogenito del Faraone. Questa tichiesta si tramuta in un boomerang inatteso; qui é il Faraone a domandare sarcastico «chi & JHwH?» (cf. Es 3,14) € ad affermare di non «conoscerlo», esattamente come il suo predecessore: la storia non cambia. II Faraone non sopporta un edo» antagonists e, per tutta rispo- sta, non «lascia partire liberi» (shalach) gli Israelicis egli @ preoccupato per la minaccia che costituiscono per la popolazione locale egiziana (lett. «il popolo 143, Tro Scilla © Covidel la visi della terra/paese», cf. Nm 14,9; Esd 3,3) e decide un giro di vite nei lavori forzati, Per lui il «sogno» di Mosé e Aronne & soltanto insubordinazione ¢ sabo- taggio. Nella sua accusa «Perché Mosé e Aronne di- stogliete il popolo dai suoi lavori2» (v, 4) c' un iro- nico gioco di parole: in ebraico «distogliere» (para') halo stesso suono del nome Faraone (par'of). © Seconda scena: Vordine del Faraone ai sorveglianti e agi scribi. La seconda scena é 'unica a non aprirsi con un verbo d'azione, perché & inverosimile che il Faraone si rechi dai suoi subalterni. Con un vendi- cativo diktat egli esige dagli schiavi isracliti la produ- zione dello stesso quantitativo di mattoni, senza perd rifornieli di paglia, che stavolta i «stoi» schiavi devo- no procurarsi da soli. Come risulta attestato nell’ico- nografia egiziana, la paglia veniva tritata e mischiata allargilla, modellata a mani nude pet dare consisten- za ai mattoni crudi, che venivano lasciati seccare al sole. La gestione di questa produzione viene affidata 2 siorvegiantis egiziani e gh sacribi aaclit, I misono gid noi (noghesim, cf. Es 3,7): il termine in ebraico designa gli aguzzini», ma anche gli wesattorin (Dt 15,2; Dn 11,20) ¢ i «tiranni» (Is 9,3; 14,2) con una connotazione di prepotenza; pet la prima volta risultano affiancati dagli «scribin (soterim) del popo- lo, cio® da capisquadra israeli chiamati a controllare i loro stessi fratelli di sangue; P'utilizzazione di questi «collaborazionistin @ ben attestata nel mondo antico, come ai nostri tempi (si pensi ai apd, civt i detenuti che dovevano sorvegliare gli altri detenuti nei lager hazisti. Probabilmente sono scelti tra gli «anziani», gli stessi a cui Mosé aveva comunicato i programma di libert’s di Dio. Questo aggravamento det lavori viene motivato dal Faraone con Paccusa che gli Istae- liti sono «fannulloniflassisti» (rafah, v. 8) ¢ si lascia- no ipnotizzare dalle menzogne di Mosé e di Aronne. 144 Cenk 5 Il loro reclamo (tsd'ag) viene respinto e disprezzato (v. 9). Terza scena: Uordine dei sorveglianti e degh seribi al ‘popolo. ~1 sorveglianti egiziani e gli scribi israeici si recano dal popolo e comunicano scrupolosamente le disposizioni del Faraone, avviando un controllo ser- rato. Le nuove modaliti di produzione ovviamente richiedono pitt tempo ¢ diventano particolarmente dure, specialmente sotto il cocente sole egiziano: la raccolta di paglia obbliga gli Isracliti a una «diaspo- ra», a disperdersi per tutto il paese d’ gio, per rac- cattare stoppie. Ora, sono proprio i «poliziotti» israe- lici a pagare per primi la scarsa efficienza nel mante- nere il livello di produzione richiesto: vengono esemplarmente picchiati da chi li aveva promossi, con accusa: «Perché non avete portato a termine an- che ieri e oggi, come prima, il vostro numero di mac- toni?y (v. 14). 2 Quarta scena: gli scribi in udienza dal Faraone. ~ La quarta scena presenta i capisquadra israeliti che si recano in udienza dal Faraone. La scena ¢ un po’ in- verosimile, giacché non era possibile che degli schiavi potessero entrare in rapporto diretto con il divino Fa- aone, se non convocati da lui stesso, come accadde a Giuseppe (Gn 41,14). Di sicuro non mostrano la composta dignita del loro antenato, Va notato che sono loro ~ non il popolo ~ a reclamate (sa'aq, v. 15) presso il faraone: «Perché tratti cosi i ruoi servi... i tuoi servi sono bastonati e la colpa é del tuo popolo» (v. 16). In questa querela @ interessante notaze che non contestano la schiaviti in sé, ma solo la mancan- za di paglia, si confermano «servin fedeli del Faraone e non esitano, pur di scagionarsi, ad addossare la colpa sul popolo degli Israeliti (alla luce del precedente «tuoi servis, «il tuo popolor dovrebbe indicare pro- 145 The Scilla © Covi krish prio gli Israeliti). L’esito del reclamo delude le loro aspettative, perché il Faraone ben due volte rilancia Vaccusa che sono «fannullonis (v. 17); devono torna- re al loro lavoro e produrre la quantita di mattoni ri- chiesta senza rifornimento di paglia. @ Quinta scena: Vincontro degli seribi con Mose e Aronne, — Gli scribi si imbattono in Mosé e Aronne. Senza preliminari, li accusano di averli resi odiosi (letteralmente «puzzolenti», ba‘ash, v. 21, cf. 1Sam 13,4) agli occhi del Faraone e dei suoi servi. La loro accusa € Pistruzione di un vero ¢ proprio processo: sl Signore proceda conto di vi bith ah c gd chi (shafit) (cf. Sam 24,13.16). Tutto cio equivale arinnegare non solo la verita e Pautorita di Mosé e di Aronne, ma anche quello stesso Juwit liberante da Joro annunciato, Non negano la sua esistenza, ma lo pongono al servizio del Faraone, a difesa dello status quo di oppressione! @ Sesta scena: Mos? accusa Juwit.—Il capitolo si chiu- de con Mosé che «ritorna» (shu, trad. Cei: «si rivol- so) al Signore, sfogando tutta la sua amarezza e la sta solitudine. Nell originale ebraico, Paccusa di Most suona in tutta la sua amara disillusione o voglia di smentita: «davvero, non hai per nulla liberato Israele» (con il verbo natsal «strappare», in costruzio- ne enfatica, v. 22). Sfogo giustificato, perché da quando ha accettato la missione, il suo annuncio non ha fatto altro che peggiorare i maltrattamenti degli Isracliti. Per la prima volta, Most, ricorda a Dio che essi sono il suo popolo, come fara in altre occasioni decisive di crisi (cf. Es 32,11-14; Nm 211-12). E opportuno, a questo punto, soffermarci sui d versi interrogativi e sulle constarazioni importanti che emergono dal testo: 146 fsodo 5 il sovrano d'Israele? © Chi Dopo Mos®, I'unico a domandarsi «chi» sia JHWH 2 proprio il Faraone. La sua domanda equivale a una negazione di esistenza e di autorita: del resto, proprio la schiavitis del suo presunto popolo, smentisce ogni suo potere, dinanzi al pansheon degli déi della poten- te nazione egiziana, divinita tra cui lo stesso Faraone siannovera. Chi é mai questo «dio minore» per esse re ascoltato dal Faraone? Chi @ il sovrano che ha di rittisull’altro e su Israele? La domanda riguarda con- seguentemente la stessa autorita di Mos? e di Aron- ne. Assistiamo allantitesi di due oracoli o «formule dei messaggero»: quello di Most e Aronne, portavoci di Juswti, «cosi dice il Signore» (hob ‘amar Jews, v. 1); € quello dei portavoci del Faraone «cost ha ordi nato Faraone» (Aoh ‘amar Par ob, v. 10). Si trata del- Pantitesi di due logiche, di due progerti: quella di Juwir é una logica di festa, di pellegrinaggio cultuale, di «riposon (vv. 1.3.8.17); quella del Faraone ¢ dei suoi attendenti @ unicamente di schiaviti, di lavoro forzato (vv. 4.5.9.11.12). Faraone conosce soltanto se stesso ed & dio a se stesso; altri déi eventual: devo- no piegatsi. Egli bolla come falsa profezia le parole di Most e di Aronne (sheger, v. 9; ef. Ger 23) e sottova- luca il potere di Jrrwit come signore della vita e del cosmo; la minaccia della peste, non & un bluff, ma scoppier’ in tutta la sua potenza nella quinta ¢ sesta piaga. © Cuore da schiavi «La necessiti ¢ Pargomento dei tiranni, ma él cre- do degli schiavin (W. Pitt). Per la prima volta, gli scribi israeliti rivelano una «malattia» che contraddi- stinguera tutto il popolo nel prosieguo del racconto; hanno un cuore schiavo, vigliacco, incapace di oriz~ zonti di liberta; le loro parole rivelano solo una co- 147 Tia Scilla © Canidal fa erst derdia e un servilismo smaccati. Complici volonta- riamente o per coercizione del potere, non contesta- no la schiaviet in sé, ma solo la mancanza di paglia, Hanno pit paura della wspada» del Faraone che della spada di JW; temono piti di entrare in conflitto con il Faraone, piuttosto che la «peste» di JHWHS si preoccupano pitt di «puzzare» dinanzi agli Egiziani, Ppinttosto che offrire a Jriwe il «profumo di sacrifici> nel deserto. Come sono lontani dalPastuzia e dal co- raggio delle levatrici e della sorella di Mose in Es 1-2! Sono seguaci di uno JHWwt faraonico, non di quello scomodo di Mosé; non vogliono diventare «noma- dir, bensi restate parassiti del sistema. © Chicerca Il bene d'lsraele? A questo punto sorge un’altra domanda: chi é il «vero» leader che parla ¢ agisce nelPinteresse di Israe- le? Chi é che incoraggia 0 scoraggia veramente il po- polo? Chi é che maltratta Israele: Faraone ¢ i suoi mi nistri¢ i collaborazionisti israeliti, oppure JHWH, tra- mite i suoi inviati? Il giudizio del Faraone su Mose assomiglia a quello del re d’Assiria su Ezechia (cf. 2Re 18,17-35), 0 a quello con cui i capi di Giuda ballzno Crema: «Quest womo scoraggia (raf) i popolo... quest’uome non cerca il benessere del po- polo, ma il male» (Ger 38,4). Gia, chi crede alla pro- posta di liberti di Mos®, per Faraone é solo un «lassi- sta/fannullone» (stessa radice rafah, w. 8.17). Con una (voluta?) ironica alliteerazione, il narratore ci pre- senta il Faraone che rimprovera Mosé ¢ Aronne di stoglere i popolo dalla sua wgiusta vocarione> ai lavori forzati, quasia indurre il lettore a discernere chi si comporta dispoticamente come «faraone». Con il suo atteggiamento il Faraone anticipa tremendamen- te la spietatezza di Roboamo (cf.1Re 12), mentre nei soregliant non & dificil ravvisareilcollaborazion- smo di loiakim, che tassa (nagas) il paese di Giuda su 148 Exodo 5 disposizione del faraone Necao (2Re 23,35). Tutta- via, @ nel libro di Neemia che troviamo alcune analo- gie sorprendenti: i sorveglianti sembrano anticipare i governatori persiani prima di Neemia (Ne 5,15), mente gli scribi assomigliano a Sanballat e a Tobia, diffidenti nei confronti di Neemia, «dispiaciuti che fosse venuto un uomo a procurare il bene degli Israe- liti, preoccupati di una eventuale ribellione al re per- siano da parte dei rimpatriati dalPesilio (Ne 2,10.19).. La loro supplica al Faraone (v. 1) & lesatto contrario della supplica di Neemia a Dio: lui e gli Israeli sono servi e popolo unicamente di Jitwri (Ne 1,10). © Un Dio menefreghista e traditore? Lorgoglio ferito di Mosé e la sua accusa accorata assomigliano a quelli di Geremia, che non esita a de- nunciare l’inaffidabilita e la noncuranza di Dio (Ger 12,1; 15,10-19; 20,7-10), cosi come hanno i toni della depressione di Elia, costretto a mettere a repen- taglio la propria vita per un Dio distratto e menefre- ghista (1Re 1910.14). «Anticipando» Geremiz, Mo- se condivide nella propria carne la sofferenza del suo popolo e rinfaccia duramente a Dio di essersi ritrova- to a «portare iella» agli Israeliti, proprio per aver ac~ cettato di parlare in suo nome: adesso & a Dio che affida la sua causa, nel processo che gli @ stato appena intentato. I mattoni del racconto Il testo viene comunemente attribuito nella sua interezza allo Jahvista, ma sembra pitt ardivor il vo- cabolatio (ad es. «sorvegliantin, «scribi», «disperder- sin, «celebrare una festa», popolo del paeser) e le te- matiche ci fanno pensare a riletcure deuteronomisti- che e sacerdotali, con una rilettura post-sacerdotale. La situazione descritca pud ben corrispondere al tem- 149 Tra Scilla © Caridat: fa exist po di Neemia, alle difficolt& da lui incontrate nel conflitto tra i rimpatriati dall’esilio e la popolazione locale («il popolo del paese», cf. Esd 3,3; 4,43 10,29.31) che non era andata in esilio ¢ si opponeva alla ricostruzione del tempio, in una situazione di di- sparita economica che vedeva dei giudei schiavi di fratelli giudei (cf. Ne 5 che presenta suggestive affi- nis con il nostro testo). Spunti per la riflessione Lasindrome di Stoccolma Com’e risaputo, la «sindrome di Stoccolma» & quello strano fenomeno registrato nel 1973 in una rapina nella capitale svedese, per cui alcuni seque- strati, superato lo shock iniziale, simpatizzano e si identificano con i sequestratori, manifestando ostili- 18 verso il mondo esterno. E la stessa sindrome che qui colpisce gli scribi isracliti, la quale si rivelera in tutta la sua virulenza nel passaggio del mare e nel de- serto, cosi come nella storia successiva d’Isracle, Per una sorta di complesso di inferiorita, 0 di segreta am- mirazione, Israele cerchera sempre la sua sicurezza nei suoi oppressori, Egitto o Babilonia, Siria o Roma! Questo tipo di sindrome nasce dalla paura della li berti, dall'incapacic’ di rischiare P’inatteso, arroccan- dosi invece nella falsa sicurezza del gia noto, quello che, nel nostro proverbio popolare, viene simboleg- giato dalle «cipolle d’Egitto» (Nm 11,5). Questa stessa sindrome colpira il cristianesimo primitivo, nel conflito tra giudaizzanti e cristiani provenienti dal paganesimo: dinanzi al vangelo di libert propo- sto da Paolo, alcuni sono tentati di ritornare al «fare» delle opere della Legge (Gal 5,1-12); lo stesso Paolo, prima sequestratore, poi sequestrato da Cristo, dovrat subire per tutta la vita, come Mos, il confronto con 150 Csodko 5 altri /eader o «super apostoli» (2Cor 12,11), con il marchio del sosperto e dell’accusa di essere un lassista ¢ un ciarlatano, che mina la sicurezza del gregge a lui affidato, esponendolo a pericolosi libertinismi © Gli scribi sgatiopardo» In antitesi a quello di Mosé, l'atteggiamento degli scribi raciti,sncespreti della efilosofias oppressiva egiziana, richiama altre figure di leader, che non cet- cano il vero bene del popolo, ma il proprio inreresse, preoccupati che un certo sistema consolidato, di cui si nutre il loro potere, si sgretoli sotto la spinta di aneliti di cmancipazione: if loro @ un istinto e una prassi «gattopardeschi», dando a questo aggettivo il senso di un immobilismo ammantato di buon senso ce cortesia, pauroso di cambiamenti e di novit’, pron- to a mirati «revisionismi» di istanze troppo pericolose di liberta. Si pensi ai despori «nani, che per i loro capricci «pestano la faccia dei poveri» (Is 3,12); oppu- re ai falsi profeti . E il dramma della parola profetica: perché chiedere al profeta di parlare, quando gia si sa che le sue parole verranno disattese, se non disprezzate? Perché chiedere al profeta di cantare quella che & una bella «canzone», come ad Ezechicle (Ez. 33,30- 33), che invece sari dimenticata, o risultera stonata al punto da scatenare la rabbia non solo dei nemici i, ma anche dei propri amici, parenti, connazionali? Perché Dio sembra tradire 'annuncio stesso, gettan- do fango e pettegolezzi sul proprio inviato, come ac- cadri a Geremia, scansato come un menagramo, ber- saglio inerme di processi sommari? ‘Lappatente fallimento serve a mettere in rilievo cche tutto quello che avverri, si realizzera per la po- tenza di JHWH e non per la capacita oratoria di Most. {a parola del profeta non & vana, néneutra; pud dis sodate il terreno, cosi come pud, se rifiutata, indurir- lo maggiormente; in ogni caso é Dio a compiere cid che a occhi umani resta impossibile o impensabile. II 152 Esodo 5 profeta non &-un «servo inutile», ma semplicemente tn servo la sua parola resta segno di contraddizione che mira a smascherare i cuori, battistrada di una Pa- rola che risultera vincente. ATTUALIZZAZIONE Al lettore la fatica e l’intelligenza di actualizzare a livello personale e comunitario gli spunti offerti. Sa- rebbe perlomeno suggestivo rileggere questo capitolo alla luce del film L'Artimo Fuggente. Come & noto, questo film narra Pavventura di un professore che, chiamato a insegnare in una prest giosa scuola, libera i suoi alunni (non tutti) dalle pa- stoie di un insegnamento rigido e stantio e da uno studio libresco e obbligato, conducendoli pian piano a respirare il profumo della libert, il gusto della poe- sia e della propria originalici. Il professore verra al- Jlontanato dai responsabili della scuola, gelosi e im- pauriti da questo terremoto didattico ed esistenziale, i i a migliori, alcuni pagando un prezzo drammatico, ne raccoglieranno 'eredita. Suggeriamo, poi, duc riflessioni di Giovanni Pao- Jo II, che possono allargare lo sguardo: «Quando una sociti lasciandosi gudare unieamente di rteri del consumismo e dell’efficienza, divide gli uomini in at- tivi o inattivi e considera i secondi come cittadini di seconda categoria, abbandonandoli alla loro solitudi- ne, non si pud chiamare veramente civilen (Messaggio del 29 aprile 1982). «La conquista della libert’ au- tentica é radicalmente messa in pericolo, quando la veriti, diligentemente acquisita attraverso la ragione ¢, metavgiosmente approfondia atravero ape cura alla parola di Dio, viene disgregata. Senza riferi- mento alla verit3, gli esseri umani non potranno mai liberarsi dalla irresponsabilita e dalla paura» (Discorso 153 Tro Seilla e Conddl: fo agli intellettuali nella chiesa di St. Julian a Malta, 27 maggio 1990). Concludiamo con una provocazione di Ilario di Poitiers, che risulta straordinariamente attuale per tuna chiesa che, dopo la svolta costantiniana, ¢ passa- tada una situazione di persecuzione e di minoranza a una di riconoscimento, di potere e di peso politico, con i rischi conseguenti di compromessi, mondaniz~ zatione e comode alleanze: «Oggi noi combattiamo contto un persecutore ingannevole, un nemico che lusinga; non percuote il dorso, ma accarezza il yen- tre; non ci confisca i beni per darci la vita, ma ci ar- ricchisce per darci la morte; non ci spinge verso la libert’ gettandoci in prigione, ma verso la schiavi onorandoci nel suo palazzo; non colpisce i fianchi, ma prende possesso del cuore; non taglia la testa con la spada, ma uccide anima con l’oro ¢ il denaro» (Llario di Poitiers, Contre Costanzo, V) 154 LA RICONFERMA DEL SOGNO: LA MANO DI DIO E LA TERRA DELLA SPOSA Esodo 6,1-7,5 Alla querela disperata di Mosé Jriwt risponde con altrettanta speranza, riconfermando la missione affi- data sull’Oreb. Qui abbiamo un secondo racconto della vocazione di Mosé, dopo quello di Es 3-4; tuna «seconda voce, nella polifonia della narrazione. Rispetto a Es 3-4, questo testo riprende temi noti, ‘ma propone elementi nuovit insiste pitt sulla voca- zione di Dio e su quella del popolo mette in risalto la promessa della «terra/paese»; nella genealogia pone in tilievo la figura di Aronne ¢ ribadisce cae sark Juwit a far uscire il popolo dall'Egieto. Se il Faraone ha detto di non «conoscere JuiWH», da questa «uscitar gli Egiziani «sapranno» che Jirwi é il Signore. Qui ci soffermeremo in particolare sull oracolo di tisposta di Es 6,1-8 e sul programma di JHwH in 7,1-5. A) Loracolo di risposta (Es 6,1-8) Letrura "I Signore disse a Mosé: «Ora vedrai quello che sto per fare al faraone; con mano potente, li lascer andare, anzi ‘con mano potente li caccer’ dal suo paese! a) *Dio (Elohim) parld a Most e gli diss «lo sono il Signore (‘ani Juws)! }) *Sono apparso ad Abramo, a Isacco, a Giacobbe come Dio (El) Onnipotente (‘El Shaddaj), 155 la riconermea del sogno: ky many ut Dio e fa tera della sposa ma con il mio nome di Signore (/#w#) non mi son manifestato a loro, “Ho anche stabilito la mia alleanza con loro, per dar loro il paese di Canaan, quel paese dove essi soggiornarono come foresteri ©) *Sono ancora io che ho udito il lamento degli Istaeliti asserviti dagli Egiziani € mi sono ricordato della mia alleanza. d) SPer questo di’ agli Israeli: Yo sono il Signore (ant i sottrarrd ai gravami degli Egiziani, vi ligetets cals oo seca evi libererd con braccio teso econ fA “To vi prenderd come il mio popolo e diventerd il vostro Dio (Elohim), €) Voi saprete che io sono il Signore (‘ani Juwei), il vostro Dio (Elohim), che vi fa uscire (motsia’) dai gravami degli Egiziani. b°) Vi fard entrare nel paese che ho giurato amano alzata di dare ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe €-ve lo dard in possesso ereditario: 2)io sono il Signore (‘ani Juwt)!». © Struttura dett’oracolo di risposta Dopo un primo avvertimento, rivolto al futuro (v. 1), segue un oracolo che contempla tre parti princi- pali: if passato, il presente (vy. 2-5) e il futuro (vv. 6- 8) d'Istaele. Per quattro volte, alPinizio, al centro e alla fine di questo oracolo troviamo perentoria la for- mula «lo sono Jew» (ani Janets, wv. 2.6.7.8). I mo- vimento fondamentale ¢ quello di una wliberazione dall Egitto», che sfocia in una «liberazione per il pae- se di Canaan», 156 Esodb 6,17,5 INTERPRETAZIONE Se Peloquenza di Mose ha fallito, Dio risponde rinyiando Mose al futuro, ribadendo che il Faraone sara costretto a «lasciare andarey ¢ a «caccare» gli Israelici dall’Egitto. Tutto guesto per inerveno di una «mano potente» (jad chazagah, 2 volte). Il testo non é molto chiaro: a prima vista, sembra che la ma- no potente sia quella di Faraone, in realta sari quella di Dio. A differenza di quanto pensano gli scribi israelit, il potere non & quello della spada nella mano del Faraone (5,21), ma della mano di Juwn (3,19). Ancora una volta, JHWH promette in modo enigma- tico una realizzazione che Most dovra personalmen- te sperimentare («ora vedrain, v. 1). © Ilpassato e il presente della storia d'lsraele (wv. 2-5) Loracolo si apre con una autorivelazione persona- le: «lo sono Jrwr». La quadruplice ripetizione di quests formula diplomats segnala che el parla ¢ lecide con tutto il peso della sua aurorita di sovrano (FIs 41,13; 42,6.8); il nome & quello gia rivelato in Es 3,14-15. Qui é il Signore stesso a sottolineare che si tratta della prima volta in cui rinuncia ai suoi «pseudonimir e firma direttamente con il proprio nome. Troviamo qui una periodizzazione tipica dell scuola sacerdotale (P): Dio si era rivelato all umani come Elohim (Gn 1-11) e, successivamente, era ap- parso ai patriarchi come ‘EI Shaddaj (cf. Gn 17,13 28,3; 35,11), il cui significato, reso comuremente (ma in modo inesatto) dalle versioni con «Onnipo- fenten, resta sconosciuto: in base all’accadico viene interpretato con «Dio della montagna», o «Dio della steppa», collegato alla benedizione della fecondics (Gn 49,25). Tuttavia, Dio non si era fatto intima- mente «onoscere/sperimentare» (jadd'; Bibbia Cei: «non mi sono manifestato») con il suo vero nome di 157 la rconferma del sogno: fa mano db Dio e la tera dello spose JHWH, Solo adesso lo fa: PEsodo segna questa grande «svolta» in tutta la Bibi Nel passato Jrwit aveva concluso una alleanza* (beri) unilaterale ¢ incondizionata (Gn 15,18; 17), fructo della sua iniziativa gratuita, ¢ aveva promesso loro in dono la terra di Canaan, paese del loro sog- giomo come stranieri (‘arets megurah, della stessa ra- dice di gher «forestiero, immigrato»), Ora il presente & peggio del passato. I discendenti di Giacobbe sono schiavi, con meno diritti dei fore- stieri, Ma Junwtt ha ascoltato SOS (na‘agab) degli Isrzeliti ¢ finalmente, per la prima volta, dice in pri- ma persona di ricordarsi della sua alleanza stabilica con i patriarchi. * Mfuturo d'Israele: liberta dal Egitto, liberta per essere famiglia e sposa di Juws (vv. 6-8) Il «per questo» del v. 6 segna una conseguenza decisiva: il futuro si fonda sul passato e sull’agire esclusivo di Dio. Il Dio dei patriarchi é lo stesso degli Istaelici. Il programma di Jiiwrt prevede tre tappe: liberta e uscita dall Egitto (v. 6), un’alleanza di mu- tua appartenenza, la libert’ e 'ingresso nella terra di Canaan (v. 8). Esso si articola in sette verbi in prima persona al futuro, segno della pienezza dell’agire di- vino, pitt un participio (v. 7), mentre gli Israeliti so- no soggetto di un solo verbo: «voi saprete che io sono Jxwny (v. 7). Vediamo le sette azioni future di Jawa: 1, «Vi sottrarrd ai gravami degli Egiziani». L’e- braico letteralmente recita: «vi faro uscire da sotto i gravami. I verbo «uscire» (jatsa’, qui nella sua forma Causativa) ¢ un verbo polisemico, che in senso tecni- co significa diberare», «affrancare» uno schiavo (cf. Ly 25,54-55), ma anche «far nascere» (Gb 10,18). Ritorna come participio (motsia’) che funge da ticolo di Juwn, nel v. 7. 158 tsodo 6,17,5 2. «Vi libererd dalla loro schiavitity. II verbo, co- me abbiamo visto in Es 2,19 indica letteralmente uno «strappare» (natsal, nella forma causativa). D ghermiri il suo popolo sbarazzandolo della sua schia- Vitti; qui JHWH risponde alla protesta affranta di Mo- sé in 5,23: «Tu non hai per nulla liberato (natsal) il tuo popolo». 3. «Vi libererd con braccio teso ¢ con grandi ca- stighin. In ebraico il verbo é diverso dal precedente ¢ va tradotto con «io vi riscatterd», dal verbo ga’al «ti- scattare, redimere». Dio interviene come Go'el* d'l- sraele, cio? come «redentore». E il titolo preferito dal Secondo Isaia (Is 41,14; 43,14; 54,5-8). Come ab- biamo anticipato in 4,22-24, questa funzione @ ben nota nei testi di diritto familiare della Bibbia: essa era compito del «parente pitt stretto» e il suo scopo era tutelare i membri e il patrimonio della fami dinanzi a ogni difficolti, anche la pitt estrema. I pri cipali casi in cui era necessario l'intervento del Goel erano, ad esempio, la vendita di un campo, o di una casa a causa di insolvenze (Lv 25,23-31; Rt 4,1-11); Pevenienza di un membro della famiglia che era co- stretto a vendersi per pagare i suoi debi (Ly 25,47- 54); lassassinio di un parente, per cui il Go el doveva vendicare il sangue dell’ ucciso (come loab che vend ca suo fratello in 2Sam 3,27.30; cf. Nm 35,19). Qui Juv assume il ruolo di «parente pit strettor del po- polo schiavo, che & suo figlio (Es 4,24); lo & diventato in vircis dell’alleanza conclusa con i patriarchi. In no- me di questa solidarieta, non pud sottrarsi al suo do- vere di riscattarlo: «Dio non é redentore percné salva, ma salva perché é redentore» (L. Alonso Schékel).. Questo riscatto avverri «con braccio teso e con grandi castighi>. Il wbraccio teso» (zerod’ netujab), equivalente della «mano forten (cf. Dt 4,34; 7,19) indica una invincibilita, una sovranita che si estende alle forze della nacura (Sal 89(88},11). I «grandi ca- 159 lo aconferma del sogno: ka mano di Dio @ la tera della sposa sighs soni giz di Do (sti hain: que- sto termine, caro a Ezechiele, designa gli atti straor- dinati con cui Juv, servendosi della natura edi ele- menti umani, rivendica le sue ragioni («fa giustizian, come traduce la Tic) € manifesta la sua sovranita a chi icamente lo ignora (cf. Ez 5,8-15; 28,22; 30,19). Questi «castighi» ritorneranno in 7,4; sono «grandi», perché Dio fari qualcosa che non ha mai fatto prima; gli Egiziani non solo saranno vinti, ma dovranno riconoscere la «gloria» di Jurwut, la sua «santitiy, il suo essere unico e incontrastato Signore della storia. 4, «Vi prenderd come mio popolo». I! sintagma ebniico eprendere come» (legach Ie) esprime untele- ione e pud avere una connotazione giuridica che in- dica Fingresso di un nuovo membro in una fami pud indicare Tadozione di un figlo o di una fg (Est 2,7.15), il prendere in moglie (Gn 12,19), 0 Pacquisto di un servo (2Re 4,1). Istaele, pertanto, sa- 12 il popolo di Dio, fara parte intimamente della fa- miglia di Dio (Os 2,1), sar’ la sua sposa (cf. Is 54,5-8 dove «redentore» & sinonimo di «sposo»), al servizio esclusivo del suo Signore (come dira Lv 25,55). 5. «Diventerd il vostro Dio». Correlata alla prece- dente, questa espressione definisce il cammino di una reciproca appartenenza, ma anche di un rapporto giuridico nuovo: sovente funge da formula di allean- za, in cui Dio é il partner superiore (Gn 17,7; Ger 31,32; Ex 36,28), 0 come formula di matrimonio (Gn 20,12; Nm 36,11) 0 di adozione (2Sam 7,14). 