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N° 347 | MENSILE - DICEMBRE 2020 | PRIMA IMMISSIONE 27/11/2020 | EURO 7,00

SALEM RVG GIORGIO CANALI TREES ZEROCALCARE PAUL MCCARTNEY SAULT

STEVE PICCOLO BOB MOULD GIÖBIA MOURNING [A] BLKSTAR PRINCE X

S
RETROPOLIS RADICI OLTRE 260 RECENSIONI
SPECIALE ISOBEL CAMPBELL TRA DISCHI, LIBRI, FILM
RISTAMPE SERIE E FUMETTI

IL MEGLIO

a
DEL 2020

V
FONTAINES D.C.

b y
TUTTA LA MUSICA DI CUI HAI BISOGNO

POSTE ITALIANE SPA - SPED. IN A.P. - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N.46) ART. 1, COMMA 1, NO / TORINO - ISSN 1591-4062 - N.11 ANNO 2020

byVaSco
 c o
S
AUSTRA
HIRUDIN

ALL WE ARE
PROVIDENCE

V
GEORGIA

a
SEEKING THRILLS
STEPHEN MALKMUS
TRADITIONAL TECHNIQUES

b
SORRY
925

y
PROTOMARTYR
ULTIMATE SUCCESS TODAY
PORCHES
RICKY MUSIC

ELA MINUS
ACTS OF REBELLION
OWEN PALLETT
ISLAND

THE KILLS
LITTLE BASTARDS

byVaSco
 o
BEST
VIBES

c
2020

S
TAME IMPALA MATT
The Slow Rush BERNINGER
Serpentine Prison

a
MARILYN MAJOR LAZER
MANSON

V
Music Is The
We Are Chaos Weapon

y
JEHNNY BETH CHRISTINE
To Love Is To Live AND THE
QUEENS
La Vita Nuova EP

b
INTERNET NAS
MONEY King’s Disease
B4 The Storm
design: www.filippovezzali.com

OSCAR TOM MISCH

JEROME & YUSSEF
Breathe Deep DAYES
What Kinda Music

byVaSco

a S
V
2020 with BRONSON RECORDINGS:
y
LIVE SKULL
Dangerous visions
(Vinile, Cd, Digitale)
Live Skull reshaped the
aggression of burned-out
post-punk into modern
b
heavy, guitar-driven gloomy
dystopian tunes. Side 2 is a
blast from the past
including four tracks from
their legendary 1989 PEEL
SESSION, released here for
the first time feat Thalia
Zedek on vocals.
ELM
The wait
(Vinile, Cd, Digitale)
Elm’s The Wait is a raging
display of manic urgency.
"Crunching riffs, fuzzed-out
bass, and beats smash
each other and then recede
in a shinier, heat-fueled and
darker landscape, adding
tension to aggression."
"Una mezcla de Elvis,
Entombed, The Jesus Lizard
y más"
www.bronsonrecordings.com
https://bronsonrecordings.bandcamp.com
byVaSco
c o
SAN LEO
Mantracore
(Vinile, Cd, Digitale)
Two long suites evoking pure
natural elements and sound-
scapes, captivating grooves and
heavy, hypnotic riffs.
From kraut-rock, psychedelic
folk, free-form post-rock,
obscure metal, electronica and
ambient sounds, San Leo are
taking their musical vision to a
whole new level on “Mantracore”.
#LaZonadOmbra
SOLARIS
Un paese di musichette
mentre fuori c’è la morte
(Vinile, Cd, Digitale)
Recorded and mixed by iconic
producer Martin Bisi (Sonic
Youth, Swans, Unsane).
90s-infused heavy noise
foursome SOLARIS present their
very own perception of
noise-laden post-rock through
powerful riffs, magnetic vocals
and industrial soundscapes.
#LaZonadOmbra

EDI TOR I ALE
LA RIVOLUZIONE NON RUSSA
DI ROSSANO LO MELE
Qualche anno fa, in un istituto superiore specia-
lizzato in letteratura di Mosca, agli studenti venne
sottoposto un questionario. Questa la domanda prin-
cipale: chi è il tuo poeta contemporaneo preferito?
S
La risposta praticamente unanime fu: Boris Ryžij.
Risposta anagraficamente appropriata, giacché Boris
Borisovič Ryžij è nato nel 1974 in una delle molte
città russe che costeggiano i Monti Urali. Figlio di un
ingegnere attivo nel partito comunista di zona e di
una madre dottoressa, Boris aveva due sorelle. Tra-
a
piantato in un’altra città per via del lavoro del padre,
Boris decise di seguirne le orme anche negli studi,
conseguendo una laurea in ingegneria a pieni voti.
Tuttavia la sua passione principale non coincise mai
con le miniere locali che avrebbero dovuto inghiot-
tire gran parte della sua vita lavorativa, bensì con la
poesia. Già da adolescente Boris iniziò a comporre
versi pieni soprattutto di ciò che gli scorreva a fian-
co: la criminalità più o meno organizzata, il molto
V
alcol che circolava nei bar e che lui stesso consumava
in dosi massicce, la bruttezza sempre immutabile
del paesaggio circostante, lo spaccio, il degrado delle
periferie: architettura industriale, sedi di partito, an-
ziani che passeggiano, fermate del bus.
Ispirato dalla poesia di un connazionale come il
y
gigante Iosif Aleksandrovič Brodskij, antecedente
a Boris di una generazione, Boris si sposa alla fine
degli anni 90: dal matrimonio nasce un figlio. A
cavallo tra il 2000 e il 2001 la sua mancata carriera
da ingegnere e la sua vocazione da poeta sembrano
però mettersi d’accordo: nel 1999 vince l’Anti-Bo-
oker Prize, fra i più prestigiosi premi di poesia russi,
mente nel 2000 viene invitato a Rotterdam, dove si
b
tiene il Festival Internazionale di Poesia.
Cosa ci porteremo dietro di questo 2020 che sta per
finire? La pandemia, certo, i decreti, sicuro, la ma-
lattia strisciante, ovvio, il senso di paura e fragilità,
naturalmente. Tutte le sciocchezze ascoltate e spesso
scritte, talvolta pronunciate, quasi sempre con pa-
renti, amici o gente che non conosciamo nemmeno.
Ma tutta questa roba è la superficie. Sotto c’è l’im-
perfezione della solitudine, il tempo che non passa
mentre al contrario l’orizzonte temporale si restrin-
ge. I progetti che naufragano, per tanti, quasi tutti.
E che inabissandosi si mangiano la forza di volontà,
perché l’isolamento fa anche questo. C’è una canzone
che dice più o meno così: “Vivere è duro e scomodo,
ma almeno morire è comodo”. La canzone s’intitola
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Il loro invio implica il consenso alla pubblicazione da parte dell’autore. È vietata la riproduzione anche parziale di testi, documenti e fotografie.
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L’editore dichiara di aver ottenuto l’autorizzazione alla pubblicazione dei dati riportati nella rivista.
byVaSco
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Sudno, che significa, all’incirca, “nave”. Gli autori si
chiamano Molchat Doma, vengono dalla Bielorussia
e quando i presentatori autoctoni li introducono tra-
sformano la “o” di Doma in una “a”, così da suonare
quasi come la parola “dama”. Li abbiamo lasciati
in sospeso su queste colonne il numero scorso di
“Rumore”. In sospeso perché, di fronte a una nostra
richiesta di chiarimento sulle loro posizioni politiche,
ci hanno fatto sapere – tramite il loro ufficio stam-
pa – che non intendevano esporsi sul tema. Ma la
verità è un’altra: nettamente più noti in Europa e nel
resto del mondo che a casa, i Molchat Doma hanno
più volte chiesto di poter suonare in Bielorussia. Per
farlo devi presentare una documentazione completa
al Dipartimento Cultura del Comitato Esecutivo della
città di Minsk. Permesso che è sempre stato rifiutato
loro. Ora, con la crescente popolarità, la band confida
finalmente (dopo un tour mondiale già annunciato
per il 2021, chissà) di poter a breve suonare anche
in patria. Fra le canzoni in programma dal vivo im-
maginiamo non possa mancare quella sopra citata,
Sudno: divenuta inaspettatamente una hit anche su
TikTok, il social media più usato dagli adolescenti
in questi mesi. Sorprende che un brano così scuro
e dal testo così pecioso possa diventare un trend su
TikTok, ma forse è proprio la platea esistenzialista
degli adolescenti a poter decrittare meglio questo
male di vivere. Anche perché le parole del testo pro-
vengono proprio da una poesia di Boris Ryžij. Che i
Molchat Doma hanno deciso di omaggiare e ricordare
in questo modo. Già perché fra qualche mese, nel
2021, ricorrono i 20 anni dalla morte del poeta: sui-
cidio, impiccagione per l’esattezza. Gli eroi sono tutti
giovani e belli, cantava un altro poeta (della canzone,
ma nato a Modena 80 anni fa esatti, ancora in vita per
fortuna). Gli eroi sono sì tutti giovani e belli, ma sono
ancora più eroi se defunti. Cosicché, se volessimo fare
della cronaca di livello discutibile e trovare il titolo
già scaldato al microonde, non potremmo non notare
che Boris appartiene al celeberrimo club 27 dei vari
Kurt, Jimi, Amy e via dicendo. Ma no, non è questo il
punto. I Molchat Doma hanno faticato enormemente,
per loro stessa ammissione, a chiudere in pieno lock-
down il disco appena edito: desertificati emotivamen-
te. Il risultato artistico, tuttavia, è lì a testimoniarlo.
Nell’auspicare che quanto vissuto quest’anno sia
presto solo un ricordo, ci auguriamo anche che - allo
stesso modo - possano da qui nascere grandi opere
nel futuro che verrà.
 o
347
CO N T E N U T I

S c
V a
y
48

COV E R S TO R Y

b
F ON TAI N E S D.C .

26 Playlist 2020: i dischi dell'anno A CUR A DELL A REDA ZIONE

53 Canzoni dell'anno A CUR A DELL A REDA ZIONE

54 Film dell'anno A CURA DI GIONA A . NA ZZ ARO

55
A C U R A D I C L AU D I A B O N A D O N N A ,
Serie TV dell'anno ANDRE A FORNA SIERO, GIONA A .
NA Z Z ARO E M ARIANGEL A SANSONE

56 Libri dell'anno A CUR A DELL A REDA ZIONE

57 Fumetti dell'anno A CURA DI GIONA A . NA ZZ ARO

96 Retropolis: le ristampe dell’anno A CUR A DELL A REDA ZIONE

byVaSco
 o
NUMER O 347
ANNO 2 9

c
DI CEMBR E 2 02 0

DI R ET TOR E R ESPONS ABI LE

Marco De Crescenzo

DI R ET TOR E EDI TOR I ALE

Rossano Lo Mele

COOR DI NAMENTO R EDAZI ONAL E

Alessandro Besselva Averame

S
R E DA Z I O N E E WE B Nicholas David Altea,
Letizia Bognanni

R VG CONSULENTI ALL A R EDAZI ONE

Maurizio Blatto, Giona A. Nazzaro,
P. 3 4 Claudio Sorge, Giorgio Valletta

R UBR I CH E Alessandro Baronciani, Carlo

Bordone, Luca Doldi, Francesco Farabegoli,

a
Luca Frazzi, Sergio Messina, Marco Pecorari,
Andrea Pomini, Barbara Santi

COLL ABOR ATOR I

Davide Agazzi, Diego Ballani, Antonio
Belmonte, Paolo Bogo, Claudia Bonadonna,
Antonio Briozzo, Arturo Compagnoni, Matteo
Da Fermo, Stefano D’Elia, Stefano Fanti,
Mauro Fenoglio, Paolo Ferrari, Daniele
Ferriero, Manuel Graziani, Luca Gricinella,

V
Stefano Morelli, Andrea Prevignano, Fernando
Rennis, Mario Ruggeri, Gianluca Runza, Fabio
Striani, Doriana Tozzi, Andrea Valentini,
Simona Ventrella, Francesco Vignani

DI R ET TOR E AR TI STI CO Stefano Manzi

PR OG ET TO G R AF I CO
E I MPAG I NAZI ONE Sericraft Lab snc

PR IN CE

y
F OTOG R AF I Stefano “Star Fooker” Brambilla,
Francesca Sara Cauli, Luigi De Palma
P. 101
MAR KETI NG E PUBBLI CI TÀ
Francesco Sassi - adv@rumoremag.com

RUMOREMAG.COM AMMI NI S TR AZI ONE

DI F F US I ONE E COR R I S PONDEN Z A
HOMEWORK EDIZIONI

b
Corso Einaudi 53, 10129 - Torino
redazione@rumoremag.com
rumo remag r u mo remag az i ne ru m o re m a ga z i n e
D I S T R I B U TO R E E S C LU S I V O P E R L’ I TA L I A
MEPE Distribuzione Editoriale
Via Ettore Bugatti 15 - 20142 Milano (MI)

STAMPA Reggiani Print srl

Brezzo di Bedero (VA)
5 Editoriale 88 Singolare
Pubblicità a carattere musicale
8 News 90 Flashback direttamente presso l’editore

14 Privé 91 Retropolis Autorizzazione del tribunale di Torino n. 21

del 25/07/2013
18 My Tunes 103 Gente Sola ISCRIZIONE AL ROC N° 23733

20 Futura (Ma Non Troppo) Questo periodico è associato

CON TENITO R I all’Unione Stampa Periodica Italiana
59 Recensioni 104 Visioni
Finito di stampare nel mese di novembre 2020
60 Disco Del Mese 108 Letture
80 Treecolore 112 Fumetti
82 Radici 113 Poster-i
84 In Italia 114 Banda Larga

byVaSco
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PARQUET COURTS PHOEBE BRIDGERS ALGIERS TEENAGE FANCLUB

c
D IC EMBRE 2020

S
A CU RA DELL A R E DA Z I ONE @ ru m o re m a ga z i n e

ANDREW WEATHERALL MOGWAI SHARON JONES SPENCER DAVIS

a
INDICE: NEWS p. 08 — FACCIAMO I CONTI p.09 — SOCIAL p.10 — IN ARRIVO p.10

UN AUDITORIUM
PER SHARON JONES

A North Augusta, in South

V
Carolina, un anfiteatro da 600
posti è stato intitolato alla
memoria di Sharon Jones.
La cantante soul, scomparsa
precocemente tre anni fa dopo
aver ottenuto un tardivo ma
meritatissimo successo nel

y
nuovo millennio con i suoi
Dap-Kings, era nata in città e
lì aveva trascorso i suoi primi
anni di vita. Dopo una lunga
parentesi a Brooklyn, negli ul-
timi anni era tornata a viverci
con la famiglia.

IL TRITATO DI YANKEE

b
HOTEL FOXTROT

Barry Jenkins, regista del film
Moonlight (3 oscar nel 2017)
ha realizzato una sua versione
“chopped and screwed” di Yan-
kee Hotel Foxtrot dei Wilco con
l’aiuto dei Chopstars, collettivo
di Houston dedito al turntabli-
sm, diffondendola su Twitter.
Non è la prima volta che il
regista si cimenta in una inizia-
tiva del genere, avendo già in
passato sottoposto allo stesso
trattamento le colonne sonore
di Moonlight e di un altro suo
film, If Beale Street Could Talk
del 2018 (distribuito in Italia
col titolo di Se La Strada Po-
tesse Parlare) ma anche due
album dei Grizzly Bear, Vecka-
timest e Painted Ruins.
DIECI ANNI DI PARQUET COURTS (E UN FILM CONCERTO)
Parquet Courts
festeggiano i loro primi
I anni di vita annunciando
l’uscita di On Time,
film concerto che verrà
reso disponibile in
streaming a partire dal 10 dicembre, e
contestualmente condividendo Hey Bug,
un brano inedito tratto dalle session
del loro album d’esordio, Sunbathing
Animal, pubblicato nel 2013. On Time
include le riprese integrali di un concerto
tenuto al Pioneer Works di Brooklyn,
alternato a materiale d’archivio di varia
origine e a una serie di interviste. Il tutto
avviene a dieci anni di distanza dal primo
concerto in assoluto della band, presso
il Monster Island Basement, sempre a
Brooklyn. Parlando dell’iniziativa e del
suo significato anche simbolico, la band
ha dichiarato in un comunicato, non
senza una buona dose di humour: “Dieci
anni fa incominciava la nostra avventura
con un concerto in cui abbiamo suonato
virtualmente di fronte a nessuno, e così
per festeggiare abbiamo deciso di offrire a
tutti quanti un concerto virtuale”.

byVaSco
8 | RUMOREMAG.COM

FACCIAMO I CONTI
25
GLI ANNI APPENA COMPIUTI DALLA
DEEP ELM, ETICHET TA SIMBOLO
DELL’EMOCORE INDIPENDENTE
AMERICANO. UN’ANTOLOGIA IN TRE
VOLUMI NE CELEBRA LA STORIA
S
10
MUSICASSETTE AL PREZZO DI CINQUE:
OFFERTA COMMERCIALE DI UN MAIL
O R D E R G R A Z I E A L Q UA L E M A K AYA
MCCRAVEN SCOPRÌ GLI A TRIBE CALLED
QUEST
a
3
SETTIMANE SERVIRONO 40 ANNI FA
AGLI ECHO & THE BUNNYMEN PER
INCIDERE CROCODILES, IL DEBUTTO
DELL A BAND: IAN MCCULLOCH AVEVA
21 ANNI
STERLINE DI BOLLET TA DEL GAS DA
2000
V
SALDARE. SONO SERVITI A SINÉAD
O’CONNOR PER DECIDERE DI TORNARE
AL L AVORO DOPO OT TO MESI DI
OSPEDALE
1
R AY DAV I E S D E I KI N K S S O S T I E N E D I
y
E S S E R E N ATO Q UA N D O YO U R E A L LY G OT
ME ARRIVÒ AL PRIMO POSTO DELLA
CL ASSIFICA DI VENDITA INGLESE
14
ANNI: LI AVEVA SUZANNE VEGA
QUANDO SCOPRÌ L’ESORDIO DI
LEONARD COHEN. CI SI AVVICINÒ
b
PERCHÉ INCLUDEVA UNA CANZONE
CHIAMATA SUZANNE
STERLINE: IL COSTO ESORBITANTE
3.25
DELL A CASSET TA TDK ACQUISTATA
DAGLI ORBITAL PER (RI)REGISTRARE
OLTRE 30 ANNI FA CHIME, PRIMO
SINGOLO DEL DUO
10
DISCHI APPENA: QUESTO IL NUMERO
TOTALE DI ALBUM POSSEDUTI DAI
GENITORI DA MAT T BERNINGER DEI
NATIONAL
RUMORE È DISPONIBLE OGNI MESE ANCHE IN VERSIONE DIGITALE
SCARICA SUBITO LA NOSTRA APP!
DISPONIBILE PER SMARTPHONE E TABLET APPLE E ANDROID
byVaSco
o
IL “BEST WORLD MUSIC
ALBUM” DEI GRAMMY
CAMBIA DENOMINAZIONE
c
La Recording Academy, isti-
tuzione che ogni anno asse-
gna i Grammy, ha deciso di
sostituire la categoria “Best
New World Music Album” con
quella di “Best Global Music
Album”. Non è la prima volta
che accade: alcuni anni fa il
“Best Urban Contemporary
Album“ era stato modificato in
“Best Progressive R&B Album”.
In un comunicato la Recor-
ding Academy ha spiegato in
maniera articolata la scelta di
mandare in pensione l’espres-
sione “world music”: “Mentre
il nostro pensiero diventa
sempre più autenticamente
globale, dobbiamo aggiornare
il linguaggio che utilizziamo
per esprimere una categoriz-
zazione più appropriata, che si
impegni a celebrare la portata
della musica proveniente da
ogni parte del mondo. Durante
l’estate ne abbiamo lunga-
mente discusso con artisti,
etnomusicologi e linguisti di
ogni parte del mondo, e tutti
quanti sono stati concordi con
la necessità di aggiornare la
categoria utilizzando un ter-
mine più rilevante, moderno
e inclusivo. Il cambiamento
simboleggia un allontanamen-
to dalle connotazioni coloniali,
‘folk’ e ‘non americane’ del ter-
mine utilizzato in precedenza,
adattandosi agli attuali trend
di ascolto e all’evoluzione cul-
turale del rapporto tra le varie
comunità”.
50 MINUTI DI ALGIERS
Gli Algiers hanno diffuso una
ambiziosa e lunghissima ri-
lettura – ben 50 minuti! - di
un loro brano del 2017, con-
tenuto in The Underside Of
Power, ovvero Cleveland, ri-
battezzata per l’occasione Cle-
veland 20/20: nella sezione
mediana dell’originale il can-
tante Franklin James Fisher
declamava i nomi di alcuni
afroamericani uccisi dalla
polizia o morti in circostanze
poco chiare e sbrigativamente
dichiarati suicidi. In questa
nuova versione la lista si al-
larga a dismisura, includendo
RUMOREMAG.COM | 9
 o
N E WS ! D I C E M B R E 2 02 0

RUMORE PER IL SOCIAL

una lunga serie di persone
morte in circostanze analoghe
negli ultimi tre anni, oltre alle

c
28 vittime (bambini, ragazzini S F O G H I, CO N FE S S IO N I E CA Z Z EGGI CAT TUR ATI IN RE TE
e adulti) dei cosiddetti Atlanta
Child Murders avvenuti tra il
1979 e il 1981.

LA CAMPAGNA
“JUSTICE AT SPOTIFY”
La Union Of Musicians And
NANCY È LÌ
You may have noticed over the years that I have
N A N C Y tried to follow everybody back but lately it’s been
SINATRA getting away from me so nudge if I miss you

S
@NANCYSINATRA
Allied Workers ha lanciato la (Vi sarete accorti che nel corso degli anni ho cercato di
campagna ‘Justice At Spotify’, seguire tutti quanti ma ultimamente ho staccato un po’
cercando di fare pressione al per cui datemi un colpo di gomito se non vi dò retta)
gigante dello streaming per
spingerlo a rivedere il proprio
modello aziendale. All’associa-
zione aderiscono musicisti, DJ,

a
produttori, tecnici e lavoratori
a vario titolo del mondo della
musica, e lo scopo dell’iniziativa I SAY A LIT TLE PL AYER
è “trarre collettivamente risorse
e potere dalle poche compagnie
ricche che si impongono nella DIONNE Did you know that the artist can see the names
of the playlists you’re adding their songs to on
nostra industria” . L’iniziativa WARWICK Spotify?
ha raccolto, al momento di an- @_DIONNEWARWICK
dare in stampa, più di 10mila (Lo sapevate che gli artisti sono in grado di vedere i nomi

V
firme, tra cui quelle di Moor delle playlist in cui inserite le loro canzoni su Spotify?)
Mother, Zola Jesus, King Giz-
zard And The Lizard Wizard,
Deerhoof e Guy Picciotto dei
Fugazi. Tra le richieste, portare
la percentuale di royalties per
ogni singolo ascolto almeno a
un centesimo (al momento la

y
cifra è un infinitesimale 0,038
IN ARRIVO
centesimi), contratti di licenza
più trasparenti, il superamento
di accordi pay-to-play sulle
playlist curate da Spotify, e la
richiesta di citare chiunque sia
stato coinvolto nella registrazio-
ne della musica in catalogo. Al MOGWAI

b
momento l’azienda di streaming
non paga le royalties in base al
numero di streaming, ma uti-
lizza un modello proporzionale
AS THE LOVE CONTINUES
ROCK ACTION
che favorisce, questa la denun-
cia, gli artisti con maggiore visi-
bilità. La Union ha annunciato
una escalation della campagna In origine i Mogwai il loro nuovo album avrebbero dovuto registrarlo negli Stati Uniti, ma,
nel caso in cui le richieste non
vista l’impossibilità di spostarsi Oltroceano durante il lockdown primaverile, le session si
vengano esaudite. Al momento
sono svolte in uno studio del Worcestershire. Produttore confermato, però: Dave Friedmann,
di andare in stampa l’azienda
svedese non si è ancora espressa collaboratore ricorrente degli scozzesi fin dal secondo album, Come On Die Young del 1999.
sulla vicenda. Il seguito di Every Country’s Sun, uscito nel 2017, ospita i contributi di Colin Stetson e
Atticus Ross, ciascuno presente in un brano, e l’uscita di As The Love Continues coincide con
TEENAGE FANCLUB IN il venticinquennale del primo singolo inciso dalla band di Glasgow, l’autoprodotto Tuner/
DIRITTURA D’ARRIVO Lower. Anche questa volta gli scozzesi si sono sbizzarriti coi titoli: tra le tracce troviamo
infatti roba tipo To The Bin My Friend, Tonight We Vacate Earth, It’s What I Want To Do,
Mum e Ritchie Sacramento.
La band scozzese ha annuncia-
to per il prossimo marzo l’u- MOGWAI.SCOT R O C K A C T I O N .C O .U K
scita del suo nuovo album, via
Merge, a quasi 5 anni da Here.
Endless Arcade è il primo disco FUORI IL 21 FEBBRAIO 2020
inciso dai Teenage Fanclub

byVaSco
10 | RUMOREMAG.COM
 o
dopo l’abbandono del cofonda-
tore Gerard Love nel 2018.

c
IRIS(CHI) DEL MESTIERE ALTRI LUTTI

If trump loses I will cover iris by the goo goo dolls

CI hanno lasciati in queste
PHOEBE (se trump perde farò una cover di iris dei goo goo dolls)
settimane: Billie Joe Shaver
BRIDGERS RE: GOO GOO DOLLS @googoodolls (1939-2020), cantautore out-
@PHOEBE_BRIDGERS law country, autore per Elvis
We’re waiting :D :D :D Presley e Waylon Jennings;
Jerry Jeff Walker (1942-
(in risposta a @phoebe_bridgers 2020), pure lui nome di spicco

S
Stiamo aspettando :D :D :D ) dell’outlaw country, autore nel
1968 del brano Mr. Bojangles
(ripreso fra i tanti da Bob Dylan
ed Elton John); Viola Smith
(1912-2020), la prima batterista
professionista; Pedro Iturral-
r u mo remag r u mo re m a ga z i n e de (1929-2010), sassofonista

a
pioniere dell’ibridazione di jazz
e flamenco; Bones Hillman
(1958-2020), bassista neoze-
landese componente degli au-

y V
ASCOLTA
QUESTO
NUMERO SU
SPOTIFY

b
UN LIBRO SU ANDREW WEATHERALL
a rivista britannica
“Jockey Slut” pubblica
L un libro dedicato ad
Andrew Weatherall,
prematuramente
scomparso al principio
dell’anno, Andrew Weatherall: A Jockey
Slut Tribute. Si tratta di un volume di 160
pagine che raccoglie numerosi articoli
e interviste dedicati al producer e DJ
inglese, dagli anni 80 al 2020, tratti dalle
pagine del magazine. Oltre al materiale
d’archivio, la pubblicazione comprende
pure una lunga storia orale che attinge a
L’ESPERIENZA
DI RUMORE
SI AMPLIFICA
OGNI MESE UNA NUOVA
varie interviste fatte a una serie di nomi
PLAYLIST DEDICATA
che hanno incrociato la strada dell’artista
AL NUMERO IN USCITA
londinese, tra cui Bobby Gillespie dei
Primal Scream e Keith Tenniswood PER VIVERE IL MAGAZINE
(aka Radioactive Man). Tutto il ricavato IN MANIERA TUTTA NUOVA
dell’operazione andrà ad alcune delle
associazioni umanitarie supportate dallo
stesso Weatherall: Amnesty International,
Crisis, Multiple Sclerosis Society e
Thrombosis UK. Il libro è disponibile in
pre order sul sito della rivista a partire dal
10 dicembre.
ru m o re m a ga z ine

RUMOREMAG.COM | 11
byVaSco

N E WS ! D I C E M B R E 2 02 0
straliani Midnight Oil; James
Broad, cantante, chitarrista
e autore della band power pop
londinese Silver Sun.
CERCASI PROTAGONISTA
PER IL BIOPIC SU
COSEY FANNI TUTTI
Nelle scorse settimane è ap-
parso il seguente annuncio
su Twitter: “stiamo cercando
qualcuno che interpreti il
ruolo iconico di Cosey Fanni
Tutti. Siete ventenni, avete
la mente aperta e non avete
paura?”. Il film sarà basato sul
memoir pubblicato dall’artista
britannica nel 2017, Art, Sex,
Music, che racconta gli anni
formativi tra le fila del colletti-
vo di performance art estrema
COUM Transmissions e suc-
cessivamente la fondazione dei
Throbbing Gristle. La musici-
stai ha contribuito alla stesura
della sceneggiatura insieme al
regista Andrew Hulme.
V
Durante la lavorazione del
numero abbiamo saputo che è
venuta a mancare la madre del
nostro Luca Frazzi, Elvezia. La
redazione porge a Luca e fami-
glia le più sentite condoglianze.
y
ERRATA N. 346
Nella penultima riga dell’edi-
toriale, il “vicolo principale che
mette in contatto fan e artisti”
non è ovviamente un vicolo
bensì un “veicolo”
b
Nel nostro ricordo di Eddie Van
Halen abbiamo erroneamente
scritto che la celebre “Franken-
strat” utilizzata dal chitarrista
era una “Stratocaster modifica-
ta con meccaniche Gibson”. In
realtà lo strumento, come ci ha
fatto notare un lettore, era una
Stratocaster sulla quale erano
stati montati degli humbucker
(pickup presenti in genere su
chitarre Gibson) al posto dei
single coil di serie.
IN USCITA
Sleaford Mods Spare Ribs (15
gennaio) Clap Your Hands
Say Yeah New Fragility (29
gennaio) Goat Girl On All
Fours (29 gennaio) Notwist
Vertigo Days (29 gennaio)
12 | RUMOREMAG.COM
o
SPENCER DAVIS
c
La sfortuna di Spencer Davis, se così si può dire, è stata
quella di aver dato il nome a una formazione in cui il
vero talento era un altro. Enfant prodige per di più.
Nel 1963 il gallese Davis, trasferitosi a Birmingham per
insegnare tedesco, appassionato di folk e blues nonché
chitarrista in proprio, frequentando i locali della città
si era imbattuto in un abilissimo pianista – e multi-
strumentista - quindicenne che suonava nella band del
fratello Muff, tale Steve Winwood. I tre, con Pete York,
S
batterista della Muff Wood Jazz Band, questo il nome
della formazione, avevano fondato lo Spencer Davis
Group. Così chiamato per una ragione semplicissima:
Davis era quello che se la cavava meglio con le pubbli-
che relazioni. Dopo successi come l’immortale Gimme
Some Lovin’, I’m A Man e Keep On Running (cover di
a
un brano del giamaicano Jackie Edwards), e l’abban-
dono di Winwood, che nel 1967 aveva fondato i Traffic,
la band aveva cercato di aggiornare con alterne fortune
la propria formula R&B, sciogliendosi nel 1969 ma
riunendosi sporadicamente nei corso dei decenni suc-
cessivi. Nei ‘70 Davis diventerà dirigente della Island,
(19 3 9 -2020) promuovendo nomi come Bob Marley e l’ex collega
Winwood.
GORDON
HASKELL
Robert Fripp, suo ex compagno di scuola, lo aveva reclu-
tato nel 1970 come bassista e cantante dei King Crim-
son. Subito dopo le session di Lizard, tuttavia, Gordon
Haskell, più sintonizzato sulla black music che sulle
complessità frippiane, se n’era andato sbattendo la porta.
Prima ancora c’era stata la militanza negli psichedelici
Fleur De Lys, e successivamente ci sarà una lunga gavet-
ta ai margini del music business, fino al colpo di scena,
nel 2001: l’inatteso successo del singolo How Wonderful
(19 46 -202 0) You Are (secondo posto delle charts UK e canzone più
richiesta di sempre dagli ascoltatori di BBC Radio 2).
KEN HENSLEY
Nel 1965 Ken Hensley fondava i Gods, formazione in
cui transiteranno Mick Taylor, Greg Lake e John Gla-
scock (futuro Jethro Tull), e nella quale il musicista,
in origine un chitarrista, suonava l’organo Hammond.
E proprio come tastierista che Paul Newton, ex bas-
sista dei Gods nel frattempo entrato a far parte degli
Spice, lo coinvolgerà per rendere più progressivo e
hard il suono di questi ultimi, che cambieranno ben
presto il nome in Uriah Heep (da un personaggio di
Charles Dickens): Hensley, fondamentale nel definir-
(19 45 -2020) ne suoni e repertorio, li abbandonerà nel 1980, prose-
guendo come solista.
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 c o
a S
y V
b
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PRIVÈ / PANZANE CONSIDERARE GIGI D’ALESSIO UN MUSICISTA NON CI UCCIDERÀ
Considerare Gigi D’Alessio
un musicista non ci ucciderà
V
y
Voi cosa sapete di Gigi
D’Alessio? Mai ascoltato un
suo disco, non dico nella sua
interezza, ma anche – tipo - le
prime due canzoni in fila? Avete
b
idea di quanti dischi abbia fatto?
Conoscete i titoli di qualcuno di
quei dischi? Avete idea di quale
sia l’etichetta che lo pubblica, se
ne abbia cambiata qualcuna, come
si chiami il suo produttore? Vi è
mai capitato di andarlo a vedere
dal vivo? Be’, neanche io. So
molte più cose riguardo alla sua
vita di quante ne sappia sulla sua
musica. Ho questa idea confusa
di orrore generico, costruita
probabilmente su giudizi di
seconda mano appioppati a
vecchi dischi di Gigi D’Alessio,
da persone che immagino fossero
inorridite e in totale buona fede.
Certo, dev’essere successo più
di 20 anni fa. Nei decenni che
sono seguiti Gigi è rimasto una
specie di spauracchio, una sorta
14 | RUMOREMAG.COM
S
PANZANE
a
di stato dell’arte della musica
brutta, a cui ci piace tornare per
darci un po’ di gomito ma di cui,
per un motivo o per l’altro, non
abbiamo avuto esperienza diretta.
Certo: ha ragione Sergio Messina
quando scrive che questo tipo di
pregiudizio aiuta a vivere meglio.
Si tratta di uno dei punti centrali
di tutto il discorso, la quarta
dimensione del gusto musicale,
per così dire. Tutto quell’insieme
di segnali, non detti, percezioni,
parentele più o meno nascoste
tra un artista e il mondo che lo
circonda, che ci fanno percepire
se sarà di nostro gradimento o
meno anche prima di entrare
a contatto con la sua opera. È
quello che rende bella la musica,
per molti aspetti; per altri, è
anche quello che rende il gusto
così caduco e questionabile anche
nelle sue forme più storicizzate
- e quindi, di fatto, attaccabile.
Esempio: nel microcosmo di
musiche in diffusione tra radio
generaliste e supermercati, quello
che mi ricorda ad esempio quanto
possa far male l’indulgenza verso
un certo tipo di talent show, Gigi
D’Alessio passa molto di rado. È
probabile che ci siano contesti in
cui funziona di più, forse la fascia
pomeridiana dei programmi à la
Balivo, ma non è roba di cui io
sappia molto.
Stavo riflettendo su queste cose
e altre mentre spulciavo qualche
discussione online scatenata dalla
byVaSco
o
TESTO DI
F RANCES CO FARAB EG O LI
c
presenza di una monumentale
recensione dell’ultimo disco di
Gigi D’Alessio, a firma Giuseppe
Aiello, sull’ultimo numero
di “Blow Up”. Le obiezioni/
congetture sono più o meno le
solite: da una rivista di musica
non ci si aspetta questi scivoloni
nel cattivo gusto e/o le solite
trollate di questa o quell’altra
rivista e/o territori simili. Non
voglio dire che siano obiezioni
sbagliate, tutt’altro: un po’ di
pregiudizio ci impedisce di
impazzire, e il gioco si regge solo
se questi articoli sono sporadici.
Ma la recensione è comunque
sincera e di cuore e – ovviamente
- molto positiva: il suo successo
popolare, una svolta per inseguire
il successo nazionale che non
gli è stata perdonata - una bella
storia, come minimo. Non credo
di averci trovato una vera e
propria redenzione, ma ho deciso
comunque di dare una possibilità
a Gigi D’Alessio e ho messo su
un suo disco. È andata molto
male, ma la prossima settimana ci
riprovo.

PRIVÈ / BLOG’N’ROLL THE GREAT COMPLOT TO
The Great Complotto
V
y
Cercando di far passare
il tempo tra un DPCM del
governo e l’altro, mi è venuta
un’idea formidabile per una
compilation a tema. Sono
b
ragionevolmente sicuro che
diventerebbe un successo e un
classico di questi nostri tempi
strani e terribili. Mi stupisce
anzi che etichette specializzate
in questo genere di cose – che
so, la Rhino o la Cherry Red –
non ci abbiano ancora pensato.
Il progetto è questo: una bella
antologia (potrebbe venirci fuori
addirittura un box set) intitolata
The (International) Morons
Conspiracy, con tante scuse
a quella vecchia band combat
punk svedese, che raccoglierebbe
tutti quei musicisti che in questi
mesi ci hanno regalato le loro
fantasmagoriche cazz... le loro
perle di saggezza basate su
curricula scientifici di assoluto
rispetto e una lucidità di analisi
S
BLOG’N’ROLL
a
seconda solo a quella di Roky
Erickson nel 1969. Musicalmente
sarebbe all’insegna della varietà e
del crossover tra i generi, quindi
nessun pregiudizio e totale
apertura mentale. Ci sarebbero
padri nobili come Van Morrison,
che quest’estate ha definito
“pseudoscientifiche” le norme
di distanziamento sociale, forte
del suo concetto di “scienza”
ispirato epistemologicamente a
Ron Hubbard più che a Galileo
o Karl Popper. Subito dopo
in scaletta ecco i campioncini
del retro rock caucasico anni
90 come Ian Brown e Noel
Gallagher: secondo il primo la
pandemia è stata un gigantesco,
terroristico esperimento di
controllo mentale di massa grazie
al quale possono convincerci di
qualunque cosa (forse persino
che Second Coming alla fine
era un bel disco), mentre il
secondo ci ha fatto sapere che
portare le mascherine secondo
lui, maschione manchesteriano,
è segno di codardia perché “chi
può avere paura di un germe?”
(gli ha risposto eloquentemente
e pacatamente il critico David
Stubbs: “ma brutto idiota, non
hai capito che la mascherina
serve non per proteggere te ma
gli altri, soprattutto dalla vista
della tua faccia da cazzo?”). E le
donne? No problem, abbiamo
addirittura una Madonna. Mesi
fa miss Ciccone cinguettava
byVaSco
o
TESTO DI
CARLO B O RD ON E
c
su Twitter di malefici piani
del deep state secondo cui il
vaccino c’è sempre stato ma “ce
lo tengono nascosto!” (una frase
che nella vulgata complottista
equivale al riff di Louie Louie
nel rock’n’roll). Per gli amanti
dei suoni più duri abbiamo
una new entry fresca fresca,
quella di Stephen Carpenter
dei Deftones che è riuscito a
completare il Grande Slam
delle minchiate dichiarandosi
contemporaneamente
negazionista, antivaccinista e per
non farsi mancare niente pure
terrapiattista. E la musica black?
Tranquilli, come sempre tutte le
basi sono coperte da Kanye West.
Per dare continuità, tra un brano
e l’altro si potrebbero inserire
delle simpatiche registrazioni
sul campo con Ted Nugent che
spara a dei bisonti. Sono convinto
che questa Anthology di casi
umani venderebbe tantissimo
e avrebbe milioni di ascolti su
Spotify. Ovviamente, quando gli
artisti presenti chiederebbero
le royalties, la risposta sarebbe
“quale compilation? non esiste
nessuna compilation”.
RUMOREMAG.COM | 15

PRIVÈ / ZIGZAG C I A O E LV E Z I A
Ciao Elvezia
V
y
Sto per fare una cosa sbagliata:
parlarvi degli affari miei.
Uso questa pagina (e non
Facebook, per esempio) perché
non cerco feedback. E pazienza
b
se per una volta l’argomento non
sarà la reunion dei Damned in
formazione originale o l’industria
musicale messa in ginocchio dal
Covid, dopo 40 anni passati a
recensire dischi penso di essermi
guadagnato questo bonus.
Il primo ottobre ho perso mia
madre. Una fine complicata.
Nessuna voglia di scatenare
confronti tra filogovernativi e
negazionisti, so io come è morta e
non credo che conoscere i dettagli
vi cambierebbe la vita, forse
nemmeno la giornata. Diciamo
che Sgarbi e Fusaro è meglio che
mi stiano alla larga. Ma non è
questo il punto.
Mia madre era nata nel ‘32,
figlia di un cantoniere e di una
16 | RUMOREMAG.COM
S
ZIGZAG
a
donna che prendeva per il culo i
fascisti. Aveva due sorelle e due
fratelli nati su e giù per l’Italia a
seconda di dove veniva spostato
mio nonno, uno stipendio doveva
bastare per sette persone. Dopo
la quinta elementare, ancora
ragazzina, aveva lavorato in
un sugherificio per portare in
famiglia qualche soldo. Le piaceva
leggere e lo ha sempre fatto, fino
a che ha potuto. Era gentile:
nella sua vita aveva pronunciato
tanti “grazie”, forse troppi. Si era
sposata a 20 anni, niente viaggio
di nozze, dopo un anno era nato
mio fratello, 13 anni dopo io. Mio
padre operaio in fabbrica, mia
madre casalinga, non avevamo
l’automobile e non ce ne siamo
accorti. Non ci è mai mancato
nulla.
Le piacevano Sergio Endrigo,
Mina e Antoine. Quando ho
cominciato a portare a casa dischi
non mi ha mai detto che stavo
buttando soldi: era costretta ad
ascoltarli (l’impianto stereo era
in soggiorno) ma non mi ha mai
detto “che roba è?” Era rodata da
anni di Genesis e Yes in un salotto
avvolto nel fumo (mio fratello,
certo), io almeno ascoltavo Elvis
Costello e non fumavo. Quando
facevo fanzine si appuntava su un
quaderno chi me l’aveva richiesta,
quanto denaro mi aveva mandato,
quando gliel’avevo spedita.
Nei fatti è stata la segretaria
amministrativa di “Do The Pop!” e
byVaSco
o
TESTO DI
LU CA F RAZ Z I
c
“Inflammable Material”. Conservo
ancora qualche foglietto sul quale
si annotava i nomi di chi mi aveva
cercato al telefono, membri di
gruppi dai nomi strani che lei
storpiava creativamente.
Credo non le piacesse quasi nulla
di quello che ascoltavo ma era
troppo discreta per dirmelo. Un
pezzo però le piaceva tantissimo,
era Jimmy Jazz dei Clash.
Lo fischiettava poi tornava a
cucinare, a caricare la lavatrice,
a stendere panni. A crescerci.
Perché era una persona semplice
e teneva l’asticella bassa. Non le
piacevano i gruppi che ascoltavo,
ma era contenta che in casa nostra
ci fosse posto anche per loro.
A cosa voglio arrivare? A nulla. Lei
non c’è più, e mi manca.
Se sono quello che sono lo devo
alle lezioni che non mi ha mai
dato: non servivano, bastava
guardarla. Aveva debolezze e
piccole incoerenze che portavano
la gente a volerle bene perché
era buona, e i buoni vincono
comunque.
Senza di lei, qualcuno di voi non
avrebbe mai ricevuto la sua copia
di “Do The Pop!”. Anche solo per
questo, rivolgetele un pensiero.
Se lo merita perché era una donna
piccola e gentile, e le piacevano i
Clash.

PRIVÈ / GLOBO AFROPEI
V
y
Metto le mani avanti: capita
anche a me, più spesso di quanto
vorrei. Vedo per strada una
persona con la pelle nera, e
immediatamente la testa dà per
b
scontato che sia un migrante
africano. Non un sudamericano o
uno statunitense. Non un francese,
un britannico o un portoghese,
per citare posti vicini dove un
cittadino nero è da tempo una cosa
normale. Non un europeo e basta,
insomma. Sarà probabilmente
l’imprinting inconscio di chi è
cresciuto prima dell’arrivo, e
dell’ingresso nell’immaginario
comune, delle cosiddette seconde
generazioni; io ho una certa età,
ma mio figlio non fa assolutamente
questo passaggio logico, e non
ha alcun commento o domanda
da fare di fronte a italiani che si
chiamano Okaka, El Shaarawy,
Amdouni, Ayane. Saranno forse
i decenni di propaganda razzista
alla quale siamo stati sottoposti,
Afropei
S
GLOBO
a
infiltratisi sottopelle anche in
forme apparentemente meno truci,
a farci vedere ogni nero appiattito
su quell’unico modello. Sarà anche
la statistica, certo: nelle nostre
città è più probabile incontrare un
migrante senegalese o nigeriano
piuttosto che un cittadino
francese o inglese, portoghese
o statunitense. Ma questa sorta
di profilazione inconscia resta, e
converrebbe fare attenzione.
Oltre a quello ovvio del ragionare
per schemi, il rischio persino più
grande è un altro: non accorgersi
di un’evoluzione che rende vecchio
ogni altro ragionamento. Della
nascita e del consolidamento di
“una cultura radicalmente nuova,
non assimilabile appieno né al
mondo dell’immigrazione né alla
tradizione europea”. La cultura
degli Afropei, felice neologismo
che dà il titolo a un libro di Johny
Pitts (nato a Sheffield da padre
afroamericano e madre inglese
bianca), appena tradotto in italiano
da EDT. “La prima volta che l’ho
sentito”, scrive nell’introduzione,
“mi ha incoraggiato a vedermi
come un’entità integra e senza
trattini: afropeo. Ecco uno spazio
in cui la tradizione nera contribuiva
a dare forma all’identità europea.
Indicava la possibilità di vivere in,
e con, due concetti diversi: l’Africa
e l’Europa, o per estenzione il Sud
del mondo e l’Occidente, senza
sentirsi misti, mezzo questo e
byVaSco
o
TESTO DI
AND REA PO M I N I
c
mezzo quello, afro e qualcos’altro;
diceva che essere nero in Europa
non significava per forza essere un
immigrato”.
Così, Johny si mette in viaggio
per il continente alla scoperta
degli afropei, e li trova a Parigi,
Bruxelles, Amsterdam, Berlino,
Stoccolma, Mosca, Marsiglia e
Lisbona. In un continente dove
nemmeno Gran Bretagna e Francia
hanno ancora avuto un primo
ministro nero (aspettiamo ancora
un sindaco figlio di immigrati
meridionali a Torino, se è per
questo), con la consapevolezza
di quanto detto sopra (“La pelle
nascondeva la mia identità
europea, dato che europeo era
ancora usato come sinonimo di
bianco”). E una rima di Mos Def
come guida: “We’re either niggas
or kings, we’re either bitches
or queens”. Così i neri vengono
rappresentati nei media, “o come
hipster-dandy-ultramodaioli, con
occhiali dalla montatura spessa e
una pezza di kente addosso; oppure
come teppistelli con il cappuccio
della felpa calcato in testa.
In mezzo a questi due estremi
ci sono quelli che hanno dato il
contributo più importante a questo
libro: le persone normali che ho
incontrato per caso”.
RUMOREMAG.COM | 17

CHARIT Y SHOP WINDOW
A GIRL C ALLED EDDY
DICEMBRE 2020
E
y V
questa è una storia
di separazione e
b
mistero. “Le colpe
non sono mai tutte
da una parte sola”,
la frase gliela disse
un amico a
proposito di un’amicizia frantumata
per sempre, durante un pranzo. Lui
spostò il bicchiere di lato e si
domandò se fosse una conseguenza
dei suoi anni che le grandi e
incontrovertibili verità non gli
apparissero più banali come un
tempo. Anzi, ora ne coglieva in pieno
la grande potenza di verità. La luce
fulminea. Il guaio è che lui aveva
passato i decenni migliori a coltivare
l’alternativa delle cose, il non
scontato, quello che lui e quelli come
lui notavano per primi. Guardava
sempre in quella direzione e non
coglieva mai la saggezza, il
consolidato comune. Forse
nell’ignorarlo sfuggiva alla sua indole
18 | RUMOREMAG.COM
MY TUNES
DI MAURIZIO BL AT TO
a S
banale, magari si obbligava a farlo, a
deviare la mira per non diventare
troppo in fretta quello che sapeva fin
dall’inizio di essere veramente.
Possibile? Se qualcuno glielo avesse
fatto notare, quando si separarono,
non avrebbe afferrato nemmeno il
suono delle parole. Di quello che lei
gli diceva, della spiegazione banale
del come erano arrivati fin lì. Forse
un paio di frasi, ma non il suono,
l’eco del fallimento, quello no. Eppure
a lui la musica piaceva, ma non
voleva che diventasse l’unica ragione
di vita, come stava accadendo a
diversi suoi amici. Non era i suoi
dischi, nonostante li comprasse con
regolarità e dopo una valutazione che
non aveva nulla di istintivo o
emozionale. Voleva che fossero bei
dischi, che fossero “giusti”, nulla di
più. Quindi le colpe non erano tutte
da una parte? All’epoca non ci
credeva affatto. Prima erano loro due
contro il mondo, avevano la certezza
byVaSco
o
c
di essere sempre allineati e di non
doversi spiegare nemmeno il perché.
Lo erano. Che sensazione
meravigliosa aver tutti in
opposizione, buttarsi in guerra
ridendo avvolti nelle lenzuola. E il
banale? Sconosciuto. Un giorno
comprarono un disco insieme, forse a
sceglierlo fu soprattutto lei, un
sabato mattina dopo una spesa priva
di buon senso in un mercato della
loro città. Cibo inadatto a costruire
un pasto e un vinile di una band
americana con una cantante sexy.
Nulla può essere meglio, nulla. Te lo
ricordi? Ma il banale è quello che
vince, il colonnello che struscia gli
stivali nel fango e guarda le vittime.
E in quel campo di zolle e accuse
c’erano loro. Non così lontani, ma già
diventati un grumo di difetti
ereditati dai propri genitori, con un
catalogo di accuse compilato e la
paura di parlare per scivolare nella
ghigliottina dei lo sapevo, dei ti
 o
TESTO DI
MY TUNES CHARITY SHOP WINDOW A GIRL CALLED EDDY MAU RIZIO B L AT TO

“PER CHI COMPR A: NESSUNA GAR ANZIA . NELL’USATO VALE L A REGOL A VISTO E PIACIUTO. I BENI
ACQUISTATI NON SONO GAR ANTITI CONTRO DIFE T TI E M ALFUNZIONA MENTI, NÉ SI POSSONO C A MBIARE”.

c
(SERVIZI DELL A C A MER A DI COMMERCIO DI PR ATO)

avevo detto, sedotti dalla rabbia di
aprire le finestre alla luce di amori
diversi, di qualcuno non
necessariamente migliore, ma di
sicuro più facile. Il dolore più forte
era che gli fosse toccato in sorte
quello che capita a tutti. Esattamente
dove “il passato vive a un prezzo
scontato”. Chiamò un vecchio amico,
che considerava uno Shazam in carne
e ossa e provò a spiegargliela. La
conosci? Sai chi è? Non hanno detto
il titolo. Poi fece il nome di quella
band americana con la cantante sexy.
davvero loro. Quindi la protagonista
della canzone non riusciva a voltar
pagina. Avrebbe voluto sapere di più
su di lei, su di loro. Magari c’erano
colpe precise, qualcuno aveva
tradito? O semplicemente tutto si era
asciugato, diventato abitudine e

a loro e con le stesse ferite, uguale.
Identico. Non erano speciali proprio
per niente. Oh, non lo erano affatto.
Così prima ancora che lasciarsi
diventasse qualcosa da eseguire come
un obbligo mattutino, spettinati e
accaldati dalla noia e dall’oblio, lui
vendette il disco. Guardò la cantante
S
È loro? Si sono riformati? Si accorse
di sperarci. “Ho capito. È At The
Charity Shop Window di A Girl
Called Eddy. È meravigliosa, vero?
Solo gli Steely Dan sarebbero riusciti
a metterci così tanto e così bene
dentro. Gli archi, il basso, e poi come
sale con la voce! Io la adoro Erin
disinteresse? Ma il pop non può
spiegare ogni cosa, anche se ci va
molto vicino. Il mistero è in ciò che
rif lette, nella capacità di parlare a
noi. Anzi, soltanto a noi. Lui questo
lo capiva, ma su molto altro aveva
ben poche certezze. Su come fosse
stato possibile accusarsi con così

sexy con risentimento e buttò il vinile
sul bancone del negozio “Dammi
quello che vuoi, non lo voglio vedere
mai più”. Le colpe non sono mie. Le
colpe sono sue. Fanculo quel disco
che eravamo. Se ne andò e negli anni
a seguire non fu mai un granché
felice. Visse senza più andare in
guerra con qualcuno e contro
a
Moran, è Carole King con Brian
Wilson sotto braccio. L’assolo di
chitarra beatlesiano prima
dell’apertura del f lauto, pazzesco”.
Lui si distrasse e pensò a quando la
cantante dice “Il suono della sua voce
e il loro primo saluto. Il loro ultimo
addio”. Come sempre non aveva fatto
caso alla raffinatezza degli
tanti silenzi quando ancora stavano
insieme. Sul perché la stanchezza
vinca sulla rabbia, su come il dolore
si tramuti in abitudine. Nessuno al
mondo sapeva che la cosa cui teneva
di più era uscire e andare a cercare
quel disco, ma l’idea che fosse là
fuori, da qualche parte, abbandonato
in uno scatolone o nella casa

V
qualcosa. Come molto altro, la
musica perse importanza. Però iniziò
a fare una cosa buffa, quasi senza
rendersene conto. Cercava il suo
disco. Nei negozi dell’usato, alle fiere,
sulle foto di eBay. Proprio il suo, non
uno qualsiasi. Era convinto di
arrangiamenti, ma era rimasto
incollato a parole come “un vestito di
nozze ingiallito dal tempo. Lei non
riusciva proprio a voltare pagina”. Il
suo amico parlava di soul femminile,
di come fosse bello il catalogo delle
cose abbandonate nei negozi di
sbagliata, lo stava consumando a
piccoli morsi. O forse invece era
l’unico motivo che tenesse il suo
interesse ancora in vita, aggrappato
come un traditore lasciato penzolare
da un balcone in un film noir, ti
prego non mollare la presa! Le vene

y
ricordare una piega sulla parte bassa
della copertina. Si convinse che nella
busta interna della sua copia ci fosse
un segno fatto con la biro. Forse
accidentale. Magari voluto. Forse lei
voleva sottolineare una parte del
testo, non ricordava bene. Lui di
certo non lo avrebbe mai fatto. Non
risparmiava domande al venditore,
beneficenza, i 45 rotti e i libri letti a
metà, le chitarre e gli autografi delle
star. Ma lui pensò che non erano
tanto la Stax o Laura Nyro e Patti
LaBelle, quanto il fatto che lei dicesse
subito che aveva visto il suo cappotto,
che cantasse una cosa dolorosa come
“i ricordi costano poco nella vetrina
del negozio di beneficenza”. Che
dei polsi grosse come le dita e il
traffico là sotto. Ti prego non
mollare la presa! Si sdraiò sperando
di addormentarsi, maledicendo come
sempre il corpo umano, così inutile
da non avere un timer buono da
programmare. Qualcosa tipo
“spegnimi ora, immediatamente, e
riaccendimi tra otto ore”. Cuori come

b
quando ne trovava una copia. Ce l’hai
da molto? Ti ricordi per caso chi te
l’ha venduto? L’hai comprato in
questa città? Non si convinse mai del
tutto, no, non era la sua copia.
Continuò a cercarlo, con inconfessata
ostinazione. Senza domandarsi se
stesse inseguendo un errore o volesse
soltanto riempire un vuoto, per
quanto minuscolo. Poi una sera gli
capitò di sentire una canzone che
iniziava con un giro di pianoforte e
una bella voce femminile che parlava
di uno di quei negozi di beneficenza
tutto partisse da lì. Non tanto gli uh-
uh di sottofondo o un eco di George
Harrison giocato in meno di cinque
secondi, quanto l’idea che
lasciassimo soltanto una traccia di
noi al mondo, e che poi fossimo
destinati a ricercarla per sempre,
invano. “Grazie, sei infallibile.
Magari lo compro, è un po’ che non
mi porto a casa un disco”. Riattaccò e
fece i conti con la delusione di aver
saputo che non erano la band
americana con la cantante sexy. Un
peccato, avrebbe giurato fossero
souvenir dimenticati, questo diceva
la canzone, se non si sbagliava. Il
giorno dopo sarebbe andato a pranzo
con un amico. Si girò su se stesso e
poi fece uno sforzo enorme per
ricordarsi qualche nota, un passaggio
preciso della melodia, qualcosa in più
delle parole.Ma non arrivò nulla. E
quindi si arrese.

