Miti Riti e Pratiche Dello Sciamanesimo

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Miti, riti e pratiche dello sciamanesimo lungo la via dell'ambra – Lucia Galasso

Abstract

Nella preistoria le rotte commerciali dell'ambra baltica erano anche vie di trasmissione culturale.
Queste piste diffusero miti, riti e pratiche di stampo sciamanico, fino a raggiungere le foci del Po. Il
commercio dell'ambra mise in comunicazione i progenitori degli Ugro-Finni, Slavi e Sciti con i
Baltici, i Popoli Germanici, i Celti e gli Italici, introducendo diversi elementi sciamanici nelle loro
pratiche religiose. Le ideologie iniziatiche si sono innestate sul substrato religioso preesistente e ne
hanno modificato gli usi rituali. Un esempio particolare è l'introduzione, presso questi popoli, di
elementi riconducibili ai miti solari degli antichi abitanti del Baltico.

Abstract
Myths, rituals and practices of shamanism along the Amber Route

Amber has always fascinated man, who has attributed magic and therapeutic powers to it.
In the palaeolithic age man used them as talisman and this practce continued in succesive periods.
With the arrival of the Bronze Age, amber from regions of its production in Northern Europe spread
to Italy and in the course of the late Bronze Age (XII-X B.C.) the main axis of commerce ended in
Frattesina of Fratta Polesine near Rovigo.
Along with trading routes of Baltic amber travelled not only the beliefs and superstitions, which
characterized this substance, but also ideologies and religious concepts. These tracks spread myths,
rituals and practices of shamanic stamp, till to reach the mouth of the river Po. This phenomenon
appears particularly evident in the Bronze Age, when many elements reveal the spread fron the
Northern Europe to the Po region of a new cultural Koinè, in which the solar cults was central and
clearly derived from the continent.
Amber was a symbol of the sun as a vital regenerating force. Its magic propitiatory powers in
Western Europe derived from its initiatory original quality with evident shamanic signs.
The commerce of amber put in communication the ancestors of Ugro-Finns, Slavs and Scyths with
the Baltics, Germanic Peoples, the Celts and the Italics, introducing various shamanic elements in
their religious practices. The initiation ideologies have been inserted on the religious pre-existent
substratum and they have modified its ritual customs.
Tha trade of amber contributed to the diffusion in the West of distant myths, ritual and beliefs,
which arose from a vision of the world of the Protofinnougric and Paleosiberian peoples.

I Paesi Baltici costituiscono da secoli il territorio di incontro e di scontro fra la Scandinavia, la


Germania, la Polonia e la Russia. A raccontarne la storia ha sicuramente contribuito la Via
dell'Ambra, l'antico itinerario lungo il quale avveniva il commercio di questa resina fossile; rotta
che ha costituito fin dalla preistoria un filo che ha costantemente legato i paesi nordici con l'Italia
continentale e, tramite questa, a tutto il mediterraneo.
Fin dal Neolitico, infatti, l'uomo ha subito il fascino particolare dell'ambra riconoscendole da subito
un'origine divina, per la sua capacità di sembrare un piccolo sole se illuminata da un suo raggio, per
la suggestione che evocano le sue inclusioni e per le sue proprietà di agire sui corpi se assunta in
cibi e bevande. Tutto ciò ha contribuito ad attribuirle poteri magici e terapeutici e a trasformarla,
spesso, in amuleti utili a ingraziarsi gli dei e averne protezione.