6. «Vi fard entrare nel paese che ho giurato a ma- no alzata di dare ai vostri padriv, Il verbo «far en- trare» (60; nella forma causativa), ha connotazioni nuziali; indica lintroduzione della promessa sposa nella tenda 0 casa del suo sposo: solo a questo pun- to il matrimonio & consumato (Gn 24,67; Dt 21, 11), Questa casa, perd, restera proprieta esclusiva di 160 Coerle 6,175 Jrtwu, e gli Israeliti ne saranno ospiti e inquilini (Lv 25,23). I profeti non esitano a parlare dell’ Esodo co- me del?avvencura di un Dio che raccoglie una neo- nata abbandonata, la cresce ¢ la fa belay il deserto & il petiodo del fidanzamento, entrata in Canaan il ma- trimonio pieno (cf. Os 2; Ger 2-3; Ez. 16). Israele sari davvero «sposa», «famiglia» di Jw, solo quan- do potri vivere libera nella casa del marito (~ la terra di Canaan). Questo innamoramento di Dio, non dipende dai meriti d'Isracle, ma dalla libera scelta di JHWwi: come avverte Dt 7,7-10, JHwH si é «innamorato» (chashag) per puro amore e per lealta al giuramento fatto ai patriarchi. L’espressione «a mano alzata» indica un gesto che ha un valore sacro e solenne, compiuto in piena liberta e fedelta (Gn 14,225 Dt 32,40; Ez. 20,5- 6): Dio non tradisce, né si smentisce (Nm 22,19). Per la prospettiva sacerdotale si tratta di_un giura- mento unilaterale ¢ irrevocabile, che perd la Legge di Sandea «correggeri, nel senso che it possesso del paese dipender’ dalla osservanza alla Legge, ma non potra mai essere perduto definitivamente, perché Bio si ticordera del giuramento fatto ai patriarch (cf. Lv 26,39-45). 7. «Ve lo dard in possesso». Il termine «possesso» (morashah) @ abbastanza taro ed ¢ tipico di Ezechiele (Ez 11,15; 33,24); nella Bibbia indica un’eredita che pud dare soltanto Dio: anche se verra persa, per col- pa del popolo, il Signore la resticuira in virei di que- sta promessa (Ez 362. Tutte queste azioni di Dio mirano a un unico sco- po: che Israele «sappia» (jadd’) che lui 2 Jew, il Si- gnore, Ora, essi hanno gia saputo il «nome» di JHWH, comunicaro da Most, ma lo «sperimenteranno» in tutta la sua potenza solo dopo i suoi interventi. Per la prima volta, nel libro dell’Esodo compare questa finaliti, che risuoner& nel racconto come un ritornel- 161 lo ficonforma del ogno: la man ab Dio e la tema della spose lo costante e martellante: egli agisce perché sia Israele sial Egitco sappiano che Fungo sovrano della storia € del cosmo. Riepilogando, anche questo oracolo é fondativo nel concento di questi primi capitoli dell Esodo. Dio mette in gioco cutta la sua autorita, Isracle avr una fisionomia giuridica speciale, quella di essere «fa- ima» di Dio, questa elezione non ¢ un privlegio esclusivo, ma al servizio dell’'umanita. La storia del- T'esodo non é solo la storia della sua liberazione, ma soprattutto della conoscenza del nome di Jiiwii A differenza di Es 3-4, nel corso dell’oracolo non abbiamo nessuna obiezione di Most. Egli esegue prontamente lordine di parlare agli Israeliti, ma spe- rimenta un nuovo fallimento (y. 9). Gli Israeliti non ascoltano, perché spazientiti (lett. «a corto di fiato» 0 «con Panima in riserva», miggotser ruach; cf. Nm 21,4; Gb 21,4); non vogliono piit «chiacchiere». B) La riconferma di Mosé nella sua missione (Es 6,10-30) Lertura Lasciamo spazio a una lettura personale del testo che segue. La strutcura del brano € concentrica*: a) Dio invia Mosé a parlare al Faraone: obiezione di Mo- 8 (wv. 10-12), b) Incatico di Dio a Mosé e ad Aronne di far uscite gli Israeliti (v. 13). ©) Genealogia di Aronne e Mose (wy. 14-25). b) Incarico di Dio a Most e ad Aronne di far uscite gli Istaeliti (vv. 26-27). a’) Dio invia Most a parlare al Faraone: obiezione di Mo- (wy, 28-30), 162 Esodo 6,17,5 Il testo procede mediante «tiprese» (a-a'; b-b’) con lievi variant che servono a riprendere il filo interrot- to dalla genealogia, che si trova al centro. La prima press cite solo Most, mente It seconda agiunge Aronne. Per sette volte risuona il verbo chiave «far uscire» (6,10.13.26.27; 7.2.4.5). INTERPRETAZIONE I punti pid importanti sono la riconferma della issione al Faraone e agli Israeitie il rilievo eccorda- toad Aronne. La riconferma della missione I cuore della missione di Most e di Aronne presso Faraone quello del «far uscire gli Isracliti dal paese Egitto», equivalente al «lasciar partie gli Israclitin. ‘A prima vista sono Mosé ¢ Aronne a «far uscire»; ma in 7,1-5 @ Jiswri Punico autore di questa «uscitallibe- razione» Qui Mose avanza per due volte lobiezione che Faraone non lo ascoltera perché egli @, letteralmente, «incirconciso di labbra» (‘arel sefatajim, vv. 12.30) questa espressione non esprime un’incapaciti d’clo- quenza (come in 4,11), quanto una situazione di cimpuritay (come in Is 6,5), un essere «fuori gioco» (Is 52,1). E logico, visto il fatto che gli stessi Isracli- ti non lo hanno ascoltato. A differenza di 4,14-16, Juwit non reagisce con ira. Anche qui le obiezioni di Most vengono colmate dal mandato ad Aronne. Most e Aronne devono ripetere quanto hanno fatto in Es 5,1, ma stavolta in una situazione piti ostile, senza la fiducia degli Israclit. 163 1a riconferma del sogno: la mano alt Dio e fa tera dll spose Lagenealogia Il filo del racconto viene spezzato da una gencalo- gia’. Lungi dall’essere un arido elenco di nomi, la genealogia nella Bibbia ha la fondamentale impor- tanza di identificare e legittimare i dititti ¢ lo status di una persona (tipica di P, riveste una decisiva legit- timazione soprattutto nell’epoca del post-esilio, cf Esd 2,61-63). Tale genealogia comincia con i tre figli pit vecchi di Giacobbe, ma si focalizza su Levi e i capi delle sue casate, in particolare sul suo discenden- te Aronne e la sua famiglia (vy. 20.23.25.26) e su personaggi che risulteranno importanti nel Pentateu- co, come Core (Nm 16), Eleazaro (Nm 17) e Pincas (Nm 25), Misael ed Elisafan (Ly 10,4). Al centro della genealogia (v. 20) spicca la famiglia di Aronne e di Mosé: finalmente sappiamo il nome dei loro ge- nitori: il padre @ Amram (che significa «popolo esal- tato»), la madre lochebed («onore di Juwiin), 2ia di ‘Amram; si cratta di una famiglia che é un puro con- centrato di ascendenza levitica (contro il divieto suc- cessivo di Lv 18,12); stupisce nel nome della madre, Pabbreviazione del nome di Juwu. Pit oltre sapremo che Aronne ha tre anni pitt di Mosé (7,7), sua moglie 2 Blisaberta («ll mio Dio @ pienezzalil mio Dio ha giurato»), imparentata alla prestigiosa crib di Giuda (Nm 1,7), dalla quale ha quattro figli: Nadab («gene- 1050»); Abiu (vegli mio padre»), Eleazaro («Dio aiu- ta») e Itamar («egli & apparso»2): i primi due faranno una brutta fine, gli ultimi due subentreranno ad Aronne (Ly 10,1-7). In questo testo affiora una tensione: Aronne appa- re pi importante di Most e lo precede sempre; essi sono per antonomasia coloro ai quali Dio ha affidato il compito dell’esodo. Al v. 27 il narratore sente il bisogno di ristabilire la gerarchia: Mosé viene prima di Aronne... 164 Esodo 6, 17,5 C) Il programma di Dio (Es 7,1-5) Letrura "II Signore disse a Mose: «Vedi io ti ho posto (a fare le veci di) Dio (‘Elohim) per il Faraone: Aronne tuo fratello, sari il tuo profeta (abi). Ta gli dirai quanto io ti o-dine! Aronne tuo fratello parlerd al Faraone perché lasci part ai Isracliti dal suo paese. *Ma io indurird il cuore del Fa- Faone e moltiplicherd i miei segni e i miei prodigi nel pae- se d'Egitto, ‘Il Faraone non vi ascolter’ io porrd a mano (natan ‘et jad) contro I Egitto e fard cosi uscire dal paese ¢Pliga lz mile echicse, £ mio popolo degl Imac, ean Vintervento di grandi castighi (shefatim ghedolim). “Allora gi Egiant sapranno che io sono i Signore, quando se rola mano (natah ‘et jad) contro Egitto heads mezzo a loro gli Israelity "Ia presenza di tematiche git note, iiuna semplice ripetizione; il voca- \elle espressioni particolari, dal sa- “sme «porre la manon, «stendere la git noto «grandi castighin. E ammatico di 7,1-5 & estremamen- 1€ offre una chiave di lectura anti- i vista di Dio, delle due prossime “14 (JL. Ska). ntetizzata in 7,1-4a e corrisponde aghe» di Es 7,7-11,10. Dio ricon- i suoi inviati: Mose quessa volta <2 sss cewvsny non solo per Aronne, ma per lo stesso Faraone, mentre Aronne sar’ il «profeta» (na- 6’) di Most (cf. 4,16). Jrtwtt ripete la sua strategia di «indurire il cuore» del Faraone, ma aggiunge che “moliplicher 1 stoi esegni e prodigi (r+ mofe), 165 la rconferma del sogno: la mono di Dio e la terra della sposa vale a dire i suoi avvertimentis cuttavia, prevede il fal- limento della missione di Mos? ¢ Aronne. La seconda fase @ sintetizzata in 7,4b-5 ¢ corti- sponde agli eventi di Es 12-14. Stavolta egli agiri da solo, in prima persona. «Porte la mano» (natan et yad) ® un’espressione unica che indica una sentenza ancipite, di salvezza dell’innocente e di condanna del colpevole; gli Israeliti usciranno come «squadroni» ¢ il loro esodo sara come una parata 0 un'avanzata mi- litare. Tutto cid, come é stato detto in Es 6,6 avverra mediante «i grandi castighi» (shefatim ghedolim), ov- vero «giudizi» che JHWH non ha mai fatto prima e che serviranno da lezione esemplare a chi li contem- plera (Ez 5,8-15). Questa fase sari coronata da suc- cesso: JHWH rivendicher’ la sua superiorita sulle divi- nica egiziane (Es 12,12; Nm 33,4), e nel miracolo del mare attuera l'uscita delle schiere d’Istaele ¢ Pan- nientamento di quelle degli Egiziani. Sara in quel momento, quando estender’ la mano» (natal ‘et jad, cf. Is 5,25; 31,3) che gli Egiziani vedranno la loro arroganza severamente punita, ¢ conosceranno Juwu in tutta la sua gloria ¢ santita (cf. Ez 28,22- 23), Tutto questo, perd, Mos® e il lettore dovranno progressivamente sperimentarlo (cf. «vedi», v. 1). Ancora una volta, va notato che l'intervento di Dio non mira a far si che il Faraone riconosca la credibi lita di Mosé, ma riconosca piuttosto il potere di quel- lo JHwH che ha detto sprezzantemente di non cono- scere (5,1). Imattoni del racconto Gli studiosi attribuiscono unanimemente 6,2-7,5 alla fonte Sacerdotale, tranne il v. 1, actribuito allo Jabvista. II vocabolario é tipico di P, vista la genealo- gia ¢ Vimportanza attribuita ad Aronne. La teologia 166 Code 6, 17,5 soggiacente raccoglie i frutti maturi del messaggio dei due grandi profeti esilici e post-esilici, come Eze- chiele e il Secondo ¢ Terzo Isaia, con i quali condivi- de Pimmagine di Dio come «sposo», «redentore», il tema del «ticonoscimento di JHWH» e la visione della stessa storia d’Istacle (cf. Ez 20). Importante qui é il collegamento con i patriarchi, nel segno di una con- tinuita delle promesse. Nella stesura finale non man- cano interventi di una mano (post-sacerdotale?), che ristabilisce la primazia di Mosé rispetto ad Aronne (cf. il v. 27 rispetto al v. 26). Spunti per la riflessione e Le scadenze di Dio “tazione di Mosé sembra smentire di Dio nella storia. Dio risponde scadenze e i suoi tempi sono diver~ — omini, Nella Bibbia, quasi sempre accia e di disorientamento, quella attesa pud degencrare in delusio- accade a Mose, ma anche in una ne quella di chi dice «Faccia pre- pera sua affinché la vediamo!» (Is 28), 0 finanche in uno sfrontato ). Dio é fedele e agisce secondo il sce nell’occasione da lui fissa- 5[74],3, e nessuna creatura pud nare i suoi piani ela sua agenda, iuditta ai suoi concittadini (Gdt finanzi alle pressioni, alle venta- , anche Gesit ha la sua «ora» e il suo tempo stabilito dal Padre (Le 4,13; Gv 13,1), cosi come ai cristiani perseguicati viene chiesto di pa- rientare in atesa della defiitiva vieworia del Regno (Ap 6,11). 167 {a riconferma def sogno: la mano di Dio e fa tera della spas valea dire i suoi avvertimenti; tuttavia, prevede il fal- limento della missione di Most e Aronne. La seconda fase ? sintetizzata in 7,4b-5 ¢ corti- sponde agli eventi di Es 12-14, Stavolta egli agiri da solo, in prima persona. «Porre la mano» (natan et jad) & un'espressione unica che indica una sentenza Ancipite, di salvezza dellinnocente e di condanna del colpevole; gli Isracliti usciranno come «squadroni ¢ il loro esodo sari come una parata 0 un’avanzata mi- litare. Tutto cid, come é stato detto in Es 6,6 avverra mediante i grandi castighin (shefatim ghedolin), ov- vero «giudizi» che JuwiH non ha mai fatto prima e che serviranno da lezione esemplare a chi li contem- pleri (Ez 5,8-15). Questa fase sari coronata da suc- cesso: JHWHt rivendicher’ la sua superioric’ sulle divi- nich egiziane (Es 12,12; Nm 33,4), ¢ nel miracolo del mare attuer’ Puscita delle schiere d'Isracle ¢ Pan- nientamento di quelle degli Egiziani. Sara in quel momento, quando «stendera {a mano» (natab et jad, cf. Is 5,25; 31,3) che gli Egiziani vedranno la loro arroganza severamente punita, ¢ conosceranno Jxwe in tutta la sua gloria e santita (cf, Ez 28,22- ay Tutto questo, perd, Mosé e il letcore dovranno progressivamente sperimentarlo (cf. «vedin, v. 1). Ancora una volta, va notato che Pintervento di Dio non mira a far si che il Faraone riconosca la credil lita di Mosé, ma riconosca piuttosto il potere di quel- lo Juwwti che ha detto sprezzantemente di non cono- scere (5,1). I mattoni del racconto Gli studiosi attribuiscono unanimemente 6,2-7,5 alla fonte Sacerdotale, tranne il v. 1, attribuito allo Jahvista. II vocabolario é tipico di P, vista la genealo- gia ¢ limportanza attribuita ad Aronne. La teologia 166 a Code 6,17,5 soggiacente raccoglie i frutti maturi del messaggio dei due grandi profeti esilici e post-esilici, come Ez chiele e il Secondo e Terzo Isaia, con i quali condiv de l'immagine di Dio come «sposo», «redentorey, i tema del «ticonoscimento di JHWH» e la visione della stessa storia d’Israele (cf. Ez 20). Importante qui é il collegamento con i patriarchi, nel segno di una con- tinuita delle promesse. Nella stesura finale non man- cano interventi di una mano (post-sacerdotale2), che ristabilisce la primazia di Mose rispetto ad Aronne (cf. il v. 27 rispetto al v. 26). Spunti per la riflessione e Le scadenze di Dio L’amara constatazione di Most sembra smentire Ja presenza attiva di Dio nella storia. Dio risponde di «essercin; le sue scadenze ¢ i suoi tempi sono diver- sida quegli degli uomini. Nella Bibbia, quasi sempre in contesti di minaccia e di disorientamento, quella che & una legittima atcesa pud degenerare in delusio- ne, paralisi, come accade a Mose, ma anche in una sfida sarcastica, come quella di chi dice «Faccia pre- sto, acceleri pure I'opera sua affinché la vediamol» (Is 5,19; cf. Ez 12,21-28), o finanche in uno sftontato ricatto (cf. Gdt 7,31). Dio & fedele e agisce secondo il suo calendario: egli agisce nell occasione da lui fissa- ta, come dice ‘Sef 75{74],3, e nessuna creatura pud pretendere di impegnare i suoi piani e la sua agenda, come ammonisce Giuditta ai suoi concittadini (Gdet 8,12-17). Nel NT, dinanzi alle pressioni, alle tenta- zioni e alle richieste, anche Gest ha la sia «ora» ¢ il suo tempo stabilito dal Padre (Le 4,13; Gv 13,1), cosi come ai cristiani perseguitati viene chiesto di pa- riencare in attesa delle defnitiva vittoria del Regno (Ap 6,11) 167 la viconleamer def segne: ke mano dl Dio e fa tema della sposa © I volti dell’Amore Nelloracolo di Es 6,2-8, «lo sono colui che sono» rivela i suoi volt pit folgoranti:é il Dio liberatore, il Redentore 0 «parente pitt stretto» (Go'el), il Padre che adotta, il Fidanzato-Sposo d'Israele. II narratore biblico sfrutta tutta la tastiera delle immagini pit belle e vitali per tentare di esprimere una realta inef- fabile che & fondamentalmente d'amore; immagini che si completano e si compenetrano, senza contrad- dirsi ed escludersi, metafore che rinviano al mistero diun Olkre. Come avverte Ben Sira: «Potremmo dite molte cose € mai finiremmo; ma per concludere: “Bgli & tutto!”... Nel glorificare il Signore esaltatelo quanto potete, perché ancora pili in alto sara... Chi Jo ha contemplato ¢ lo descriveri? Chi pud magnifi- catlo come egli &» (Sir 43,27-31). I volti di Jiwnt sono diventati carne in Gesit di Nazareth (Gv 14,9) egli & lo Sposo venuto a rivendicare la sua sposa, la nuova Gerusalemme, che sta preparando il suo cor- redo dinozze, prima di catrate nel posseso eterno di cieli nuovi e terre nuove (Ap 21-22): un’erediea riser- vata non soltanto a Israele, ma a cutta 'umanita. Il NT non esitera a presentare la salvezza di Gesti come Patto definitive di un Go'l che riscatta 'umanita senza vendette, ma dando se stesso come prezzo di riscatto (cf. 1Cor 1,20; Rm 3,24; Ef 1,7; Tt 2,14; 1Pt 1,18-19). © Profezia e sacerdazio Nel nostro testo affiorano tensioni tra Ia figura di Most e quella di Aronne, tra il carisma della profezia ¢ quello che sari il ruolo del sacerdozio. Vale la pena norare che nel libro dell’Esodo quella di Aronne & una figura ambivalente, presentata sia sotto una luce positiva, ma anche negativa. Tutte le volte che agisce in sintonia con Most, come in Es 17 ¢ 24 svolge un 168 Esodo 6,1.7,5 ruolo positivo; tutte le volte che agisce da solo, la- sciandosi guidare ¢ ascoltando la voce del popolo, anziché i «suggerimenti» (Tora!) di Mosé, combina guai ¢ si trasforma a suo modo in «faraone», come vedremo nell’episodio del vitello d'oro in Es 32. Il conflitto tra profezia e sacerdozio apparir’ in tutta la sua drammaticica nel ministero di diversi profetis ad esempio, nel conflicco tra Amos ¢ Amasia (Am 7), di Geremia con Pascur (Ger 20), nelle invettive di Osea (Os 4-6) e di Ezechiele (Ez 8; 22). E.curioso notare come Geremia ed Ezechiele, ¢ nel NT Giovanni Bat- tista, tutti provenienti da famiglie sacerdorali, metta- no in secondo piano questa loro prerogativa eredita- ria, per scommettere la loro vita sul primato della profezia. Se agli occhi di Dio «l’amore é pit importante del sactificio, la conoscenza di Dio pid degli olocaustin (Os 6,6), nel NT il laico Gesit presentera un Samari- tano, impuro e bastardo, come colui che ha capito il cuore della Legge, diversamente dal levica edal sacer- dote (Le 10,25-37). ATTUALIZZAZIONE Come per Es 3, suggeriamo di rileggere la confer- ma della vocazione di Most come un testo che non riguarda soltanto chi stato chiamato a una vocazio- ne religiosa, ma chiungue vive la sua vocazione al- Vinterno del popolo di Dio. Questa riconferma ci aiuta a capire che la strada di ogni vocazione non & ‘mai scontata; l’euforia del primo incontro pud spe- gnersi nell’abitudine, pud conoscere bartute d’atre- sto, delusioni. L’importante & saper tiandare alle mo- svazionisorgive,vagliando al crogiolo le expeienze positive e negative acquisite, trasformandole in ma- turica, senza ripiegamenti, ma con lo sguardo capace 169 lo riconferma del sogno: la mano al Dio @ la terra dello sposa di speranza. E la stessa esperienza di Elia all’Oreb, che consigliamo di rileggere e accostare alla lectio del nostro testo (si leggano di continuo i capp. 17-19 di TRe, che narrano tf passaggio del profes Gall cuforia, alla depressione, al nuovo incontro con Dio, con ka sua voce dal «suono di un rabbrividente silenzio»). Nel cammino vocazionale sono necessari i bilanci ¢ le riconferme, cosi come i «sabati dell’anima ¢ del corpo, che ritemprano ¢ irrobustiscono: questo vale, lo ripetiamo, per ogni vocazione uman: Qui la vocazione di Most sembra essere quella dell'«amico dello sposo», cio® quella di preparare la sposa per l'unico sposo che é Jtiwt, cosi come Gio- vanni Battista e Paolo preparano la sposa per Cristo (Gv 3,29; 2Cor 11,2). Questa definizione di «amico dello sposo», applicabile a chi svolge un ruolo di edu- catore in ambit diversi, el eutela da due pericois dal rischio di arrogarsi il diritto che appartiene esclusiva- mente allo Sposo, dal rischio di «sedurre», persino plagiare, pretendendo che le persone siano a nostra immagine e somiglianza, invece di «e-ducares e farle ediventare cid che devono essere»; dal rischio, non ‘meno insidioso, di «lasciar fare», non impegnarsi, del- la serie «visto che non lo sono io, tanto ci pensera lo Sposo...»; & errore del servo infingardo che ha sep- cllito il talento, non avendo a cuore, come se fosse ey Tazienda del padrone (Mt 25,14-30). Un altro spunto su cui meditare pud derivare dalla tensione tra profezia e sacerdozio, che oggi potrem- mo attualizzare nella tensione tra carisma ¢ istituzio- ne, Istituzione e carisma non dovrebbero essere in antagonismo, né in reciproca esclusione, visto che sono originariamente frutto del medesimo Spirito. La storia e la tradizione assomigliano a un fiume: a valle, portano acqua ¢ minetali preziosi, spesso perd accanto a detriti e sostanze inquinanti. Occorrera sempre risalire alla fonte, come criterio ultimo di de- 170 Esodo 6, 17,5 cisione, li dove il primaco della Parola ¢ il suggeri mento costante dello Spirito non possono smentire se stessi Per quanto riguarda le nostre impazienze dinanzi al «temporeggiare» di Dio, @ Agostino a rassicurarc «Non rammaricarti se non ricevi subito da Dio cid che gli chiedis egli vuole beneficarti molto di pit, per Ja tua perseveranza nel rimanere con lui nella preghie- ra. Egli vuole che nella preghiera si eserciti il nostro desiderio, in modo che diventiamo capaci di ticevere cid che e pronto a darci» (Lettere, 130,8). 171 ll confronto: chi é il sovrano? Finalmente arviviamo al grande confronto tra Jaws e Faraone e i loro rispettivi portavoce. La posta in gioco § alas of tanta di aipere chi bil owranon dlaelee pertanto, chi detiene i diritti sul «servizio» (avodah) degli Israelti: Faraone, che conosce solo la logica della «sohiavition, oppure Jun, che chiama Israele a un «ser- vizio» cultuale? Pit radicalmente, si tratta di conoscere chi é Junwn; fino a ora il Faraone ha detto arregante- mente di non conoscerlo, mentre gli Israeiti,insieme ai lettori, conoscono il_suo nome, ma non sanno ancora che cosa & capace di fare. Fino a questo punto ci sono state soltanto promesie. I esegni» del potere affidato a Mosé (Es 4,1-9) sono stati ofistuati solo per gli Israeliti, non per Faraone; Mose ¢ Aronne sono stati sbeffeggiati ¢ ‘smentiti sia dal popolo sia dagli Egiziani. Il cbastone di Dion con tutto il suo potere trasformante ¢ le sue «v0- civ é rimasto inerte, mentre l'unica voce convincente sembra restare quella del «bastone» degli aguezini 173 Lastruttura Come suggerito dal programma di Jirwtt in Es 7,1-5 questo grande confionto si svolge in due rappe ben defi- nite: 4) Es7.6-11,10: il fallimento della missione di Mose ¢ Aronne presso il Faraone. I segni e i prodigi. 4) Es 12-14 il giudisio di Dio. La Pasqua, la decima ‘pidga, il mivacolo del mare: uscita d'lsraele, annien- tamento degli Egiziani. Nel suo stadio finale, si tratta di una grandiosa co- struzione artistico-teologica, che, come un arco, va dalla schiavith alla liberté e si svolge in dodici atti, 0, se si vuole, dodici epifanie del potere di Juwet, Questi dodici auii consistono nelle cosiddette udieci piaghen, precedute da segno del bastone che si trasforma in drago e culmi- nanti nel miracolo del mare. In queste ¢ ifanie, in cui Jun dispiega le sue armi cosmiche, egh non solo si fa «riconoscere» dal Faraone, ma si rivela come il Creatore della natura e della storia, il sovrano non solo dTsraele, ma anche dell Egitto e dell intero universo, che non co- nosce né concorrenti divini né umani. Nella prima tappa (7,6-11,10) egli offre a Faraone tutte le chance per poter cambiare e diventare collabo- ratore del suo progetto di liberazione: questa prima fase approda al fillimento. Ma, nella seconda tappa (Es 12- 14), Vincontro rifiutato diventa «scontro» ineludibiles daila controversia si passa a un giudizio, che comporta inevitabilmente una sentenza di vita e di morte: liberta per gli Israeli, annientamento degli Egiziani. Tutto cid avverrét nell evento del «miracolo del mare», 174 IL DECALOGO DEGLI AVVERTIMENTI Esodo 7,6-11,10 Letrura Chiediamo al singolo lettore, o al gruppo di ascol- to, la fatica di una previa e attenta lettura di questa sezione, che, per quanto ci consta, viene purtroppo espunta dal lezionario feriale e domenicale ¢ rischia di essete una pagina dimenticata, perché scomoda. Nel racconto dell’Esodo ha una sua logica fonda- mentale. © Piaghe o awvertimenti? Con un titolo consacrato dall'uso, questa sezione viene intitolata «Le Piaghe d'Egitto»; pitt precisa- mente, sarebbe il caso diparlare di «colpi», dato che il verbo della loro esecuzione, «colpire» (nakth) ri- corre ben 11 volte (7,17; 7,20.25; 8,12.13; 9,15. 25; 12,13.29). Il testo definisce «piagay soltanto la decima (nega’, Es 11,1), mentre le prime nove rice- vono varie definizioni, in particolare quella di «segni ¢ prodigi». Soffermiamoci su queste definizioni: a) segni (‘os Es 7,3; 10,1-2). Si uratta di segni che rivelano il potere di Dio nella creazione, nella storia e nel culto (cf. Gn 1,14; Es 31,17); sono spesso sino- nimi di prodigi (Is 8,18). b) prodigi (mofet; Es 7,3.9; 11,9-10). Il termine designa un segno anticipatorio (pradigium significa 175 I decolege degli awvertment «dire prima»), un simbolo da interpretare come un awertimento, soprattutto nell’ambito di un’azione profetica (come, ad esempio, le pantomime* gravide di sinistri presagi in 1Re 13,3; Ez 12,6; 24,24). Il fine di questi prodigi @ il riconoscimento di Jrswit come «Signore» (Ne 9,10). ©) flagelli (magghefah). Questo termine nel rac- conto ricorre solo in Es 9,14. Letteralmente significa «colpon, «strage» (cf. Nm 17,13-15): il verbo nagaf «colpire», ricorrera altrove (Es 7,27; Es 12,23.27), con JHWH come autore e Egitto come bersaglio. Questi tre termini implicano una discriminant, che suona in modo ancipite come vita ed elezione per alcuni, condanna e morte per altri (cf. Dt 4,34- 35; Nm 14,37-38; 17,13): sono segni che comporte- ranno effettivamente una «distinzione» tra Israeliti ed Egiziani. Precisi indizi ci permettono di suddividere questa prima tappa di Es 7,6-11,10 in due parti: 1D) Introduzione (il bastone trasformato) pitt le prime no- ve piaghe (7,6-10,29) I)L’annuncio della decima piaga (11, 1-10). Laprima paste (7,8-29) Questa prima parte costituisce un’unita ben deli- mitata: tutti i dieci episodi che la compongono ven- gono definiti «segni e prodigi», presentando la stessa prospettiva e lo stesso vocabolario. Sono gli unici che si realizzano immediatamente e vedono coinvolti in prima persona Mosé e Aronne. L’udienza presso il Faraone con il prodigio del bastone che inghiotte quello dei maghi Egiziani, funge da «chiaver per il prosieguo del racconto. L'unita ¢ confermata dal so- vrapporsi di due architeteure, La prima di tipo chia- stico, @ la seguente: 176 Esodo 7.6-11,10 a) 1. Il bastone mutato in dragone (7,8-13). ) IL L’acqua cambiata in sangue (7,14-25). o)M. Le tane (7,26-8,11). d) IV, Le zanzare (8,12-15). ©). I mosconi (8,16-28). e’) VI. La peste (9,1-7). d) VIL. Le ulcere (9,8-12). ) VIL. La grandine (9,13-35). b’) IX. Le cavallette (10,1-20). a’) X. Le tenebre (10,21-27). Notiamo che alla prima serie dei cinque segni cor- risponde in ordine inverso la seconda serie di cinque. Questa disposizione & intenzionale perché segna un progresso nella tensione della narrazione, delle azioni dei personaggi e nella gravich dei segni (W. Vogels) La seconda archieettura é di tipo ternario e concer- ne le prime nove «piaghe». Alcuni indizi strvtcurali permettono di organizzarle in tre «triadi>. 