Erin Moran, in arte A Girl Called Eddy, è la migliore erede di Burt Bacharach, di quella gigantesca maestria pop
che riesce a definire ogni attimo della nostra vita. Nata nel New Jersey, ma trasferitasi in Inghilterra, ha pubblicato
un esordio omonimo nel 2004, con la dorata complicità di Richard Hawley. È tornata quest’anno con Been Around,
risposta implicita, forse, a tutti noi che ci domandavamo dove fosse finita. In giro, quindi. Il suo rientro è stato una
delle cose migliori di quest’anno sventurato, un dono capace di mettere insieme Re Burt, gli Steely Dan, Carole King,
Paul McCartney, i Prefab Sprout, Smiley Smile e, ovviamente, quella band americana con la cantante sexy.

RUMOREMAG.COM | 19
byVaSco
 o
RUMOREMAGAZINE D I C EMB RE 2 02 0

S c
V a
b y
byVaSco
20 | RUMOREMAG.COM

DOVE:
Rimini,
Italia
COSA:
Oltre il post rock
IL DISCO:
MANTRACORE
BRONSON, 2020
hitarra e
percussioni.
C Muscoli,
follia, spigoli
e tribalismo.
Kraut, post
rock, elettronica, oscuro metal
o psichedelia? “Le etichette di
genere sono solo escamotage
che servono a far capire a chi
V
scorre distrattamente una pagina
Internet che non facciamo
pop, ma che non intervengono
come idee musicali quando
componiamo”. San Leo è tutto
questo. Il percorso di Marco
Migani e Marco Tabellini inizia
y
a prendere forma nel 2015 con
il loro primo album. XXIV è una
creatura indomita, selvaggia e
imprevedibile. Il suono è privo
di compromessi e senza limiti. In
molti lo etichettarono come post
rock ignorando che, in realtà,
b
andava oltre i confini del genere
e si declinava spontaneamente
in sperimentazione. Gli
elementi emergenti erano la
rappresentazione e la narrazione
di stati d’animo in continuo
mutamento, quasi evocativi
di immagini associabili al
suono e quindi estremamente
cinematografiche. “Il bacino
da cui abbiamo attinto in quel
periodo si basava su alcune
idee fondamentali. Per ogni
nuovo spunto, ogni momento o
atmosfera musicale, l’importante
era che tutto fosse evocativo,
che non rimandasse a null’altro
SAN LEO
S
se non scenari, paesaggi. Oltre
a questo elemento visuale molto
a
marcato, una delle costanti
nei primi anni è stata quella di
lavorare per sottrazione anche su
noi stessi, sui nostri strumenti.
L’intenzione era di essere glaciali,
nel senso di non permettere alle
individualità di sovrapporsi al
materiale musicale. Volevamo noi
stessi visualizzare un paesaggio
o una scena, senza interferenze
di idee e gestualità meramente
tecniche”.
Da questo approccio nascono
DOM e Y, nei quali la creatura
non riusciva a essere domata e
continuava a dimenarsi, senza
pace. “Entrando in studio per
XXIV non avevamo termini di
paragone, quindi il modo in
cui i brani sono stati composti
è stato più immediato. Con
DOM volevamo qualcosa che
rispecchiasse ancora di più
l’aspetto live, visto che nel
frattempo avevamo avuto modo
di rodare maggiormente i pezzi,
e ci siamo concentrati sui lati più
aspri del nostro spettro sonoro. Y
è più obliquo, meno immediato,
approfondisce i contrasti fra
esplosioni, sospensione, paralisi.
I brani di quella che a posteriori
abbiamo considerato una trilogia,
in realtà, non sono nettamente
separati a livello di composizione.
Infatti, quando registravamo
XXIV, avevamo già materiale che
è poi finito in Y”.
byVaSco
o
QUANDO:
dal 2013
c
ONLINE:
sanleo.bandcamp.com
Difficile fare meglio, ma il
2020 ci regala l’album della
definitiva maturità. Mantracore
è un pugno diretto allo stomaco,
senza preavviso. La percezione
è che sia stata intrapresa una
direzione differente rispetto
al passato. “Sentivamo di
avere fatto abbastanza con la
precedente modalità compositiva,
che si basava su un processo
più speculativo generato da
improvvisazioni controllate e
revisionate, lavorando su ogni
brano affrontando in modo
sequenziale una parte dopo
l’altra. Per la prima volta siamo
partiti cercando di visualizzare
il disco nella sua interezza, come
se non fosse la narrazione o
rappresentazione di qualcosa,
ma un oggetto concreto, come
una pietra. Partendo dal silenzio,
abbiamo cercato di sintonizzarci
su un’emanazione molto più
materica e immediata. Ispirati
ad A Voice Comes To One In The
Dark. Imagine di Beckett, è stato
il materiale stesso a indicarci un
nuovo approccio espressivo e ci ha
dato modo di esprimere un grado
più intenso di fisicità. C’è una
tensione positiva e catartica, fra
l’astrazione di un’idea musicale
e la fisicità del suono e del ritmo”.
La creatura è finalmente domata.
TESTO DI Antonio Briozzo
RUMOREMAG.COM | 21

DOVE:
Roma, Italia
Berlino,
Germania
IL QUADRO DI TROISI
COSA:
L’Italia sintetica in eterea ode futurista
IL DISCO:
IL QUADRO DI TROISI
RASTER, 2020
y V
Andrea Noce (Eva Geist) e
Donato Scaramuzzi (Donato
b
Dozzy) non sono certo dei
novizi. Cantante e compositrice
elettronica di stanza a Berlino
lei, sound designer di respiro
internazionale lui. Il loro nascente
progetto affascina già dal nome.
Ci dice lei: “Troisi è una delle
cose più belle che i media italiani
abbiano mai trasmesso. Non
credo ci sia niente di più creativo,
poetico e allo stesso tempo ironico
in tutta l’arte italiana. Forse solo
Totò lo supera, ma Troisi lo trovo
più attraente”. La partecipazione
di Pietro Micioni (Gazebo, Mike
Francis e tanti altri) rivela una
suggestione quasi concettuale per
22 | RUMOREMAG.COM
a S
la storia sintetica italiana.
“Mi piace pensare che la citazione
sia un modo per riallacciarsi e
proiettarsi. C’è anche tanta voglia
di sperimentare e di creare un
suono personale”.
E poi il fascino dei testi. “Raggio
Verde è nato di fronte all’oceano,
a Porto, passeggiando da sola per
chilometri. Altri di getto, sempre
in solitudine, mentre correva
tra Donato e me un’assidua
corrispondenza. Il Giudizio l’ho
scritto dopo aver ascoltato la
musica a casa sua. Beata ha avuto
una lunga gestazione, quasi un
anno. Tutti i testi raccontano
le visioni sporadiche e i voli
byVaSco
o
QUANDO:
dal 2020
c
ONLINE:
raster-raster.bandcamp.com/
album/il-quadro-di-troisi
pindarici della mia mente. Ho il
sospetto che siano anche messaggi
in codice dal mio subconscio”.
Tutte suggestioni che, comunque,
arrivano da lontano. “Vengo da
una scena nostrana che ha visto
emergere gente come Calcutta,
Pop X, i Camillas.
Il mio background synth pop mi
ha dato visibilità nel mondo della
nu disco”. L’influenza (aurea) dei
compositori italiani di colonne
sonore e un passato (synth)
recente che riesce (comunque) a
scrivere al futuro.
TESTO DI Mauro Fenoglio

DOVE:
Piemonte,
Italia
COSA:
Free jazz psychedelic groove
IL DISCO:
ONDE DI SABBIA
2 HEADED DEER, 2020
y V
Ormai è una regola: se
c’entrano i Movie Star Junkies,
b
occhio. Tocca al chitarrista
Alberto “Boto” Dutto stavolta,
e all’evoluzione degli Stylefire,
duo blues punk formato con
Mattia Bernardi alla batteria.
Evoluzione culminata nel
favoloso Onde Di Sabbia, album
che combina improvvisazione,
jazz, psichedelia e sapori
latini. “oAxAcA è il nome che
abbiamo scelto per segnare
il passaggio a una forma più
libera. Ci siamo accorti che
ci piaceva improvvisare, e le
nostre prime incisioni hanno
destato l’interesse della netlabel
romana Selva Elettrica, che le ha
oAxAcA
a S
pubblicate in digitale nel 2009.
Nel corso degli anni la band si è
allargata fino ad arrivare anche
a sette elementi, e a ogni cambio
o aggiunta di musicisti è seguito
un disco. Prima in due appunto,
poi in cinque (oAxAcA, 2011), in
sette (Salvatora, 2014) e in sei
(la cassetta III, 2017), e di nuovo
in cinque per Onde Di Sabbia”.
Un lavoro che suona decisamente
orientato verso cose più ritmiche
e strutturate rispetto al passato,
con inatteso endorsement di un
maestro del groove come Gilles
Peterson. “In questi anni siamo
passati dall’improvvisazione pura
all’idea di comporre, arrivando a
byVaSco
o
QUANDO:
dal 2010
c
ONLINE:
facebook.com/oAxAcA.theband
pezzi scritti dall’inizio alla fine.
Onde Di Sabbia è la summa di
due anime distinte, quella della
ricerca di ambienti sonori e
territori inesplorati e quella del
ritmo. È stato inoltre il primo
disco in cui abbiamo sfruttato lo
studio, 8/7 ad esempio è stata
registrata con tracce separate,
ci sono valanghe di percussioni,
idem Reich. Anche da lì arriva
l’impronta sudamericana”.
Dallo scorso giugno, intanto, gli
oAxAcA sono di nuovo in sei:
speriamo passino meno di tre
anni per un nuovo disco.
TESTO DI Andrea Pomini
RUMOREMAG.COM | 23

ELA MINUS
DOVE: QUANDO:
Brooklyn, USA / Bogotà, Colombia
dal 2015
ONLINE: elaminus.com
COSA:
Echi di electro pop per il 2020
IL DISCO:
ACTS OF REBELLION
DOMINO, 2020
V a
y
Se il debutto di Gabriela Jimeno – aka Ela Minus,
trentenne di Bogotá migrata negli States per studiare
musica al Berklee College di Boston – è arrivato troppo
tardi per molte playlist di fine anno, a consolarla
potrebbe essere la velocità del passaparola. Per un
disco DIY in senso proprio: nel suo lato pratico, con la
sua autrice a sfruttare la formazione accademica per
b
costruirsi e modificarsi i synth da sola, così come in
quello ideologico, visto il colore politico di questi atti di
ribellione. “Credo che, se sei nata in Colombia, non è che
ci siano molte scelte diverse dall’essere politicizzata. Lo
spirito ribelle dell’album è tuttora rilevante, anche se l’ho
scritto due anni fa. C’è sempre bisogno di rivoluzione:
è un disco con cui provo a prendermi un po’ di
responsabilità per il mio essere al mondo”, lo introduceva
lei.
Commentando un lavoro effettivamente attuale anche
per un anno come questo 2020, con ritmi da club a
ritirarsi nell’intimità di un gusto pop fra l’ultima Kelly
Lee Owens e Anna Meredith. O, come da sua fin troppo
preveggente descrizione (e da adesivo da lei stessa
appiccicata su un sintetizzatore la notte dell’elezione di
Trump), “musica piena di luce per tempi bui”.
TESTO DI Francesco Vignani
byVaSco
24 | RUMOREMAG.COM
o
GILA
DOVE: QUANDO:
Denver, Colorado, USA
c
dal 2016
ONLINE: gila-00.bandcamp.com
COSA:
Dai ritmi trap ad altre
esplorazioni digitali
IL DISCO:
ENERGY DEMONSTRATION
S
LEX, 2020
Da promettente batterista jazz a talentuoso
produttore elettronico: è stata una artrite reumatoide a
costringerlo ad appendere le bacchette al chiodo quando
aveva 17 anni, ma il gusto per i ritmi elaborati non gli
è venuto a mancare. Cinque EP hanno preceduto la
recente pubblicazione del suo primo album, sulla scia
dei consensi ricevuti da colleghi come Flying Lotus e
Thom Yorke. “Fin da giovanissimo mi è sempre piaciuta
la musica elettronica ma non ne capivo granché: ad
esempio immaginavo che i rapper confezionassero
anche i beat su cui si cimentavano. Ma è solo quando
ho iniziato ad ascoltare drum’n’bass e artisti IDM
come Autechre e Aphex Twin che mi sono chiesto
come riuscissero a creare quella musica. Ero un fan
dei Telefon Tel Aviv, e grazie a loro ho iniziato ad
approfondire l’uso di Ableton Live”.
Il suono di Kyle Reid vive prevalentemente di tonalità
fosche, e la chiave di lettura risiede nel suo nome d’arte:
“Stavo leggendo Meridiano Di Sangue di Cormac
McCarthy e c’era un passaggio in cui descriveva la bocca
del mostro di Gila, scintillante al chiaro di luna, oscura
e velenosa. Lento e pesante come la mia musica. È
anche un omaggio alle mie origini, nel South West degli
States”.
TESTO DI Giorgio Valletta

HEN OGLEDD
DOVE: QUANDO:
Newcastle, UK
dal 2012
ONLINE: henogledd.com
COSA:
Il dopolavoro pop di
Richard Dawson
IL DISCO:
FREE HUMANS
S
DOMINO, 2020
V a
y
Non il classico materiale da Futura, essendo Free
Humans il quarto capitolo di una discografia finora
però più che sotterranea. Come noto è uno dei quattro
membri del gruppo, quel Richard Dawson arrivato dopo
anni di lavori psych folk, di quelli dove a tratti il prefisso
avant finiva per tagliare la strada alle migliori intenzioni
e alla più generosa delle pazienze, all’incoronazione
b
come miglior cantautore d’Inghilterra, almeno secondo il
“Guardian”. Del tutto nuovo e con cipiglio da debuttanti
è il gruppo a uscire però da questo Free Humans,
follia pop esilarante, incatalogabile e, a non saperlo,
praticamente impossibile da ricondurre all’inglese.
“Sono io che ho avuto l’idea di fare un disco pop”,
metteva le mani avanti Dawson, “senza però pensare che
alla fine lo avremmo fatto davvero. Ma è un genere che
unisce le persone. Se sei davvero fortunato arrivi a un
punto in cui il pubblico conosce le tue canzoni e le canta,
non come quei concerti in cui tutti gli spettatori sono
orribilmente seri”. Difficile arrivarci con un album che
fa sembrare monotematici i 1975, probabilmente. Ma,
a vedere citati come influenze ABBA e Billie Eilish, ai
quattro non manca la voglia di sporcarsi le mani.
TESTO DI Francesco Vignani
byVaSco
o
NICOLAJ SERJOTTI
DOVE: QUANDO:
Milano, Italia
c
dal 2018
ONLINE: instagram.com/nicolajserjotti
COSA:
Rap ispirato dalla provincia
milanese
IL DISCO:
MILANO 7
LA TEMPESTA/VIRGIN, 2020
L’esordio del rapper ventiduenne milanese si
intitola Milano 7, come il luogo in cui vive, e vede le
sue rime dialogare con la produzione dei sodali Fight
Pausa e Wuf. “È un album denso. Ci sono momenti di
sogno, altri di disillusione, o in cui parlo di paure e
solitudine. E uno in cui bevo una Pepsi. Al centro c’è
il mio modo di affrontare la vita, un po’ scherzandoci
su, un po’ drammatizzando per niente. Milano 7 parla
di incertezza e ambizione. E indirettamente anche del
fascino buio della provincia, della tranquillità e della
noia che ci avvolgono. Nel suono emerge il contrasto
tra un aspetto più classico, legato ai loop e alle batterie
squantizzate di Wuf, e uno più elettronico, tra i synth e
le distorsioni di Fight Pausa. Contrasto che consente al
disco di evolversi in diverse interpretazioni della stessa
idea artistica”.
Il nostro è innamorato della letteratura e del cinema.
“Ciò che mi affascina in un film è osservare un momento
specifico della vita dei protagonisti con gli occhi del
regista. Mi ispirano i film che hanno un prima e un dopo
che non vediamo. Amo quelli che raccontano storie
potenzialmente vere, tipo Geumul di Kim Ki-duk, ma
anche più astratte, come Synechdoche, New York di
Kaufman”.
TESTO DI Barbara Santi
RUMOREMAG.COM | 25
 P L A
c o
Y

a
L
S I

V
S T 2

by 0 2
APPROFONDIMENTI A CUR A DI LE TIZIA BOGNANNI, DIEGO BALL ANI,
A N D R E A P O M I N I , C L AU D I O S O R G E E M AU R O F E N O G L I O

S C H E D E A C U R A D I A L E S S A N D R O B E S S E LVA AV E R A M E ,
LE TIZIA BOGNANNI, DIEGO BALL ANI
0

byVaSco
 UN ANNO DIFFICILE, STRANO,

A TRATTI SFIANCANTE QUESTO 2020.

c o
S
TEMPI PANDEMICI E DI LOCKDOWN, NEI

QUALI ABBIAMO CERCATO IL CONFORTO

DELLA MUSICA COME PROBABILMENTE NON

a
ACCADEVA DA TEMPO. LA MUSICA, INCISA

DURANTE IL CONFINAMENTO CASALINGO

O MENO, HA RISPOSTO COME SEMPRE ALLE

ASPETTATIVE, E CI PARE SINTONIZZATA SUL

V
PRESENTE E I SUOI CONTRASTI COME NON

MAI. C’È UN PO’ DI TUTTO NEI NOSTRI 50 TITOLI,

COME ACCADE SEMPRE PIÙ SPESSO: TIZZONI

y
ARDENTI E CONTAMINA(N)TI DI BLACK MUSIC

E NUOVO JAZZ, MUSICA CON CHITARRE CHE

CONTINUA AD AVER COSE DA DIRE, FELICI

b
RITORNI E GRANDI VECCHI ANCORA IN

FORMISSIMA, NUOVI ACCENTI ELETTRONICI

E DANCE, AMPLIATORI E MANIPOLATORI DEL

FORMATO POP, ITALIANI APPREZZATI ALL’ESTERO

CHE ABBIAMO VISTO CRESCERE E VIA DICENDO.

IN BREVE, IL NOSTRO 2020 IN MUSICA.

byVaSco

5 RICARDO
0 RICHAID
TRAVESSEIRO FELIZ
FAR OUT RECORDINGS
LA PREMESSA Cresciuto in una
famiglia di musicisti, fattosi le
ossa come bassista e ingegnere
del suono, il brasiliano Richaid debutta con un album
sorprendente, un “cuscino felice” - questo il significato
del titolo - caldo, intimo e stordente.
COSA NE DICONO “Lui lo chiama ‘tropicalismo indu-
striale’, riconoscendone sia le radici musicali e cultu-
rali, sia l’ambientazione moderna e urbana. Il suono è
decisamente psichedelico, assai rétro nelle atmosfere e
nella combinazione di arpeggi acustici e fuzz, melodie
morbide e ritmi beat, ma ricco di dettagli produttivi e
scelte di scrittura fresche, originali”
ANDRE A POMINI, “RUMORE” N. 338
“Ogni strato rivela un ulteriore script: jazz, progressive
rock, post punk, neo classical, folk brasiliano. Quando
ritorna il flauto, scaricato dalla memoria del canale de-
stro dello stereo, si palesa l’ambizione del disco: questo
LP testerà e legherà insieme i generi in un modo che
non si vedeva dalla Rio De Janeiro di fine ‘70”.
V
B E N W I L S O N , “AT W O O D M A G A Z I N E ”
LA CANZONE Largado Nu
y
b
X fresco, dinamico, credibile; nutrito del meglio del
ALPHABETLAND
FAT POSSUM
LA PREMESSA Il punk (come il rock’n’roll) è meglio
lasciarlo a chi l’ha sempre fatto in modo credibile e
appassionato. Lo dimostrano i redivivi X che, a 35 anni
dall’ultimo album in formazione originale, tornano con
un lavoro incredibilmente brillante.
COSA NE DICONO “Gli X erano, e sono, una band
rock’n’roll pura, qualunque significato diate a questa
parola. E Alphabetland è un ottimo disco di rock’n’roll,
byVaSco
28 | RUMOREMAG.COM
o
4 AUTECHRE
9 SIGN
WARP
c
LA PREMESSA Gli Autechre che
non ti aspetti: lineari, atmo-
sferici, ambient, spogli, con-
cisi, quasi chill out, in qualche
modo addirittura rassicuranti e consolatori. Ma sem-
pre di Autechre si tratta.
COSA NE DICONO “65 minuti di musica, perlopiù
S
costruita su progressioni armoniche di sapore vaga-
mente retrofuturista, clamorosamente ricorsive se ci
riferiamo al passato recente del gruppo: il loro ‘disco
ambient’, forse, ma molto meno complesso e stratifica-
to del quarto volume delle NTS Sessions. Defatigante,
come minimo”.
F R A N C E S C O FA R A B E G O L I , “ R U M O R E ” N . 3 4 5
a
“Sign è una gradita deviazione, un diversivo, e, in que-
sti tempi difficili e complicati, una specie di balsamo.
È la cosa più vicina alla musica chill out che abbia mai
fatto il duo, caratteristica che ne fa l’album degliAute-
chre perfetto per il 2020. Con Sign gli Autechre dimo-
strano di essere sintonizzati con il loro pubblico, è che
la loro è ancora (e sempre sarà) musica umana fatta da
umani per umani”
CHARLIE FRAME, “THE QUIETUS”
LA CANZONE gr4
4
8
r’n’r dei 60s (la title track inizia con gli accordi di My
Generation!). Stando così le cose, l’età sparisce”.
CL AU D I O S O RG E , “ R UMO R E ” N . 341
“La prima immagine che l’ascoltatore incontra nella
traccia di apertura del nuovo album degli X ne è la
quintessenza: un marciapiede distrutto e ricoperto con
una nuova pavimentazione per oscurare le iniziali di
una vecchia fiamma. Metaforica perfezione che apre un
disco dalla lunga gestazione, che vede la band di Los
Angeles tornare alle sue radici musicali e poetiche”.
C H R I S M O R R I S , “ VA R I E T Y ”
LA CANZONE ALPHABETLAND
 o
4 KAIRON;

4
7 IRSE!
POLYSOMN

c
5
SVART

LA PREMESSA Con il loro quarto

album, i finlandesi volevano
enfatizzare il caos psichedelico
del loro caratteristico post prog: un’opera in cui ogni
canzone crea la propria realtà, piena di visioni surreali
e paesaggi sonori eterei.

S
COSA NE DICONO “Mondi vorticosi che appaiono e
scompaiono, nell’esplosione di atmosfere celestiali.
Mir Inoi sembra un sogno di Canterbury totalmente
trasfigurato. E Altair Descends è una caleidoscopica
estatica meraviglia. Il loro approccio sembra a trat-
ti un po’ caotico, ma lascia continuamente aperte le
porte a nuove imprevedibili direzioni”.

a
CL AUDIO SORGE , “RUMORE ” N . 344

“Prendere l’atmosfera del prog e la propulsione del

krautrock significa praticamente solo emulare i primi
lavori di Kraftwerk, Neu! e Can, gli inventori di quel
suono. Aggiungendo strati di chitarre shoegaze, sin-
tetizzatori e l’aggressività del proto metal anni 70 si
ottiene un miscuglio rumoroso che, sebbene a volte

V
eccessivo, è ascolto inebriante”.
CHRIS TODD, “THE LINE OF BEST FIT ”

LA CANZONE Altair Descends

y
4 ORANSSI BOB MOULD
6 PAZUZU
BLUE HEARTS
MESTARIN KYNSI MERGE
NUCLEAR BLAST

LA PREMESSA L’instancabile Bob Mould (da Silver Age

LA PREMESSA Su Mestarin
a Blue Hearts fanno cinque album in otto anni) produ-

b
Kynsi la band finlandese si
abbandona a uno sperimentalismo sconvolgente,
una commistione imprevedibile di generi in grado di
alterare completamente la percezione di ciò che oggi
può definirsi black metal.
COSA NE DICONO “Ma dove nei Dark Buddha Rising
questa potente commistione si basa tutta su un
impatto feroce, negli Oranssi Pazuzu, l’altro polo black
psichedelico finnico, è il frutto di una visione più
larga, dilatata, che declina la pura esecrazione black
metal con supporti che oscillano tra ritmi electro,
forme prog occulte ed esplorazioni astrali kosmische”.
CL AUDIO SORGE , “RUMORE ” N . 339
“Il minimalismo trascendentale degli ultimi Swans
è una delle poche pietre di paragone specifiche. Al
tempo stesso il senso di terrore cosmico viene espresso
attraverso lo space rock, il prog più oscuro, la techno
e persino, su Tyhjyyden Sakramentti, qualcosa che si
avvicina al jazz”.
O L LY T H O M A S , “ K E R R A N G ”
LA CANZONE Tyhjyyden Sakramentti
byVaSco
ce quello che è probabilmente il suo disco più inquieto
e schierato di sempre.
COSA NE DICONO
“La miglior forma di boomerismo su piazza: fosse ri-
masto qualche dubbio in merito al fatto che il ‘nuovo’
Bob Mould ci sia o ci faccia, Blue Hearts risponde con
la certezza incrollabile di un entusiasmo che nei mo-
menti migliori sembra farina del sacco di un gruppo di
sbarbi”.
FRANCESCO FARABEGOLI, “RUMORE” N. 344
“Mould ha dannatamente ragione a essere arrabbiato
in Blue Hearts, ma la sua rabbia è una bestia dai molti
volti, profonda come l’oceano. È uno statista anziano,
un padrino musicale con il dente avvelenato che ha
tante cose a cui pensare oggi. Grazie a Dio è tornato
per mostrarci com’è fatta la vera musica di protesta e
quali sono i suoi sentimenti in questa profonda crisi
americana”.
SCOTT ELINGBURG. “UNDER THE RADAR”
LA CANZONE American Crisis
RUMOREMAG.COM | 29
 o
4 AKSAK
MABOUL
4 PERTURBAZIONE
4 FIGURES
3 (DIS)AMORE
ALA BIANCA

c
CRAMMED DISCS
LA PREMESSA
LA PREMESSA Il ritorno I Perturbazione tornano
dopo 40 anni della for- a fare quello che gli riesce
mazione belga fondata meglio, raccontare le cose
da Marc Hollander, uno dei più atipici gruppi apparentemente piccole
dell’avant rock europeo, mostra freschezza d’idee che fanno grande la vita:
e intelligenza compositiva fuori dal comune. 23 canzoni che seguono
l’evoluzione di una “sem-
plice” storia di (dis)amore.

S
COSA NE DICONO “Formidabili canzoni che in-
trecciano i testi arguti e surreali della Vincent
con un avant pop di scuola francofona che ripren- COSA NE DICONO “Innamoramento, estasi, dub-
de il discorso di Les Rita Mitsouko, Antena e Ste- bio, separazione e solitudine. Due cuori anonimi
reolab arricchendolo con quei caratteri art rock che diventano simbolo di tutte quelle ispirazioni
continentali che gli Aksak Maboul hanno contri- (musicali e non), chiamate qui a raccolta per
buito a sviluppare più di quattro decenni fa”. creare la cassetta mista definitiva. Dove Dalla e

a
Vecchioni stanno insieme a Morrissey e i Cursive,
A L E S S A N D R O B E S S E LVA AV E R A M E , “ R U M O R E ” N . 3 4 4
Rohmer con Buzzati”.
M AU RO FE N O G L I O, “ R UMO R E ” N . 341
“Figures riesce a includere elementi di ogni fase
della band, mantenendo comunque un tocco con-
temporaneo. Come accade nei più riusciti tenta- “Le canzoni […] sembrano stringersi in un ab-
tivi di fondere ingredienti vari, gli elementi pop e braccio, con una tenerezza che l’impianto chitar-
quelli avant si completano a vicenda. Le melodie ra-basso-batteria rende essenziale, pura, senza gli
decise colpiscono subito, consentendo a tutti gli edulcoranti artificiali del pop. Brano dopo brano

V
altri abbellimenti di completare il quadro negli si susseguono immagini in cui predominano luci
ascolti successivi”. tremolanti, librerie alte fino al soffitto, un album
fotografico a cui togliere la polvere, un vecchio
SEAN KITCHING , “THE QUIETUS”
disco che suona per chi non sa dimenticare “.
P I E R L U I G I L U C A D E I , “ M I N I M A & M O R A L I A”
LA CANZONE Histoires De Fous

LA CANZONE Io Mi Domando Se Eravamo Noi

y
GIL SCOTT- NOTHING
4 HERON 4 THE GREAT DISMAL
2 WE’RE NEW AGAIN: A REIMAG- 1 RELAPSE

INING BY MAKAYA MCCRAVEN LA PREMESSA La band di

b
XL Filadelfia torna a rive-
stirsi della ruvida scorza
LA PREMESSA Il batterista, tastieri- metallica del classico
sta e produttore Makaya McCraven, disco d’esordio, ma la usa
artista di punta della International Anthem, reimmagina, per rivestire canzoni dal songwriting più maturo
dieci anni dopo, l’ultimo lavoro del mai abbastanza com- e per costruire un epico quinto disco dotato di
pianto Gil Scott-Heron. momenti di potenza travolgente.

COSA NE DICONO “Tutt’altro che un’operazione superflua, COSA NE DICONO “Per una volta, tirare in mezzo
l’album è ricco di immaginazione e profondità, e rende ulte- i soliti riferimenti shoegaze datati non ha senso.
riore giustizia a uno degli artisti più importanti e sottovalu- Just For A Story e Ask The Rust ci accompagna-
tati degli ultimi decenni”. no all’uscita con la visione cinica e misantropica
G I O R G I O VA L L E T TA , “ R U M O R E ” N . 3 3 7 di un mondo che sta marcendo. Benvenuti a The
Great Dismal, la palude naturale che è trappola
“We’re New Again è un album incredibile, più simile ad per la sopravvivenza umana”.
I’m New Here 2.0 che a una rielaborazione. Ciò è dovuto N I C H O L A S D AV I D A LT E A , “ R U M O R E ” N . 3 4 6
al fatto che McCraven è rispettoso nei confronti del mate-
riale d’origine. Piuttosto che realizzare una versione più “Il frontman Dominic Palermo ha composto il
jazzata dell’originale, ha trovato il ritmo naturale in grado disco con la prima foto di un buco nero appesa
di accompagnare i testi costruendoci intorno le canzoni. sopra la sua scrivania. Ci sono momenti in cui la
Nel farlo, Makaya McCraven infonde nuova vita non solo al band si scatena davvero con tutta quella forza. Le
disco ma pure all’eredità artistica di Scott-Heron”. chitarre sferzano, ululano e si abbattono su Say
NICK ROSEBL ADE, “CL ASH MUSIC” Less come i venti di un uragano di categoria sei”.
PAT R I C K C L A R K E , “ N M E ”
LA CANZONE New York Is Killing Me LA CANZONE Say Less

byVaSco
30 | RUMOREMAG.COM

EDDA E MAROK
NOIO; VOLEVAM SUONAR
CONTEMPO
L A PREMESSA In piena pandemia, dopo una
frequentazione precedente che aveva dato origine al
brano L’Altrove, Edda e Gianni Maroccolo producono
un disco “lo-fi e gratis”, a metà tra l’estro del primo e
le solide architetture del secondo.
COSA NE DICONO “Noio; Volevam Suonar è
V
un esperimento, un secondo approccio dopo la
collaborazione di Edda su L’Altrove, brano incluso
y
3
9
b
CARIBOU
SUDDENLY
CITY SLANG
LA PREMESSA Sei anni dopo Our Love, Dan Snaith in-
nesta sul suo collaudato canovaccio dance pop inserti,
deviazioni, samples, percorsi obliqui, ma anche una
vulnerabilità e un intimismo nuovi.
CHE NE DICONO “Dan Snaith ribadisce la sua abilità
nel confezionare prototipi dance pop efficaci quanto
distanti dalle banalità. Certo, la sua natura sonora resta
fondamentalmente elettronica, ma gli elementi e rife-
byVaSco
o
4
c
0
S
in Alone Vol. 1. E funziona bene. Funziona perché
Maroccolo ha un’impronta netta, nel comporre, nel
suonare, nell’arrangiare, nel produrre. Sa [...] cucire
abiti su misura secondo l’artista con cui lavora”.
a
B A R B A R A S A N TI , “ R UMO R E ” N . 341
“Avete presente i film di Ettore Scola con Massimo
Troisi? In un’intervista Troisi affermava che, alla
chiamata di Scola, si era detto ‘Oh ragazzi, meglio
ricomporsi un po’ perché qua le cose si fanno serie’.
Ecco: Maroccolo sta a Scola come Edda sta a Troisi”.
M A S S I M O Q U A R T I , “ I M PAT T O S O N O R O ”
LA CANZONE Servi Dei Servi
rimenti che Caribou inserisce in questo viaggio sono di
natura diversissima e rendono il tutto di fruibilità uni-
versale, pur restando a marcata distanza dalle tendenze
dominanti nella musica pop internazionale”.
G I O R G I O VA L L E T TA , “ R U M O R E ” N . 3 3 7
“Come sottolinea Suddenly, la sua carriera è arrivata
in un luogo avvincente: una nicchia tutta sua, dove
l’autore elettronico incontra il cantautore, dove un
senso innato per la musica pop e per il dancefloor coe-
sistono con la sperimentazione”.
ALEXIS PE TRIDIS , “THE GUARDIAN ”
LA CANZONE Cloud Song
RUMOREMAG.COM | 31

TESTO DI Mauro Fenoglio
TECNOLOGIA
ED ESTASI
V
ACTRESS
KARMA & DESIRE
NINJA TUNE
Una carriera da calciatore del West Bromwich
Albion stroncata sul nascere dagli infortuni. I primi
y
esperimenti di deviazione dance con Hazyville (2008)
e il magnifico Splazsh (2010), ibridazione della notte
industriale di Detroit con la lezione dub. L’incontro
con la London Contemporary Orchestra per LAGEOS
(2018), fra Xenakis e il minimalismo e, ora, il romanzo
tecnologico fra cielo e terra di Karma & Desire. Nuova
fase, l’ennesima, di un percorso sempre lontano dalle
b
dinamiche più didascaliche della musica elettronica,
mantenendo intatto un tessuto connettivo sotterraneo.
Come Burial e Dean Blunt, Darren Cunningham tesse
una trama che unisce passato e futuro, avanguardia e
ritmo.
Karma & Desire sembra aprire una nuova fase.
“Il nuovo disco muove da elementi molto privati e
personali. Actress è un personaggio, un riflesso dello
specchio attraverso cui mi manifesto. È il mio primo
album in cui appare il pianoforte. In questo senso è uno
spostamento”.
Mi affascina il tempo e l’energia che dedichi
alla ricerca del concept dietro a ogni tuo nuovo
lavoro.
“È perché non ho mai padroneggiato nulla in partico-
lare. So come usare gli strumenti che ho a disposizio-
ne, ma ho sempre la sensazione di dover continuare
a imparare, di dover uscire dalla mia comfort zone.
Ritorno continuamente a quegli artisti per i quali l’arte
è adattamento: Matisse, Picasso, graffitari come Ram-
mellzee, Basquiat. Matisse ha iniziato con dipinti molto
byVaSco
32 | RUMOREMAG.COM
c o
S
3
8
a
dettagliati e d’insieme, finendo poi per dar risalto ai
particolari. Per il pianoforte, nel nuovo album mi sono
ispirato alla rappresentazione della chitarra nei quadri
di Picasso. I musicisti pop si reinventano ogni volta, at-
traverso moda, aspetto, produzione. A volte vorrei fare
lo stesso, ma la mia musica finisce per dire di me più di
quanto io possa dire in un’intervista o attraverso la mia
immagine”.
Il minimalismo e Mark Rothko sono due riferi-
menti dichiarati di Karma & Desire
“Per me è importante dire tutto usando meno pennella-
te possibile. Non voglio riempire tutta la tela. Se trovo
un suono che mi piace, diventa il tema centrale. È un
mostrarsi nudo all’ascoltatore. Rothko a lungo non l’ho
capito, solo dopo aver scoperto Bridget Riley e i suoi
lavori col bianco e nero e l’immagine illusoria, e dopo
aver iniziato a lavorare col rumore bianco, ho iniziato a
guardare i suoi quadri monocromatici lasciando che mi
colpissero senza cercare troppi significati”.
Che cosa ti ha spinto a utilizzare le voci in
Karma & Desire?
“In un album col pianoforte, le voci potevano servire
a costruire un archetipo. Nei lavori precedenti la mu-
sica era già sufficientemente descrittiva. L’idea dietro
a Karma & Desire è questa. Due sorelle: una, Karma,
vive in Paradiso e l’altra, Desire, sulla Terra. Due ge-
melle celesti, le visioni dell’una influenzano l’altra. Se
Desire uccide l’amato sulla Terra con una maledizione,
lui ritroverà Karma in Paradiso. Come una tragedia
greca ripensata per un mondo tecnologico”.
La tecnologia è una tua ossessione da sempre.
“Credo che la tecnologia riesca a creare bellezza. Molti
sono attratti dal suo aspetto freddo, puro. Il metallo, le
superfici scintillanti. Altri ne apprezzano il contenuto

biologico. I liquidi, i componenti chimici. X Ray si
ricollega a entrambe le idee. A causa dei miei mol-
teplici infortuni, quando giocavo a calcio sono stato
sottoposto più volte ai raggi X. Hai addosso una
pesante copertura per proteggerti e tutti gli altri la-
sciano la stanza o si riparano dietro a uno schermo.
Una telecamera ti penetra. Una cosa molto fredda,
ma la tecnologia alla base è bellissima. Riesce a
individuare le parti del tuo corpo che soffrono.
È come osservare un robot che vernicia un’auto.
Provo a esprimere questa ambivalenza”.
Ci sono letture o film che ispirano la tua vi-
sione della tecnologia?
“Da ragazzo mi hanno influenzato film come Corto
Circuito o War Games. ai tempi dell’università ho
visto una immagine dell’intonarumori costruito da
Luigi Russolo, futurista italiano, sul suo libro L’Arte
Dei Rumori. Oggi sembra qualcosa di primitivo, al-
lora era un’invenzione incredibile”.
Pensi di utilizzare l’Intelligenza Artificiale
per comporre in futuro?
“Si, anche se si tratta di un concetto molto comples-
so e profondo, che cambia di continuo. La nostra
generazione ha fatto da cavia per la sua applicazio-
ne. Se la utilizzerò lo farò con qualcuno di davvero
esperto, non ho le capacità tecniche”.
Parteciperai al nuovo documentario della
V
BBC, Dark Matter. dedicato all’afrofuturismo.
“Apprezzo che si parli di arte nera. Ma non capisco
perché la musica elettronica nera debba essere
separata necessariamente dal resto. Capisco voler
restringere il campo in riferimento a dinamiche
sociali, ma non da un punto di vista artistico. Par-
y
tecipo al documentario per parlare dei Drexciya. Se
afrofuturismo ha un senso come termine, va appli-
cato al loro universo sonoro e al loro immaginario
unico. Riconosco la mia appartenenza, ma i miei
riferimenti vanno da Aphex Twin agli Autechre, ai
Boards Of Canada, fino a Derrick May, Juan Atkins
o Goldie”.
b
LA CANZONE X Ray
byVaSco
o
3 U.S. GIRLS
7 HEAVY LIGHT
4AD
c
LA PREMESSA Quello di Heavy
Light è pop sperimentale e
politico. L’ulteriore conferma
del talento obliquo di Meghan Remy e della sua band:
un collettivo in grado di trasformare un concept sui
traumi dell’infanzia in un colorato blend di soul, bossa
e gospel.
S
COSA NE DICONO “Non c’è solo la storia di Meg Remy,
una a cui andrebbero intitolati corsi di attitudine in-
dipendente e militanza politica. Quanto la sensazione
che siano pochissimi quelli i cui settimi dischi godono
del numero di idee che quando va bene farciscono i
debutti”.
a
FR ANCESCO VIGNANI, “RUMORE” N. 338
“La Remy sembra suggerire che il trauma collettivo sia
la ragione della frattura della nostra società. Portiamo
il nostro dolore ovunque; è ciò che plasma e distrugge
il nostro ambiente. Se gran parte della convivenza con
un trauma riguarda la necessità di trovare una strada
da percorrere, Heavy Light è in grado di illuminare
quella strada”.
S O P H I E K E M P, “ P I T C H F O R K ”
LA CANZONE IOU
3 PALLBEARER
6 FORGOTTEN DAYS
NUCLEAR BLAST
LA PREMESSA Il quarto album
della formazione doom metal
dell’Arkansas, prodotto da
Randall Dunn, è un ritorno alle origini attraversato dal
tema della memoria e della rielaborazione del passato.
COSA NE DICONO “I Pallbearer vantano un’accresciuta
consapevolezza delle proprie possibilità e soprattutto
un arricchito bagaglio stilistico. Una variegata ricchez-
za di sfumature doom che il gruppo sa dispiegare: un
massiccio e oscuro muro di chitarre […]; una malinco-
nia che ti stringe come in una morsa;celebrativi river-
beri folk; aperture di scenari maestosi e solenni”.
CL AUDIO SORGE , “RUMORE ” N . 346
“Forgotten Days è senza dubbio il miglior disco doom
metal del 2020 […] Grazie alla produzione minimale
di Dunn l’album è [...] più accessibile di Heartless. Le
nuove canzoni posseggono la tipica qualità emotiva dei
Pallbearer. E la band sembra non essersi scomposta di
fronte alle nuove distrazioni o aspettative legate all’es-
sere un gruppo di successo”.
JON HADUSEK “CONSEQUENCE OF SOUND”
LA CANZONE Silver Wings
RUMOREMAG.COM | 33

3 THE 1975
5 NOTES ON A
CONDITIONAL FORM
DIRTY HIT
L A PREMESSA Il pop onnivoro
della discussa formazione bri-
tannica si fa sempre più ambizioso.
COSA NE DICONO “La trama che lega le 23 tracce è la
trasposizione musicale dell’approdo a San Junipero
(l’arcadia nostalgica della serie TV Black Mirror).
Con il Midwest americano emocore di Then Because
She Goes e Me And You Together Song, oppure con
l’alt country purificatore di The Birthday Party. Con
la gentilezza vocale di Phoebe Bridgers nell’America
country di Jesus Christ 2005 God Bless America e
lungo i sentieri polverosi della ruspante Roadkill”.
M AURO FENOGLIO, “RUMORE ” N . 340
“I 1975 hanno fatto uscire un album perfetto per l’in-
trospezione, per l’ascolto in cuffia e per ballare nella
propria cameretta, qualcosa di profondo e rilassato e
talvolta sciocco che scava nelle profondità di molti ascol-
tatori, la cui vostra traccia preferita cambia di giorno
in giorno. Qualcosa che richiede tempo e attenzione,
perfetto per questo momento”.
V
DAN STUBBS , “NME ”
LA CANZONE Shiny Collarbone
3 YVES TUMOR
y
3 HEAVEN TO A TORTURED
MIND
WARP
LA PREMESSA Due anni dopo
Safe In The Hands Of Love,
primo album su Warp, Sean
b
Bowie propone una versione appena più accessibile del
suo inquietante immaginario in una formula sempre
più perfezionata.
COSA NE DICONO “L’artista originario di Miami è qui
ancora più a fuoco nel definire una forma mutante tra
soul, art rock e pop sperimentale, in un quarto album
che spesso suona come se Prince avesse incontrato i
Sonic Youth in una dimensione parallela”.
G I O R G I O VA L L E T TA , “ R U M O R E ” N . 3 4 0
“Mentre Heaven To A Tortured Mind, come altri dischi
di Yves Tumor, è un collage di stili (qui troviamo glam,
psych rock, krautrock, Britpop, soul e noise), questa
volta emerge una personalità ben distinta, quella di
Yves il seduttore. Questo genere di rock sfarzoso e
solenne – carico di fiati imperiali, fragorose batterie e
arditi assoli di chitarra – evoca la sensualità del cuoio
e del fumo di sigaretta, facendo emergere una atmosfe-
ra decadente di vizio totale”.
KE VIN LOZ ANO, “PITCHFORK”
LA CANZONE Gospel For A New Century
byVaSco
34 | RUMOREMAG.COM
o
3 ALGIERS
4 THERE IS NO YEAR
MATADOR
c
LA PREMESSA Se i precedenti
dischi del quartetto mostra-
vano un gruppo in grado di
sposare un’ampia gamma di stili, per creare una coe-
rente identità sonora, There Is No Year li vede rifinire
estetica e messaggio. L’ennesimo disco audace di una
band audace.
S
COSA NE DICONO “L’attacco martellante della title
track riposiziona al centro del tutto un beat addensato
di drum machine, contornato da atmosfere primordia-
li rafforzate da un rigoglioso gospel contemporaneo. Il
lavoro maggiore è stato fatto proprio su quel fronte”.
N I C H O L A S D AV I D A LT E A , “ R U M O R E ” N . 3 3 6
a
“Troppo pochi gruppi contemporanei corrono rischi
come fanno loro, e troppo pochi hanno qualcosa di con-
creto da dire; gli Algiers riflettono consapevolmente su
ogni nota, e le loro idee radicali impregnano ogni traccia
come benzina che impregna uno straccio”.
LUKE CARTLEDGE , “THE LINE OF BEST FIT”
LA CANZONE Dispossession
3 BELL WITCH
2 & AERIAL
RUIN
STYGIAN BOUGH
VOLUME I
PROFOUND LORE
LA PREMESSA L’epico e funereo doom dei Bell Witch
è un luogo di meditazione ideale per lasciarsi alle
spalle la tristezza che affligge il mondo. Nel seguito al
monolitico Mirror Reaper continuano il loro viaggio
spirituale verso le terre occidentali, spalleggiati dallo
storico collaboratore Aerial Ruin.
COSA NE DICONO “Se il precedente lavoro dei Bell
Witch aveva visto la semplice collaborazione di Mog-
gridge, in questo nuovo la coesione tra gli elementi è
totale. Sono una nuova forza, un nuovo gruppo.
E Stygian Bough è un album di una potenza smisurata”.
CL AU D I O S O RG E , “ R UMO R E ” N . 341
“Moggridge ha contribuito a portare un lato slowcore/
folk nel doom metal di Bell Witch, con il risultato che
Stygian Bough Volume I è quasi l’esatto opposto; è un
album slowcore/folk con occasionali incursioni nel
doom. Ha i suoi momenti heavy, ma nel complesso non
è più metal di, diciamo, Ocean Roar di Mount Eerie”.
A N D R E W S A C H E R , “ B R O O K LY N V E G A N ”
LA CANZONE The Unbodied Air
 o
3 NAZAR 3 KVELERTAK
1 GUERRILLA 0 SPLID
HYPERDUB RISE

c
LA PREMESSA Attingendo alla LA PREMESSA I norvegesi su-
memoria collettiva della sua perano la crisi innescata da
famiglia, il 26enne produttore cambio di etichetta e cantante,
angolano, cresciuto in Belgio perfezionando il blend di gene-
e ora di stanza a Manchester, costruisce un concept ri che sin dagli esordi ne contraddistingue il sound e
album sulla guerra civile, attraverso un proprio stile confezionando un capolavoro di heavy rock mutante.
che egli stesso definisce rough kuduro.
COSA NE DICONO “Trascinati dal punk e dal death

S
COSA NE DICONO “Attraverso l’incedere nervoso di punk, incastonano folk e heavy metal moderno, classic
Diverted, o mentre la voce atonale di Shannen SP si fa rock, southern e heavy metal, Queen, Judas Priest e
largo fra le pale di elicottero di Bunker, prima che il Bob Seeger, Turbonegro, Mayhem, e Kiss, new wave,
caos sonoro divenga quasi indecifrabile con UN San- post metal, Pink Floyd e Alan Parsons. Splid è il capo-
ctions. Tutt’altro che un ascolto facile, ma sicuramente lavoro di una band che oggi può sedersi al fianco degli
uno dei dischi più significativi di questa prima parte Ulver, per dividersi il grande trono del Nord”.
del 2020”.

a
M A R I O R U G G E R I , “ R UM O R E ” N . 3 42/3 43
G I O R G I O VA L L E T TA , “ R U M O R E ” N . 3 4 0
“I Kvelertak sono la band per tutti coloro che cerca-
“Parlare di Guerrilla in termini che implichino un no un gruppo moderno che faccia proprie le qualità
significato in qualche modo vago o astratto significa dell’heavy metal classico, ma che sappia offrire qual-
fargli un torto: questo è un disco con conflitto, rimo- cosa di nuovo ed eccitante. […] La creatività espressa
zione, trauma e tensione intessuti in ogni cucitura, e in Splid va di pari passo con la sua intensità, poiché i
per questo tanto più potente”. Kvelertak imbracciano lo spirito del vero metal lungo
LUKE CARTLEDGE , “THE QUIETUS” tutto l’album”.