Il commercio dell'ambra prende avvio con l'età del Bronzo (2200 a. C.- 800 a.C.): lungo l'Elba e
l'alto Reno, attraverso i valichi alpini del Brennero e della Resia, l'ambra penetrava in Italia
scendendo verso sud lungo la valle dell'Adige, dove il mercato era gestito dalle popolazioni
palafitticole dell'area Benacense. Un'altra via di penetrazione era costituita dal passo di S.
Bernardino e dal corso del Ticino, una terza dal passo dello Spluga e una quarta, attraverso il
sistema Julier-Maloia, raggiungeva il Lago di Como. Dall'area Benacense l'ambra passava in Emilia
dove fiorì la cultura terramaricola, particolarmente interessante perché sembra rompere con le
tradizioni culturali precedenti e che, al contempo, presenta forti affinità con il mondo centro-
europeo, tanto da giustificare l'ipotesi dell'arrivo in Italia di nuove popolazioni identificate in
passato con gli Indoeuropei. Tale etnia si sarebbe dispersa per l'Eurasia a causa di dinamiche
complesse di diffusione, legate a linee di migrazione e commercio preistoriche e a dinamiche di
sovrapposizione militare a partire da azioni opportunistiche, nate forse da instabilità di carattere
demografico, che diedero origine a diversi popoli che conservano tuttora fortissime ed evidenti
analogie linguistiche.
Nel corso del Bronzo finale (XII-X sec. a.C.) l'asse principale dei traffici si spostò verso l'alto
Adriatico e il suo terminale principale pare essere il centro di Frattesina di Fratta Polesine, presso
Rovigo. Il ruolo dell'ambra quale oggetto di scambio a vasto raggio aumenta ancora nell'età del
Ferro e nessuna delle civiltà che si svilupparono in Italia in quel periodo può dichiararsi estranea al
suo commercio e alla sua lavorazione.

Come è facile dedurre, le rotte commerciali non erano soltanto vie di scambio di materiali utili:
insieme alle merci viaggiavano idee, saperi, genti e concezioni religiose. Tutte realtà che
accompagnavano e contornavano l'ambra nel suo viaggio nella penisola italica.
Questi scambi culturali sono stati particolarmente rilevanti durante l'età del Bronzo, quando diversi
elementi indicano il diffondersi, dall'Europa settentrionale all'Italia padana, di una sorta di Koinè
ideologico-culturale che trovava nella metallurgia il suo vettore e fondamento. In particolare
all'opera dei fabbri, ai quali era associata quella magia in grado, grazie all'ausilio del fuoco, di
trasformare e plasmare la materia.
Non è un caso che in questo periodo muti anche la ritualistica funeraria, con la diffusione della
pratica dell'incinerazione. Ciò sarebbe riconducibile a una mutata ideologia religiosa, grazie alla
quale attraverso la distruzione del cadavere si permetteva all'anima del defunto di elevarsi al cielo.
Anche la religione mostra la comparsa di nuove e più complesse credenze religiose connesse a culti
delle acque (offerte votive e sacrifici in corsi d’acqua, laghi, sorgenti o pozzi scavati sino a notevoli
profondità) e del fuoco.
In particolar modo il culto del sole assume un’importanza notevole, si pensi ad esempio alle
principali fasi costruttive di Stonehenge che appartengono proprio all’età del Bronzo. Sono
numerosissime le figurazioni di ruote solari in metallo o incise su rocce e monumenti vari. In tal
senso è celebre il carro di bronzo rinvenuto a Trundholm in Danimarca. Si tratta di un carro a 6
ruote a raggi (che rappresentano anch’esse un motivo solare) trainato da un cavallo (animale
connesso al sole in numerose mitologie). Sul carro è montato un disco di bronzo rivestito di lamina
d’oro decorata a spirali. L'uccello acquatico è un altro motivo legato al culto solare che compare
attorno alla fine della media età del Bronzo. Comune è il motivo della barca solare, ovvero una
barca con prua e poppa ornitomorfe, al cui centro è raffigurato un disco solare.
Su questa scia si moltiplicano le raffigurazioni del fuoco e del sole, suo corollario naturale. Questo
simbolismo solare, associato a un suo corrispettivo di chiaro stampo ascensionale, è ricco e
complesso e si traduce in una serie di raffigurazioni di raggi, svastiche, cerchi e ruote. Spesso per
rafforzare il simbolo solare viene utilizzata l'ambra che, se illuminata nel modo giusto, ha tra le
tante proprietà anche quella di sembrare un piccolo sole.
La raffigurazione del carro del sole richiama il mito greco di Apollo e di Fetonte, ma anche le
raffigurazioni di uccelli acquatici come cigni, papere, uccelli e cavalli, in quanto veicoli di
collegamento tra l'uomo e la divinità, dovevano essere strettamente legati al culto solare e come tali
sacrificati nel corso di complesse cerimonie come quelle, ad esempio, che culminavano con il
sacrificio dell'animale e l'offerta di spade a corsi d'acqua e paludi. In questa concezione religiosa
ritroviamo l'influenza e i tratti di uno sciamanismo di chiara origine nordica.