1 0 um 1. Sangue 7. Grandine 8. Cavallerce 9. Tenebre 4, Mosconi 2. Rane 5, Peste 3. Zannare 6. Uleere Nella prima piaga di ogni terna JHWH ordina di presentarsi al Faraone al mattino (due volte presso il Nilo) per preavvisarlo della piaga (7,15; 8,16; 9,13); anche nella seconda di ogni terna continua Por di preavvisare Faraone (7,26; 9,1; 10,1); la terza pia- ga avviene invece senza preavviso (8,12; 9,8; 10,21). Per ogni segno, pur nelle variazioni, ritroviamo elementi comuni, di cui tre sempre presenti: a) I'in- troduzione «JHwr disse a Most»; b) la descrizione 77 Iidecalege degli awveriment della realizzazione del segno; c) la menzione dell’in- durimento del cuore di Faraone, II discorso directo di Jinwu é caratterizzato da due ritornelli: «Lascia partire il mio popolo perché mi serva» (716.26; 8, 16; 9,1.13; 10,3); «saprai che io sono il Signore» (Es 7,175 8,6.185 9,14; 10,2). A livello di ambiti natura- li, dal acqua si passa alla terra, poi alla vita animale ¢ a quella umana. La seconda parte: Pannuncio della decima pi: (111-10) bei Questa vera e propria «piaga» si discosta dalle pre- cedenti. Viene considerata definitiva e unica (chad) e verri eseguita soltanto da Jiwit, senza il bastone di Most. Qui non c’é pi richiesta, ma certezza: «Vi la- sceri pattire», cosi come manca il tema dellinduri- mento. Si tratta di un annuncio, la cui realizzazione viene ritardata: serve a preparate la festa di Pasqua e Puscita INTERPRETAZIONE, E chiaro che a questo punto lo scontro @ inevita- bile: JuwHt deve dimostrare di essere tale e che le sue parole non sono frutto della fantasia dell’ex egiziano ed ex pastore Most. Il Faraone dal canto suo non tollera antagonisti divini, Comincia il «duello» che JHWH non vuole mortale, ma che drammaticamente finira per diventarlo; dietto di esso «si profila lo scon- tro titanico e cosmico tra il Dio della liberti e il male idolatrico e oppressivo» (G. Ravasi) Per esprimere yg scontro tra JHWH e il Farao- ne, il narratore sfrutta cutta la tastiera degli effetti speciali, alcuni di carattere epico, che trasfigurano il reale in meraviglioso e verosimile: il linguaggio si fa apocalittico. Con licenza poetica dovuta, non si pre- 176 Exodo 7611,10 occupa di ripetizioni, doppioni incongruenze; il fi- ne é «colpite» il lettore, coinvolgendolo nel racconto ce accendendo in lui lo «stupore» dinanzi alle meravi- glie divine. Proprio perché la posta in gioco é gran- de, pud essere narrata solo in modo grandioso; per questo non esita a concentrare tutti i fenomeni na- turali conosciuti nella sua epoca, a ingigantitli e ad amalgamarli con altri pitt straordinari 0 apoosita- mente «creativ. Come abbiamo anticipato nell’ /ntro- duzione, alcuni fenomeni descrieti sono ben noti ¢ comuni in Egitto e rientrano nel ciclo naturele, co- me Pacqua del Nilo che diventa rossa per i detriti argillosi, come la proliferazione di rane ¢ zanzare quando le acque si ritirano in autunno, o come le cempeste di sabbia che coprono il paese con una cappa di tenebre. L’unico fenomeno taro in Egitto, ma non in Palestina, @ la grandine. Tuttavia, spiega- re in modo esclusivamente naturalistico il racconto sarebbe banalizzarlo, cosi come sarebbe fuori luogo rimproverare doppioni (i mosconi sembrano sosia delle zanzate), contraddizioni (ad esempio, se tutto il bestiame era interamente morto nella piaga prece- dente della peste, come pué essere colpito da quelle successive delle ulcere, della grandine e dello stermi nio dei primogeniti animali? Per non chiederci poi quali cavalli abbia utilizzato dopo il Faraone per in- seguir llr.) Echiaro che il narrator inglo- ba una serie di calamita ben note ai lettori, in fun- zione non di una mera cronaca, ma di un racconto squisitamente «teologico», che mette in risalto il va- lore significativo di questi «segniv: lungi dallessere potenze naturali divinizzate, sono strumenti al serv zio dell’ Unico Creatore (come in Gn 1), rivelano la sua onnipotenza, distinguono innocenti ¢ colpevolis sono opportuniti concesse al ravvedimento del Fa- raone, ma rifiutate, diventano la causa del suc indu- rimento. 179 I decaloge dlegl awvertine Il risultato finale di questo lavorio, frutto di sedi mentazioni, abbellimentie rilecture, @ una costruzio- ne artistico-teologica alquanto elaborata, composta per essere cantata o recitata. La dinamica del racconto © L’eta di Mosé e di Aronne (7,6-7) La sezione si apre con una sorta di titolo, che rias- sume quanto faranno Most e Aronne ed evidenzia la loro azione in perfetta obbedienza agli ordini di Jxiwit Il narratore, com’e nello stile di P, ci comuni- ca la loro ets pur straordinaria (Sal 90[89],10), que- sti ottuagenari sono incontestabilmente anzianis & una riprova che Dio «mette le ali», come aquile, alla loro vecchiaia, in una giovinezza che nasce dallaffi- damento alla sua parola (Is 40,31; Sal 103(102],5). Notiamo che tutta la vita di Mosé viene scandita da tte squaresime»: a quarant’anni «esce» dalla corte egi ziana, a ottanta «esce» per liberate Istaele per «uscire» definitivamente di scena a 120 anni (Dt 34,7). Ii sprodigios (7,8-13) II narratore introduce gli attori dello scontro ¢ lo schema di base della sequenza dei prodigi successivi. Dauna parte JHwri e i suoi servi Most e Aronne con- tro Faraone € i suoi servi, maghi e ministri. Questo primo «prodigio» (maf) per la prima volta viene ri chiesto dallo stesso Faraone ¢ avviene nella cerchia ristretca di corte, vale a dire nell’élite pitt raffinata del sapere e del potere egiziano. Tutta la scena si im- pernia sul ebastone» di Mosé, ora affidato ad Aron- ne, che assumeri un ruolo-chiave. Qui il bastone si trasforma in un serpente mostruoso, 0 «drago» (ean- nin, v. 10). La scelta di questo sinonimo piu: mitolo- gico © poctico, anziché di quell pit contune & pro- 180 Esodo 7.611,10 saico «serpente» (nachash, visto in Es 4,3), @ alquanto evocativa, perché Tannin, Leviatan ¢ Raab, erano i mostri degli abissi marini, personificazioni delle po- tenze primordiali del caos; spesso sono in equivalen- za, simboleggiando teriomorficamente la superpo- tenza dell’Egitto, chiamato appunto «il grande coc- codrillo» (sannin) 0 «arroganza» (rahab) (cf. Is 30,7 51,9; Ez 29,2); qualcuno lo associa al cobra, che in- sieme al coccodrillo era il simbolo del monarca nella iconografia egiziana. Assistiamo a una significativa antitesi: Faraone scimmiotta JHWr, convocando i suoi maghi e sapienti che operano la stessa trasforma- zione; ma il fatto che il bastone di Aronne inghiotta i bastoni dei maghi Egiziani indica la superioriei del potere di Jerwit. In questo preludio notiamo tre cose importanti. Come previsto da Dio, il Faraone non viene mini- ‘mamente smosso da questa prova di forza. La poten- za magica della sapienza egitana& ceramente vinta, ‘ma non negata. Inoltre— gli attori del racconto anco- ra non lo sanno — questo prodigio pud prefigurare Gquanco Jui fark nel miracolo del mare (ls 31,10), © Laprima terna di piaghe (7,14-8,15) Questa prima terna (sangue, rane, zanzare) serve a rispondere alla domanda «chi é Juwit» (7,17; 8,6.18- 19). Le prime due piaghe hanno come ambito il dio- Nilo, la vita stessa e economia dell Egitto; colpen- dolo e facendolo colpire, Juwi dimosera la sua supe- riorita € quella dei suoi inviati: anche il Nilo & una sua creatura, In occasione della prima e seconda pi ga i maghi ripetono lo stesso prodigio (7,22; 8,3), ‘ma sortiscono ironicamente un peggioramento della situazione, non un rimedio. Dal Nilo si passa alla tetra ¢ alle abitazioni. Dopo la seconda piaga, il Fa- raone sembra ravvedersi ¢ chiede l’intercessione di Most per la cessazione del flagello; ma, intervenuto 181 IW decalogo degh awentimentt il sollievo, Faraone indurisce di nuovo il suo cuore. La terza piaga non viene preavvisata e sancisce beffar- damente il fallimento dei maghi («non riuscirono a produrre zanzare», 8,14), che sono costretti a ricono- scere nel bastone di Most e di Aronne «il dito di Dio», ossia un potere divino superiore (8,15). Nono- stante questo, il Faraone resta volutamente prigio- niero della sua caparbia sordie’. @ Laseconda tema di piaghe (8,16-9,12) Questa seconda terna (i mosconi, la peste, le ulce- re) tivela la presenza di JHwi in mezzo al «paese» @'Egitto (8,18.21; 9,5.9) € il suo incontrastato pote- re sulla vita umana, animale ¢ vegetale. Nella quarta € quinta piaga, Jinwti opera un atto di «distinzione» (il verbo nella forma causativa & palah, 8,18; 9,4) tra terre ¢ bestiame degli Egiziani e quelli degli Isracli- tis questa xeccezione» viene presentata letteralmente come un «riscatto» (pedut, 8,19), una cernita, che esprime la preferenza di Dio e chi egli tutela (cf. Is 50,2): «riscattare etimologicamente indica un «trar- re fuori per attirare a sé». La menzione del bestiame e il rifiuto di Mosé di compiere sacrifici animali che potevano urtare la suscettibilita degli Egiziani (v. 22) suona un po’ ironica nei confronti della religione egiziana, che considerava sacri alcuni animali (come esempio il bue, simbolo del dio Api, 0 Variete, simbolo del dio Khnum). JHiwit @ il loro sovrano ¢ nessun dio egiziano interviene in loro favore! La sesta piaga rivela il potere ricevuto da Mosé sulla «lebbra» che esplode in forma di infezioni ulcerose; assistia- mo, con un indubbio sarcasmo, alla totale e umilian- te sconfitta dei maghi che, nonostante la loro sapien- za, vengono anch’essi colpiti, al pari degli aleri, da pustole, per scomparire scombuiati ed emarginati dalla scena (9,11). 182 Exudo 7.611,10 © Laterza tema di piaghe (9,13-10,29) Questa terza serie (la grandine, le cavallette, le te- nebre) & molto pitt lunga e dettagliata delle prece- denti, permeata da un forte sentore di morte: affer- ma Passoluta incomparabilith di Dio (9,14), suggeri- ta anche dalla straordinariet’ di piaghe mai viste in Egitto (9,18.24; 10,6.14), nonché la sua signoria su tutta la terta (9,29). Per la prima volta appare lam- pante il carattere pedagogico di questi «olpis divini: se Dio avesse voluto, avrebbe cancellaro in un sol colpo l'Egittos invece ha voluto «ritardare», concede- re pazientemente ulteriori occasioni, perché Faraone riconoscesse Ia sua «potenza» e il suo «nome» (9,15- 16; cf. Sap 11,15-26). La settima piaga insolita della grandine ha un chiaro carattere teofanico (9,18). Qui abbiamo una distinzione ulkeriore, non solo ta giant eIraclt, ma alfinterno degl sess Eg ziani, tra chi «teme/rispetta» JHWH e chi non se ne cura (9,20.26), La toralita della desolazione risuona nel’aggettivo «tutto», ripetuto cinque volte. Questa volta Faraone dichiara il proprio torto e riconosce le ragioni di Dio; come prima, richiede lintercessione di Mosé per bloccare la grandine (9,27-28). Mose accetta a malincuore, prevedendo il cuore fedifrago di Faraone, il quale, insieme ai suoi ministi, dopo lo scampato pericolo, fa finta di niente e ritratta le sue promesse. L’ortava piaga delle cavallette, cata- strofe ben nota ¢ temuta (in Gl 1-2 ¢ immagine del «giorno del Signore»), vede Faraone sempre pitt solo nel suo acceeamento dinanzi alla parola e ai segni. Il racconto insiste sull'aspetto catechetico del segno (Es 10,2). Palese diventa l'indignazione di Juwrt che chiede al Faraone di «curvarsi dinanzi alla sua faccia» (‘anah mippend) che significa sottomettersi umilmente ed equivale a liberate il popolo (10,3). Stavolta, gli stessi 183 | I desalogo deglh awertiment Most e Aronne «induriscono» il loro atteggiamento ni suoi confront (10,6; cf. 7,23) e gli stesst suoi mi- nistri esasperati dalla paura, lo implorano di liberarsi al pitt presto degli Israeliti, ravvisando in Mosé Aronne delle mine vaganti (moggesh, 10,7), che por- teranno alla rovina P’Egitto, Faraone sembra propen. so a una concessione parziale, inviando gli Istacliti adulti, ma trattenendo come ostaggi donne e bam- binis egli non esita a rivelare la sua innata logica di schiavitt, insinuando dubbi sui veri desideti degli Istaclti e definendo «un progetto malvagio» il servite Juwu (10,10). Nuovamente, dopo la piaga, Faraone dichiara la propria colpeolezs, questa volta non solo nei con- onti di JutwH, ma anche dei suoi inviati egli chiede il loro perdono e la loro intercessione (vv. 16-17); si tratta, pero, di un pentimento effimero, che ripiom- ba in una ostinazione sempre pid cieca, La nona pia- ga, nella sua distinzione tra luce pet gli Israel dense tenebre per gli Egiziani, é un chiaro anticipo del giudizio che sta diventando imminente (Is 9,1). Qui Mos® non usa il bastone, ma la mano. La luce non é un elemento del cosmo, ma il vestito stesso di Dio; ora, dinanzi al Dio d’Isracle, Ra, il dio egiziano del Sole, non pud comperere, né proteggere i suoi adoratori, Stavolta il Faraone sembra concedere una partenza incondizionata, che perd come al solito fini- sce in un ricatto, trattenendo il bestiame e impeden- do di fatto i sacrificia Jurwn. Il non lasciare «neppure un’unghia» del proprio bestiame in Egitto & il segno di una totale presa di distanza dagli oppressoris esso serviri per i sacrfici a Juiwi una volea giunti al luogo prefissato: solo li Israele imparera «come» rendere culto al Signore (10,26). Il Faraone, pero, non mol- la, Questa nona piaga si chiude con la rottura totale dei negoziati con Mose. La proibizione di presentarsi al cospetto (letteralmente «rivedere la facia», v. 29), 184 Esodo 7,6-11,10 verri smentita da un’ultima udienza (11,8) e dalla onvocazione di Mose dopo la mort dei primogeit (12,31); tuttavia, si avverera con tragica ironia al Ma- re dei Giunchi, quando lo stesso Most promette agli Israeliti che non avrebbero mai pit rivisto la facci degli Egiziani (14,13). Va notato che la piaga delle tenebre dura tre giorni ¢, a differenza delle altre, non si descrive la sua fine: forse serve a evocare agli Egiziani il ritorno al caos (Gn 1,2-4), ¢ per gliEbrei a preparare la notte di Pasqua. # Annuncio della decima piaga (11,1-10) Come abbiamo detto, questa decima piaga risulta una voce aglunts alle precedeni ma se ne dstin- gue. Il brano si apre con Pannuncio di Dio; Most lo riferisce, ma non é chiaro chi siano i suoi destinatari: il v. 8 ci fa propendere per Faraone. Jutwi anticipa a Most che sara solo Lui a colpire in modo decisivo e finalmente il Faraone affrancheri gli Isracliti. Il termine «piaga» (nega’, unica ricorren- za del sostantivo nel libro dell’Esodo) designa gene- ricamente una «percossa» e ricorre con frequenza nel libro del Levitico, in rapporto alla percossa della lebbra» (Lv 13-14; 2Re 15,5). Rispetto ai prece- denti prodigi, che prevedevano mediatori e ua'ever tualitt di cambiamento del Faraone («se Farzone ri fiuta...»), questa piaga non @ una minaccia, ma una sentenza irreversibile. Pur nelle variant, si tacta di una ripresa di alcune promesse gia fatte. Lesado vie-~ ne presentato sia come una fuga, sia come espulsio- ne ¢ si ripete che il Signore rendera bendisposti gli Egiziani (Es 3,20-21). Questo favore serve a giustifi- care una uscita sovraccarica di ricchi doni. Un'intru- jione del narratore segnala il prestigio goduto da Most presso gli Egiziani: questo elemento nuovo di- pinge un Most con tute le ere in egoa di faruro cader. 185 UV decalogo degli awvertiment ‘Most riferisce il messaggio. B innegabile il suo ca- rattere culminante e colpisce la sua inconsueta porta- ta, valea dire la morte di cut i primogenitin d Epi to, da quello del Faraone a quello del bestiame. In Es 4,23 si era parlato solo della morte del primogenito del Faraone, minaccia che solo adesso Mosé sfrutta nei suoi confronti, La morte dei primogeniti sara la neta conferma di una distinzione (palab, cf. 11,7) tra Egitto e Israele da parte di Dio, Nessuno, neppu- re un cane, potta far del male (etteralmente vafllera la lingua», cf. Gs 10,21) contro Isracle; questo pud semplicemante sigaficare che eutto areca nella ol mae, persino i cani, i primi a dare Yallarme, non la- treranno, oppure pus significare che Israele sari al riparo da qualsiasi maledizione 0 imprecazione. Si pteannuncia che la reazione degli Egiziani sari diver- sa da quella avura verso i segni passati: si prostemne- ranno dinanzi a Mose, in un gesto di ticonoscimento ¢€ sottomissione (cf. Es 4,31) e saranno loro stessi a invocare luscita degli Israeliti. La collera di Mose, segnalata qui per la prima vol- ta iflette quella di Dio (Es 4,147 33 19) ¢segnals la sua presa di distanza, ormai insanabile, dal Faraone: permetrendo Vindurimento, che é frutto di una libe- ra scelta del Faraone, Jiiwti lo smaschera 0, detto al- trimenti, lo fa «diventate» pienamente quel che & ed & sempre stato: un tiranno orgoglioso, «dio a se stes- so» (D. Barsotti. Iw. 9-10 ricapitolano, a mo’ d’inclusione, questa prima tappa disegnata da Es 7,4a, che ha visto la mokiplicazione dei «prodigin in’ mano a Mos? e ad Aronne, ma anche il loro fallimento. Imattoni del racconto Questi capitoli sono un montaggio di documenti e di tradizioni orali, che la critica delle fonti ateribui- 186 Esodo 7,611,10 va principalmente allo Jehovista (J + E) e al Sacerdo- tale; tale montaggio non ha evitato di lasciare nel te- sto alcune fratture o incoerenze. Alla combinazione J +E vengono attribuite la quarta, la quinta, la settima € nona piaga, alla fonte P il terzo e il sesto prodigio, mentre JE P risulterebbero amalgamati nella pri- ma, nella seconda e nella decima piaga. In J + E Mo- 2 viene presentato come un profeca soltario devant al Faraone e le piaghe sono autentiche calamita per castigare il Faraone. Nella fonte P & Aronne ad avere un ruolo notevole agendo con il bastone su ordine di tun Mos? secondario; le piaghe, pitt che flagell, sono piuttosto «prodigiv, che legittimano Mosé-e Aronne ¢ prefigurano il giudizio finale. Attualmente perd, se tenes inclscutibile Pa porto di P, risultano percepibi- li cuciture redazionali post-sacerdotali. E possibile che esistesse nel Regno del Nord una tradizione pre-esilica sulle piaghe (cf. 1Sam 6,6), successivamente rielaborata € rimpolpata; quanto al loro numero, le tradizioni divergono (nove in Sal 78{77],44-51; otto in Sal 105{104],28-36; sei in Sap 11-18). Nel nostro racconto il redattore finale ha scelto di presentarne dieci per esprimere totalita e pluralich (come le dieci dita di una mano). Come ha segnalato J.L. Ska, il testo di Es 7-11 sciorina vocabelarioe tematiche affni alla leweratura profetica, come la «formula del messaggero» — «cosi dice il Signore» —, la formula di riconoscimento — caffinché tu sappia/voi sappiate che io sono il Signo- re» ~, il tema dellindurimento del cuore e dell inter- cessione del profeta; c’é una certa analogia cor alcuni testi di Amos (Am 4,6-12; 7-9) e qualche collega- mento con testi anti-egiziani di Isaia (ad es., Is 18,1- 75 19,1-15; 31,1-3). 187 WW decalogo degh awernimenti Spunti per la riflessione » Un uomo assennato non trascura l'avvertimento; quello empio e superbo non prova timore» (Sir 32,18) Le piaghe sono paradossalmente un atto d'amore di Dio nei confronti del Faraone; sono «frustate» fi- nalizzate a farlo rinsavire (Pro 3,12; Sir 30,1-3), dicci avvertimenti ben dosati che mirano a recuperarlo a farlo strumento del suo disegno di liberazione; come afferma il libro della Sapienza: «Tu castighi poco alla volta i colpevoli e li ammonisci ricordando loro i propri peccati, perché rinnegata la malvagita, creda- no in te Signore» (Sap 12,1). Dio lascia a Faraone la liberta di decidere, di fare tesoro delle sue lezioni cor- rettive (musar, cf. Dt 11,2): questo perché, lo ripetia- mo, anche Faraone e 'Egitto sono sue creature. Vi sono momenti in cui Faraone sembra pentitsi, ma si tratta di conversioni effimere, dovute piit alla «pau- ray che al «timore di Dio», conversioni che non esita a ritrattare, volendo decidere lui cid che & bene e ma- le per Israele, infischiandosene di Juwni e dei suoi inviati: questo sbeffegeiare (talal) equivale a non vo- ler riconoscere JHwit (Es 8,25; Ger 9,4-5), Nono- stante Pavvertimento dei suoi maghi e dei suoi mini- stri, Faraone indurisce sempre di pit il proprio cuo- re, fino a firmare la propria ovina e quella della sua gence (cf. al contrario i Filistei in 1Sam 6,6). Lerrore di Faraone é quello che la Bibbia chiama il «grande peccato», cioe Porgoglio (Sal 19{18].4), il rifiuto di riconoscersi creatura dinanzi all unico so- vrano e creatore. E una superbia che svela qui tutta |a sua tidicola insensatezza, gia manifestata allinizio del racconto; come ha ben scritto D. Bonhéffer, avendola sperimentata nella propria pelle e nei lager nazist, «la stupidita @ un nemico del bene pitt peri- coloso della malvagiti» (Resistenza e Resa, 62). 188 Esodo 7,6-11,10 @ «ll Signore si vendica delle nazioni, frantuma lo scettro deglt ingiusti e rende glustizia al suo popolo» (Sir 35,19-23) Con la sequenza delle piaghe Dio instaura una vertenza bilaterale, che mira a indurre il Faraone a riconoscere il suo torto. Rispetto al knock-out sbriga- tivo di Mosé nel far fuori |'Egiziano, qui sorprende la pazienza di Dio, che lascia vivere il Faraone per ma- nifestare la propria potenza (Es 9,15). Questo riv squisitamente profetico viene affidato come media- tore a Mosé, affiancato da Aronne. In almeno due occasioni il Faraone confessa la propria colpa contro Juwit e poi anche contro Mosé e Aronne: «Questa Yolta ho peccato (chata’): il Signore ha ragione (tsad- dig): io ¢ il mio popolo siamo colpevoli (resha im)» (Es 9,27); «Ho peccato (chata’) contro il Signore € contro di voi, ma ora perdonate il mio peccato anche questa volta» (Es 10,17). Il linguaggio qui & chiaramente forense (cf. Gs 7,19; Dn. 9,7-9; Ne 9,33): JHWH é innocente, Farao- ne & colpevole, Mosé ¢ Aronne sono scagionati dal- Paccusa di fare del male al popolo. Tuttavia, il Farao- ne si conferma un impenitente voltagabbana, come lo sara il re Acab (1Re 21,25-27); persino dopo la morte dei primogeniti non tiene conto della iezione. A questo punto, chi non vuole essere perdonato, d venta imperdonabile e dalla vertenza bilaterale si pas- sa automaticamente al giudizio con la sua sentenza definitiva, che verri eseguita nel passaggio del Mare. La progressiva «distinzione» tra Istaeliti ed Egiziani, nella sequenza delle piaghe, non fa altro che antici- pare questo giudizio definitivo, che mira a far «cono- scere chi 8 Jriwrn». 189 Wdecalogo degh avvernmenn ‘* «Quando comanda, tutto si comple come piace a lui, e niente pud ostacolarlo quando interviene per saluare (Sir 39,18 - Tic) Le lage, come una sorta di panopliatenificante rivelano la potenza ¢ la signoria di Juwit: tutte le energie della natura combattono al suo ordine. Usando un’altra immagine cara alla Bibbia, sono una sorta di edoglien, di contrazioni dolorose che preludono a una nuova nascita. I nostro racconto ridicolizza la potenza delle divi- nih egiziane ¢ quella pretesa dal Faraone: egli non pud ergersi allo stesso livello di Dio; anche il «dio» Nilo e gli animali sacri risuleano sottomessi a Juwi. ‘Tra tutti gli elementi naturali di cui Dio si serve manca il mare, che perd sara il protagonista in Es 14; Dio lo ha domato sin dall'inizio della creazione (Gb 38,10), cosi come i terribili mostri marini (so- vente immagine dell’Egitto) sono i giocattoli con cui si diverte (Sal 104{103],26; Gb 40,29), Lapotenza di JHWH ¢ il bastone divino ridicolizaa- no anche la sapienza magica egiziana e i suoi pit ri- nomati esponenti, «i sapienti, gli incantatori, i maghi A Egitto con le loro magie» (7,11), I primi e i terzi ricordano quelli surclassati da Giuseppe (Gn 41,8), mentre le magie possono alludere ai famosi papiri magici contenenti le formule segrete. seco che cosa fard a voi a mia volta se...» (Lv 26,16) Iracconto delle piaghe deve servire da lezione an- che a Israele, come emerge nella catechesi tipicamen- te deuteronomica di Es 10,2: «perché cu possa rac- contare e fissare nella memoria di tuo figlio ¢ di tuo nipote come io ho trattato gli Egiziani e i segni che ho compiuto in mezzo a loro ¢ cosi saprete che io 190 Esodo 7,611,10 sono il Signore» (ef. Dt 4,9; 6,20-23). Gli stessi colpi riservati alla terra d’Egiteo e ai suoi abitanti saranno riservati alla terra promessa del popolo eletto, tutte le volte in cui «non ascolter’» JHWH, cutte le volte che lo dimentichera, scegliendosi altri partner, di 0 su- perpotenze stranicre, confidando nella propria auco- sufficienza ¢ nella propria ottusa arroganza. Lo di- mostra tn testo come Am 4,6-12: neppure la tragica distruzione di Samaria (= Regno d'Israele), nono- stante i severi richiami di Dio, & servita da monito esemplare alla sua sorella Gerusalemme (= Regno di iuda); (cf. Ez 23). Dopo lesperienza dellesilio, «madre di tutte le piaghe», lo ammoniranno con amara coscienza retrospettiva le maledizioni di Lv 26,14-39 e Dt 28,15-68. Una carattetistica di Isracle & quella di assomiglia- re troppo al Faraone; come lui «non é tornato a chi lo percuoteva» e non ha fatto tesoro di questi «ceffoni» paterni di Dio, indurendosi nella propria ostinazione (Is 9,12; Ger 2,30; 5,3; Os 7,10). wo tutti quelli che amo li rimprovero e li educo» (Ap 3,19) Nel NT anche Gest non lesina avvertimerti, ma sta alla porta e bussa; a volte delicatamente, come nel caso dell’adultera, «Va’ e non peccare pitt», a volte severamente come nelle invettive di Mt 23 o nella cacciata dei venditori dal tempio (Gv 2,13-22). Pian- ge su Gerusalemme, che non ha riconosciuto © capi- to il giorno in cui é seata visitata (Le 19,41), denun- cia Pindurimento di cuore, invita a saper leggere fat- ti, anche luttuosi, come invite lezioni prowvidenziali alla conversione (cf. Le 13,1-5). I colpi di Ges sono anche i stoi segni che guariscono, sono le sue para- bole, che non violentano gli ascoltatori, ma fanno sa- pienzialmente appello alla loro intelligenza; sono i 191 1 decalogo degh oweniment suoi gesti scandalosi che abbattono barriere e pregi- dizi, oppure gesti d'amore, come il boccone per Git- da nell'ultima cena, inattesa profferta di comunione e di amicizia: un boccone che si trasforma in condan- na ¢ porta Giuda a uscire da questa comunione ¢ a far entrare satana nel suo cuore (Gv 13,21-30). Significativamente, anche ultimo libro della Bib- bia cristiana, PApocalisse, @ un libro di avvertimenti e di giudizi, Nel settenario delle letere (Ap 2-3) i Risorto lancia sette «vertenze» bilateral alla sua chie- sa, approvando e rimproverando, stimolando ¢ acc sando, perché la sua sposa ritorni a essere sempre pitt malata d'amore. Nei settenati dei sigili, delle trombe e delle coppe, che riprendono e amplificano le pi ghe dell’Esodo, ritroviamo i «flagelliv di Dio in una sorta di grandiosa liturgia di giustizia: Faraone diven- tal/Ancitrinit’, simbolo di ogni sistema antagonista a Dio, Lo scenario si divide tra chi ha il sigllo di Dio ¢ chi ha il marchio della Bestia. I primi vengono pre- servati, i secondi vengono colpiti: cla terrible pre- visione che questi ultimi «bestemmino Dio, che ha in suo potere tali flagelli, invece di ravvedersi per ren- dergli omaggio» (Ap 16,9). La storia continua fino al giomo del giudizio finale; il veggente di Patmos lo guarda con ottimismo, sperando che lo stagno di fuoco escatologico resti vuoto. ATTUALIZZAZIONE Un primo simpatico spunto pud derivare dalleta di Most ¢ Aronne. G. Garcia Marquez inizia il suo romanzo L'amore ai tempi del colera con un sessan- tenne che si uccide, sconvolto dall’idea di invecchia- re, convinto che «la vecchiaia fosse uno stato inde- cente che doveva essere impedito per tempo». In 192 Esodo 7,0+11,10 tuna societa come quella attuale, che esorcizza la sua orrida fobia della vecchiaia, il nostro testo ci dice che Dio ama, non rottama i vecchi; egli si diverte ad agire attraverso la gratuita e la debolezza di vegliar- di meravigliosi, come Abramo o Barzillai, Anna o Simeone, per non scordare Loide, la nonna di Ti- moteo. Non solo i pastori, ma ogni credente & chiamato al compito profetico della wcorrezione fraternas (Mt 18,15); sta a lui scegliere i tempi e i modi, come Pao- lo, che soppesa le possibilita di intervenire «on il ba- stone, 0 con amore e con dolcezza d’animo» {1Cor 4,21), Persino il mite Francesco d’ Assisi, come si nar- ra, «non sapeva accarezzare i vizi, ma li feriva, né ap- provava chi viveva nei peccati, ma li scuoteva con aspre rampogne, cosi che anche uomini illustsi per fama e dignita tremavano dinanai a lui di salutare tre- more». Naturalmente una correzione che pud na- scere solo da un cuore putificato dallo Spirito, dalla preghiera e da un occhio liberato dalle propre trav... Un altro spunto di attualizzazione pud derivare dal rapporto che i credenti hanno con il mondo della magia. Ancora oggi, ma forse oggi pit} che mai, all’i- nizio di un terzo millennio che sperimenta leclissi di Dio ¢ si ritrova «orfano del sacro», assistiamo a peri- colose suggestioni e commistioni; ¢ innegabile la fio- ritura di sette magiche, il prosperare di un mercato dell’occultismo e di pratiche esoteriche, ma non manca chi dsinoltamente contina &leggete Povo: scopo 0 i tarocchi accanto al Vangelo, o addirit-ura si serve della parola di Dio ¢ dei sacramenti per propor- re una concezione magica dell’esperienza cristiana. «Anche satana si maschera da angelo di luce» (2Cor 11,14), cosi come il profetare e il «compiere miraco- non bastano a garantire la salvezza, se non sicom- pie la volonta di Dio (cf. Me 7,22-23)! 