V
MICHAEL PEMENTEL , “CONSEQUENCE OF SOUND”
LA CANZONE UN Sanctions
LA CANZONE Bråtebrann

2 SAMUELE 2 BEN WATT

y
9 BERSANI 8 STORM DAMAGE
CINEMA SAMUELE UNMADE ROAD/CAROLINE

SONY
LA PREMESSA Il nuovo lavoro
LA PREMESSA Un periodo dif- del 56enne musicista londinese
ficile, un lungo blocco dello completa idealmente la trilogia

b
scrittore, sette anni di silenzio inaugurata nel 2014 da Hendra
discografico che però ci hanno restituito uno dei di- e proseguita con Fever Dream due anni dopo.
schi migliori e più ispirati del cantautore romagnolo.
COSA NE DICONO
COSA NE DICONO “Sembra provenire da un’altra di- “A precederlo […] un lutto personale (la morte improv-
mensione, con quella sensibilità e quell’umanità fuori visa del fratellastro) e i recenti eventi britannici che
dal comune. Con talento, sì, ma anche con una capaci- Watt stesso descrive come fonte della sua ‘rabbia po-
tà di tratteggiare i personaggi che abitano le sue storie litica’. I due aspetti sembrano mescolarsi nei toni do-
e un’attenzione ai dettagli che sono figlie dei sette anni lenti e profondamente malinconici di Summer Ghosts,
che sono occorsi per scrivere l’album”. mentre Retreat To Find si rifà egregiamente a certo
folk rock britannico”.
BARBARA SANTI, “RUMORE” N. 346
G I O R G I O VA L L E T TA , “ R U M O R E ” N . 3 3 6

“Nel frattempo, il mondo musicale è cambiato: […]

quello che una volta chiamavamo ‘indie’ è diventato il “Watt possiede una voce ordinaria che non si allontana
nuovo pop. Samuele non è cambiato: la sua capacità di mai troppo dalla propria comfort zone, perfetta per
unire profondità e leggerezza, semplicità e comples- queste canzoni. Lo accompagna una schiera di musi-
sità, con il suono giusto (ottimo il lavoro su questo cisti che ne abbellisce splendidamente la musica. Al
album di Pietro Cantarelli). In questo panorama la sua suo interno, accenni di jazz, elettronica, Robert Wyatt,
musica risalta ancora di più ed è davvero una boccata Nick Drake, e un pizzico di quello che, a un certo
d’aria fresca”. punto, nei ‘90, chiamavamo trip hop. Ma i veri prota-
gonisti sono i suoi testi”.
G I A N N I S I B I L L A , “ R O C K O L”
I A N R U S H B U R Y, “ P O P M AT T E R S ”

LA CANZONE Il Tuo Ricordo

LA CANZONE Irene

RUMOREMAG.COM | 35
byVaSco
 o
2 FIONA APPLE
7 FETCH THE BOLT
CUTTERS

c
EPIC

LA PREMESSA Un album “fatto

in casa” pre lockdown, in cui
Fiona Apple, ispirata da una
battuta della serie The Fall, prende le sue personali
“tronchesi”, gli strumenti musicali, e li usa come arma
di liberazione

S
COSA NE DICONO “Fetch The Bolt Cutters, dice Fiona
Apple, e prende i suoi attrezzi, strumenti ‘veri’ e tutto
ciò che può essere suonato e percosso, per liberare una
donna, se stessa, e insieme a lei chiunque si lascerà
trascinare dall’esplosione di pura vita – rabbiosa, gio-
iosa, potente, melodiosa, dissonante, sensuale, jazz,
pop, blues – che è questo album”.

a
LETIZIA BOGNANNI, “RUMORE” N. 341

“Fetch The Bolt Cutters sembra abbassare quasi com-

pletamente il volume alla storia della musica mentre ci
dà dentro con la vita reale – battimani, cori, […] echi,
sussurri, urla, respiri, scherzi, errori [...]. Detriti che
orbitano intorno a cuore della musica: la voce, il piano,
e molti dei testi, da sempre strumento principale. Una
GIÖBIA

V
sinfonia selvaggia del quotidiano”.
JENN PELLY, “PITCHFORK”
PLASMATIC IDOL
LA CANZONE Under The Table HEAVY PSYCH SOUNDS

Dopo l’uscita del disco, a febbraio, siamo entra-

2 KEVIN ti nell’incubo Covid. Raccontatemi quello che

y
6
vi è successo da allora e come avete cercato di
MORBY resettare tutto quanto.
SUNDOWNER “A fine febbraio, quando il Covid in Italia aveva già
DEAD OCEANS
iniziato a diffondersi, soprattutto in Lombardia, siamo
partiti per il tour di Plasmatic Idol, sentendoci in un
LA PREMESSA Il sesto album di certo qual senso sollevati nell’allontanarci dalla nostra
Kevin Morby, in parte inciso in terra. Il 22 febbraio, pochi giorni prima, ci eravamo

b
Texas con Brad Cook e in parte completato a distanza
durante il lockdown pandemico, conferma il suo autore
tra i migliori interpreti del songwriting odierno.
COSA NE DICONO
“Un disco di ballate, spesso minimali, con architettura
acustica, soppesate con misura e intensità a piccolo
rilascio. Si ronza intorno a Cohen, per le parole appog-
giate in quel modo nella title track e l’eco Suzanne, ma
anche al Lou Reed arresosi alla vita di A Night At The
Little Los Angeles”.
M A U R I Z I O B L AT T O , “ R U M O R E ” N . 3 4 5
“Questo lavoro non sostituirà mai il vostro album di
Kevin Morby preferito, ed è improbabile che gli possa
procurare nuovi fan, ma assomiglia a quel genere
di privata delizia che i grandi artisti elargiscono di
tanto in tanto ai loro fan per ringraziarli. Sundowner
è l’Harvest Moon di Morby, il suo Nebraska, il suo
Hejira, una dichiarazione d’intenti fatta nel modo più
tranquillo possibile”.
ROSS HORTON, “MUSIC OHM”
LA CANZONE Campfire
esibiti al Cox di Milano per il release party, senza
sapere che quello sarebbe stato il nostro ultimo live
in Italia fino a data da destinarsi, e che il giorno suc-
cessivo avrebbero sospeso tutti i concerti e gli spet-
tacoli in Lombardia. Il tour ci ha portati in Svizzera,
Germania, Francia e Belgio, date che ci hanno regalato
davvero tante soddisfazioni, con vecchi e nuovi amici
e fan a supportarci. Avremmo dovuto suonare anche
a Londra, nello storico Underworld di Camden, ma
purtroppo l’aggravarsi del contagio ci ha costretti a ri-
entrare prima del previsto. Proprio il 7 marzo, mentre
eravamo in van sulla via del ritorno, hanno dichiara-
to il lockdown della Lombardia a partire dal giorno
successivo. Da allora per noi è iniziato, così come per
molti altri, un periodo di forzato isolamento, durato
quasi due mesi, in cui non abbiamo potuto incontrarci
per le consuete prove, né abbiamo potuto proseguire il
tour con le date previste in Francia, Slovenia, Austria e
Germania. Per noi, da anni abituati a vederci 2,3 volte
a settimana, ad avere una progettualità e ritmi molto
serrati, interrompere l’attività senza sapere cosa ne
sarebbe stato delle date perse e della promozione del
nuovo disco è stato davvero destabilizzante. In questa
fase di incertezza, due di noi (Saffo e Betta) hanno in-

byVaSco
36 | RUMOREMAG.COM

TESTO DI Claudio Sorge
VOGLIA DI
SPERIMENTARE
V
trapreso un altro percorso, per cui in breve tempo si
sono uniti a noi Melissa Crema alle tastiere, e Pietro
D’Ambrosio alla batteria. Melissa, tastierista e front-
man de La Morte Viene Dallo Spazio, progetto in cui
y
suona anche Bazu, il nostro chitarrista, ci conosceva
bene da tempo. Il suo subentro è avvenuto in modo na-
turale. Pietro è arrivato poco dopo. Così, nei mesi esti-
vi, con l’attività live ridotta ai minimi termini, ci siamo
dedicati alla composizione di nuovi brani e alle relative
session di registrazione in studio. Abbiamo una release
interessante in programma per l’anno prossimo, in col-
b
laborazione con una nota band che apprezziamo molto.
Di recente abbiamo ricevuto anche diverse proposte di
concerti, compreso un festival in Francia, che speria-
mo davvero si possano svolgere senza gli impedimenti
posti dal virus”.
A mente fredda, c’è qualcosa che avreste voluto
fare diversamente in Plasmatic Idol?
“Abbiamo dato tutto quello che potevamo, concentran-
do al massimo le nostre energie. È un disco ‘ragionato’
e consapevole, non è stato composto di getto ma studia-
to nel corso del tempo, per cui non abbiamo rimpianti
sull’album, quanto sul fatto di non averlo potuto por-
tare in Europa adeguatamente come previsto. A poste-
riori, avremmo cambiato la data di pubblicazione. Far
uscire un album agli albori di una pandemia sicura-
mente non è stata una mossa azzeccata, ma chi poteva
prevederlo?”
In questo contesto, come sta procedendo l’evo-
luzione del gruppo: intendo dire dove, e se, vi
state spostando musicalmente?
“Il gruppo sicuramente sta evolvendo in fretta, diven-
byVaSco
c o
S
2
a
5
tando sempre più coeso e mosso da una ‘fame’ comune di
tante cose: abbiamo davvero voglia di tornare sul palco e
starci il più possibile, di sperimentare. Le idee sono molte,
ora siamo sul punto di definire la formula per catalizzarle
e svilupparle nel miglior modo possibile. Ma non aspette-
remo cinque anni per far uscire il prossimo album, come è
successo tra The Magnifier e Plasmatic Idol. Continuere-
mo sicuramente a dedicarci con molta attenzione alla com-
posizione dei brani. Possiamo anticipare che tornerà alla
ribalta il bouzouki, abbandonato dopo Introducing Night
Sound, una riscoperta di sonorità etniche che si unirà però
a un utilizzo più massiccio di synth analogici vintage, a
condire il tutto con quel tocco space che da sempre ci con-
traddistingue e che qui emerge particolarmente. Un altro
elemento importante che sfrutteremo è la voce di Melissa,
potente e particolare, protagonista di diversi pezzi”.
Doveste fare la vostra playlist dei dischi del 2020,
che cosa o chi vi ha colpito di più o, comunque, che
cosa avete maggiormente ascoltato quest’anno
(anche di vecchio of course)?
“Gli album di quest’anno che ci sono piaciuti sono diver-
si. Per citarne alcuni, Horrors Waiting In Line del duo
francese Vaisseau, che fa un uso inusuale e interessante di
synth, We Are della all female band russa Lucidvox, Dead
Shrine dei Lamp Of The Universe, Type II dei londinesi
Sex Swing e The Mother Stone, debut album di Caleb Lau-
ndry Jones, una sorta di viaggio tra l’onirico e il reale. Tra
gli ascolti più frequenti possiamo includere diversi artisti
della scena folk inglese, tra cui i Magna Carta, e altri del
versante più heavy, che in parte ci influenzano, come Uncle
Acid And The Deadbeats e Kadavar”.
LA CANZONE In The Dawnlight
RUMOREMAG.COM | 37

2 PERFUME
4 GENIUS
SET MY HEART ON FIRE
IMMEDIATELY
MATADOR
LA PREMESSA Un album “cor-
poreo”, uscito in un momento
storico in cui dei nostri corpi abbiamo timore (di usar-
li, di spostarli, di toccarli), che però regala speranza,
dicendoci che vicinanza e connessione possono essere
anche forze spirituali.
COSA NE DICONO “’Half of my whole life has gone’.La
constatazione con cui si apre Set My Heart On Fire Im-
mediately sembra preludere a un lavoro dai toni nostal-
gici e malinconici. E un po’ è vero. Ma è una malinconia
bella, avvolgente, che si apre in sprazzi di puro amore
per la vita, quella che abbiamo già vissuto e quella che
verrà”.
LE TIZIA BOGNANNI, “RUMORE ” N . 340
“Set My Heart On Fire Immediately è insieme vasto e
pieno di dettagli. Le canzoni si espandono e si contrag-
gono, un attimo esplodono con il melodramma di una
ballad alla Roy Orbison, quello dopo zoomano su det-
tagli chirurgici, mentre Hadreas descrive costole che
V
si piegano come tessuto, una faccia rigata di lacrime,
un caso di piccolo furto post coitale”.
M ADISON BLOOM , “PITCHFORK”
LA CANZONE On The Floor
y
2 ONEOHTRIX
2 POINT NEVER
MAGIC ONEOHTRIX
POINT NEVER
WARP
b
LA PREMESSA
Daniel Lopatin ritorna a pochi
mesi dalla soundtrack per Uncut Gems con il moniker
che gli ha dato la notorietà, regalandoci la sua caleido-
scopica e personalissima ipotesi di pop moderno.
COSA NE DICONO “L’indefinito è una delle grandi chiavi
dell’arte più seducente. Per usare un’iperbole, si potreb-
be dire che ‘questo è un disco che non conosciamo, ma
di cui abbiamo memoria’. Il tocco Magic di Lopatin è
questo: non citare o ‘campionare’, ma evocare polveriz-
zando, riuscire ad attraversare la nebulosa elettronica
con purezza melodica, schegge ritmiche, sacchi colmi di
malinconia. Questo mi ricorda, quello cos’era davvero?
Qui mi aspettavo che. L’ascolto diventa un processo
di decifrazione, un’immersione assoluta[...]. Intorno è
ambient, vita, pulviscolo ritmico, rimpianti, accelera-
zionismo interno, nostalgia indecifrabile, easy listening
futuribile, parole sommerse. Un grandissimo disco”.
M A U R I Z I O B L AT T O , “ R U M O R E ” N . 3 4 6
LA CANZONE Nothing’s Special
byVaSco
38 | RUMOREMAG.COM
o
2 SUFJAN
3 STEVENS
THE ASCENSION
c
ASTHMATIC KITTY
LA PREMESSA Con questo se-
condo lavoro del 2020, dopo l’e-
splorazione new age di Aporia,
Stevens torna a un’elettronica fredda e austera, l’unico
mezzo adeguato, forse, per raccontare la deriva dell’A-
merica ma anche la speranza che non sia irreversibile.
S
COSA NE DICONO “Come uno Springsteen più introverso
e meno binary, Stevens ci porta (di nuovo) per mano nel
cuore di un Paese sempre più ferito e confuso e sempre
meno innocente, che brandisce la fede come un’arma
mortale, in difesa da nemici inesistenti per non affron-
tare la realtà di essersi sconfitto da solo”.
a
LETIZIA BOGNANNI, “RUMORE” N. 346
“Sembra banale dirlo, ma The Ascension non è esatta-
mente quel balsamo ottimistico che le persone potreb-
bero cercare nel 2020. I fan possono trovare conforto in
questo lavoro colossale condividendo il corretto senti-
mento di Stevens al quale, per dirla in modo semplice, in
questo momento fa tutto schifo”.
GRANT SHARPLES, “CONSEQUENCE OF SOUND”
LA CANZONE America
2 KEATON
1 HENSON
MONUMENT
PIAS
LA PREMESSA L’elusivo artista
londinese alle prese con il suo
album più intenso e intimo.
COSA NE DICONO “La lievità di Parade è il riassunto
di sé, prima di sprofondare fra gli abissi di Self Por-
trait, dove acustica e voce sembrano sempre sul punto
di cedere, per ritrovarsi in una partitura notturna di
Sparklehorse, con le sole percussioni discrete di Philip
Selway dei Radiohead e i cori di Danielle Fricke a so-
stenere una disperazione che non chiede sconti”.
M AURO FENOGLIO, “RUMORE ” N . 345
“Primo album in quattro anni, Monument dimostra
la padronanza da parte dell’artista londinese della
narrazione emotiva, in cui i silenzi sono commoventi
quanto le raggianti melodie. Immerso nel dolore per
la scomparsa del padre dopo dieci anni di malattia, il
concept album è magnifico nella sua composizione,
simile a Hospice degli Antlears o ad A Crow Looked At
Me di Mount Eerie nel devastante sfogo emotivo che lo
caratterizza”.
CHARLIE FRAME, “THE QUIETUS”
LA CANZONE Self Portrait

TESTO DI Andrea Pomini - FOTO DI McKinley Wiley
UNO VALE
OTTO
V
MOURNING [A]
BLKSTAR
THE CYCLE
y
DON GIOVANNI
Restano buone le parole usate a giugno, recensendo
The Cycle: difficile immaginare qualcosa di più attuale
e necessario di queste persone e questa musica, qui
e ora. Per l’enfasi posta sull’essere un collettivo vero,
ampio e variegato, in cui le singole parti né si annulla-
no né si elevano, confluendo moltiplicate nel discorso
b
comune. Per il modo originale in cui gli otto di Cleve-
land reagiscono alla realtà brutale che li circonda, né
sloganistico né blando. Per le loro canzoni, perle soul
futuriste senza termini di paragone se non - ideali
prima ancora che sonori - con i coevi Sault, non a caso
apprezzatissimi. Musica ispiratissima, nata combinan-
do musicisti in carne e ossa (Dante Foley alla batteria,
Peter Saudek alla chitarra, Theresa May alla tromba,
William Washington al trombone), tre cantanti (La-
Toya Kent, James Longs, Kyle Kidd) e basi elettroniche
di taglio hip hop creativo, con echi di dub giamaicano
anni 70 e gospel, a cura del primus inter pares RA
Washington. “Ho fondato i Mourning [A] BLKstar,” ci
racconta quest’ultimo a conteggio dei voti quasi ulti-
mato, “scrivo i testi, produco i beats, suono strumenti e
collaboro con sette anime meravigliose”.
Dobbiamo vedere cosa farà Trump prima del
20 gennaio, e non mi fiderei troppo, ma a meno
di sorprese Joe Biden sarà il nuovo presidente
degli Stati Uniti. La prima cosa che ti viene in
mente?
“Ancora non sappiamo se Biden abbia vinto. È proba-
byVaSco
o
2
c
0
S
a
bile che Trump saboterà, piagnucolerà e tenterà di non
essere sostituito. Quando sarà tutto sistemato, allora
forse potrò concentrarmi su cosa chiedere all’ammini-
strazione Biden. Penso comunque che dovrà costruire
una coalizione efficace, collaborare sul serio e trovare
nuovi modi di ascoltare una popolazione molto varie-
gata. Durante il suo primo mandato dovrà mettere a
posto alcune tasse, approvare una riforma reale e so-
stanziale della polizia e riorganizzare l’istruzione”.
Ti aspettavi una distanza maggiore fra i candi-
dati, dopo quattro anni di Trump e tutto quello
che è successo negli ultimi mesi?
“No. L’America deve ancora fare i conti con il suo pas-
sato. Il paese è fondato sulla supremazia bianca, è un
fatto. L’America non può più fare finta di non vedere
questo aspetto della sua storia, la sua brutalità”.
Come avete visto queste elezioni da quella che
è una delle città più povere degli Stati Uniti?
Biden ha avuto una larga maggioranza a Cleve-
land, ma il resto dello stato ha scelto Trump...
“I sistemi che trascurano la popolazione alla fine falli-
scono. L’Ohio è uno stato repubblicano, mentre il suo
nordest (dove si trova Cleveland, nda) è democratico,
ma questi termini non significano nulla per me. C’è un
abbandono post riots, una specie di foschia, su alcune
RUMOREMAG.COM | 39

parti di Cleveland. A quartieri storicamente neri ven-
gono destinate risorse non adeguate, sono abbandonati
a loro stessi, e questo abbandono li rende invisibili,
carne da macello per la gentrificazione. O peggio”.
Sembrate avere un rapporto speciale con la
vostra città, e la genesi stessa di The Cycle
dice molto in questo senso. L’immagine di voi
che provate e registrate in uno spazio con ve-
trina sulla strada è particolarmente intensa
e umana. In che modo la cosa ha contribuito
al clima dell’album, alla sua musica e ai suoi
testi?
“Fare arte ispirata dal paesaggio è una cosa naturale.
Non penso che l’arte possa esistere senza prendere in
considerazione l’ambiente in cui viene prodotta. Certo
Cleveland ha influenzato The Cycle, ma è stato più il
senso dell’essere insieme, del creare nel nostro spazio,
ad aver dato forma l’album. Lo spazio in cui abbiamo
passato così tante ore a provare, e a collaborare a que-
sta musica”.
Quanto ha contribuito invece il clima sociale
e politico attuale degli Stati Uniti? Più che nei
dischi precedenti?
“Finché i neri verranno assassinati dalla polizia, e il
paese non avrà affrontato il proprio passato e il proprio
debito verso la gente nera, la nostra musica rifletterà
V
sempre questo clima. È una nostra preoccupazione
costante, scriviamo con la consapevolezza che la nostra
musica dovrà rispecchiare i nostri tempi, ed essere
parte attiva di un lavoro di riflessione”.
So che il processo di scrittura dell’album è
stato molto lungo, e la registrazione al contra-
y
rio molto veloce, due giorni e buona la prima,
quasi come una session dal vivo. Lavorate sem-
pre così, o è un metodo al quale siete arrivati
col tempo, crescendo come collettivo?
“Lavoriamo nella maniera di cui hanno bisogno le no-
stre canzoni. Abbiamo dei metodi per scrivere, ma il
processo complessivo non è così legato ai tempi. Que-
sta volta abbiamo registrato in diretta tutti insieme,
b
con l’aiuto del nostro adorato fratello Jah Nada. Ma la
prossima volta potrebbe andare diversamente. Ti dirò,
il tempo è passato velocemente, abbiamo fatto cinque
dischi come collettivo e stiamo scrivendo il sesto. Ogni
giorno impariamo qualcosa di nuovo su noi stessi e
sulle nostre possibilità”.
Il vostro nome è un omaggio quasi letterale a
David Bowie, essendovi tra l’altro formati pro-
prio nei giorni dell’uscita di Blackstar e della
sua morte. Quanto è stato importante per voi?
“È un nome che viene dall’amore per Bowie del sotto-
scritto e di James Longs, uno dei nostri cantanti, certo.
Ma è una scelta che va più a fondo, collegata al nostro
lutto per tutte le anime nere e le stelle nere che se ne
sono andate. Le celebriamo nelle nostre canzoni”.
Dopo The Cycle avete pubblicato due singoli
digitali, //Juneteenth// e These Hands Are Up:
vengono dalle stesse session dell’album o sono
materiale nuovo? Che altro c’è in arrivo, come
collettivo o come progetti personali?
byVaSco
40 | RUMOREMAG.COM
o
“Sono canzoni separate dall’album, e abbiamo tonnellate
di altra musica in arrivo fra collaborazioni varie e progetti
solisti, oltre a quello che stiamo scrivendo insieme per
i Mourning [A] BLKstar. Mi sa che dovremo sentirci di
c
nuovo”.
Avete appena lanciato The Mourning [A] BLKstar
Residencies, una docuserie a cadenza settimanale
disponibile sulla piattaforma di streaming artisti-
co indipendente ORTVI. Di che si tratta?
“Ci stavamo preparando per portare in tour The Cycle
quando è arrivata la pandemia. Mentre molti musicisti
hanno scelto di suonare dal vivo in streaming, noi abbia-
S
mo voluto ripensare i concerti nei locali, perché la gente
potesse goderseli stando in casa. Abbiamo contattato cin-
que club fra i più rappresentativi di Cleveland e dintorni,
che erano stati costretti a chiudere per il Coronavirus: AV
Club, Mahall’s, Beachland Ballroom, Grog Shop e Musica.
Siamo quindi ritornati su quei cinque palchi per filmare
The Mourning [A] BLKstar Residencies, una serie in cin-
a
que episodi che segue il collettivo durante la preparazione
del nostro sesto album. Pensavamo fosse importante cre-
are qualcosa che coinvolgesse sia il nostro pubblico sia i
locali, entrambi fondamentali per la magia della musica
dal vivo. La serie comprende interviste, riprese dietro le
quinte e performance dal vivo di canzoni da tutta la nostra
discografia, più materiale inedito che sarà sul prossimo
disco”.
LA CANZONE Sense Of An Ending
1 BOB DYLAN
9
ROUGH AND ROWDY
WAYS
COLUMBIA
LA PREMESSA
Il primo album di Bob Dylan in
otto anni è molto di più di un
dignitoso amministrare la propria leggenda. É il viaggio
caleidoscopico, attraverso 50 anni di storia americana,
di un artista che, dice di sé, “contengo moltitudini”. E
non sta barando.
COSA NE DICONO
“Ultimo tassello di un mosaico poetico senza eguali.
Ci sono il respiro della Storia e i doppi o tripli sensi, l’ar-
roganza e l’umiltà, la mortalità incombente e l’eternità
dietro l’angolo. Molto più di un capolavoro senile: un
disco mondo, e quel mondo si chiama Dylan”.
CARLO BORDONE , “RUMORE” N. 346
“Rough and Rowdy Ways è l’esibizione metafisica, ma-
gica, minacciosa e impegnativa dell’illimitato talento di
un autore nel calpestare le convenzioni. Questo album è
rilassante eppure frastagliato, mordace eppure appassi-
to, affettuoso eppure distante, come un delinquente vio-
lento e romantico che riesce a dimostrare il suo amore
solo quando si trova con le spalle al muro”.
R O S S H O R T O N , “ T H E L I N E O F B E S T F I T ”.
LA CANZONE Murder Most Foul

TESTO DI Diego Ballani FOTO DI Anna Cunningham
V
SELVAGGIO
GUITAR POP
y
RVG
b
FERAL
FIRE
Per alcuni sono la miglior band di Melbourne. Di certo
sono rampolli di una nobile genealogia guitar pop che
affonda le radici nel jangly sound e nelle velleità arty
dei Go-Betweens. Ma ovviamente c’è di più. Ad esem-
pio la spiccata teatralità con cui Romy Vager interpreta
le sue storie di dolore ed esclusione. La verità è che, a
meno che non abbiate avuto la fortuna di imbattervi nel
loro primo album autoprodotto (A Quality Of Mercy,
pubblicato nel 2017), Feral potrebbe esservi piombato
addosso dal nulla e potrebbe avervi sedotto con la sua
scrittura pop cristallina e il suo cinico romanticismo.
Questo almeno è successo a noi, al punto da spingerci a
saperne di più sul Romy Vager Group (questo il senso
dell’acronimo) e sull’enigmatica artista che lo guida.
Partiamo dall’inizio. Dal tuo amore per la mu-
sica e dalle origini del gruppo.
“Penso di aver iniziato a comporre canzoni quando ero
ancora teenager, ma all’epoca non ero molto brava. Ci
byVaSco
o
1
c
8
a S
sono voluti anni per realizzare una canzone che mi piaces-
se veramente. Non sono neanche sicura del perché volessi
farlo. Ho sempre avuto una scarsa capacità di concentra-
zione e per qualche ragione comporre canzoni è l’unica
attività su cui sono in grado di concentrarmi pienamente.
Con Reuben e Marc ci conosciamo ormai da parecchio.
Chiunque suoni in una band a Melbourne prima o poi
entra in contatto con tutti gli altri. Io e Marc, ad esempio,
suonavamo già insieme, e per un po’ Reuben ha continuato
a chiederci se volessimo fare un gruppo con lui. Tutto il
resto è venuto da sé”.
Mi parli un po’ dei vostri gusti? Spesso nelle re-
censioni siete stati paragonati a Go-Betweens ed
Echo & The Bunnymen.
“I nostri gusti musicali in qualche modo si intersecano, ma
ognuno di noi ha una propria identità. A Reuben e Marc
piacciono cose molto più esoteriche e strumentali, mentre
per quanto mi riguarda basta farmi sentire qualche canzo-
ne da camionisti o qualcosa di Sheryl Crow per farmi feli-
ce. Fra di noi questa alchimia funziona perfettamente, ma
diventa un inferno quando facciamo dei viaggi in macchina
e cerchiamo qualcosa che piaccia a tutti. A parte questo, il
mio gruppo preferito sono sempre stati i Sisters Of Mercy.
Può sembrare curioso, ma mi sento di avere preso molto
da loro. Penso che molto della loro teatralità e del loro me-
RUMOREMAG.COM | 41

lodramma provenga direttamente dalla vecchia musica
degli anni 50 e 60. Da gruppi come le Shangri Las o gli
Everly Brothers. Mi appassiona parecchio l’apparente
semplicità di quel genere di musica. Per me è qualcosa
o
in un momento della mia vita in cui le cose stavano
cambiando parecchio e davvero pensavo sarebbe stata
l’ultima canzone decente che sarei stata in grado di
scrivere. A lungo non ho voluto suonarla con la band,

di davvero speciale”.
Si è detto che Feral è parecchio più cupo di A
Quality Of Mercy. So che il motivo è in parte le-
gato a ciò che è successo nel frattempo. Ho letto
che non ti sei sentita del tutto a tuo agio nel
suonare al di fuori del tuo paese.
“È probabile che nelle passate interviste abbia genera-
lizzato troppo. Diciamo che le cose cambiavano da con-
c
penso sia troppo personale, ma loro mi hanno convinta
a farlo e sono contenta che ci siano riusciti”.
Sul palco, ma anche su disco, la tua performan-
ce è molto emotiva. Quasi teatrale. C’è qualche
artista che consideri un esempio in tal senso?
“Be’, adoro quei video che girano su YouTube di John
Cale che suona al Rockpalast, negli anni 80. È distrut-
to, assolutamente sopra le righe, ma ha un’energia che

certo a concerto. Sono successe un sacco di cose dal no-
stro primo disco. Quando abbiamo iniziato ad andare
in tour mi sono trovata per la prima volta lontana dalla
mia comfort zone, e ho iniziato a sentirmi molto sola in
quello che facevo. Inoltre ci sono un sacco di situazioni
parecchio spiacevoli in cui ci si può trovare se si è una
persona trans che suona di fronte a un pubblico. Penso
S
trascina via anche quando sembra piagnucolare fra sé e
sé. È questo il tipo di performance che mi esalta. Credo
che tirar fuori reazioni viscerali di vario tipo dalla
gente sia molto più interessante che essere solamente
l’ennesima band divertente. Anche se non si tratta di
un modello di business granché affidabile”.

che tutto questo sia finito in Feral, e che sia percepibile
lungo tutto l’album”.
Parli con estrema tranquillità e trasparenza
del tuo status di persona trans. Pensi che le tue
parole, anche quando non sono troppo acco-
modanti, possano aiutare altre persone che si
trovano nella tua stessa situazione?
a
Prima di salutarci mi piacerebbe sapere qual
è stato, da artista, il tuo rapporto con il lock-
down. Che musica hai ascoltato? Hai scritto
nuove canzoni?
“Onestamente non ho ascoltato molta musica, solo un
CD di demo di Carole King e una cassetta dal vivo degli
Scott & Charlene’s Wedding registrata al The Tote. Per
lo più ho ascoltato molti podcast di politica americana,

V
“Quando sei una persona trans e assisti alla performan-
ce di qualcuno come te su un palco, o leggi quello che
dice sulle pagine di una rivista, questa cosa può essere
utile. Soprattutto perché dio solo sa quanto poco aiuto
ci sia per situazioni come la nostra. Cerco solo di essere
onesta, non sono molto brava a parlare di questa cosa
come possono esserlo altri, ma farlo con trasparenza è
perché sono masochista. In compenso ho scritto un
bel po’ di canzoni, un paio delle quali penso che siano
veramente speciali. Ma non voglio affrettare troppo le
cose. Per lo più ho utilizzato questo tempo per pren-
dermi una pausa da tutto. Stiamo venendo fuori ora da
un lungo lockdown qui a Melbourne, per cui immagino
inizieremo a ritrovarci per provare. per la prima volta

y
molto importante per me”. da marzo. Abbiamo pubblicato l’album ad aprile ma
non siamo riusciti a fare neanche un concerto, per cui
Trovo i tuoi testi molto ironici, talvolta cinici. incrociamo le dita e speriamo che possa accadere al più
Come descriveresti la tua musica a chi non l’ha presto”.
mai ascoltata?
“In realtà non so mai cosa dire. Alle persone che me lo LA CANZONE I Used To Love You
chiedono dico solo che suono in una band rock. Non
sono molto brava a spiegare agli altri quello che faccio.

b
Preferisco che siano loro stessi a trarre le conclusioni
dopo avermi ascoltata. A parte questo, io mi sento dav-
vero ironica e cinica”.

Parliamo un po’ di Feral. Mi sembra che sia

stato accolto bene un po’ ovunque. Ti aspettavi
una trattamento del genere?
“Onestamente no. Mi sembra che il disco sia stato ac-
colto benissimo soprattutto in diverse parti d’Europa.
Di solito cerco di non leggere molte recensioni. È una
regola che mi impongo. Non fa per me, ho la tendenza a
credere solo alle cose negative. Ma questa volta è diver-
so. Siamo stati molto meticolosi nel produrre il disco,
nel senso che avevamo già suonato le canzoni dal vivo
centinaia di volte, e quindi appena siamo andati in stu-
dio è stato tutto semplice. Di solito non funziona così.
Con il primo disco è stato l’esatto opposto”.

C’è un brano del disco a cui tieni particolar-

mente?
“Photograph è forse il pezzo che considero più spe-
ciale. Sicuramente è il più autobiografico. L’ho scritto

byVaSco
42 | RUMOREMAG.COM

1 CALIBRO 35
7 MOMENTUM
RECORD KICKS
LA PREMESSA
Il settimo album in 13 anni
per i più moderni e agguerriti
custodi della nostra tradizione
soundtrack, con l’ingresso – circoscritto - della voce e
una virata – mai troppo distante dalle radici – in dire-
zione black.
COSA NE DICONO
“Questa è la dichiarazione di intenti, concentrarsi non
su una sezione sonora passata con il preciso intento
di reinventarla, ma cogliere al volo il sign o’ the times.
[...]. Ed è così? Soltanto in parte, per fortuna. Nulla
contro la modernità, ma stravolgere o smarrire il baga-
glio di cultura sonora limato al Calibro sarebbe stato
un errore”
M A U R I Z I O B L AT T O , “ R U M O R E ” N . 3 3 6
“Gli appassionati della band della prima ora non si
allarmino, perché si tratta sempre dei Calibro 35, ma-
gari con una visione più allargata. Tuttavia l’idea della
band milanese come i nuovi BADBADNOTGOOD o
The Roots ci sollecita non poco, anche perché non solo
sono all’altezza, ma hanno le carte per superarli sul
V
loro stesso campo da gioco”.
M I C H E L E B O R O N I , “ R O C K O L”
LA CANZONE Stan Lee
1 1
y
NICK HAKIM
5 WILL THIS MAKE ME
GOOD
ATO
LA PREMESSA
Il seguito dell’esordio Green
b
Twins, uscito tre anni fa, ar-
riva dopo aver perso, durante un viaggio europeo, gli
appunti per i nuovi brani, un blocco dello scrittore e la
rivelazione della morte di un amico d’infanzia che ha
rimesso tutto in moto.
COSA NE DICONO
“Un disco che arriva al momento giusto. Scritto e re-
gistrato nello studio loft a Ridgewood, sobborgo del
Queens a New York, anelando quel senso di comunità
respirato da bambino a Washington, con i genitori im-
migrati dal Perù. Protetto dalla musica popolare delle
radici, il soul del ghetto e l’hardcore”.
M AURO FENOGLIO, “RUMORE ” N . 340
“Capita spesso di accusare la musica di oggi di essere
prevedibile e stereotipata, e nessuno può biasimarvi
se pensate che Hakim possa sfornare un nuovo disco
senza neppure pensarci, ma Will This Make Me Good
ci ricorda, e lo fa nel momento giusto, che la vera arte
risplende ancor di più quando emerge dai cieli più cupi”.
ROSS HORTON, “CL ASH MUSIC”
LA CANZONE Qadir
byVaSco
o
1 WORKING
6 MEN’S CLUB
WORKING MEN’S CLUB
c
HEAVENLY RECORDINGS
LA PREMESSA
Sono giovanissimi ma hanno già
cambiato identità, assestandosi
(per ora), per volere soprattutto del leader Syd Min-
sky-Sargeant, dopo un inizio più guitar oriented, su
un aggressivo e ballabile indie/elettro/post punk dalle
venature funk.
S
COSA NE DICONO
“Con un approccio che si potrebbe def inire techno
punk, i quattro danno infatti metaforicamente fuoco
ai dancef loor con un massiccio uso di suoni elettro-
nici che aizzano melodie pungenti, ben sottolineate
dalla produzione di Ross Orton (The Fall, M.I.A., Arctic
a
Monkeys). Un disco che cresce davvero ascolto dopo
ascolto”.
DORIANA TOZZI, “RUMORE” N. 346
“Un pozzo di primo synth pop, dal proto synth dei Nor-
mal di Daniel Miller al post punk di Simple Minds, primi
Human League e Pulp, ispira il tutto. L’elettronica cruda
è tagliata con elementi della techno di Detroit, scaraboc-
chi acid house e tastiere da house italiana, creando un
sound ballabile e allo stesso tempo austero”.
D AV E S I M P S O N , “ T H E G U A R D I A N ”
LA CANZONE John Cooper Clarke
MATT
4 BERNINGER
SERPENTINE PRISON
BOOK’S/CONCORD/CAROLINE
LA PREMESSA
Dall’idea di un disco di cover
a un esordio solista di pezzi
originali in cui il frontman dei National si racconta
con delicatezza e sincerità per poter “suonare bene alla
radio, in macchina, in taxi, su YouTube, in una radio
pirata o in una college radio”.
COSA NE DICONO
“Anche senza i musicisti puri della band – ma coadiu-
vato da un’ottima squadra produttiva, capitanata da un
Booker T. Jones che arricchisce senza appesantire – il
frontman ci consegna altri dieci capitoli di un romanzo
work in progress che da 20 anni indaga tutte le facce,
soprattutto quelle oscure, dell’animo umano, dell’amo-
re, dei rapporti familiari e interpersonali in genere”.
LE TIZIA BOGNANNI, “RUMORE ” N . 345
“Se siete uno di quei tipi strani che non mettono i di-
schi in ordine alfabetico, potete sistemarlo accanto a
The Boatman’s Call di Nick Cave & The Bad Seeds e
You Want It Darker di Leonard Cohen, come lezione di
songwriting maestoso, diretto e personale”.
ANDREW TRENDELL , “NME”
LA CANZONE Oh Dearie
RUMOREMAG.COM | 43

1
3
PORRIDGE RADIO
EVERY BAD
SECRETLY CANADIAN
LA PREMESSA
Esistono ancora rock band generazionali? Al suo secon-
do tentativo, il gruppo britannico guidato dall’androgina
Dana Margolin intercetta l’angst dei ventenni e lo traduce
in una sceneggiata chitarristica, di grande impatto emo-
tivo.
COSA NE DICONO
V
“Un approccio emo regolato sulla voce di Dana Margolin,
appassionata e vulnerabile, in questo e per questo ideo-
logicamente accostabile a quella di Adrianne Lenker dei
1 1
y
A GIRL
2 CALLED
EDDY
BEEN AROUND
ELEFANT
LA PREMESSA
b
Il ritorno di Erin Moran dopo
16 anni di silenzio, appena interrotti due anni fa da un
album a quattro mani con Mehdi Zannad, The Last
Detail, che lasciava già intravedere una ispirazione
intatta.
COSA NE DICONO
“Per chi ha attraversato gli anni 80, cercando qual-
cosa oltre a poliestere, sintetizzatori e chitarre, che
placasse il cuore inquieto. Per chi crede, ancora oggi,
che la vita abbia sempre corso sul filo di una canzone
sognata da Bacharach, arrangiata da Donald Fagen e
accarezzata da voce e parole di Paddy McAloon. Per
tutti loro, questo disco è una gioia assoluta”.
M AURO FENOGLIO, “RUMORE ” N . 338
“Tutto ciò che ha reso il suo debutto omonimo del 2004
così immediatamente affascinante è ancora una volta in
bella evidenza. Quella voce soulful e cioccolatosa è anco-
ra tinta di tristezza, i ritornelli ancora perfettamente mo-
dellati, e quegli insidiosi middle eights ancora ti fregano”
R YA N L AT H A N , “ P O P M AT T E R S ”
LA CANZONE Jody
byVaSco
44 | RUMOREMAG.COM
o
c
S
Big Thief, che snocciola
parole e frasi spedite in
circoli concentrici. Versi
destinati a scolpirsi presto nella memoria”.
a
A R T U R O C O M PA G N O N I , “ R U M O R E ” N . 3 3 9
“I Porridge Radio realizzano un vero e proprio miracolo,
musicalmente parlando: quello di dare nuova vita all’in-
die rock. Lo fanno attraverso un disco che preso nei suoi
singoli frammenti può essere paragonato a quello di altre
band, ma che al tempo stesso non può appartenere che
a loro”.
R I H A N D A LY, “ N M E ”
LA CANZONE Born Confused
NICOLAS
1 JAAR
CENIZAS
OTHER PEOPLE
LA PREMESSA
Il quinto album del compositore
e sound designer cileno-americano è finora il suo più
intenso e toccante, una riflessione sugli stati transitori
che sta vivendo l’umanità.
COSA NE DICONO
“Il compositore cilenoamericano ha lavorato alle tracce
dal 2017, in qualche modo isolato dal mondo ufficiale,
ascoltando l’eco di una realtà in dissoluzione. Con Patrick
Higgins (compagno d’avventura nel duo acustico di-
gitale AEAEA) in post produzione, a curare la natura
abissale dei suoni sparsi fra gli spazi. Gli strumenti
tradizionali ricamano un tessuto, che diventa sudario
ambientale”.
M AURO FENOGLIO, “RUMORE ” N . 340
“Ciò che rende così compiuto l’ultimo album di Jaar è il
modo in cui riesce a fondere suoni sintetici e tessiturali
in maniera tanto naturale[...]. Con Cenizas Nicolas Jaar
svela un capolavoro statico ma emotivo, un album che
non sfida l’ascoltatore ma piuttosto lo invita nel suo
mondo alieno, meditativo e sorprendente”.
D A N I E L S Y LV E S T E R , “ E X C L A I M ! ”
LA CANZONE Cenizas
 o
1 SHABAKA

8
0 AND THE
ANCESTORS

c
WE ARE SENT HERE BY
HISTORY
IMPULSE!

LA PREMESSA
Secondo album con gli Ancestors, terzo su Impulse!
dopo quelli di Sons Of Kemet e The Comet Is Coming:
Shabaka Hutchins si conferma stella luminosa del nuovo
jazz, in costante movimento.

S
COSA NE DICONO
“Registrato a Johannesburg e Cape Town con gli stessi
musicisti della precedente esperienza, il nuovo disco
vira la collaudata impronta afrofuturista e free jazz della
band su tinte decisamente più fosche, come è evidente
già dall’inquieta They Who Must Die oppure nella pro-

a
fonda spiritualità di Go My Heart, Go To Heaven”.
G I O R G I O VA L L E T TA , “ R U M O R E ” N . 3 3 9

“We Are Sent Here By History […] è [...] una storia vivente
che guarda all’indietro nel tempo da un futuro non troppo di-
stante. Pubblicato in coincidenza con la proliferazione di una
pandemia globale, assume nuovi significati: una registrazio-
ne collettiva dell’apocalisse, una capsula temporale sonora

V
lasciata sepolta nella sabbia per gli esploratori del futuro”
M AT T H E W I S M A E L R U I Z , “ P I T C H F O R K ”

LA CANZONE Teach Me How To Be Vulnerable

9 LUCIO CORSI

y
PROTOMARTYR
ULTIMATE SUCCESS TODAY COSA FAREMO DA GRANDI?
DOMINO SUGAR

LA PREMESSA LA PREMESSA
Arrivati al quinto album, i Nove storie vere sotto forma di bugia quelle che racconta
Protomartyr realizzano un lavoro Lucio Corsi. Non saprà cosa farà da grande ma è ben con-

b
che suona come una possibile ri-
sposta alla crisi sanitaria e sociale che sta affliggendo
l’America. Lo fanno con un sound meno frontale ma non
meno intransigente rispetto al passato.
COSA NE DICONO
“Con i suoi dischi, macinati alla media di uno ogni
paio d’anni, la band di Detroit si è costruita un piccolo
ma devoto seguito, coltivando in maniera probabil-
mente involontaria ma certamente caparbia e costante
il ruolo di più credibile erede del mito Fall”.
A R T U R O C O M PA G N O N I , “ R U M O R E ” N . 3 4 2 / 3 4 3
“È desolante, anche per uno che una volta scrisse una
canzone sulla crisi idrica di Flint ispirata a un libro del
XVIII secolo intitolato The Anatomy Of Melancholy.
Avendo già esplorato le profondità del dolore, Casey ha
ancora spazio per andare più in profondità mentre il
suono di Protomartyr continua a farsi sempre più ricco
e gratificante”.
CHRIS O’CONNELL , “PITCHFORK”
sapevole di ciò che sta facendo ora: trovare la sua via al
cantautorato, fra glam e immaginario fiabesco.
COSA NE DICONO
“Aperture, psichedelia e sontuose orchestrazioni d’ar-
chi classicheggianti degne del Duca Bianco. Ma anche di
Sir Elton John [...]. Un cantastorie a spasso nel surreale.
Si intravvede Calvino. Rodari. Perso tra le onde del mare
o dei campi, come in un Renoir. Con un Magritte in fronte
e una scintilla negli occhi”.
BARBAR A SANTI, “RUMORE” N. 336
“In pochi, come lui, sanno descrivere una storia che sem-
bra vera e inventata allo stesso tempo, di personaggi che
potrebbero popolare la Maremma glam che sembra abi-
tare come stato mentale. Anche lui, d’altronde, sembra
un personaggio delle sue canzoni: il ragazzo magrolino
che parla con gli animali e dedica loro concerti vestito e
truccato come se stesse per suonare l’ultimo concerto di
Ziggy Stardust”.
S I M O N E S T E FA N I N I , “ R O C K I T ”

LA CANZONE Processed By The Boys LA CANZONE Freccia Bianca

RUMOREMAG.COM | 45
byVaSco
 o
6 RUN THE

7
JEWELS
RUN THE JEWELS 4

c
JEWEL RUNNERS/RBC/BMG

LA PREMESSA
Dopo tre anni di silenzio disco-
grafico, il quarto dispaccio di Killer Mike ed El-P fa convi-
vere spacconaggine street e impegno politico, quest’ulti-
mo parte di un discorso più ampio e articolato lungo vari
registri e velocità.

S
COSA NE DICONO
“Conta anche che il rap sia eccellente, connesso alla vec-
chia scuola ma avveniristico per come si muove sui beat,
alternando registri e velocità, prendendo rischi senza
scordare la storia. E conta che quei beat siano freschi,
potenti, creativi, anche loro perfettamente in equilibrio”.
A N D R E A P OM I N I , “ R UMO R E ” N . 341

a
“Trattano l’hip hop come un linguaggio universale e po-
litico che trascende l’identità, facendo affidamento sulla
meccanica del genere, inteso come veicolo per raccontare
storie significative, anche se ciò significa condurre quel
veicolo dritto contro l’edificio. RTJ4 è la colonna sonora
perfetta per la rivoluzione, soprattutto quella non tra-
smessa in TV”.

V
J A D E G O M E Z , “ PA S T E M A G A Z I N E ”.

LA CANZONE A Few Words For The Firing Squad

(Radiation)

y
LORENZO
SENNI
MOSES SUMNEY SCACCO MATTO
GRAE WARP

JAGJAGUWAR
LA PREMESSA
Il terzo album del producer

b
LA PREMESSA
cesenate, suo secondo lavoro dopo l’EP Persona del
Secondo album per l’artista californiano di origini gha-
2016 a essere targato Warp, perfeziona la sua pecu-
niane, a tre anni dall’apprezzato Aromanticism: della
liarissima ricerca musicale, all’insegna di una musica
nomea di artista R&B resta solo un ricordo, visto che
rave atipica, euforica e genuinamente sperimentale.
Grae è un doppio album densissimo e inclassificabile.
COSA NE DICONO
COSA NE DICONO
“Volgarizzando, techno/trance senza la cassa. Speci-
“Una torre d’avorio dove l’isolamento diventa filoso-
ficando un pochino: strutture ricorsive trasfigurate
fia. Costruita con l’ausilio di collaboratori scelti, fra I
che si sfaldano e si ricompongono nella testa dell’a-
migliori che la musica contemporanea possa offrire.
scoltatore, e un genuino senso del pericolo che l’orec-
[…] Un’opera densissima, divisa in due parti. Quasi la
chio allenato fa sempre più fatica a rintracciare nel
versione crepuscolare di Black Messiah di D’Angelo,
presente. Citando un singolo di pochi anni fa, The
dove l’elogio della solitudine è il non sentirsi addosso
Shape Of Trance To Come”.
un codice scritto da altri”.
F R A N C E S C O FA R A B E G O L I , “ R U M O R E ” N . 3 4 0
M AURO FENOGLIO, “RUMORE ” N . 340

“È cresciuto lontano dalla musica dance, nella scena

“Questa è un’opera coraggiosa, vulnerabile e ambizio-
hardcore punk di Rimini, e probabilmente questo ades-
sa che ci domanda di riconoscere e celebrare le nostre
so lo sta aiutando a farsi le domande che gli altri produ-
aree grigie. È un album carico di possibilità e dalla
cer non si fanno: perché mai dovrei fare ricorso a pause
portata sorprendente, il quale, infine, trova la pace in
e crescendo? E che bisogno c’è di avere dei beat?”
mezzo al dolore”.
B E N B E A U M O N T-T H O M A S , “ T H E G U A R D I A N ”
E L I Z A B E T H A U B R E Y, “ N M E ”

LA CANZONE Canone Infinito

LA CANZONE Colouour

byVaSco
46 | RUMOREMAG.COM

4 DANIEL
BLUMBERG
ON&ON
MUTE
LA PREMESSA
L’attesissimo seguito di Minus,
a due anni di distanza dal quel
sorprendente esordio, mantiene le promesse e indaga
ancora una volta gli interstizi tra improvvisazione e
canzone, tra suono e silenzio.
COSA NE DICONO
“C’è il manto della modernità, esposto tra fratture, scheg-
ge d’avanguardia e un senso di pericolo e precarietà che
è anche storia personale, difficoltà di vivere. Ma anche il
riparo quasi pop di aperture improvvise a melodie cri-
stalline, oasi di rifugio tra destrutturazioni e canzoni che,
volutamente, smarriscono o acquisiscono forma”.
M A U R I Z I O B L AT T O , “ R U M O R E ” N . 3 4 2 / 3 4 3
“Blumberg asserisce che anche per chi l’ha creata una
canzone possa essere qualsiasi cosa di cui uno abbia
bisogno in un dato momento, un veicolo per l’esplora-
zione di sé. On&On mostra che Blumberg è totalmente
invischiato nella propria scrittura e nella propria im-
provvisazione in una modalità che è solo sua”.
V
N OA H YO O, “ PITCH FO R K ”
LA CANZONE Bound
y
2
b
SAULT
UNTITLED (RISE)/UNTITLED (BLACK IS)
FOREVER YOUNG ORIGINALS
LA PREMESSA
L’anonimo collettivo britannico continua a sfornare
album a ritmo vertiginoso (due untitled solo nel 2020,
Black Is e Rise), mantenendo una qualità straordinaria
nell’equilibrio tra impegno e ricerca musicale.
COSA NE DICONO
“Non importa il non sapere chi stia dietro questi suoni e
queste parole. Di certo c’è l’Inghilterra, da sempre capa-
ce di coscienza del presente e sintesi inventiva pop. C’è
byVaSco
o
3 IDLES
ULTRA MONO
PARTISAN
c
LA PREMESSA
Per il terzo album, gli Idles vole-
vano costruire qualcosa che “cat-
turasse il feeling di un disco hip
hop”, e a modo loro lo hanno fatto, con la parola che si
prende tutto lo spazio necessario in un’era in cui non
tacere è un imperativo morale.
S
COSA NE DICONO
“Ripetersi non sarebbe servito a nulla. Gli Idles si evol-
vono senza perdere punti, occupando tutte le frequen-
ze sonore possibili, più ingombranti che mai. Danke”.
N I C H O L A S D AV I D A LT E A , “ R U M O R E ” N . 3 4 4
“Il disco suona immenso, portando al livello succes-
a
sivo il già enorme sound degli Idles. Sebbene gli Idles
non siano mai stati noti per la delicatezza, laddove
la musica della band in passato poteva sembrare un
martello pneumatico oggi pare sia stata promossa a
bulldozer”.
C ALEB C A MPBELL , “UNDER THE R ADAR ”
LA CANZONE Grounds
la sua cultura dei sound system come spazio ibrido. Ma
anche il filo rosso afroamericano nel corso del tempo, il
soul che si fa funk, disco (mutante e non) e quindi beat”.
M A U R O F E N O G L I O , A N D R E A P O M I N I , G I O R G I O VA L L E T TA ,
“RUMORE” N. 346
“A prescindere da chi è coinvolto nel progetto, l’im-
pressione è che costui sia stato galvanizzato al massi-
mo della forma. [Untitled (Rise)] è tanto risoluto dal
punto di vista dei testi quanto è avvincente in un’ottica
musicale, un equilibrio raro, come dimostrano storica-
mente ettari di terribili canzoni di protesta”.
ALEXIS PE TRIDIS , “THE GUARDIAN ”
LA CANZONE Free
RUMOREMAG.COM | 47

TESTO DI Letizia Bognanni - FOTO DI Valerian 7000
LA RIVINCITA
DEL DISCO OUTSIDER
V
FONTAINES D.C.
y
A HERO’S DEATH
PARTISAN
Sarà un cliché, ma contiene una buona parte di veri-
tà: il secondo album è il più difficile. Quello che non è
difficile è capire il perché: meno tempo per realizzarlo,
b
certo, ma, anche e soprattutto, nel caso che l’esordio
abbia successo, il peso delle aspettative, la paura di de-
ludere, il timore di ripetersi, o, al contrario, quello di
distaccarsi troppo dallo stile del primo lavoro... non c’è
da stupirsi, dunque, se molto spesso le opere seconde
risentono di quest’ansia da prestazione e non riesco-
no a essere all’altezza delle attese. E, come per tutti
i cliché, c’è del vero ma ci sono anche le eccezioni: i
Fontaines D.C. non soltanto non hanno deluso le (alte)
aspettative che seguivano un esordio fulminante come
Dogrel, ma sono riusciti a fare meglio con A Hero’s
Death, disco che, senza perdere la freschezza dell’e-
sordio, suona sorprendentemente maturo e personale.
Ne abbiamo (ri)parlato con l’ombroso frontman, Grian
Chatten.
Vi aspettavate tutto questo successo?
“Be’, ci sono molte canzoni che hanno funzionato
in radio, ma credo che sia stato un bene per noi non
pensare affatto a quello che sarebbe successo dopo
l’uscita, abbiamo deciso di non badarci, in fondo la
parte che ci appassiona di più è il momento creativo, la
realizzazione, non abbiamo pensato al dopo”.
byVaSco
48 | RUMOREMAG.COM
c o
S
a
Quale pensi che sia il punto di forza dell’album?
“Proprio ieri ho sentito definire il nostro album ‘un
disco outsider’. Credo sia una descrizione quasi perfet-
ta. Il primo album consisteva in una serie di osservazio-
ni sul mondo che ci circonda e su Dublino, il tutto visto
attraverso alcuni personaggi, mentre il secondo è più
simile a una raccolta di riflessioni e confessioni, la mu-
sica evoca una serie di ricordi che ripercorriamo. Credo
anche che sia arrangiato molto bene. Ad esempio penso
a un pezzo come Televised Mind”.
A proposito di questo, ho parlato di quel brano
– e di Television Screen - nell’intervista che ho
fatto a maggio con Conor (Curley, il chitarrista),
lui diceva che “la televisione, gli schermi, costi-
tuiscono una parte enorme parte del mondo di
oggi, ogni cosa passa su uno schermo”. Sembra
quasi profetico, ora che davvero gran parte
delle nostre vite si è trasferita sugli schermi, la-
voro, vita sociale, anche la musica, la cosa è un
po’ triste ma ha anche dei lati positivi. Pensando
ad esempio a un lockdown senza nemmeno la
possibilità di vedere gli amici su Zoom lo scher-
mo non sembra più una cosa così brutta, non
credi?
“Non lo so, non penso in ogni caso che sia una cosa po-
sitiva, è anche un mezzo di controllo da parte di politici,
industrie, multinazionali, lo usano per sapere tutto di
te e questa cosa è incredibilmente dannosa per la salute
mentale, soprattutto per i giovani, per le persone più
vulnerabili e influenzabili. Penso che sia un po’ come
avere il cervello continuamente esposto al rumore di
gente sempre d’accordo con te, è uno dei motivi per cui
la politica è diventata così polarizzata. Non discutere
 o
1

S c
V
più con gli altri per strada, ma confrontarsi solo su Fa-
cebook: sostanzialmente è come trovarsi in una stanza
in cui tutti ti danno ragione, e in questo modo nessuno
ascolta più le ragioni di chi sta dall’altra parte”.

a
bastava poterci esibire in America, senza che le per-
sone avessero per forza il disco in mano. La prossima
volta ci ricorderemo di portare i rifornimenti”.

y
Vi è pesato non poter fare una promozione tra-
dizionale per l’album, i concerti soprattutto?
“Sì, ma in un certo senso è stato anche salutare. C’è
qualcosa di innaturale nel suonare la stessa canzone
una o due volte al giorno, diventa una cosa mental-
mente impegnativa, anche sfibrante emotivamente,
A proposito di America, nell’intervista prece-
dente avevamo parlato anche del brano Living
In America, oggi aspettando i risultati delle
elezioni ci sentiamo tutti un po’ americani,
com’è il tuo rapporto con gli Stati Uniti?
“In realtà non ho avuto modo di trascorrere molto
tempo in America, ci siamo stati solo in tour e questo

b
e questa è una sensazione che pur non volendolo non chiaramente non ti dà modo di avere una conoscenza
puoi non provare, quindi la cerchi ogni volta, finendo
in questo universo surreale dove si supera la soglia
entro cui le cose sono catartiche e si fanno ripetitive
e totalmente folli. Per cui pubblicare il disco e poterci
fermare a guardare ciò che succedeva, le reazioni delle
persone, a leggere le recensioni, ha reso più semplice
metabolizzare ogni cosa. Però in questo momento devo
ammettere che suonare dal vivo mi manca”.

È vero che la vostra etichetta inizialmente

aveva un po’ sottovalutato il potenziale del
disco, stampandone poche copie, e quindi a un
certo punto era introvabile?
“Sì e vero, è andata proprio così”.