Prima di procedere con un'analisi dell'istituto religioso sciamanico è bene chiarire, brevemente, cosa
esso sia, e quali siano le sue caratteristiche peculiari.
Lo sciamanismo nella sua forma classica è di matrice siberiana, sia per le modalità delle sue
manifestazioni che nella peculiarità dei suoi attributi e nel mantenimento di aspetti arcaici nei rituali
e nei miti.
E' stato molto dibattuto, e lo è ancora oggi, nell'ambito della storia delle religioni e dell'antropologia
religiosa, se lo sciamanismo possa essere considerato a tutti gli effetti una religione. In merito si
sono espressi studiosi fondamentali quali Mircea Eliade (a cui dobbiamo quell'opera ancora oggi
fondamentale che è "Lo sciamanismo e le tecniche dell'estasi"), Lévi-Strauss, Van Gennep e
specialisti del calibro di Lot-Falck. Tralasciando qui le questioni teoriche e metodologiche proprie
delle discipline accademiche sopra menzionate, rimane indubbio che lo sciamanismo, quale
testimonianza stessa del sacro, ci parla di quel particolare modo con cui l'uomo si confronta con i
problemi esistenziali e con il proprio ambiente. Lo sciamanismo stabilisce tra il mondo visibile e "il
mondo altro" di solito invisibile agli uomini comuni, un legame profondo e mistico.
Figura chiave di questo fenomeno religioso è quella della sciamano (dal tunguso shaman), colui o
colei che, coadiuvato da spiriti protettori, è in grado di esercitare pratiche terapeutiche e viaggi
ultraterreni attraverso l'uso della tecnica estatica (o trance) mediante la quale la sua anima può
intraprendere il "volo" celeste o il "viaggio infernale" che lo condurrà nelle regioni cosmiche.
"[...] La tecnica sciamanica per eccellenza consiste nel passaggio da una regione cosmica all'altra:
dalla Terra al Cielo o dalla Terra agli Inferni. Lo sciamano conosce il mistero delle rotture di livello.
Questa comunicazione fra le zone cosmiche è resa possibile dalla struttura stessa dell'Universo che
viene concepito, nel suo insieme, come ripartito in tre piani – Cielo, Terra e Inferni – collegati fra
loro da un asse centrale. Naturalmente, questo asse passa per una "apertura", per un "foro"; usando
questo foro gli dei scendono sulla terra e i morti nelle regioni sotterranee, ed è del pari grazie ad
esso che l'anima dello sciamano in estasi può innalzarsi in volo o discendere nei suoi viaggi celesti
o infernali" (Eliade, 1974).
E' dunque l'estasi il tratto peculiare di questo fenomeno, ed è da questa pratica che derivano tutti i
poteri dello sciamano; un viaggio mistico che gli permette di "volare" tra i mondi ultraterreni
arrampicandosi sopra l'Albero o Palo sacro, a sette o nove gradini, che si trova al centro del Mondo,
equivalente al Palo Cosmico che sostiene il mondo, situato al centro dell'Universo. Concetti che si
possono far risalire a una cosmologia che si rifà al Mito della Montagna Sacra o "Montagna di
Ferro" assimilata all'Axis Mundi in cui, secondo la mistica altaica, si realizza la "rottura di livello"
che permetterà allo sciamano il passaggio entro le tre regioni cosmiche.
Compito dello sciamano è, innanzitutto, difendere gli interessi della comunità grazie alla particolare
alleanza da lui stretta con il soprannaturale. L'estasi da lui ricercata avrà infatti come fine esclusivo
quello di ottenere risultati concreti agendo a favore della famiglia, del gruppo o del clan.
"Il ruolo dello sciamano è, di fatto, per sua natura benefico e volto essenzialmente ad operare a
vantaggio altrui, al di là della distinzione operata presso alcuni popoli, come ad esempio i Buriati,
tra sciamani "bianchi" e "neri", questi ultimi legati agli spiriti maligni".
Lo sciamanismo stabilisce, quindi sulla base di una concezione dualistica del mondo e delle
persone, un'alleanza tra umano e divino, sia esso spirito familiare, spirito auditore o protettore, dio o
semi-dio. Così, in questo cosmo tripartito - mondo mediano, superiore e infero - lo sciamano può
viaggiare, essendo il mondo ultraterreno una replica del mondo visibile; mondi, quindi,
complementari l'uno all'altro. E' questo un concetto basilare, se si considera che per i popoli che
praticano lo sciamanismo non viene operata nessuna distinzione tra materia e spirito, sulla base
della concezione che vuole presente, in ogni essere vivente, una o più anime cui era accessibile ogni
parte del cosmo. Così, per esempio, presso gli Jakuti vi era la credenza che l'uomo avesse un'anima
respiro (tyn), un'anima fisica (kut) e un'anima psichica (sur): la prima era in comune a uomini,
animali e piante; la seconda, composta di tre parti, a uomini e animali; la terza, anch'essa in comune
con il mondo animale, rivelava i particolari poteri psichici posseduti dagli sciamani.
Lo sciamanesimo non è quindi solo una religione, quanto piuttosto un complesso di credenze, un
sistema ideologico, una concezione del mondo intesa a dare un senso agli avvenimenti sui quali è
possibile agire, perché lo sciamano svolge una serie di operazioni volte ad assicurare il
funzionamento e la sopravvivenza del gruppo.
E' lecito chiedersi a questo punto se si può parlare, nel caso degli Indoeuropei, di sciamanismo
altaico o siberiano. La risposta a questa domanda dipende dal significato che si dà al termine
sciamanismo. Se con questa parola s'intende un qualsiasi fenomeno estatico e una qualsiasi tecnica
magica, è evidente che fra gli Indoeuropei si dovrebbero trovare numerosi tratti “sciamanici”, ma
nel contesto del presente studio si tratta soltanto di vedere in che misura i vari popoli indoeuropei
abbiano conservato tracce di una ideologia e di una tecnica sciamanica nell'accezione più ristretta
del termine; tracce, cioè, nelle quali ricorra qualcuno dei noti temi essenziali: ascesa al cielo,
discesa negli inferi per ricondurre l'anima del malato o accompagnare i morti, evocazione e
incorporazione di spiriti per intraprendere il viaggio estatico, “dominio del fuoco”, presenza di
costanti simboliche quali quelle di flora e fauna che richiamano gli archetipi dell'albero cosmico,
del cavallo, del cigno, del Fabbro Celeste e molti altri.
Prima di procedere è bene precisare che la presenza di uno o più elementi sciamanici in una
religione indoeuropea non autorizza a considerare questa come dominata dallo sciamanismo o come
avente una struttura sciamanica. Si tratta di discernere nell'enorme numero di miti, riti e tecniche
dell'estasi di queste popolazioni ciò che ha una struttura sciamanica. Si scopre subito che forme di
tal genere sono attestate, in forma più o meno pura, presso tutti i popoli indoeuropei.