193 1 decalogo degli awveniment! Pid in profondita, il racconto ci sprona a tenere conto dei giudizi immanenti di Dio nella nosera sto- ia. Per Israele e per noi lettori suonano come un «decalogo» di avvertimenti, che ci mette in guardia dal diventare a nostra volta Faraoni, con Vortusiti di chi non vuol essere smosso dai propri piedistalli¢ dai propri idole cerca di bloccare il disegno di Dio nella propria esistenza ¢ in quella degli altri 194 LA PASQUA E LA DECIMA PIAGA Esodo 12,1-13,16 Letrura Lesecuzione della decima piaga della morte dei primogeniti e la successiva partenza degli Israciti, ri- sultano incastonate da una serie di istruzioni per la celebrazione della festa di Pasqua, degli Azzimi e del- la consacrazione dei primogeniti. Quel che per la no- stra sensibilita moderna sembra una frattura del filo narrativo, in realt’ si rivela una deliberata e sedimen- cata scelta catechetica: Pstituzione «simultanca» di jueste tre celebrazioni risulta radicata nel momento Ache liberazione dTsracle dallEgieo ¢ ognuna ti lo. ro evoca, come memoriale perenne, un aspetto di quel che avvenne nella notte della liberazione La lettura del testo rivela una fusione di fatti stori- ci pratiche liturgiche, con inserzioni catechetiche per Fistruzione dei figli ¢ continui passaggi dal tem- 10 degli attori del racconto agli attori delle epoche Freure: E come se leggessimo tun messale senza solu. zione di continuita, che alterna il comando del rito, la rubrica che ne illustra le modalita di esecuzione ¢ Ja sua motivazione radicata nella storia. La versione liturgica e quella storica dei fatti sono in una sim- biosi perfetta ed 2 difficile precisare il loro reciproco influsso: per usare un'immagine d’Ezechiele, la pri- tea eae, nerv,repltoo, La seconde & eomsataran, E nella proclamazione liturgica che il «fatto» diventa «evento». Ecco la struttura del brano. 195 La Pasquar © ka cecime pioges 8) 121-20: Rituale della Pasqua e degli Azcimi. B) 12,21-27a: Celebrazione della Pasqua. w. 27b-28: Esecuzione. © 12,29-39: Morte dei primogeniti e partenza degli Isracit. vw. 40-42: Commento del narratore. 8) 12,43-49: Prescrizioni sui partecipanti alla Pasqua. wy. 50-51. Esecuzione. 4) 13,1-16: Rituale della consacrazione dei primogenici ce degli Azzimi, INTERPRETAZIONE A) Rituale della celebrazione della Pasqua e degli Azzimi (12,1-20) (P) Questo primo branoistusce la feta di Pasqua e ne motiva la liturgia come «memoriale» perenne del- uscita dall’Egitto. «Memoriale» (zikkaron) & un ter- iin ltrgico, e va inteso non come un mero fico do cronachistico o una rivisitazione nostalgica, ma come un’attualizzazione nel presente di un evento passato, con lo sguardo rivolto al futuro. Tale istitu- zione ha come autore lo stesso JHWH ¢ avviene «nel pacse d'Egitto». E una precisa volonta di Dio, che Masé ¢ Aronne dovranno comunicare «a tutta la co- munita (‘edah) d’Isracle» vista nella sua dimensione di assemblea: & nel culto, infatti, che lo zikkaron di- spiega cutta la sua potente energia di rendere attivo il jono della liberta di «ieriv nell’«oggin della comuniti celebrante. Si tratta di una istituzione eccezionale, perché tut- te le leggi verranno date al Sinai. Questa «anterioritin gronologc significa che In Pasqua precede e fonda i : solo la liberazione permertera a un popolo di 196 Esodo 12,113,16 entrare liberamente nell’Alleanza ¢ accettarne le nor- me. La Pasqua é l'inizio» del «tempo» dIstaele, @ il «principio» (ro sh, cf. Gn 1,1) di una nuova ereazio- ne; nella notte di Pasqua un popolo di schiavi liberati adiventa» Isracle; al Sinai impareri a wvivere» ¢ «ser- vire» come Isracle. Questa festa cambier’ il calenda- rio degli Israeliti: dall’autunno, il «primo dei mesi dell’anno» si sposta in primavera, al mese di Abib, delle spighe mature (13,4), in seguito chiamato Ni san (marzo-aprile).. La festa celebra due riti: quello del sacrificio dell'- ynello pasquale ¢ quello dei pani azzimi. Non sono FEvce «tuoven; originariamente, infatti, erano due fe- ste contestualmente diverse e distinte, legate al ciclo della natura; la «novitin sta nel fatto che vengono stadicate dal loro primitivo fondale nomadico e agri- colo per essere storicizzate e fuse in un’unica festa, che diventa memoriale dell'esodo degli Israeli. © M sacrificio dell agnello pasquale (12,1-14). ~Que- sto tito viene descritto minuziosamente da JitWH a Most ¢ ad Aronne. E una sorta di pasto sacro e fami- liare, congiunto all'uso del sangue come segno apo- tropaico. In origine si trattava di un sacrificio offerto dai pastori a primavera, in occasione della transu- manza, per proteggere il bestiame nel momento cri- tico del parto. Il rito veniva celebrato di notte, nel Paccampamento, senza la presenza di sacerdoti, aleari © santuaris si sgozzava un giovane animale maschio, normalmente tn agnello, senza difetti, nato nell’an- no e, pertanto, commestibile per la sua carne tenera: le sue ossa non venivano spezzate perché si riteneva che la sua vita ritornasse nei parti Futuri del gregge. Lagnello veniva poi arrostito sulla brace e con il suo sangue si spruzzavano i piolie gli ingresi delle tende dell’accampamento per allontanare ogni pericolo di sterminio. II pane veniva mangiato «azzimo» (= senza 197 les Poses © ha decines plage lievito), cio® come una focaccia non fermentata cotta direttamente sulla brace: questo permetteva, come ancot oggi, rapiditi e conservazione; le erbe amare del desetto sostituivano le spezie o gli aromi. Il mo- ‘mento della festa coincideva con la prima luna piena econ a notte pitt luminosa di marzo/aprile. L'abbi- gliamento dei pastori era quello pit comodo per una pronta partenza: sandali ai piedi, fianchi cinti, basto- ne in mano. II pasto sacrificale esprimeva la comu- nione con il clan d'appartenenza ea divinita e dove. va essere consumato interamente, senza sprechi avanzi, per evitare ogni profanazione. Tutti questi dettagli rientrano nel rito prescritto dal nostro testo, il quale lascia intuite che fosse gi noto agli Israeliti. Ma quella che era una festa ciclica di un cambiamento o «passaggio» della natura, viene adottata per esprimere una «volta» decisiva nella sto- ria d’Istaele; essa viene trasfigurata nel memoriale di un fatto storico, quello della iberazione dall’Egitto della «transumanza» degli Israeli verso il «pascolo» i una terra stabile. Questa festa diventa la «Pasqua del Signore» (v. 11). L'etimologia del termine «pa- squa» (pesach) & discussa; normalmente la si deriva dal raro verbo pasach che significa «zoppicaren (2Sam 4,4) o «saltare, passare oltre», forse con con- jotazione di danza cultuale (1Re 18,21). Per Es 12 il significato & assai chiaro: @ il «passaggio» di JuwHt in mezzo all'Egitto, che comporta vitae morie; Jiiwit passa e colpisce i primogeniti Egiziani, mentre «passa oltre», nel senso di «risparmia» (come in Is 31,5), le case degli Israeliti, contrassegnate dal sangue della pasqua. Nel v, 14, dal chiaro sapore liturgico, J11WHt stesso sigilla la notte e il mattino della Prima Pasqua come memoriale della sua festa (chag le-Jrwr), come «il giomo» per antonomasia della vita d'Istacle e lo con- sega come «ordine» al futuro di ogni generazione, 198 Esodo 12,1-13,16 perché attualizzato nel culto, diventi rivivibile per sempre. Nella Bibbia é il primo «ordine/decreto» (ehuagah) che Dio incide nel tempo ¢ nella storia di Isracle, che permetteri di non ricadere nella schiavitd di Egitto. Q I rito degli Azzimi (12,15-20). ~ Al rito dell'a- gnello segue immediatamente quello della festa degli Azzimi. L'inizio della festa, il «quattordici del mese», coincide con Pimmolazione dell agnello pasquale (Es 12,6,18). Il termine greco azzimi traduce un termine ebraico che potrebbe derivare dal verbo che significa «essere senza sapore» (matsah). Anche questo rito ha origini antiche; diversamente dalla Pasqua, festa di pastori seminomadi, che si celebrava in famiglia € non richiedeva santuari, quella degli Azzimi era una festa tipica di agricoltori sedentari, che si celebrava in un pellegrinaggio di maschi adulti a un santuario. Era collegata al primo raccolto stagionale, quello del- Porzo, e consisteva nell’offerta del primo covone € nella cottuta del primo pane che se ne ricavava, im- pastat senza evi. La sta drava ste gm, per ché tale era il tempo necessario per la trasformazione della farina in lievito. Anche questa festa celebrava tun passaggio ¢ una «putificazioney nel ciclo naturale; climinazione primaverile di ogni vecchio lievito del- Panno precedente indicava l'epurazione di ogni ele- mento di corruzione e di impurita che, nella menta- lita ebraica, sono causate da ogni fermentazione. La settimana della festa & aperta e chiusa da due «convocazioni sacter (migra’ qodesh), che corrispon- dono a due «sabati» (il primo e il settimo) di asten- sione dal lavoro, segnali che riconsegnano il tempo alla Signoria di Dio (cf. Lv 23,2.6-8; Gn 2,3; Es 20,10). Anche questa festa & stata storicizzata e di- venta «osservanza» (v. 17), valida per ogni generazio- ne, delPuscita di Istaele dall’Egitto: se il rito dell'2- 199 lo Fasqua e la decima piaga gnello pasquale insite pi sul pasago di Juv, che cistinzione tra gli Israeiti e gli Egiziani, il rito de- li Azzimi insiste pit sull’uscita dal Egitco. L’elimi- nazione del lievito (chamets) acquista un senso pitt profondo: gli Israeliti liberati devono eliminare, la- sciare in Egitto 0 nel profondo del Mare dei Giun- chi, ogni residuo di un passato di violenza (chamas) gisiana. B) Celebrazione della Pasqua (12,21-28) (JD +P) Le direttive di questo brano sono un supplemento a quelle precedentemente elencate e creano nel testo una fusione tra Porizzonte storico dei personaggi del racconto ¢ quello dei lettori di ogni tempo. Va nota- to che solo Mosé qui trasmette queste direttive agli canziani d'Israeler; come abbiamo visto, questi an- ziani sono importanti, perché costituiscono ¢ garan- tiscono la continuita tra Mos? e i capi delle fucure generazioni d’lsraele. Si ribadisce limportanza del 1 to del «sangue», ma si aggiunge che nessun partec Pante alla pasqua dovra uscire di casa fino al mattino: sono elementi che servono da distinzione ed eviden- iano il «passaggio» ancipire di JHiwH, che passera per colpite IEgico, ma ser le case degli Israeli. Con cabs si rbadisce che questo avvenitnento wvolge € coinvolger’ tutte le generazioni d’Isracle («per te € per i tuoi figli per sempre», v, 21): anche qui si tratta di un «ordine» fissato per sempre, con una finalita catechetica rivolta al futuro (cf. Dt 6,20). La doman- da «cosa significa questo atto di culto (‘avodah) per voi?» (v. 26) si sposta dalla contingenza storica per diventare contemporaneiti metastorica: celebrate la Pascua significa riconoscersi ¢ immedesimarsi con i «pacri» («quando colpi l Egitto e salvo le mostre case», y. 27), tivivere la stessa esperienza di liberta dalla schiavitt per una liberta al servizio di Dio. 200 Esodo 12,113,106 Questo primo brano si chiude con l'assenso cul- tuale degli Israclti (cf. 4,31), ma anche con 'a loro pronta esecuzione del comando uriosamen- te é la prima volta che obbediscono a questo ordine mediato da Mos? e Aronne. C) La morte dei primogeniti e la partenza degli Israeliti (12,29-42) (J + P) Questa sezione si trova al centro della strutsura di Es 12,1-13,16. La descrizione della morte dei primo- geniti Egiziani é breve, mentre il narratore si soffer- mma sulla partenza degli Israclit, ricapitolando la cro- nologia degli eventi con un suo commento. Q La decima piaga (12,29-30). - Quanto era stato pitt volte preannunciato (Es 4,21-23; 11,1-8; 12, 12-14) avviene! Questo colpo decisivo merita pochi versetti rispetto alle descrizioni delle piaghe prece- denti. Tre elementi sono importanti: @ lo stesso Juwut che «percuoten (nakah, v. 29); la morte si ‘stende a ogni primogenito di uomini e bestie egizia- ni, dal gradino pit alto a quello pit infimo della scala sociale: il Faraone ¢ impotence quanto il suo ultimo carcerato (Sap 18,11); la reazione ¢ il «grande grido» (ise'agah) dell’Egitco; il lettore si accorge che que- st ultimo suona come esito della querela degli Isracli- ti (tse agah, Es 3,3.9; cf. 2,23). Il testo non si soffer- ma affatto a descrivere la modalit il tipo di violenza con cui Dio colpisce. Questa eliminazione dei pri- mogeniti va compresa, pur conservando tutta lin- sondabilita del miscerioso agire divino, sullo sfon- do di una concezione che vuol esprimere la totale so- vranita di Jui, Dio stesso lo aveva anticipato nella minacciosa «legge del taglione» vista in 4,22-23, espressione della sua totale solidarieta con i suoi fighi israelitis nonostante la minaccia, Faraone ha osato at- 201 la Pesqua & fa decima piogo tentare a Israele, primogenito di Dio e, pertanto per- de tutti i suoi primogeniti. Se, per la mentalita anti- a,j figli erano garanzia di un nome e di un futuro, in modo preminente ed emblematico lo era il primo- enito, ela primizia del vigore» di un uomo (Sal 105 104), 36); in Egitto, era il primo figlio del sovrano a trasmettere il lignaggio divino della dinastia, Chi ha minacciato il futuro d'Israele si trova privaro del pro- prio futuro Ora, non va sottaciuto che questa strage urta senza dubbio la nostra sensibilita: ci consegna un Dio non meno omicida del Faraone, cosi come ci saremmo aspettati_una punizione personale del Faraone ¢ non di tutto il suo popolo. E vero che allinizio del rac- conto, tutti gli Egiziani sembrano coinvolti nell’op- pressione d'Israele, ma anche vero che alcuni, @ partire dalla settima piaga (9,20; 10,7), sembrano prendere le dstanze dal Farzone. Queste considers. zioni, per noi oggi inevitabili, non erano problemati- che per chi scriveva Es 12 e per i suoi lettori. In una ideologia come quella biblica ~ ma anche di alere cul- ture coeve — che sottolinea la personalita corporativa di-un monarca, la sua responsabiliti: non & mai sin- gola, ma ha conseguenze colletve (¢f. Peloquente lamento di Davide in 2Sam 24,17): @ il re a determi- nare la sorte del suo popolo (Sir 10,2-3). Da questo punto di vista, il responsabile dell oppressione degli Israciiti non é soltanto il Faraone, ma tutti gli Egizi ni, come lui stesso ha confessato in Es 9,27. A questo si aggiunge il fatto che gli antichi Ebrei non distin- guevano tra «peccato e peccatore», cio’ tra il male come realta astratta e gli individui che ne erano auto- ri; era normale Pequazione tra l'atto malvagio ¢ la persona che lo compiva: l’eliminazione del male, comportava 'eliminazione del suo autore. JHIWH stes- so viene presentato come colui che ripudia il male in tutte le sue forme e ne distrugge le radici e i rami (cf. 202 Exod 12,113,16 Ger 7,8-15). Il racconto fin qui ci ha dimostrato che la malvagita degli Egiziani non & soltanto contro Israele, ma contro Dio stesso, che & chiamato in cau- sa. A questo punto scatta inevitabile un principio fondamentale formulato dalla Bibbia stessa: «Se un uomo pecca contro un altro uomo Dio potri in- tervenire, ma se 'uomo pecca contro il Signore chi potri intercedere per lui?» (1Sam 2,25). E per questo che il narratore biblico non si concede sfumazure € filma drasticamente in ebianco e nero», proprio per esprimere la serieta ¢ la radicalita di un conflitto che, al punto in cui é atrivato, dovri incoronare senza ambiguita un solo vincitore, sancendo la totale im- potenza ¢ la punizione del pretendente rivale ¢ dei suoi sudditi. La solidarieti nel male tra il Farzone € il suo popolo, incapace di protezione, anzi foriera di sangue, mette in rilievo per contrasto quella di JHWit con i suoi (cf. Is 36,5-6): la punizione, un tempo preannunciata come monito pedagogico, si rivela in qualche modo «cercata» ed evidenzia che non ci si pud prendere gioco di Dio (Gb 13,9; Gal 6,7): egli controlla totalmente gli eventi (Ger 23,23-24) e suo 2 il potere sulla vita ¢ sulla morte (1Sam 2,6). Alla fine del cap. 14, il lettore si accorgeri che la morte dei primogeniti non era altro che Fultima occasione di «conversione» per il Faraone; un segnale che, a dif- ferenaa di Davide (2Sam 12,14.20), il Faraone e i suoi non coglieranno in modo esiziale. © La partenza degli Israeliti (12,31-42).~ Il Faraone finora ostinato, o sporadicamente disposto a parziali concessioni, getta la spugna e acconsente ora a tutte le tichieste, senza limiti. Non solo ordina: «Partite», 1a aggiunge: «Benedite anche mey (v. 32). Non & pii if Faraone che si considerava divinamente onni- potente; sence la sua vita in pericolo, come quella di qualsiasi altro servo. L'oppressore ha bisogno della 203 ee t lea Fasqua e fa decima piaga benedizione dei suoi oppressi: se avesse conosciuto Giuseppe, non avrebbe commesso questi errori. Questa volta, ironicamente, sono gli stessi Egizia- ni ¢ fare pressione (lo stesso verbo dell’«indurimen- to», chazag, v. 33) perché il popolo se ne vada al pitt presto dal paese, sentendo sul collo il fiato gelido della morte. Gli’ oppressi trovano la loro rivincita, secondo quanto era stato predetto da JHwH: la men zione del pane non lievitato conferma la loro parten- za in tutta fretta, non prima di avere spogliato, a loro piacimento, gli Egiziani consenzienti (cf. 3,21; 11,2)! La partenza viene descritta militarmente € con un tocco d’ironia: il numero degli Israeliti partenti («sei- centomila», cf. Nm 1,46) & oa che serve a evidenziare la benedizione di un popolo cresciuto. La promessa di Dio si avvera: partono come «schie~ refsquadroni di JuwH» (Es 6,26; 7,4). Tuttavia, tra loro c’é gente eterogenea, raccogliticcia (cf. Nm 11, 4; Ly 24,10; Gs 8,35; Is 14,1); questa promiscuita, definita con un termine ebraico che suona sprezzan. temente come «gentaglia, accozzaglia» (‘ereb, cf. Ger 50,37), segnala che si trata di un’«armata alla Bran- caleone» non troppo raccomandabile! IL brano si chiude con un breve sommario (vy. 40-42), che ricapitola la durata del soggiorno det Israeliti in Egieto: 430 anni (in Gn 15,13-14 la cifra é di 400 anni). Questa volta @ il narratore stesso, dopo Dio ¢ Mosé, a ribadire il valore unico della notte della liberazione, con una professione di fede, che, nuovamente, fonde passato stotico e presente dei lettori di ogni epoca e chiarisce i protagonisti. Una traduzione pit: fedele suona: «Notte di veglia fu quella da parte del Signore per farli uscire dal pae- se gio Questa stessa notte appartiene al Signo- re: veglia per tutti gli Isracliti, attraverso tutte le loro generazioni». 204 tsode 12-13, B’) Prescrizioni sui partecipanti alla Pasqua (12,43-51) (P) 1 narrator aggiungeprescrzionipasquali supple mentari, sempre sotto imprimatur di una parola emanata direttamente da JHWH a Mosé ¢ ad Aronne. La loro inserzione si spiega dopo la menzione della eterogencita dei partenti vista nel v. 38. Nel racconto isultano eseguite (v. 50), ma l’occhio é al futuro: tali disposizioni, infatti, presuppongono gia un insedia- ‘mento nel «paese» (di Canaan, v, 48) ¢ si precccups- no di stabilie a quali condizioni coloro che ron ap- partengono a Israele potranno partecipare alla cele brazione pasquale. Il rito dovra essere celebrato in una precisa cornice domestica e da tutta la comuniti d'Israele (vv. 46-47). Vengono esclusi gli «avventizi» (coshav), cio® gli stranieri di passaggio, e i «mercena- ti» (sakin), cioe i servi salariati, perché non radicati saldamente nel paese; gli schiavi permanenti e gli stranieri con residenza fissa (gher), possono pattert- pare alla celebrazione, a condizione di farsi citconci dere (cf. Gn 17,13). Anche se non ne viene espressa la motivazione come altrove (Dt 10,19), gli Israeliti, un tempo «stranieri» (gher) in Egitto, «incorporano» come cittadini del paese altri stranieri; quest ultimi, al pari dei nativi (ezrach) dovranno perd adeguarsi alle stesse leggi d’Israele (Lv 17,15; 24,16-22); il re- quisito della circoncisione rientra in questi obblighi inderogabili (Nm 9,14). A’) Rituale della consacrazione dei primogeniti ¢ degli Azzimi (13,1-16) (D) Questo brano ha una struttura concentrica che in- castona la festa degli Azzimi (vv. 3-10) tra due diret- tive che riguardano il riscatto dei primogeniti (1- 11-16). La prima direttiva viene comunicata perso- 205 lo Fosqua e la decima piaga nalmente da JHWH a Mosé, mentre la festa e la secon- da direttiva rientrano in una catechesi di Mosé al po- polo. Per sette volte risuona il verbo positivo «uscire» (jatsa’, ww. 3.4.8.9.14.16), per sei volte l'espressione carica di ricordi funesti «dall’Egitto»; curiosamente, solo qui in tutta la sezione di Es 12,1-13,16, c@ una esplicita menzione della «condizione servile» da cui gli Istacliti sono stati liberati. In questo brano lo sguardo é chiaramente al futuro (v. 14) e presuppone un Isracle gia insediato nella terra promessa (vv. 5.6.11), che gia possiede «la legge del Signore» (v. 9). Ambedue i riti devono dinamicamente diventare tun «egno» (‘ot), un memoriale (zikkaron), 0 orna- mentiv (sotafot), che devono informare l'agire (la ma- no) e le prospettive, i desideri ¢ le scelte (gli occhi) di ogni Israelita (vv. 9.16). Per quanto riguarda la celebrazione degli Azzimi, rispetso a 12,15-20 abbiamo una «riletturay con al- cune aggiunte: il rito viene esplicitamente motivato come memoriale della liberazione dalla schiavitd egi ziana (v. 3), c’ Pordine di celebrare questo rito an- nualmente (v. 10), mentre risultano pit: marcati gli aspetti di catechesi familiare, Facendo memoria del- Pesodo (v. 3), ogni Istaclita ne rivive e ne personaliz~ za l’esperienza: «Ea causa di quanto ha fatto il Signo- te per me, quando sono uscitodall Ego» in una co munione di salvezza gratuita sempre disponibile € nella continuita con la storia dei padri, da consegnare ai propri figli (v. 8). Per quanto riguarda la consacrazione dei primoge- niti, enche questo rito, originariamente autonomo (cf. Es 22,28-29), qui appare storicizzato e collegato alla morte dei Bpimogeniti Egiziani (v.16). Un pri ‘mogenito (qui letteralmente «colui che apre l'utero», peter rechem) rappresenta la primizia della vita; in ambito umano, é il veicolo privilegiato dei diricti, del cnomey ¢ della continuit’ di un individuo. Isracle 206 Esodo 12,113,106 riteneva che i primogeniti, sia di uomini che di ani- mali, fossero esclusiva proprieta di Dio (v. 1); ilcon- saerarh 0 riseratli (gedaesd) significava confessasi destinatari, pro-creatori e non creatori della vita, di cui solo JHWH, per cosi dire, possiede il copyrights per ics do crams care caret Giada) cat ricomprati. Se il v. 2 equipara i primogenici di uomi- ni ¢ animali, i wv. 13-15 introducono una evidente distinzione di dignita. Il brano si chiude ribadendo la dimensione di questo rito come memoriale. Imattoni del racconto Il materiale & alquanto eterogeneo e, per comoditi del lettore, lo abbiamo anticipato con le tispettive si- gle accanto ai titoli delle sezioni. Dal punto di vista Storico, si pensa che la combinazione di queste due fesce originariamente distinte sia avvenuta durante la riforma di Giosia (2Re 23,1-23), per altri ancor pr ma, sotto Ezechia (2Cr 30). Va detto che, per alcuni autor, P’istituzione della Pasqua sembra avere un’ori gine pili recente, posteriore a Mose: la menzione de- ali stipiti e dell'architrave delle «case pud rinviare a tun contesto abitativo non pitt nomade, ma urbano. Scendendo nei particolari, la teoria documentaria classica attribuisce principalmente alla fonte J il ito dellaspersione con il sangue delle porte (12,21-23) e iI materiale narraivo della morte dei primogenti ¢ della partenza degli Israeliti (12,29-39). A una mano deuteronomistica si attribuiscono aggiunte catecheti che (12,24-27), ma soprattutto Ia legislaziore sui primogeniti e gli Azzimi (13,1-16). Alla fonte P vie- ne attribuito il materiale legislativo sul rito della Pa squa e degli Azzimi (12,1-20.43-51) e i sommari (wv. 28; 40-42; 50-51). Queste attribuzioni sono perd at- tualmente oggetto di revisioni e, pur non scartando Pantichita del materiale, si tende a ravvisarvi l'inter- 207 la Pasqua e fa decima plaga vento di un’ultima mano post-sacerdotale: ad esem- pio, lattenzione agli stranieri domiciliati sembra na- scete dalla preoccupazione per i proseliti di epoca greca (cf, Is 14,1). Questa Breve analisi diacronica non sembri oziosa al lettore; ci permetteri delle os- servazioni interessanti nel paragrafo successivo. Spunti per la riflessione © La Pasqua come «zikkaron» «dn ogni tempo ciascuno & obbligato a pensare come se fosse egli stesso uscito dall’Egitto... Percid & nostto dovere e nostra gioia ringraziare, lodare, ma- gnificare, esaltare colui che ha compiuto in noi e nei nostri padri cose prodigiose. Egli ci conduce dalla schiaviti alla liberta, dalPamarezza alla gioia, dal lut- to alla festa, dalle renebre alla luce, dalla schiaviti: alla liberazione. Davanti a lui cantiamo Alleluja» (Pe- sachin, 10,5). Questo passo della Mishna esprime perfettamente il significato della celebrazione della Pasqua per Israele; @ uno zikkaron che rende contemporaneo per ogni Israelica di ogni generazione un duplice “passaggion: quello di Dio, che salva le case degli Tract © colpt quelle deli Eezini¢ quello del po- polo, che Dio sha fatto uscire». La Pasqua & questa immedesimazione, non immaginaria, ma esistenziale con la storia che Dio ha fatto nel passato con i padri, da vivere nel presente della propria vita, da consegna- re nel futuro ai propri figli. Non va dimenticata que- sta tensione verso il futuro: essa é gid presente nei verbi della celebrazione (tutti al futuro) ¢ nella pro- spettiva del possesso della terra promessa. Ma la ten- stone si dirige verso la Pasqua ultima ¢ definitiva. Come recita il Poema delle quattro Nott, quella d'E- gitto fu la penultima notte delle quattro in cui Dio 208 Esodo 12,113,160 ha scandito la sua creazione del mondo: «La prima notte fu quella in cui JHWH si manifestd per creare il mondo; Ia seconda notte fur quando si manifestd ad ‘Abramo, promettendogli la nascita di un figlio. La terza notte fu quando si manifesto agli Egiziani a me- ti della notte; la quarta notce sari quando verra il Messia e finira il mondo; é la notte di Pasqua, per il nome di Jitwris notte fissata e riservata per la salvezza di tutte le generazioni d’Israele» (Targum Neofitia Es 12,42). «La Pasqua come identita e scuola di solidarieté La celebrazione pasquale segna Pidentita d’Israele; 1u6 partecipare al rico solo chi & un autentico Israe~ Fira ed € un autentico Israelica solo chi celebra la Pa- squa. Va notato che é una festa «democratica» rivolta acutta la comunitd d'Isracle € non prerogativa di po- chi privilegiati. Rispetto a chi non ¢ Israclita, non Ce chiusuta, ma proposta: i requisiti richiesti a chi @ straniero, ate possa sentirsi «nativo», sono segni concreti di accettazione di una storia di salvezza che Dio ha cominciato con i padri e di una scelta di ap- partenenza a questa storia e a questa identita. I riti, visti nelle loro rubriche, sono una scuola di professione di fede, di lode, di racconto e condivisio- ne della propria esperienza, di solidariet, di essenzia- lied. II protagonisca Jitwti e lui solo viene magnifi- cato; tuto é dipeso da lui: Israele pud solo narrare, celebrate, vivere questa liberta, come azione di