Come mai, secondo te? Dopotutto anche Dogrel

era andato bene. Forse perché questo è un album
per certi versi più ostico?
“Non saprei proprio, non ne ho idea, però sì, ricor-
do che quando suonavamo in America praticamente
ovunque andassimo i fan ci dicevano che non riusciva-
no a trovare il disco. In quel momento direi che a noi

RUMOREMAG.COM | 49
byVaSco

approfondita del paese. Ma è stato comunque incredi-
bile trovarsi in quella bolla. Gli americani sono davve-
ro convinti che la loro sia la terra delle persone libere
e della libertà, e che sia il luogo migliore al mondo in
cui stare. Quando abbiamo scritto quella canzone era-
vamo in tour lì, bevevamo come pazzi senza dormire,
viaggiavamo di notte su un furgone, perciò la nostra
esperienza dell’America è stata surreale e anche confu-
sa, per certi versi pure spaventosa. Venendo da un pic-
colo paese la cui cultura è così intensamente unificata
è stato strano essere proiettati in spazi così aperti, in
paesaggi immensi... Gli americani sono consapevoli,
come individui, di essere una goccia nell’oceano, del
fatto che nel paese ci sono così tante altre persone...
L’aspetto incredibile è che è stato fatto loro credere di
essere i più importanti. In ogni caso spero che Biden
vinca, anche se per me entrambe le opzioni sono sono
proprio il massimo”.
Di solito si dice che nei periodi storici peggiori
esca la musica migliore, sei d’accordo? In effet-
ti in questo anno diciamo “particolare” sono
usciti molti bei dischi.
“Credo di sì, sfortunatamente sono una di quelle
persone che crede che le difficoltà, di qualsiasi tipo,
portino miglioramenti e cambiamenti anche nell’arte,
perché in questi momenti c’è un maggiore bisogno di
esprimersi e di capire il mondo, a un livello personale
V
e politico... penso che oggi ci sia un disperato bisogno
di chiarezza, ci sono in giro così tante bugie che di-
venta sempre più difficile distinguere il vero dal falso.
Siamo sul punto di abbandonare la ricerca della verità
e abbracciare le bugie, che sono più confortanti, senza
neanche più darci il pensiero di capire, non ci interes-
sa la verità e stiamo sviluppando la negazione, che è
y
una ignoranza consapevole. Siamo arrivati a un livello
incredibile di ignoranza”.
Quali sono i tuoi dischi dell’anno?
“Oddio difficilissimo, mi viene l’ansia! Ce ne sono
molti in effetti, uno che ho ascoltato molto è The Night
Chancers di Baxter Dury. Poi il disco dei Pottery,
Welcome To Bobby’s Motel, e quello dei Just Mustard,
b
che si intitola Wednesday e mi piace molto, anzi se ti
interessa lo puoi trovare su Spotify, così gli dai anche
più visibilità. Parlando in generale, tendo ad ascoltare
musica meno nota, più divertente e più sincera”.
Non per metterti ulteriore ansia, ma ti chiede-
rei anche i tuoi libri dell’anno.
“Non so se vale perché non è di quest’anno ma ho fini-
to di leggerlo proprio un paio di settimane fa, si intito-
la Il Cuore È Un Cacciatore Solitario di Carson McCul-
lers. È uno dei libri più belli che abbia mai letto in vita
mia. Ho appena finito anche The Moon And Sixpence
di William Somerset Maugham, ed è incredibile”.
A questo proposito, quando scrivi i testi parli
delle tue esperienze, o di quelle di persone
che conosci, oppure scrivi della “fiction”? O
entrambe le cose?
“Direi che si tratta soprattutto di fiction, ma il più delle
volte lo faccio partendo dalle esperienze delle persone
che mi circondano e alle quali tengo, cerco di trovarci
un senso, cerco di comprenderne le sofferenze”.
byVaSco
50 | RUMOREMAG.COM
o
« S C E L G O I B E A C H B O Y S O G N I V O LT A
C H E VA D O I N G I R O P E R L E S T R A D E
c
PERDENDOMI, QUANDO HO BISOGNO
DI RECUPERARE UN PO’ DI SICUREZZA
E FIDUCIA. SONO CONVINTO CHE L A
COSA PIÙ BEACHBOYSIANA DEI BEACH
B O Y S S I A L’ A V E R C R E A T O U N M O N D O
IN CUI HANNO VISSUTO LORO PER
S
P R I M I P E R P O I R E G A L A R L O A G L I A LT R I .
È INCREDIBILMENTE DIFFICILE DARE
V I TA A U N I N T E R O U N I V E R S O »
a
Musicalmente, invece, ascoltando A Hero’s
Death, i nomi che vengono subito in mente sono
Wire, Fall e cose del genere, voi però avete par-
lato anche dell’influenza dei Beach Boys, in che
senso?
“Mi influenzano nel senso che mi regalano gioia ogni
volta che li ascolto, e diciamo che li ascolto ogni volta
in cui la mia testa è alla disperata ricerca di un luogo
in cui lasciarsi andare, in cui sognare. Scelgo i Beach
Boys ogni volta che vado in giro per le strade perden-
domi, quando ho bisogno di recuperare un po’ di sicu-
rezza e fiducia. Sono convinto che la cosa più beach-
boysiana dei Beach Boys sia l’aver creato un mondo in
cui hanno vissuto loro per primi per poi regalarlo agli
altri. È incredibilmente difficile dare vita a un intero
universo”.
C’è un brano dell’album che prediligi in parti-
colare?
“Direi il primo, I Don’t Belong, per me non ha mai
perso il suo fascino, è bellissimo sentirla passare in
radio, penso sia una canzone che ti rimane addosso”.
Ho letto un’intervista di qualche tempo fa in cui
dicevi: “I’m basically not sure about the mea-
ningfulness of life”. Hai fatto qualche progres-
so nella ricerca del significato dell’esistenza?
“Non credo che la vita in sé abbia davvero un signifi-
cato. Fare una passeggiata, leggere, passare del tempo
con la mia fidanzata è tutto il significato che mi serve”.
State già pensando al prossimo album?
“Sì, durante il lockdown abbiamo lavorato separata-
mente, ora siamo tutti a Londra e a dire il vero più
tardi dobbiamo vederci in studio per le prove”.
Qualche anticipazione su cosa aspettarci?
“Al momento dipendiamo ancora dalla band, dal lavoro
di scrittura che facciamo insieme, è quello che può dare
al nostro nuovo progetto una motivazione, uno scopo,
perciò quello che potete aspettarvi è... che ce l’abbia”.
LA CANZONE I Don’t Belong
 c o
a S
y V
b byVaSco
 c o
a S
ARCA KING KRULE
KiCk i Man Alive!

y V
b
EVERYTHING IS RECORDED YAEJI
Friday Forever What We Drew

GIL SCOTT-HERON LÅPSLEY

We’re New Again - A Reimagining by Makaya McCraven Through Water

byVaSco
 o
CANZONI DELL’ANNO A CURA DELL A REDAZIONE

1 2 3 4 5

IDLES
A HYMN
PARTISAN
NICK HAKIM
QADIR
ATO 17
CARIBOU
NEVER
COME BACK

S
LEON BRIDGES/KHRUANGBIN
TEXAS SUN
DEAD OCEANS

c
JAMIE XX
IDONTKNOW
YOUNG TURKS

a
CITY SLANG
Niente da aggiungere Quadir è Qadir La canzone che dà Il brano e il video,
alla spiegazione di Joe Imhotep West, un Il primo brano scritto il titolo all’EP col- realizzato dall’arti-
Talbot: “un inno che amico di Nick scom- per l’album è stato laborativo di Leon sta Oona Doherty il
gioisce del virus sini- parso due anni fa a soli veloce e divertente da Bridges e Khruangbin giorno prima del lock-
stro e necrotizzante del 25 anni, una perdita scrivere e realizzare, è la perfetta colonna down a Belfast, sono
mediocre. Il suono dei con cui cerca di fare i racconta Dan Snaith: sonora per un viaggio la botta di energia che
denti che affondano conti attraverso una si sente e ci diverte. in autostrada col sole mancava in questo
nel tuo collo mentre ti musica ipnotica come negli occhi. periodo assurdo.
alzi nel sonno con gli una trance.
occhi aperti”.

V
CANZONI DELL’ANNO

y
6 7 8 9 10

b
SUFJAN STEVENS
VIDEOGAME
ASTHMATIC KITTY

Non è un gioco, ma la
denuncia – mascherata
da canzone pop – della
disgrazia di una società
in cui like e follower
valgono più delle per-
sone.
BOB DYLAN
MURDER
MOST FOUL
COLUMBIA

Dura ben 17 minuti il

brano con cui Dylan
si è fatto risentire
dopo qualche anno,
e racconta la ferita
ancora aperta
dell’uccisione di John
Fitzgerald Kennedy.
SAULT
I JUST WANT
TO DANCE
FOREVER LIVING ORIGINALS

Non fidatevi nel titolo,

e nemmeno dei primi
versi: il tanto misterio-
so quanto produttivo
collettivo lancia dal
dancefloor un inno alla
rivolta antirazzista.

byVaSco
PERFUME GENIUS
ON THE FLOOR
MATADOR

Una danza con altre parti

di se stessi, come quella
del video, diretto dallo
stesso Mike Hadreas, che
vuole mostrare “la parte
esasperante e solitaria del
desiderio”.
THE 1975
THE 1975
DIRTY HIT

La tradizione di
intitolare il primo
brano di ogni album
The 1975 continua con
un featuring insolito:
Greta Thunberg e il
suo impegno contro il
cambiamento climatico.

RUMOREMAG.COM | 53
 o
FILM DELL’ANNO A CURA DI GIONA A. NAZZARO

1 2 3 4 5

S c
a
DAMIANO E FABIO GIANFRANCO ROSI CHRISTIAN PETZOLD GIANNI AMELIO CHRISTOPHE HONORÉ
D’INNOCENZO NOTTURNO UNDINE HAMMAMET L’HOTEL DEGLI
FAVOLACCE AMORI SMARRITI
Un cambio di paradig- Una storia d’amore Il cupo tramonto di un
Lo spirito di Sergio ma per il cinema del scritta sull’acqua e leader politico poten- Se una notte d’inverno…
Citti soffia feroce fra le reale. Un rovesciamen- all’ombra di una Ber- tissimo raccontato con Sulla traccia di un’idea
immagini del film. Un to di campo alla “fine lino che si trasforma mestizia shakespearia- che avrebbe incantato
saggio di crudeltà come della storia”. instancabilmente. na. Favino giganteggia. Jacques Demy, Honoré
solo coloro che amano il Un’immersione nel Un fantasma romanti- costruisce un film magi-
mondo si possono per- cuore di tenebra del co ineffabile. co. Chiara Mastroianni

V
mettere. mondo. sublime.

FILM DELL’ANNO

y
6 7 8 9 10

b
MOHAMMAD RASOULOF
IL MALE NON
ESISTE
Un atto di accusa fron-
tale contro la barbarie
della pena di morte in
Iran. Rasoulof ha paga-
to con la libertà la sua
audacia. Orso d’Oro a
Berlino.

54 | RUMOREMAG.COM
ARNAUD DESPLECHIN
ROUBAIX – UNA
LUCE NELL’OMBRA
Un noir esistenzialista
calato nel buio più de-
solato dell’anima.
La maestria della
messa in scena come
una geometria invisibi-
le della vita.
JUDD APATOW
IL RE DI STATEN
ISLAND
Una magnifica epopea
slacker. Pete Davidson
è un inno ai disadattati
di tutto il mondo. Un
cinema che sa essere
classico e persino cas-
savetesiano.

byVaSco
SPIKE LEE
DA 5 BLOODS –
COME FRATELLI
L’altro Vietnam.
Quello combattuto
dagli afroamericani.
Un Lee in stato di
grazia, polemico come
non mai a testa bassa
contro l’America tru-
mpiana.
KARIM AÏNOUZ
NARDJES A. 2019
Un ritratto di una gio-
vane donna nel cuore
delle trasformazioni
che vive l’Algeria.
La gioia della ribel-
lione come una danza
infinita.

SERIE T V DELL’ANNO A CURA DI GIONA A. NAZZARO, ANDREA FORNASIERO,
1 2 3 4 5
WE ARE WHO
WE ARE
Più che una serie, un
film fiume. Il capola-
voro di Luca Guada-
gnino. Un’opera d’arte
totale nella quale si
saldano desideri, pul-
sioni e sogni. Una me-
V
raviglia assoluta.
SERIE T V DELL’ANNO
y
6 7 8 9 10
b
THE
MANDALORIAN
Baby Yoda. Basterebbe
lui. E invece questa
serie riesce nell’impre-
sa di ricreare il sentire
dell’universo di Lucas
attraverso una fedeltà
mai passiva all’origi-
nale.
o
CLAUDIA BONADONNA, MARIANGELA SANSONE
S c
a
LOVECRAFT HILLARY MRS. AMERICA THE PLOT
COUNTRY AGAINST
Hillary Clinton al di là Il femminismo e le AMERICA
Alle radici del razzismo delle accuse, dei miti, sue battaglie. Uno
sistemico statunitense. delle leggende urbane. sguardo necessario e Tratto dal romanzo di
Sincretismo narrativo, Il ritratto complesso motivato su una storia Philip Roth, un lavoro
sorprendenti anacro- di una donna unica rimasta colpevolmente impressionante, cine-
nismi, consapevolezza e coraggiosa che si nell’ombra. Cast ma come Hollywood
politica e intuizioni racconta senza nulla sempre all’altezza della non sa (o vuole) più
visionarie. nascondere. situazione. fare. Politicamente
inquietante. Proprio
come Trump.
ZERO ZERO ZERO
Stefano Sollima è
probabilmente il più
grande regista d’azione
in circolazione oggi e
riesce nell’impresa di
costruire un universo
minaccioso e coerente.
THE EDDY
Jazz e pulsioni neo
noir all’ombra di un
club parigino. Sotto
l’ala protettrice di
Damien Chazelle una
serie che celebra il
musical classico con
le orecchie tese nel
presente.
byVaSco
HOMELAND
(STAGIONE 8)
Una conclusione asso-
lutamente all’altezza di
una serie che è riuscita
nell’impresa di elabo-
rare in narrazione i
tormenti della politica
statunitense contem-
poranea.
THE GREAT
Ne succedono di
cose strambe a corte!
Sopra e sotto le righe,
un divertimento
acidulo che non fa
prigionieri e graffia
con consapevolezza
politica. Pas mal!
RUMOREMAG.COM | 55
 o
LIBRI DELL’ANNO A CURA DELL A REDAZIONE

1 2 3 4 5

MAURIZIO BLATTO
STO ASCOLTANDO
ROSSANO LO MELE
SCRIVERE DI OHIO

S
STEPHEN MARKLEY PAUL BEATTY
TUFF E LA SUA

c
MARK FISHER
IL NOSTRO

a
DEI DISCHI MUSICA EINAUDI BANDA DESIDERIO È SENZA
ADD MINIMUM FAX FAZI NOME
Un grande romanzo MINIMUM FAX
Quando l’amore per “Una guida pratica americano, la storia Vincitore del Man
la musica diventa una e intima”, recita il di un gruppo di amici Booker Prize nel 2016 Il primo dei volumi
malattia, che porta sottotitolo di questo e di un ritorno a casa con Lo Schiavista, dedicati agli articoli
chi ne è affetto a con- libro, che non è un che diventa un ritratto Paul Beatty torna sul leggendario blog
fondere la vita con le manuale ma resta uno profondo e spietato con una nuova storia “K-punk” e su siti e riviste
canzoni, il pop con la strumento prezioso, dell’America, e degli “nera”, provocatoria, è uno sguardo acuto sulle
realtà. Ma vogliamo fra consigli e racconti anni e del mondo in brillante, originale e di evoluzioni politiche e

V
davvero curarla, questa personali, per chi vuole cui viviamo. sconcertante attualità. sociali sfociate nei nostri
malattia? scrivere di musica. anni 10.

LIBRI DELL’ANNO

y
6 7 8 9 10

b
NAOISE DOLAN
TEMPI ECCITANTI
BLU ATLANTIDE

Uno degli esordi più

celebrati dell’anno arri-
va dalla stessa Irlanda
di Sally Rooney, con
una “commedia dei
nostri tempi”, dice
Zadie Smith, “femmini-
sta, marxista e cattiva”.

56 | RUMOREMAG.COM
MOTTA
VIVERE LA
MUSICA
IL SAGGIATORE

Un viaggio dentro la
musica e tutto quello
che rappresenta, dalle
canzoni ascoltate alla
radio, alle prime cover
in garage, alla dolorosa
magia della scrittura.
HOLLY GEORGE-WARREN
ALEX CHILTON. UN
UOMO CHIAMATO
DISTRUZIONE
JIMENEZ

Una biografia che in-

sieme alla storia di una
rockstar di culto, tanto
geniale quanto tormen-
tata, traccia le coordi-
nate dell’evoluzione di
mezzo secolo di rock.

byVaSco
MATTEO TORCINOVICH
GRAFIKA 80!
GOODFELLAS

Oltre 800 immagini,

accompagnate da testi
di Matteo Torcinovich,
Vittore Baroni, Mirco
Salvadori, Giorgia
Fileni, per raccontare
l’estetica di un decen-
nio irripetibile.
MASSIMO ZAMBONI,
CATERINA ZAMBONI RUSSIA
LA MACCHIA
MONGOLICA
BALDINI+CASTOLDI

Non un semplice
racconto di viaggio, ma
un’esplorazione della
memoria e dei legami,
attraverso l’unione
fisica e simbolica di
due mondi spirituali e
artistici.
 o
FUMETTI DELL’ANNO A CURA DI GIONA A. NAZZARO

1 2 3 4 5

TERESA RADICE,
STEFANO TURCONI
KOREN SHADMI
AI CONFINI DELLA

S
ALESSANDRO BARONCIANI
QUANDO TUTTO
JAMES STOKOE
GODZILLA – LA

c
A. KOT, T. MOORE, H. MOORE
IL NUOVO MONDO

a
LA TERRA, IL REALTÀ – LA VITA DIVENTÒ BLU GUERRA DEI 50 SALDAPRESS
CIELO, I CORVI DI ROD SERLING BAO PUBLISHING ANNI
BAO EDIZIONI BD SALDAPRESS Un’esplosione di inven-
Un tratto inconfondi- zione e fantasia. Una
Un’epopea lirica e La vita di un genio della bile, una storia sus- Il re dei mostri lettura memorabile zep-
commovente. Un tratto televisione raccontata in surrata, e l’ineludibile in un’avventura pa di dettagli e trovate ai
morbido, che rievoca un caleidoscopio di in- malinconia di spazi roboante e filologica limiti dell’umano. Una
pagine atroci della trecci visionari. Sogno, vuoti come gli intervalli al tempo stesso. Tutto fantasmagoria distopica.
guerra. Pura narrazione immaginazione, biogra- fra un battito e l’altro l’universo di Godzilla in
per immagini. fia. Come ai confini della del cuore. un’avventura da fine del

V
Capolavoro vero. realtà. mondo.

FUMET TI DELL’ANNO

y
6 7 8 9 10

b
LEO ORTOLANI
ANDRÀ TUTTO
BENE
FELTRINELLI COMICS

Il libro rosso della

pandemia e del lock-
down. Come si suol
dire, “per non dimen-
ticare”. Si ride tanto e
amarissimo.
Un Ortolani in stato di
grazia.
HARTLEY LIN
COME LA GENTE
NORMALE
EDIZIONI BD

Poesia e attenzione al
dettaglio.
Un segno preciso e
attento, che s’insinua
elegantemente nel
quotidiano come una
sonda.
ZEROCALCARE
SCHELETRI
BAO

I mille amari e assurdi

risvolti delle pieghe
del reale. Un racconto
serrato e riflessivo, con
trovate sorprendenti e
come sempre lucidis-
sime.

byVaSco
CARMINE DI GIANDOMENICO,
FRANCESCO COLAFELLA
LEONE – APPUNTI
DI UNA VITA
SHOCKDOM

Un libro che è una

storia di migrazioni e
di passione per il jazz.
Un tratto che scorre
fluido fra i sentieri
della memoria come un
assolo di Bird.
R. KIRKMAN, C. ADLARD, S.
GAUDIANO, C. RATHBURN
THE WALKING
DEAD VOL. 32 –
RIPOSA IN PACE
SALDAPRESS

La conclusione della
più grande saga dei
morti viventi di tutti
i tempi. Un volume
portentoso, memora-
bile. Non un sussurro,
un boato.

RUMOREMAG.COM | 57
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ALEX MAAS IZZY & THE BL ACK TREES THE END LIVE SKULL RAMON MORO

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a
SALEM
60

PAU L M CC A R T N E Y DA R K B U D D H A R I S I N G I S O B E L C A M P B E L L G A B R I E L S

V
R E C E N S I O N I

y
240 DISCH I TRAT TATI D ICE MBRE 2020 ru m o re m a ga z i n e

b
G I OR GIO C A NA LI ANG EL BAT DAWID
& R O S S O FU O CO & THA BROTHAHOOD

80 72

TREES GAZNEVADA ALLISON RUN CHARLES WEBSTER MOLTHENI

byVaSco

DISCO DEL MESE DICEMBRE 2020
V
L’AMERICA DEGLI ANGELI CADUTI
y
b
SALEM
FIRES IN HEAVEN
SALEM
Quando Jack Donoghue, John Holland
e Heather Marlatt, trio di sbandati
del Michigan, inventa la witch house
col singolo Yes I Smoke Crack, siamo
nel 2008. Quella combinazione di
sintetiche cascate dark wave e pigrizia
trap, ibridata dal verbo alla codeina
dell’immortale DJ Screw è il parto di
una generazione fallace per vocazione,
votata all’autodistruzione anonima,
DI MAURO FENOGLIO - FOTO DI ANNIE EVERSZ
60 | RUMOREMAG.COM
S c
a
SALEM
senza ragione storica in un mondo post
ideologico. Unico immaginario, l’orrore
che si svela fra le pagine di Lunar Park
di Brett Easton Ellis o dentro le auto
parcheggiate nella nebbia del film It
Follows di David Robert Mitchell. Il
soffocante esordio King Night (2010)
disegna l’apocalisse come esercizio di
stile. Esibizioni dal vivo disastrose, il
contributo di Donoghue a Yeezus di
Kanye West, un remix per Charli XCX,
e poi silenzio. Il mondo si dimentica di
loro, mentre Billie Eilish monetizza il
gotico adolescenziale. Guai giudiziari
mai risolti, lavori estemporanei e il
commiato (non proprio amichevole) con
Marlatt, e la nuova epopea white trash
di Donoghue e Holland prende forma.
In un campo di pesca in Lousiana, con
l’aiuto di Shlohmo al mix e del re Mida
della trap, Mike Dean al mastering.
A dieci anni dall’esordio, con una
continuità impermeabile ad ogni novità.
Sarà che la catastrofe in dieci anni è
diventata ipotesi reale, ma il nichilismo
commerciabile degli inizi trova qui
pienezza narrativa. Sears Tower è il lato
oscuro dei Brockhampton, in rave con gli
zombi di The Walking Dead. L’epifania
malata di Starfall, una corsa libera verso
la distruzione, con i tripli hi hat pigri
immersi nel muro liquido di Plainsong
dei Cure. Perché l’identificazione
romantica con questi suoni parte
byVaSco
o
dall’eco dei piatti rotti di Disintegration.
Flagellazione che conforta, mentre là
fuori non c’è più nulla. L’abbraccio
agli angeli caduti di Wings come
simulacro di Wolves di Kanye West,
con gli spigoli di una Ghosts dei Japan,
dimenticata in una stazione di servizio
del Midwest. Riferimenti non richiesti
che gonfiano melodie dolenti e rime
dense. Tormento senza redenzione,
che diventa lirico specchio dei tempi.
Nella progressione funerea di Red
River, assembramento di anime ignare,
manovrate da un ignoto grande fratello.
La preghiera disperata di Old Gods è il
capitolo non scritto di American Gods
di Neil Gaiman (“Ho incontrato Dio
e gli ho chiesto cosa volesse”). In un
mondo che è solo malsana casualità, le
aspirazioni sfumano in cenere, sincopate
da beat narcolettici che affondano
nel wall of sound. “Non è un granché
di esistenza, quella che vivi” svela
(con effimero sollievo) Not Much Of
A Life. Basta farsene una ragione, per
un ultimo malinconico sguardo agli
avanzi del sogno americano, dimenticati
sull’asfalto da un dio apatico.
82/100

RECENSIONI GLI ALBUM DICEMBRE 2020
AA.VV.
BLUE NOTE RE:IMAGINED 2020
BLUE NOTE
Decisamente riuscita l’opera-
zione con cui la leggendaria
etichetta jazz affida ad alcuni dei
migliori artisti della nuova scena
britannica il compito di rileggere
episodi del proprio catalogo. A
colpire è anche la coerenza so-
nora che ne risulta, nonostante
il Wayne Shorter di Footprints
sia arrangiato dall’Ezra Collecti-
ve con un beat alla J Dilla, o la
versione di A Shade Of Jade
(originariamente di Joe Hen-
derson) offerta dalla splendida
Nubya Garcia si avvalga di brevi
citazioni/sample. Da un medi-
tativo Shabaka Hutchings agli
irrequieti Melt Yourself Down,
impossibile elencare qui tutti i
momenti eccellenti in scaletta.
Ma con Jorja Smith si chiude
il cerchio: la sua versione della
V
recente Rose Rouge di St. Ger-
main, che a sua volta campiona-
va Marlena Shaw, ne restituisce
un prezioso sapore R&B.
GIORGIO VALLETTA
85/100
y
BELLE AND SEBASTIAN
WHAT TO LOOK FOR IN SUMMER
b
MATADOR
Esiste gruppo meno adatto
all’album dal vivo? Probabil-
mente no, così come non esiste
disco meno adatto a chi crede
finita la civiltà occidentale
dopo lo scioglimento dei Don
Caballero. Comprensibile quin-
di che il gruppo abbia atteso
25 anni per il suo primo live
album vero e proprio, complice
la pandemia a interrompere
i lavori in studio. Ma – e chi
scrive ha visto una decina di live
dei B&S – forse nessuno in giro
riesce a portare a casa uno show
tanto tecnicamente sgangherato
quanto gioioso e festoso. Così
che forse un DVD sarebbe stato
preferibile a un album che pesca
però anche dove i recenti live
glissavano (il periodo di metà
carriera su tutti), lascia spazi
per episodi minori (Little Lou.. o
Stay Loose) e lustrini ai classici:
affare per convertiti rassicurante
come Natale a dicembre.
FRANCESCO VIGNANI
77/100
AC/DC
POWER UP
SONY
Il termine “resilienza” è tanto
di moda, quanto responsabile
di rash cutanei e giramento di
cosiddetti visto l’abuso. Qual-
S
cuno dirà di sicuro che questo
17esimo album (18esimo, se
contiamo la doppia release di
High Voltage) degli AC/DC è
un “manifesto di resilienza” – e
probabilmente, in una certa
misura, è così. Ma come accade
per altre band simbolo in giro da
a
tanto, le produzioni nuove sono
solo un modo per dire “esistia-
mo ancora”: i nostri cuori di fan,
invece, restano legati al passato
dei classici immortali (per inten-
derci: chi ascolta regolarmente
i dischi da Ballbreaker in poi?).
Quindi diciamo “bentornati” agli
AC/DC che fanno gli AC/DC,
confermandosi la miglior tribute
band di se stessi, ma nulla più.
Ed è bello avere la certezza che
sono sempre lì, in un momento
d’incertezze planetarie.
ANDREA VALENTINI
70/100
BENT ARCANA
BENT ARCANA
CASTLE FACE
Irrefrenabile, instancabile
John Dwyer. Lo conosciamo da
quando rasoiava proto garage
punk con i Coachwhips e poi,
certo, con gli Oh Sees, che
hanno fatto in quasi 20 album
dell’eclettismo r’n’r la loro
mission. Poi è arrivata la Castle
Face. Etichetta a 360 gradi, che
pubblica tutto e il contrario di
tutto sotto l’egida di John. Ma
con un criterio che molto ellit-
ticamente potremmo definire
r’n’r sperimentale. E be’, con i
Bent Arcana questo concetto sta
un po’ stretto. ECM/70’s hard
fusion/prog/kraut, semmai.
Vintage avanguardia. Lunghe
impro strumentali che partono
da certo jazz rock e tribe funk
70’s, ma che deviano improvvise
verso strettoie no wave garage
riemergendo tra noise e assoli
di sax. E John Dwyer che con la
sua chitarrina dopotutto fa qui
quello che ha sempre fatto.
CLAUDIO SORGE
78/100
byVaSco
ACE OF CUPS
SING YOUR DREAMS
HIGH MOON
Fosse uscito nel 1977 – e poteva
uscire – cosa avremmo detto di
un disco del genere? Che era una
raccolta di cascami West Coast,
ballate easy rock insipide e zuc-
cherose e funkettino iper radio-
fonico con qualche canzone ispi-
rata dal Paul Simon innamorato
della musica africana. Be’, lo
diciamo anche oggi. So bene che
del precedente album delle Love
Of Cups - che peraltro presenta-
va vecchio materiale 60’s ripreso
con genuina passione - ne par-
lammo bene, ma questo del loro
ritorno definitivo, mi spiace,
no. E mi rincresce doverlo fare,
ma proprio non saprei a cosa
attaccarmi per dirne bene. Forse
solo all’iniziale afrorock Basic
Human Needs, pregnante mes-
saggio politico, anche se sembra
il frutto di un tempo passato,
troppo, come dire, blandamente
universalista.
CLAUDIO SORGE
58/100
BILLY NOMATES
BILLY NOMATES
INVADA
Il lockdown ne ha rimandato
l’esordio e ora ci sta privando
delle sue esibizioni, ma il nome
di Billy Nomates è destinato
ad emergere. Il primo album
della giovane Tor Maries, col-
pisce per lucidità e concisione.
Naturale l’endorsement degli
Sleaford Mods, di cui recupera
gli arnesi artistici e retorici pur
declinandoli in un contesto
più commestibile. Le basi sono
altrettanto minimali, l’urgenza
declamatoria sempre estrema-
mente frontale, ma le esili strut-
ture post punk sono permeate
da una voglia di ballare con
rabbia. In un intrigante mix di
ironia e storytelling, la ragazza
assesta colpi a destra e a manca,
con calibrate dosi di realismo
che pesano l’attivismo politico
alla luce del realismo sociale.
Nel modo in cui riesce coniuga-
re a gioia e furore sta il punto di
forza di un esordio prezioso.
DIEGO BALLANI
80/100
o
c
AUTECHRE
PLUS
WARP
All’uscita (a sorpresa) del se-
condo album dei due di Man-
chester nel 2020, è subito girata
voce che andasse sovrapposto al
precedente SIGN, generando un
nuovo album ibrido. Finora non
è dato di sapere se questa fosse
l’idea degli autori ma, ascoltato
il risultato, se non siamo di
fronte al nuovo Zaireeka non
si tratta neanche di una burla.
Anche perché, se il predecesso-
re rappresenta il loro lato più
malinconico e ambientale, il
seguito ritorna su un’architettu-
ra più concreta. Ritmi spezzati,
brandelli di suono raggrumati
nelle arcinote strutture astrat-
te, di cui i due hanno massima
padronanza. Pur lungo territori
già ampiamente esplorati, il
livello è sempre ben al di sopra
della media di quello che chia-
miamo elettronica sperimen-
tale. Genere in cui gli Autechre
sono caposcuola indiscussi.
MAURO FENOGLIO
75/100
JANE BIRKIN
OH! PARDON TU DORMAIS…
VIRGIN
Ha ispirato il maestro Anto-
nioni e sbalordito la borghesia
sussurrando parole maliziose
all’orecchio del marito pigma-
lione Serge Gainsbourg (“Il mio
’68 personale”, ha detto di lui).
È stata un’insuperabile it girl
tanto per la Londra di Mary
Quant quanto per la Parigi del
Maggio francese. Da almeno un
decennio ha smesso di recitare:
“Semplicemente perché non
amo più il mio viso”, spiega
con l’elegante noncuranza del
suo status di icona. Jane Birkin
trae ispirazione da un suo vec-
chio film confessione del 1992
e mette in musica un bilancio
della sua vita straordinaria.
Sorprese, leggerezze, dolori
(quello travolgente per il suici-
dio della primogenita, la pro-
mettente fotografa Kate Barry,
nel 2013) confezionate in 13
piccole, dimenticabili filastroc-
che da bistrot.
CLAUDIA BONADONNA
56/100
RUMOREMAG.COM | 61

BLACK TO COMM
OOCYTE OIL
& STOLEN ANDROGENS
THRILL JOCKEY
“Voglio sovvertire la convinzione
per la quale la musica per instal-
lazioni debba per forza essere
S
atonale, astratta, di difficile frui-
zione”. Il musicista tedesco Marc
Richter questo fa in Oocyte Oil
& Stolen Androgens, suo decimo
album come Black To Comm.
Assemblato con composizioni
site specific, commissionate per
ambienti sonori (dal collettivo
a
multimediale Hasenbert, per la
videoarte di Seb Patane) e speri-
mentazioni sulla voce umana, il
ALEX MAAS
lavoro è un’emozionante sintesi
di musica acusmatica e soluzioni
electro pop, dove convivono la
voce di Gustav Metzger, omaggi
minimalisti al linguaggio nume-
rico di Hanne Darboven, synth
impazziti, ambient music e
LUCA
V
struggenti melodie al pianoforte.
BASIN ROCK Fragoroso, avvolgente, un bel
calcio ben assestato alle paluda-
te avanguardie della sound art.
ANDREA PREVIGNANO
Alex Maas è la voce dei
Black Angels, un gruppo 85/100
che i lettori di “Rumore”
y
conoscono bene stabilmente
presente da 15 anni nelle
liste delle migliori band
psichedeliche moderne.
I Black Angels sono il
gruppo che più di altri vanta
una discendenza diretta
con i 13th Floor Elevators.
Non solo per una ragione
BUSTA RHYMES
EXTINCTION LEVEL EVENT 2:
geografica (sono texani, e si
b
THE WRATH OF GOD
sente) ma anche per la loro CONGLOMERATE/EMPIRE
adesione “filosofica” al concetto di psichedelia e lo stile che
(Roky Erickson docet) si regge sull’uso dopato delle chitarre: Annunciato originariamente
vortici di fuzz, assoli dilatati, roba freak che vola alta e scon- addirittura sette anni fa, più
fina talvolta nello stoner. Musica per la mente svincolata dai volte rimandato, poi scompar-
tempi in cui viviamo. Nei Black Angels Alex Maas è una rotella so e infine eccolo qua. Il tanto
dell’ingranaggio (una delle più importanti) e con loro gioca discusso seguito di uno degli
pesante. In Luca, suo esordio solista, si chiude nel guscio e album maggiormente celebrati
firma un album intimo, lontano dall’onda d’urto dei Black all’interno della carriera di que-
Angels. Un disco nel quale la musica è ridotta allo scheletro,
sto veterano è finalmente nelle
dieci episodi di folk psichedelico poco più che acustico (c’è una
nostre mani. Buone nuove: l’at-
tastiera che fa da tappeto, un f lauto, qualche effetto distorto
tesa valeva la pena. Si tratta di
che sfregia il malinconico diffuso torpore, e poco più). Mi
un’opera di grande respiro, oltre
ricorda certe cose degli Allah-Las più decadenti, anche se la
20 tracce per quasi un’ora e 20
vena di Maas è meno languida. Ci sono tre brani di una bel-
lezza clamorosa, Slip Into, 500 Dreams e Shines Like The Sun di buona musica. Praticamente
(Madeline’s Melody), il resto è un campionario che riassume assenti filler di sorta, mentre
50 anni di tradizione e ricerca delle radici (nel caso di Maas, nutritissima è la schiera degli
la musica dei nativi americani). Solo in American Conquest ospiti per un album che viaggia
si avverte un legame diretto con i Black Angels, il resto è pura in tante differenti direzioni. C’è
introspezione. La voce fantasma di Maas e i suoni poveri delle il soul di You Will Never Find
sue ballate fanno di Luca un disco crepuscolare dall’alto peso Another Me con la Blige, e le
specifico che col suo folk triste e drogato scava, inesorabile. A carezze di YUUUU e Look Over
pensarci bene, tutto meno che una sorpresa. Your Shoulder rispettivamente
LUCA FRAZZI con Anderson Paak e Kendrick
80/100 Lamar, che si alternano con gli
schiaffi di Czar (dove troviamo
gli M.O.P.) e la follia di Slow
Flow. Ottimo ritorno.
DAVIDE AGAZZI
75/100
byVaSco
62 | RUMOREMAG.COM
c o
THE BUG FT. DIS FIG
IN BLUE
HYPERDUB
Kevin Richard Martin ipotizza
lo scheletro ritmico per un radio
show nel 2018. Incontro fra
teorie sci fi e tradizione giamai-
cana, a cui manca solo una voce.
L’occasione gliela offre la pro-
vocante DJ Felicia Chen. Nasce
una collaborazione che ger-
moglia per 20 mesi, vedendo il
ritorno di Martin alla Hyperdub
(già con loro ai tempi di Skeng
di The Bug, nel 2007). Mixato
dal produttore durante il lock-
down nel suo studio casalingo a
Bruxelles, in isolamento forzato,
diventa un vortice affascinante
di teorie del basso e avvolgenti
confessioni a notte fonda. All’in-
terno di una voragine di fumi
narcotici evocanti i King Midas
Sound, le seduzioni vocali della
cantante ipotizzano un possibile
dopo al Tricky in versione Near
God. Descritto dalla coppia
come Tunnel Sound, in cui di-
venta un piacere perdersi.
MAURO FENOGLIO
74/100
CALEXICO
SEASONAL SHIFT
CITY SLANG
I Calexico aprono garage e stu-
dio di registrazione alla ricerca
di nuovi orizzonti, come quelli
del loro deserto non fossero suf-
ficienti. Fanno bene: i brani più
stimolanti del loro ennesimo
album arrivano proprio dall’in-
terazione con altri artisti, scelti
in modo pertinente e intelligen-
te. Il divertissement è arricchito
in Sonoran Snoball da Camilo
Lara del Mexican Institute Of
Sound, la profondità di Heart
Of Downtown deve molto al
cambio di marcia imposto dalle
corde di Bombino, la guatemal-
teca Gaby Moreno è perfetta
per un cocktail dissetante in Mi
Burrito Sabanero, frizzante al
palato. A perdersi un po’ sono
le tracce realizzate in proprio
dalla ditta Burns & Convertino,
dai passaggi natalizi Christmas
All Over Again e Happy Xmas
(War Is Over) a Nature’s Do-
main e Hear The Bells.
PAOLO FERRARI
62/100
 o
RECENSIONI GLI ALBUM DICEMBRE 2020

PSYCH
PSYCH

DEAD FAMOUS PEOPLE
HARRY
FIRE
Nel caso dei Dead Famous Peo-
ple di Dons Savage il proverbia-
le debutto sulla lunga distanza
si è fatto attendere 31 anni.
c
DEATH BELLS
NEW SIGNS OF LIFE
DAIS
RED SPEKTOR
Con un roster in cui compaiono HEART OF RENEWED SUN
i nomi di Drab Majesty, Choir KOZMIK ARTIFACTZ
Boy e Tempers, la california- Da Stoke-on-Trent, da dove originarono i Dischar-
na Dais si sta costruendo un ge, Red Spektor fanno una cosa tutta diversa da

All’attivo finora, per la sigla
neozelandese, solo un singolo
su Flying Nun (1987), un mini
pubblicato nel 1989 dalla Utility
di Billy Bragg (best seller della
label) e una session per John
Peel, ammiratore di quel jangle
pop tra C86 e Phis Spector.
S
profilo di tutto rispetto fra gli
appassionati delle sonorità
wave più gelide e sintetiche.
In questo senso gli australiani
Death Bells si inseriscono co-
modamente in mezzo a band
post punk come SPICE e Private
World, pur senza il dinamismo
loro. Si rifanno a vecchie radici hippie, alla ricerca
di un fuoco rock blues che non si è mai spento. La
feroce passione negli assoli pervicacemente blues
di John Scane e il selvaggio e resistente odore
di un Hendrix “inglesizzato” (un po’ Fleetwood Mac e un po’…
doom), sono i punti di riferimento dei RS. In Warflower, scava
scava e ci trovi Purple Haze. Mentre Hell To Pay è una lenta
lacerazione blues alla James Gurley dei Big Brother & Holding

Dopo, per la frontwoman, ap-
parizioni voca li nei primi Saint
Etienne e un lungo iato com-
prendente, tra le altre cose, la
crescita di un figlio, l’Harry del
titolo. E quindi? Be’, tutto come
previsto, nel miglior senso
possibile: mezz’ora di luminoso
pop chitarristico old school
(mai manierista o forzatamente
a
dei primi, né la voluttuosità pop
dei secondi. Siamo dalle parti
del post punk più epigonico: il
modello di riferimento (vuoi per
le solide linee di basso, vuoi per
il baritono di Will Canning così
simile a quello di Paul Banks)
sono gli Interpol. La band, però,
gestisce il tutto con una legge-
rezza che rimanda alle tenta-
Company; anche se la voce non è quella di Janis. E questo è un
discorso più generale, perché alla band manca ancora uno/a can-
tante creativo/a. Non dissimili in fondo dai Child, se vogliamo
rimanere sull’acid blues revisited.
80/100
A CURA DI CLAUDIO SORGE
MUGSTAR RUFF MAJIK

V
vintage) che scivola limpido tra zioni new romantic degli ultimi GRAFT THE DEVIL’S CATTLE
melodie a presa rapida e acidule White Lies, trovando persino la CARDINAL FUZZ MONGREL
riflessioni sulla maturità. strada per possibili hit quando Dopo la Ci sento una
ALESSANDRO BESSELVA AVERAME più indugia su trame sintetiche. collaborazione sconvolta
75/100 DIEGO BALLANI con Damo influenza dei
69/100 Suzuki, è QOTSA, nei
cresciuto il Ruff Majik,
prestigio dei post grunge

y
Mugstar. Nel nuovo album
non presentano niente di
sostanzialmente innovativo
rispetto al loro precedente
lavoro, ma comunque sempre
interessante. Una ricerca
focalizzata su uno space
DEEP RIVER ACOLYTES DEMONIAC rock che vibra di nostalgiche
ALCHEMIA AETERNA SO IT GOES melodie psichedeliche, dentro
atipici. Cantano, delirano, le
loro storie di abusi e fallimenti
umani in un reticolo di riff
e accordi fuzz angolari ed
estrosi cori proto gospel/soul,
che danno alle loro canzoni
quest’aria caldamente violenta
e insana. Dei QOTSA trascinati
e rovinati hardcore, insomma

b
ARGONAUTA
Alchemia Aeterna, terzo album
dei tenebrosi doomsters fin-
landesi Deep River Acolytes,
combina bene un rauco strug-
gimento vocale da balladeer
con un’aspra heavytudine,
diciamolo pure, doom. Che ha
qualche riverbero dei Trouble
(sentite Verfurut). La voce ha
un’inflessione da Mark Lanegan
un po’ drammatica e autocom-
miseratoria; canta ballate rock
noir a tratti veramente heavy.
L’atmosfera tepidamente fune-
raria non è molto dissimile da
quella dei Crippled Black Phoe-
nix; come in Caught Somewhe-
re, che si trascina malinconica
e vagabonda in una radura di
ancient dark sound. Come an-
che nella conclusiva Cemetery
Earth, dove i DRA distillano
tutta la loro gloominess o, come
a loro piace chiamarlo, AOR
(Antichrist Oriented Rock).
CLAUDIO SORGE
78/100
EDGED CIRCLE
Salgono al proscenio questi
incredibili cileni con un’inedita
proposta neo prog thrash. In
questo che è il loro secondo
(vero) album, si conferma la
loro peculiarità nel saper com-
binare una vastità di spunti neo
prog in un rifferama affilatis-
simo e percuotente ai massimi
livelli di intensità/velocità
(chiamiamolo pure thrash).
Hanno un afflato a tratti litur-
gico; cambiano di continuo
tempi e atmosfere, in un puro
struggimento sudamericano,
a disegnare un complicato e
raffinato affresco di grandiosità
trans metallica. Prova ne sia su
tutto la roboante e drammatica
sequenza di So It Goes, la title
track: 20 minuti di cavalcata
epica e feroce, contrappuntata
da nitidissimi interludi neo pro-
gressivi. Non è puro neo thrash,
ma qualcosa di molto più arti-
colato e interessante.
CLAUDIO SORGE
78/100
flussi incessanti, dilatati,
ipnotici di pura materia
heavy psych. Sentite solo la
struggente Ghost Of A Ghost.
78/100
CAUSA SUI
SZABODELICO
EL PARAISO
Da certe recenti
dichiarazioni,
sembra quasi
che i Causa Sui
si vergognino
di certi loro
trascorsi acid psych. Come
se fosse (stato) spregevole
suonare heavy. Nel nuovo
album, la band abbassa il
volume degli ampli, abolisce
chitarre fuzz e wah wah e
diventa un trio jazz rock, un
po’ McLaughlin sedato, un
po’ fusion (come si diceva una
volta). Qualche oncia di furia
c’è ancora, ma per lo più si
perdono nei meandri di un
noioso impro jazz rock.
59/100
(Jolly Rodger). Ma c’è anche
altro pop grunge invelenito a
caratterizzare queste esplosive
canzoni.
77/100
ACID MESS
SANGRE DE OTROS MUNDOS
SPINDA
Immaginare un
mix di Calibro
35, Fuzz e
Radio Moscow.
Non male,
vero? Latin jazz
rock, heavy fuzz e debordante
acid psychedelia. Rispetto
a quelli che recensimmo un
po’ di anni fa, gli Acid Mess
sono molto cambiati. Si sono
evoluti, hanno trovato una
loro via originale. In brani
come El Reflejo De Su Piel
esplorano mondi etno/psych
e bazaar di suoni afrospanish
in un vortice di colori acidi.
Assonanze anche con i Black
Wizards.
80/100

byVaSco
RUMOREMAG.COM | 63

DOPE BODY
CRACK A LIGHT
DRAG CITY
Dopo lo scioglimento e quasi
cinque anni di assenza i Dope
Body (Baltimore, MD) si erano
fatti risentire in maggio con la
S
raccolta Home Body, canzoni
home made in media fedeltà
assemblate in lockdown. Ora
si fa sul serio con 14 brani che
riprendono esattamente da dove
IZZY
i quattro avevano lasciato con
Lifer: la voce abrasiva e tor-
mentata di Andrew Laumann,
a
& THE BLACK
l’affilato pigfuck scolpito sui
modelli del passato (la viziosa
e irresistibile interazione tra
TREES
basso e batteria in stile Jesus
Lizard) e del presente contem-
poraneo (l’impatto chitarristico
dei Metz). Jerbang, scelta come
singolo in Rete, è la perfetta car-
tolina: una punta di trapano sul
cranio, spietato noise rock pieno
TRUST NO ONE
V
di distorsione e riverberi folli
ANTENA KRZYKU che richiama l’immaginario da
wood goblins dell’indimenticato
Tad Doyle. Già un classico.
ANDREA PREVIGNANO
Mettiamola così. Se avete
visto e apprezzato Moonli- 80/100
ghting dovete ascoltare
y
questo disco. Se vi manca,
iniziate col recuperare la
pellicola di Jerzy Skoli-
mowski che si aggiudicò
il premio per la migliore
sceneggiatura al 35° Festi-
val di Cannes. La cantante
e chitarrista Izabela Izzy
Rekowska è l’equivalente del
ELBOW
LIVE AT THE RITZ
capo elettricista Nowak, in-
b
POLYDOR
terpretato da un imperioso
Jeremy Irons. Il chitarrista Mariusz Dojs, il bassista Łukasz Ora di live in casa Elbow, fra le
Mazurowski e il batterista Mateusz Pawlukiewicz sono gli ope- ricche sessions da quarantena
rai tumulati nella casa di Londra a lavorare dalla mattina alla di Elbowrooms e questa regi-
sera, ignari del casino che sta succedendo in Polonia. Sicurez- strazione del 2019. Peculiare già
za in se stessi, la spavalderia di chi non ha nulla da perdere dal locale, scelto più per mancu-
e una sana incoscienza caratterizzano il loro suono. Robusto nianissimo affetto che capienza.
rock’n’roll costruito sulle fondamenta di riff chitarristici E soprattutto per il formato
classici che amano perdersi nella nebbia noise e ricompattarsi
acustico, con tutti i granelli del
seguendo la melodia vocale di Izzy, come fa un branco natura-
setaccio sonoro del gruppo a
le di lupi sulle orme della femmina alfa. Nel primo singolo Pi-
guadagnare in definizione in
casso’s Octopuss, Izzy e gli Alberi Neri vestono panni da Stone
una scaletta breve ma piena di
Roses mitteleuropei piombati in un club di Berlino Est subito
classici. Non sorprenderà così
dopo la caduta del muro. Groove saturo di fumo e chitarre
usate a mo’ di machete per fendere l’aria viziata e aprirsi la nessuno Grounds For Divorce in
strada che porta fuori. Finalmente respirare a pieni polmoni, coda o il classico recupero della
addentrarsi con accortezza tra rampicanti color castagno nella vecchia Great Expectations, ad
stasi boschiva di King Of Gardens per poi ritrovarsi sull’uscio esempio, per quanto sia Magni-
del palazzo presidenziale (Mr. President) e farsi breccia con la ficent (She Says) a brillare più
forza magica degli incantatori di serpenti (Strangers Allow, di tutte spogliata dall’elettricità.
Kite Dancer). Non voglio cadere nel giornalismo pigro che Serata ideale per chi c’era, quin-
citerebbe il Patti Smith Group, come ha fatto Chelsea Wolf. Fa- di. Solo appena meno godibile
cendo il gioco delle similitudini, immagino piuttosto i Beasts per chi la scopre ora, se – ripor-
Of Bourbon cresciuti nella campagna del Dorset in compagnia tata senza cesure sul disco – gli
di Polly Jean Harvey. onnipresenti cori del pubblico
MANUEL GRAZIANI e i lunghi (per quanto spassosi)
78/100 interventi di Garvey spingono a
frequenti skip.
FRANCESCO VIGNANI
70/100
byVaSco
64 | RUMOREMAG.COM
c o
EARTHEATER
PHOENIX: FLAMES ARE
DEW UPON MY SKIN
PAN
Non fatevi trarre in inganno
dalla provocatoria copertina.
In realtà il quinto album di
Alexandra Drewchin, sperimen-
tatrice del Queens, è un bozzolo
d’intimità acustiche, riflessioni
su mutazione e rinascita Nato
durante le dieci settimane di
una residenza a Zaragoza (Spa-
gna), con l’ausilio di Marilu
Donovan all’arpa, Adam Mar-
kiewicz al violino e gli archi go-
tici dell’Ensemble De Cámara.
Gli acuti stregati della cantante
veleggiano su sognanti arpeggi
alla chitarra, che muovono dalla
weird (folk) America di Circuit
Des Yeux e Grouper, relegando
la nota ansia decostruzionista
agli intermezzi strumentali.
Episodi come Airborne Ashes,
Below The Clavicle, How To
Fight o Volcano sono fughe nel
mistero dell’apocalisse folk dei
Current 93.
MAURO FENOGLIO
74/100
FLYING VIPERS
CUTTINGS
MUSIC ADD/JUMP UP
Già noti come Destroy Babylon,
gli statunitensi Flying Vipers
inaugurano la nuova deno-
minazione con una lezione di
mimetismo. Un album fin dalla
copertina votato al culto del dub
di metà anni 70, agli effetti e alle
tecniche dei suoi protagonisti, al
suono analogico ed economico
di magnifici ensemble strumen-
tali come Aggrovators e Revo-
lutionaries, alle melodie e alle
atmosfere del reggae più roots
e militante. Sul serio, è forse la
cosa più vicina a quel mood mai
sentita. Di loro, i quattro aggiun-
gono melodie di sintetizzatore
e fiati non sempre così presenti
nella materia originale, figlia
di un percorso di svuotamento
irriproducibile. E una citazione
tristemente azzeccata in Two
Twenties Clash, che aggiorna
Two Sevens Clash per un anno
turbolento quanto il 1977 canta-
to dai Culture.
ANDREA POMINI
78/100
 o
RECENSIONI GLI ALBUM DICEMBRE 2020

c
FOALS JOHN FRUSCIANTE FUZZTONES HALF JAPANESE
COLLECTED REWORKS MAYA NYC CRAZY HEARTS
WARNER TIMSESIG CLEOPATRA FIRE

Se negli ultimi anni il concetto La scossa jungle e drum’n’bass Jukebox Fuzztones a New York Giunto al 19esimo album in ben
di rock band tout court è diven- degli anni 90, con epicentro a City. Rudi Protrudi riscrive 15 45 anni di attività, Jad Fair con-
tato obsoleto lo si deve anche al Londra, si è propagata anche pezzi che hanno fatto la storia tinua dritto per la sua strada,
collettivo di Yannis Philippakis. oltreoceano e a ricordarlo, cu- del r’n’r della Big Apple. E lo fa e aggiunge altre 12 canzoni di

Dal 2008 i Foals hanno saputo
imprimere un dinamismo alla
vecchia carcassa del pop inglese,
che unito al crooning soulful
di Philippakis ha dato vita ad
avvincenti anthems electro rock.
Il resto lo hanno fatto i remix: in
13 anni ce ne sono stati decine.
S
riosamente, è John Frusciante
che, a inizio anni Zero, fre-
quentava i rave di Los Angeles:
questo disco rende omaggio a
ritmi e suoni di quel periodo. Il
neocinquantenne ha dichiarato
di aver perso interesse a scrivere
testi e cantare dunque predilige
alla sua maniera, con quel suo
stile nostalgico e un po’ barocco.
Ci sono nuggets inestimabili.
Scelgo la New Kind Of Kick
dei Cramps, You Gotta Lose di
Richard Hell, Skin Flower dei
Fugs, due brani dei Dead Boys
completamente trasfigurati dal
amore e fantascienza all’elenco.
Brani che difficilmente gli por-
teranno nuovi fan nel mondo
musicale iperveloce e distratto
di oggi, ma che faranno la
gioia di chi già lo ama. Per la
sua attitudine punk stralunata
applicata all’indie, per la sua

Pare pertanto naturale che
questa tripla raccolta (somma
dei tre volumi pubblicati nel
corso dell’anno) rappresenti una
sorta di greatest hits apocrifo. In
22 brani, la musica del gruppo
subisce i trattamenti più dispa-
rati, passando dal synth pop
gommoso alle rarefazioni neo
soul, fino alle brezze baleariche.
a
comporre musica con il compu-
ter (vedi anche i lavori a firma
Trickfinger). Così, Maya a tratti
rievoca i primi lavori di Amon
Tobin, Squarepusher e quella
schiera di produttori musicali
più rumorosi e meno allineati
della scena bass/breakbeat di
circa 25 anni fa. Non c’è l’inti-
mismo sofferto di Frusciante ma
kitsch dark di Protrudi: High
Tension Wire e Not Anymore
(scordatevi l’irruenza arrogante
dei Dead Boys…), l’omaggio al
periodo Max’s Kansas City con
Wayne County (Flip Your Wig)
e la misconosciuta John Collins
Band (The Man In Me), una Let
Me Dream di Mink The Ville
con armonica blues, che non
eccentricità e le sue chitarre
sempre sull’orlo della scordatu-
ra, per le sue melodie inquiete
che serpeggiano fra distorsione,
ballate e richiami agli anni 80
di certa wave o certa psichedelia
virati pop. Crazy Hearts di suo
ci mette compattezza e cuore,
e numeri da greatest hits come
la molto classica Wonderous

V
Attraversando un range estetico
ed emotivo difficilmente raggiun-
to negli album pubblicati fin qui.
DIEGO BALLANI
82/100
l’apertura (Brand E) ha un che
di romantico e, man mano, af-
fiora sempre di più quell’inquie-
tudine che fa parte di lui.
LUCA GRICINELLA
70/100
ricordavo così bella, e la trasfi-
gurata 53rd And 3rd dei Ramo-
nes, stupenda, davvero un’altra
canzone.
CLAUDIO SORGE
81/100
Wonder, la saltellante And It
Is con il suo organetto garage,
l’incalzante title track.
ANDREA POMINI
75/100

b
PAUL MCCARTNEY
y
Circa due anni fa, in un momento di euforia monetaria ed emo-
zionale ormai consegnato agli archivi, comprai quattro biglietti
per il concerto di Paul McCartney a Lucca. L’intera famiglia. Più
di 600 euro, un’adorabile follia, nonché il tributo all’uomo che
più di chiunque altro ha saputo trasmetterci in egual parti amore,
rispetto e gioia per una pop song perfetta. Dio, che di sicuro ama
il reggaeton, ha punito me e chi come me per aver osato tanto.
La vicenda successiva è nota, voucher, beghe legali, intervento
a supporto (nostro) di Sir Paul, rimborso. Ogni tanto tiro fuori i
biglietti dal cassetto, indosso il costume e mi tuffo tra le onde della
malinconia e del rimpianto. Ma ora c’è questo, il III. 50 anni dopo
I e 40 dopo II, con lo stesso spirito di fare le cose da solo, per sé (e
MCCARTNEY III
CAPITOL

Long Tailed Winter Bird, passando per Pretty Boys, quintessenza

quindi per tutti noi) e lasciando traspirare il nettissimo profumo
di un Maestro che ancora si diverte, è curioso e ben sintonizzato su
quanto accade. Il disco è molto vario, sin dall’hard fingerpicking di
di “sguardo britannico”, e Women And Wives, per piano e universo
femminile. La voce ha, inevitabilmente, il riflesso degli anni, ma
è uno spettacolo vero immaginarla uscire dai suoi studi nella
campagna inglese, durante l’isolamento forzato (ribattezzato rock-
down), dove McCartney ha suonato tutti gli strumenti, incluso un
Mellotron già beatlesiano in Abbey Road e il contrabbasso di Bill
Black del trio originale di Elvis. Che dire del groove notturno di
Deep Deep Feeling ( from Marvin Gaye to Moses Sumney), del riff
Get Back/pub rock di Lavatory Lil o della maestria acustica di The
Kiss Of Venus e When Winter Comes? III non sarà rivoluzionario
come I o II, ma it’s a long and winding road e non Dio, ma Paul, sa
bene quanto ne abbiamo bisogno.
MAURIZIO BLATTO
78/100

byVaSco
RUMOREMAG.COM | 65
 o
GOTICA

GOTICA

BEN HARPER
WINTER IS FOR LOVERS
ANTI-
UNALEI
GALATEA Le pause, i racconti, i gesti
UNALEI piccoli accompagnati da respiri
profondi: il primo album in-
Federico Sanna oltrepassa il confine e raggiunge,
teramente strumentale di Ben
c
HEADIE ONE
EDNA
RELENTLESS
Il rapper di Tottenham approda
al primo album ufficiale, dopo
una serie di ben otto mixtape
inaugurata nel 2014, e culmi-