Grazie all'ambra, due civiltà sorte nelle vicinanze di due mari, il Baltico e il Mediterraneo, ebbero
modo di conoscersi e influenzarsi reciprocamente. Le leggende e le mitologie connesse all'ambra,
narrate da mercanti e fabbri, si innestarono così nelle tradizioni degli antichi abitanti della nostra
penisola, e andarono ancora più lontano.
Il mito delle Elettridi, sviluppatosi nel tratto terminale della via dell'ambra, nella pianura padana, ci
riporta una storia strettamente legata a quell'Apollo Iperboreo che ha le sue origini proprio nell'Asia
nord-orientale secondo lo studioso Guthrie, e che racchiude in sè varie istanze sciamaniche:
“tenendo nelle mani la freccia d'oro, segno della sua natura e della sua missione apollinea,
percorreva il mondo, allontanando le malattie mediante dei sacrifici, predicendo i terremoti e altre
calamità” (Rohde, 1960). Non dobbiamo dimenticare, poi, che presso gli Sciti la freccia è simbolo
del “volo magico”. Le Elettridi erano sorelle di Fetonte, figlio del Sole-Apollo, e dunque figlie del
Sole loro stesse. Quando il fratello volle guidare per un solo giorno il carro del padre, la sua
maldestra guida dei cavalli bianchi attirò l'ira di Zeus che lo fulminò e lo fece cadere nel fiume
Eridano, l'odierno Po. Le Elettridi, per il dolore, si mutarono in alberi e dalle loro lacrime, gocce di
resina indurite al sole, nacque l'ambra. E' questa una leggenda che mantiene intatti i legami
dell'ambra con gli alberi, l'acqua e il sole, tutti elementi assorbiti dalla spiritualità padana. La
presenza di cavalli bianchi è poi indice di altri collegamenti allo sciamanesimo, che ritroviamo nella
religione e nella mitologia delle antiche genti germaniche. Il destriero di Odino, Sleipnir, dotato di
otto gambe venne legato dal padrone all'Albero cosmico Yggdrasil presso il quale lo stesso dio
nordico resta appeso, per appropriarsi della saggezza segreta delle rune, nove giorni e nove notti.
Studiosi come Hofler hanno voluto vedere in questo una sorta di iniziazione di stampo sciamanico,
che ricalca la scalata iniziatica degli alberi eseguita dagli sciamani siberiani. In più, il cavallo dalle
otto gambe è la cavalcatura sciamanica per eccellenza: la si ritrova fra i Siberiani e i Murias, sempre
in relazione con l'esperienza estatica degli sciamani. Questo mitico cavallo dei nomadi delle steppe
settentrionali, veniva sepolto in area scita con i re per aiutare la loro anima a raggiungere l'aldilà. Il
cavallo è associato anche al tamburo sciamanico in quanto serve da “cavalcatura” durante i viaggi
sovrannaturali, mentre il bastone con cui lo si fa suonare è considerato al pari della frusta.