gra- zie, di lode e di tradizione Cha polifonia di liturgisti o narratori Leterogeneita del materiale ¢ la sua distribuzione pus suscitare nei moderni lettori qualche perplessit certo, il tutto ha una sua coerenza, ma ci si pud do- mandare perché il narratore finale speta o riprenda alcune normative sulla Pasqua o sugli Azzimi, senza 209 {a Pasque © ka decima piaga sistematizzarle in un unico blocco. Inoltre, nella Bibbia, il nostro testo non é 'unico a legiferare sulla Pasqua ¢ i riti descrieti; ne abbiamo altri, con varian- ti, ad esempio in Lv 23,5-8; Nm 28,16-25; Dt 16,1-8. Perché pit «voci», una accanto 0 distante dallaltra? Tutto cid si spiega se si tengono presen quelle leg dell nara bibles vite ne 1 Intro- luzione: anzitutto la legge della «precedenza», per cui cid che viene prima € superiore a cid che viene dopo. Questo ci consente di valutare limportanza dei testi nella sequenza in cui appaiono, e ci permet- te di apprezzare la priorit’ della Pasqua sull’evento del Sinai. Un’alera legge @ quella della «conservazio- ne»: anche se una norma, 0 un rito, © un racconto cade in disuso, 0 non é pit al passo con i tempi, non lo si butta via, abolendolo, ma lo si mantiene correg- gendolo ¢ interpretandolo, perché resti vivo € con- servi la sua ricchezza. Questa legge si sposa a quella dell wcontinnitis;iper,cul el sccéa,glawamence cB che ¢ antico ¢ lo si aggiorna, perché abbia valore e incidenza nel presente. Queste deggin soggiacciono a tutto il Pentateuco e a tutta la Bibbia; sono un esempio di come il patrimonio di esperienze, di let- ture e di sensibilita diverse, non vengono disprezza- te, ma accolte nella ricchezza che ogni polifonia pud far scaturire. © «Cristo, nostra Pasqua, é stato immolato!» (1Cor 5,7) La Pasqua cristiana si innesta su quella ebraica, in una logic di continu edi superamenco, Di solito si sottolinea pit il superamento, che fa emergere I'in- discussa novita e definitivit’ dell'evento-Gesu, ma va tenuto altrettanto presente l'aspetto di continuita, che ci tutcla da falsi fondamentalismi e soprattutto da strumentalizzazioni antigiudaiche contro i nostri «fratelli maggiori 210 Esodo 12,113,16 Gesit, stando ai Vangeli, ha celebrato, da perfetto laico ebreo, il rito della Pasqua almeno quattro volte, tuna con i suoi genitori, le altre con i suoi discepoli. Nella sua epoca, il rito veniva celebrato in famiglia in un gruppo di persone: ci si procurava un agnello, Jo si portava al rempio di Gerusalemme per imrolar- lo poi alla sera, in casa, lo si consumava tra preghie- re e canti, facendo memoria della liberazione dall’E- ito. L'ultima Pasqua di Gest, attesa ardentemente, E stata celebrata cosi: curiosamente, i Sinottici parla- no del pane ¢ del calice, ma evitano di menzionare la carne dellagnello; tuna «svistay forse deliberata, per dirci che 'Agnello era lui, come fa esptessamente il IV Vangelo, dallinizio alla fine. 11 Vangelo di Gio- vanni presenta Gesit come colui che porta a pienezza la Pasqua ebraica: egli é P«Agnello di Dio che toglie il peceato del mondon; il suo cammino verso la croce inizia a mezzogiorno del giorno di Parasceve, ciot nello stesso momento in cui venivano sgozzati al tempio gli agnelli per la celebrazione della Pasqua (Gv 19,14); la sua morte ha chiare allusioni pasquali: Paceto gli viene porto su un ramo d'issopo (la pianta richiesta in Es 12,22; trad. Cei: «canna») e non eli viene spezzato alcun osso, come & preseritto pet l'a- snello pasquale (Es 12,46). Gesti dilata la salvezza ella Pasqua ebraica, aprendola non solo alle pecore del popolo d'lsracle, ma al «mondo», a tutta Pumani- ti fino ad allora straniera. Il suo «deporte la vita», come chicco di grano e sangue della vite, diventa il nuovo memoriale per sempre: «Fate questo in me- moria di me» (1Cor 11,23-26). L'antico memoriale ebraico prefigurava questa Pasqua di Gest, «agnello senza difetti e senza macchia, predestinato gia prima della fondazione del mondo» (1P¢ 1,19-20), figura in ui si fondono quella di Isacco ¢ quella del Servo sof- ferente. Gli antichi segni diventano simboli di una nuova esistenza: in 1Cor 5,6-13 Paolo raccomandera 2u1 a Fasqua e lo decima piaga ai cristiani di essere vazzimin, cio’ integrali (non «in- tegralistiv!), liberi da ogni fermento di corruzione e di peccato, scevri del lievito di Erode che & violenza € menzogna, ¢ di salvaguardare la propria identita di persone impastate dallo Spirito, prendendo le distan- ze da compromessi e da incoerenze che inquinano € pervertono la fede. La Prima lettera di Pietro rilegge in chiave pasquale l'esperienza cristiana, vista come pellegrinaggio in cui ogni credente deve letteralmen- te «cingere le reni della mente» (1Pt 1,13), pronto ¢ vigilante a vivere la propria santita di persona riscat- tata dal sangue dell Agnello. Anche la Pasqua cristiana & zikkaron che rende contemporanei tutti i credenti alla Pasqua del Cristos ogni credente, battezzato nel suo nome e segnato dal «sigillo» del suo sangue, vive sin d’ora la salvezza; nel grande mistero pasquale che ogni cucaristia annun- Cia ¢ ticorda la morte e la risurrezione del Signore, nell’attesa della sua venuta (Cor 11,26). ATTUALIZZAZIONE Tl commento ha gid suggerito alcuni spunti di at- tualizzazione, Anzitutto ci invita a ripensare le moda- lith con cui noi viviamo evento centrale della Pa- squa ela celebrazione eucaristica vista come banchet- to pasquale, specialmente nella domenica «giorno del Signore»; mi limito a segnalare come esempi una cer- ta inveterata disattenzione verso il Triduo Pasquale, spesso confinato nelle nostre parrocchie al rango di cenerentola, o all’obbligo del precetto pasquale, os- servato semel in anno, come si clebra ke lurgia del Carneyale. In tal senso possono essere utili una seria riflessione e un eventuale approfondimento su quan- to il Catechismo della Chiesa Cattolica espone sul sa- cramento dell'eucaristia (in particolare i nn, 1322- 212 Cade 12,119,16 1419). Olere al fateo di riscoprire eucaristia nella sua dimensione trinitaria, come azione di grazie e lo- de al Padre, come memoriale del sacrificio di Cristo € del suo Corpo e come presenza di Cristo in virtit del- la porenza della sua Parola e del suo Spirito, pud es- sete utile verificare se sia anche spazio di condivisio ne, di essenzialita, ¢ perché no, di «democraziay in cui tutti i credenti sono soggetti, insieme al presiden- te, di celebrazione, ma soprattutto di solidarieta. Un aneddoto é cloquente: si racconta che Gregorio Ma- ggno, accortosi che un povero giaceva morto presso il portale della chiesa in cui celebrava, la chiuse per di- versi giorni... La leetera di Giacomo ci ammonisce sul peticolo di trasformare le nostre assemblee in oc- casioni di discriminazioni e di emarginazioni o di mera coreografia (Gc 2). La Prima lettera di Pietro ud aiutarci a riscoprire la dimensione pellegrinante ce nomade delle nostre comunita («parrocchia» deriva da parvikia: «soggiorno in terra stranieray, cf. 1Pt 2,11). Un altro spunto, semplicemente accennato, pud sorgere dalla concezione che soggiace all’antico gesto del riscatto dei primogeniti: é un ridire e ridare a Dio il primato della vita, che ogni coppia sperimena co- me benedizione e non potere, come «pro-creazione», ciot come cooperazione all’opera di creazione che re- sta di Dio. Un figlio non é qualcosa di dovueo, ma un dono (cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2378). Questo ci rinvia alla grande responsabilid che viene alfidata a ogni uomo e donna in Gn 1,28-30, cost come pud aiutarci, nelPambito delle nostre comunit’ di fede, a valorizzare il momento dell accoglienza del battezzando con i suoi genitori e padrini nel rito del nostro battesimo. Un ultimo suggerimento di riflessione pud deriva- re dal concerto delle varie voci del test. Con il do- vvuto rispetto ¢ la debita distinzione, non assomiglia 213 lex Pasqua e ka dscime pioye forseal concerto di «risonanze» che spesso si fann gtuppi biblici o di preghiera? Nell'unita dello Spiri- {0, questa polifonia é atriechente, laddove ogni voce non pretende di sovrastare l'altra ed esaurire il miste- 0. Una polifonia che dovremmo rispettare anche nel ricchissimo patrimonio di tradizioni liturgiche ¢ teo- logiche della nostra chiesa universale, senza apar- theid Non credo che per essere autentici cristiani si debba per forza essere occidentali, o per essere teolo- gi, necessariamente europeit cosi, seppure comodo, il latino non @ Punica lingua della chiesa, né la pith an- tica, Quanto alla ricchezza di altri moduli espressivi nel ito, vale la pena rammentare la provocazione di Senghor: =Gli occidental diconos penso, dunque esisto; noi afticani diciamo: danzo, dunque esisto». Anche Miriam ha danzato sulla tiva della liberci (Es 15,20-22), come Davide dinanai all'arca del Signore (2Sam 6,14-15). 214 Il passaggio del mare: Israele nasce alla liberta Esodo 13,17-15,21 Gli Israeliti stanno finalmente lasciando I'Egitto, in- camminati verso la propria libertd. Ma il Faraone si ipente di averli lasciati partire e decide di recuperare con la forza la preziosa manodopera di schiavi perduta. ‘Ancora una vola la promessa di Jruwe e la liberté ap- ‘pena assaporata rischiano di esere in pericolo. A questo ‘punto JHWH interviene con un atto sorprendente ¢ gra- ‘wita: divide le acque del Mare dei Giunchi perché Israele posca passare, mentre quelle stesse acque diventa- no la tomba degli Egiziani. Il genere letterario adottato dal narratore ha elemen- ti delpopea, che trasfigura e amplifica Uevento, ne esalta unico grande protagonista, JHWwH, e lo prpone alla memoria ¢ alla celebrazione di tutte le generazioni, Tutte le attese, le tensioni drammatiche della trama di Es 1-15 trovano il loro climax e il loro scioglimento in ‘questo «passaggion del mare; si tratta di un evento unico @ fondante, che é al cuore del Primo Testamento, in quanto «giorno» memorabile che segna per la prima volta la nascita di Isracle come popolo 215 Ei13,17-15,21 si configura come una precisa unita narratioa che, in base a criteri di azione, di tempo e di Luoge, possiamo articolare nella seguente struttura: Fs 13,17-22. Partenza degli Iraelii per la srada del deserto, Es 14,1-31, Il passaggio del mare. 1. Presso il mare, di sera (vv. 1-14). I, In mezzo al mare, di notte (v0. 15-25). IIL, Sudlattra viva del mare, all alba (vv. 26-31). -21. Il cantico di vittoria, E15, Sulla scia dello studio magistrate di .L. Ska, Le pas- sage de la mer (AnBib 109, Rome 1986), cerchiamo di cogliere i momenti salienti della trama”. Allinizio ab- biamno una esposizione, che presenta Litinerario d Israele verso il Mare dei Giunchi (13, 17-22); il racconto vero proprio coincide con 14,1-31 e si snoda in tre scene, scandite da precise indicazioni di tempo, di luogo e di azione. La prima scena presenta il problema, cio l'inse- guimenio d'lsraele da parte degli Egiziani; si svolge di Sera e esta sospesa, come punto di «svolra», sulla risposta fiduciosa di Mos? alla protesta degli Israeliti. La seconda scena narra il passaggio dentro il mare e avviene di not- te, La terza scena costtuisce lo scioglimento del racconto; si svolge all'alba e suppone Israele al sicuro sullaltra sponda, mentre le acque sommergono gli Egiziani. Come calirove, si ratta di una trama che é al tempo stesso di risoluzione (Israele viene salvato), ma anche di ricono- scimento (Israele ed Egiteo riconoscono Jiiw#). In questa narrazione ritroviamo (quasi) tutti i perso- naggi principali che ci hanno accompagnato sin dall'- nizio del libro. I protagonista é senza dubbio Jnwn, mentre la estrana» assenza di Aronne mette in risalto ‘maggiormente il ruolo di Mose. Uniattenzione particolare va ai wdiscorsi» dei perso- rage nell spencione sno deco il monlog interi- re di Jrrwn (13,17) e la ripresa del giuramento imposto 216 da Giuseppe (13,19). I discorsi diventano strutturansi nel cap. 14; i pit importanti sono quelli di fivwt, all - nizio di ogni sezione, dove egli anticipa e orienta, come tun sapiente regista, tutti gli eventi affendone la chiave (14,1-4a; 14,15-18; 14,26). Gli Israeliti e Mosé par- Lano una sola volta, in un momento chiave: i primi con paura e nostalgia dell Egitto (14, 11-12), il secondo con ‘una professione di fede, che spegne questa paura (14, 13-14). Gli Egiziani parlano solo nelle prime due sce- ine: dapprima con prepotenza rammaricata (14,5}, poi con una sgomenta constatazione, che conferma le parole di Mos? (14,25); nella terza scena non parlano pit, lasciando la voce al narratore, che, a mo’ di inclusione, astesta Uesatta realizzazione della profezia di Mose. M canto di vittoria di 15,1-21, posto sulle labbra di Mosé e degli Israeliti, é wna riscrittura poetica dell’even- 10, che prolunga e trasfigura in prima persona la profes- sione di Viede dh ‘14,31, e chinde la prima parte del libro (Es 1-15), aprendosi profeticamente a orizzonti futuri. Un'attenzione particolare meritano il vocabolerio ¢ a costellazione det simboli: entrambi ci trasportano in un mondo di motte e di vita, di opptessione e di liber- 1, di paura e di fiducia, di tenebre e di luce, di scon- fitea ¢ di vittoria, di impotenza e potenza milicare. Ma, quel che salta agli occhi nel nostro testo, é la sotale ciraspormaziones d ognuna di quese realtd nel suo esatto contrario; per Israele, Vacqua si solidifica e lascia il posto alla terra, la paura diventa coraggio, la morte diventa vita, la notte diventa giorno, mentre per gli Exgiziani avviene il contrario. Nei successivi capitoli ci soffermeremo rispettiva- mente nul racconto del ‘passaggio del mare e sul canto di vittoria 217 IL PASSAGGIO DEL MARE. LA NASCITA D’ISRAELE Esodo 13,17-14,31 LetTura Diversamente dai capitoli precedenti, il nostro percorso di leccura sari differente. Come primo ap- proccio suggeriamo una attenta lettura sincronica dell’intera unita narrativa di Es 13,17-14,31. Dopo Vinterpretazione del testo nella sua stesura attuale, passeremo ad analizzarlo in modo diacronico: que- sto ci permettera di apprezzare le caratteristiche € le tematiche peculiari dele due etradizioniv o flloni narrativi che lo compongono. Detto altrimenti, pri- ‘ma ascoltiamo il canto; pitt tardi potremo accorger- ci che é una polifonia, in cui qualche discontinuita di fraseggio non stona, ma arricchisce il racconto finale. INTERPRETAZIONE Partenza d'Israele per la strada del deserto (Es 13,17-22) Questo primo brano riprende il filo del racconto della partenza degli Israeliti narrato in 12,31-39 € fange da esposizione, presentando in modo generico Vitinerario verso il deserto e motivandone la ragione teologica 219 1 passoggio de! mare. Lo nascita dt Israele La partenza degli Israeliti viene presentata come un «atfrancamento» concesso dal Faraone (v. 17), successivamente come «fuga» (14,5b). La scelta del- Pitinerario & dovuta a una iniziativa personale di Dio (qui. ‘Flohim). Egli scarta quello pitt breve, «la strada del paese dei Filistei» — un aggiormamento anactonistico del narratore ~ clot quella sada for. tificata che, dal Delta egiziano, seguendo la costa mediterranea, conduceva a Gaza, mentte sceglic quelle it lungo, che nel Th & sa strada del deseo | Mare dei Giunchi (hammidbar jam suf)», men- tre nei Lxx (seguita da varie versioni tra cui quella della Cei) viene chiamata «la strada del Mar Rosso» (v. 18). Il «Mare dei Giunchi» @ un’espressione che a orecchi Egiziani suona carica di risonanze mitolo, che: dsignava un pozzo sotertaneo in cui si rede va si svolgesse, dopo il tramonto, la lotta notcurna tra la luce e le tenebre prima del sorgere del nuovo giorno nonché il lago dove le anime dei morti veni vano purificate prima di ascendere in cielo; a orec- chi ebraici, con un lieve cambiamento, pud suonare come «il mare della Estinzione» (sof), un anticipo dello Sheol. Come abbiamo visto nell Inzroduzione, la localizzazione di questo mare resta incerta anche se quella pitt probabile & la zona dei Laghi Amari nell attuale canale di Suez. Deserto e mare sembra- no due spazi a prima vista antitetici ¢ distinti: in realta coincidono, designando una stessa strada nel deserto che Israele deve percorrere (cf. Nm 14,2 21,4). Istaele & ignaro del perché di questo itinerario, mentre il narratore lo anticipa ai lettori, facendoli entrare nei pensieri di Dio; con un gioco di parole, eli li sconduce» (nachah) verso il deserto per evi re che [sracle, dinanzi alla minaccia di attacchi mi tari, «provi rimpianto/cambi idea» (nacham) e ritor- 220 Esodo 13,1714,31 ni in Egitto. Qui solo Dio é il protagonista, l'unico pastore che guida il suo gregge, come canter’i Dt Pete Per la prima volta appare il pericolo della «nostal- gia» dell’Egitro, ma fra poco esploderi e costituira la «aalattia» d'Istaele nel suo lungo viaggio nel deser- to (Es 14,11; Nm 11,4; 14,1). Juwit sa bene che Istaele ha’ un cuore schiavo, incapace di affrontare le incognire di_una neonata libert’, per cui dinanzi alle prime difficolta rimpiangera i sentieri assodati della schiavici. Curiosamente, rispetto all'accozza- slia di Es 12,37-38, gli Isracliti vengono presentati fin schieramento di battaglia (chamusinn, +. 18); in realti e per ironia, si dimostreranno pavidi ¢ on muoveranno un dito, perché sari Qualcuno a combattere per loro. Mos? prende con sé le «ossa di Giuseppe»; € un gesto solenne, che adempie il giu- ramento di Gn 50,25, sancisce irrevocabilmente la fine di ogni legame con la terra d’Egitto, visto come sepolcro temporaneo ¢ rappresenta una sorta di ca- parra della terra promessa, la terra del «riposo» (Gs 24,32). Dopo la prima tappa a Succot, il testo registra la seconda di Etam, sul mite del deserto (13,20). Sia- mo al secondo giorno di una marcia in pitt tappe la cui identificazione geografica ci sfugge: questo «par- tire e accamparsi» (nasa’ + chanab) scandira come un rosario di nomadi tuto i viaggio nel deseo, Je marcia come condottiero militare alla testa delle schiere degli Israeliti, di giorno come una colonna di nube, di notte come una colonna di fuoco, in mo- do da consentire un viaggio ininterrotto. Nube € fuoco sono segnali teofanici, simboli della presenza e della prowvidenza permanente di Dio, che marcano una distinzione tra Isracle ed Egitto (Es 14,20.24); sono il segno in particolare della sua «gloria» che non tarderi a manifestarsi in modo inaudito. 221 possaggio de! mare. La nascita di Isr Il passaggio del mare (Es 14) Qui il racconto registra una terza tappa, con I'ac- campamento degli Israeliti davanti a Pi-Achirot, per espresso ordine di Dio. Si tratta di un unico episodio che ha come cornice il mare, si concentra su un uni- co avienimento, in un arco temporale che & il «terzo giomon vale a dre, secondo i computo ebraico, dal la sera al mattino seguente. Ogni scena avviene in un Iuoge e in un tempo distinto, ritmata dal binomio ordins-esecuzione, e presenta la medesima sequenza: a) discorso di Jw a Mose; b) narrazione; c) discor- so di reazione: ¢ Sulla riva del mare, di sera (Es 14,1-14) Questo brano si impernia sull’antitesi tra Juwnt € Faraone drammatizzata in quattro forti contrasti: il primo tra due summit, quello di JHwH con Mose e quello di Faraone con i suoi ministri (vv. 1-4); il se- condo é tra il popolo d'Israele che esce ¢ il poderoso esercito d’Egitto che insegue (wv. 6-10); il terzo & guelo ta Tito il desert (. 11); il. quarto wa uno sguardo di paura e uno sguardo di vittoria (vv. 13-14). La fraseologia ha interessanti punti di contat- to con lepisodio dell’attacco ai rimpatriati in Ne 4. _Lascena si apre con il discorso di Jinwri che, on- nisciente, legge nel cuore del Faraone, deta la tatti- ca agli Israeliti ¢ anticipa cid che avverra. E una strategia che inganna il Faraone e lo induce a una lettura tronfia e trionfale della situazione (cf. Ne 4, 5); Pidea di inseguire Isracle e di agguantarlo come una file preda (mada wv. 48.9) si wasformer in una trappola mortal alla quale gli Egiziani non riu- sciranno a sfuggire (v. 25), Nella previsione del Si- gnore ritroviamo il tema dell’indurimento del Fa- raone; ma, diversamente dal racconto delle piaghe 222 Csodo 19,1714,31 dove all’indurimento seguiva il riconoscimento di Jew e confermava il fallimento di questi avverti- ‘menti, qui lo precede e diventa il punto di partenza per riconoscere Dio nel miracolo del mare; in altre parole, JHWH spinge il Faraone ad andare fino in fondo nel suo rifiuto con lo scopo di «dimostrare la sua gloria» (vw. 4.17-18) contro PEgitto. Questa epifania della gloria (kabod), ctimologicamente del «pesor € della consistenza di JHWH nella storia e nel- la natura, resta ancota enigmatica; per il momento sappiamo solo che far’ qualcosa che non ha mai fat- to, al fine di farsi conoscere in tutta la sua sovranita. Gli Isracliti si dimostrano obbedienti ed eseguono le sue direttive. La cinepresa del narratore si sposta nel palazzo del Faraone, facendoci conoscere le reazioni de! so- vvrano egiziano, appena egli si rende conto della fuga degli Istacliti. Il Faraone cambia decisione, lettetal- mente «tibalta il suo cuore» (hapak levav, trad. Cei il cuore del faraone si rivolse», v. 5) nei confronti del popolo d'lsraele. La sua esclamazione «che cosa abbiamo fatto, lasciando partire Isracle dal nostro servizio!» & l’autoaccusa di un errore madornale. Il Faraone decide Vinseguimento degli Isracliti con tuna spedizione militare che conta tra le file del suo esercito ordinario il meglio della potenza militate egiziana: seicento carti scelti, affiancati da tutti gli altri carri, con un «ufficiale scelto» (shalish, cf. Es 15,4) a bordo di ogni carro, contro i seicentomila uomini d'lsracle (12,37), Il contrasto tra la podero- sa ¢ inarrestabile macchina da guerra egiziana e gli Isracliti che simultaneamente escono «a mano alza- ta» (atteggiamento di persone libere e vittoriose) ma ancora ignari del nemico alle spalle), accresce la ten- sione. Finalmente gli Egiziani raggiungono Istaele: il narracore ci fa osservare la scena prima con una focalizzazione a tutto campo, poi attraverso gli oc 223 1 possaggio de! mare. La nascito di Isroele chi degli Israeliti (v. 10): I'effetto & scioccante e pa- ralizrante per chi credeva di essere ormai libero e sicuro e si traduce in una reazione di estrema paura (yare’ me’od) e di querela (tsa'aq). A prima vista gri dano a Dio, ma in realt’ la loro querela ¢ una netta accusa a Most. Soffermiamoci brevemente su que- sta accusa (vv. 11-12), evidenziandone gli aspetti pitt significativ "Non Cerano forse tombe in Egitto ce dunque ci hai portati a morire nel desert Che cosa ci hai fatto, facendoci uscire dal Egitto? "Non é proprio quello che noi ti i Lasciaci stare e serviremo PEgitto perché ® meglio per moi servire PEgitto arziché il nostro morire nel deserto?» In settefrasi sisuona cinque volte alla fine il termi- ne «Fgitto», due volte il termine «deserto». In ebrai- co per sette volte compare il pronome di prima per- sona plurale ¢ c’é una percepibile alliteerazione che lega xdeserto» (midbar), «dite» (davar) e «tombe» (ge- uarim), quasi a tradire verbalmente cid che si ime- scola, 0 era covato da tempo nell inconscio: I’insi- stenaa sul pronome «noi» tradisce lansia di salvarsi a ogni costo. Israele preferisce I’Egitto al deserto, il passeto al futuro, la sicurezza ¢ il mondo gi noto della schiaviti all’avventura e alle incognite della li- bertd: la domanda «che cosa ci hai fatto?» in fondo incide con «che cosa abbiamo fatto?» del Faraone e dei suoi ministri (v. 5); Popzione «t meglio per noi» coincide con le valutazioni del Faraone, per il quale la liberti dalla schiavitt: 2 un progetto malvagio (cf. Es 5,9 ¢ 10,10). La menzione dei «sepolcri» @ una abiura del giuramento fatto sulle ossa di Giuseppe ¢ un rifiuto della terra promessa. II deserto per gli Israeliti non rappresenta la vita, ma equivale alla 224 Esodo 13,1714,31 morte, cosi come Mosé loro occhi appare un sadi co piffcaio di Hamelin; la promessa di sprendere> Isracle in vista di una particolare elezione (lagach, Es 6,7) sembra tramutatsi belfardamente in una selezio- ne mortale (Jagach, v. 11) Alla reazione impaurita degli Israeliti Mosé ri- sponde con una sorta di oracolo profetico. Ne offri mo una versione letterale, evidenziando Je parole- chiave: ' «Non abbiate paura! Resistete e vedrete la salvezzalviteoria che JHWH opgi opera per voi. Perché gli Egiziani che oggi vedete non li rivedrete mai pit! '. Il protagoni- sta ¢ JHWH, mente Isracle deve solo guardare. Mose non si giustifica dinanzi all'accusa, non rimprovera ali Isracliti, ma, di sua iniziativa, senza personal ti- velazioni in anteprima, si spinge ad affermare che Jue combattera per loro. Quasi «anticipando» le parole dei sacerdoti israeli in batraglia (Dt 20,1-4) € quelle di Neemia agli ex esiliati scoraggiati € mi- nacciati (Ne 4,8.14), Mos? invita gli Ebrei a «non temeren (yare’) ma a wguardare (ra’ah): lo stesso at- teggiamento delle levatrici in Es 1,16-17 dinanzi alla anascita di bimbi israeliti; li sprona a «resistere» (yatsav, traduzione Cei: esiate fortin): la stessa tena- cia della sorella di Mose che non si arrende dinanzi al fratellino minacciato (Es 2,4), o la stessa temera- rieta di Mosé dinanzi al Faraone (8,16; 9,13); invita gli Isracliti a restare in silenzio (charash, trac. Ceit sresterete tranquilli»). Israele non deve restare stre- gato dal passato, terrorizzato dai carri del Faraone, 225 1 passaggio del mare. la nascita di Iraele che non rivedra piit, ma deve guardare all’«oggin (hajjom, tipetuto 2 volte) della salvezza (jeshu‘ah, che significa anche «vittoria») di JHwst. Qui la fra- seologia & quella della «guerra santay*: il campione nella tenzone sari JHWH. ‘¢ Inmezzo al mare, di notte (Es 14,15-25) Questa seconda scena si svolge nel mare, di notte (v. 20). Come Ja prima si apre con un discorso di Jui a Mosé. B curioso notare che JHWH parli della querela di Mosé, quando ad aver protestato & stato il Popol (v.10). Maya meno che non vo Jia affidare ai lettori il compito di colmare la lacuna di una sup- plica di Mose, &suggestivo vedere che c’é una solida- vet che unsce il Fader al suo popolo e che viene espressa in due atteggiamenti: protesta (del popolo} ehducia (di Most). oe Juwit prosegue nel dertare la sua strategia ¢ ordina di far riprendere il cammino agli Isracliti fermi, Ri- compare il bastone; Jw ordina a Mos® di alzarlo, cosi come di stendere la mano sul mare. Ritroviamo congiunti due «strumenti» del potere stesso di Dio sul cosmo ¢ sulla vita, che, pur distinti (Es 4,2.6), sono indissociabili ¢ sembrano equivalersi (cf. 9,22- 23): dopo la sequenza delle piaghe, dovranno com- pictelacdvisione del mare perché li Isat vi en- trino all’asciutto. Per la prima volta ci viene detto espressamente che JuWH dimostrera la sua gloria pro- prio in questo evento. Tale evento viene descritto utilizzando un voca- bolatio particolare: si parla di eacque> (reajim), di ‘mare (jam), di cerra asciutta (jabbashah), dellatto di dividete» (bagd), in seguito q un «forte vento d'o- riente> (ruach qadim ‘azzah). Elo stesso vocabolario che ritroviamo in testi tipicamente sacerdorali, che descrivono la prima creazione (Gn 1,2.9-10) ¢ la 226 Fsodo 13,17-14,31 nuova creazione dopo il diluvio (Gn 8,1.13-14). E Come se il narratore, rubando precisi colori, strizzas- se locchio ai lettori, dipingendo il passaggio del ma- te come una nuova creazione, nel deliberato incento che vada interptetato cosi. Come JHiWH aveva sepa- rato le acque primordiali e aveva fatto emerger¢ la terra asciutta perché diventasse il luogo del!’ umani- i, come dopo il ritorno dal caos del diluvio per pu- fificare ogni violenza inquinante aveva di nuovo se- parato le acque per dare terra asciutta a Not, cosi Ferea» terra asciutta per far uscire o far «nascere> (il verbo jatwa’nella forma causativa pud avere entram- bi i significati) Isracle. Nel Mare dei Giunchi Isracle nasceri come popolo, mentre