S
in un impeto rigorosamente romantico, la radice.
Harper gira sospeso in un mood nata nel recente e ottimo Gang,
Quest’ultima si definisce nel folk e nel corredo sinfo-
da colonna sonora di stagioni firmato con il produttore Fred
nico adeguato alla Terra. Meglio ancora, nell’astrarre
e viaggi, dell’inverno prossi- Again. Qui il ritorno alle sue
dal colore melodico mediterraneo e dalla cultura gre-
mo a venire come dei nostri origini drill – il sottogenere rap
co salentina (lo dice con orgoglio nella taranta gotica
movimenti nello spazio e nel preso di mira dalla polizia bri-
di Anarada) il sentimento che “santifica e glorifica” suoni, armonie e
tempo. La lap steel è essenziale tannica, che è arrivata a proi-
parole. Non viene tradito l’espressionismo delle origini, per intender-
protagonista che sa riempire birne i concerti – coincide con
ci quello caro al death gotico tramandato da Paradise Lost, Anathe-
ogni angolo e cambiare pelle una maturità artistica e umana
ma e Novembre, è messo piuttosto a nudo nella sua luce primigenia

a
mentre si muove tra i luoghi che gli consente di guardare al
(Lola ne è un cenno maestoso). Il tango di Gloria poi, nel mezzo del
che danno il nome a ciascun passato fra le case popolari e il
racconto, riesce con estrosa semplicità a integrare e rinvigorire quel
brano: il blues ossuto e teso di carcere con amarezza ma senza
sud d’Europa come non accadeva dai tempi di certi Moonspell (Wol-
New York, la sottile linea psi- prendere le distanze dalla sua
fheart), mentre Azalea è un viaggio omerico che sussurra canti al co-
chedelica di Bizanet, le assolate comunità. Fra l’appeal pop di
spetto di Ataraxia e Dismal.
rincorse pop rock di London, Ain’t It Different (con il suo
80/100 essere ovunque e in altri quan- campione dei Red Hot Chili
A CURA DI STEFANO MORELLI do soltanto chiudendo gli occhi. Peppers) e l’integrità hardco-
Se Toronto è una notte di atte- re di Triple Science, la sua
sa, Verona è risveglio e Paris la agilità verbale spicca anche nei
JACKSON VANHORN MITOCHONDRIAL SUN

V
pioggia appena finita. Visioni confronti diretti con ospiti gi-
AFTER THE REHEARSAL SJU PULSARER come magie da una chitarra ganteschi come Drake, e rende
MANIC DEPRESSION ARGONAUTA evocativa e solitaria capace di ancor più urgente e credibile la
Il prologo Hal- Niklas Sundin disegnare l’altrove. denuncia della conclusiva Cold.
lucinations e il pare abbia MARGHERITA DI FIORE GIORGIO VALLETTA
già singolo Sa- rintracciato un 82/100 83/100
turnine conce- nuovo principio
dono da subito estetico, a latere

y
le basi: andatu-
ra folk sinuosa alla Grant Lee
Buffalo (specie nell’uso della
voce), codifica dark wave alla
Echo & The Bunnymen/Clan
Of Xymox (quelli di Medu-
sa), sensibilità pop ikoniana.
VanHorn, già fondatore dei TV
Ghost, rivela una spiccata sen-
sibilità autorale nell’amalga-
dell’esperienza
coi Dark Tranquillity. Il
secondo atto di Mitochondrial
Sun difatti non solo concepisce
una spazialità sonora più logica
e futuristica ma si affina, è il
caso di dirlo, nella convergenza
espressionistica col metal
estremo (specie nelle pulsioni IXXF JÓNSI
post black). Gli otto movimenti IXXF SHIVER

b
mare le anime della coloritura
rock crepuscolare. Da seguire.
82/100
NERO KANE
TALES OF FAITH AND LUNACY
NASONI/BLOODROCK
Il canto
interiore
dell’anima folk,
ma vivificato in
una prospettiva
lisergico
mistica del doom, è una traccia
filosofica e spirituale che
avvicina Kane al sentimento
romantico del Cave più
minimale e dark blues, nonché
alla poetica surrealista di Rozz
Williams. Il contributo di
Samantha Stella proietta poi
oltre, in un cuore cinematico
allucinatorio e neopagano che
evoca Wenders, Lynch, Bartas
e l’ungherese Tarr.
83/100
66 | RUMOREMAG.COM
Pulsar mirano ad espandere
l’astrale dei Limbonic Art, nel
solco di un Vangelis del nord.
83/100
SCHONWALD
ABSTRACTION
MANIC DEPRESSION
Il tratto
distintivo,
l’electro
dark algida,
amplifica
la sintesi e
il legame con la dark wave
cureiana e le trame deathrock
(le prime Diva Destruction).
Ne scaturisce un codice pur
sempre fedele al distacco
onirico, ma decisamente
apocalittico e post punk
(inclinazione colta tra l’altro
anche dagli Ash Code). Ne
sono esempi espliciti No
Return, Inner Sin, Passion Of
Lovers e Reflex. L’assetto è
particolarmente lucido.
86/100
byVaSco
DESKPOP
Il produttore berlinese IXXF
comunica al mondo di “fare
schifo”. D’altra parte, il suo
singolo (uscito poco prima di
questo esordio lungo) s’intito-
lava Everything Sucks. Stanche
strategie di promozione che
ricalcano gli approcci del con-
cittadino Alec Empire e di tanti
altri agitatori un tanto al chilo.
Alla fine, si tratta di una man-
ciata di numeri costruiti su verti-
ginosi beat e glitch d’estrazione
trap, che ambiscono a disegnare
lisergici arcobaleni pop. A dare
una mano, uno stuolo di ospiti al
veleno (dolce) come Pussy Riot,
Catnapp, Galen Tipton, Jinka,
Lab Kebab e altri. Le vitami-
niche accelerazioni in BPM
cercano il gancio alla Charli
XCX, rimanendo al guado. Il
reggaeton tecnologico di Forever
Alone (con Recovery Girl) e Sad
Bitch (in proprio) non bastano a
sollevare dal grigiore.
MAURO FENOGLIO
50/100
KRUNK
Se dovessi riassumerlo con un
commento caustico, Shiver
sarebbe il disco elettronico
dei Sigur Rós, con tanto di
vocoder, synth arpeggiator
e beat belli grassi. Un’ aurora
boreale che forma la parola
James Blake nei cieli dell’Islan-
da. C’è anche da dire però che
questo è sicuramente il disco
meglio riuscito della carriera
solista di Jónsi. A differenza dei
precedenti capitoli dove il suono
era molto legato alla sua band,
qui costruisce un impianto tutto
suo partendo da zero, con la
preziosissima collaborazione di
A. G. Cook. Per avere un’idea
della rivoluzione messa in cam-
po basterebbe ascoltare Wildeye
o Salt Licorice, che si spingono
prepotentemente verso la tech-
no. Lascerà per strada i fan più
ortodossi, ma Jónsi ha trovato
la sua di strada e fila molto più
dritta degli ultimi album della
sua band.
LUCA DOLDI
73/100
 o
RECENSIONI GLI ALBUM DICEMBRE 2020

JULIA REIDY
VANISH
EDITIONS MEGO
Dopo i promettenti lavori pub-
blicati nel 2019 (In Real Life
e Brace, Brace), la talentuosa
chitarrista australiana (di stan-
KADAVAR
THE ISOLATION TAPES
ROBOTOR/PELAGIC
Bisogna cominciare dalla
playlist Spotify dei Kadavar
per capire The Isolation Tapes.
Can, Brian Eno, Kurt Vile, Neil
c
KHRUANGBIN KING GIZZARD & THE
LATE NIGHT TALES LIZARD WIZARD
LATE NIGHT TALES K.G.
CAROLINE
In un 2020 che l’ha già visto
protagonista della riuscita col- Il conto degli album degli au-
laborazione con Leon Bridges e straliani lo abbiamo perso, ma al
del discusso Mordechai, il trio netto di tutti i live pubblicati nel

za a Berlino) completa il giro.
Due lunghe composizioni da
un quarto d’ora circa ciascuna,
per disegnare nuove ipotesi di
avant folk. Il legno caldo della
12 corde e le algide traiettorie
dell’elettronica avant, due mon-
di apparentemente distanti, che
S
Young, Temples, Durutti Colu-
mn: c’è molto di tutto questo
nell’ispirazione che ha portato
alla scrittura del nuovo album.
La lunga inazione e l’isolamen-
to covid li ha fatti avvicinare a
mondi e musiche meno heavy.
Un’apertura tale che ora non
texano si concede a un’esplo-
razione delle proprie influenze
musicali attraverso il format
notturno di questa serie.
La selezione si apre in punta
di piedi con gli spazi dilatati di
Alice Coltrane e Carlos Santa-
na, per poi diventare una sorta
2020, K.G. è il primo album di
questo dannato anno. Tanto dan-
nato che anche se Stu Mackenzie
e soci lo avevano già concepito
nel 2017 durante il periodo di
Flying Microtonal Banana, le
registrazioni a distanza hanno
dato nuova linfa. Si torna a

qui trovano ragione d’incontro
e superamento dei generi. La
sostanza terrena di melodie
ancestrali, rimodellate per le
autostrade cosmiche del futuro.
In una teoria di chiaroscuri,
impetuosi crescendo di droni e
voce in autotune che si acquie-
tano nella placidezza acustica di
una chitarra sapiente, bagnata
a
sembrano più neanche loro. Lo
ha detto Lupus: “non sono più
interessato a costruire nuovi
walls of sound hard rock”.
Tutta la prima parte è una sorta
di blues interstellare; come
una ballata sedata di David
Gilmour, che poi si apre ulte-
riormente a momenti sinfonici
prog. Fino a canzoni space pop
di juke box globale. Nel quale
trovano spazio anche chicche
particolarmente ricercate, come
la disco pakistana di Nazia
Hassam o il funk/reggae del
nigeriano Maxwell Udoh, o
ancora la bizzarra cover d’epoca
del Battisti di Ancora Tu ad
opera di Justine & The Victo-
rian Punks (con lo zampino di
lavorare sui microtoni, che per
l’esattezza sono intervalli musi-
cali minori dei classici semitoni
che solitamente si usano. Ci si
insinua verso le lande turche
e medio orientali di quarti di
semitono con Minimum Brain
Size ma forti di una struttura
compositiva decisamente convin-
cente fino a Automation, che può

V
dai prati del monte analogo.
Maestria elettro acustica che ol-
trepassa il rigore del concetto,
per farsi materia fisica.
MAURO FENOGLIO
76/100
rock come Everything Is Chan-
ging, che sono forse il lato più
affascinante dei nuovi Kadavar.
C’è voluto coraggio a cambiare
così tanto.
CLAUDIO SORGE
79/100
Peter Gordon). Ed è di gusto
post dancefloor anche la loro
scelta di reinterpretare i Kool &
The Gang più raffinati, quelli di
Summer Madness.
GIORGIO VALLETTA
76/100
essere tranquillamente il classico
pezzo manifesto dei Gizzard.
Meno esercizio di stile e meno
esperimenti, ma tanta solida psi-
chedelia ibridata dall’Oriente.
NICHOLAS DAVID ALTEA
76/100

b
DARK BUDDHA RISING
y
Il ritorno dei Dark Buddha Rising alla cripta madre Svart, dopo
aver consumato una fugace esperienza con Neurot, coincide con il
loro album più difficile e, passatemi questo termine, destrutturato.
Sulla scia dell’ultimo progetto al quale hanno partecipato alcuni
di loro: Waste Of Space Orchestra. Che è stata, tra i due momenti,
l’esperienza introduttiva alla riconciliazione con Svart. I Maghi
delle Arti Nere della Psichedelia, ora ribattezzatisi Oscuri Signori
del Drone Psichedelico, questa volta respirano un’aria nuova. Più
densa e allo stesso tempo rarefatta (ossimoro?). Climax ideale per
il Buddha Oscuro. Con Neurot si erano sentiti, forse, imprigionati
in una trappola di aspettative, non riuscendo a sbloccarsi. V. Ajomo
a proposito di Inversum, l’album su Neurot, parla di implosione.
MATHREYATA
SVART

caricato di paure ancestrali e oppresso da inafferrabili magie

E questa implosione ha portato come reazione all’esplosione traci-
mata di Mathreyata. Qui la respirazione si allarga a dismisura. È
un viaggio nel buio cosmico. Un vertiginoso avanzare nell’ignoto,
nere. È l’entrata in un universo oscuro e minaccioso. Che nasce
storicamente con Careful That Axe Eugene dei Pink Floyd e passa
attraverso l’inferno pagano dei Neurosis. The asylum of eternal
feedback è una definizione che sintetizza perfettamente il suono
attuale dei Dark Buddha Rising. L’apertura, Sunyaga, è un kosmi-
co rituale pagano fissato su un ipnotismo maestoso e terribile, in
un tempo che sembra collegare arcaico passato e futuro; che, se
volete, è il concetto sotteso a molto di quello che hanno fatto gli
Ufomammut, peraltro molto diversi dai Dark Buddha Rising. Men-
tre Nagathma, sta manifestamente dall’altro lato della luna: i Pink
Floyd del lato oscuro. Poi, se mai vi capiterà di vederli dal vivo, è
quella la vera esperienza.
CLAUDIO SORGE
82/100

byVaSco
RUMOREMAG.COM | 67
 o
HIP HOP

HIP HOP

c
SARATHY KORWAR & LAKE MICHIGAN
UPAJ COLLECTIVE LADYBIRD
NIGHT DREAMER DIRECT-TO-DISC SESSIONS 1Q84
PUBLIC ENEMY NIGHT DREAMER
WHAT YOU GONNA DO WHEN THE GRID GOES DOWN? La 1Q84 prosegue nella sua
DEF JAM Un anno dopo l’exploit di More ricerca di talenti sconosciu-
Arriving - fra le cose migliori ti senza alcun discrimine di
L’importanza degli ospiti - RunDMC, Cypress Hill, del 2019 con il suo mix di jazz, natura stilistica: l’unico criterio

Mike D e Ad-Rock (in uno skit) ecc. – contribuisce
a rendere Fight The Power, remixata, una posse
track. Non si tratta di 20enni o 30enni ma va
preso atto che Chuck D ha 60 anni: chi avrebbe
mai creduto di vedere un rapper attivo alla soglia
dell’età pensionabile? A ridare, in parte, vigore alle rime c’è il
ritorno dell’impronta rock, che ha distinto il rap dei migliori
Public Enemy. La rentrée in Def Jam e l’aumento della tensione
S
elettronica e rap in varie lingue
- il batterista e percussionista
indo/britannico torna per la
serie della Night Dreamer alla
testa di un collettivo di improv-
visatori, che include Tamar
Osborn (Collocutor) al sax, i
Kefaya a chitarra e tastiere,
è l’assoluta mancanza di un
criterio. Quel che conta è la
sensibilità della band, la sua
forza evocativa e la tenacia nel
far musica al di fuori dei circu-
iti che contano, scelta che fino
ad oggi si è rivelata giusta. La
sesta uscita del catalogo 1Q84

a
sociale negli USA riaffermano questo tratto. Nei 44 minuti del Achuthan Sripadmanathan al
disco, il fuoco si spegne gradualmente, ma non si può preten- violino. La missione è quella di
dere la stessa energia degli anni 80 e 90, non per indulgenza o combinare il jazz spirituale e la
compassione, ma perché ora Chuck D e soci giocano in un altro grande tradizione della musica
campionato. classica indiana, riuscendoci be-
68/100 nissimo (nel quarto d’ora di In-
timate Enemy soprattutto). Ma
A CURA DI LUCA GRICINELLA la realtà dice anche altro: Flight
IC 408, per dire, è la “cover” di
una traccia drum’n’bass del ‘97
ARRESTED DEVELOPMENT FRANK NITT
(come sempre su cassetta) è
un nastro degli inglesi Lake
Michigan che non saprei come
descrivere, se non come un
incrocio lo-fi tra Ben Watt,
Momus e gli Eyeless In Gaza.
Otto quadretti intimi di post
punk (nelle intenzioni più che
nella forma) per animi gentili
ai margini del proprio tempo.

V
degli State Of Bengal; So Said Difficile dire di più: mi lascio
DON’T FIGHT YOUR DEMONS FRONTO LEAF BEATS VOL. 2 Said (dedicata a Edward Said) condurre dalle loro canzoni in-
VAGABOND DELICIOUS VINYL appare sia bella così com’è, sia certe lontano da questo 2020, è
28 anni dopo lo L’MC di Detroit in flessuoso remix house firmato più che sufficiente. Appuntatevi
storico esordio, cresciuto a Yoruba Soul. il loro nome.
Speech e com- fianco di J Dilla ANDREA POMINI LUCA FRAZZI
pagni/e, senza ha iniziato a 81/100 72/100
riflettori addos- dedicarsi al

y
so, dimostrano
di saperci ancora fare e di non
aver perso la voglia di espri-
mersi con il loro tipico stile che,
a parte qualche deviazione, non
è stato stravolto e conserva la
sua forza. A dare continuità
è soprattutto il tocco ricono-
scibile di Speech sulla voce e
sulle strumentali (curate con
beatmaking
proprio dopo la scomparsa del
suo mentore e con questa se-
rie giunge al secondo volume.
Hip hop puro e semplice fatto
per passione e con un’impron-
ta classica (per lo più ritmi
lineari e un paio di campiona- LIRAZ LITTLE BARRIE AND
menti a pezzo). Nitt fa parte ZAN MALCOLM CATTO
di quella schiera di artisti che

b
l’inglese Configa).
70/100
NAMIR BLADE
APHELION’S TRAVELING CIRCUS
MELLO MUSIC GROUP
Nell’approc-
cio musicale
di Blade le
parti rappate
non sono mai
scontate e fun-
zionano ma i brani rendono
al meglio quando si tingono
di soul e diventano riflessivi.
A parte una canzone, tutte le
produzioni sono dell’artista
di Nashville, che dimostra di
saper gestire il suo eclettismo
e di avere una grande passio-
ne per l’hip hop inteso come
“contenitore” e mezzo comu-
nicativo dal gran potenziale.
71/100
68 | RUMOREMAG.COM
GLITTERBEAT
tiene vivo lo spirito originario
dell’hip hop. Nata in Israele da genitori ebrei
63/100 iraniani immigrati, attrice di
fama e cantante, Liraz Charhi
celebra in musica la sua identi-
tà persiana, quella tramandata
KAARIS dalle donne della famiglia,
2.7.0 quella vissuta a distanza
OG nell’impossibilità di tornare. Ai
Uno dei pilastri cittadini israeliani è proibito
della trap l’ingresso in Iran, infatti, e agli
francese, prota- iraniani sono proibiti vari tipi
gonista di una di contatto con Israele. Ma se
nota faida con il primo divieto è insuperabile,
Booba (qui ali- il secondo viene aggirato col-
mentata in Réussite), pubblica laborando in forma anonima,
il sesto album. In quasi un’o- con pseudonimi, via Internet:
ra, musicalmente non spicca merito dei vari musicisti di
niente di nuovo, anzi la trap Tehran coinvolti clandestina-
prende le solite forme (tra pop mente o no, Zan è un album di
e sfumature latino/caraibi- pop persiano coi fiocchi. In cui
che). Tecnicamente Kaaris se strumenti folk e omaggi all’età
la cava sia con le rime serrate d’oro dei ‘70 vengono rimoder-
che melodiche ma a mancare nati con pompa sintetica, beat
è il coraggio di prendere una ballabili, melodie potenti e testi
direzione musicale chiara. di riscatto femminile in farsi.
54/100 Zan Bezan, ballate donne, ma
non solo.
ANDREA POMINI
80/100
byVaSco
QUATERMASS SEVEN
MADLIB INVAZION
Con sei pezzi su otto prati-
camente copia carbone l’uno
dell’altro, i resuscitati Little
Barrie, combo english che si è
sempre mosso tra groove R&B e
punk a volte post, lanciano que-
sta collaborazione con Malcolm
Catto degli Heliocentrics. Do-
potutto non così sorprendente,
viste certe non troppo sotter-
ranee affinità musicali tra loro.
Catto è il batterista del trio, in
questa che, a ben vedere, può
essere considerata a tutti gli ef-
fetti più che una collaborazione
una nuova versione dei Little
Barrie. Grazie a Catto, i Barrie
si sono spostati più sul lato acid
jazz di un sound che continua
ad avere forti valenze rock, con
punte fuzz persino abrasive.
Malcolm fa il suo metronomico
lavoro, minimamente “dubba-
to”; gli altri stanno un pochino
fermi su groove molto sci fi.
CLAUDIO SORGE
76/100
 o
RECENSIONI GLI ALBUM DICEMBRE 2020

AVA N T
AVA N T

c
LOCEAN LUSTMORD
TOP TEN ZEN MEDITATIONS + NICOLAS HORVATH
ARTIFICIAL HEAD THE FALL/DENNIS JOHNSON’S
NOVEMBER DECONSTRUCTED TASHI DORJI
Coca Cola, che apre spasmodi- SUB ROSA STATELESS
camente il secondo album dei DRAG CIT Y
mancuniani Locean, guidati dalla Tre soggetti avventurosi per Tashi Dorji (Asheville, NC), musicista di origine
svenevole vocalista Lauren Bol- una rilettura: Lustmord (Brian bhutanese da ormai 20 anni negli Stati Uniti,

ger, pare un brano estrapolato
dal primo LP dei Young Marble
Giants. L’album documenta
due set distinti di tensione, in
una stanza, tra i componenti
della band: potremmo definirlo
post rock espressionista, questo
viaggio tra le meditazioni zen
S
Williams), musicista britannico
cui viene attribuita la paternità
del genere dark ambient; Nicolas
Horvath, pianista e compositore
elettroacustico francese, a suo
agio con Satie e Curran; e Dennis
Johnson (1938/2018), pianista e
matematico americano, pioniere
è attualmente uno degli esponenti più in vista
dell’improvvisazione radicale per chitarra. La
chitarra acustica è il suo strumento d’elezione.
Nel corso della sua permanenza americana
ha collaborato con artisti come Aki Onda, C
Spencer Yeh, Marisa Anderson e Aaron Turner. Per il suo
primo lavoro per Drag City ha scelto di fondere la tradizione
folk americana con quella monastica buddhista, con il folklore

dei Locean. Minimalismo free
noise wave dai rimbombi e
rintocchi sinistri, come i primi
Sonic Youth di Confusion Is Sex
(Twenty Zen). Una struttura free
di analogici suoni dark con una
voce che salmodia e indulge tra i
registri del grottesco e dello iera-
tico (Sprruce Binsteen) e ingloba
umori di ballate astrattamente
a
del minimalismo e ispiratore di della sua tradizione rigsar, con l’approccio free jazz. Stateless
LaMonte Young e del suo lavoro avvicina mondi musicali lontanissimi, rivelandosi un efficace
The Well-Tuned Piano (1964). denominatore comune. E Statues Crumble, Heroes Fall, folle
Alla convergenza dei tre, la com- fingerpicking alla dopamina, ne è l’esempio più limpido.
posizione di Johnson, November 80/100
(1959), che Lustmord e Horvath
hanno “decostruito” per piano
ed electronics, sottoponendo A CURA DI ANDREA PREVIGNANO
l’originale a torsioni strutturali
(di Horvath) e a un confronto
REGENORCHESTER XII CHIHEI HATAKEYAMA

V
con materiali creati ad hoc, piani
blues (Officer) e post punk alla
sonori ambientali, field recor-
RELICS & DIRK SERRIES
Gnod (Looking For Melody). TROST BLACK FROST
Bravi. Anche se immagino che dings (di Lustmord). Horvath e GLACIAL MOVEMENTS
Williams sono in perfetta sintonia La
dovranno spingersi oltre. Regenorchester Il minaccioso
CLAUDIO SORGE con la filosofia di Johnson.
ANDREA PREVIGNANO
è un collettivo titolo della
77/100 aperto, attivo nuova
70/100 dal 1995, collaborazione
fondato dal tra Chihei

y
trombettista austriaco Franz
Hautzinger. Con la all star
line-up di Christian Fennesz,
Otomo Yoshihide, Luc Ex
(Ex) e Tony Buck (Necks)
l’orchestra Regen in Relics dà
vita a cinque improvvisazioni
MASMA DREAM WORLD DECLAN MCKENNA di grande potenza, materiale
PLAY AT NIGHT ZEROS ribollente, a volte massivo
Hatakeyama
(Opitope) e Dirk Serries
(Vidna Obmana), la seconda
su Glacial Movements (nel
2015, The Storm Of Silence)
è fuorviante. Nulla di più
luminoso si può immaginare
ascoltando le quattro tracce di
languide tessiture ambientali

b
NORTHEN SPY
Figlia cosmopolita del mondo,
Devi Mambouka viene cata-
pultata a 12 anni a New York,
assorbendo musiche di ogni
sorta, da giovanissima DJ nel
Meatpacking District. Da Toni
Braxton alle tecniche della
danza butoh, al potere terapeu-
tico della frequenza theta. Non
si pensi al suo esordio come ad
un divertissement esotico. Il suo
viaggio fra gli spazi della notte
è un invito a perdersi in un
universo atemporale. Drones,
teoria del basso e stratifica-
zione vocale. Voce che diventa
mantra fra le tastiere oscure
di Unwind, vento ad avvolgere
la marzialità di Becoming The
Magician (Atmosphere dei Joy
Division al cospetto dello scia-
mano), invocazione ancestrale
sulle strutture slowcore di RIP.
Oriente e occidente in dissol-
venza nella zona franca del jazz
scarno di Bear Lounge. Fascino
straniante.
MAURO FENOGLIO
70/100
TOMPLICATED
Se un difetto si deve trovare, nel
secondo album di questo aspi-
rante piccolo Bowie, è appunto il
fatto di non provare per niente a
nascondere i suoi riferimenti, così
che sembra di ascoltare un best
of brit glam dagli anni 70 a oggi.
Poco male comunque, il disco
scorre che è una delizia, fra me-
lodie catchy, sapiente alternanza
di pioggia di glitter e lume di can-
dela, produzione scintillante, e il
sempiterno fascino del racconto
in forma di LP: Zeros ambisce in-
fatti a essere uno Ziggy Stardust/
Tommy/The Wall per il nuovo
millennio, ambizione di certo
poco umile, ma il risultato è che
ci si appassiona alla sorte del mi-
sterioso Daniel, novello “alieno”
caduto in un mondo molto poco
accogliente. Degrado ambientale,
tecnologia ostile, post capitalismo
blackmirroriano... tutto luccica
nella galassia di McKenna, ma è
un luccichio che ammanta qual-
cosa di molto più oscuro.
LETIZIA BOGNANNI
77/100
byVaSco
(Relics), a volte più riflessivo
(Icon). Sul solco della post
impro odierna.
75/100
ROB MAZUREK &
EXPLODING STAR
ORCHESTRA
DIMENSIONAL STARDUST
INTERNATIONAL ANTHEM
13 anni dopo
il debutto, la
Exploding Star
Orchestra del
cornettista
Rob Mazurek
(Chicago Underground Duo,
Isotope 217) continua a solcare
in modo avventuroso quel
territorio dove si incontrano
la musica contemporanea, il
free jazz e la musica per grandi
ensemble. Mazurek si propone
come figura unica nel panorama
attuale della composizione
colta. Riduttivo ormai pensare a
categorizzazioni jazz.
70/100
(e in particolare Breen),
perennemente cangianti,
come carezze fredde, come
evoluzioni di ectoplasmi
sonori.
70/100
E-SAGGILA
CORPORATE CROSS
HOSPITAL PRODUCTIONS
Rita Mikhael/
E-Saggila, di
nazionalità
irachena e
naturalizzata
canadese, da
cinque anni sta scolpendo un
curioso ibrido elettronico.
Partita da una sponda gabber,
la sua musica ha mutuato
elementi di ambient music,
cracked electronics, glitch
e atonalità assortite, sub
bass, senza mai dimenticare
la dorsale ritmica delle sue
prime produzioni. Per una
volta il termine crossover ha
un senso compiuto.
65/100
RUMOREMAG.COM | 69
 o
WEIRD RNR

WEIRD RNR

MOĞOLLAR
ANATOLIAN SUN PART 1 & PART 2
NIGHT DREAMER
TRUE SONS OF THUNDER
IT WAS THEN THAT I WAS CARRYING YOU Per la serie Direct-To-Disc
TOTAL PUNK della Night Dreamer, sessioni
live in studio incise direttamen-
“Sour tunes for sour times by sour dudes”,
te su disco, un tuffo nel suono
c
ALANIS MORISSETTE
SUCH PRETTY FORKS IN THE ROAD
EPIPHANY
In fin dei conti cosa sono
spesso la musica, e l’arte tutta,
se non sedute di psicoanalisi
a porte aperte? Alanis Moris-

S
scrive la Total Punk. L’aggettivo sour ha diversi
psichedelico turco dei ‘70, con sette è proprio una di quegli
significati: aspro, acerbo, acido, tetro. Calzano
il gruppo che per primo lo ha artisti che non hanno paura di
tutti a pennello per il terzo album del gruppo
trovato e codificato. Influen- mettersi a nudo davanti al mi-
spontaneo di vecchie volpi di Memphis, guidato
zando un’intera scena a seguire, crofono, lo faceva quando dava
da Eric Oblivian e dal folle Joe Simpson (Rat
fino alla riscoperta degli ultimi voce ai suoi (e nostri) tormenti
Traps, ecc.). Questi uomini di mezza età dal nome di derivazio-
anni. Nati nel 1967 ed esplosi di gioventù, e continua a farlo
ne biblica, senza troppe pippe, rappresentano la delusione, la
intorno alla metà del decennio anche nell’età della (presunta)
rabbia e il caos che soffia dalle loro parti. E lo fanno al ritmo di
successivo, i Moğollar combina- maturità e compiutezza. Pre-
un noise’n’roll ripetitivo e asfissiante (Rattle Trap, Jet Set), dalle

a
vano nel loro Anadolu pop gli
sgraziate movenze garage (Shake Rag, Ran Ru), fino a inabis-
strumenti e le scale microtonali
sarsi nelle oscure profondità doom (Drugs In Space) e bruciarsi
del folk locale da un lato, il
nelle fiamme dell’inferno hc punk (Skate Rock) in un estremo
rock acido e il pop occidentale
atto purificatorio.
dall’altro. Tra saz e fuzz, e an-
80/100 cora in forma smagliante, Cahit
Berkay e soci riprendono in
A CURA DI MANUEL GRAZIANI mano per l’occasione il meglio
del loro repertorio d’epoca, e
in due giorni fissano 16 tracce
BRANDY DEEDEE &
sunta perché anche da adulto
e genitore nessuno può dirsi
immune da traumi e travagli di
sorta, ed ecco allora che a farci
sentire in buona compagnia
come in una seduta di gruppo
torna lei, che sempre in prima
persona e senza filtri racconta
depressioni, dipendenze, ma
anche sorrisi e guarigioni. Sen-

V
che suonano come una perfetta za allontanarsi dal suo pop rock
THE GIFT OF REPETITION THE ABRACADABRAS antologia. E a cui la produzione dal retrogusto costantemente
TOTAL PUNK DEEDEE & THE ABRACADABRAS di Murat Ertel dei Baba Zula dà nineties, rassicurante come
Chitarrista LE CÈPE/KIDS ARE LO-FI/BLUE END l’analista di fiducia.
un’ulteriore spinta.
e batterista Non depongono ANDREA POMINI LETIZIA BOGNANNI
suonavano bene la coper- 80/100 65/100
nei Pam- tina bruttina
pers, gruppo e lo scolastico

y
misconosciuto
su In The Red. Il bassista nei
Running, sempre roba oscura
giro Castle Face. Il trio di NY
martella un art punk ballerino
non spocchioso, farcito di noi-
se commestibile e garage so-
nico. Rimanendo nella Grande
Mela immaginate i Chrome
Cranks in modalità Devo che
strumentale
Leave Me con
cui i giovani francesi attaccano.
Ma si riprendono letteralmente
pezzo dopo pezzo, con un punk
dritto che gira fluido e affonda
i polsi nel weird garage ame-
ricano inzuppato di melodia MORTHEM VLADE ART MØZIZ
agrodolce (1.2.3.4., Child Of AFTERNOONS E-MOTION: TIME MACHINE
Child). Ancora meglio il lato

b
finiscono per sembrare un
incrocio tra Fall, Intelligence e
Viagra Boys.
74/100
LIQUID FACE
CRUMBLING STRUCTURE
GOODBYE BOOZY
L’australiano
Callum Donald
era il partner
in crime di Kel
Mason, alias
Gee Tee, nei
Draggs. Anche lui si è messo
in proprio con un synth punk
croccante, lo-fi e piuttosto
futuristico. Chitarra e sintetiz-
zatori giocano a rimpiattino,
con questi ultimi spesso in
evidenza (Power Trip), tra
batterie elettroniche martel-
lanti, suoni sintetici assortiti
e la voce scura di Cal che non
rinuncia mai alla melodia.
72/100
B con il ruggito vecchia scuola
Acid e la rognosa bassa fedeltà
di Nipples e Alien.
70/100
MODULATOR II
SLIVERED HEARSE
STOLEN BODY
Dei francesi
Dusty Mush e
Druggy Pizza
ho già scrit-
to da queste
parti. Romain
Duplessier e Cédric Bottacchi
(che qui canta, suona la bat-
teria e smanetta su un synth),
assieme alla bassista Maëlle
Puligny, si sono lanciati in
uno space rock interstellare
dalle parti del Ty Segall più
lisergico. Tenebrosi, psiche-
delici, weird e lo-fi al punto
giusto ma anche un filo pre-
vedibili e monotoni, almeno
su disco.
68/100
ANTONN
Costantemente attenti nel
promuovere una sintesi efficace
tra l’eleganza wave, il pop dalla
caratura adulta bowiana (l’otti-
ma Underworld) e il minimali-
smo electro dark d’avanguardia
(i Recoil nuovamente dietro
l’angolo in Lost Boys), Gregg
Anthe e Emmanuell D giungono
a quota otto. Rispetto all’an-
tecendente e crepuscolare In
The Blue Plains Of Paradise,
pubblicato giusto due anni
fa, Afternoons contiene una
sensibilità decisamente più
psichedelica e new romantic,
sebbene mai disgiunta dalla
visione sperimentale, cinemati-
ca o vaudeville (considerate la
coda di Dead Again e giratevi
verso Hunky Dory). Gli episodi
più frizzanti sono vere e proprie
gemme, che aggiornano le ori-
gini di Julian Cope, The The e
Echo & The Bunnymen. Quindi,
che aspettate?
STEFANO MORELLI
90/100
MØZIZ
Un nuovo talento arrivato dal
nulla. Mohamed-Lamine Ab-
del-Aziz Dosso è un produttore
di origini ivoriane, operativo nel
sottobosco della scena clubbing
di Montreal. Le notizie su di lui
sono al momento scarsissime,
limitate ad un profilo insta-
gram in cui lo si scopre anche
pregevole modello. Il titolo pro-
grammatico, spiegato nella sua
descrizione: “Un viaggio di un
essere emozionale in un’era di-
gitale”. Inevitabilmente si pensa
la gloria futurista della Detroit
dei maestri della techno anni
90. E non si va molto lontano.
Le 12 tracce rivelano notevole
padronanza di mezzi, nel mi-
scelare ritmi tecnici, ombre am-
bientali, malinconia dissonante
e scuro talento visuale. Il mar-
chio a fuoco dell’indimenticabile
epica della Motor City. L’uomo
e la macchina, ancora una volta,
in abbraccio catartico.
MAURO FENOGLIO
78/100

byVaSco
70 | RUMOREMAG.COM
 o
RECENSIONI GLI ALBUM DICEMBRE 2020

INDIE

MY MORNING JACKET
THE WATERFALL II
ATO
Dallo scrigno delle sessioni di
The Waterfall del 2015 emerge
solo ora un seguito. Non proprio
un classico lost album, nato
INDIE
c
AQUILES NAVARRO &
TCHESER HOLMES
HERITAGE OF THE INVISIBLE II
INTERNATIONAL ANTHEM SLEEPER & SNAKE
FRESCO SHED
Attivi in coppia da prima degli UPSET! THE RHY THM
Irreversible Entanglements, il La capacità di combinare passato e presente arri-
trombettista Navarro e il batte- vando a esibire un credibile incastro per le tessere

nell’isolamento delle scogliere
californiane di Stinson Beach.
Più un’appendice intima del
predecessore, distillata dall’opu-
lenza compositiva del periodo.
“Ho avuto torto per così tanto
tempo / Rischiando la vita per
il bene di una canzone” canta
S
rista Holmes chiudono insie-
me un 2020 che li ha visti già
protagonisti con il favoloso Who
Sent You?, secondo album della
band. Improvvisatori uniti da
quella che loro stessi definiscono
“telepatia”, i due lavorano liberi
su materiale in parte composto,
che portano alle configurazione di un suono per
il futuro, questo è il pregio maggiore (se vi pare
poco accomodatevi altrove) che un manipolo di
band sta evidenziando da qualche tempo a questa
parte. Minimo comun denominatore tra costoro? Area geografica
di provenienza: Australia. Gli Sleeper & Snake sono in due: Amy
Hill (Terry, Primo!) e Al Montfort (Terry, Dick Diver e UV Race),
scrivono canzoni pop il cui approccio storto e lo-fi restituisce un

Jim James, sempre sul filo del
disagio, nell’iniziale Spinning
My Wheels. Quasi a riassumere
i chiaroscuri della sua band.
Macchina perfetta dal vivo, mai
completamente risolta nella
composizione. Cosa confermata
da questo pugno di canzoni, fra
ambizioni sunshine pop, guizzi
d’autore (Feel You) e pesantezze
a
per poi arricchire il risultato formato da rubricare alla voce folk retro futurista, tra Raincoats
con sintetizzatori, campioni, e Moldy Peaches con un sassofono che ogni tanto spedisce il
conversazioni e qualche contri- tutto verso un altrove del tutto indefinibile.
buto esterno. Uscendone con un 81/100
ibrido molto personale di free
jazz, elettronica e collage vocali,
e con digressioni ugualmente A CURA DI ARTURO COMPAGNONI
stimolanti: il pianoforte solo di
M.O.N.K., le frenesie d’n’b con
voce soul di A Night In NY, il
R.AGGS DAVID NANCE

V
da vintage sudista col fiato corto groove incalzante e la melodia
//TAPE 1// JUST A LITTLE BIT OF... STAUNCH
(Wasted e Magic Bullet). La pro- liberatoria della toccante Pueblo. AUTOPRODUZIONE HONEY
messa di It Still Moves (2003) Chiudendo con un remix di TROUBLE IN MIND
continua a rimanere tale. Madam Data, frammento house Discorso
sotto certi Quinto
MAURO FENOGLIO sporco che è pura Chicago. album per il
versi analogo
60/100 ANDREA POMINI
rispetto a cantautore di
82/100 Sleeper & Omaha, luogo
Snake lo si che spartisce

y
potrebbe fare per Rachel Aggs
(Shopping, Sacred Paws e
Trash Kit nel suo curriculum),
scozzese di Glasgow, altra
terra mai avara nel fornire
spazio e spunti a talenti
artistici trasversali. Le 12
JIM O’ROURKE PHILIPPE PETIT & tracce incise sulla cassetta
MMXX – 07: MICHAEL SCHAFFER con cui esordisce da solista
ricordi
tra il passato remoto di
sprigsteeniana memoria e
quello prossimo, appannaggio
di Conor Oberst e dei suoi
Bright Eyes. David Nance da
parte sua esplora con discreta
disinvoltura la classicità del
primo facendo al contempo

b
IN ALL DUE DEFERENCE
MATIERE MEMOIRE
La prolificità del genio di Chica-
go, in ambito sperimentale, non
sembra avere cadute qualitati-
ve. Questa volta una suite per
Matière Mémoire, all’interno di
una serie che è sguardo sapiente
sulla musica più avventurosa del
2020, avendo già pubblicato in-
terventi di Phil Niblock, Charle-
magne Palestine e John Duncan.
Nella quiete del suo laboratorio
d’idee Steamroom, immerso nel-
la campagna giapponese intorno
a Tokio, l’artigiano del PC avan-
guardistico dipinge un nuovo
paesaggio d’affascinanti brume
elettroacustiche. In 20 minuti
circa, s’incontrano le sculture
d’ambiente di Harry Bertoia e gli
organismi algidi degli Autechre,
senza che la presentazione diven-
ti mai lezione pedante. Ancora
una volta, magistrale applica-
zione emozionale dei droni al
romanzo ambientale.
MAURO FENOGLIO
75/100
I costituiscono una forma di
LOPA LOKA
Cosmica e trascendenza sono le
due parole chiave che defini-
scono il quadro avanguardista e
dada/progressivo di I. Esplora-
zione analogica e al contempo
astrale di un sentimento, che
poi è visione interiore, figlio
delle volte progressive care ai
precursori teutonici ma attenta
a non tradire le contemporanee
complessità ambientali e noise
minimaliste (dove l’accento è tal-
volta inaspettatamente Z’EViano,
ossia post industrial organico).
Fautori ne sono Philippe Petit, il
cui genio è deducibile nell’o-
peratività sintetica, e Michael
Schaffer, le cui suture ambientali
non elidono il ricavo schulzeiano
(si consideri il movimento I - II,
qui è il concretismo elettronico
a creare immagini laddove, nel
primo Mortiis, primeggiava l’ha-
bitat minimal sinfonico).
STEFANO MORELLI
80/100
danza minimale eppure piena
di suoni. Da ascoltare con
attenzione.
77/100
LO TOM
LP 2
AUTOPRODUZIONE
David Bazan
è uno di quelli
che le cose ha
sempre voluto
farle a modo
suo: dopo
aver deviato in un altrove
indefinito e indefinibile la
sua creatura Pedro The Lion,
decide di riunire la compagnia
di una vita (Trey Many,
Jason Martin e TW Walsh)
per questa mezz’ora scarsa
di musica, vecchia e solida
quanto massicci e attempati
sono i suoi interpreti. Un paio
di chitarre che suonano come
fossero in quattro, produzione
spartana e nessun sottinteso.
64/100
leva sull’emotività del
secondo. Ne esce un ascolto
del tutto adeguato alle nostre
brumose albe autunnali.
74/100
THE COWBOYS
LOVERS IN MARBLE
FEEL IT
Nuovo mini
album a cinque
tracce per la
giovane band
di Bloomington
che di recente
ha occupato queste colonne
con un album a più ampio
respiro (Room Of Clons).
Le buone vibrazioni sixties
evocate allora (Kinks e
Zombies sopra ogni altra
cosa) miscelate a bagliori di
modernità (la voce rimanda
a Orville Peck) regalano
all’insieme un fascino discreto
e niente affatto fuori moda.
67/100

byVaSco
RUMOREMAG.COM | 71
 o
RECENSIONI GLI ALBUM DICEMBRE 2020

THE PHOENIX
FOUNDATION
FRIEND SHIP
MEMPHIS INDUSTRIES
Il settimo album della band
di Simon Flynn Scott certifica
l’eclettico gusto pop tipico dei
PINK SIIFU & FLY ANAKIN
FLYSIIFU’S
LEX
Dell’eclettico Pink Siifu mi è ca-
pitato di scrivere di recente, in
occasione del suo provocatorio
album ai confini dell’hardcore
POM POKO
CHEATER
BELLA UNION
Mai giudicare un album dalla
copertina, per fortuna. Tornano
i Pom Poko e non mollano quel
punk pop intriso di art rock che
c
PRAED ORCHESTRA!
LIVE IN SHARJAH
MORPHINE
Ricordate il nostro speciale
su Cairo, Beirut e dintorni, un
paio di anni fa? Sull’album che
segna l’ambiziosa trasformazio-

neozelandesi. L’iniziale Guru
vive di velluto dissonante, mar-
chio di militanza Flying Nun
(ai tempi di Happy Ending nel
2007). Ma già Miserable Meal
introduce (con grazia) ricette
Bacharach, fra archi, ottoni e
relax. Da lì, un dolce declivio
punk Negro, mentre Fly Anakin
– figura centrale della crew
Mutant Academy - è a sua volta
certezza consolidata del rap
underground statunitense.
L’attitudine sperimentale del
primo e l’affidabilità del secon-
do si incontrano in un album
S
ha reso il loro esordio così fol-
gorante. Cheater, che ha anche
anticipato l’omonimo disco,
ci consegna chitarre saturate,
andamenti irregolari e un con-
trasto di intenti terribilmente
affascinante: da un lato l’ur-
genza comunicativa, dall’altro
ne dei Praed (il libanese Raed
Yassin e lo svizzero Paed Con-
ca) in orchestra, ci sono quasi
tutti: Nadah El Shazly, Maurice
Louca, Sam Shalabi, Alan Bi-
shop, Radwan Ghazi Moum-
neh, Michael Zerang e Khaled
Yassine, più altri improvvisato-

di numeri da pop sofisticato
scritti con stile. Meno angolosi
ma mai banali. Hounds Of Hell
(con la conterranea Nadia Reid)
bussa alla porta (dei sogni) di
Tame Impala, Decision Dollars
e Transit Of Venus hanno
aperture armoniche da gran
orizzonte americano (qualcuno
citofoni ai Crowded House).
a
crudo ma rilassato, che ben fo-
tografa la sensibilità attuale del
suono hip hop più irregolare
e aperto alle influenze. Gli ap-
porti sonori di produttori come
Madlib, Playa Haze (notevole
il suo lavoro su una Richard
Pryor priva di beat) e Budgie, i
sapori neo soul e jazzy di cui il
disco è intriso, i contributi vo-
le venature noise che sembrano
soffocare la necessità d’imme-
diatezza. Il risultato è una ten-
sione costante in cui esplosioni
spigolose (al limite del math,
My Candidacy) si alternano a
momenti più melodici (Baroque
Denial). Bravi i norvegesi, che
hanno giocato facile fino a un
certo punto perché, se è vero che
ri europei di rango come Hans
Koch, Martin Kuchen e Ute
Wassermann. Con il loro aiuto,
la ricerca dei due su forme
popolari egiziane come shaabi e
mouled si concretizza e assume
forme atipiche, rispettose della
materia originale ma filtrate
dal background sperimentale
dell’ensemble. Le tracce si dila-

V
Landline azzarda un tiro sin-
tetico alla Metronomy. Nulla
che faccia gridare al miracolo,
certo, ma a sufficienza da miti-
gare il peso di certe giornate. E
va bene così.
MAURO FENOGLIO
72/100
cali di Fousheé e dell’incande-
scente Liv.e fanno di FlySiifu’s
una delle più gradite sorprese
dell’anno in questo ambito.
GIORGIO VALLETTA
85/100
il sound è rimasto quello di Bir-
thday, ci sono in questo Cheater
spunti interessanti per un futuro
brillante e imprevedibile.
FERNANDO RENNIS
78/100
tano (sette in quasi 100 minuti
di musica registrata dal vivo,
vinile triplo) ed esaltano le po-
tenzialità ipnotiche dei generi,
fino all’immersione totale.
ANDREA POMINI
81/100

b
ALLT ÄR INTET
RARENOISE

y THE END
I nomi coinvolti sono una garanzia: due quinti svedesi di Fire!
Orchestra, ovvero Mats Gustafsson (sax baritono, flauto ed
elettronica), protagonista e animatore inesausto dell’ultimo
ventennio di ibridazioni jazz/impro/avant, complice di Zu e Sonic
Youth tra i tanti, e la cantante di origini etiopi Sofia Jernberg,
affiancati dai norvegesi Anders Hana (Ultralyd, alla chitarra
baritono), Kjetil Møster (sax tenore, clarinetto ed elettronica) e
Børge Fjordheim (batteria, al posto di Greg Saunier dei Deerhoof
presente sull’esordio Svarmodoch Vemod Är Värdesinnen del
2018). Garanzie a parte, è l’esito di questo summit dell’avanguardia
nordica a entusiasmarci e fomentarci, dandoci conferma che,
oltre a quelli apertisi recentemente a Londra e a Chicago, il fronte
dell’intonazione e il langeleik – parente stretto del dulcimer - di
Hana tesse trame tanto oscillanti quanto tenaci. Poi però parte
l’artiglieria pesante, in una Dark Wish dedicata al jazzista Per
Henrik Wallin che è un continuo accumulo e rilascio di energie
ritmico/fiatistiche, tipo Michael Mantler suonato da teppisti. Nella
solenne e ombrosa Intention And Release la voce della Jernberg
oscilla tra compostezza madrigalesca e urla liberatorie, mentre la
title track ci trascina via con un poliritmico groove schiacciasassi
che fa pensare agli Ex. In chiusura, in una cover di Dewey Redman,
Imani, da un album Impulse! del 1973, il quintetto scioglie il
groviglio iniziale di voci e fiati sviluppando un intimo dialogo
tra voce e strumenti: un po’ il senso ultimo della musica totale
scandinavo del nuovo jazz, qualunque cosa significhi, è sempre imbastita dal gruppo.
agguerritissimo. Si parte con la tradizionale It Hurts Me Too, via ALESSANDRO BESSELVA AVERAME
Karen Dalton, raga folk sospeso in cui la voce è sempre al limite 85/100

byVaSco
72 | RUMOREMAG.COM
 o
BEATS
BEATS

c
PUSCIFER REFUSED
EXISTENTIAL RECKONING THE MALIGNANT FIRE
BMG SPINEFARM
ISOLA
Puzza di pretenzioso la defi- La band che preconizzò (o tentò EP1
nizione “progetto parallelo”, di farlo) “la forma del punk GODMODE
eppure è troppo comoda per a venire” nel 1998 – con un Lo pseudonimo cela la figura di Ivana Carrescia,
non utilizzarla in casi come disco che è per molti una pietra producer elettronica di origine italiana e con base

questo. Per cui i Puscifer lo
sono a tutti gli effetti e il fulcro
è il frontman dei Tool, Maynard
James Keenan. Questo è il
quarto album in 13 anni e spin-
ge l’acceleratore sull’anima più
trip hop, pop, dance e melodica
di MJK. Alla base di tutte le
S
miliare – torna a un anno di
distanza dall’ultimo album. Lo
fa con un lavoro interlocutorio,
un po’ attendista, concepito ori-
ginariamente come uscita per
promuovere un tour mai avve-
nuto (segnare tutto sul conto
del fottuto Covid). I Refused
nell’area di Las Vegas. Dopo una falsa partenza
come cantautrice (l’alias era quello di Eddi Front),
i sette brani di questo lavoro confermano come
la scelta stilistica degli ultimi anni sia particolar-
mente ispirata, permettendo alla sua voce vellutata di poggiare
su pattern fra house minimale e dub techno. I risultati sono
particolarmente convincenti dall’inaugurale Ischia all’avvolgente
Ricorda - Tell Me fino a una Any Day che non sfigurerebbe nel

composizioni c’è l’utilizzo di
synth/campionatori vintage
(Fairlight CMI, Synclavier…),
ma il sound è tutt’altro che cal-
do e ruvido: prevale un’algida
freddezza, tanto che la presenza
della batterista Sarah Jones
scompare in una coltre sinteti-
ca. Dei Tool non c’è nulla, ma
se amate electro pop, new wave
a
flettono i muscoli e, sostanzial- repertorio di Kelly Lee Owens. Ad assisterla è Nick Sylvester,
mente, ripetono la loro routine discografico e produttore già alle spalle di artisti emergenti come
hardcore/post hardcore come Channel Tres e Yaeji, ma la personalità di Isola è innegabile.
da copione – ma l’unica “arma”
sembra essere una cover rima- 80/100
neggiata degli Swedish House
Mafia, re dell’EDM nordeu- A CURA DI GIORGIO VALLETTA
ropea (il pezzo è Greyhound,
ribattezzato Born On The Out
con aggiunta di testo). Nulla
CALL SUPER FATBOY SLIM

V
danzereccia, il mood anni 80 per cui gridare al miracolo, in
EVERY MOUTH TEETH MISSING BACK TO MINE
meno fluo ed edonista allora tutta onestà: nella sua funzio- INCIENSO BACK TO MINE
vale la pena di avventurarsi nel ne di antipasto al live avrebbe
“bilancio esistenziale” evocato avuto più mordente, ma tant’è. Al suo terzo al- Smaltita la ter-
dal titolo. Mala tempora currunt. bum con questo ribile sbornia
ANDREA VALENTINI ANDREA VALENTINI
pseudonimo EDM, Norman
(mentre con- Cook ci regala
69/100 68/100 tinua l’attività una preziosa
parallela come escursione

y
Ondo Fudd), Joe Seaton
sembra prediligere sempre più
atmosfere sospese e struttu-
re ritmiche intricate, come
nell’esemplare Opperton
Swim o nella spiccata ansietà
che comunica Sleep All Night
J. PETER SCHWALM & SEAWAY With Open Eye. O ancora,
ARVE HENRIKSEN BIG VIBE quando il clarinetto del padre
nella sua ricca e variegata
collezione di dischi, attraver-
sando sei decenni in selezioni
che spaziano dalla Trojan – la
classica Monkey Spanner – ai
Go! Team, ovviamente inclu-
dendo rarità di provenienza
soul vintage (Eunice Collins
e Donal Leace) e jazz beat (la

b
NEUZEIT
RARENOISE
Composto in pieno lockdown
ricorrendo a lunghe telefona-
te e scambi di file, il sodalizio
discografico tra il compositore
elettroacustico tedesco J. Peter
Schwalm (ricordiamo il suo
Drawn From Life del 2001, con
Brian Eno) e il trombettista nor-
vegese Arve Henriksen (storico
componente dei Supersilent, car-
riera in proprio e collaborazioni
abbondanti tra cui Nils Petter
Molvaer e David Sylvian) nasce
da una riflessione sul tempo. O
meglio sul “nuovo tempo”, un
Antropocene che si affaccia su
crisi epocali. La tromba dai mille
accenti di Henriksen dialoga con
le pulsazioni e i contrappunti
di Schwalm, suggerendo una
riflessività proattiva: prospettiva
da cui l’“opportunità per rimet-
tere le cose a posto” appare non
consolatoria utopia bensì pratica
quotidiana rarefatta ma tenace.
ALESSANDRO BESSELVA AVERAME
70/100
PURE NOISE
Nei propositi della band canade-
se questo quarto disco avrebbe
dovuto incarnare “l’album della
vita”: un progetto coeso che
travalicasse il concetto di mero
spiedino di brani per attuare un
cambio di rotta che fosse artisti-
co e identitario al contempo. E
così è stato. Big Vibe rinfresca il
punk pop americano degli ultimi
20 anni semplicemente fortifi-
cando le intuizioni stilistiche del-
le tre uscite precedenti: davvero
nulla fuori posto, a partire dalle
bordate concilianti delle chitarre
che lubrificano i ritornelli come
Dio comanda (Sweet Sugar,
Pathetic) – persino nei momenti
liricamente più depressi (Sick
Puppy) – e una produzione
davvero accorta che, nell’evitare
derive smutandate, porta Ryan
Locke & Co. a competere quasi
ad armi pari con personcine
come New Found Glory e Four
Year Strong.
ANTONIO BELMONTE
72/100
David compare spiazzando
sull’altrettanto fragile Pay As
U Glow.
71/100
ZENKER BROTHERS
COSMIC TRANSMISSION
ILIAN TAPE
Nel loro se-
condo album,
i fratelli bava-
resi (fondatori
dell’etichetta
che ha lanciato
il talento di Skee Mask) realiz-
zano un emozionante viaggio
che prende le mosse da uno
scenario techno dub paranoi-
co per aprirsi ad atmosfere de-
troitiane e arpeggi vicini alla
trance. Come se la luminosità
di Reset e Let Loose volesse
dirci che la loro navicella
spaziale può superare anche
questa tempesta magnetica.
80/100
fantastica Smokey Joe’s La La
del Googie Rene Combo).
79/100
AA.VV.
RIVIERA TRAXX VOL. 5
MA JOR UNDERGROUND
A 23 anni dal
precedente
capitolo, torna
la collana dedi-
cata alla scena
house della
riviera romagnola, che negli
anni 90 attirò l’attenzione del
pubblico internazionale. A cu-
rare il tutto è Ricky Montana-
ri, coprotagonista di due delle
sette tracce, ma c’è spazio per
nomi nuovi e storici, da Flavio
Vecchi a Ino a Memoryman
aka Uovo: quest’ultimo pro-
tagonista di una Toro Seduto
dal sapore vintage house.
69/100

byVaSco
RUMOREMAG.COM | 73
 o
RECENSIONI GLI ALBUM DICEMBRE 2020

c
SECOND SUN SHYGIRL SIGUR RÓS THE SILENCE
KEMPEN GAR VIDARE ALIAS ODIN’S RAVEN MAGIC ELECTRIC MEDITATIONS
GAPHALS BECAUSE KRUNK DRAG CIT Y