Il contatto con i progenitori degli Ugro-Finni rafforzò il culto del Sole negli antichi abitanti del
Baltico. Essi veneravano, infatti, la “Donna Sole” discendente di quella sposa d'oro modellata nel
Kalevala (poema epico composto sulla base di poemi e canti popolari della Finlandia) da Ilmarinen
nella sua funzione di “Fabbro celeste” (accomunabile, tra le altre, a divinità quali Loki, Efesto e
Weland) che creò il Sole e la Luna, e fregiò “due piccole ruote”, simbolo dei due astri. E'
interessante notare come la ruota indicante il sole si ritrovi anche in area padana, lungo il percorso
della via dell'ambra, nei dischi di Redù e Castione Marchesi. Motivi solari di matrice baltica sono
anche rinvenibili nelle strade più orientali dell'ambra dove è ampia la diffusione di motivi solari e di
leggende a questi relative.

Un altro tipo di simbologia nordica è relativa ai numerosi pettini con denti molto ravvicinati
diffusisi nella nostra penisola durante il Bronzo medio. Per alcuni studiosi avevano unicamente la
funzione di compattare la trama durante la tessitura, ma date le dimensioni alquanto ridotte, altri
hanno più verosimilmente rinvenuto in essi un uso rituale, legato al Sole come principio femminile.
Carla Corradi Musi trova conferma a quest'ultima ipotesi ricollegandosi alla “Canzone della sera”
estone (simile ai canti del Sole lettoni), in cui si narra di come “...ad una ragazza, figlia adottiva del
re, cadde nel mare al tramonto dalle mani un pettine. Quando essa cercò di riprenderlo afferrò al suo
posto una spada che rende ricchi, emblema dei primi raggi del sole all'alba. La fanciulla era figlia
del Sole e il pettine simbolo dei raggi cadenti dell'astro. Anche l'uso di gettare le spade nell'acqua,
attestato in Emilia già nell'età del Bronzo e, poi, ricorrente, tra l'altro, presso gli Sciti, pare proprio
riallacciarsi al medesimo scenario rituale. La funzione della spada appare analoga a quella della
sciabola dello sciamano.” (Corradi Musi, 1995).