gli Egiziani, come la jenerazione «avatiata» del diluvio, resteranno preda Helle acque del caos primordiale. JHWH, il Dio Libe- ratore, & il Dio Creatore: libera creando, crea (0 ri- Crea) liberando. Le piaghe non sono state altro che tuna sorta di doglie che preludevano a questo parto grandioso ‘La narrazione di questa nuova creazione si articola in tre tappe. JHWH, sotto varie immagini (Pangelo di Dio, la colonna di nube), dalla posizione di avan- guardia si sposta nella retroguardia, frapponendosi fra laccampamento d'Israele e quello degli Egiziani (ch Is 52,12). Si tratea dell'ennesima distinzione, gia sperimentata nelle piaghe; Ia nube & tenebra per gli Heiziani, mentre illumina la notte per gli Israeli inoltre, impedisce ogni contatto tra i due accampa- enti. Mos® stende la mano sul mare ¢ fa esplodere {a potenza del «braccio teso» del Dio riscattatore (Es 6,6; 7,5). Il Signore aveva detto a Most di dividere il rare, ma lui stesso a «far camminare» (halak, v. 21) iI mare con un forte vento doriente, trasformandolo in aterra secca» (charabah, in ebraico la stessa radice ‘del nome Oreb!) facendo si che le acque si dividano. E chiaro che non & Mose a liberare il suo popolo, ma 207 I pussuygio del mare, ler nascita di Israele Dio; tuttavia Dio non salva senza la mediazione di Mosé. Gli Israeliti entrano nel mare camminando su un corridoio asciutro che ha due muraglie d’'acqua a destra e a sinistra: nel sistema d’orientamento israc- lita la destra corrisponde al sud, la sinistra al nord, per cui la direzione della loro marcia é da ovest verso est, dettaglio su cui ritorneremo. Gli Egiziani, come aveva previsto JHWH, inseguo- no gli Isracliti: non esitano dinanzi al miracolo ¢ imitano gli Istaeliti, entrando in mezzo al mare, con tutta la loro potenza militare. Ma stavolta JHWwit interviene ¢ il narratore registra puntualmente ora di questo intervento: «nella veglia del mattino», vale a dire tra le due e le sei del mattino (v. 24). Sono quattro ore condensate in tre verbi di disfacta: Juwit «getta uno sguardo» (shagaf), un verbo che in alcuni contesti prelude a un entrare in azione o a una sen- tenza (Gn 18,16; Sal 14{13],2; Lam 3,50); getta lo scompiglio o semina il panico (hamam, cf. Gs 10,10; Gde 4,15) nell’accampamento egiziano; infi- ne inceppa, o se vogliamo leggerlo metaloricamente, «fa fuori» (sur, nella forma causativa) le ruote dei carti. E-aquesto punto che, per la prima volta, gli Egi- ziani «ticonoscono» JHWH e la loro constatazione conferma che JHWH combatte contro gli Egiziani in favore degli Israclti (vv. 13-14). La loro emulazione diventa fatale; da inseguitori, si tramutano in inse- guiti etentano di fuggire dinanzi alla «faccia» (mippe- ne, v. 25) d'lsraele, cosi come Faraone non voleva pitt vedere la efaccia» di Mosé (10,28-29) © Dalialtra riva del mare, all‘alba (Es 14,26-31) Come lettori possiamo dedurre che Israele si trovi sano e salvo sull'altra sponda del mare. Questa volta Mosé non deve dire piti niente agli Israeliti che assi- 228 Esodo 13,17-14,31 stono «silenziosi». Tutto cid accade «sul far del mat- tino» (v. 27), cio® all'alba; per la concezione bibiica si tratta di un tempo significativo; normalmente il mat- tino é il momento in cui si tistabilisce la giustizia (cf. 2Sam 15,2; Ger 21,12), in cui Dio esaudisce le sup- pliche a lui rivolte (cf. Is 21,11-12; Sal 5,4; 30[29], 6), in cui spesso Israele consegue una vittoria milita- re (2Re 3,21-24; Os 10,15; Sal 46[45],6). Mos riceve di nuovo lordine di «stendere la ma- no» sul mare; se precedentemente questo gesto ri guardava la salvezza degli Israeliti (vy. 16.21), qui 1 wuarda la rovina degli Egiziani. Le acque ritornano al [oro livello consueto, rieoprono gli Egiiant in fy sommergendo senza superstiti tutta la potenza mili- tare con cui si erano mossi ancora una volta si sotto- linea che & stato JuWH a «sballoctarli» (na‘ar, cf, Ne 5,133 Sal 136(135],15) in mezzo al mare. Al contra- fio, gli Isracliti hanno varcato indenni il mare e si ripete il particolare che hanno camminato sull'asciut- to, attorniati da muraglie d’acqua a destra e sinistra. Queste pareti solide di un elemento liquido e infor- me dimostrano il potere di Jriwri sul caos: & il potere straordinario ¢ versatile del Dio Creatore (Gr 1,73 Sal 135[134],6; Am 5,8), che nella versione trasfigu- rata di Sap 19,1-9 trasforma i flutti violenti addirit- tura in prateria, L’immagine delle muraglie pud ri- chiamare le «sponde» (lett. «le due pietrer) che ab- biamo visto in un contesto di nascita nel pericolo in Es 1,16. Ritornando alla direzione di marcia da ovest verso est, ¢ssa risulta profondamente simbolica, vista alla luce della concezione solare degli antichi, in partico- lare di quella della complessa mitologia egizia. Se- condo questa concezione «ciclica», il sole compiva ogni giomo un viaggio, che lo portaa a scomparte aovest, ad attraversare durante la notte Poceano pri- mordiale sotterraneo (il Mare dei Giunchi) per poi 229 I passaggio de! mare, La nascita di fraele risorgere a est, rinnovato ¢ rigenerato. Israele, dun- que, percorre questo cammino di morte e risurrezio- the; cammina da ovest, cio’ dall Egito, dalla schia ti, attraversa la notte e il mare e risorge, al di li della morte, a est, cio? verso la luce, la vita e la liberta. Pur incriso di una fraseologia che richiama la «guerra santa»*, non si pud parlare di una guerra del Signore contro lEgitto, malgrado la rilertura bellica offer da Es 15; non abbiamo neppure la lotta mi ca cot: il mostro Raab, come appare in altre descri- zioni poetiche (Is 51,9; Sal 74[73],13; 89[88],11) In reaki, non ¢é nessuno scontro tra I Egitto e Israe- les Istacle testa tacito e inerme, né approfitca della disfarta del nemico. II passaggio del mare & piuttosto I racconto di una guerra evitata: la distruzione degli iziani @ il segno del giudizio di Dio, della sua vit- toria e della preghiera ascoltata degli Israclit. Come nel caso della morte dei primogeniti, questa serage scandaliza lx sensbiliea del lettore modemno: era davwero cosi necessaria perché Dio si facesse rico- noscere dagli Israeliti e dagli Egiziani? Ancora una volta, la domanda rischia di essere malposta Tl rac. conto, che non disdegna accenti epici, giunto al suo apice, deve sancire senza equivoci e in modo «glorio- s0m i vincitori ¢ i vinti: Faraone ha sprecato Pultima possibilica offerca da Dio di liberare Israele, ergendo- si ancora una volta come suo avversario, I! momento in cui riconosce impaurico la presenza e la potenza di Jutwit & tragicamente il principio della sua fine (v. 25); una fine che si rivela un insensato suicidio (Sap 19,3-5). Iw. 30-31 sono Pepilogo di questo evento gran- dioso: con P'espressione «in quel giorno» (bajjom ha- Ju’) il narratore lo consegna ai posteri come un gior- no basilare per la storia c lesistenza d'Isracle come popolo (come in Gs 4,14; 1Sam 12,18). La visione della evittoria/salvezza» promessa da Most si realiz- 230 Esodo 13,17414,31 za: Isracle vede gli Egiziani morti sulla riva del mare, coi come vede che da mano potenter diJHw pil forte della «mano» d’Egitto. L'lsraele che fa questa esperienza appare trasformato; dalla paralisi, da un’estrema paura (y. 10), rede all'invito a «non te- mere» di Mosé (v. 14) ¢ finalmente passa al «timore di Dio» (v. 31): timore che non é pid terrore, ma rispetto, riconoscimento ¢ ticonoscenza di un Alero edi un Oltre che si rivela come Unico Salvatore. E un «timore» gemello della fede, come risulta dalle parole che concludono il racconto: we credettero nel Signore ¢ nel suo servo Most» (v. 31). Si tratta di un’affermazione eccezionale, se si considera che, tutto il Primo Testamento, Isracle dimostra un'in- nata propensione all’incredulita (Nm 14,11; 20,1 Dt 1,32; 9,23; 2Re 17,14). Le uniche due volte in cui si dice che Israele «cre- de» (in ebraico ‘aman nella forma causativa) si trova- no proprio nel libro dell’ Esodo. Il confronto & inte- ressante: la prima volta che gli Israeliti avevano cre- duto fu dinanzi alle parole e ai prodigi di Aronne portavoce di Mosé (4,31); tuttavia, si era rivelata una fede debole subito spenta dinanai alle minacce del Faraone. Qui il credere @ pitt genuino, perché & macurato ateraversoilerogivoto della paura ed &sta- t0 vissuto sulla propria pelle (Gb 42,5). Oltre a cid, si sottolinea una coincidenza fondamentale: credere in Juiwe significa credere in Mosé. Per la prima vol- ta Mosé viene chiamato «servo» di JHWH (come Abramo in Gn 26,24), legittimaco nella sua auorith delegata; abbiamo una risposta definitiva, avvalorata dai fat, alPincerrogativo dell ebreo («Chi ti ha cost tuito capo c giudice?», 2,14) e alle accuse rimaste in sospeso degli Israeliti (5,21; 14,11-12). 231 1 passaggio del mare. La nascita dt Israele Imationi del racconto Come abbiamo anticipato, la teoria documentaria classica ravvisa generalmente nel nostro brano una combinazione di due tradizioni, quella Jahvista (, secondo alcuni con elementi di E) e quella Sacerdo- tale (), Qui le offriamo in sinossi separata, per poter ap- prezzare pith agevolmente il filo e le modalita narrati- ve dei rispettivi racconti. Partenza degli Isracliti per la strada del deserto (i317) J _ "Quando il faraone lascid partie il po- polo, Dio non lo condusse per la stra del pacse dei Filistei, benché fosse la pit corta, perch¢ Dio pensava: «Altrimentt il popolo, vedendo imminente la guerra, potrebbe pentirsi e tornare in Egitton, MDio guid il popolo per la strata del deserto verso if Mare Rosso (let, wdei Giuncki»), Gli Israeliti, ben armati (lett. cin ordine di battaglia») uscivano dal pacsc 'Egitto, " Most prese con sé le os- sa di Giuseppe, perché questi aveva fatto iurare solennemente gh lsraclit: «Dio, Certo, verri a visitarvi; voi allora vi porte- rete via le mie ossaw, ** Partirono da Suc- cot e si accamparono a Etam, sul limite del deserto. *'TI Signore marciava alla loro testa di giorno con una colonna di nube, per uidarli sulla via da percorrere, edi notte on una colonna di fuoco per far loro lu- ce, cosi che potessero viaggiare giomo € phe ®Di giorno la colonna di nube non si ritirava mai dalla vista del popolo, né la colonnz di fuoco durante la notte. 232 Erode 13,174,371 Presso il mare, di sera (14,1-25) P “I Signore disse a Most: *«Comanda agli Istaeliti che tornino indietto e si ac campino davanti a Pi-Achirot, tra Mig- dol e il mare, davanti a Baal-Zefon; di fronte a esso vi accamperete presso il ma- re. ‘Il faraone penser’ degli Israeliti ‘Vanno errando per il paese; il deserto li ha bloccatil ‘Io renderd ostinato il cuore Ai faraone ed gl Ii inseguisfo dimo- strerd la mia gloria contro il faraone € tutto il suo esercito, cost gli Egiziani sa- pranno che io sono il Signorels. Essi e- cero in tal modo. Quando fu riferito al re d’Egitco che il popolo era fuggito, il cuore del faraone € dei suoi ministt si rivolse contro il popo- lo, Dissero: «Che abbiamo fatto lascian- do partre Israele, cosi che pit non ci ser~ va». Attacc® allora il cocchio e prese con sé i suoi soldati. ’Prese seicento carti scelti e tutti i carsi d’Egito con i com- barrenti (lett. «con un ufficiale scelto») sopra ciascuno di ess. i "Il Signore rese ostinato il cuore di farao- ne, re d’Egitto, il quale insegui gl Israe- lici mentee gli Tsraeiti uscivano a mano alzata. ° Gli Egiziani i inseguirono ‘li raggiunsero, mentre essi stavano ac- campati presso il mare: tutti i caval € i carti del faraone, i suoi cavalieri e il suo esercito si tovarono presso Pi-Achirot, davanti a Baal- Zefon. "Quando il fa- raone fu vicino, gli Isracliti alzarono gli occhit: ecco gli Egiziani muovevano il campo dietro di loro! "™Allora [gli Israeliti] ebbero grande paura « gridarono al Signore 233 N passoggio del mare. a nascita di fsraele “E dissero a Most: «Forse perché non Cerano sepolcri in Egitto ci hai portati a morire nel deserto? Che hai fatto, por- tandodi fuori dal’ Egitto? "Non ti dice- vamo in Egitco: Lasciaci state e servire- mo gli Egiziani? Perché & meglio per noi servite I Egitto che morire nel deserto!». "Most rispose: «Non abbiace paura! Sia- te fortic vedrete la salvezza che il Signore ‘opera per vois perché gli Egiziani che voi oggi vedete, non lirivedrete mai pit! "IL Signore combatteri per voi e voi starece tranquillv (lett. asilenziosis). In mezzo al mare, di notte (14,15-25) J P "IL Signore disse a Most: «Perché grid verso di me? Ordina agli Isracliti di ri- prendere il cammino. "Tu intanto alza il bastone, stendi la mano sul mare e di- Vidilo, perché gli Israliti entrino nel ma re allasciutro. "Ecco io rendo ostinato il cuore degli Egiziani, cosi che entrino dietro di Toro ¢ io dimostri la mia gloria sul faraone ¢ tutto il suo esercito, sui suoi carrie sui suoi cavalieri, "Gli Egiziani sapranno che io sono il Signore, quando dimostrer® la mia gloria contro il farao- ne, i suoi cari e i suoi cavalirin, "L'angelo di Dio, che precedeva P'ac- campamento d'Israele, cambid posto e asso indietro. Anche la colonna di nube si mosie e dal davanti pass6 indietro. *Venne sf a trovarsi tra l'accampa- mento degli Egiziani e quello d'Isracle. La nibe era tenebrosa per gli uni, men: tre pe gi ale illuminava fa notte, col gf union poterono acinar ah als lurante tutta ka note. *'Allora Most stese la mano sul mare, 234 Esodo 13,17+14,31 EF il Signore durante tutta la notte, tiso- spinse il mare con un forte vento d’o- riente, rendendolo asciutto; le acque si divisero. "Gli Israeliti entra- rono nel mare sullasciutto, mentre le ac- que erano per loro una muraglia a destra ea sinistra. "Gli Egiziani li inseguirono con tutti cavalli del faraone, i stoi carri ¢ i suoi cavalieri, entrando dietto di loro in mezzo al mare. *Ma alla veglia del mattino il Signore dalla colonna di fuoco € di nube gettd tuno sguardo sul campo degli Egiziani fo mise in rota. Fren (tt liming») te ote dei loro cat csi che a stnto riuscivano a spingerle. Allora gli Egiziani dissero: «Fuggiamo di fronte a Isracle, perché il Signore combatte per loro con- tro gli Egizianiv, Sull’altea riva del mare, all'alba (14,26-31) J P Ul Signore disse a Mosé: «Stendi la ma- no sul mate: le acque si riversino sugli Egiziani, sui loro carri e i loro cavalierin. 2”Mosé stese la mano sul mare il mare, sul far del mattino, tornd al suo. livello consueto, mentee gli Egiziani, fuggendo, gli si ditigevano contro. Il Si- gnore li travolse cost in mezzo al mare. Le acque ritornarono ¢ sommessero i catti ¢ i cavalieri di tutto Fesercito del faraone, che erno entra nel mare die to a Israele: hon ne scampé neppure uno. Invece gli Isracliti avevano camminato sull'asciutto in mezzo al mare, mentre le acque erano una muraglia a desta ea si nistra. *In quel giorno il Signore salvd Isracle dalla mano degli Egizianic Isracle vide 235 Nt passaggio de! mare, ta nascita di Israele gli Egiziani morti sulla riva del mare; *'Isracle vide la mano potente con la quale Signore aveva agito contro toe il popolo temette il Signore e cr te in lui e nel suo servo Mose © Lawocer did Secondo il racconto di J, Israele non ha accraversa~ to nessun mare. Cid che viene detto @ che @ stato salvato presso il mare. Isracle viene intercettato dagli Egizicni in una zona paludosa, ma sfugge a causa di una colonna di nube. Di notte un vento orientale rende asciutto un guado, nel quale si inoltrano gli Egizicni; ma subito con la cessazione del vento l'ac- qua risale e i carri del faraone s‘impantanano. A que- sto punto gli Egiziani tentano di tornare indietro, ma affondano. Questo evento, che, come abbiamo visto nell’ /ntroduecione, pud avere una sua attendibilita sto- rica e rientrare in un fenomeno naturale, & stato suc- cessivamente amplificaro con le tinte di una «guerra del Signore» e con la sconfitta dell'intero esercito del Faraone. Cid che il racconto J mette in evidenza é la menualita da schiavista del Faraone e il cuore da schiavo d'sraele, la sua paura, le sue mormorazioni. Pit che il passaggio del mare, per J 'Esodo & un pas- saggio dalla paura alla fede. @ Lawoces di P Per il racconto Sacerdotale, l'esodo é un vero pas- saggio del mare ¢ viene presentato come un atto di nuova creazione, analogo a Gn 1 ea Gn 8. L’autore sacerdotale sembra desumere questo passaggio da quello sstorco» del Giordano (Gs 4 iproietandoo inizio della storia di Israele come popolo, aprendo ¢ chiudendo in tal modo il periodo del deserto (per P metafora dell’esilio, come lo era il diluvio) con lo 236 Esodo 13,17:14,31 stesso segno strepitoso di salvezza; com’ nel suo sti le, sottolinea Petticacia della parola di Dio, mediante lo schema wordine/esecuzione» che garantiri a Isracle di non ricadere nella schiavici egiziana e presentando Juwit come sovrano cosmico, al quale tutte le ener- ic della natura obbediscono. P sostituisce la potenza 1 vento orientale con lo stendere la mano di Mose. Tipico di P (in questo affine ad Ezechiele) & il tema dendadeocmn, di cal Juwe si serve per far cono- scere il suo nome e manifestare la sua gloria: dinanzi a. una storia che sembra smentire il «peso» del Dio degli Ebrei, visto che il suo popolo é esiliato e con- Guleato, la teologia sacerdotale ribadisce che Jiwit non solo é superiore ad altri déi, ma @ Punico nellu- niverso e tutte le altre nazioni sono uno strumento nelle sue mani (cf. Is 40-55). Per P il mitacolo del mare é un giudizio: se la schiavitii, come lesilio, rap- presentano una profanazione del nome di Juw', egli rivendica la gloria ¢ la santita del suo nome liberando Istacle (Ez. 36,22-36). II giudizio di salvezza per Istacle ¢ di morte per gli Egiziani, nasce dal fatto che Isracle ha saputo «gridare» (cf. 2,23-25) e rischia- re la morte fidandosi della parola di Dio del suo servo Mose. Voci posteriori: Mosé prototipo di Neemia? Come abbiamo suggerito, stupiscono le anzlogie del miracolo del mare con la situazione di ostilita € di saboraggio incontrata da Neemia e dai rimpatriati nel loro frogerto di ricarruire il Secondo ‘Tempio (cE Ne 4-6), Il nostro testo sembra respirare le stes- se preoccupazioni della comunit’ dell’epoca succes si allesiio che, nonostante minacce ¢ attecchi, proposte di mollare e passare dalla parte di cai ne osteggiava la ricostituzione, «giorno e notte», come Juwit nella traversata, lavora e veglia ben ordinata in 237 I passaggio del mare. La nascita di Iraele armi per costruire le «mura» sulle macerie morte del vecchio tempio. La costruzione viene realizzata, le mura non crollano e quanti avevano osteggiato il progetto si perdono d’animo, costretti a riconoscere in quest’opera il sovrano intervento di Dio (Ne 6,16), Il nostro esto pud aver subito ritocchi post- sacerdotali. Spunti per la riflessione I lupo perde il pelo, ma non il vizio. ~ Questo detto sembra valere sia per il Faraone, come per gli Israeliti (cf. Ger 13,23); per ambedue, questo evizior nasce dalla paura, Se & vero che «un womo si conosce vera- mente alla fine» (Sir 11,28), qui abbiamo una tragica riconferma di quanto avevamo visto in Es 5. Il Fa raone ha un cuore incallito di tiranno, che non pud fare ameno di schiavi c ha paura di perdere il proprio potere, Anche Istaele rvela il suo euore di schiavo, con il vizio infantile di non poter fare a meno dei propsi oppressori, Perché Istaele vuole rimanere schiayo? «A causa della paura: gli schiavi preferiscono la schiavieis perché hanno pauta della libert’, hanno paura della morte e hanno paura dei loro padroni.. Finché non sparisce questa paura, lo schiavo rimarri schiavor (J.L. Ska). a «Nella conversione e nella calma sta la vostra salvex- za, nellabbandono confidente sta la vostra forza» (Is 30,15). ~ II segreto che ha permesso a Israele di get- tare in fondo al mare il suo euore di schiavo & stata la vittoria su questa paura, fidandosi della Parola di JuOwH. II primo a farlo é stato Mose; quando promet- te agli Israeliti che Dio avrebbe combattuto per loro, non ne conosce le modalita, ma sa che cid avverri ed 2 il primo a crederci: la sua ¢ «una testimonianza che 238 Ecodo 13,1714, offre speranza d’aurora» (Is 8,20). Mose incoraggia ill popolo esatamente come Dio lo aveva incoragyato nelle sue titubanze e rimostranze. Chiede una fiducia a fondo perduto, che deve tradursi in un silenzio contemplativo, atteggiamenti che spazzano via pau- ra, fantasmi e mormorazioni (Is 7,4; Sir 2,10-14) € sono attesa ¢ riconoscimento della nuova creazione ¢ della salvezza strabilianti di Dio (cf. Is 41,1; Lam 3,6; Ap 8,1). Gli Isracliti aderiscono a Mose e il passaggio del mare, che ai loro occhi @ un elemento negativo di morte (Gb 38,81 1) si trasforma in elemento positi- vo di vita, di possibilita di una nuova nascita. Ogni nascita presuppone il raglio di un cordone ombelica~ lee Isracle deve tagliare quello con lEgitto. Il batte- simo nel mare é la vera circoncisione per Israele. Solo recidendo la paura di morire, cio? credendo che la vera liberca promessa da JHWH é pitt importante della vita, ha potuto raggiungere e scoprire la sponda della Vita. Per Faraone e gli Egiziani @ avvenuto il contra- rio. Essi conoscono una sola sponda, quella del loro Egitto, terra di schiavitd in cui vogliono riportare gli Israelitis scegliendo ¢ immedesimandosi in quello che essi reputano «il migliore dei mondi possibilin, scelgono di finire dove esso finisce e si arrende. cioe nella morte. © «Beco faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?» (Is 43,19). — L’sin principio fu PEsodo da Egitto» diventa il fondamento ¢ la possi- biliti di altre rilerture nel corso della storia d’Israele, soprattutto nell’annuncio del «Secondo Esodo» da parte dei profeti dell’esilio, come Geremia (cf. ad esempio Ger 23,7-8; 31), Ezechiele (cf. Ez 16; 20; 23; 37) e in particolare il Deuteroisaia (Is 35; 40- 55). Scegliamo due testi esemplari: il primo & Is 43,14-21, dove ’evocazione della passata liberazione 239 W passoggio del mare. Lo nascita dt Israele dall Egitto serve, quasi in dissolvenza, a far risaltare sia la continuita, ma sopratcutto il «di pitt ¢ la novita della nuova liberazione da Babilonia, Se lo schema di fondo o canovaccio é lo stesso (libert’ da-libert& per), il Signore, come un vero artista non si ripete, ma ri- scrive la partitura, arricchendola di armoniche inedi- tee impensabili. All’Egitto (sud) subentra Babilonia (nord), all’acqua trasformata in asciutto subentra ill desetto trasformato in fiumane. La prima creazione nel passaggio del mare, ridiventa «nuova» creazione; ip chuleee l wcrmine oovide (chao) indice cha azione che solo Dio pud fare. Questa volta JHWH si fara riconoscere non solo dagli Israeliti e dagli Egizi ni, ma da tutta la natura e il creato. Il secondo testo Ger 23,7-8, dove la scommessa d'Israele, il suo «can- tico nuovo» (Is 42,10) diventa incommensurabil- mente quelo di sggant sul pale di nani, perche «vertanno giorni in cui non si dira pid: “Per la vita del Signore che ha fatto uscire gli Isracliti dal paese dEgitto”, ma si dira piuttosto: “Per la vita del Signo- re che ha fatto uscire ¢ che ha ricondotto la discen- denza della casa d’Israele dalla terra del Settentrione ¢ da tutte le regioni dove li aveva dispersi”» (Ger 23,7-8). Anche questo secondo esodo si apre al futu- ro verso la terra di una Gerusalemme perfetta (Is 60- 62), verso un nuovo giardino (Ez 36,35) Q Le risurrezione, «il passaggio» di Gest. - Nel NT «il passaggio del mare» come inizio di una nuova creazione € la risurrezione di Gesti, avvenuta nel «ter- zo giorno». Disceso dal seno del Padre nel mondo pet liberare 'umania dalla schiavitd, tenebrosa del peccato, egli ha interpretato la sua missione come un «sodo» (exodos, Le 9,30 che la trad. Cei del 1971 aveva reso con «dipartitay, mentre Cei 1997 traduce correttamente con «esodo»). Nel suo «pas- saggio» dal mondo alla terra che é il Padre (Gv 240 Esodo 13,17414,91 13,1), Gesit ha provato tusbamento, paura ¢ ango- scia (Mc 14,32-39; Gv 12,27), ma non ha esitato lui stesso a farsi «deserto di Dio» sulla croce (Me 15,34). Servo sofferente, ha vinto la violenza assu- mendola, lasciando che la morte immergesse il suo pungiglione, per privarla cosi del suo potere; nella sua morte ¢ risurtezione il Padre ha dimostrato la sua gloria ¢ la sua lealei alle promesse ¢ ha avviato Pumaniti al pieno riconoscimento della sua signoria sulla storia Nel battesimo, che & sepolcro e grembo, ogni cri- stiano viene immerso in questo mistero di morte € risurrezione, di passaggio dalla schiavitts del peccaro alla liberti della grazia; depone le nostalgie del pro- prio uomo vecchio, per rinascere uomo nuovo, chia~ mato a riscegliere la propria libert& nella prova e nel cammino della fede: «Cristo ci ha liberati perché fos- simo veramente liberi; stare dunque saldi ¢ non la- sciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitii» (Gal 5,1; cf. Rm 6); in attesa di entrare nella terra promessa, nella casa del Padre. «Sul mare passava la tua via...». Le orme di Dio Sal 77(76],20). — In Salmo 77[76],20, nel desctivere icasticamente il passaggio del mare, siamo avvertiti che «le orme di Dio rimasero invisibili». Gesit ¢ ha ricalcate e le ha rese disponibili per sempre: «Cristo pati per voi, lasciandovi un esempio, perché ne se-~ guiate le ormen (1Pt 2,21). Egli & unica «Via», che orta alla Verita calla Vita (Gv 14,6), Punica «Porta» (Gy 10,7) attraverso cui accedere alla vita stessa della ‘Trinica: una porta la cui pietra di chiusura é rotolata via per sempre nel mattino di Pasqua, un varco stret- to, tra mura di morte ¢ di tibolazione, in cui ci si pud avventurare solo assumendo il rischio della lorta e della vittoria sulla paura nella piena fiducia al Pa- dre, come al Getsemani (Le 13,24; 22,43). Come 241 It passaggio de! more, (a nascita di Iraele con i discepoli impauriti dal mare in burrasca, Gest @ il primo a camminare su questo mare, a rassicurarli dicendo: «lo sono, non temete» per guidaeli sull'altra riva (Gv 6,21). Il credente di ogni tempo in questa avventuta di liberti non @ solo: ha una nube che lo guida e lo circonda, deve solo correre e tenere fisso lo sguardo verso il condottiero che & passato per primo, sulla scia dei martiri: «Anche noi dunque, circondati da una nube cosi grande di testimoni, avendo depo- sto tutto cid che & di peso ¢ il peccato che ci assedia, cotriamo con perseveranza nella corsa che ci sta da- vanti, tenendo fisso lo sguardo su Gest, colui che dt origine alla fede e la porta a compimento» (Eb 12,1- 2). Si tratta di immergersi nel mistero della Pasqua, restando in silenzio, come il discepolo che, entrato nel sepolcro, wide e credette» (Gv 20,8). ATTUALIZZAZIONE Mi limito a suggerire tre piste, che lascio all'ap- profondimento dei lettori a) «La nostalgia dell’Egitto». E un ottimo para- digma di altri rimpianti e paure: si possono meditare i seguenti testis Gn 19,17-26 (la nostalgia della mo- slic di Lot); Nm 11; 145 20 (Israele rimpiange I'Egit- to); Sir 2 (catechesi sulla tentazione della paura e det compromessi); Le 9,57-62 (le esitazioni e le apostasie nella vita cristiana); Le 11,24-26; 2Pt 2,22 (ritorno a una situazione peggiore); 2Cor 7,8-11 (la tristezza del mondo produce la morte) La sapienza dei Padri segnala un altro tipo di tim- pianto non meno pericoloso nel cammino del cre- dente: quello del ricordo doloroso di errori o peccati commessi nel passato, che a un certo punto riemerge come una pesante zavorra che paralizza, o addirittura sfocia nel disperare della propria salverza. 242 Esodo 13,1714,31 b) dl lasciarsi immergere nella vita». Olere al te- sto di Rm 6, si possono leggere Gv 3 (Nicdemo chiamato a rinascere da acqua e spirito) e Gv 5,1-15 (il paralitico guarito dalla Parola ¢ dall’acqua), non- ché la catechesi battesimale della Prima lettera di P tro. Lo splendido midrash paolino di Cor 10, ci av- verte, perd, che non basta «nascere», ma occorre «vi- vere», segnalando il pericolo di scadere in un sactamentalismo magico, a scapito di un serio impe- gno a vivere secondo il vangelo. ©) «La nube dei testimoni». Oltre alla Serittura, abbiamo la Parola incarnata nella vita dei Santi. La loro tcologia vissuta resta sempre un'ottima bussola. Non si tratta di clonal, 0 di fotocopiarli, ma di co- gliere la loro inventivita nel saper ripercorrere le or- tne di Cristo, in ascolto con la see e le atese del tempo in cui sono vissutis in alere parole la vocazione a wessere Cristo, ieri, oggi, sempre. 