Alla maniera degli Horisont, gli Della lunga serie di singoli ed Dal singolare al (molto) I giapponesi Silence battezzano
svedesi Second Sun fanno un EP pubblicati in questi quattro plurale, a vedere il recente il loro quinto album, che suona
accurato lavoro di rivisitazione anni, questo è il lavoro più com- lavoro solista di Jónsi seguito psichedelicamente ancora
di classici stili heavy metal/ piuto e maturo per la londinese da questo ORM. O dalle voglie diverso e fresco rispetto ai

rock dei 70’s; lontani dai cliché
e dalla banalità di certo metal
di successo d’oggi. Per quella
sua epica (e antica) dinamicità,
ad esempio, Sang Om Varen
sembra un mix di NWOBHM
e…Balletto Di Bronzo, anche
per le funamboliche parti voca-
S
Blane Muise. Non solo perché si
tratta di sette brani, ma per la
notevole capacità di attraversare
quella varietà stilistica implici-
tamente sottolineata dal titolo
concept di questa uscita.
Assistita da un parterre di
produttori che include il fedele
di rimettersi in discussione alla
riproposta di uno spettacolo del
2002 a Parigi, dopo un debutto
marchiato Reykjavik Arts Festi-
val per un’opera composta in-
sieme a Hilmar Örn Hilmarsson
(eroe locale già nei Current 93)
e al baritono di Steindór Ander-
precedenti. Tsumi To Warai
potrebbe essere un’introdu-
zione ai Pentagram, con quegli
accordi così doom; solo che un
sax delirante e la ripetizione
ne stravolgono la fisionomia.
Così come spiazza Butterfly
Blues: un groove heavy, in cui

li, che in altri frangenti peraltro
avrebbero potuto essere più
curate. E detto degli Who e Ted
Nugent rimescolati in chiave
epic rock, in Sla Tillbaks, a
tratti prende un po’ troppo la
mano la voglia di melodie nord
europee, sempre finalizzate a
una interpretazione aulica; che
non è però puro heavy metal,
a
Sega Bodega, qui Shygirl applica
le sue veloci e ironiche rime,
colme di sesso e materialismo
ma interpretate con impas-
sibile deadpan britannico,
al futuristico electro R&B di
Slime – con la collaborazione di
Sophie -, alle allusioni hardcore
techno di Freak come al trance
pop anni 90 rievocato in Siren.
sen. Perché tanti anni prima di
pubblicarlo (e perché nessun’al-
tra replica)? La risposta, dopo
70 minuti prolissi per il piacere
di esserlo, è abbastanza ovvia.
Fin troppo sterile il materiale,
fra un inizio sonnacchioso, una
parte mediana con gli strappi
ritmici e rumorosi del gruppo
a muovere almeno i registri e
spingono sax e flauti jazz rock
e chitarre wah wah. Poi è il
momento di tirare un respiro
con il soft jazz/soul Meido Nis-
shi, (soft fino a un certo punto,
perché le chitarre mordono) e
con la remota impro flautistica
Improvisal. Infine c’è la title
track, un colpo di genio: sul
tema ipnotico di Five To One

V
ma, alla fine, una sorta di
severo neo prog folk, tipo nella
marziale Kampen Går Vidare
(lo struggimento continua).
CLAUDIO SORGE
75/100
O a quell’inquietante Bawdy
prodotta da Karma Kid in cui lei
recita di “nasty feelings through
moving your body”.
GIORGIO VALLETTA
86/100
una coda tirata via senza troppa
cura. Inciampo di gioventù
vanitoso anche per gli standard
(piuttosto alti) dei Sigur Rós.
FRANCESCO VIGNANI
58/100
dei Doors, i Silence squader-
nano un vintage blues rock
portato a un totale livello di
saturazione. Come dire, altro
che meditazioni.
CLAUDIO SORGE
79/100

b
LIVE
INTERNATIONAL ANTHEM

MESSAGE FROM
THE DAOUI
MESSAGE FROM THE DAOUI
AUTOPRODUZIONE

y ANGEL BAT DAWID

& THA BROTHAHOOD
/ DAOUI
Che Angel Bat Dawid fosse qualcosa di più di una semplice com-
positrice e clarinettista jazz, pur intendendo il termine nella sua
interpretazione più moderna e aperta, lo si era capito benissimo da
The Oracle (2019). Un debutto straordinario, registrato da sola con
lo smartphone, uscito inizialmente solo in cassetta e digitale per
poi essere promosso otto mesi dopo dalla International Anthem
a uscita prioritaria in vinile e CD, evidentemente dopo aver preso
atto del coro unanime di recensori abbagliati. Ora però si va addi-
rittura oltre, con due album quasi contemporanei e molto diversi
che proiettano l’artista nata Angel Elmore fra i grandi di questi
tempi. Doppio registrato quasi tutto lo scorso anno al JazzFest di
Berlino, nel loro primo concerto europeo in assoluto, Live parte
Are Starzz triplica e oltre, London quadruplica fino ai dieci minu-
ti), inserendole insieme alle sette inedite (menzione almeno per
l’urlo free di We Hearby Declare The African Look, la febbrile Tha
Wicked Shall Not Prevail, le forme più classiche e gospel di Dr.
Wattz N’ Em) in una performance strabiliante per intensità e fero-
cia. Message From The Daoui, invece, narra le gesta di un popolo
che viene dall’Africa, dallo spazio e dal futuro, i Daoui appunto.
Con 40 minuti di musica in cui Angel oltre al clarinetto usa la voce
in diversi modi, rap incluso (!), mentre il misterioso produttore
Oui Ennui, anche lui chicagoano, stende basi inclassificabili. Che
uniscono la ricerca hip hop di Shabazz Palaces e Dälek, le frontiere
estreme di house e techno statunitensi, l’avanguardia elettronica.
da The Oracle per svilupparne temi e atmosfere. Riprendendone E il jazz che suonerebbero degli alieni arrivati oggi sulla Terra.
sei tracce su otto ma moltiplicandone la carica (là era da sola, qui ANDREA POMINI
a capo di altri sette musicisti), trasfigurandole e ampliandole (We 85-84/100

byVaSco
74 | RUMOREMAG.COM
 o
EXTREMA
EXTREMA

THE SMASHING PUMPKINS
CYR
SUMERIAN
Gli Smashing Pumpkins nel
2020 sono qualcosa di pro-
fondamente diverso rispetto
a quello che ci viene più facile
c
SPEEDWAYS
RADIO SOUNDS
ALIEN SNATCH!/BELUGA/SNAP!/HURRAH!
VENOM PRISON
La stampa specializzata inglese PRIMEVAL
sta riservando ai londinesi Spe- PROSTHETIC
edways un’attenzione morbosa. Potremmo definirlo il primo effetto lockdown,
Sono insieme da due anni e a quello che vede oggi molte band rileggere ed ese-

ricordare. E in parte è anche
giusto così. Dopo un discreto
Shiny And Oh So Bright, Vol. 1
/ LP: No Past. No Future. No
Sun. (2018), Billy Corgan si im-
merge col gruppo in un diluvio
incontrollato di sintetizzatori e
influenze 80’s a dir poco spro-
S
leggere certi articoli sembra che
nessuno suoni “new wave” come
loro. Il problema è proprio que-
sto: è vero, suonano la new wave
perfetta, come gli Attractions e
gli Squeeze ma…meglio. Questo
li rende irritanti. L’album, for-
malmente ineccepibile, mostra
guire il proprio materiale d’esordio.
Quasi a volersi misurare con la propria evoluzione
nel tempo. Per questo in Primeval si scopriranno
i Venom Prison in una versione più compatta, più
lineare, forse meno visionaria. Eppure, si svela la radice di una
delle migliori band estreme degli ultimi anni: Slayer e Converge,
in una soluzione decisamente più controllata e metallica. Va ad
aggiungersi alla scoperta di un percorso musicale che deve essere

positato. The Colour Of Love
è puro synth rock di qualche
decennio fa, Save Your Tears è
più asciutta e funziona meglio.
Ramona, il pezzo che spicca,
è cupo, e la voce di Corgan si
muove perfettamente ma con il
ridondante inserimento di syn-
th. Una scelta di campo, precisa
ed estrema per un doppio album
a
la freddezza tipica di chi esegue conosciuto.
un compito attento solo a non
commettere errori. E gli Spee- 70/100
dways non ne commettono, va
detto. È tutto in stile: copertina,
arrangiamenti, immagine, cori,
produzione, come essere nel ’79 A CURA DI MARIO RUGGERI
e fingere che il power pop sia la
musica più semplice, fresca ed
eccitante sulla scena. 40 anni fa,

V
dove le chitarre sono inserite forse. Oggi il rigore stilistico di
in un sistema synth pop/rock. Radio Sounds suona solo un po’
Sarebbe stata anche interessan- patetico. Sostanzialmente, un BRAVE THE COLD DEAD END AMERICA
te la retromaniaca visione 80’s disco finto. SCARCITY CRUSH THE MACHINE
ma così è eccessiva. LUCA FRAZZI MISSION TWO SOUTHERN LORD
NICHOLAS DAVID ALTEA 50/100 Da una parte i Il titolo di un
59/100 Napalm Death, capolavoro
con un album dei Pagans.

y
folgorante.
Dall’altra l’ex
Mitch Harris
con un disco francamente tra-
scurabile. Interessante nelle
intenzioni, poco stimolante
nella realizzazione, fatto di
grind e thrash con aperture
STAR FEMININE BAND SURFER BLOOD vagamente industrial, ma
STAR FEMININE BAND CAREFREE THEATRE
lontane da qualsiasi idea di
Una band che
speriamo abbia
vita lunga.
Steve Hanford dei Poison
Idea, Nick Oliveri, Mike
Williams, Blaine Cook degli
Accused A.D. e Tony Avila dei
World of Lies, uniti in funzio-
ne anti Trump. Utilizzando il
punk hardcore come mezzo di

b
BORN BAD
La storia è bella: un musicista
beninese, André Baleguemon,
organizza corsi di musica gratis
per le ragazzine di Natitingou,
remoto nordest del paese. Per
deviare un destino abbastanza
segnato di abbandono scolasti-
co, lavoro, matrimoni forzati e
maternità. Con le sette più mo-
tivate, oggi fra i nove e i 15 anni,
forma una band che dal nulla
diventa un gruppo vero, prova,
suona in giro. Fino a questo
primo album registrato nel
museo locale. La musica? Bella
anche lei. Fresca e vivace come
era lecito attendersi, positiva
anche nell’affrontare i temi seri
della condizione femminile. Più
affine al vicino Sahel che al funk
voudou di Cotonou, con echi
di rumba congolese e highlife,
un’aria garage energica e spon-
tanea che conquista e almeno
tre pezzi (Montealla, Iseo, Rew
Be Me) che lasciano il segno.
ANDREA POMINI
78/100
KANINE
novità. comunicazione e resistenza.
Riguardando indietro il per- 55/100 73/100
corso della band di West Palm
Beach (Florida), sa un po’ di
occasione persa. Sono passati
poco più di dieci anni dal loro
esordio e Astro Coast suona
LIK AUTOPSY
MISANTHROPIC BREED LIVE IN CHICAGO
ancora degnamente: un po’ METAL BLADE PEACEVILLE
Pixies e un po’ Weezer ma con
la Florida nel cuore. Carefree In Svezia, la Punto di rife-
Theatre arriva dopo Snowdo- tradizione non rimento essen-
nia del 2017 un disco di cover, muore. ziale per capire
ma potremmo dimenticarcelo Il segno degli la nascita del
molto velocemente anche se Entombed è death metal
la piacevolezza decisamente talmente pro- mondiale, gli
positiva è un punto a favore di fondo, da aver segnato almeno Autopsy dagli anni 80 si sono
tutto il disco. Le chitarre sfilano tre generazioni di musicisti. conservati bene. Lo hanno
dritte, in alcuni casi più affilate, Tra cui i LIK che realizzano dimostrato anche nei recenti
qualche riff che resta piantato forse il miglior ritorno del lavori in studio. Dal vivo, sono
in testa come in Karen fa ben crushing sound, da tempo. Un ancor più importanti. Doom
sperare ma non basta. Nel perimetro fatto di Entombed e heavy metal soffocati da un
brano In Tempest’s Eye arriva e Dismember, dal quale non ci groove pazzesco e suoni growl.
il synth ma nulla più. C’è quella si muove. Ma che è letteral- Come di consueto, grandis-
sensazione che in un altro mon- mente folgorante. simi.
do sarebbero potuti diventare 82/100 86/100
qualcosa di parecchio vicino
agli Shins, ma quella dimensio-
ne parallela resterà tale.
NICHOLAS DAVID ALTEA
61/100
byVaSco
RUMOREMAG.COM | 75
 o
RECENSIONI GLI ALBUM DICEMBRE 2020

c
TAPEWORMS JEFF TWEEDY ULVER LAURA VEIRS
FUNTASTIC LOVE IS THE KING FLOWERS OF EVIL MY ECHO
HOWLIN’ BANANA/ CRANES/COYPU DBPM HOUSE OF MY THOLOGY RAVEN MARCHING BAND/BELLA UNION

Bisogna ammettere che i fran- Racconta Tweedy di un lock- Non è semplice maneggiare “When I think of the end times,
cesi sono portati per il dream down normale, per quanto la materia Ulver, in quanto you come to mind...” canta
pop che si guarda le scarpe. Li possibile: gli ultimi ritocchi al cangiante e ardua da afferrare: Laura Veirs nell’unico brano di
aiuta l’indole esistenzialista, la suo secondo libro, uno show appena credi di averli inqua- questo suo undicesimo album

puzza sotto il naso e l’aver dato
i natali a Lætitia Sadier. Luoghi
comuni a parte, il giovane
trio di Lille si destreggia con
una freschezza leggiadra tra
scariche di elettricità shoegaze,
inserti glitch e agrodolci ninne
nanna. Pop e sperimentali
S
settimanale sul profilo Insta-
gram della moglie, il sostegno
concreto a Black Lives Matter.
Così come altrettanto normale è
il disco scritto nel periodo e re-
gistrato con quella che ormai è
un’azienda a conduzione fami-
liare, con i due figli ad aiutarlo
drati, tendono a sfuggirti. In
questo caso, però, in un certo
senso ci graziano riprendendo
un discorso intavolato nel 2017
con The Assassination Of Julius
Caesar. Questo nuovo album è
un tuffo nel suono immediato
dell’electropop anni 80 con
in cui è veramente sola. Una re-
verie per voce e piano degna di
una Joni Mitchell periodo Blue,
nella quale l’atmosfera e il tema
principe del disco emergono
in tutta la loro spoglia gravi-
tà. Abbiamo davvero bisogno
di un altro break up record

quanto basta nell’elettroni-
ca giocosa e ipermelodica di
Safety Crash e nei tramonti
fumo di Londra di Soba e
Round And Round. Non hanno
alcun timore di alzare polveroni
melodici generando cortocir-
cuiti chitarristici, come fanno
(bene) in Tapeworms, Crush
Your Love e Alternate Ending,
a
in studio. Senza troppe sponde
all’austerità quindi, visto come
a tratti era più povero l’eccel-
lente Warm del 2018, e molto
a sapere di piccoli scatti dalla
finestra a un mondo terrorizza-
to. In un album pensoso anche
nei momenti più routinari (e
country) e ispirato soprattutto
come quando come nel brano
tocchi gothic e new wave/new
romantic. Il mood è danzereccio
senza scadere nell’easy liste-
ning smaccato (anche se alcuni
brani sono così ruffiani e catchy
che non avrebbero sfigurato in
una playlist di hit d’epoca) e in
più di un frangente si evocano
i fasti dei Talk Talk e dei Depe-
che Mode d’antan. E quindi?
in questi tempi in cui siamo
tutti sull’orlo della rottura, se
non sentimentale sicuramente
emotiva? La risposta è sì, se a
parlarci di isolamento, solitudi-
ne, confinamento tra le proprie
emozioni e desideri non corri-
sposti è un’artista dotata della
grazia della Veirs. I testi non
sono leggeri, lo è per contrasto

V
abbassare la tensione nell’inter-
mezzo lunare Smiling Through
It All e lanciarsi senza vergogna
alla rincorsa degli Stereolab
con Palm Reading.
MANUEL GRAZIANI
74/100
omonimo o in Half-Asleep
torna a pestare i piedi ai Wilco:
brani intesi come materiale di
conforto, per quanto troppo
intermittenti.
FRANCESCO VIGNANI
70/100
E quindi vincono ancora loro…
non ci hanno sorpreso con una
virata, ma ci regalano otto gem-
me che paiono estratte da una
capsula del tempo.
ANDREA VALENTINI
81/100
una musica che avvolge con
delicatezza, melodie e raffinati
intarsi di archi e corde (tra gli
ospiti Jim James, M. Ward e
Bill Frisell). Splendido.
CARLO BORDONE
84/100

b
DANGEROUS
VISIONS
BRONSON RECORDINGS

y LIVE SKULL
“Sick of Sonic Youth / And Sonic Youth rip-offs”, recitava un breve
componimento scherzoso inserito da Thurston Moore su Alaba-
ma Wildman (2000), raccolta di poesie ed epigrammi. Seguiva a
quell’incipit un piccolo elenco di band, dal quale, se la memoria
non inganna, i Live Skull erano esclusi. Comunque fosse, era
inevitabile allora un raffronto con i più titolati concittadini ai
tempi, come lo è ora. I Live Skull, band noise rock partita proprio
come i Sonic Youth da suoni abrasivi post No wave, proprio come
i Sonic Youth sono gradualmente approdati a canoni più conformi
all’indie rock americano, trovando una via elegante e riconosciuta
come originale. Bringing Home The Bait (1985), Cloud One (1986),
Dusted (1987) e Positraction (1989) sono gli album consegna-
Bisi e lo scorso anno è arrivata la pubblicazione del primo lavoro
dopo quasi 30 anni dallo scioglimento, Saturday Night Massacre.
L’urgenza creativa di Mark C., non ancora esaurita, ha prodotto
un pugno di altre canzoni che, insieme a riletture di vecchi brani
(Debbie’s Headache), live (Day One Of The Experiment), outtakes
(Alive Again da Dusted), alternate mix (Tri Power) e Peel Sessions
(quella del 1989 con Thalia Zedek alla voce, con l’inedito Adema),
sono andati a formare la raccolta Dangerous Visions. I nuovi brani
scritti in pieno lockdown lo scorso aprile hanno nuova personalità,
come il post punk acido di Dispatches e quello apocalittico di Twin
Towers, o recuperano i suoni caldi e vibranti di quello britannico
come In A Perfect World. In attesa di ulteriori evoluzioni, un riem-
ti dalla band a quel periodo magico che vide l’edificazione del pitivo, seppure di lusso, per completisti.
cosiddetto “NY noise”. Nel 2016 Mark C., Marnie Jaffe e Richard ANDREA PREVIGNANO
Hutchins hanno riunito il gruppo sotto l’ala rassicurante di Martin 70/100

byVaSco
76 | RUMOREMAG.COM

VIVIANKRIST
ALABASTER WHITE
RITUAL PRODUCTIONS
Con un appeal occulto e
influenze industrial/techno,
la giapponese trapiantata in
Norvegia Viviankrist costruisce
i propri percorsi elettronici
proiettando un’ombra di sé che
non si è mai completamente
staccata dall’esperienza con le
Galhammer. Il nuovo lavoro
Alabaster White - al quale si
accompagna anche una serie di
nuove incisioni uscite per ora
solo su cassetta - ribadisce la
propensione per una techno/
elettronica scura, sinistra, ri-
verberata di riflessi gotici (Out
Of Focus piacerebbe certamen-
te ad Anna Von Hausswolff) e
dai ritmi tribali (Punk Inci-
dent), rifratta a tratti in una
sorta di minimalismo ambient.
Una formidabile varietà di idee
V
e di spunti informa il comporre
di Viviankrist. E in brani come
Strenght For Attitude mi ver-
rebbe persino di pensare a una
nuova idea di progressive.
CLAUDIO SORGE
80/100
y
M. WARD
THINK OF SPRING
b
ANTI-
Il cantautore americano riesce
a intingere brani originali e di
altri artisti nello stesso compo-
sto caldo e denso che è ormai il
suo marchio, fatto di voci quasi
sussurrate, strumenti acustici,
atmosfere delicate e notturne e
orologi senza lancette forgiati
tra le fiamme del suo mondo
senza tempo, ricavandone perle
di raffinata genuinità. Non ci
stupisce dunque che il nostro
resti fedele a se stesso anche in
questo LP pur rivisitando brani
resi celebri dall’immortale
Billie Holiday nel suo Lady In
Satin. In questo lavoro – che è
il secondo pubblicato da Ward
nel fatidico 2020 – il songwri-
ter intraprende un viaggio nel
cuore pulsante delle 11 canzoni
della “Lady” del blues, spo-
gliandole delle orchestrazioni e
del superfluo per far emergere
la loro essenza intima ricca di
melodie sommesse e preziose.
DORIANA TOZZI
75/100
THE WAR ON DRUGS
LIVE DRUGS
SUPER HIGH QUALIT Y
Che la si denigri come neotradi-
zionalismo d’accatto o la si ado-
ri incondizionatamente, è inne-
gabile che la creatura di Adam
S
Granduciel abbia ridato lustro
ad uno dei rami più apprezzati
dell’infinito albero genealogico
della musica americana. Quello
che unisce lungo una frequenza
in FM, i Fleetwood Mac più
radiofonici agli Eagles e a Tom
Petty. Avventura racchiusa
a
qui, per la prima volta, nei 70
minuti di un concerto, rico-
struito con amore da più di 40
registrazioni dal vivo fra il 2014
e il 2019, dall’amico di sempre
Dominic East. I trascinanti
numeri degli ultimi due album
che coabitano con Buenos Aires
Beach (tratta dall’esordio del
2007). La cover di Accidentally
Like A Martyr di Warren Zevon
che se la gioca con l’infinito
interludio strumentale fra Un-
der The Pressure e In Reverse.
Applausi.
MAURO FENOGLIO
75/100
WHITE HILLS
SPLINTERED METAL SKY
GOD UNKNOWN
Post Motorik Fuzz punk
sarebbe stato un bel titolo
per il nuovo album dei White
Hills. Peccato che, sebbene
nelle intenzioni avrebbe potuto
essere una cosa del genere - i
White Hills ne avevano tutte
le potenzialità - non è proprio
una cosa del genere. Splintered
Metal Sky mi sembra piuttosto
un disco dei… Nine Inch Nails
improvvisamente regrediti e
un po’ impediti, come dire,
totalmente depauperati della
loro lucida follia. Retroguardia
electro rock (“to imitate the
rhythm of the city the band cal-
ls home” – qualcuno ha scritto).
Sì va be’, i martelli pneumatici
e i vagoni della metropolitana
di New York che sfreccia-
no riprocessati in ritmi neo
industrial, usati per cantarci
sopra in un modo fintamente
deumanizzato. A parte Illusion,
che è una bella composizione, il
disco è totale disillusion.
CLAUDIO SORGE
55/100
byVaSco
o
CONFINI
CONFINI
c
FÉLICIA ATKINSON
EVERYTHING EVAPORATE
SHELTER PRESS.
C’è qualcosa di meravigliosamente criptico e spet-
trale nei lavori di Felicia Atkinson. L’ultima fatica
della musicista francese è incentrata, ancora una
volta, su spigolosi dialoghi tra pianoforte, elettroni-
ca, rintocchi di campane, gong o marimba e la sua
intima voce. Accenna e sussurra, sofferta e inquieta
su austere trame capaci di trasportare in una eterea e surreale
dimensione priva di luce e colori. Everything Evaporate è sospeso
tra realtà e immaginazione, minimalismo, foschia e illusioni eva-
porate nel vuoto, in contrapposizione a un linguaggio che, traccia
dopo traccia, diventa sempre più impalpabile. Un album, per certi
versi catartico, in grado di mettere a nudo l’apparente fragilità
emotiva di un’artista in cui poetica, onirismo e concretezza si
completano magistralmente. Estremo e visionario.
82/100
A CURA DI ANTONIO BRIOZZO
BLUTWURST ANDREA DICÒ/
ANABASI FRANCESCO CARBONE
KOHLHAAS TAKE THE LONG WAY HOME
SETOLA DI MAIALE
Il collettivo
fiorentino Take The Long
Blutwurst Way Home è
prosegue con il loro secondo
Anabasi, quar- album. Intorno
to lavoro di un alle strutture
percorso iniziato nel 2016, la di chitarra di
personale trasformazione di Francesco Carbone si stratifi-
modelli prevalentemente acu- cano micro suoni di vibratori
stici e in continuo mutamento. percussivi, archetti e altre
I tre movimenti dell’album diavolerie magistralmente
nascono da singoli suoni che manipolate da Andrea Dicò.
lentamente prendono forma, Ne derivano brani di visionaria
stratificandosi in claustrofo- e sperimentale improvvisazio-
biche sovrapposizioni di fiati, ne con lontanissimi accenni
pianoforte, percussioni, viola al post e kraut rock, come se
e cello. Immobilismo contem- a suonarlo fosse un allucinato
poraneo. Norman Westberg (Swans).
74/100 75/100
STEPHEN SHANNON/ HUNSTVILLE/YUKA
KEVIN MURPHY/ HONDA/NELS CLINE/,-
DAVID TURPIN DARIN GRAY/ GLENN
THE LODGERS KOTCHE
BURNING WITCHES BOW SHOULDER
HUBRO
The Lodgers
accompagna il Quando il de-
primo lungo- serto americano
metraggio di incontra la
David Turpin, tundra scandi-
presentato nava non può
al Toronto Film Festival nel che nascere un
2017, incentrato sulla vita disco come Bow Shoulder. Dieci
di due inseparabili gemelli anni fa due Wilco (Nels Cline e
condannati a isolarsi, entro la Glenn Kotche) incontrarono un
mezzanotte, nella loro stanza manipolo di pazzeschi musicisti
per non incorrere nell’ira di per registrare alcune jam, ora
una presenza sinistra che abi- pubblicate da Hubro in un
ta la casa dopo tale ora. Neo- lavoro che non accusa affatto i
classicismo, angoscianti ninne segni del tempo. Improvvisazio-
nanne e rintocchi pianistici ne, post rock, folk e avant jazz
come se Sakamoto incontrasse per un viaggio nel tempo tra
i Mohammad. polvere e fiordi.
73/100 78/100
RUMOREMAG.COM | 77
 o
ANCIENT PLASTIX JOHN BENCE
ANCIENT PLASTIX LOVE
MAPLE DEATH THRILL JOCKEY

Appena Ultimo

c
esordito da episodio
solo come di una
Doomsha- trilogia che
kalaka dopo descrive
gli anni caduta (di-
con Hot pendenze) e
Club De resurrezio-
Paris e Bad Meds, Paul Rafferty ne (rehab) personale, il disco di
raddoppia con un album com- Bence riversa un’avanguardia
pletamente diverso. Una sorta onirica su di un’ossatura clas-
di ambient fatto in casa, con sica. Spiritualità e fioriture jazz

S
registratore a cassetta, sinte-
tizzatore basilare e pedali per
chitarra. Paesaggi sonori vivi
e pulsanti, costruiti con spon-
taneità e calore analogico, ma
curati come piccole canzoni, in
bilico fra pace e inquietudine.
orbitano attorno a Walk, che si
prende l’onere di sintetizzare
un album in cerca di redenzione
ma profondamente sincero;
un non luogo in cui i silenzi
sono più importanti delle note
suonate.

a
ANDREA POMINI FERNANDO RENNIS
78/100 71/100

CHARLES WEBSTER TINO CONTRERAS

LA NOCHE DE LOS DIOSES
BROWNSWOOD
ILSA
PREYER
RELAPSE

Alla vene- Veterani

randa età della scena
DECISION TIME

V
di 96 anni, hardcore di
Fortino Washington
DIMENSIONS
Contreras DC - stori-
González camente tra
firma la le più vitali
Praticamente sparito dai sua prima in USA - gli
radar per quasi due decenni uscita internazionale, dopo una Ilsa da un po’ hanno abbracciato
prima di questo disco, il DJ/ carriera lunga e ricca di soddi- un’attitudine horror stretta-
produttore inglese non era

y
comunque andato oltre allo
status di artista di culto nei
più frenetici anni 90.
Decennio in cui, dopo aver
fatto tesoro dell’esperienza
di tecnico del suono per
giganti come Juan Atkins,
Derrick May e Kevin
Saunderson, iniziava il
sfazioni fra Messico e dintorni.
Batterista e compositore, Tino
incanta con sette nuovi brani di
grande jazz, amalgama perfetto
di movenze soul e tensioni free,
momenti espansivi e oscurità,
con le percussioni precolombia-
ne a sottolineare il concept su-
gli dei tradizionali dell’album.
mente connessa con il death
metal estremo (vedi i loro amici
Coffins). Dall’altro lato non sono
poi così distanti da band horror
doom come i Windhand. Ma
sono molto più brutali ed effe-
rati. Il loro nuovo album Preyer
viene testualmente definito: un
“concept contro questa società
cristofascista”.

b
ANDREA POMINI
suo percorso nel concepi- 80/100 CLAUDIO SORGE
re musica house refrattaria alle convenzioni, fino all’atipico 78/100
album All Systems Gone, firmato nel 1999 con l’alias Presence.
Bissato un paio d’anni dopo da Born On The 24th July, pub-
blicato a proprio nome. Da allora, soltanto EP e sporadiche KACEY JOHANSING JYOTI
collaborazioni. Decision Time riallaccia nel migliore dei modi NO BETTER TIME MAMA, YOU CAN BET!
il filo del discorso, disegnando un suono ancor più magneti- NIGHT BLOOM SOMEOTHASHIP CONNECT
co ed essenziale, in primo piano le geometrie percussive, la
rarefazione delle melodie e le voci dei numerosi ospiti. Fra Quarto Il terzo
questi, torna a essere della partita Shara Nelson (vedi i primi album per lavoro
Massive Attack), stavolta nel dub soul scarnificato di This Is l’autrice firmato
Real. Appaiono alcuni dei nomi più promettenti della scena di LA. Che dall’inarre-
sudafricana – Paese in cui Webster si è trasferito da qualche non spezza stabile Ge-
tempo – come Thandi Draai e Sio, quest’ultima in particolare il filo orgia Anne
evidenza nel lento incedere di Burning. Altrove, il leggendario d’Arianna Muldrow
Sipho “Hotstix” Mabuse, già stella del pop locale, aggiunge le che la lega come Jyoti
sue rif lessioni universali su una situazione sociale ostaggio al cantautorato americano più è anche il più interessante della
di forze opposte nella toccante I Wonder Why. E spicca la rilassato (Fleetwood Mac e Ca- serie, per la naturalezza e attua-
presenza di Ingrid Chavez, già musa di Prince e compagna di role King su tutti). Produce Tim lissima urgenza con cui fonde
David Sylvian: è il suo visionario testo spoken word ad accen- Ramsey (Vetiver), aiutano Todd jazz, soul e hip hop. Eloquente
tuare ulteriormente l’incanto di The Spell, brano che chiude Dahloff (Devendra Banhart) la scelta di sovrapporre dei beat
la scaletta prima nella versione originale, poi in una sublime e Amir Yaghami (The Voidz) a due composizioni di Charles
rielaborazione di Burial, fan dichiarato del sopracitato album fra gli altri. Melodie morbide e Mingus in altrettanti “Geemix”,
di Presence. La ciliegina sulla torta di un disco di notevole accoglienti, come uno sguardo mentre pare riferirsi ad Alice
fascino notturno. sull’oceano mentre si attraversa Coltrane (che ispirò questo suo
GIORGIO VALLETTA
Big Sur, sulla Highway 1. Tradi- pseudonimo) la splendida This
zione che scorre dolce. Walk.
89/100 MAURO FENOGLIO GIORGIO VALLETTA
70/100 80/100

byVaSco
78 | RUMOREMAG.COM
 SUONA ANCORA

o
RECENSIONI IN BREVE DICEMBRE 2020 IL MEGLIO
DEI MESI PASSATI

LASER DRACUL NEON BONE OPIUM WARLORDS

HAGRIDDEN MAKE IT LAST NEMBUTAL
MA JESTIC MOUNTAIN MONSTER ZERO SVART

Grezza C’è l’idea Chiaramente

c
versione che il pop influenzato
epic doom punk sia dai Cathe-
di un mix roba tutta dral (20
tra Grand uguale per minuti di
Magus e 40enni mai marcia doom
Saint Vitus. cresciuti. funeraria,
Tinta di Ni. I tede- tra riff squa-
occulto sabbathismo. E con un schi Neon Bone hanno un retro- drati nel marmo) A Heavy Heart
organo doloroso che accompa- gusto malinconico tremenda- non è il brano più interessante né MOLCHAT DOMA
gna il rito, in un wall of sound mente melodico, vicino a certo quello più emozionante di que- MONUMENT
demolente. A tratti bombastici college rock stile Weezer (Baby sto ritorno degli ex Rev Bizarre

e impenetrabili come i Tom-
bstones, con qualche pennel-
lata alla Masters Of Reality,
i Laser Dracul ci regalano un
piccolo gioiello come High Tide
Striding: cripta infangata da
coagulato sangue doom.
S
Don’t You Cry, Surrender To
You). E sono molto portati per le
armonizzazioni vocali alla Beach
Boys (You’re Eating My Brain,
It’s Up To You). Per chi gradisce
questa roba, ottimo Ramonesco-
re nostalgico.
Opium Warlords. Solo quello più
tradizionalmente doom. Sarah
e Solar Anus sono ad esempio
puri, monastici post rock. In
generale un’eccessiva prolissità
e un po’ di pretenziosità rendano
l’ascolto totale di Nembutal un
po’ faticoso.
SACRED BONES
Un sound che, per quanto
nostalgico, è in grado di cre-
are inediti parallelismi fra
l’Inghilterra dei primi ‘80 e
l’attualità dell’Est Europa.

a
CLAUDIO SORGE MANUEL GRAZIANI
75/100 73/100 CLAUDIO SORGE
73/100

PHILIP PARFITT PRIVATE WORLD STEVAN

MENTAL HOME RECORDINGS ALEPH ONTOGENY
A TURNTABLE FRIEND DAIS ASTRAL PEOPLE RECORDINGS

Meriterebbe Il duo L’eclettico

molto di più, gallese crea produttore

V
uno come la propria australiano
Philip Par- rilettura del ci racconta
fitt. Purtrop- nuovo pop la sua “on-
po la carriera britannico togenesi”
dell’ex Per- anni 80, attraverso
fect Disaster con tocchi questo
(nonché collaboratore di nomi new romantic e sensibilità secondo lavoro, in cui inanella
come Nico, Spiritualized, Sonic sophistipop, e però, questo il sette nuovi pezzi morbidi e sen-

y
Boom, My Bloody
Valentine ecc.) non è esattamente
improntata all’iperproduttività.
Un disco come questo è quindi un
gioiello raro, incantevole carezza
pop folk cantautorale tra Leonard
Cohen, Smog e Robyn Hitchcock.
CARLO BORDONE
82/100
bello, più che una riproduzione
in vitro la loro è una ipotesi
ucronica, in cui Bill Nelson
incide Avalon e David Sylvian
guida gli It’s Immaterial. Dura
mezz’ora e scende giù così bene,
tanto è elegante e raffinata la
scrittura, che quasi uno non se
ne accorge.
suali dall’afflato onirico.
Sinuose linee melodiche oscilla-
no tra caldo pop e R&B intimista
tracciando percorsi frastagliati
e notturni verso suadenti pano-
rami costruiti su impalcature
elettroniche. Un ulteriore passo
avanti nella giovane carriera
dell’artista.
TOUCHÉ AMORÉ
LAMENT
EPITAPH
Un’empatia fortissima, la
musica come pezzo di vita
vissuta dall’ascoltatore.
Anche in questo quinto
album, il più ragionato e

b
ALESSANDRO BESSELVA AVERAME DORIANA TOZZI
“adulto” di tutti.
73/100 70/100

SURPRISE CHEF ISRAEL VINES YAWNING MAN

DAYLIGHT SAVINGS AND NOW WE KNOW NOTHING LIVE AT GIANT ROCK
MR BONGO INTERDIMENSIONAL TRANSMISSIONS/ HEAV Y PSYCH SOUNDS
EYE TEETH
Che a Durante
Melbourne Il primo il (primo)
ci sia una album lockdown
vivacissima dopo un covid gli
scena fra decennio di Yawning
jazz, funk 12” proietta Man hanno
e R&B non Vines fra registrato
è più una i nomi da nei deserti
novità. Sul lato più vintage seguire del del mojave questa sognante ed
dell’ambito si posiziona il quar- panorama techno USA, con eterea soundtrack rock. Mutatis
tetto rivelatosi lo scorso anno i suoi 50 minuti di muscoli e mutandis: un po’ quello che
con All News Is Good News. cervello in parti uguali. Roba fecero i Pink Floyd con il Live
I groove strumentali del loro molto underground, in cui At Pompei (1972). Cinematic
secondo album ne ribadiscono confluiscono sia l’educazione sound degli spazi sconfinati. E A. G. COOK
la vicinanza stilistica ai BadBa- rave detroitiana dell’uomo, sia se vogliamo, un po’ colonna so- APPLE
dNotGood e al maestro David il suo sguardo verso quello che nora per documentari “National PC MUSIC
Axelrod, in evidenza Deadlines è successo nel frattempo in Geographic”. Non capisco poi
e la dinamica jam percussiva Gran Bretagna: techno locale, perché uno dei brani più belli si Nell’anno più medievale del
Leave It, Don’t Take It. hardcore, jungle, breakbeat, intitoli Nazi Synthesizer. nostro presente recente, un
GIORGIO VALLETTA bass. Se avete a cuore il genere, CLAUDIO SORGE
soffio d’ottimismo irrive-
essenziale. rente, per un futuro che è
70/100 ANDREA POMINI
72/100 ancora pagina bianca.
78/100
byVaSco
RUMOREMAG.COM | 79

TREECOLORE DISCO DEL MESE
GIORGIO CANALI & ROSSOFUOCO
V
SOFFIANO VENTI INCANDESCENTI
DI ROCK ANARCHICO E COMBATTENTE
y
b
GIORGIO CANALI
& ROSSOFUOCO
VENTI
LA TEMPESTA DISCHI
2020 lo hai sfidato? E Canali ti risponde
con 20 canzoni che come solito e per
usare un eufemismo non le mandano a
dire. La cosa sorprendente dell’artista
ferrarese è che riesce a coniugare una
rabbia viscerale alla dolcezza più pura;
dolcezza un cavolo, replicherebbe proba-
bilmente lui borbottando, ma tant’è. Ha
un fuoco dentro che lo fa muovere come
DI BARBARA SANTI - FOTO DI ROBERTA CAPALDI
80 | RUMOREMAG.COM
S c
a
se fosse un ragazzino: impestato, natu-
ralmente. Un’energia, una testardaggine,
un bisogno autentico di esprimere ciò
che ha nello stomaco, che lo tormenta,
che lo fa rimuginare, che gli brucia den-
tro come fosse benzina. Quello stesso
bisogno che gli fa prendere a testate il
microfono fino a procurarsi un segno
sulla fronte, se necessario. Talvolta è
difficile condividerne i contenuti, per
esempio quando si riferisce a una pre-
sunta militarizzazione del paese, ma è
una prospettiva estrema la sua, e non è
certo una novità. È una prospettiva anar-
chica. Perfettamente calzante e coerente
con la persona e il personaggio. Con il
suo temperamento. Sa essere spietato,
incazzoso, battagliero, ferocemente criti-
co, provocatore, dissacrante, ma mai di-
sincantato sino in fondo. Perché capace
di commuoversi e commuovere, poetico,
romantico. Pur portando comunque
avanti a testa bassa le sue ragioni, condi-
visibili o meno che siano.
E in ogni caso, a partire dalla nostalgica
Eravamo Noi che apre il disco sino ad
arrivare all’intima Rotolacampo che lo
chiude, i brividi si fanno sentire.
Tra riflessioni ad alta voce, memorie,
storie, attualità, politica, amori, dolori,
maledizioni e moccoli, tra r’n’r dalle
tinte accese, assoli criminali e radici folk
combattenti, scorrono 20 ballate compo-
ste e incise a distanza e da diverse parti
byVaSco
o
del mondo, perché figlie di una prima-
vera di isolamenti, o meglio del Grande
Panico Globale del 2020, come lo ha
definito lui. Nate dall’estro di tutti, dal
talento di Canali e dei Rossofuoco, uniti
ancora una volta, seppure lontani fisica-
mente. Canzoni che non si dimenticano
di indagare tra le pieghe dei sentimenti,
permeate dal trasporto, da quel rosso
incandescente che è il suo colore.
Ma anche da una dimestichezza con la
scrittura che è oramai assodata, così
come la padronanza degli strumenti con
i quali i nostri disegnano trame diverse.
Dal folk rock cantautorale americano,
al combat, al blues, al punk rock, a sfo-
ciare in divertissement spagnoleggianti
(Morire Per te). Il risultato è un doppio
album decisamente eterogeneo, fatto di
tante parole, chitarre, altrettanti pensie-
ri, molti mugugni, e un cuore grande e
colmo. Colmo di esperienza, di ricordi,
di idee, di carattere, di passione, di ur-
genza, di sarcasmo, di insofferenza.
Ma certamente, e nonostante tutto, un
cuore mai stanco né arreso.
76/100

TREECOLORE GLI ALBUM DICEMBRE 2020
CAMPOS
LATLONG
WOODWORM
“Figlio del fiume… l’eco dei
boschi non aver paura di
ascoltare, di lasciarti andare”,
recita la seconda canzone del
terzo album del gruppo pisano.
Folktronica giocata in sordina,
per un disco introverso, sus-
surrato, immerso nella natura,
soprattutto in quella umana.
Perché è l’animo umano che
i nostri indagano, con le sue
contraddizioni, le fragilità, le
incertezze, le paure, i fantasmi.
Lo fanno raccontando storie,
inventando personaggi, parlan-
do per immagini. Ricorrendo
anche ai messaggi che la natura
sottende. Sono ballate folk che
sembrano provenire d’oltreoce-
ano, cantate e arpeggiate dall’ex
Criminal Jokers Simone Bettin,
accompagnate dagli impulsi ta-
V
lora blues di Tommaso Tanzini
e “disturbate” da glitch e inserti
elettronici dispettosi curati
dal produttore e sodale Davide
Barbafiera.
BARBARA SANTI
80/100
y
ALESSANDRO CORTINI
MEMORIE I / MEMORIE II
b
AUTOPRODUZIONE
Alessandro Cortini, già
nei Nine Inch Nails, un
album solista uscito nel
2019, recentemente aveva
pubblicato un ottimo disco
collaborativo con Daniel
Avery. Tra le sperimentazioni
sonore successive messe in
circolo via Bandcamp c’è
Memorie (I e II): un flusso
ambient composto utilizzando
solo il sintetizzatore EMS
Synthi AKS, pezzo forte
nelle composizioni di Brian
Eno o di Jean-Michel Jarre.
Memorie I è un crescendo
epico e dinamico (Come
Prima) in tutto il suo sviluppo,
mentre Memorie II, dai suoni
leggermente più agitati si
chiude con pulsazioni drone
(Non). L’ascolto perfetto per
chiudervi nella vostra bolla.
NICHOLAS DAVID ALTEA
74/100
MAX CASACCI
EARTHPHONIA
SUGAR/UNIVERSAL
I suoni della terra e delle sua
creature vengono modellati
e manipolati in un manifesto
sonoro che prova a dare al
S
mondo una voce per dialogare
con noi. I suoni, provenienti dal
cielo, delle profondità del mare,
passando per il delta del Po e le
montagne di quattro continenti,
diventano musica nella decodi-
fica di un linguaggio comune.
I brani sono piccole opere
a
strumentali, pioneristiche,
visionarie, fatte da suoni ance-
strali e atmosfere primordiali.
Una magia di sintesi elettrica in
cui i cuculi diventano linee di
basso, le balene si trasformano
in pianoforti e le pietre di Gozo
si riscoprono antichi strumenti
orchestrali. Un’opera singolare,
impegnata, legata alla nobile
causa ambientalista, che cerca
di sensibilizzare le persone alla
difesa di un mondo con cui non
sappiamo più parlare.
SIMONA VENTRELLA
74/100
DEADBURGER
LA CHIAMATA
SNOWDONIA
A sette anni da La Repubblica
Delle Nuvole, box che ne ra-
dunava le estensioni più speri-
mentali, fino a lambire ambient
e chamber music, l’ensemble
toscano pubblica La Chiamata,
controparte “al di qua dello
specchio” di quel viaggio interio-
re, e ode alle qualità trascenden-
tali della percussione, con due
batteristi pressoché in ogni trac-
cia (tra cui Christian Calcagnile
e Bruno Dorella), la tripartita
Tamburo Sei Pazzo con Alfio
Antico, l’intensa rielaborazione
di Tryptich di Max Roach. E i
fiati di Enrico Gabrielli e la voce
di Lalli, tra gli altri, a impreziosi-
re le tessiture, mentre i “filtrag-
gi” del quartetto sono una lente
che volge le distopie in utopie,
coadiuvata da un debordante
booklet in forma di immaginario
(e immaginifico) almanacco.
ALESSANDRO BESSELVA AVERAME
75/100
byVaSco
CATHOLIC BLOCK
WE FAIL
MAPLE DEATH
Credo (e temo) di non essermi
ancora occupato da queste
parti dei Qlowski, formazione
di natali romagnoli, adozione
bolognese e attualità londine-
se. Capiterà di certo in futuro,
stante il fatto che i ragazzi sono
indubbiamente meritevoli di at-
tenzione, ma ora è il momento
di prestare ascolto alla prima
uscita di Catholic Block, alias
dietro cui si cela il loro cantan-
te, Michele Tellarini. Otto can-
zoni stampate sul nastro di una
cassetta capace di agganciare
l’immaginario sonoro degli anni
80, già caro alla formazione
base, al weird pop stralunato
di questi anni Zero. Un Rage In
Eden che balla sciancato in abiti
fuori misura, cuciti per traverso
da apparecchiature lowcost e
codificato in prospettiva (post)
moderna dalla lente deforme e
rosea di un Ariel Pink concreta-
mente mitteleuropeo.
ARTURO COMPAGNONI
71/100
DOLORE
2020: I SETTE TESCHI
DI ANDROMEDA
HPGD
Parafrasando il nome di una
band proiettata dall’esperienza
dei Giöbia, la morte viene dallo
spazio: ecco il nuovo album di
Dolore. Ovvero: il mood space
orrorifico in cui si immerge il
polistrumentista Giorgio Trom-
bino. La sua nuova opera ci con-
duce in incommensurabili spazi
oscuri, dove si costruiscono
frammentati percorsi dark litur-
gici, ispirati ai ritmi di Giorgio
Moroder e al prog dei Goblin.
Trasfigurando ogni spunto in
una nuova grammatica electro
retro/progressiva. E con un
buon e sapiente uso di riff, sì riff,
elettronici, che lasciano traspari-
re l’antica militanza hard del no-
stro. Così come, ad accompagna-
re in questi riff, a volte troviamo
inconfondibili arie morriconiane
(Allineamento - I Sette Teschi Di
Andromeda).
CLAUDIO SORGE
80/100
o
c
MARCO COLONNA
& NOISE OF TROUBLE
MIS SUEÑOS SON IRRENUN-
CIABLES, OBSTINADOS, TESTARU-
DOS Y RESISTENTES
NIAFUNKEN
Da tempo nell’olimpo del
jazz italiano, il clarinettista
romano esplora con i Noise Of
Trouble il suo lato più “rock”
e politicizzato. Da un lato,
la chitarra baritona di Luca
Corrado e la batteria di Cristian
Lombardi creano trame nervose
e incalzanti per i vari strumenti
a fiato di Colonna, che suona
anche diverse percussioni
africane o autocostruite.
Dall’altro, spuntano omaggi
significativi: Berta è la militante
ecologista honduregna Cáceres,
assassinata nel 2016, e El
Derecho De Vivir En Paz è una
delle canzoni più famose di
Victor Jara. Luis invece è
Sepulveda, citato anche nel
titolo, e le rime sanguigne del
rapper sardo Riccardo Fadda in
Apocalisse fanno il resto.
ANDREA POMINI
78/100
HAF HAF
PATTERN IN CHAOS
GANG OF DUCKS
Era agli inizi la Gang Of Ducks
quando usciva Notch, prima
cassetta di Niccolò Bianchi
come Haf Haf e quinta uscita
dell’etichetta torinese. Sei anni
dopo, alle proprie condizioni e
quasi centellinando le uscite, il
marchio è diventato un punto
di riferimento per chi scanda-
glia l’area grigia fra techno e
sperimentazione elettronica.
E Pattern In Chaos un album
che terrà alto il profilo. Può
suonare male, ma nelle sue
otto tracce c’è di tutto: techno
da capannone (liscia o al ral-
lentatore, come in Bonola),
breakbeat acidissimi, dubstep
pesantissimo (Venom), IDM,
distorsione, campioni maltrat-
tati, tutto poco riconoscibile e
mescolato, con una voce parla-
ta ed effettata a fare da possibi-
le filo conduttore.
ANDREA POMINI
79/100
RUMOREMAG.COM | 81
 o
RADICI DICEMBRE 2020 / ISOBEL CAMPBELL

10 CANZONI PER
ISOBEL CAMPBELL

c
Il 7 febbraio per Cooking Vinyl è uscito There Is No Other, a 14 anni dal precedente
Milkwhite Sheets, inciso dall’eclettica cantante e musicista scozzese molti anni fa, in
giro per il mondo con il marito - e produttore - Chris Szczech, un disco poi congelato
a causa di guai con l’etichetta. Nel frattempo sono usciti i tre dischi che hanno sancito
la fortunata collaborazione tra la nostra e Mark Lanegan, Ballad Of The Broken Seas,
Sunday At Devil Dirt e Hawk, tra lo stesso 2006 e il 2010. Non paga, ai primi di agosto
ha pubblicato un EP in digitale che si accompagna al nuovo album, Voices In The Sky. In

S
scaletta cinque tracce, di cui due inedite ad aprire e chiudere il lavoro, Together e Sa Ta
Na Ma, e tre cover. Come se non bastasse, sono appena uscite le ristampe di Amorino
e di Milkwhite Sheets. Noi siamo lieti di ascoltare direttamente le sue dieci canzoni da
quella voce soffusa, fragile e singolare.

a
TAG S: #THEREISNOOTHER #L ANEGAN ONLINE: ISOBELCAMPBELL.COM

THE LOVIN’ JIMMY CLIFF NAT KING COLE NANCY SINATRA & LEONARD COHEN
SPOONFUL WONDERFUL WORLD, NATURE BOY LEE HAZLEWOOD I CAN’T FORGET
DO YOU BELIEVE IN MAGIC BEAUTIFUL PEOPLE SOME VELVET MORNING

V
“Crescendo mamma “Per me I Can’t Forget,
“Potrebbe essere la mia “Metto questo singolo suonava Nat King Cole “Questa canzone ha questa performance in
sigla. Riassume il modo quando voglio energia in casa tutto il tempo. ispirato gran parte del particolare, potrebbe

y
in cui vivo la musica da nei miei passi e un Mi è sempre piaciuto lavoro di produzione essere opera di Lee Haz-
quando ero bambina. sollievo immediato. quando lo faceva. È una e scrittura con Mark lewood. Adoro tutta l’o-
Mi eccita, è magia tota- Sono vibrazioni gioiose. strana, piccola, sinuosa Lanegan. È bella e pera di Leonard Cohen.
le e divorante, puro tra- Mi fa sentire un po’ canzone, senza ritor- psichedelica, riassume Lo trovo affascinante”.
sporto. La vita si evolve, più fiduciosa. Mi piace nello e con una melodia il perfetto contrasto tra
le persone vanno e ven- ascoltare questa canzo- misteriosa. Amore, luce e ombra maschili e
PLAYLIST

DA I’M YOUR MAN

gono, ma la musica non ne soprattutto quando amore, amore. Sempre. femminili”.
mi ha mai deluso”. mi preparo o mi trucco. In tutti i modi”.
DA DO YOU BELIEVE IN Mi fa ballare”. SINGOLO DA NANCY & LEE

b
MAGIC SINGOLO

NINA SIMONE FRANÇOISE HARDY PAUL MCCARTNEY DIONNE WARWICK THE VELVET
AIN’T GOT NO, I GOT LIFE COMMENT TE DIRE ADIEU MAYBE I’M AMAZED DO YOU KNOW THE WAY TO UNDERGROUND
SAN JOSE I’LL BE YOUR MIRROR

“Ascolto questo sin- “Amo il groove francese “Ho ascoltato tutte le cose “Adoro Bacharach e
golo quando voglio di questo brano. Lei mi di Paul nel 20/20. David, autori e produttori “Nico è sempre stata una
andare avanti o voglio ha influenzata molto. Se È stato affascinante. di questa canzone. delle mie preferite. Un’al-
scrollarmi di dosso non l’avessi mai sentita Il genio di Paul McCartney Do You Know The Way tra mia fonte di ispirazio-
la depressione. ‘Nuff non so se avrei provato è strabiliante. To San Jose è straordina- ne personale, ispirazione
Said! è stato inciso tre a cantare. Così sintonizzato, così ria, e contiene così tanta per cantare. I’ll Be Your
giorni dopo l’omicidio C’è qualcosa nella sua musicale, intuitivo e verità. Dopo aver vissuto Mirror, scritta da Lou
di Martin Luther King soffice voce che mi stimolante. a Los Angeles per un Reed, è così dolorosamen-
Jr.: il programma del ha spinta a chieder- Un genio infinito”. decennio, ragazzi, questa te bella”.
Westbury Music Fair mi se potessi cantare canzone è così vera”.
quella sera era dedicato anch’io”. DA MCCARTNEY DA THE VELVET UNDER-
alla sua memoria”. DA VALLEY OF THE DOLLS GROUND & NICO
DA ‘NUFF SAID! DA FRANÇOISE HARDY