Una significativa traccia della presenza dell'ambra baltica, quale elemento ambivalente sia funebre
che solare, è riscontrabile nel ruolo propiziatorio che essa aveva nei riti di passaggio nell'area
circostante la via dell'ambra nord-italica. Il mito di Cigno e la sua conseguente connessione ambra-
cigno ci relazionano in merito. Cicno, re dei Liguri, assistette alla trasformazione delle Eliadi e fu
mutato da Apollo in cigno, e successivamente in costellazione, mentre piangeva la morte dell'amico
Fetonte. Al collegamento ambra-cigno Luciano di Samostata dedico il poemetto “Sull'ambra o il
cigno”, a sottolineare l'importanza simbolica di questo legame mitico. E' interessante notare come
“il cigno fu un motivo decorativo assai diffuso, oltre che in area celtica, proprio già nei campi
d'urne del protovillanoviano nell'ansa dei vasi a forma di collo di cigno e negli schinieri (addirittura
in Ungheria associati alla ruota)” (Corradi Musi, 1995).
Il mito del cigno, come quello dell'ambra, ebbe origini nordeuroasiatiche, che ci ricollegano subito
al dio vogulo Mir-Susne-Hum “L'Uomo che Sorveglia il Mondo” sposo della “Donna Sole”, colui
che guidò sotto forma di cigno le anime dei defunti dirette, sotto l'aspetto di uccelli, verso Sud.
Oppure si pensi all'arpa a cigno degli Ugri dell'Ob e ai loro sciamani che avevano questo volatile
tra gli spiriti guida.
Il mito sciamanico del cigno, anche grazie alla via dell'ambra, continuò a suggestionare popolazioni
come quelle germaniche, celtiche e greche. Basti pensare alla tunica di Weland, il fabbro degli dei,
o al cavaliere-cigno Lohengrin.

L'ambra del Baltico, come si deduce dagli scavi archeologici nel sito polacco di Suchacz, era
utilizzata nei sacrifici umani per favorire il potenziamento dello spirito protettore di una casa in
costruzione, diffusi in epoche posteriori in area slava, greca, italica e celtica, ma di matrice
chiaramente sciamanica, il cui ricordo si conserva pure nelle ballate popolari ugro-finniche.
La forza vitale dell'ambra e la sua attrazione solare e spirituale assunsero via via un senso
metaforico anche lungo le vie di diffusione occidentali. Una risonanza è riscontrabile nel poemetto
“Eracle” del poeta greco Luciano, dove egli narra di essersi imbattuto in un dipinto raffigurante
Ogmios, divinità celtica dell'eloquenza, ricoperta come Eracle di una pelle di leone, nell'atto di
guidare uomini legati per le orecchie alla sua lingua tramite raffinate catenelle di oro e ambra,
simbolo inequivocabile di un vincolo spirituale.
L'ambra, che collega l'energia individuale a quella cosmica, permetteva all'operatore rituale, allo
sciamano, in ambito ugro-finnico, di esaltare al massimo il valore potenziale della parola,
prerogativa per eccellenza del sapiente.

La via dell'ambra, insieme alle altre famose vie di commercio della storia, è stata anche strada di
saperi e di credenze magico-religiose che si sono rispecchiati negli indumenti, negli ornamenti,
negli strumenti di guerra e di lavoro, nelle dimore e nei templi fino a modificare usanze, simboli,
immagini e parole. Ancora oggi ci è possibile coglierne la portata analizzando il ricco humus di miti
e leggende che questa resina fossile ha indelebilmente lasciato nel territorio del Polesine e nelle
credenze che ad esso soggiaciono.

Bibliografia
Mircea Eliade, Lo sciamanismo e le tecniche dell'estasi, edizioni Mediterranee, Roma 1974
Riccardo Casimirio Lewanski (a cura di) La via dell'ambra: dal Baltico all'Alma Mater, Torino,
1995
Angelo Brelich, Introduzione alla storia delle religioni, Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali,
Roma, 1995
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William Keith Guthrie, Orpheus and Greek Religion: A Study of the Orphic Movement, Princeton
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Erwin Rohde, Psyche: The Cult of Souls and the Belief in Immortality Among the Greeks,
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Corradi Musi Carla, Sciamanesimo in Eurasia. Dal mito alla tradizione, Aracne, 2008
Corradi Musi Carla, Vampiri europei e vampiri dell'area sciamanica, Rubbettino, 1995
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Shamanhood Symbolism and Epic, ed. Juha Pentikainen (Budapest, 2001)

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