243 «STREPITOSA LA SUA VITTORIA» Esodo 15,1-21 Sulla sponda della vita, per la prima volta, un quartetto d'eccezione — Mose e gli Istaeliti, Miriam e le donne ~ canta lo strepitoso trionfo di JHWH. Si tratta di un epinicio, cio? di un canto di vittoria, che al rempo stesso suona come un rendimento di grazie una professione di fede. Chi canta entusiasta e qua- si incredulo per quanto @ appena accaduto, dimenti- ca igiorni bui dell oppressione e celebra l'unico e im- pareggiabile protagonista del miracolo del mare: Jutwrt. Cosi come dimentica le minacciose e ambigue dune desertiche che gli si profilano davanti, per an- dare al di li con lo sguardo, verso il futuro di una patria. Questo canto eroico appare come una splendida cemniera: chiude la prima tappa del libro dell’Esodo (Es 1-15) e apre la seconda (Es 16-40), al confine tr: «liberta da» e eliberta per», nella sua tensione tra « enon ancora» della vicenda d’Israele. Letrura Anzitutto & bene precisare titolo ¢ autore: alcuni lo chiamano Cantico di Mosé, partendo dall'indica~ zione del v. 1; altri il Canto di Miriam, partendo da quella del v. 21. L’intitolazione classica € quella di «Cantico del Mare» (shirat hajjam), ma ci accorgere- mo che il poema @ altresi un «Cantico del Monte». 245 *Srepiiosa fa sua vitloriar Es 15,1-21 é l'unico brano in poesia (tranne i vv. 1 19-21) all’interno della narrazione di Es 1-15. Risulta delimitato dalPinclusione tra la prima strofa del cantico di Most, che si ripete pressoché identica nel ritornello finale di Miriam (wy. 1b e 21). La serue- tura del capitolo & la seguente: A) Epinicio (wy. 1-18). Introduzione: v. 1. TPARTE. I Cantico del Mare: wy. 1b-10. Apostrofe: v. 11. IPARTE, Il Cantico del Monte: wy. 12-17. ‘Acclamazione finale: v. 18, B) Sommario narrativo (wv. 19-20). ©) Iritornello di Miriam (y. 21). A) II cantico di vittoria E possibile distinguere nel cantico due voci che si alternano, una di confessione di fede, ¢ una di me- moria storica. Il narratore le presenta in nuce nell'In- troduzione, per poi alternarle in due cori. Una fun- zione importante hanno i verbi, il cui valore nella poesia ebraica resta ambiguo. Nel coro narrante (a sinistra) i verbi sono, con poche eccezioni, tutti al passato (0 perfetto, che esprime un’azione compitu- ta). Nel coro di lode sono tutti in un aspetto che esprime continuita, come 'imperfetto, il participio, 6 frasi nominali (rese in italiano con il verbo essere): nella seconda parte, dal v. 16 possono suonare come tuna speranza 0 augurio. Introduzione (v. 1) 'Voglo cantare in onoe dl siGNORE one) erché ha mirabilmente trionfato—_vaneizi0Ne) a gettato in mare cavallo e cavalier. 246 Esodo 15,121 I Parte: il Cantico del Mare (vv. 2-10) Coro narvante Coro di lode *Mia forza e mio canto (0: potenza) Bil sIGNORE, egli mi ha salvato, E il mio Dio ¢ lo voglio lodare, él Dio di mio Padre lo voglio esaltare! *Dio é prode in guerra, si chiama SIGNORE. “1 carri del Faraone e del suo esercito lita gettati nel mare ei suoi combattenti scelti furono sommersi nel Mar Rosso. Gli abi li ricoprirono sprofondarono come pietra. “La tua destra, SIGNORE, terribile per la potenza, la tua destra, SIGNORE, annienta il nemico; con sublime grandezza abbati i tuoi avwersar, scateni il tuo furore che li divora come paglia. “Al soffio della tua ira si accumularono le acque, sialearono le onde come un argine, si rappresero gli abi in fondo al mare °Il nemico aveva detto: Inseguird, raggiungerd, utird il bottino, se ne saziera la mia brama; slodererd la spada, li conquister’ la mia mano! Soffiasti con il tuo alto: il mare li cop, eee come piombo nelle aegue pro- Apostrofe (v. 11) ''Chi 2 come te fra gli dai, sIGNORE? ‘Chi @ come te, maestoso in santita, tremendo nelle imprese, operatore di prodigi? 247 sSirepituse fa sue vitovias Il Parte: il Cantico del Monte (vv. 12-17) Stendesti la destra: li inghiotti la terra, "Guidasti con il tuo favore questo popolo che hai rscattato, Jo conducesti con forza alla cua santa dimora "Hanno udico i popolie tremanos dolore incolse gli abisansi della Filistea. "Gia si spaventano i capi di Edom, i potenti di Moab li prende il timores tremano tutti gli abitanti di Canaan, *Piombano su di loro la paurae il terrore; per la potenza del cuo braecio restano immobili come pietra, finché sia passato il tuo popolo, sIGNORE, finché sia passato questo tuo popolo che ti sei aequistato. "Lo fai entrare c lo pianti sul monte della tua eredita, ‘luogo che per tua sede, IGNORE, hai preparato, santuario che le tue mani, SIGNORE, hanno fondato Acclamazione finale (vv. 18) "SI1 SIGNORE regna, in eterno, per sempre! Come evidenziato, la presenza del Signore, Pazio- ne della sua mano ¢ un linguaggio spiccatamente miilicare pervadono tutto Pepinicio; nella prima parte appare I'clemento acquatico, nella seconda pitt quel- lo terrestre e «urbano»; domina il Ti del Dio trion- fatore; Ia prospettiva ¢ quella della «guerra santa» in cul Je combate fianco del suo popolo (G. Ra- vasi). 248 Esodo 151-21 INTERPRETAZIONE © Introduzione Il narratore si tramuta in poeta e dichiara subito in prima persona quale sara il tema del suo epinicio: Juwit ¢ le sue prodezze. Non ha bisogno di invoca- ioni a una musa ispiratrice, né momentaneemente di strumenti musicali, perché ispirazione e musica gli sgorgano direttamente dall Eroe e dalle sue gesta. Notiamo la personalizzazione: come in Is 12,2, Jews (qui abbreviato in Jaf) 2 la sua «forza» (‘o2) € i suo ccanton (cia; quest ukimo termine, perd @ ambiguo, perché in ebraico pud significare sia «canto» (cf. Sal 98[97],5), ma anche «potenza, for- tezza» (cf. Gn 43,11). Il trionfo di JHWH si articola in un duplice movi- mento spaziale che caratterizza tutto il carme: innal- zamento/abbassamento. Egli «ha mirabilmente ttion- fato» (in ebraico, il raddoppiamento intensive ga‘oh gaiah potrebbe tradursi « stato davvero supers); tale Yerbo spesso indica la piena tracimante e rumorosa delle onde (Ez 47,5), per cui alcuni traduccno «a sua vittoria & stata strepitosa» (L. Alonso Schékel). Questo innalzamento ha comportato un violento sprofondamento: «ha gertato (lett. “ha scoccato”; ra- mah) in. mare cavallo € cavalieres. «Cavallo e cavalie- re» é un singolare collettivo, variante prometeica della potenza militare umana, che non sta troppo simpati- caa Jinwn (cf, Sal 20[19],8; 33[32],17; Is 22,18; Ger 31,2) Pil che al evaliete qui dobbiamo pensarea- Pauriga; vale la pena ricordare che nell'iconografia riana, mentre i carri normali venivano dipinti con dite uomini (conducente e arciere), il Faraone veniva sempre dipinto da solo e in scala maggiore. Inoltre, nella sonorita dell’ebraico, «carro e autigay (rk) pos- sono richiamare i primogeniti (bk). Juwrt appare co- me un arciere o un fiondatore (Ab 3,9), che scaglia i 249 «Strepiiosa la sua vitor» cavalli c i loro cocchieri come frecce o sassi in fondo al mare. La salvezza collettiva di Israele (nome assen- te, ma sottinteso) diventa salvezza e vittoria personale dellorance: «egli mi ha salvaton. Il poeta si vanta di questo Dio guertiero, che @ il «suo Dio» e il Dio dei padri. «lo sono colui che so- no» articchisce la faretra dei evolti» del suo nome ¢ della sua fama con questa qualic’ di campione mili- tare: Juwit & un cuomo di guerra» (Is 42,13). Anche se non ne ha bisogne, il poeta sente con gratitudine fierezza di doverlo esaltare La prima parte: il Canto del Mare Si accavalla in tre ondate, in cui predomina Pele- mento dell acqua. La prima strofa (vv. 4-5) & «lapida- ria» e contempla in terza persona la vittoria di JHWH sull’Egiteo. JHwH affonda i carrie la potenza dell eser- cito egiziano nel mare; la «crema» dei suoi ero o uffi- ciali (shalish, Es 14,7) viene sommersa nel Mare dei Giunchi, ricoperta dagli abissi (tehomo’), sprofondan- do come pietra. Si sottolinea l'inesorabilita della di- sfacta degli Egiziani, ingoiati dalle potenze del caos acquatico, incapaci di salvarsi proprio a causa della lo- ro «pesantezzay (cf. 1Sam 17,39). La seconda strofa (wv. 6-8) é in forma di dialogo e interpella il «tu» di Dio; si esalta la «destra» del Signore, metafora della sua potenza invincibile che letteralmente «sbriciola» (rd.ats, Gc 10,8) gli avversari, cosi come la sua «mae- st» (ga’on), abbatte coloro che gli si ergono contro; immagine ignea del «furore» divino che divora i ne mici come paglia (Is 5,24; Abd 18) rimarca linconsi- stenza dei nemici che sembravano forti e prepara quella del «vento». Acqua, fuoco e vento poeticamen- te possono richiamare gli elementi di Es 14. Questo vento 0 «alito» di Dio interviene in due fasi, che in corniciano i progetti del Faraone. Qui serve a magni- ficare il potere del Dio trasformatore, che meraviglio- 250 Esodo 15,1-21 samente rende solido cid che per natura & liquido; dapprima, infatti, serve ad waccatastare le acque» co- me tna diga ¢ a congelare gli abissi nel cuore del ma- re. La terza strofa (vv. 9-10) riporta il monologo tra- felato del nemico, dipinto come un avido predatore (cE. Gn 49,27) che intendeva privare Istaele di ogni speranza di eredita. Ma cio si & rivelato soltanto un delirio impotente, perché il mare, spinto dal ventol alito divino, sommerge gli Egiziani, che «piombano» nelle acque poderose, s‘inabissano in verticale, zavor- rati con la pesantezza di un elemento quale il piombo (nel termine ebraico «piombo» {‘ofered pud risuonare, ironicamente ribaltato, il nome «faraone» [pa*‘oh})! © Apostrofe Questa apostrofe chiude la prima parte, al centro del poema ed una duplice domanda retorica: «Chi come te?». Rappresenta il vertice di quanto le piaghe e il miracolo del mare hanno gia dimostrato: procla- ma l'unicith di Jews, la sua impareggiabili, la sua maestosa santita. II poeta, come del resto fara letro, non nega lesistenza di altre diviniti (Es 18,11; cl. Sal 77(76],14-15; 89[88],6-8), ma afferma che nes- sun altro pantheon pud essere efficace quanto JHWH. Lepiteto «tremendo nelle imprese» (nora’ tebillot) & ambiguo e pud significare anche «terribile nelle lo- di», «dalla fama tremenda», o «terrorizzante nello splendorey (Ab 3,3). L’altro, «operatore di prodigi», esprime che solo lui é in grado di compiere miracoli (pele’) mai visti e misteriosi (cf. Dr 4,34-353 Sal 77(76],15; 78[77],12). La domanda retorica, pur conoscendo la risposta, mantiene intorno al nome di Jutwi il suo mistero, come dir Gde 13,18 ‘La seconda parte: il Canto del Monte TI poema sposta improvvisamente lo sguardo al fu- turo ed evoca fatti successivi al momento della narra- 251 «Strepiiosa la sua vitoria» zione. La costruzione e gli accenti sono diversi: oltre a JHWH, adesso si staglia il suo «popolo» (‘am). Alli- nizio abbiamo il Signore che guida il suo popolo nel- la propria dimora divina, al centro quattro popoli che assistono atterriti al passaggio del popolo di Dio, alla fine questo popolo giunto alla meta del monte/santuario. Nel y. 12 il lettore pud cogliere un’allusione alla punizione di Core ¢ dei suoi seguaci, che vengono inghiottiti dalle fauci della terra (Nm 16,30-33); questa volta la «destra» di Dio agisce all’interno stes- so di Israele. La guida divina (nachah) viene presen- tata come quella di un pastore (Sal 23[22],2-3; Sal 77(76]21): @ la stessa azione vista nell’uscita dall’E- gitto (Es 1315.21) che ritornera come compito di Mosé dopo il peccato del vitello d’oro (Es 32,34). E ida dovuta alla «lealta» di Dio (chesed, che la trad, Cei rende in modo sbiadito con «favore»). II popolo é libero, davvero un figlio riscattato (Es 6,6). Il secondo verbo «conduce» (nahal) pud forse allude- re anche al sostentare con acqua. La meta é «il pasco- lo/accampamento» (naweh, cf. Is 32,18; Ez 34,14) della sancit& (godesh) di Dio; il riferimento testa am- biguo; pud alfudere al Sinai/Oreb, «terra santa» (Es 3,5), al soggiorno di Qadesh (gadesh, stessa radice di santiti, Nm 20), 0 al monte santo di Sion, cio® Ge- rusalemme (Sal 2,6; 43(42],3). Al centro troviamo quattro popoli (Filistei, Edom, Moab, Canaan) tradizionali avversari di Israele nel viaggio verso la terra, rappresentati chiasticamente dai loro abitanti, ¢ dai loro «capi» ¢ «potenti» (lett «tori» e emontoni», denominazioni teriomorfe di po- tenza digniei), Per il «passaggio» del popolo il poeta usa due volte un verbo (‘avar) che non appare mai nei racconti d’uscita dall’Egitto, ma solo in quelli della traversata del Giordano, quasi a dirci che il Ma- re dei Giunchi trova il suo compimento nel guado 252 Esodo 15,1-21 del Giordano. Alla sola notizia del passaggio di que- sto popolo eacquistator 0 wcreaton (gana) da Dio, la loro reazione & di paura, espressa ironicamente in set- te verbi: se nel passaggio del mare Isracle cammmind tra mura di acqua pietrificata, ora cammina tra popo- Ii eliquefatti» dallo spavento e al tempo stesso «pietri- ficati» dalla potenza del braccio di Dio. ‘Alla fine si descrive la meta di questa «via santay atvorniata da muti convicati di pietra: «il monte del- Vereditin (har nachalah), il «seggion (shevet), il «san- tuario» (migdash) di Dio. E una destinazione che JHWH ha preparato — lui e nessun altro — da tempo e che ora riserva al suo popolo. Il primo termine si ri- ferisce a un possesso inalienabile, il secondo a un sal- do ed eterno trono regale, il terzo al tempio, dimora della sua santita. La fraseologia suona con echi mitici ¢ cosmogonici; la dimora di Dio al tempo stesso terrestre e celeste; JHWH il Dio della liberazione & il Creatore del mondo. Il popolo viene introdotto in questa casa, come una sposa viene introdotta dallo Sposo (Es 6,8; Dt 21,11), come una vite, un albero 0 un germoglio da coltivare (Sal 80[79],9.16; Nm 24,65 Is 5,2). Lepinicio termina con un’acclamarione tipica di alcuni salmi regali, che proclama la sovranita eterna di Juwnt: egli non & soltanto il Re d’Israele (Is 43,75, 52,7; Sof 3,15), ma il Sovrano del mondo che sostic- ne ¢ controlla senza rivali (Sal 47[46],9; 93{92],1s, 96[95],10; Is 52,7). Tutta questa seconda parte, nella traduzione Cei appare come una constatazione. Tuttavia, nell attua- le contesto narrativo ~ Israele si trova ancora sulle tive del Mare dei Giunchi — pud suonare come una profezia (come quella di Balam negli oracoli di Nm 23-24). A partire dal v. 16, quindi, potremmo tra- durre i verbi in forma di desiderio («piombino, resti- no immobili... possa tu farlo entrare... possa tu pian- 253 «Strepitasa lo sua vitor» tarlovj, E una meta in prospettiva, che il poeta si au- gata posa essere ragiunta Sei pocta ha conoscinto ‘esilio, & una attesa che & nostalgia, B) Sommario narrativo Iw. 19-20 sono una ripresa sintetica di quanto & avvenuto in Es 14; rispetto al poema precedente, ag- giungono un elemento mancante, vale a dire il pas- saggio degli Isracliti all’asciutto; nello stesso tempo preparano lingresso in scena della terza voce, quella Ar Minina edele dae Gcgauteaate in die cork danzanti con l'accompagnamento di strumenti mu- sicali (cf. Sal 68[67],25). Non sappiamo se Miriam sia la sorella anonima di Es 2; il suo nome é stato variamente interpretato (per alcuni deriva dall’egizia- no meri «amatay 0 mara’ «bella», per altri dall'ugari- tico rwm «innalzata»); nel nostro testo viene definita «profetessa» (nebi’ah), forse non tanto nel senso tec- nico come Culda (2Re 22,14), quanto nel senso di una persona particolarmente dotata di un canto esta- tico (cf. 1am 19,20-24). Curiosamente, viene chia mata sorella di Aronne, non di Mosé: solo qui (cf. Mic 6,4) appare in una luce positiva, mentre in altri passi, sempre legata ad Aronne, il suo ruolo & ambi- {guo, se non criticato (Nm 12; Dr 24,1), mentre la niletcura rabbinica e patristica ne esalter’ le doti pro- fetiche. ©) Weantico di Miriam Il cantico funge da ritornello, 0 antifona di chiu- sura del brano, che viene rilanciato ad altri («canta- te»). Per qualcuno era questo il nucleo originario da cui si poi sviluppato il cantico precedente. Compo- sto di due distici,é il pit breve del Primo Testamen- 254 Esodo 15,1-21 to. Miriam @ la prima di una serie di voci femminili che, passando per Debora, Anna, Giuditta, si con- clude con il Magnificat di un'alera Miriam (Gde 5,1; 1Sam 2,1; Gdt 16,1; Le 2,46). Una storia di salvezza che si era aperta con delle donne (Es 2), si chiude nuovamente con il loro canto. I mattoni del racconto E possibile che il cantico di Miriam sia la prima intuizione poetica dell’evento, che poi il cantico di Mos? ha sviluppato. Per alcuni il nostro poema ¢ molto antico (XIII-X secolo a.C.) ed é all origine del- Ja nartazione di Es 14, mentre per altri & avvenuto il contrario. Per il vocabolario, che non disdegna arcai- smi ricercati, per le tradizioni dell ingresso in Canaan e del santuario, oggi si tende a considerarlo tardivo, di epoca post-esilica. ATTUALIZZAZIONE, «Allora Mose canteniy, ~ Nella tradizione ebraica, il nostro poema ha espanso la sua portata, per diven- tare il canto dei risorci. La Mekilta il pitt antico com- mento rabbinico all’Esodo, nota che il verbo in Es 15,1 @ al singolare e in una forma che generalmente cotrisponde al nostro futuro «canteriv (jashi7) per- tanto ~ al di [i della grammatica — ne deduceva che Mosé non ha intonato il canto, ma deve anco-a can- tarlo; quando lo canter? Nel giorno della sus risur- rezione. Un’altra riflessione nello stesso commento si cerroga sul perché si parla al plurale di «carti ¢ ca~ valliy (Cf. Es 14,75 15,4) e al singolare di «cavallo e cavaliere>; questo sta a ditci che, quando gli Israeliti fanno la volont’ di Dio, i nemici diventano un unico 255 «Swepilosa fa sua vitiorior avversatio, pit facile da battere; quando si allontana- no dz Dio, quelli ridiventano pericolosamente sei- cento! Sulla stessa lunghezza d’onda @ «il Cantico di Mo- sé e dell’Agnello» di Ap 15,1-4. A una comunita sco- raggiata, che rischia di essere sconcertata dal trionfo del male sul bene, il poeta-veggente dell’ Apocalisse anticipa, com’? suo solito, quanto accadri alla fine. La sua visione & dalla sponda del cielo, stavolta il ma- reé di cristallo misto a fuoco, simboli rispettivamen- te di salvezza divina e di giudizio, e i cantori sono i martiti di ogni nazionalita che godono gi di questa salvezza e cantano la vittoria di Dio con strumenti che surclassano ogni musica umana. I verbi sono tut- ti al futuro, nella incrollabile certezza della vittoria finale di Dio, inaugurata dalla Pasqua, dei suoi giusti giudizi su ogni sistema oppressivo (= la Bestia), che nel corso delle epoche pretende di ergersi come anta- gonista. Alla dossologia segue immagine del santua- rio celeste, dove & Dio ad avere dimora, come unico sovrano che concrolla e dirige la storia. Per chi an- cora nel deserto della chiesa pellegrinante (Ap 12,6) é la particura da imparare gia qui, per cantarla defini- tivamente dopo la risurrezione finale. Nella liturgia cristiana il nostro poema ha il suo parallelo nel Canto dell Exutes, durante la Veglia Pa- squale del sabato santo: il passaggio del Mare dei Ghunchi etipon della Pasqua di Gest e figura del battesimo cristiano: davanti al credente si dispiega Porizzonte luminoso della vita nuova. © «L.poetis brutte creature?», ~ Non sapremo mai chi ha composto questo canto; s¢ uno degli scampati in quella notte, se un poeta tardivo, o se To stesso narra- tore, che ne ha raccolto o immaginato gli eventi e le emorioni. Di certo il narratore, che non disdegna di presentarsi come poeta, Pha fatto suo e lo ha incasto- 256 Exod 15,121 rato qui, posto sulle labbra dei salvati, come punto di arrivo e punto di partenza. L’uso di un linguaggio squisitamente poetico ¢ ricercato sottrae gli event al- In'banalita dela prosa e all usura della Gronaca, ac- cende allusioni e doppi sensi, libera 'accadimento dal contingente per eternizzarlo come avvenimento rendendolo sempre disponibile nella memoria litur- gica. Il canto serve a riprendere respiro, a dare senso al presente ¢ a progettare il futuro. ‘Abbiamo bisogno di tali narratori, ma soprattutto di tali pocti. Non é vero che wsono brutte creature € ‘ogni volta che parlano é una truffay (De André-De Gregori). I! nostro narratore-poeta magari non cera sulle sponde del mare, ma @ come se ci fosse stato; lo ha sentito per sé, lo ha rivissuto anche a distanza di tempo, come Paolo non esitera a dire «sono stato crocifisso con Cristo e non sono pitt io che vivo, ma & Cristo che vive in me, Questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me» (Gal 2,20). Il poeta ne ha acceso il sogno, inteso non come fan- tasia, ma come profezia, come visione (cf. Sal 126 [125],1); non ¢ un caso che Pultima parola sia quella «profetica» di Miriam, una donna e, come tale, la pitt idonea a capire di «nascite» e a parlare di un mondo alternativo. Per questo il nostro poeta pud dire «mia forza € mia salvezza é stato JHWH» ¢ rilanciare questa sua espetienza alle generazioni che verranno. Neppure noi siamo stati sul mare, né abbiamo visto il Signore. Ma nella preghiera, e soprattutto nella celeb-azione liturgica, possiamo ridiventare a nostra volta poeti (ctimologicamente «creatoriv), far si che la visione diventi realta, come si rende conto Pietro quando, proprio a Pasqua, viene liberato dal carcere (At 12,9). Un esempio di riscrittura esistenziale di que- sto pocma é la seguente preghiera: 257 «Srepitosa fa sua villorior Potente Signore della mia vita, Yoplio cantar ete Todi su cate ewe sve del unica luce! Voglio getcarmi col mio canto nel mare della cua magnificenza annegure di gioia tra le onde della tua forza! Dio che operi in tucti i miei spazi ¢ incendi tutti i cuori, Santo creatore della nuova ter Ti ringrazio 0 Dio di poterti ringraziare, Dio dei miei salmi, Dio delle mie arpe, gran Dio dei miei organi e trombe, voglio cantare le tue Yodi su tuttele tre rive della tua unica luce. (G. von Le Fort, fo canto a te mia Chiesa) La «Parola» (davar) consegnataci dalle Scritture diventa «evento» (davar) anche per noi; il «ricor- do crea prodigi» (Sal 111[110],4): ed & per questo che anche noi possiamo essere li, oggi, sulla riva del mare. 258 C’E SPERANZA PER RAAB? Al termine del percorso di questa Prima Parte, nel cuore del lettore pud restare una domanda inquie- tante, o, nel peggiore nei casi, una facile e fretcolosa conclusione: che per I'Egitto non vi sia speranza, che resti permanentemente condannato, nella lettura © nella memoria del testo biblico. Una tale sentenza senza appello viene confutata dallo stesso Primo Te- stamento ¢ questo ci mette in guardia da facili stru- mentalizzazioni o demonizzazioni razziali, religiose € ideologiche. Se conosciamo, purtroppo da secoli, Vorrore folle dell'ancisemitismo non meno folle po- trebbe essere Panticamitismo: gli Ebrei discendono da Sem, come Egitto, Canaan e i Filistei discendono da Cam; ota, secondo la Bibbia sono cugini, sangue dello stesso sangue, dal momento che Sem, Cam, la- fet sono fratelli,figli dello stesso padre Not (Gn 10), salvati da Dio nel diluvio. Incontrovertibilmente I’Egitto e il suo Faraone nelfEsodo non fanno tna bella figura: dimenticano questa solidariet’ per opprimere ¢ finanche soppri- mere gli Israelis eppure Dio li interpella, come ab- biamo visto, in vires di una medesima paternita di Creatore; lo’seesso Padre invita il fratello maggiore, iI pitt potente, ad accogliere ¢ liberare il fratello mi- nore, il pitt debole. Riprende carne il conflitto anti- co, metastorico, tra Caino ¢ Abele, cosi come viene disattesa, disprezzata un’istanza di fraternita e di mu- tua accoglienza. Il Faraone del tempo di Abramo non aveva esitato a trarre lezione dalle «piagke» ¢ a 259 C8 speronzo per Raab? restituire Sara, la futura madre del popolo eletto, di cui si era impossessato (Gn 12,10-20). Il Faraone del tempo di Giuseppe aveva saputo liberare questo ex schiavo ebreo per coglierlo come «benedizione», ¢ ne aveva intuito lorma e la sapienza di Dio} i suoi successori invece hanno avuto paura dei figli di Giu- seppe e dei suoi fratelli, misconoscendone lo stesso Dio e non esitando a schiavizzarli. Questa volta, pe- 1, Dio ha ascoltato la «querela» di Abele-Israele, senza aspettarne «i sanguin; questa volta il suo segno di protezione pasquale ¢ stato impresso sulle case di Abele-Isracle, non sull’Egitto-Caino oppressore (Gn 4,15; Es 12,23). L’Egitto, fino all’ultimo, ha rifiuta- to le chances, offerte da Dio di condividere il suo di- segno di salvezza; il reiterato ed estremo «no» al «si» di Dio, per PEgitto ha comportato il proprio auto- annientamento nel mate della propria violenza. Ma, Es 1-15 & davvero P'ultima parola sul? Egitto,, prototipo di ogni nemico d’Israele? Nel corso della sua storia, Israele avra ripetutamente a che fare con la nazione egiziana, potenza di cui subira sempre il fascino e a cui sovente ricorrera come possibile allea- to € protettore; I'Esodo, come abbiamo gia visto, ha gia ancicipato questa «nostalgia» endemica ’Israele, Tutte le volte che Isracle scegliera lEgitto e tutte le volte che lo stesso Egitto si riproporra come unico sponsor al posto di Juiwt, gli Israeliti subiranno pe- santi delusioni o ripiomberanno nelPantica schiavitit (2Re 18,21-24; 30,1-17; Ger 2,18.36-37; Ez 29; 30). Quanto all'Egicto in sé, non resta un figlio da nato o definitivamente ripudiato agli occhi di Dios Juwi ha nei suoi confronti progetti di salvezza e gli accordera gli stessi benefici e prerogative anticipate per il momento come caparra a Isracle. In tal senso sono eloquent tre testi che vale la pena citare ¢ che non mancano di suonare sovversivi se non scandalosi alle orecchie di chi ha appena letto Es 1-15. 260 C8 spemza par Raab? Dt 23,8-9: «Non disprezzate gli Egiziani» «Non disprezzate coloro che appartengono al lo di Edom, perché gono vectsl parent. Non diopreeste gli Egiziani perché avete abitato come stranieri nella loro terra. *I loro discendenti, che abitano tra di voi, potranno essere ammessi nell’assemblea dei fedeli a partire dalla ter- Se passi come Dt 10,19 e Lv 19,34, che invitano ad amare gli stranieri ¢ a trattarli come connazionali, non disturbano eccessivamente, il nostro passo (offer- to nella versione della Tic), invita sorprendentemen- te a non disprezzare quelli che sono per antonomasia due tra i pitt acerrimi nemici «storici» d'lsraele. L’E- gitto viene abbinato a Edom, il «Caino» che non esitd ad approfittare, con un atto di brutale sciacallaggio, della distruzione di Gerusalemme (cf. la denuncia del libro di Abdia). Ora anche loro vanno accolti con ri- spetto e possono far parte del popolo d'Israele; questo perché gli Israeliti, . oppressi proprio in Egitto, non devono ripetere l'errore dei loro oppressori. Sal 87 [86]: «Registrerd Raab ¢ Babilonia fra quelli che mi conoscono» ‘Le sue fondamenta sono sui monti santis 2il Signore ama le porte di Sion pit di tutte le dimore di Giacobbe. *Dite si dicono cose stupende, citta di Dio. “Ricorderd Raab e Babilonia fra quelli che mi conoscono; ecco, Palestina, Tiro ed Etiopia: tutti [4 sono nati. 5Si dira di Sion: «L’uno e Paltro & nato in essa e’Altissimo la tiene salda. “Il Signore scriveri nel libro dei popoli «LA costui é nator. 7E danzando canteranno: «Sono in te tutte le mie sorgenti>. 