A CURA DI BARBARA SANTI - FOTO DI ASHLEY OSBORN

byVaSco
82 | RUMOREMAG.COM
 o
TREECOLORE GLI ALBUM DICEMBRE 2020

HIROSHI
ANYTHING
NUFABRIC
Dream pop proveniente dalle
Marche, che alle strutture eteree
e sognanti caratteristiche del
genere aggiunge un tocco di
LE FORBICI DI MANITÙ
& FRIENDS
TINNITUS TALES TOUR
SUSSIDIARIA
Se c’è una malattia professionale
dei musicisti, quella è il tinnitus.
Del disturbo soffre anche Vittore
LE SACERDOTESSE
DELL’ISOLA DEL PIACERE
ALLE ONDE
V4V/CLOUDHEAD
Con un nome che riporta alle
12 Fatiche Di Asterix, la band
piacentina comprime tutta se
c
MOLTHENI
SENZA EREDITÀ
LA TEMPESTA DISCHI
Ritorna Motheni 11 anni dopo
Ingredente Novus, ultimo lavo-
ro sotto questo pseudonimo. Sa-
rebbe stato ovvio aspettarsi un

elettronica, come accade nel sin-
golo Lost Highway, in cui i Cure
incontrano i Battles. I ragazzi
amano guardarsi la punta delle
scarpe, ma lo fanno con perso-
nalità, abbracciando molteplici
cifre stilistiche attraverso pezzi
dal carattere umbratile (Intima-
S
Baroni, instancabile movimen- stessa: non solo riferimenti
tatore artistico e sperimenta- musicali, ma il piano di ascolto
tore pop nonché per molti anni cresce e vira verso il poeta
colonna di questo giornale. Nel portoghese Pessoa, il francese
2016, con Le Forbici Di Manitù e Mallarmé, o Shakespeare.
una cinquantina di collaborato- Suoni 90’s alternativi dove
ri, proprio all’acufene dedicava le chitarre si dividono tra
(se è il temine giusto) un “pro- gli egoismi chitarristici dei
cambiamento radicale e lasciano
in qualche modo spiazzati i sil-
logismi legati a Toilette Memo-
ria, l’album che lo ha consacrato
tra i migliori autori della scena
indipendente. Senza Eredità è
accompagnato da sonorità che si
muovono lungo svariate direzio-

te, Days) e altri dal piglio ben
più deciso (Run, Ran, Run). Se
Trading Places potrebbe benis-
simo appartenere al repertorio
dei Daughters o degli Slowdive,
Isolation Row si colora avvol-
genti scenari sintetici in cui la
malinconia si dipinge di tinte
fosche in pieno stile Notwist. Un
album che conosce un crescendo
a
getto audio/educativo” sotto
forma di box intitolato Tinnitus
Tales. Questa ne è la postilla dal
vivo, e arriva in una confezione
curatissima: copertina da 10”
con un CD di versioni live dei
brani a opera delle Forbici e vari
“friends” (Fabrizio Tavernelli,
Lettera 32, Samora, Deadbur-
ger) e un 45 giri con due inediti
Dinosaur Jr e i riverberi che
arrivano dai primi anni 90 lato
shoegaze, o ancora la scuola
dei Replacements ma più
dilatata. Vien da pensare anche
al periodo di Conquiste (2012)
dei Cosmetic come punto
d’incontro con l’Italia. Alle
Onde però ha una componente
più riflessiva e ragionata, meno
ni, ben rappresentate dalla ro-
tonda pop song d’autore La Mia
Libertà, il folk azzardato in Ieri,
un’elettrica effimera in Se Puoi
Ardi Per Me. Il disco mostra al
pubblico una gamma di brani
impressionanti: la ricerca della
verità, la percezione del tempo,
il passato; mettendo in risalto
ancora una volta le notevoli ca-

V
emozionale che culmina con
l’esplosione emotiva alla M83 di
Mountains e con il drumming
sincopato di Shapes.
STEFANO D’ELIA
75/100
in studio, piacevolissimi esem-
plari di pop sghembo e jazzato
tra XTC e Adrian Belew.
CARLO BORDONE
78/100
urgente, anche se qualche
strappo c’è (Astronauta).
NICHOLAS DAVID ALTEA
75/100
pacità di scrittura, mescolando
l’ispirazione e la lucida ragione
di Moltheni.
ELENA REBECCA ODELLI
80/100

b
RAMON MORO
y
Ramon Moro chiude la trilogia iniziata con Magma (2009) e Stone
And Death (2017), come DaRKRam. Rispetto ai precedenti lavori,
Offering non è un concept ma un album di composizioni che
evolvono nel tempo e non comunemente collocabili o identificabili.
Il trombettista torinese, infatti, è un vero e proprio studioso della
musica, caratteristica che lo ha sdoganato oltre qualsiasi etichetta
di genere, conducendolo dal jazz contemporaneo al neoclassicismo
e a esplorare sentieri dark ambient sino al black metal. Offering è
il risultato di questa trasversale ed estrema contaminazione. Apre
Preparation And Presentation Of The Gifts, personale prepara-
zione di un rito, tra droni e colate di tromba che a tratti ricordano
sonorità medioevali. Segue Labyrinth, una muscolare lotta tra
OFFERING
SUBCONTINENTAL

vero e proprio mantra. Poi l’album cambia direzione e In Recuer-

riff violenti e ritmi ossessivi, come per liberarsi dalla frenesia del
nostro tempo. Elephantine March è un’esperienza compositiva ori-
ginata da una battuta di scrittura e infine dilatata a diventare un
dos De La Alhambra (di Francisco Tàrrega) emerge la sensibilità
e l’abilità nella trascrizione, per tromba, di un brano composto
sempre e solo per chitarra classica. Walking Towards Farewell
e I’m So Sorry Madame, There’s Nothing More To Do nascono
rispettivamente dall’ossessione per la misura del suono e dal ri-
cordo del sentimento scatenato dalla sirena dell’ambulanza dentro
la quale si trovava dopo un incidente stradale. Chiude Adagietto
Symphony No.5 di Gustav Mahler, la coraggiosa e folle versione di
un brano dalle fortissime connotazioni classiche, in cui traspare
la commozione nel proporre, per tromba e flicorno, una composi-
zione delicata e raffinata solitamente affidata a grandi orchestre.
Offering è la colonna sonora di un mondo che non c’è.
ANTONIO BRIOZZO
78/100

byVaSco
RUMOREMAG.COM | 83

ANDARE CAMMINARE SEGNALARE
(E ALTRI DISCORSI)
ndare a spada tratta,
seri puntuali…ascoltare
A mensile la domenica faccio un post su
camminare segnalare!
Banda di recensori, dai
segnalare! È un 2020
stuck in a loop di pipponi
su come cambia continuamente il modo
di ascoltare-fare-scrivere musica: e per
pipponi intendo sia quelli di “Rockol”
che quelli della rubrica Panzane a
pagina 14. Oramai è tutto un pippone,
un siluro… come o chiami? Come diceva
profeticamente Valè/Marco Giallini, in
V
Boris s03e12: devi esse breve, sta cosa
se me la vuoi far ascoltà ce devi mette
due minuti, due minuti e mezzo ma
y
LAGUNA BOLLENTE
b
DISCOCESSO (DEMO)
BDBIRD FAMILY INDEPENDENT
L’eterno dilemma fra il lofai e il cisei: nel
dubbio riproduzione automatica mode
on per l’EP di 12 minuti rintracciabile
solo su YouTube (unica traccia social
del duo veneziano) o su cassetta/CD
con le consuete tirature carbonare e
bestemmia in copertina. Arroganza
e pressapochismo, drum machine e
shoegazzate da cameretta (su tutti il
pezzo in chiusura Saluti E Sputi col
suo refrain vivere più meno comodi
ma catatonici) che ti si incollano
come cingomma nelle orecchie. Una di
queste filastrocche cantilenate potrebbe
tranquillamente diventare una versione
meno populista di Pop Porno e se fosse
il 2008 potremmo ascoltarcela prima in
Rai e poi nel 2017 in una serie prodotta
in Italia, se smettessero di ambientarle
solo a Roma. O forse no.
Comunque daghe d**can!
79/100
84 | RUMOREMAG.COM
o
IN ITALIA
c
S
qualche volta il mese dopo emergeva.
Ora il venerdì sera con la deadline
a
Facebook, che di solito gli altri giorni
uso per trollare i trumpisti treecolori che
praticano yoga (esistono e sono più delle
copie stampate di Morricone Segreto)
chiedendo alla mia bolla di 3000 amici,
di cui 2600 per ragioni musicali: AMICI
DELL’INTERNET, DISCHI ITALIANI
DEL MESE? Fra uno Speranza e un
Lucio Corsi o al massimo un Post Nebbia
(verso cui ho pregiudizi vista l’etichetta
per cui escono), ecco saltare fuori i
progetti da segnalare. Da Facebook ai
post Instagram sono meno di 6 gradi di
separazione che mi portano all’1.44 di
un venerdì sera a scoprire realtà come
massimo. Preso quindi atto dei limiti l’etichetta pordenonese (siam sempre
della demokrazia (ecco l’inevitabile lì ultimamente: il complotto d’altronde
richiamo alle elezioni americane, è tornato di moda) Ghost City
chiuse mentre scrivo), skippati e (ghostcity.bandcamp.com), collettivo
cestinati gli ultimi tre comunicati con la passione per la contaminazione
stampa su cui avevo fideisticamente musicale elettronica, glitch, esperimenti
fatto affidamento per svortà, arrivo a metal-shoegaze, e la sperimentazione
passare i due minuti di ascolto dopo audio e videofotografica virata lo-fi e
essere capitato sul bandcamp di Rous dai mood scuri, con una certa attitudine
Records, piccola etichetta di Foligno DIY: citiamo samplificando i Future
che da poco ha fatto uscire Worms di Hologram. Su messenger altri messaggi
Simone Felici e Marco Verdecchia. che mi segnalano altri progetti, ma sono
Concepita come colonna sonora di un già a 3268 battute sulle 3200 previste
(ora editando 3141): tocca rimandare al
videogioco immaginario a base di basso,
batteria, percussioni e sintetizzatori 2021.
chiptunizzati, è il sogno del pianeta
Niibs fatto di nani capitalisti, primigenie
creature ancestrali, rovesciamenti
di potere e traballanti visioni. E si
vi avanzano due minuti rimanete su
rousrecords.bandcamp.com e
ascoltatevi anche Mourning Dress di
Rocco Zulevi, uscito invece in apertura
di anno: sei tracce di pop psichedelico
dal mercatino dell’usato, risultato del
progetto solista di questo musicista già
visto in azione con Rijgs ed ESPADA.
Il suo disco è suggestivo e sfuggente
come Gullit in versione Samp e quindi
praticamente suona come un cervo che
esce di foresta. Torniamo all’attualità
rispondendo alla domanda: come scelgo
i progetti da segnalare nel 2020? Per
me la golden age della rubrica è stata
quando le dinamiche ascoltare-fare-
scrivere di musica mi permettevano
di andare a un concerto e beccare (in)
dyrettamente qualcuno o qualcosa che
A CURA DI MARCO PECORARI
byVaSco

TREECOLORE GLI ALBUM DICEMBRE 2020
POST NEBBIA
CANALE PAESAGGI
DISCHI SOTTERRANEI/LA TEMPESTA
“È la cosa più orribile che io
abbia mai visto”, esclama uno
spaventato poliziotto di fronte
al mostro protagonista di Blob,
Il Fluido Che Uccide, una scena
che abbiamo imparato a cono-
scere grazie alla famosa tra-
smissione di Rai Tre. Chi come
me da ragazzino si è spesso
addormentato con la TV accesa
conosce quella strana sensazio-
ne che si prova quando un Tg
o un telefilm si insinuano tra i
proprio sogni, proprio come fa
il Blob, tracimando dal sottile
pertugio posto appena sotto
le nostre palpebre abbassate e
penetrando le nostre sinapsi.
Chiamiamolo anche pop ip-
nagogico, ma i programmi di
questo Canale Paesaggi sono
distinti da colori acidi in cui
V
tastierine lisergiche dal gusto
eighties costruiscono torpide
strutture art rock dai ritmi ip-
notici, proprio come piacerebbe
a Enrico Ghezzi.
STEFANO D’ELIA
72/100
y
PAOLO SPACCAMONTI/
DANIELE BRUSASCHETTO
b
BURNOUT II
TOTEN SCHWAN
Agosto deve essere un mese
complicato per Paolo Spacca-
monti e Daniele Brusaschetto. A
distanza di tre anni, nuova-
mente composto nel medesimo
periodo estivo, esce il secondo
volume di Burnout, introspetti-
vo viaggio nella labirintica psi-
che dei due musicisti torinesi.
La percezione è che in questo
secondo lavoro (MC in sole 99
copie) venga meno il concetto di
sottrazione, ampiamente svilup-
pato nel predecessore, e il suono
sia meno scarno e più materico
per gli opulenti ritmi di Brusa-
schetto. Le asciutte linee chitar-
ristiche, di cui abbiamo qualche
reminiscenza nei primi due
minuti di Gocce e in Balliamo
Ancora, lasciano maggior spazio
alle trame industrial nei dodici
minuti di Al Jourgensen e in
minima parte in Spore.
ANTONIO BRIOZZO
78/100
RAINBOW BRIDGE
UNLOCK
NEW BORN
Tra un lockdown e l’altro, il
rock blues più acido continua
a bruciare. Ad alimentarlo ci
sono, tra i più efferati piro-
mani, i Rainbow Bridge, trio
post hendrixiano alla maniera
degli Earthless, che come loro
amano improvvisare selvaggi
percorsi acid blues, partendo
quasi sempre da un mood e
poi via via crescendo con una
forza inarrestabile; come il
divampare di un incendio.
Esaltante Marvin Berry che
apre le ostilità e Jack Sound
che le chiude allo stesso modo,
non interrompendo mai il flus-
so della tensione per tutti i 44
minuti di durata dell’album.
Jimi Ray Piazzolla fa cantare e
urlare lo strumento e la band
lo sorregge e lo asseconda alla
grande. Non dissimili neanche
dai Tia Carrera, per quel ca-
lore tutto americano figlio dei
deserti.
CLAUDIO SORGE
79/100
TOMORR
TOMORR
ACID COSMONAUT
Melodie del folklore proto
balcanico con mostruosi riff
stoner/doom. Dovessi trovare
un termine di paragone per gli
italo albanesi Tomorr, direi
i Natas, per questa capacità
nel saper coniugare sludge
heavytude e folklore etnico.
Ma certamente i Tomorr sono
più magniloquenti e rocciosi
dei Natas. Forse più vicini agli
Sleep da questo punto di vista
(Vargmail). E sicuramente
rompono molti schemi dello
stoner classico. Varr, uno
dei brani più esaltanti del
loro debut album, eviscera
e disseziona monumentali
blocchi fuzz/doom in questo
modo folle e esausto (e sempre
con l’icona Sleep sullo sfondo).
A tutto si aggiunga un tasso di
acidità psichedelica devastante,
che divampa tra riff inebrianti
e slanci epici, nella conclusiva
folklorica psichedelica The 101
Windows Village.
CLAUDIO SORGE
byVaSco
81/100
GREGORIO SANCHEZ
DALL’ALTRA PARTE DEL MONDO
GARRINCHA/FONOPRINT
La freschezza malinconica di un
viaggio, che sia dentro o fuori
di sé non importa, un girotondo
o migliaia di chilometri chissà:
S
l’album d’esordio di Gregorio
Sanchez è una delicata partenza
verso paesaggi variegati da
songwriter sospeso tra i classici
italiani e il minimalismo folk
d’oltreoceano. Pop introverso
e aperture leggere, mentre i
testi cercano una via personale
a
che si muove tra storie piccole
e rime, ironia e quotidiano. Gli
arpeggi disegnano Indiani e
Dopo Marte come fossero tappe
di un itinerario che passa per il
respiro dolce della title track,
o per il ritornello di Macchine
Volanti che ti trascina nelle
domeniche pomeriggio. Su
tutto una leggerezza per volare
sopra le cose e guardarle da una
diversa prospettiva.
MARGHERITA G. DI FIORE
75/100
DAVIDE TOSCHES
SULLA TERRA
NEW MODEL LABEL
Il quarto lavoro del cantautore
piemontese intende sancire un
nuovo inizio: c’era stato, dopo
il precedente Luci Della Città
Distante, un disco lasciato nel
cassetto, prova che il perfezio-
nismo è soprattutto capacità di
dire la cosa giusta al momento
giusto. Le strutture portanti di
Sulla Terra sono più scoperte e
immediate, costruite sul piano-
forte, strumento originario del
Nostro, l’obbiettivo è scrivere
d’amore consapevoli che l’ap-
parente semplicità del formato
è solo la cima emersa del non
detto. I testi riducono all’osso i
sentimenti, le melodie si aprono
in ampi respiri (Diana), e Piog-
gia, ripresa anche in versione
voce, harmonium e cori eterei,
ben illustra lo spessore espres-
sivo del personaggio, la sua in-
consueta cura per suoni e timbri
intesi come inneschi emotivi e
mai come fine.
ALESSANDRO BESSELVA AVERAME
78/100
o
c
NICOLAJ SERJOTTI
MILANO 7
LA TEMPESTA/UNIVERSAL
Quando inizia un brano di Ni-
colaj Serjotti, si rimane per un
attimo disorientati. Quasi come
fossimo in un film di Xavier
Dolan, l’artista ci porta in una
dimensione personale facendoci
sentire subito a nostro agio. Le
produzioni – di Fight Pausa e
Wuf – sono parte integrante
di questo viaggio, strizzando
spesso l’occhio ai mondi di Mac
Miller e Earl Sweatshirt. Se
volessimo descrivere Milano
7 (il primo disco del giovane
artista) con una parola, questa
sarebbe morbido. Ogni brano
è un’istantanea di quotidianità
lontana dall’essere stucchevole.
Le classifiche difficilmente pre-
senteranno questo disco, ma per
chi cerca una piccola e piacevole
novità nella sovrapproduzio-
ne dell’industria musicale e
nella ridondanza di quella rap,
quest’album potrà essere una
gradita sorpresa.
MATTEO DA FERMO
70/100
ZEN CIRCUS
L’ULTIMA CASA ACCOGLIENTE
POLYDOR/UNIVERSAL
Campioni mondiali di causti-
cità, pesi massimi di introspe-
zione ma anche cintura nera
di critica sociale, Appino & Co.
giungono al loro 11esimo album
con la maturità dell’esperienza
e al tempo stesso l’autenticità
e la freschezza degli esordi,
riflettendo ancora una volta
sull’illusione della libertà che ci
muove come marionette in un
cosmo alienante. L’unico spazio
veramente nostro, l’“ultima
casa accogliente” che possiamo
abitare, è il nostro stesso corpo,
nascondiglio perfetto ma a
volte anche gabbia. Le melodie
elementari tipiche della band
toscana sono zucchero che
nevica sui testi amari e provo-
catori, mentre le musiche e gli
arrangiamenti fanno un ulte-
riore passo in avanti verso una
ruspante zona cantautorale.
DORIANA TOZZI
80/100
RUMOREMAG.COM | 85
 o
TREECOLORE GLI ALBUM DICEMBRE 2020

ARCO BANDA POPOLARE BONETTI GUIDO BRUALDI

ARCO DELL’EMILIA ROSSA QUI ESTINZIONE 666
AMMIRATORE OMONIMO/ LA GOCCIA E LA TEMPESTA LABELLASCHEGGIA /BRAVO DISCHI MIACAMERETTA
PASTIFICIO ELETTRICO AUTOPRODUZIONE
Bonetti Qualcuno

c
Un disco Pronti per non cerca se lo ricorda
pieno di la ballot- la comfort anche come
spigoli, ta? Sì, ma zone di Lucy Anne
inquieto e prima un quell’it pop Comb, ma il
stretto in po’ di presa ormai sul vero Guido
giravolte di coscien- viale del Brualdi è
teatrali: za collettiva tramonto. qui: fumet-
testi sur- per la classe Ha sempre provato a raggiun- tista (16 pagine in allegato al
reali sospesi tra recitativo, operaia...e se invece facessimo gere un mo(n)do il più perso- disco) e musicista. Un indie folk
canto e cruda filastrocca, ten- ambedue le cose insieme? La nale possibile, e Camionisti ne semi acustico che guarda a Jason
sioni elettroniche e strumenti musica della BPDER è questo è l’emblema: una sensibilità Molina, oscuro e dedicato alla

asciutti. Un progetto che ingoia
l’ascoltatore per condurlo in un
percorso dove il cantautorato
storto e folk si fa sia trama
di un racconto che mezzo per
raccontare. Lavoro intrigante
di uno strambo e stuzzicante
performer.
S
e anche di più, e il combat folk
di questi ragazzi rappresenta
l’invito a mollare i freni inibitori
e abbandonarsi a un canto sfre-
nato che abbatterà il sistema.
Retorico quanto necessario e
vitale, segue dibattito.
dosata e struggente, ma mai ma-
gniloquente. Siamo Vivi è il di-
sincanto positivo con un occhio
al contemporaneo. In chiusura
Le Risaie ci porta tra le incertez-
ze con i fiati tristi del Midwest
emozionale. Porsi domande
senza risposte è spesso più utile
fine dell’uomo. La traccia Rime-
dio pesca nell’alternative italiano
90’s senza elettricità, Cinque
Alle Due esprime la tetra realtà
e Lumina rispolvera i ricordi dei
Ritmo Tribale asciugati dalle
distorsioni e dalle voci. Quanto
manca alla fine dell’umanità?

a
STEFANO D’ELIA
MARGHERITA G. DI FIORE 68/100 che avere già la soluzione. NICHOLAS DAVID ALTEA
73/100 NICHOLAS DAVID ALTEA 72/100
74/100
DEUX ALPES GIOSTRE INDIAN WELLS JALAN NX
TWO GETTONI NEW RUINS & OG SAMARDO
AUTOPRODUZIONE XO PUBLISHING MESH L’UOMO ISOLA
JALAN BEATS
Sei brani a Nel press Pubblicato
lunga git- kit si parla dall’etichet- Un produ-

V
tata per il disinvol- ta di Max cer e un
minialbum tamente di Cooper, il rapper, am-
d’esordio punk, can- nuovo lavo- bedue gio-
del duo mi- tautorato, ro di Pietro vanissimi e
lanese. Le psichede- Iannuzzi provenienti
pulsazioni lia, techno fotografa dall’hinter-
elettroniche che propendono ‘90, elettronica ‘80 e art pop. un’identità sonora in costante land mila-
verso la forma canzone sono gli A dissolvere il legittimo diso- evoluzione, che fra synth modu- nese, alle prese con sei tracce

y
integratori per la loro tappa: la
sinergia perfetta con la voce di
Marta Moretti (Casa Mia), in
prestito dai Tersø. Bittersweet,
con la voce di Arua, rimembra
gli ‘80, i francesi Jamaica e una
sorta di french touch compres-
so. I nove minuti retrowave di
Ciao, Italia li portano al tra-
guardo, vincenti.
rientamento iniziale ci pensano
però le canzoni stesse di Get-
toni, ironiche, sghembe e cita-
zioniste, nonché piacevolmente
fuorvianti nel porsi come ossi-
morici contrappunti sonori di
questi nostri frustranti tempi
bui (Turandot, Buco Nero, In
Coda Alle Poste).
lari e digitali esprime intensità
e urgenza. Dal grido d’allarme
di Black Trees agli accenti
postindustriali dell’emotiva
title track, per poi cullarsi sul
tappeto ambient di Night Arp
Blues e sugli arpeggi trance di
Now Eternal. Cinque brani ma
tante idee.
che non fanno sconti di sorta,
in cui vissuto personale e poli-
tico viaggiano parallelamente.
Nessuna concessione all’ormai
abusato linguaggio da social
tanto di moda, ma tanta so-
stanza espressa da liriche piene
di cruda sincerità (Melito), ben
coadiuvate dalle incisive basi
proposte da Jalan Nx.

b
ANTONIO BELMONTE GIORGIO VALLETTA
NICHOLAS DAVID ALTEA 69/100 79/100 STEFANO D’ELIA
74/100 72/100

byVaSco
 SUONA ANCORA

o
IL MEGLIO
DEI MESI PASSATI

KOKURA L’ALTRO SECOLO MALDESTRO

I LUOGHI COMUNI VERTICI EGOSISTEMA
SEAHORSE AUTOPRODUZIONE AUTOPRODUZIONE

Una voce Quando Al quarto

c
tenue scivo- non si sa di disco del
la delicata cosa scrive- cantautore
su strutture re o cantare napoleta-
elettroa- si finisce no, come
custiche per scrivere auspicato
semplici ma o cantare per quello
ben costru- d’amore; precedente,
ite (L’Estate In Brianza, Strana forse la migliore via di fuga per l’attenzione si è focalizzata di
Danza), in cui i synth si metto- cadere sempre in piedi. Non fa più sulla musica, su un suono BEE BEE SEA
no al servizio di una scrittura eccezione il buon Stefano Riggio più omogeneo, va detto, ma la DAY RIPPER
ricca di malinconico intimismo. che, per il suo debutto, decide scrittura ha perso un pochino

È la poetica delle piccole cose,
nitidamente illustrata da un
artista in grado di illuminare
semplici storie di vita quotidia-
na, sviscerandone il significato
nascosto (I Luoghi Comuni).
STEFANO D’ELIA
70/100
S
di mettere l’audacia da parte e
raccontarci piccoli frames di
quotidianità sentimentale, in
continua oscillazione tra bri-
tpop e nuovissimo cantautorato
italiano (Binari, Bordeaux).
ANTONIO BELMONTE
63/100
in particolarità. Scrive bene, sa
come fare, dove posizionare un
gancio, una parola, un ritornel-
lo, ma i testi si sono fatti più
ammiccanti, meno personali.
È un album piacevole, benin-
teso, tuttavia manca ancora
qualcosa.
WILD HONEY
L’amore impossibile de-
clinato in Gonna Get Me
colpisce con la sua tenerezza
nostalgica e l’andamento
agile del college rock d’an-
tan, dei Cloud Nothings e di
Jay Reatard.

a
BARBARA SANTI
68/100

NIDOJA PIOTTA CHARLIE RISSO

NIDOJA SUBURRA. FINAL SEASON TORNADO
AUTOPRODUZIONE LA GRANDE ONDA INCANDENZA

Musiche Piotta rin- Il passag-

e profumi nova l’ab- gio di un

V
provenienti bonamento tornado è
da mondi con la serie un evento
lontani nel firmandone traumatico,
tempo e per la terza che lascia
nello spazio, volta la dietro di sé
nove brani colonna so- confusione
in cui le affascinanti strutture nora, in questo caso dieci tracce e distruzione, allo stesso modo
circolari abilmente costruite dai realizzate su misura. Tommaso questi otto brani hanno il dono

y
Nidoja donano all’atmosfera
complessiva la spiritualità di
un mantra. Qualcuno potrebbe
chiamare in causa il concetto di
appropriazione culturale, ma
in questo lavoro c’è solo tanto
amore per il medioriente e per i
suoi mistici orizzonti musicali.
STEFANO D’ELIA
sa scrivere, e non la butta mai
lì così come viene. Non stupi-
sce dunque che Cuore Nero, È
Ora Di Andare o, ancor più, la
cristallina Fiore Dell’Infame,
in cui ridiventa stornellatore di
borgata, abbiano valore in sé al
di là dell’applicazione televisiva.
PAOLO FERRARI
di ottundere i sensi e rendere
inerme l’ascoltatore, tanto
sono destabilizzanti e carichi di
pathos (Dark). Un lavoro pre-
gevole, in cui fanno capolino il
fantasma di Bobbie Gentry (Hol-
low Town), e i Cranberries più
spigolosi (It Make Me Wonder).
STEFANO D’ELIA
SAN LEO
MANTRACORE
BRONSON
Chitarra e percussioni.
Muscoli, follia, spigoli e
tribalismo. Krautrock, post
rock, elettronica, oscuro
metal e psichedelia.

b
70/100 65/100 72/100

SHAME ON YOUTH LUCA URBANI YO YO MUNDI

HUMAN OBSOLESCENCE COMUNQUE VADA È SUCCESSO LA RIVOLUZIONE DEL BATTITO
GO DOWN VOL. 1 DI CIGLIA
DISCIPLINE MUSICA FELMAY
Un bell’im-
pasto di Tra i frutti La magia
grezzo dell’isola- del gruppo
rock‘n’roll/ mento c’è acquese
punk, il decimo sta nella
dirt‘n’fuz- lavoro poeticità,
zy. Un po’ dell’artista nel roman-
hardcore monzese, ticismo.
anni 90 e un po’ neo r’n’r affiancato Nell’alito
svedese anni 10. Ben fatto. I per l’occasione da Valeria Rossi di speranza che si respira tra
bolzanini Shame On Youth non (proprio lei), Marco Bruni e le righe dei testi, nella voce in-
sfigurerebbero in un concerto Fabio Mittino. Dieci canzoni confondibile, giusto sorridente FRATELLI MALIBU
insieme ai Demons e ai Glueci- che ci consegnano un Urbani di Paolo Archetti Maestri. Negli CIRO MIAMI
fer. Hanno la loro stessa grinta in piena forma, prodigo di archi che dipingono nuvole, nei LA SCIMMIA
e sgranano un bel campionario argomenti, armonie, melodie. fiati che abbracciano. Un’indo-
di riff rock punk che funziona- Visionario, e nel timbro e nel le che consente loro di essere Già parte della band live dei
no alla grande in anthemiche racconto e in quel pop sintetico analitici, schierati ma con dol- Nu Guinea, Andrea De Fazio
canzoni. Questo è il loro primo di respiro internazionale, au- cezza e garbo antichi. e Paolo Petrella si dilettano
convincente album. tunnale, etereo e introverso che BARBARA SANTI in un progetto parallelo che
CLAUDIO SORGE lo caratterizza, a tratti contagia- 78/100 debutta con questo gustoso
77/100 to da un’elettronica più spinta. album.
BARBARA SANTI

byVaSco
78/100 RUMOREMAG.COM | 87
 o
BIG SCENIC NOWHERE BLACK COUNTRY, NEW
LAVENDER BLUES ROAD
HEAV Y PSYCH SOUNDS SCIENCE FAIR
NINJA TUNE
La title

c
track del La prima
nuovo maxi anticipazio-
EP dei BSN ne dall’al-
sembra bum di
affogare in debutto per
un neo prog il settetto
atmosferico inglese (For
che vaga senza una direzione The First
riconoscibile, e annoia un po’. Time, in arrivo a febbraio) ne
È il loro nuovo corso: il (neo) conferma la feroce energia, fra
grunge che si fa (neo) prog. Pur chitarre vitrioliche, un folle sax

S
risentendo di questa svolta, i
brani che seguono, Blink Of An
Eye, che rilegge pagine byrd-
siane con solidità e veemenza,
e i paranoici synth della sezione
mediana. Il tutto sottolineato
dalla drammatica interpretazio-
ne vocale di Isaac Wood e dalla

GABRIELS
e Labyrinths Fade, più dinami-
camente prog (anche se un po’
troppo virtuosistico), ribadisco-
no la loro bravura.
produzione di Andy Savours, già
al fianco dei My Bloody Valenti-
ne. Ne riparleremo e molto.

a
GIORGIO VALLETTA
CLAUDIO SORGE 89/100
71/100

LOVE AND HATE IN A DIFFERENT TIME JAMES BLAKE CARL CRAIG & MORITZ
GABRIELS
BEFORE VON OSWALD
POLYDOR ATTENUATOR
PLANET E
A prima vista verrebbe da considerarli La di-
come la risposta americana ai Sault. mensione A più di un

V
Soprattutto nello stile fra vintage soul e dell’EP è decennio
funk della strepitosa title track di que- quella in cui dall’ispirata
sto EP e in un immaginario che ha mol- il musicista collabo-
to a che fare con la blackness militante, inglese dà razione di
come testimonia la sequenza finale del il meglio di ReCom-
relativo video, che ritrae il cantante sé, libero posed, si
Jacob Lusk improvvisare al megafono di sperimentare e divagare, ristabilisce
durante una recente manifestazione per Black Lives Matter. come in questi quattro brani. la connessione fra Berlino e

y
Ma nei cinque brani di questo biglietto da visita, il trio losange- Se gli ultimi singoli You’re Too Detroit. E accade attraverso due
lino formato da quest’ultimo insieme ai produttori Ari Balou- Precious e Are You Even Real? versioni della stessa traccia,
zian e Ryan Hope adopera un approccio complessivamente più vivevano del romanticismo dove quella di Craig gioca su un
intimo nel rielaborare R&B, jazz e gospel nelle loro forme origi- del più recente album Assume crescendo di tensione elettrica
narie, passando dall’introduttiva e toccante In Loving Memory Form, qui torna la sperimenta- che poi sfocia in un groove jazzy
attraverso la complessa The Professional fino al doloroso blues zione sulla struttura canzone, guidato dal sax, mentre il mae-
di denuncia della conclusiva Blind. come nell’ottima title track e stro della dub techno sfodera la
GIORGIO VALLETTA nell’acida Do You Ever, compli- sua consueta classe nel dilatare
87/100 ce Nico Muhly. gli elementi sonori e ipnotizzare.

b
GIORGIO VALLETTA GIORGIO VALLETTA
85/100 83/100

FUNERAL HARVEST GNU DADA HOLA LA POYANA JOE PERRINO AND THE
FUNERAL HARVEST ASTRODINAMICA A LONG COLD SUMMER MELLOWTONES
SIGNAL REX AUTOPRODUZIONE HOPETONE/LE OFFICINE MAGICAL DANGEROUS JOURNEY
FOR MONSTERS
Band italo- Indossano Il cagliari-
norvegese maschere tano Raffa- Con un look
nel segno di di animali, ele Badas alla Roky
quello che tute gialle e prosegue Erickson,
proverei a non è dato nelle sue a cavallo di
definire oc- sapere chi vi esplora- una Trium-
cult blacke- si nasconda zioni folk ph (vedi il
ned death dietro. Una pop fatte video di The
metal rock’n’roll, i FH hanno cosa però si evince chiaramente di piccole minuzie che fanno la Twilight)
una forza primitiva e lust per ascoltandoli: nonostante sia un differenza e che rendono un ge- riecco tra noi Joe Perrino con un
echeggiare i primi Bathory. Con nuovo quartetto, non possono nere già ampiamente esplorato nuovo singolo. Delizioso. Pura
un sound fuzz devastante. Nihil essere nati ieri. È troppo attenta comunque vivo. Like A Modern ingenuità 60’s, nostalgia, raffina-
Sub Sole Novum è il titolo della la produzione, l’esecuzione, trop- Jesus Christ svolta in un suono to gusto rock’n’roll e perché no,
loro migliore canzone. Certo, po sottili e mature le scelte delle più strutturato, qualche batteria power pop. Non manca nulla.
nulla di nuovo sotto il sole, e parole e dei suoni di un pop deli- programmata a movimentare Sono canzoni orecchiabili, in cui,
in effetti il pezzo ricorda un ziosamente acido che rimanda ai (Grab Those Monsters And soprattutto in The Twilight, do-
po’ i Possessed di Seven Chur- Fab Four e alla neopsichedelia. Kill’Em All) e Being The Odd mina l’organo Farfisa e un senso
ches. Ma come dire: It’s only Da tenere d’occhio, aspettando One Out che vira verso i disin- di struggimento per i tempi
black’n’roll but i like it. l’album. cantati Kings Of Convenience. andati che tocca il cuore. Grande
CLAUDIO SORGE BARBARA SANTI Purezza ed evoluzione. ritorno, Joe.
76/100 82/100 NICHOLAS DAVID ALTEA CLAUDIO SORGE
75/100 80/100
byVaSco
88 | RUMOREMAG.COM
 o
SINGOLARE LA LUNGHEZZA NON È TUTTO DICEMBRE 2020

KALABRESE & KAYYAK KREDA M¥SS KETA OCTOBER DRIFT

MAKE NO TIME CREST IL CIELO NON È UN LIMITE NAKED
RUMPELMUSIG NATURE SCENE UNIVERSAL PHYSICAL EDUCATION

Il Sacha I Kreda, Il situa- “Come la

c
Winkler band anglo zionismo neve noi
che più ci slovena, dell’artista cadiamo”,
piace, quel- vedono tra milanese così recita
lo dilatato i membri poggia su il ritornel-
e funk di anche ar- una certa lo di uno
capolavori tisti che consistenza degli inediti
immortali hanno musicale: presenti
come Auf Dem Hof. Con il con- orbitato nel mondo Laibach. se episodi come Giovanna Har- in questo EP in chiave semi
cittadino Kayyak alla voce, il Ne viene fuori l’art pop sinte- dcore divertono, d’altro canto acustica. Forse il miglior pezzo
genio di Zurigo firma sia i dieci tico che non trova una propria la cifra stilistica di questo EP mai scritto dalla band, con un
minuti di chitarre afrobeat e forma, rimanendo in bilico tra si riferisce insistentemente ad testo intenso e commovente, in

classica pompa in 4/4 un po’
dopata di Make No Time, sia i 15
più notturni di Painting Of Re-
laxation. Anche loro comunque
impostati su un classico groove
dritto e ipnotico alla Kalabrese,
marchio di fabbrica vincente.
sperimentalismo e incertezze,
con molti vuoti che lasciano
trasparire qualche pulsazione
elettronica. Si salva la sacralità
sonora che diventa il fondale su
cui tentano di costruire strut-
ture solide. Per ora poca luce e
una stanza vuota.
S
aspetti dalla musica dance anni
90, fino alla sofisticata house
sintetica di GMBH. Produce
il sempre impeccabile Riva,
con l’eccezione della Diana in
duetto con Priestess, a cura di
Populous.
cui la voce profonda di Kiran
Roy trova la sua veste ideale e
viene esaltata da una struttura
minimale. Se manterranno le
promesse, gli October Drift
sapranno regalarci grandi sod-
disfazioni in futuro.

a
ANDREA POMINI GIORGIO VALLETTA LUCA DOLDI
81/100 NICHOLAS DAVID ALTEA 73/100 70/100
60/100

PREMONITIONS SMILE THE SMOKING BONES STR4TA

SHE TOOK MY HEART AND SOUL FROM HERE ON DOWN TO THE HIGH ASPECTS
BICKERTON DOTTO AREA PIRATA BROWNSWOOD

Da Los An- Quante Un EP, un Una scena

geles, e solo band al album e dai più di-

V
per fans mondo vi ora questo menticata
ortodossi, ricordano vinile 7” o spesso
ecco i Pre- in maniera che segna sottovaluta-
monitions credibile l’ingresso ta, sebbene
col nuovo e potente di un nuovo influente
singolo che i R.E.M.? cantante su molta
altro non è se non l’ennesima Quali di queste aprono e chiu- nel gruppo della Tearsvalley. musica dei decenni successivi,
celebrazione della golden age dono con una ritmica post punk I ragazzi toscani ci hanno gua- è quella del brit funk dei primi

y
di Pebbles. She Took My Heart
And Soul e The Whiskey Shake
sono due pezzi di garage ado-
lescenziale “in stile”: se oggi
siamo qui a parlare di un suono
e un’attitudine nati allora e mai
invecchiati, un motivo ci sarà.
Per nerd del teen punk ‘65/’66,
alla larga tutti gli altri.
(i Glove di Robert Smith)?
Singolo potente e fresco, con
un testo da la rivoluzione nasce
ogni sera, chiudendo il laptop.
Qualcosa di Marr, molto di
Stipe, stacchi precisi, un contro-
canto Hüsker: manco quattro
minuti e siamo già sedotti.
Cresce l’attesa per l’imminente
album. Quindi, you better run
dagnato in pathos, nonostante
la ricetta sonora sia sempre la
stessa: un impasto di hard rock
punk di taglio nordeuropeo con
un puntino all’orizzonte che è
l’Australia. Alla caduta e alla
risalita evocate dall’epica title
track, segue una cover arcigna
di Burning Love di Elvis.
anni 80, e di band come Free-
ez, Beggars & Co, Central Line
e Atmosfear. A rispolverare
quel suono ora sono questi
esordienti londinesi scovati dal
solito Gilles Peterson. Tra funk,
fusion e una certa urgenza post
punk, soprattutto nella versione
Demus Dub.

b
LUCA FRAZZI MANUEL GRAZIANI GIORGIO VALLETTA
72/100 through the jangle, babies. 71/100 82/100
MAURIZIO BLATTO
79/100
TALK SHOW VERY PARANOIA NILÜFER YANYA NEIL YOUNG
THESE PEOPLE SOMETHING WILL GO WRONG FEELING LUCKY? THE TIMES
COUNCIL WCY T ATO/PIAS REPRISE

Geografi- La violenza, Tre canzoni Lasciatasi

camente
situati nella
zona sud est
di Londra,
i Talk Show
sono partiti
da un’in-
clinazione dark wave presente
soprattutto nei primi singoli.
These People, che vede la coper-
tina realizzata dall’illustratore
Benjamin Phillips, si sposta su
declivi meno ruvidi e più ritmati
(Stress), senza lasciare da parte
le influenze 80’s, lo spoken
word, la new wave rivisitata
(Banshee) e un rigurgito post
punk (Petrolhead). Promossi.
NICHOLAS DAVID ALTEA
77/100
la sciatteria
e lo strug-
gimento ni-
chilista del
primo punk
californiano
vivono in
questo nuovo singolo degli ex
Naked Lunch Very Paranoia.
Tre botte di malata energia ga-
rage r’n’r sparate in faccia con
l’urgenza di chi è senza domani.
Penso agli Zeros, ai Lewd, agli
Angry Samoans e a gente come i
Count Bishops, pub rockers pre
punk della prima ora, come alle
band che riecheggiano dentro
questi suoni derelitti.
CLAUDIO SORGE
81/100
per con-
fermare lo
stato di gra-
zia raggiun-
to nell’ab-
bagliante
primo
album Miss Universe. Prodotta
da Nick Hakim, Crash fa della
sua deragliante ripetitività
incredibile virtù. Will Archer è
invece coautore di Same Damn
Luck, e Day 7.5093 è prodotta
da Bullion (già al fianco di We-
sterman) ma la personalità della
Yanya e la sua voce di nervosa
agilità sono tali da prevalere in
ogni episodio.
GIORGIO VALLETTA
85/100
momenta-
neamente
(?) alle
spalle
l’ossessio-
ne per la
qualità del
suono, Neil Young si fa intimo e
minimale, e decide di registrare
su iPad alcuni brani selezionati
dal suo catalogo aggiungendo
una cover di Dylan. Il tutto è
retto concettualmente dai venti
di protesta che negli Stati Uniti
stanno incendiando questioni
razziali e presidenziali. Interes-
sante, ma non imprescindibile.
FERNANDO RENNIS
62/100

byVaSco
RUMOREMAG.COM | 89

FLASHBACK TREES
V
IL GIARDINO DELL’EDEN ELETTRICO
y
b
TREES
TREES (50TH ANNIVERSARY EDITION)
EARTH RECORDINGS
“Folk rock? Freak folk? Il nostro primo
obbiettivo era sempre essere rispettosi
nei confronti della canzone e creare
lo spazio per la voce dell’incantevole
Celia. Dopodiché ogni sera era un salto
nel buio. Tutti quanti ci precipitavamo
più o meno nello stesso istante verso il
break strumentale, Barry, Bias, Unwin
e me, lanciandoci oltre il bordo della
scogliera, in attesa di capire chi avrebbe
toccato per primo. A quel punto, via
90 | RUMOREMAG.COM
S c
a
TREES
libera all’acid folk: sublime quando
funzionava, caos totale quando non
funzionava”. David Costa sintetizza
così il suono dei Trees, nel libro che
accompagna il box retrospettivo di Earth
Recordings per il cinquantennale: oltre
ai due album pubblicati dalla band nel
biennio ‘70/’71, due dischi di demo,
session radiofoniche, remix del 2007 e
scampoli di una reunion sui generis al
londinese Cafe Oto, 2018. La formazione
nasce a Londra nel 1969, accodandosi
con personalità alla svolta folk rock
albionica dei Fairport Convention: un
“pastoralismo elettrico” (definizione
di Rob Young nel fondamentale saggio
Electric Eden) nato dall’incontro tra
Costa, chitarrista acustico folgorato
sulla via di Damasco dal decano del folk
revival Martin Carthy e dalle riletture,
Oltreoceano, di antiche ballads, e il
solista elettrico – fan però dei raga
acustici di Davy Graham - Barry Clarke,
con il coinvolgimento di Bias Boshell,
bassista/songwriter, del batterista Unwin
Brown e di Celia Humpris, “quinto
strumento solista” ovvero una voce che
media tra irregolari studi operistici
e l’approccio disadorno di Shirley
Collins. Nel 1969 firmano per la CBS,
l’anno dopo esce The Garden Of Jane
DI ALESSANDRO BESSELVA AVERAME
byVaSco
o
Delawney, esordio tanto acerbo quanto
splendido nel suo sciolto entusiasmo,
che riunisce traditionals (una acidissima
She Moved Thro’ The Fair) e originali,
come l’arcana title track poi ripresa da
Françoise Hardy, intitolata a un’elusiva
creatura nata dall’inconscio di Boswell.
Il successore On The Shore, neppure un
anno dopo, sebbene a tratti arrancante
(è parte del suo fascino: si ascolti una
magica Sally Free And Easy improvvisata
in studio, che incespica e poi decolla),
è un quantum leap che purtroppo, a
dispetto della fitta attività live, non
porterà le attenzioni sperate, di fatto
contribuendo al naufragio di una band
con troppe teste e direzioni: più robusto
ed elettrico l’impianto (una Streets Of
Derry con chitarre tra West Coast e
presagi di Television), di sublime fattura
traditionals apocrifi come Fool, levitante
la rilettura di Geordie che gli Gnarls
Barkley campioneranno in St. Elewhere,
portando nel 2007 a una riscoperta
a bassa intensità e a una reunion in
absentia, e a successivi progetti live al
momento congelati dalla pandemia. Ma
prima o poi Jane Delawney tornerà a
manifestarsi.
80/100 DISCO
75/100 EXTRA

RETROPOLIS DICEMBRE 2020
AA.VV.
LIVING ON THE HILL. A DANISH
UNDERGROUND TRIP 1967-1974
ESOTERIC
1967/1974: gli anni d’oro del
rock che supera tutte le barriere,
mescola tutte le influenze, diven-
ta linguaggio universale. Ogni
Paese e ogni luogo esprimono ar-
tisti e band creative. In Danimar-
ca, nazione freak che diede spa-
zio alla cultura hippie con festival
e situazioni alternative come la
free town Christiania, la fioritura
rock underground fu splendida.
In questo triplo CD ne sono rac-
colte alcune tra le espressioni più
interessanti, come i Burnin’ Red
Ivanhoe, gli Young Flowers, i Day
Of Phoenix, i Savage Rose (space
rock e ballate tribali hippie), gli
incredibili Ache, di un periodo
già più maturo, heavy prog del
1971, dei quali De Homine Urba-
no è un capolavoro senza tempo,
V
e gli Hurdy Gurdy, trio post hen-
drixiano da sballo.
CLAUDIO SORGE
83/100 DISCO
ZERO EXTRA
y
JO BISSO
AFRICAN DISCO EXPERIMENTALS
(1974 TO 1978)
b
AFRICA SEVEN
Experimentals più o meno,
African Disco di sicuro. Disco
soprattutto, in realtà, perché
nella discografia del produt-
tore e cantante di Yaoundé,
capitale del Camerun, di Africa
non è che ce ne sia molta. Non
esplicita, quantomeno: tranne
qualche eccezione e qualche
dettaglio ritmico, quella di
Bisso è roba da ballare che
potrebbe essere stata prodotta
più o meno ovunque (e infatti è
prodotta negli Stati Uniti, dove
si era trasferito nel 1972). Roba
buona, intendiamoci. Poco pro-
pensa alle soluzioni commer-
ciali - anche qui, con qualche
eccezione e caduta di tono - e
molto concentrata sul suono
e sul groove, caldi e curati. Le
avventure sono soprattutto
in Play Me e Love Somebody,
suite di 16 minuti la prima e 11
la seconda, e nella solo percus-
siva Love Beat.
ANDREA POMINI
75/100 DISCO
ZERO EXTRA
AA.VV.
CAN’T STOP THE DREAD
DOCTOR BIRD
Ricognizione meritata sull’o-
pera di Sonia Pottinger, fra le
pochissime produttrici reggae
in un business sostanzialmente
S
maschile, e in particolare sulle
sue cose roots della seconda
metà dei ‘70. Non ingannino
titolo e copertina: Miss P e la sua
High Note producono soprat-
tutto roots solare e positivo, con
armonie vocali e dolcezze pop,
solo sporadicamente spingen-
a
dosi in quella zona più propria-
mente dread fatta di atmosfere
apocalittiche, accordi minori
e ritmi cosiddetti militanti. 33
tracce su 35 compaiono per la
prima volta su CD, e otto sono
completamente inedite. Non
mancano versioni estese con dub
e interventi di DJ, e per chi non
la conoscesse c’è una Get Up di
Jackie Edwards letteralmente
identica a Revolution Rock dei
Clash, tre anni prima.
ANDREA POMINI
79/100 DISCO
77/100 EXTRA
BORIS
ABSOLUTEGO
AMPLIFIER WORSHIP
THIRD MAN
Si lancia sulle tracce seminali
dell’heavy noise, il buon Jack
White, ripubblicando per la sua
Third Man i primi due album
dei Boris. Il primo, uscito nel
1996 per la Fangs Anal Satan
(un premio per il nome); il
secondo per la Mangrove/
Southern Rock, due anni dopo.
Absolutego è l’esordio speri-
mentale del trio giapponese: un
lungo modulato feedback che
rivela sottotraccia il fantasma
dei Melvins e degli Earth (tra i
primi storicamente a “lavorare”
il drone/metallo e a loro volta
inizialmente influenzati dai Mel-
vins). Mentre Amplifier Wor-
ship è, diciamo, più strutturato,
con una versione rimasterizzata
di Huge, tra i brani capitali dei
Boris, uno dei crocevia di quelli
che sarebbero diventati gli snodi
cruciali del post metal: drone,
sludge, doom.
CLAUDIO SORGE
80-84/100 DISCO
ZERO EXTRA
byVaSco
AA.VV.
SUMER IS ICUMEN IN
GRAPEFRUIT
Non è la prima raccolta dedi-
cata al folk britannico fra ‘60
e ‘70, quello fatto da giovani
aperti tanto alla tradizione
quanto alla controcultura psi-
chedelica del tempo. È la prima
però a focalizzarsi in modo così
ampio e dettagliato sui risvolti
pagani del genere: divinità ru-
rali e riti ancestrali, demoni e
streghe, Madre Natura e violen-
za, Stonehenge e capelloni nudi
nei boschi. The Pagan Sound Of
British & Irish Folk 1966-1975
dunque, con 61 pezzi in tre CD,
bel libretto e scaletta fatta di
imprescindibili (dai Comus in
giù) ma soprattutto rarità da
intenditori. Che bellezza Death
dei The Sun Also Rises e Lo-
vely Joan dei Folkal Point, ad
esempio, o gli 8’48” di Yorric
di Meic Stevens, o Swan In The
Evening degli Amber. Ma tutta
l’opera cattura e porta altrove.
ANDREA POMINI
83/100 DISCO
ZERO EXTRA
ISOBEL CAMPBELL
AMORINO/MILKWHITE SHEETS
COOKING VINYL
Il lockdown sembra avere
dato una scossa alla musicista
scozzese, che a distanza di 14
anni dall’ultimo ha pubblicato
prima l’album di inediti There
Is No Other in febbraio, poi ad
agosto l’EP Voices In The Sky
e ora le ristampe del primo e
secondo lavoro individuale a
suo nome. La critica all’epoca
accolse tiepidamente Amorino,
che uscì nel 2003, e Milkwhite
Sheets, del 2006. In realtà il
primo era un grazioso e delicato
esempio di twee pop cantato da
quella voce soffusa, particolare,
suadente e pubblicato l’anno
successivo del suo distacco dai
Belle And Sebastian. Il secondo
invece è un disco folk, forse
suggestionato dall’esperienza di
Ballad Of The Broken Seas con-
divisa con Mark Lanegan nello
stesso 2006, che alterna il suo
stile alle sue radici.
BARBARA SANTI
70/100 DISCO
ZERO EXTRA
o
c
ASSALTI FRONTALI
1990–2020
AUTOPRODUZIONE
Una storia lunga, quella della
squadra rap antagonista romana,
qui ripercorsa a partire dalla
Batti Il Tuo Tempo firmata Onda
Rossa Posse dopo cui il rap ita-
liano scoprì una propria ragion
d’essere non solo militante. La
raccolta in 24 tracce parte da lì,
ma prima sfodera un inedito,
Porta Per Volare, produzione
soul funky di Ice One e un emo-
zionante mix tra ricordi dell’e-
poca e omaggio alla cultura hip
hop. L’altro inedito è Compagno
Orso, ballata omaggio al combat-
tente Lorenzo Orsetti, caduto per
la libertà del popolo curdo. Dopo
la selezione di brani estratti da
tutti gli album, il valore aggiunto
è rappresentato da singoli usciti
dal 2016 in avanti, pezzi come Si-
monetta e il Rap Dell’Infermiere
che riflettono l’attuale impegno
di Militant A nel mondo della
scuola e dei diritti civili.
PAOLO FERRARI
90/100 DISCO
70/100 EXTRA
COIL
A GUIDE FOR BEGINNERS: THE
VOICE OF SILVER / A GUIDE FOR
FINISHERS: A HAIR OF GOLD
SARA DALE’S SENSUAL MASSAGE
COLD SPRING/ INFINITE FOG
Due occasioni per addentrar-
si nuovamento nell’universo
sperimentale, dissacrante e
cinematico dei Coil, nel loro
approccio dada avanguardistico
verso la materia del suono post
industriale. Grazie alla Cold
Spring ritroviamo infatti, in un
unico contenitore, gli antologici
The Voice of Silver/A Hair of
God, ideali atti sinfonografici
restituiti pure nella loro veste
cirillica (l’opera venne concepi-
ta anche come atto introduttivo
alle loro prime performance in
quel di Mosca). Mentre insiste
sull’ambient espressionista e
allucinatorio, quello marcata-
mente psichedelico e surreali-
sta, la soundtrack Sara Dale’s
Sensual Massage.
STEFANO MORELLI
84/100 DISCO
86/100 EXTRA
RUMOREMAG.COM | 91
 o
RETROPOLIS DICEMBRE 2020