261 C@ speranza per Koab? I salmo esalta Gerusalemme, la citta santa privile- giata ed eletta da Dio. Ma la cosa inaudita & che lo stesso Dio, nel registrare l'atto di nascita dei figli di ucsta citta, inserisce nel registro anagrafico i nomi jei nemici giurati d'Israele: tra questi, spicca al pri- mo posto Raab, il nome del mostro mitico simbolo dell’Egitto (Is 30,7), il quale precede altri feroci ne- mici tradizionali come ‘Babilonesi i Filistei, i Fenici cP Etiopia. Ognuno di questi nomi dovrebbe suona- re come una bestemmia 0 un colpo al cuore di ogni pio ebreo; qui si trovano registrati come figli di Ge- rusalemme, concittadini senza distinzione, tutti ac colti nel seno della citei-madee (metropoli), perché adesso xticonoscono il Signore» (quello che il Farao- ne non voleva fare: cf, Es 5,2). La primogenitura di Istaele non & negata, ma qui ¢ vista in funzione del- Vinclusivita e dell'universalici, non dell’esclusivie’: nessuna gelosia, nessun processo agli antichi persecu- tori, nessuno steccato di frontiere nazionali. I! salmo anticipa audacemente Ef 2,12-13.19. Is 19,19-25: «Benedetto sia Egiziano mio popolo» In quel giorno ci sari un altare dedicato al Signore in mezzo al pacse d’Egitto una stele in onore del presso la sua frontiera. "Il Signore si ivelera agli Egiziani e gli Egiziani sceranno il Signore, lo serviranno con sacrifci e offerte, faranno voti al Signore e li adempiranno. 2I1 Signore percuotera ancora gli Egiziani, ma, una volta colpiti, li risanera, Fssi faranno ritorno al Signore ed egli si placherd eli risanera. In quel giorno ci sari una strada dallEgicto verso IAs ria; PAssiro andra in Egitco ¢ Egiziano in Assiria; gli Egi- ziani serviranno il Signore insieme con gli Assiri. In quel giorno Israel, il terz0 con l'Egitto ¢ l'Assixia, sari una benedizione in mezzo alla terra. Li benedira il Signore degli escrciti: «Benedetto sia PEgiziano mio po- polo, Assiro opera delle mie mani e Istaele mia eredici». 262 (C8 speinzo per Roobe In questa profezia, un discepolo d’Isaia va oltre Poracolo di dolori del brano precedente e preannun: cia con ottimismo e speranza che ’Egitto si convert ri alPunico vero Dio, padre di tutti i popoli. Anche qui troviamo nazioni tradizionalmente nemicke tra loro e ostili‘a Isracle che si riconciliano, Se il Faraone aveva negato a Isracle di prestare culto al Signore, ora questo stesso culto viene celebrato in terra egizicna, € non resta confinato alla terra d’Tsraele (cf. Dt 12,13). La benedizione di Jrwei @ anche qui inaudita e scan- dalosa: chiama lEgitto «popolo mio» (‘amami), come chiama P’Assiria «opera delle mie mani», due preroga- tive tipiche del popolo eletto (Es 6,75 Is 60,21). ’e- lezione d’lsracle non resta un privilegio esclusive, ma benedizione, insieme all’Egitto e all’Assiria, al servi- zio di tutte le nazioni. Questa profezia ancicipa le ri- flessioni di Paolo in Rm 9-11. Se il narrarore biblico era occupato a esaltare ill passaggio del mare, senza preoccuparsi dei cadaveri sulla battigia, la tradizione rabbinica ci presenta un Dio corrucciato che, alla richiesta dei suoi angeli di intonare un epinicio per la distruzione degli Egiziani, oppone un netto rifiuto: «L'opera delle mie mani & annegata nel mare e voi vorreste cantare canzor! PICCOLO LESSICO Q Allleanza. L’alleanza ¢ una relazione di solidarieta tra due contraenti; normalmente traduce il termine ebraico be- rit, che nelle traduzioni viene reso con altri sinonimi come patto, impegno, tratato, accordo. Indica una intima rela- zione che si instaura liberamente tra due persone, o tra Dio e un popolo, in cui ognuno dei partner si assume la responsable della fede, della lealts¢ dellamorerecipro- co, Questa idea dell'aleanza con la divinita sembra peculia- re ed esclusiva d’Istaele; essa trac la sua origine dai cratati di vassallaggio orientali, dal contratto di matrimonio e, pto- babilmente, dal concerto della regalith di JHws. Se in Ge- nesiabbiamo [allenza ta Dio Tumaniche quel tipul- ta con i singoli patsiarchi, in Esodo divenca il fondamento del patto unico con il popolo d'Israele. Ricordiamo che l'al- leanza pud essere unilaterale e incondizionata, nel caso in cui uno solo dei partner (in questo caso Dio) si impegni verso Paltro, in modo indefettibile e gratuito (come in Es 6,7); pud essere bilarerale e condizionata quando amoedue i contraenti si assumono precisi impegni reciproci (come in Es 19,3-8 ¢ 24,3-8), Nef concerto di voci Yalleanza unilate- rale étipica della tradizione Sacerdorale, mentre quel bila- tetale & tipica della tradizione Deuteronomistica; ambedue le prospettive vengono integrate e amalgamate nel Codice di Banas (Ly 17-26). «L’alleanza non isola nell'intmismo con Dio ma apre alla relazione con Valtro, divenendo pro- posta di vita sociale ¢ politicay (G. Cappelletto). La libera- tione di Es 1-15 2 in funzione di questa alleanza, perché solo da libero Israele pud aderire responsabiimente al patto, che trova i suoi cardini nella Torah donata al Sinai, Come espliciteranno i profeti essa assume la dimensione di un patto nuziale tra lo Sposo (Jew) e la sposa (Israele) ¢ di lun privilegio che Isracle dovra mettere al servizio deVintera tumaniti, TI vocabolo usato nella traduzione greca per indi- care Falleanza (diatheke), ha dato origine, prima in latino, 265 Piccolo lessico poi in italiano, al termine Testamento, da cui derivano le denominazioni Antico ¢ Nuovo Testamento. Antropomorfismo. E la tendenza a rappresentare una realta spitituale (Dio) 0 materiale sotto forma umana. Ad ‘esempio, abbiamo antropomorfismi quando si parla di JHWH che scende (Es 3,8), stende la mano (7,5), attacca Most co- me un avversario (4,24), agisce come un campione militare (15,3); oppure quando si descrive un monte che «trema» ‘come un uomo (19,18) Antropopatismo. Rientra come genere particolare nella voce plecedente E Pattribuzione alla diving di passioni © sentimenti umani: ad es., JHWH che si arrabbia (letteralmen- te «il suo naso s'accende> in Es 4,14); oppure al contrario juando si presenta slento all'ra» e econ viscete di misericor- de in Es 34,6. Q) Anziani. Nell’AT, fin dall’Israele premonarchico, gli an- ziani compaiono come i capi delle famiglie che formano le trib, con funzioni di dirigenti e responsabili in ambico mi- litare, amministrativo, cultuale e giuridico (18am 8,4; Ger 19,1; Es 6,7). La qualifica «anziani» indica questa funzione di responsabilita ¢, non sempre, l’et’ avanzata di chi la eser- cita, Nel'epoca del Secondo Tempio, sembra rispecchiare le iscanze della corrente deuteronomista, in conflitto con Tari- stocrazia sacerdorale Benedizione, Nella Bibbia la benedizione (berakah) & collegata alla vita ¢ alla fecondic’ ¢ il suo senso dipende dai soggettie dai destinacari. Quando Dio a benedire una per- sona, o una realed (cf. Es 20,11.24; 23,25) significa che egli «sceglie» (Es 32,29), garantisce la sua presenza che comunica vita, prosperita e futuro e si impegna a realizzare quanto pro- met, facendo compartecipe l'uomo della sua energia e della sua feonditi. Quando invece & una persona a ebenedires un'altra persona (Es 12,32; 39,43), chiede a Dio di conce- decle vita, fecondita e benessere, cosi come pud riconoscere Trenergia della benedizione divina che 2 operant in lei (come fa Elisabetta con Maria, Le 1,42). Quando é un essere uma- no a ubenedire» Dio, lo riconosce come la fonte di ogni be- nedizione elo ringrazia con entusiasmo per quanto ha fatto e compic in favore delle sue creature (come letro in Es 18,10; cf, Sal 103{102],1-5). Anche se il termine & assente, in Es 1 266 Pracole lessico la proliferazione degli Isracliti nasce dalla benedizione di Dio, cosi come il passaggio del mare in Es 14 comporta im- plicitamente una benedizione (vita/salvezza) per Isracle ¢ tuna maledizione (morte/castigo) per lEgitto. DF Cananei. Sono gli abitanti della terra di Canaan, chiama- ta dai greci Palestina (cio’ terra dei Filistei). Nella lista di Es 3,8 troviamo menzionate sei popolazioni che vivevano in ‘Canaan, prima del! earrivo» degli Isracit (altri elenchi si vo- yano in Gn 15,19-21; Nm 13,29; De 7,1). Oltre al generi 2) Cananei, vengono menzionati come indigent di Canaan: b) gli Zit, il cui nome rinvia a un popolo dell’Asia Minore che nel II millennio imperd dalla Siria alla Mesopotamia; tuttavia, restano incerti i rapporti tra questi Ittiti e quelli di cui parla la Bibbia; ) gli Amorrei, antica popolazione presen- tein Palestina e Siria pess sinonimo di Canane!) ) i Pe- rizcité: probabilmente sono Cananei delle campagne; e) gli Evei, probabilmente una etnia di origine non semitica; fi Gebsei, un gruppo cananeo che abitava Gerusalemme, pri made conguista di Davide alla ists vanno agiunt: gg Amaleciti, ribs nomadi a sud-est della Palestina; h) i Gerge- sei, altro gruppo di Cananei.. Gi Chiasmo. # una forma particolare di parallelismo (vedi Sotto) a quattro o pitt clementi, dei quali if primo si accorda (© discorde) con lultimo, il secondo con il penultimo ¢ cosi via, in una sequenza del tipo A - B - B’ - A’. Cf. ad esempio Es 1,15-22 ed Es 7,8-10,27. D Epopea. Vasta narrazione poetica, spesso leggendaria ¢ fancastica, che celebra epicamente avventure etoiche, di amori e di fatti meravigliosi, ambientati in un mondo aristo- cratico, Nella Bibbia non croviamo un’epopea sullo stile del- Mliade, del? Odissea o dell Eneide, anche se non mancano span clementi epi. Lunico libro che sembra rina in questo genere & i libro di Giosué, scritto perd in prosa nar- rativa € non in poesia, I! libro dell'Esodo non pud essere definito un'epopea, ma un «acconto fondatoren; tuttavia possiamo riscontrare colori epici in Es 14 ed Es 15,1-21 Genealogia. # la serie dei discendenti da un capostipite fino a un determinato individuo della famiglia 0 viceversa. La sua funzione & importante, soprattutto nella teologia sa- cerdotale; non indica effettivamente una «telazione biologi- 267 Piccole lessico ca», ma & un vero documento giuridico che serve a legitti- ‘mare una identita, a garantire radici e prerogative, a indica- re un cango e gli impegni che ne derivano, € a struttutare la storia, come nel caso della genealogia di Aronne e Most in Es 614-25. OD Go'el. Il termine, atcraverso il latino, viene reso in italia- no con «redentore». In ebraico & un participio del verbo ga’ atiscattare, rivendicare, proteggere»; la jr ica & tipica della solidariera familiare nell'antico Israele. In Ly 25 designa il «parente pi stretto», che deve proteggere gli intetesi della famiglia e di ogni singolo componente in varie sinumion di prio; ad esmpio, quando i beni o Ie pro- prieti della famig! jiano di essere alienati o posti vendita, egli deve riscactarli per garantirne lintegrith (Lv 25,23-28); allorché un parente 2 in schiavitd a causa dei de- biti, egli deve intervenire per liberarlo, pagando il prezzo do- ‘yuto (ev, 47-53). E sempre il go che deve vendicare il san- gue di un parente assassinato (De 19,6.12). Nei doveri del ‘goel sembra rientrare Pobbligo di tutelare una vedova in si- ‘tuazioni precarie (come in Rut 3-4). Nell’AT il termine, par- ticolatmente caro al Secondo Isaia (Is 40-55), ¢ una delle autodefinizioni di Dio che salva Israele dalla schiavitd dell’e- (cf. Es 6,5-6). I NT designer’ e interpretera in termini di aredenaioneliscatto» la salvezza attuata da Gest, a prezzo del suo sangue, per cutte le persone che credono in lui (Me 10,45; Rm 3,24; 1Tm 2,5-6). Q Guerra santa. Con questo termine si intende non tanto un’istituzione, quanto Pintervento salvifico di Dio descritto come Pintervento militare di un guerriero; non é Isracle a combattere.in difesa dei diritti di Dio, bensi Dio a combat- tere per la salvezza del popolo. Le caratteristiche basilari di questa descrizione sono: a) Jiiwxt consegna i nemicie la terra nelle mani d’Israele; b) la guerra é di Jwit, l'unico che agi- sce e conduce alla vittoria il suo popdlo; ¢) Tsracle non deve restare preda della paura, ma credere; d) i nemici restano terrorizzati dallo spavento che Jiswst suscita tra di loro; e) lo sterminio totale del nemico. Nel libro dell’Esodo ritroviamo ‘queste carattcristiche: JHIWH viene presentato come un prode (15,3), @ lui solo ad agire e dare vittoria al suo popolo (14,4. 18.31) Israele passa ‘lla paura alla fede (14,13); l'esercito 10 fugge sgomentato dal fatto che JetWH Torta in favore 268 Piccolo lessioo di Israele (14,25) e viene totalmente annientato nel Mare dei Giunchi (14,28.30). Inclusione: si ha quando Minizio ¢ la fine di un testo si Fichiamano o per sinonimia 0 per contrapposizione: cf, ad ‘esempio, l’inclusione che incornicia il racconto di Es 1-2 (cra 1,1 e 2,23-25) oppure il brano di Es 6,2-8 (trai w. 2€ 8). Q Lronia. Esistono vari tipi di ironia. L'ironia @ retorica juando il narratore dice il contrario di quello che wuol dire, facendo in modo che si capisca: ad es., quando si dice «che bella vittoria», quando invece la sconfitta & stata sonora (cf. ee 46,9-11); & drammatica guando sorge un ee ura, la percezione parziale o erronea di un personaggio e la perce- due waledel itso a diate perenaggl cane ad sep, in Es 1,9, quando il Faraone afferma una cosa che si avverera in modo dveso da quel che pens; abbiamo un ona ver bale quando un personaggio ¢ consapevole o no della portata di quanto afferina: nella sua forma intencionale, compare soprattutto quando un personaggio cerca di ingannare un altro, come fe levatrci di Es 1,19. La funcione delironia, che non va confusa con il sarcasmo (cf. quello del Faraone in Bs 5,2.8) e lo humour, & quella di portare il letore a con- dividere i valorie i criteri di giudizio del narratore. (D Lertura diacronica e sincronica, Nella lecura e nell’ana- lisi del testo possiamo adottare due approcci fondementali: diacronico e sincronico. La lettura diacronica & di tipo gene- tico: cerca di rintracciare i «mattoni» del testo, le varie tradi- zioni che si sono sedimentate, cosi come ricerca l'autore, quando € dove ha scritto, per chi e con quale final. La lectura sincronica si concentra sul testo attuale, considerato come una «tramay (rextus) ed & attenta al racconto come sedificio» finale. Ambedue gli approcci non si escludono, ‘ma concorrono a cogliere le molteplici ricchezze de. testi bi- blici. Lo scavo diacronico (tipico del metodo «stotico-crti- cos) ci aiuta a radicare storicamente il testo e a scoprire i retroscena del raccontos la lercura sincronica ci aiutaa coglie- re le dinamiche narrative, linterazione dei personaggi e la posta in gioco del racconto. Per una valutazione di questi approcci principali, accanto ad altri metodi di lettura, rinviamo al documento della Pontificia Commissione Bibli- ca, Linterpretazione della Bibbia nella Chiesa, Rom: 1993. 269 Piccolo lessico F_Nomen-omen. Letteralmente «nome = destino»; il nome di un individuo é la sua vanima», ne rende percepibile Pori- comportamento, la missione e il destino. Nella lista d'lstaele in Es 1,1-4 ogni nome esprime un destino di benedizione (cf. le precedenti etiologic in Gn 29-30). Anche se il nome Mose & egiziano, in ebraico significa «colui che tira fuori». Chi non ha nome non esiste e non vale niente (Gb 308), Q Pantomima. Azione scenica muta, carattetizzata da gesti atteggiamenti. Nella Bibbia é un genere profetico, tipico di Ezechiele che, mediante queste azioni mimate in silenzio tende a simboleggiare eventi che accadranno (come in Ez 3- 5)s of. anche il mimo di Geremia, che si accolla un giogo per simboleagiare la schiaviet babilonese (Ger 27). Q Simmetria concentrica. E un tipo di josizione che rientra nellambico del parallelismo (anche in forma chiasti- ca) i cuiclementi hanno un centro, ad esempio nella seque ma A-B-C-B’-A’ (anche in questo caso il numero degli clementi simmetrici pud essere pitt esteso). Credo sia possi- bile ravvisare una simmetria concentrica in Es 6,1-8, in Es 6,10-30 e in Es 12,1-13,16. Gi Tanak. Sigla della Bibbia ebraica, composta dalle lectere iniziali dei nomi delle tre parti che la costituiscono: T = To- rah o Pentateuco, N = Nevi'im o Profeti (da Giosué 2 Mala- chia), K= Ketuvino Scriti o Agiografi. Per un prospetto pitt completo per la differenza tra la divisione della Bibbia ebraica ¢ quella della Bibbia greca, tra canone ebraico ¢ cri- stiano, sinviamo all'Introduzione de La Bibbia di Gerusalem- ‘me, EDB, pp. 12-13. O Teofania. & una manifestazione o un’appariaione divi- na, Possiamo distinguere tre generi di teofanie: a) quella in cui Dio appare e si fa riconoscere immediatamente dal de- stinatario (come in Gn 17,1): in questo caso Pattenzione & sul messaggio divino; b) quella in cui il lettore sa che & Dio che appare, mentte il destinatario ne @ ignaro (come in Gn 18,1; Gde 6,11): in questo caso Pattenzione va al modo in cui il destinatario potri riconoscere Dio; ¢) quella in cui Dio resta incognito sia al lettore, sia al destinatario, che devono simultaneamente scoprirlo: in questo caso, Patten- ione va all'identita di Dio (come in Gn 32,23-33). Nel 270 Piccolo lessiao nostto libro la teofania di Es 3 rientra nel secondo gruppo, quella di Es 6 nel primo. Trama narrativa. La trama narrativa & la disposizione ordinata degli avvenimenti» (Aristotele, il principio unifi- ‘ante di un racconto, sia breve (microracconto) che lungo (macroracconte), che permette di organizzare in uno scena- Fio coerente gli event e le tappe della storia raccontata, © da senso ai molteplici elementi narrati In tal senso un razconto si differenzia da una cronaca che enumera semplicemente i fact. I principali momenti della trama sono: a) l’esprizione, che offre ai lettor le informazioni indispensabili per capire la sicuazione prima dell'avvio dell'azione; di soito si trova all'- nizio, ma pud essere differita o integrata nel corso ¢el rac- cones b) fa complicazione, che &il momento in cui scatta azione e sale la tensione drammatica, a causa di un probl ‘ma o di un conflitto che complica appunto la situazione is ziale; c) lo sciaglimento, che provoca un'azione decisiva che liquida la complicazione ¢ la tensione creatasi. Lo sciogli ‘mento pud assmere due forme: quella della «svoltav 0 «t0- vvesciamento» (peripeseia) che ribalta una situazione in quella ‘opposta (dal bene al male o viceversa); si tratta di un'azione trasformante finalizzata alla risoluzione di una crisi o di un problema; la seconda forma 2 quella del «riconoscimento» (anagnorisi), cio® del passaggio dallignoranza alla coroscen- za di un personaggio, finalizzata a una rivelazione decisiva, Queste due forme sono spesso combinate: Es 1-15 & una trama al tempo stesso di risoluzione (viene rsolta la schiavied degli Isracic) ¢ di rivelazione (JHWwH si fa conoscere ¢ rivela la Sua gloria agli Isracliti e agli Egiziani; d)I'epilog chiude il racconto ¢ presenta la situazione finale trasformata dallo scioglimento. Normalmente il narratore presenta gli awe ‘ment in una sequenaa cronologica e causale, ma pud scegl re di presentarli in un modo che non la segue pedissequa- 2 BIBLIOGRAFIA La bibliografia sul libro del!'Esodo & assai nutrita. Segna- liamo, con qualche rara eccezione, solo aleuni studi ¢ co ‘menti significativi in lingua italiana, pubblicati negli ulti vent anni, Ukeriore bibliogaia vera segnalata nef tecondo volume, quello su Es 16-4 OQ Questioni storico-letterarie Gausiatt E., La siruttura letteraria dell’Ezado, Paoline, Alba 1956: non possiamo non citare questo studio, che ha da- to Pavvio all'indagine sulla struttura letteraria del libro che resta tuttora alla base di commenti recent. La Parola di Dio nei racconti degli uomini, Cittadel- isi 2000: si tratta di una breve, ma accattivante in- troduzione alle modalici della narrazione biblica, con uun’analisi della sua storiciti, dai racconti delle origini alla fine della monarchia. Particolarmente raccomandabile & la lettura del cap. IV su Most e I'Esodo. QL Biodo come «paradigma ALONSO ScHOKEL L., Salvezea ¢ liberazione: l'Exodo, EDB, Bologna 1997: questo studio di un maestro indimentic to, approfondisce I'xesodo» come un paradigma organiz. zato su due punti focali (entrare-uscire) che attraversa il Primo e il Secondo Testamento. F Commenti Avzou G., Dalla serviti al servicio, I libro dell Esedo, EDB, Bologna 1997: & un commento esegetico ormai classico a tutto Esodo, con approfondimenti teologici. Lultima tiedizione si raccomanda per la copiosa bibliografia. Bansorn D., Meditazioni sull'E:odo, Queriniana, Brescia 1971°: questo commento sceglie una chiave meditativa, ricea di preziose e profonde intuizioni. Si raccomanda pet 273 Biblograio. la lettura che sa felicemente e suggestivamente coniugare Primo e Secondo Testament. BuaNcat E., Esado, Commento esegetico-spirituale, Qigajon, ‘Magnano 1987: il taglio & indicato dal titolo; si raceo- ‘manda come un commento profondo ¢ stimolante, che coniaga tradizione ebraica e cristiana, e offte spunti di riflessione teologica attualizzante. Boscui B.G., Bodo, Paoline, Roma 1978: & un commento sobrio e accessibile, attento alle problematiche storiche. Brunt G., Alla ricerca di Dio, L’Eodoe i suoi significa, Pao- Tine, Milano 1989: agile e profondo commento, in stile meditativo Cuutps B., /1 libro dell’Exodo, Piemme, Casale Monferrato 1995: altro ponderoso commento ormai classico, uno strumento indispensabile per chi interessato ai problemi filologici del testo, all'analisi letteraria e alla storia delle tradizioni, al rapporto tra AT e NT e alla storia dell'ese- {gsi di ogni capitolo, con riflessioni teologiche conclusive. Ciactian J., Esado, Queriniana, Brescia 1993: commento miratamente divulgativo su basi scientifiche, con un lin- guaggio accessibile a tutti, attento al senso teologico dei vari rani, Fanuut A., Dio in strada con luomo. Sulle orme dell Esodo, IPL, Milano 1977: prezioso commento a Es 1-15, da par- te di uno specialista del Pentateuco, in un linguaggio ac- cessibile e stimolante. Garn ¥., LBzodo, in AA.WV., La Bibbia Piemme, Piemme, Casale Monferrato 1995: un utile € puntuale commento allibro, con una attenzione ai problemi del testoe alle sue fonti. Nor M., Biodo, Paideia, Brescia 1977: anche questo un ‘commento classico, di taglio specialistico, certamente da- tato, ma ancora valido per certe intuizioni.. Ptastanas J. Il Dio dell Exodo, Marietti, Torino 1977: buon commento puntuale al libro, agli aspettistorici e teologi- U ‘OL, BIS pedsp ouue ‘euewnas .¢1 efap oreqes ‘OL, weet cones tporo1p, sz pedop ouure ‘ours ,¢1 STP :pI9UIA ‘OL ori pedup ouue eves .¢1 ep 1paro'8 ‘OL, over'e 5 owue ‘eusarenty wp -wop ,¢ sere xp ouue ‘eueMURNas JCF PPP Epaqosae ‘OL zre91'e sredstp ouve euewmss 61 EP pawe ‘OL, ITT medsyp ouue eubwmcs 61 ep {P2U| ‘OL woes 27eH25 opeuoreT ‘oape3y opreuorz=] opora SI-L OdOSa Id ODIDUNLM Os Mondadori, Milano 1984. Onicene, Omelie sull’Esodo, a cura di M.1. Danieli, Citta ma 1976, pp. 189-348. Rasuit or roves, Commento all Esodo, a cura di S.J. Sierra, Marietti, Genova 1988, ‘Nuova, Roma 1981. Lartes D., Nuovo commento alla Torah, Carucci, Assisi-Ro- Grecono pt Nissa, La vita di Mosé, a cura di M. Simonetti, Q Commenti patrisici Q Commenti ebraici 27 276 INDICE Per LeGceRe VESODO (Introduzione). 1 ib del Eso poate di Ios ce nascita d'I- 2. amagnficicinques adie wonco del Primo Te- stamento . oa 3, Struttura ¢ contenuto del libro. 4, Un libro polifonic. . Quante ¢ quali evocin?. Tre teolegie-cardine .. Sead Scopo e criteri della compilazion...... 0... 5. Bsodo: dove, come, quando? ......... La schiavitt degli ebrtin. csc. cecccee Most...... ae Le piaghe dEgito. Liscita dall Egisto MI Mare dei Giunchi M pasaggio del mare. : Msoggiorno nel deserto........ U Sinai. Le leggi di lraele 6. Il genere leterario dell'Esodo. 7, Come leggere il testo... La lettre del test0 2.0. Linterpretazione del testo. Applicaione......... a 8, «lmparail cuore di Dio nelle parole di Dios Avvertenaid ooo coes 9 u 12 7 18 20 21 2 23 24 25 26 7 28 29 30 31 31 33, 34 36 279 L'OUVERTURE DEL RACCONTO Esodo 1-2 IsRAELe IN EGITTO: OPPRESSIONE E SOPPRESSIONE (Esodo 1). Letcura Interpretazione eval: ivito della benedizione di Dio (Es 1,1-7) Opprasione eoppresione dei fil dlirace(Es 18-22) = Tmattoni del racconto «2.2 eeeeeeceeeeseees = Spun per la riflessione Ievaele come lievito di Dio Dio ¢ pit importante della terra. E malvago 'uomodallccio nvidia; volgeairove lo sguardo edispresza la vita atruis (Sic 148-9). Ul timore di Dio é una scuola di sapienza» (Pro 15,33) ll vata si specchia nellacqua, lomo nel cuore uma- no» (Pro 27,19 - Tic) Atcualizzazione . La nascita bt Most. Grusrizieae in EGIrro, FuGGIAsCO IN Mapin (Esodo 2,1-22).. Lewura , Interpreiazione .. = Lanascita di Most (Es 2,1-10), Un eirovatello» destinato a grandi cose. (Occhi ei donne: la nascita ei saloatagio di Mos... — Mosée la sua passione per la giustizia (Es 2,11-22) = Imattoni del racconto «2... s.eceeeee — Spun:i per la riflessione a belezaa di Mos: edallaspetto si conosceTuomo..» (Sir 19,26-27). Mose vantcipanUesperienza del! sede. «Chi ouol imporre la giustizia con la violenza é come sun impotente che vuole violentare una ragazeas (ir 204-Tite) sesso Indice 39 40 41 41 44 51 54 54 55 55 57 58 60 63 63 64 64 66 or 6 74 75 75 76 7 78 Indice ‘«FORSE IL GIUDICE DELLA TERRA NON PRATICHERA LA GIU- ‘sTIziaz», LA QUERELA D'IsRAELE (Esodo 2,23-25). ‘Lettura Interpretazione Liurlo d'Tsraele Dio acota a querela. = [mattoni del racconto — «ll giudice del mondo esercitera forse la giustizia in modo ingiusto?» (Gn 18,25 - Tic). Ul Dio che raccglie le lacrime. «Mysterium lunae>..... LA VOCAZIONE DI MOSE, DEL POPOLO E DI DIO Esodo 3-4 Most conriscato DA UN soGNo (Esodo 3,1-4,17) ... Lettura Interpretazione = Lavocazione di Mosé (3,1-9), = Lamissione, Vinvesticura¢ le obiezioni di Mose (3,10-4,17) — La umadre di tute le voczzionin Mes? e Geremia: due gemelli edn principio...» Larchetipo, ref = I mattoni del racconto . = Spunti per la rflessione Most prefigurazione d'lraele : 1a firma di Jue. «Farb conoscere il mio nome santo» (Ez 39,7) Unausentica eologia di liberacione.. : *Gome hci de ere ala man dei ore padronis Gal 123(122],2). i Un tesoro in un vaso di creta (2Cor 4,7) «Non voi avetescelto me, ma io ho scelto voi» (Gv 15,16) Attualizzazione 81 81 82 82 83 83, 84 87 87 88 91 91 92. 92 ” i i 113 114 115 5 6 7 18 118. 19 120 281 Da Mania is erro, L’sccuaro bi Jeswn (Esodo 418-31) Lettura Interpretazione ........+ = Tmattoni del racconto — Spunti per a tiflessione ...... «Mi ha sharrato ta strada perché non a (Gb 19,8) Un Dio in agguato. Actualizazione 2.2... LA CRISI E LA RICONFERMA. DELLA MISSIONE DI MOSE Esodo 5,1-7,5 ‘Tra Scuta & Canipot: La cist (Esodo 5)... Leccura... Interpretazione « Chi éilsovrano d'irace?. Cuore da sebiavi.. Chi crea il bene dvaele Un Dio menefreghisa e traditore? = Tmattoni del racconto — Spunti per la riflessione ‘La sindrome di Stoceolma. Giiscrbi egattopardo». H dramma del profeta..... Accualizzazione «2.0.6.0. La RICONERMA DEL. SOGNO: LA MANO DI Dio € 1A TERRA DELLA SPOSA (Es0d0 6,1-7,5)sseseereveeee A) Lioracolo di rsposta (Es 6,1-8) Lettura..... Sirurura delloracolo di rsposta. Interpretazione .... Upasato cil presente della sora dhracle (we. 2-5). 1 fucur dlsracle:libert dallEgieo, liber per essere ‘famiglia e sposa di wet (WV. 6-8) «evens 282 Indice 123 123, 124 134 135 135 137 141 MI 143, 147 147 148 149, 149 150 150 151 152 153 155 155 155, 156 157 157 158 Indice 8) La riconferma di Mosé nella sua missione (Es6,10-30) ..... Lectura Interpretazione La riconferma della misione . La genealogia a Il programma di Dio (Es7.1-5)« Incerpretazione ~ Tmattoni del racconto = Spunti per la riflessione Le scadenze di Dio. Tvolti dell’Amore a9 Profeziae sacerdozio. Attualizzazione .........- IL CONFRONTO: CHI E IL SOVRANO? Esodo 7,6-14,31 IL DecaLOGo DEGLI avvERTIMENTI (Esodo 7,6-11,10) . Letwura Piaghe o avvertimenti? Interpretazione ...... = Ladinamica del racconto Leta di Mose di Aronne (7.6-7).. 1H cprodigio» (7,813)... La prima tern di piaghe (7,14-8,15) ... La seconde terna di piaghe (8,16-9,12) .. La terza terna di piaghe (9,13-10,29) Annuncio della decima piaga (11,1-10) .. = I mattoni det racconto . ser = Spunti per la riflessione :

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