CONTROPOTERE
È ARRIVATO AH POOK
HERESIA OLYDOR
Una reunion live del 2017 è
la scintilla che ha dato il via
all’operazione: una versione
rimasterizzata del primo lavoro
THE CRANBERRIES
NO NEED TO ARGUE (25TH ANNI-
VERSARY EXPANDED EDITION)
UNIVERSAL/ISLAND
Più che per osservare da nuove
angolazioni il disco che ha pro-
iettato la band irlandese nell’O-
DEFTONES
WHITE PONY
(20TH ANNIVERSARY EDITION)
REPRISE/WARNER
A distanza di 20 anni, White
Pony continua a galoppare av-
volto da un’aura di sacralità. A
c
THE DIVINE COMEDY
VENUS, CUPID, FOLLY AND TIME
DIVINE COMEDY
Buoni primi 30 anni, festeggiati
con 24 CD fra album rimasteriz-
zati, extra, un sunto di materiale
giovanile e il ripudiato debutto

della band, il burroughsiano
È Arrivato Ah Pooh (1986). Il
sound è incredibilmente fresco
e coinvolgente a più di 30 anni
di distanza – un hardcore metal
in salsa personalissima, dall’u-
more postapocalittico. Ma non
solo, perché la cifra stilistica
S
limpo della musica mondiale,
questa nuova ristampa sembra
piuttosto voler celebrare il ta-
lento dell’indimenticabile Do-
lores O’Riordan a circa tre anni
dalla sua prematura scomparsa.
Le novità contenute in questo
lavoro sono infatti poche – le
ragion veduta, naturalmente;
perché un cambio di registro in
un genere così non lo ha fatto
(quasi) mai nessuno. I Deftones
si innalzarono oltre i territori
che ben conoscevano, con un
disco completato per oltre metà
in studio con innesti shoegaze,
del 1990. E box che vale mezzo
suggerimento ai (fortunati) ne-
ofiti del gruppo di Neil Hannon:
pescate a caso, il margine di er-
rore è minimo. Vale la costanza
dell’ispirazione dell’irlandese,
chiaramente. Ma forse ancor più
l’idea che ogni capitolo racconti

della band è caratterizzata da
una drammatica teatralità che
trascende i generi citati. Il bonus
è un DVD con l’audio della se-
rata di reunion abbinato a clip
creati ad hoc da una serie di
videomaker che interpretano lo
spirito dei singoli brani. “Avre-
mo cura di realizzare tutto ciò
che l’ossessione della realtà ha
a
più rilevanti sono l’inedita
Yesterday’s Gone, la versione
demo di Serious e la coinvol-
gente cover di (They Long To
Be) Close To You dei Carpen-
ters – mentre per il resto il
doppio album sembra piuttosto
una finestra spalancata sulla vi-
vace personalità artistica della
cantautrice.
ambient, sperimentazioni trip
hop e altro ancora. Black Stal-
lion è il disco extra che vede
l’intero album remixato da
coraggiosi ma esperti cowboy
dell’elettronica (e non). Clams
Casino svuota e rallenta (Feti-
ceira), l’urlo di Digital Bath non
deflagra ed è una strana (e pia-
cevole) sensazione quella che DJ
una storia a sé: l’abbocco con
il britpop (mai riuscito, troppo
signorile Hannon per la cafonag-
gine del periodo) di Casanova
nel 1996, la matura grandeur di
Absent Friends (2004) o il pop
aristocratico dell’ultimo decen-
nio. Come trionfi quali l’orche-
strale A Short Album About Love
del 1997, il cui status di album

V
dichiarato assurdo”, dicevano i DORIANA TOZZI Shadow imprime. A Pink Maggit minore dovrebbe ben inquadrare
Contropotere. E l’hanno fatto. 75/100 DISCO ci pensa Squarepusher, destrut- l’enormità del talento del suo
ANDREA VALENTINI 65/100 EXTRA turandola. Surreale. autore.
74/100 DISCO NICHOLAS DAVID ALTEA FRANCESCO VIGNANI
70/100 EXTRA 94/100 DISCO 85/100 DISCO
77/100 EXTRA 80/100 EXTRA

b
WALKING ON
THE BRIDGE
(OPERA OMNIA 1985-1990)
SPIT TLE

y ALLISON RUN
Ci sono voluti anni, dice nel booklet Federico Guglielmi, curatore
dell’operazione insieme al gruppo, ma ora la musica degli Allison
Run può tornare in circolo: tutto quanto messo su nastro dalla band
brindisina di base a Bologna - incluso un live dell’89 di più che
accettabile qualità sonora - spalmato su tre CD, tranne una cover
de La Fata di Edoardo Bennato (da Union, compilation CGD di
giovani-che-rileggono-i-classici) rimasta fuori per aggrovigliate
faccende di diritti. Inaccettabile lamentarsi, però. In primo luogo
per la qualità della psichedelia d’autore – ma imbevuta di presente
- distillata all’epoca da Amerigo Verardi e soci, già maturissima
nell’EP All Those Cats In The Kitchen (1987) e ribadita due anni
dopo – nel mezzo le tre tracce del 12” Allison Run - in un LP di
qualche bel colpo in proprio”). E poi per materiale sparso e
demo aggiunti, che dicono molto anch’essi di quanto attento
fosse l’orecchio a captare suoni passati e presenti e del tessuto
raffinatissimo e variegato delle trame musicali. Ad esempio una
cover di Ceremony dei Joy Division virata Sarah Records e C86.
Oppure la scheletrica cover degli all’epoca negletti Rolling Stones
psichedelici, Citadel, nel primo demotape. Pure il finale amaro, il
classico scioglimento per dissidi interni quando sembrava (forse)
manifestarsi l’interesse major, nasconde gioielli: tra i provini
del mai materializzatosi terzo album, per dire, la clamorosa The
Hippest Show On Earth, autori Verardi e Umberto Palazzo (in
formazione dal 1988), sprizza Madchester da tutti i pori. Una delle
eccellente fattura e scrittura, God Was Completely Deaf (di cui la migliori band italiane degli ‘80, come minimo.
fanzine inglese “Freakbeat” scriveva: “uno strano esemplare di ALESSANDRO BESSELVA AVERAME
psichedelia ispirato da Barrett e Hitchcock in grado di assestare 83/100 DISCO
78/100 EXTRA

byVaSco
92 | RUMOREMAG.COM

IAN DURY
HIT ME!
BMG
Ian Dury lo nominano in tanti
ma lo conoscono in pochi, se
non per Sex & Drugs & Rock
& Roll e poco altro. Male. Con
i suoi Blockheads (top players
assoluti come Micky Gallagher
e Norman Watt-Roy) ha fatto
la storia. Negli anni tra il pre e
il post punk ha sfornato pezzi
che fotografano l’Inghilterra in
crisi da un prospettiva diversa
da quella di Pistols e Clash ma
altrettanto credibile. Ian Dury
suonava pub rock che era anche
soul, R&B, funk. Punk dentro.
Ironico, tenero, vizioso, con qual-
che hit all’attivo (Hit Me With
Your Rhythm Stick, Clevor Tre-
ver) e apparizioni a Top Of The
Pops, whiskey in corpo e un volto
arcigno imperlato di sudore. In
questa antologia c’è tutto questo.
V
Chi colpevolmente non conosces-
se Ian, provveda all’acquisto.
LUCA FRAZZI
80/100 DISCO
ZERO EXTRA
y
THE FREE DESIGN
BUTTERFLIES ARE FREE
ÉL/CHERRY RED
b
Mai sentiti? Mettete su un
pezzo qualunque e ripetete: non
sono mai entrati nella top 100
pop di “Billboard”, numero 114
col primo singolo e poi basta. Li
conosce un centesimo dei fan
di coevi più celebrati ma bravi
uguale, o meno, e per fortu-
na c’è stato un revival a metà
anni 90, altrimenti sarebbe un
millesimo. Pare impossibile
insomma che i fratelli e sorelle
Dedrick non siano ufficialmen-
te nella storia fra i più grandi
gruppi pop di sempre. Categoria
sunshine pop per la precisione:
armonie vocali a strati, melodie
solari con fondo malinconico,
orchestrazioni barocche con
archi o fiati, lieve patina psiche-
delica, arrangiamenti perfetti.
Tutto in questo box quadruplo
ed economico: i sette album
usciti fra 1967 e 1972, più 13
bonus fra versioni alternative,
singoli e rarità.
ANDREA POMINI
85/100 DISCO
80/100 EXTRA
BRIAN ENO
FILM MUSIC 1976-2020
UNIVERSAL
Music For Films (1978), ca-
pitolo decisivo delle musiche
“funzionali” di Brian Eno, venne
pubblicato come “colonna so-
S
nora concettuale per eventuali
film”. Ebbe successo: molti lo
saccheggiarono, tra cui Jean-Luc
Godard, Derek Jarman e Jim
McBride. Oggi pare ingenuo, ma
ai tempi scrivere colonne sonore
senza commissione non era gesto
consueto. Da allora Eno comin-
a
ciò a scrivere per il cinema e la
televisione senza più fermarsi.
La raccolta contiene alcuni temi
già editi come Beach Sequence
per Al Di Là Delle Nuvole di Mi-
chelangelo Antonioni e Prophecy
Theme da Dune di David Lynch;
e tracce fino a questo momento
mai pubblicate come le musiche
scritte per le serie BBC Top Boy
di Ronan Bennett e Mr Wroe’s
Virgins di Danny Boyle. Una
buona antologia.
ANDREA PREVIGNANO
70/100 DISCO
ZERO EXTRA
JOHNNY THUNDERS
& WAYNE KRAMER’S
GANG WAR
GANG WAR!
JUNGLE
Tra il ’79 e l’80 i due top player
dello sfascio Johnny Thunders e
Wayne Kramer uniscono le forze
e la dotazione di siringhe per un
progetto estemporaneo ribattez-
zato Gang War. Kramer è fermo
dai tempi degli MC5, Thunders
dopo gli anni con le Dolls e gli
Heartbreakers cerca una valvola
di sfogo. La trova con i Gang
War, formazione che ruota
attorno alle due leggende alle
quali si aggiungono di volta in
volta sezioni ritmiche improvvi-
sate. I Gang War non incidono
nulla di ufficiale ma registrano
sessioni che escono diluite negli
anni, ultima in ordine di tempo
questo doppio LP che conferma
quanto già sapevamo di Thun-
ders e Kramer. Originali, cover,
qualche pezzo live (Max’s 1980),
eroina e punk rock a 24 carati:
tutto nella norma.
LUCA FRAZZI
72/100 DISCO
ZERO EXTRA
byVaSco
EYELESS IN GAZA
CAUGHT IN FLUX
SPITTLE
Ascoltato oggi, Caught In Flux
suona vecchio di secoli. La
produzione, gli arrangiamen-
ti, il clima: tutto appartiene a
un’epoca ben più lontana dei
40 anni che ci separano dalla
sua uscita. Ma se vogliamo una
foto di quei primissimi anni 80,
eccola. Grazie alla Spittle torna
in circolo un titolo che la storia
aveva dimenticato, colpevol-
mente. Martyn Bates con i suoi
Eyeless In Gaza dipingeva pezzi
minimali, malinconici, nei quali
il post punk era rappresentato
in una delle sue derive più fra-
gili, perché non occorre gridare
per muovere i sentimenti. Un
tempo attorno all’intimismo
girava un sistema: Caught In
Flux ne era un’alta espressione
e Bates uno dei suoi cantori. Un
disco triste e fortemente evoca-
tivo, come molti all’epoca. Ma
importante come pochi.
LUCA FRAZZI
78/100 DISCO
ZERO EXTRA
GUN CLUB
MIAMI
COOKING VINYL
Miami (1982) avrebbe potuto
essere persino superiore a Fire
Of Love, il fulminante esordio
per la Slash prodotto da Chris D.,
se l’altro Chris, Stein, produttore
di Miami, nonché proprieta-
rio dell’etichetta Animal, non
avesse completamente sbagliato
la masterizzazione. Dal che ne
risultò un disco di una piattezza
sconfortante, pur avendo canzoni
complessivamente migliori. Be’
certo, non aveva Sex Beat e For
The Love Of Ivy, manifesti del
punk rock americano per antono-
masia, ma la perfetta fusione tra
r’n’r, country e iconoclastia punk
ne fece un esempio insuperato.
Carry Home ne rappresenta
tutto il pathos americano. La
cover dei Creedence Run Throu-
gh The Jungle è voodoo punk.
Walking With The Beast (dal
vivo), bonus di questa nuova
ristampa rimasterizzata della
Coking Vinyl, è puro J.L. Hooker.
CLAUDIO SORGE
85/100 DISCO
80/100 EXTRA
c o
FIELDS
OF THE NEPHILIM
ELIZIUM
BEGGARS BANQUET
McCoy e soci arrivavano già da
due colpi notevoli, ma in questo
viaggio (suffragato dall’in-
contro con Andy Jackson) i
temi intrecciati dello spaghetti
western, dell’angelologia, dei
flussi poetici crowleyani, degli
antichi astronauti, raggiunsero
un confine sonico mirabolante.
La tipica forma canzone vive sì
nei canti romantici di For Her
Light e Sumerland, ma è nella
dilatazione cosmico progressi-
va, nell’esaltazione simbolica e
onirica dell’arcano che i Nephi-
lim seppero generare uno dei
più fulgidi manifesti dello “psi-
cosinfonico” applicato al rock.
Il vinile resta il supporto ideale
per Elizium, fatto che ne giusti-
fica la ripubblicazione a 30 anni
di distanza.
STEFANO MORELLI
85/100 DISCO
ZERO EXTRA
THE KILLS
LITTLE BASTARDS
DOMINO
Titolo girato sul doppio senso
dell’omaggio da un lato alla
drum machine degli esordi
(dolcemente chiamata little ba-
stard) e, dall’altro, a una serie
di canzoni lasciate randagie
nel periodo. Con la raccolta a
focalizzarsi sul primo periodo
di carriera, dai primi singoli del
2002 (ancora più acerba la ver-
sione originale di Jewel Thief)
al 2009, arrivando quindi giu-
sto un attimo dopo Midnight
Boom. Il periodo più amato di
VV e della Mosshart, e destino
migliore del singolo meritavano
ballate come London Hates You
o il gommoso pop di Blue Moon.
Con una scaletta stranamente
non in ordine cronologico e con
pochissimo di inedito, ma con
il vantaggio di recuperare cover
sparpagliate un po’ ovunque, da
Gainsbourg alla classicissima I
Put A Spell On You.
FRANCESCO VIGNANI
70/100 DISCO
65/100 EXTRA
RUMOREMAG.COM | 93

KINKS
LOLA VS THE POWERMAN & THE
MONEYGOROUND, PART ONE
BMG
Sul fatto che Lola Vs The Power-
man sia uno dei classici dei
Kinks non c’è dubbio. Qualche
S
dubbio potrebbe esserci sull’op-
portunità di ristamparlo cicli-
camente in edizioni sempre più
lussuose, ma il cinquantesimo
anniversario era un’occasione
troppo ghiotta per non lancia-
re ai fan hardcore l’amo di un
box con libro, 45 giri, poster,
a
spillette etc. In attesa che per la
prossima ristampa vengano di-
rettamente a casa vostra i fratelli
GAZNEVADA
Davies, godiamoci pure questa
pletora di B sides, outtakes,
demo, versioni acustiche, live e
tutto il resto. Materiale interes-
sante per i completisti, ma che
a parte la bellezza di un pezzo
come Anytime poco aggiunge
SICK SOUNDTRACK
V
al valore di uno degli album più
immediati e al contempo amari
GAZNEVADA nella saga kinksiana.
ITALIAN/DISORDINE CARLO BORDONE
90/100 DISCO
80/100 EXTRA
Inspiegabilmente, uno dei
dischi più importanti (il più
y
importante?) della new wave
italiana ancora non era stato
oggetto di una ristampa
su vinile. L’unica edizione
sul mercato restava quella
originaria targata Italian
Records risalente a 40 anni
fa. 40 anni, un’era geologica.
OXES
THE FOURTH WALL
Esiste una versione in CMPTR STDNTS
b
CD uscita nel 2003 per la
Astroman ma (consentitemi Uscito all’epoca d’oro del math
la banalità) stringere tra le rock strumentale di Don Cabal-
mani questo vinile fresco di stampa con la sua grande copertina lero, Storm & Stress, Faraquet e
retrofuturista è un’altra cosa. Sick Soundtrack è il disco col aMiniature, il primo omonimo
quale il punk italiano diventa adulto. Un fascio di nervi, non un album su Monitor degli Oxes
album. Forse è solo un mio castello, ma Going Underground, (Baltimore, MD), venne saluta-
Shock Antistatico e Now I Want To Kill You riportano lì, in to nel 2000 come un tentativo
quella Bologna, in quell’Italia più di ogni altro disco prodotto di conferire al genere, freddo,
da chi con coraggio si definiva punk nel Paese dei Venditti e De basato sul calcolo ritmico, sulla
Gregori (nelle prime 150 copie in vinile striato bianco e nero vertigine dei tempi dispari e di
è allegato il 7” ultraramones I See My Baby Standing On A accenti mutevoli, una dimensio-
Plane inciso sotto il nome di Billy Blade & The Razors, tanto ne mercuriale, imprevedibile.
demente quanto prezioso). Musica ipertesa, evoluzione caustica Non a caso si ricordano gli
del punk primigenio, quello che i Gaz freschi dell’esperienza Oxes come una delle band più
del Centro d’Urlo Metropolitano riversavano nei nove episodi fiammeggianti e teatrali della
della loro prima cassetta su Harpo’s Music (quella con famiglia math (i loro leggendari
Criminale, Mamma Dammi La Benza, Roipnol e Nevadagaz) live spesso laceravano la celebre
ristampata per la prima volta su vinile. 1979 la cassetta, 1980 “quarta parete”), non estranee
Sick Soundtrack. La fantascienza di serie C, il Movimento, a divagazioni rumorosissime e
i Pere Ubu, i carri armati di Kossiga, i Devo, le molotov, la no(w) wave (si ricorda la loro
Traumfabrik: che i Gaznevada fossero uno degli esempi più alti affinità con gli Arab On Radar,
del nostro rock mutante post ’77 lo sapevamo. Forse però non e lo split che li unì). 20 anni
ricordavamo quanto fossero spietati nello sbatterti in faccia dopo, la giovane Cmptr Stdnts
la loro gioventù incendiaria. Per questo e per 100 altri motivi, ripresenta quell’esordio arric-
queste due ristampe vanno accolte con i dovuti onori. chito da strepitose Peel Ses-
LUCA FRAZZI sions, in un packaging creativo.
90/100 DISCO ANDREA PREVIGNANO
85/100 EXTRA 80/100 DISCO
80/100 EXTRA
byVaSco
94 | RUMOREMAG.COM
c o
MUDHONEY
REAL LOW VIBE: THE REPRISE
RECORDINGS 1992-1998
CHERRY RED
I Mudhoney, nel pieno della
prima ondata post Nevermind,
firmarono per una major: quel-
la citata nel titolo di questo
box, appunto. Una mossa che
molti fan della prima ora non
apprezzarono e che, col senno
di poi, portò davvero poca for-
tuna alla band di Seattle… ma
è palese come, sorte a parte, la
produzione griffata Reprise non
sia affatto male. Anzi: Piece Of
Cake, My Brother The Cow e
Tomorrow Hit Today riascoltati
danno molta soddisfazione,
anche se non sono cloni di Su-
perfuzz Bigmuff. Incluso nel
box da quattro CD troviamo
anche il live a Seattle del 1993
(solo promozionale in origine)
On Tour Now, oltre a ben 30
bonus fra demo, outtakes, radio
edits e alternate versions.
ANDREA VALENTINI
73/100 DISCO
75/100 EXTRA
TIZIANO POPOLI
BURN THE NIGHT/BRUCIARE LA
NOTTE: ORIGINAL RECORDINGS,
1983-1989
RVNG INTL.
Compositore sui generis, il bo-
lognese Tiziano Popoli (1955) si
pone in quella marca di confine
tra minimalismo e musique él-
ectronique, tra sperimentazione
e pop. La RVNG Intl. ha merito-
riamente stampato un’antologia
del suo primo periodo, gli anni
80, utile prodromo a Early
Works Vol. 1 pubblicato quattro
anni fa da Polipop, a completare
una visione d’insieme della sua
arte. Nella tavolozza di Popoli ci
sono un’intelligente synth wave,
un sapiente uso di sequencing
e programmazione, secondo
una sensibilità comune a quel
tempo ad artisti come Laurie
Anderson e Gavin Bryars, e
un’attenzione ai meccanismi del
minimalismo americano. Tra gli
episodi più interessanti quelli
legati all’utilizzo della voce,
campionata e riprocessata.
ANDREA PREVIGNANO
70/100 DISCO
ZERO EXTRA

RETROPOLIS DICEMBRE 2020
RAISON D’ÊTRE
WITHIN THE DEPTHS OF SILENCE
AND PHORMATION IN SADNESS,
SILENCE AND SOLITUDE
CYCLIC LAW
Tra i passaggi chiave del periodo
d’oro dell’ambient scandinavo
anni 90, originariamente editi
dalla CMI, oggi rintracciano
un’esauriente ripubblicazione
in doppio vinile. A varcare per
primo la soglia fu Within The
Depths..., concepito in una sin-
golare veste neoespressionista e
arcaica, bergmaniano sotto molti
aspetti, ma in cui il colore misti-
co gregoriano e neo industriale
rintraccia familiarità col lisergico
dei Dead Can Dance. Un volto
ancora umano in sostanza, che
muta in pura trascendenza spet-
trale nell’inimitato e algido In
Sadness, Silence And Solitude.
Qui l’idea Raison D’Être toccò il
suo vertice spirituale, esasperan-
V
do la visione “metafisica” oltre i
confini attitudinali di un Within
The Realm...
STEFANO MORELLI
90/100 DISCO
85/100 EXTRA
y
SIC ALPS
SUPPLEMENTAL COZY
DEMOS VOL. 2
b
DRAG CITY
Dal Disc Rats ai Supplemental
Cozy, Drag City dimostra tutto
il proprio amore per il reper-
torio di Mike Donovan. Varia
l’orizzonte temporale di rife-
rimento, biennio 2006/2007
al primo giro, quadriennio
2008/2012 (periodo Napa
Asylum, Sic Alps e She’s On
Top, quindi) a questo, resta
immutata la sostanza. Dieci
scheletri di canzoni per voce
soffocata e chitarra grattugiata,
il cui ascolto richiede meno
di 20 minuti, sfumando non
appena si mostrano i primi
segnali di struttura definita. La
psichedelia di partenza diffusa
ovunque, con un Syd Barrett
che emerge da una nebbia spet-
trale, si trasforma a tratti in un
accenno di rock’n’roll stranito
(Cement Surfboard) con impeti
proto glam (Lazee Son).
ARTURO COMPAGNONI
70/100 DISCO
ZERO EXTRA
THE REPLACEMENTS
PLEASED TO MEET ME
RHINO/WARNER
Quanta differenza possono fare
33 anni di distanza. Quando uscì
Pleased To Meet Me ci fu chi
storse il naso perché sembrava
S
che quei disgraziati dei ‘Mats si
stessero normalizzando troppo
in direzione FM, e poi non c’era
più Bob Stinson (che nei bonus
possiamo ascoltare nelle sue ul-
time sessions con la band) e in-
somma dov’era finito il vecchio
spiritaccio punk? Immergendosi
a
nei demo e nei rough mix dell’e-
poca ci si può rendere conto che
l’attitudine cazzara era sempre
ben presente e che Paul We-
sterberg era creativamente in
un periodo di forma strepitosa.
Sull’album originale che vuoi
dire? Un disco con Alex Chilton,
Skyway e Can’t Hardly Wait
era e rimane un capolavoro
rock’n’roll, nonostante l’orrido
riverbero anni 80 e alla faccia
degli integralisti.
CARLO BORDONE
89/100 DISCO
89/100 EXTRA
STARFUCKERS
THE ETERNAL SOUNDCHECK
SPITTLE ARCHIVE
Alzare l’asticella è sempre
stato il compito dei lunensi
Starfuckers, bête noire del rock
alternativo italiano, entità can-
giante in grado di raggiungere
vette di astrazione e ferocia per
altri inarrivabili. Nella prima
uscita dai forzieri della Spittle
(che inaugura la nuova collana
degli Archivi), gli Starfuckers
propongono il materiale super-
stite della maratona registrata
dal vivo il 9 e il 10 settembre
del 1999 al Link per la rassegna
Distorsonie: 40 minuti su un
totale di sei ore, performan-
ce ribattezzata The Eternal
Soundcheck (così Lydia Lunch
definì il suono della band). Il
gocciolamento estenuante del
suono, tipico della band, viene
portato al parossismo. Silenzi,
rumore, sfinimento psicofisico,
alimentano una performance
brutale, una prova di resistenza
necessaria.
ANDREA PREVIGNANO
80/100 DISCO
ZERO EXTRA
byVaSco
SUONA ANCORA
o
IL MEGLIO
DEI MESI PASSATI
c
KEITH RICHARDS
& THE X-PENSIVE WINOS
LIVE AT THE HOLLYWOOD
PALLADIUM
BMG
THE PLEASURE
Riedizione di un live del 1988 SEEKERS
di Keith con la band assemblata
WHAT A WAY TO DIE
per promuovere il suo album SUNDAZED
solista Talk Is Cheap. Il disco
offre esattamente ciò che pro- Una strepitosa raccolta di
mette: rock’n’roll come solo singoli e brani rari indispen-
Richards sa fare, convogliato in sabile per capire il livello di
una serie di pezzi suoi e qual- energia elettrica che si re-
che canzone dei Rolling Stones spirava a Detroit nei ‘60.
(Happy, Connection…). Come
dice Keef, “questa è roba genu-
ina” suonata da “una band ma-
gnificamente folle”. La versione
super deluxe, per chi vorrà
lanciarsi nell’acquisto, è senza
dubbio over the top: contiene
l’album rimasterizzato su CD e
LP, un 10” con tre pezzi inediti,
il DVD del concerto, un libro e
vari gadget promo.
ANDREA VALENTINI
79/100 DISCO
80/100 EXTRA
ENNIO MORRICONE/
BRUNO NICOLAI
DIMENSIONI SONORE:
MUSICHE PER L’IMMAGINE E
PER L’IMMAGINAZIONE
DIALOGO/EDIZIONI ISHTAR
Questi dieci volumi di mu-
THE WHITE STRIPES sica “di sonorizzazione”,
GREATEST HITS realizzati in compagnia di
THIRD MAN/COLUMBIA Bruno Nicolai, sono l’apo-
geo della produzione del
Chi ha avuto la fortuna di ve- maestro.
derli dal vivo lo sa: quello dei
White Stripes non è stato mero
hype. Meg e Jack con quel look
accattivante, quel mix di istrio-
nismo, ruffianeria a tradizio-
nalismo hanno incarnato l’ala
“buona” del garage revival. Un
ponte fra l’efferatezza del rock
di Detroit e le copertine pati-
nate delle riviste, che a suon
di riff stazzonati e sapiente
gestione dei meccanismi pop
hanno finito per mettere d’ac-
cordo una platea di rockers
nostalgici e hipster inveterati.
Ora arriva il loro primo gre-
atest hits, che in 26 tracce
ribadisce come il loro fosse un
sound senza tempo, fatto di
KRUDER &
lampi di genio, sterzate folk e
DORFMEISTER
1995
brani che fra avrebbero ottenu- G-STONE
to il meritato successo anche
se pubblicati in un momento Con tutta la storicizzazione
qualsiasi degli ultimi 50 anni. del tempo, un gran disco
DIEGO BALLANI che, se fosse stato pubblica-
80/100 DISCO to all’epoca, avrebbe fatto
ZERO EXTRA sfracelli.
RUMOREMAG.COM | 95
 R E T R O P O L I S

c o
P L

a S A

V
Y L I

y
S T 2

b
96 | RUMOREMAG.COM
0 2

byVaSco
0

1 IGGY POP
0 THE BOWIE YEARS
UNIVERSAL
“Gli arrangiamenti glaciali di
The Idiot […] per Iggy erano
una dichiarazione d’intenti: ci
sono, nonostante tutto. E non come un reduce. Iggy
Pop a Berlino va incontro al futuro, non lo subisce
passivamente. Oltre a classici come The Passenger e
Lust For Life, riscopriamo grandi brani come Mass
Production, da The Idiot, Sixteen nella versione dal
vivo da TV Eye 1977 Live, la versione alternativa di
China Girl e tre performance che ci dicono quanto ca-
rico e determinato fosse Iggy in quei giorni”.
LU C A FR A Z Z I , “ R UMO R E ” N . 341
“Questo box set è un tesoro per chi non ha mai sentito
i vari bootleg più o meno ufficiali usciti nel corso degli
anni, in particolare quelli che risalgono a questo speci-
fico periodo. La qualità di questi dischi – e dell’intero
periodo berlinese di Bowie – è così elevata perchè le
session furono talmente parsimoniose che nessuna idea
venne lasciata da parte lungo la strada”.
ROSS HORTON, “THE LINE OF BEST FIT”
LA CANZONE Mass Production
V
b LOU REED
y
NEW YORK (DELUXE EDITION)
RHINO/WARNER
“Un’escursione alternativa nella New York marcia,
afflitta da AIDS, povertà e violenza ma ancora
romantica e vitale raccontata dal suo Stephen
Dedalus/Lou Reed. Ogni canzone del pleonastico
omaggio reediano alla città è riproposta, oltre che
con i consueti rough mixes, anche in versioni dal vivo
tratte da vari concerti, tutte registrate stupendamente
e con un Lou in forma smagliante: rilassato,
byVaSco
o
9 RICHARD
& LINDA
THOMPSON
c
HARD LUCK STORIES
(1972-1982)
UNIVERSAL
“Compilata e masterizzata da Andrew Batt, questa retro-
spettiva rende omaggio al periodo di massimo splendore
dei due ormai ex coniugi e lo stesso Richard, curatore della
raccolta insieme a Linda, la definisce una ‘mappa’ per ri-
S
scoprire i loro antichi tesori artistici”.
DORIANA TOZZI, “RUMORE” N. 344
“Si tratta di uno di quei pochi casi in cui le cui rarità
sono parte integrante della forza del box set, chiudono
discorsi lasciati in sospeso e illuminano zone in prece-
denza avvolte dall’oscurità. [...] High School Confiden-
a
tial mostra come Richard e Linda Thompson fossero in
grado di evocare la gioia anche nella loro ora più cupa,
ed è la lezione più importante che offre Hard Luck Sto-
ries: al di là di alti e bassi i due musicisti non hanno mai
smarrito la loro chimica incandescente”.
STEPHAN THOMAS ERLEWINE, “PITCHFORK”
LA CANZONE High School Confidential
8
comunicativo, affilato, capace di dare a ogni parola
del suo arsenale retorico il peso e il ruolo adeguati”.
CARLO BORDONE , “RUMORE” N. 346
“Nel corso dei suoi 57 minuti, New York passa da
collezione di prolissi studi sui personaggi a concept
album su quanto sia futile l’idea che l’individuo possa
diventare agente significativo di un cambiamento
politico. Nella penultima traccia, Strawman, Reed
offre all’album una tesi al rovescio: “Chi ha bisogno
dell’ennesimo cantante rock moralista?”
DANIEL FEL SENTHAL , “PITCHFORK”
LA CANZONE Dirty Blvd
RUMOREMAG.COM | 97

7 ENZO
CARELLA
VOCAZIONE
ON SALE MUSIC
“’I cantanti sono parecchi. Enzo
Carella è il meno parecchio di
tutti’: also sprach Pasquale
Panella, che grazie all’incontro col musicista romano
scopriva la sua vocazione di paroliere. Ma, al di là della
perfezione con cui la voce sorniona e oppiacea di Carel-
la respira sintonizzata sulle immaginifiche costruzioni
panelliane, 43 anni dopo di questo esordio alieno, oltre
alla scrittura brillante, obliqua, gaudente, colpisce la
sofisticatezza di timbri e arrangiamenti - complici i
Goblin quasi al completo - che sostengono un inaudito
cantautorato funk”.
A L E S S A N D R O B E S S E LVA AV E R A M E , “ R U M O R E ” N - 3 4 5
“La sinuosa, felpata azione di Carella plana snella
su ogni soggetto, istantanea, invenzione che Panella
incrocia in rima, un florilegio inarrestabile con cui
aggirano e raggirano le abitudini, in cui si beffa e si
rivolta l’iconografia pop nostrana. Uno stuolo eccelso
di strumentisti della Jeans-RCA e ospiti, come il
bassista Fabio Pignatelli dei Goblin, fa il resto”.
FA B I O R U S S O , “ O N D A R O C K ”
V
LA CANZONE Il Sud È Un’Infanzia Sudata
5 4
y
THE REPLA-
CEMENTS
PLEASED TO MEET ME
(DELUXE EDITION)
RHINO/WARNER
b
“Immergendosi nei demo e nei
rough mix dell’epoca ci si può rendere conto che l’at-
titudine cazzara era sempre ben presente e che Paul
Westerberg era creativamente in un periodo di forma
strepitosa. Sull’album originale che vuoi dire? Un
disco con Alex Chilton, Skyway e Can’t Hardly Wait
era e rimane un capolavoro rock’n’roll, nonostante
l’orrido riverbero anni 80 e alla faccia degli integra-
listi”.
C A R LO B O R D O N E , “ RUMO R E ” N . 347
“Il quinto LP del gruppo, Pleased To Meet Me, il mo-
mento in cui gli impulsi punk, gli istinti pop e l’anima
poetica di Paul Westerberg sono stati messi a fuoco
come mai in precedenza. Ogni disco dei Replacements
è straordinario a suo modo, ma nessuno di essi esem-
plifica la loro alchimia dalla-spazzatura-allo-splen-
dore quanto Pleased To Meet Me, che rockeggia come
i primi Kinks, si pavoneggia come i T. Rex e rende
omaggio al loro padrino spirituale Alex Chilton”.
ELIZ ABETH NELSON, “PITCHFORK”
LA CANZONE Alex Chilton
byVaSco
98 | RUMOREMAG.COM
o
6 THE ROLLING
STONES
GOATS HEAD SOUP
(DELUXE EDITION)
c
POLYDOR
“Ha ancora il marchio del figlio
minore, GHS. C’entra il carattere del maggiore, ovvia-
mente Exile..., o l’uscire un anno dopo il quinquennio
1968/1972 [...]. Resta invece un album essenziale, e
basterebbe chiedere ai Primal Scream: più coeso del pre-
cedente, lurido dove serve ma ispiratissimo nelle ballate,
S
Angie chiaramente in testa. Spiega tutto l’incluso e poco
conosciuto live a Bruxelles dello stesso anno, con una
band in forma superlativa a lambire il disco in un diluvio
di classici”
FRANCESCO VIGNANI, “RUMORE” N.344
“Il glam rock introduceva nuovi standard provocatori e
a
trasgressivi, mentre la street music più fiera e grintosa
arrivava dal pianeta funk. Così in Goats Head Soup
atterrarono da qualche parte tra i New York Dolls e
Isaac Hayes, cercando di spingersi verso nuove vette di
oltraggiosità campy, contemporaneamente scoprendo
la musica black dell’epoca, con modalità che avrebbero
avuto effetti duraturi sul loro DNA ritmico”.
S TUART BERM AN , “PITCHFORK ”
LA CANZONE Can You Hear The Music
THE
STOOGES
LIVE AT GOOSE LAKE
AUGUST 8TH, 1970
THIRD MAN
“Gli Stooges suonano di fron-
te alla più vasta audience della loro storia l’ultimo
concerto nella formazione originale: il bassista Dave
Alexander, più fatto e angosciato del solito, sbaglierà
lo sbagliabile e Iggy non lo perdonerà. È un concerto
nel quale regnano tensione e rancori incrociati, tec-
nicamente imperfetto ma pazzesco perché gli Stooges
erano pazzeschi, un’eterna garage band che. nel caos
di quella sera, con Iggy che paradossalmente è il più
sano del gruppo, oscura comunque il resto del cartel-
lone”.
LUC A FR A ZZI, “RUMORE ” N . 345
“È spesso facile dimenticare quanto snervante e parti-
colare fosse la loro musica all’epoca. E probabilmente
è questo il motivo per cui una uscita del genere – una
delle rarissime in grado di documentare la formazione
originale con una qualità sonora eccellente – sia una
gemma così preziosa. Del genere, appunto, che può
ascoltare davvero chiunque”.
RICHARD FOSTER, “THE QUIETUS””
LA CANZONE Tv Eye
 o
3

TESTO DI Alessandro Besselva Averame

S c
a
RINUNCIARE A
ESSERE ARTISTA PER
POTERLO DIVENTARE

V
STEVE Domestic Exile, uscito nel 1982, un anno dopo il de-

y
butto dei suoi Lounge Lizards, si è posizionato ai primi

PICCOLO
posti della playlist annuale di Retropolis. Un piccolo
capolavoro a base di miniature lo-fi e songwriting avant
pop che illustra una New York all’alba dello yuppismo,
DOMESTIC EXILE raccontando i luoghi “estremi” frequentati dall’autore
GUERSSEN
(Wall Street e la scena downtown) e i suoi abitanti,
ricorrendo a un vocabolario minimale e incisivo. Gli ab-
A lungo dimenticato (discograficamente: una sua
biamo chiesto di ripercorrere quel suo personalissimo

b
fama sotterranea l’ha sempre avuta) e ristampato per
esilio domestico.
la prima volta su CD, l’esordio solista di Steve Piccolo,
La storia se ho capito bene è questa: registri
Domestic Exile a New York, fai il giro di tutte le
etichette, anche le più coraggiose, ma nessuno
sembra essere interessato. Alla fine esce in Ita-
lia per Materiali Sonori. Il tuo primo contatto,
se non sbaglio, con il paese in cui finirai per vi-
vere.
“La storia è più complicata, ma grosso modo ci sei.
Tranne che non era il mio primo contatto con Italia.
Nel 1981, con i Lounge Lizards, avevamo suonato a Bo-
logna, e dopo ho fatto vari viaggi, e anche concerti da
solo, in Italia. L’album già circolava in Francia su delle
cassette bootleg autorizzate. Onestamente faccio fatica
a ricostruire la cronologia precisa. Comunque non ho
preso ufficialmente residenza in Italia fino al 1988. Per
qualche anno ho vissuto un po’ in Europa e un po’ a
New York. Domestic Exile non è mai stato pubblicato
su CD, nonostante le centinaia di richieste che hanno
continuato ad arrivare per decenni. Non ho mai capito
perché… uhm… lasciamo perdere. Oggi, in un momento
in cui il supporto CD è quasi obsoleto, esiste finalmen-

RUMOREMAG.COM | 99
byVaSco

te anche in quella versione grazie a Guerssen/Mental
Experience. Tutto il tempismo riguardante questo disco
è sempre stato così sbagliato da sembrare intenzionale.
Il fatto che non sia finito nel più totale oblio è davvero
sorprendente”
Parte del fascino del disco risiede nel suo
suono lo-fi. Una scelta ben precisa, l’impressio-
ne è quella di un’opera volutamente “non fini-
ta”, realizzata con i mezzi disponibili nell’im-
mediato. Quasi una collezione di istantanee, di
Polaroid sonore. Era più importante catturare
il mood del momento che incidere un album di
canzoni “classico”?
“Secondo me c’era (nella scena di New York e non solo
in questo disco) una vera e propria estetica lo-fi che
non era in realtà una reazione di rigetto nei confronti
della tecnologia – anzi, spesso gli stessi esponenti
erano nerd abituati a usare i mezzi elettronici più
innovativi – bensì un ribellarsi al suono ‘patinato’ e
‘falso’ della musica pop dell’epoca, e all’abbandono,
già avviato da parte dell’industria musicale, di qual-
siasi spazio per la ricerca sperimentale. Direi senza
dubbio che l’obbiettivo di gran parte degli artisti della
cosiddetta new wave era cercare di ottenere un qual-
che genere di semplicità incisiva, una sorta di honesty
of means che aveva un sacco di punti di contatto con
i movimenti concettuali e minimalisti attivi in campo
V
artistico all’epoca... quel genere di sincerità che puoi
trovare negli scritti di John Cage, nei film di Stan Bra-
khage, nei pezzi spoken word di Bob Ashley, nel lin-
guaggio semplice e disarmante della Beat Generation.
E ci sarebbero molte altre influenze da menzionare.
Cito Marlon Brando, da una sua intervista del 1990
con James Grissom: ‘La cosa più difficile da ottenere
y
in qualsiasi forma d’arte – davvero, qualsiasi – è la
semplicità. Complichiamo sempre ogni cosa, per di-
sonestà, per desiderio di metterci in mostra oppure di
dimostrare qualcosa. La comunicazione diretta è po-
tente, difficile e pericolosa, ma ogni volta che sono ri-
uscito a ottenerla mi sono sentito bene […] Quello che
vi sto per esporre è una paradosso un po’ sadico, ma la
b
cosa più difficile di tutte è essere semplici, rinunciare
a essere artista per poterlo diventare’. Noi cercavamo
di ottenere la semplicità limitando il più possibile i
mezzi a disposizione, una tecnica utilizzata da artisti
di ogni tipo, dagli appartenenti all’Oulipo all’espres-
sionismo astratto. Limitandoci a una forma compatta e
rigidamente codificata come la canzone: introducendo
strani accenti ritmici, che ti costringono a suonare in
modo semplice per non perdere l’orientamento, e per
non farlo perdere all’ascoltatore. Inoltre per scelta ci
limitavamo a usare otto tracce, il che implicava il non
poter utilizzare la batteria, e questa opzione lasciava
un ampio spazio di manovra impacciato e vulnerabi-
le, cosa che mi piace molto. E poi c’era fiducia che la
canzone potesse essere un contenitore di significati,
una vera forma d’arte, Inoltre utilizzavamo pochissimi
effetti. Volevamo essere puri, in qualche modo, qua-
lunque cosa significasse... anche con i Lounge Lizards
non effettuavamo sovraincisioni, non c’erano pesanti
riverberi o effetti da studio...”
Si respira molta della New York che abbiamo
imparato a conoscere attraverso i dischi, dal
byVaSco
100 | RUMOREMAG.COM
o
CBGB alla scena dei loft di fine ‘70, alla No wave
più caustica, ai tuoi Lounge Lizards, insomma,
un fermento che col tempo ha preso connotati
leggendari. Ma Domestic Exile è soprattutto
una faccenda personale. Un diario della tua
c
esistenza “schizofrenica”: di giorno program-
matore a Wall Street la sera frequentatore della
scena underground. Ma anche una specie di
analisi sociologica, da entomologo che studia le
specie urbane all’alba del reaganismo. Quasi un
reportage...
“Dici bene quando parli di una sorta di galleria di
mini ritratti, di osservare le tipologie umane… I per-
sonaggi sono dentro di me, in qualche misura, ma allo
S
stesso tempo non mi ci riconosco. A una domanda
simile, durante una conversazione con Eric Davidson
del sito ‘Please Kill Me’, ho risposto: ‘Credo che stessi
interpretando vari ruoli, facendomi beffe delle pose
che ci si spara nel mondo dell’arte, o negli ambiti co-
siddetti controculturali. Ci sono degli aspetti satirici,
a
ma è il distacco a predominare, osservo le cose anche
con una certa empatia e simpatia ma sempre da un
punto di vista esterno. La cosa mi riusciva perché vi-
vevo una doppia vita particolarmente estrema, Wall
Street e il mondo della tecnologia da un lato e la scena
downtown dall’altro. Alla fine veniamo modellati
dalle persone con cui trascorriamo il tempo, e io ero
modellato contemporaneamente da vari milieu molto
differenti tra loro’”.
Se una parte del fascino del disco risiede nelle
sue spinte sperimentali, negli esperimenti so-
nori, nella struttura anche un po’ atipica delle
canzoni e nella scelta della strumentazione, allo
stesso tempo è anche una raccolta di canzoni
“pop”. Strane, contorte, inquiete, ma comun-
que canzoni. Negli anni qualcuno lo ha descrit-
to come una specie di versione “lo-fi” di Music
For A New Society di John Cale. Ovviamente si
tratta di una semplificazione, ma ci trovo delle
sintonie, a livello di attitudine nei confronti
della forma canzone. C’erano dei tuoi modelli
di riferimento, all’epoca, per quanto riguarda il
songwriting?
“Cale è un ottimo riferimento... anche se su quel disco
c’è un po’ troppo riverbero... devi tenere presente che
noi, dico noi includendo quasi tutto il movimento
new wave, eravamo braccia rubate alla musica con-
temporanea, o braccia rubate all’arte tout court, ma
eravamo davvero convinti che la forma canzone fosse
potente, a quei tempi così potente da riuscire a inne-
scare mutamenti di portata storica, a livello personale
ma anche sociale. Le mie radici erano nel free jazz e
nell’elettronica sperimentale, e quindi il songwriting
era un mezzo totalmente nuovo, diverso per me, potevo
affrontarlo in maniera irriverente. Gran parte dei miei
autori di canzoni preferiti erano umoristi, come Mose
Allison, Tom Lehrer, Frank Zappa, Jonathan Richman,
e poeti come Gil Scott-Heron… Tutta gente che giocava
col mezzo in modo non convenzionale…”
La ristampa del disco mi è arrivata nella buca
delle lettere circa una settimana prima del lock-
down, e ora che la situazione è ritornata pre-
occupante torniamo a riparlarne. L’isolamento
domestico di cui parla il disco è ovviamente

molto diverso da quello che stiamo subendo a
2
causa di un evento che non possiamo controlla-
re. Mi pare però che in qualche modo il tuo rac-
conto di quella società individualista e liberista
non sia così distante dal presente, e non mi rife-
risco solamente all’attuale stato di emergenza.
Per farla breve, sembra che le cose non siano
cambiate molto.
“Come dicevamo prima, il terribile tempismo di
Domestic Exile è per certi versi interessante, lo è anche
anche la curiosa coincidenza tra il titolo e la situazione
attuale. Ma a distanza di tanti anni il disco mi fa pen-
sare che in fondo l’edonismo e l’anti intellettualismo
S
fossero già presenti nell’America di Ronald Reagan e
prima ancora… e non sono mai stati sconfitti, anzi! Oggi
le disparità sono cento volte più dolorose… Ho vissuto
molti periodi tutto sommato ottimisti nella mia vita,
qualcosa di simile a ciò che è stato il ‘Sessantotto’ per
voi in Europa, ad esempio l’avvento dei computer e poi
a
della Rete, o quel momento magico vissuto dalla musica
e dall’arte nella New York anni 70 e primi anni 80... non
avrei mai pensato di arrivare a vivere in un mondo ini-
quo, falso e catastrofico come quello di oggi. Così come
non avrei mai potuto immaginare l’elezione di Trump
nel 2016. A quanto pare ora ci siamo liberati del mostro,
e forse a questo punto sarà possibile una svolta, si potrà
uscire da una situazione davvero grave. Nel disco dipin-
V
go i miei personaggi quasi con affetto, mentre i mostri
di oggi non mi pare si meritino alcuna pietà”.
LA CANZONE I Don’t Want To Join A Cult
b
PRINCE
y
SIGN O’ THE TIMES (SUPER DELUXE)
WARNER
“Quando l’operazione di ristampa e restauro del
catalogo di Prince sarà giunta al termine ci troveremo di
fronte a un assurdo filologico, per così dire. Gli inediti
(brani, collaborazioni, concerti, versioni alternative,
abbozzi e quant’altro) avranno superato per numero
(e probabilmente qualità…) l’eccellenza di quanto già
conosciamo del musicista di Minneapolis. L’opera
cosiddetta ‘ufficiale’ sarà ridotta a una nota a piè di
byVaSco
o
NEIL YOUNG
HOMEGROWN
c
SILVER BOW PRODUCTIONS/REPRISE
“Lo stesso canadese tituba-
va davanti al far seguire a un
album non capitissimo come On
The Beach un progetto doloroso
e in gran parte acustico come questo, scritto dopo aver
scoperto un tradimento della moglie. Un capolavoro
perduto, proprio come si sospettava. Ma con un nervo-
sismo e una tensione inusuali anche per il periodo in
cui fu inciso, quasi a buttare una luce nuova sui primi
‘70 di Young”.
FRANCESCO VIGNANI, “RUMORE” N. 344
“Homegrown non è solo un work in progress glorificato
ricoperto da uno strato di vernice fresca. Uno potrebbe
cavillare sui meriti dell’album paragonandolo ad
altri classici del catalogo di Young. Ma laddove molte
uscite d’archivio si limitano a consolidarne il lascito,
Homegrown si pone come un vero e proprio capitolo a
sé – forse addirittura necessario – all’interno di questo
lascito, l’ennesima audace dichiarazione di uno dei
giganti della musica dell’ultimo mezzo secolo”.
S A B Y R E Y E S - K U L K A R N I , “ PA S T E M A G A Z I N E ”
LA CANZONE Mexico
pagina rispetto alla mole straordinaria di materiale che
progressivamente sta venendo alla luce”.
GIONA A . NA ZZ ARO, “RUMORE” N. 344
“Potrebbe essere d’aiuto immaginare l’originale Sign
O’ The Times, pubblicato nel 1987, come qualcosa di
più simile a una rete, a un network, che a un album,
un piccolo serbatoio di musica riempito da fonti molto
diverse tra loro. Non c’è da stupirsi che ascoltandolo
l’impressione sia sempre stata quella di muoversi tra
le stanze di una casa situata all’interno del sogno di
Prince”
BRAD NELSON, “PITCHFORK”
1
LA CANZONE Witness 4 The Prosecution
RUMOREMAG.COM | 101
 c o
S
THUNDERCAT JULIANNA BARWICK LITTLE DRAGON

a
IT IS WHAT IT IS HEALING IS A MIRACLE NEW ME, SAME US
[BRAINFEEDER]

V
ROMARE BRONSON MACHINEDRUM
HOME BRONSON A VIEW OF YOU

b
박혜진 PARK HYE JIN
y
ACTRESS
KARMA & DESIRE

JAYDA G
MARIE DAVIDSON
RENEGADE BREAKDOWN

BONOBO
KELEKETLA!
KELEKETLA!
[AHEAD OF OUR TIME]

HOW CAN I BOTH OF US / ARE YOU DOWN & TOTALLY ENORMOUS EXTINCT
DINOSAURS
HEARTBREAK
[OUTLIER]

byVaSco

GENTE SOL A (MA NON TROPPO) STORIA MINIMA DEI DISCHI DEFIL ATI
S c
a
EDITH FROST
Calling Over Time (Drag City, 1997)
Ho sempre apprezzato chi si sforzava di inquadrare il
proprio lavoro. E detestato chi rifiutava ogni etichetta
V
asserragliato dietro altezzosi “la mia è soltanto musica”.
Uno: non sei Brian Eno. Due: come on, tutti abbiamo
dei punti di riferimento, aspettative di somiglianza,
piccoli piani di direzione. Tanto vale dirli, possibilmente
con una punta di ironia. Quindi un applauso in più
per Edith Frost, che battezzò ciò che faceva come
“psichedelia contadina pensierosa”. L’idea di country
y
introspettivo unito a canzoni da mente allargata è già
seducente in partenza. Niente letame e giumente, ma
spazi aperti tratteggiati in punta di slide. Con testi
malinconici e richiami psych agli anni 60: aderiamo
in partenza, Edith. Anzi dalla partenza, dall’esordio
su lunga durata del 1997, Calling Over Time. Edith
Frost nasce a San Antonio, Texas, ma si trasferisce
nel 1990 a Brooklyn, dove suona in gruppi country e
b
lavora come freelance informatica. Dopo un EP solista
nel 1996, manifesta il desiderio di incidere un album
vero, in studio, con un buon numero di musicisti. Sono
gli anni dorati del post rock, in cui tutto è leggermente
diverso, per approccio e peso specifico, un periodo in
cui la sperimentazione si porta un desiderio vero di
attuarla, testimoniato dagli incroci infiniti di musicisti
in band e progetti paralleli e condivisi. E, nell’affaccio di
Edith Frost, c’è abbastanza il gotha dell’epoca. Produce
Rian Murphy, già batterista per Smog, Appendix Out,
Palace Music e Silver Jews. Ma, soprattutto, suonano
nientemeno che David Grubbs (Edith Frost ascoltò
i Gastr Del Sol e disse: “Bravissimi, ma non è che
incasineranno tutte le mie canzoni ??!!”), Rick Rizzo
(Eleventh Dream Day), Sean O’Hagan (Microdisney,
Stereolab, High Llamas) e Jim O’Rourke (che registra e
si occupa del missaggio). Tutti al servizio della chitarra
e della voce di Edith. Ad aprire Calling Over Time
è Temporary Loan, un country blues spettrale che
detta immediatamente la misura generale. Un amore
non corrisposto restio a sparire che, allo scadere dei
DI MAURIZIO BLATTO
byVaSco
o
due minuti, trova il violino di Jim O’Rourke per pochi
secondi (quando lo sentì Edith Frost disse a Jimbo una
cosa del tipo: “La vedi questa? È una lacrima!”). Segue
Follow, lieve rintocco di basso e linee di pianoforte,
fedele alla regola carveriana del tagliare tutto all’osso,
con un organo finale alla Nico e la dolcezza di Dorothy
Moskowitz degli United States Of America. Qui, in
uno dei vertici dell’album, si avverte pienamente il
profumo psichedelico, una vaghezza sognante che arriva
da 30 anni prima e qui rinasce stilizzata in potenza
espressiva. Nella title track l’acustica sembra fatta di
piccoli segmenti e l’intimità da songwriter è suggerita
dall’istante di field recordings che sfugge alla chiusura
(vento dalla finestra? Legno sul pavimento?). Denied
è Desertshore filtrata indie, una nenia 60s portata dai
gelidi venti post di Chicago, un tocco appena dei piatti,
tutto essenziale, esaltato nel peso minimo. Quindi è
il turno di Pony Song, subito chitarra elettrica 70s
(Neil Young? George Harrison solista?) degna di una
ballata West Coast, ma asciugata nel calore e tradotta
quasi letterariamente in perimetri minimalisti, con
un pianoforte (courtesy of Sean O’Hagan) a reggere
l’incanto. In Too Happy compare una ritmica
(abbastanza) costante, persino una slide a sottolineare
il desiderio di non voler esser troppo felice (“Non
potrei essere la stessa senza un motivo per dire addio,
senza una ragione per piangere”) e a ricordarci che,
pur se pensieroso, questo è un album dove la musica
americana per eccellenza cerca di arrivare nuova alla
fine del secolo. Wash Of Water, fluida come l’oceano
delle liriche, è Joni Mitchell slowcore, mentre Shadows
è solcata da una chitarra che ha imparato proprio in
questi anni a non dover essere protagonista a tutti i
costi, e che ha beneficiato dell’esser relegata a compiti
“geometrici”. Tra piccole mosse country e svagate
timidezze Oldham, conclude Albany Blues, elegia in
modo quasi classico. E proprio nelle infinite possibilità
di quel quasi risiede la magia intatta dell’epoca.
RUMOREMAG.COM | 103

VISIONI DICEMBRE 2020
“E tutto vero”
MANK
REGIA DI DAVID FINCHER
PIATTAFORMA: NETFLIX
USA, 2020
Orson Welles continua a essere il cineasta statunitense
più influente di sempre. A prescindere che dagli archivi
wellesiani continui a emergere pellicola impressionata
sempre incredibilmente ricca di motivi d’interesse, il sistema
hollywoodiano è come se ancora oggi dovesse fare pienamente
V
i conti con la presenza e l’eredità del regista di Quarto Potere.
Mank è un omaggio commosso e divertito a Herman J.
Mankiewicz, co-autore della sceneggiatura di Citizen Kane.
Fratello del più celebrato Joseph (Joe), regista di Cleopatra
e altri capolavori hollywoodiani, Herman J. Mankiewicz ha
avuto nella figura di Pauline Kael una difenditrice formidabile,
nonostante alcune sue conclusioni siano state oggetto di serrate
dispute filologiche. Fincher ricostruisce con acribia la vita dello
y
A CURA DI GIONA A. NAZZARO
IL MALE NON ESISTE
REGIA DI MOHAMMAD RASOULOF
GERMANIA, REPUBBLICA CECA, IRAN, 2020
b
Il cinema iraniano esiste ormai in una
bolla autoreferenziale: l’ossequio di
un neorealismo deprivato di qualsiasi
valenza politica, cristallizzato nella
pigra percezione di una realtà che si
vuole (o si spaccia come) immobile,
propagandando l’idea di un paese
vittima di aggressioni esterne il quale
in realtà perseguita i cineasti che
osano alzare la voce. Mohammad
Rasoulof, Orso d’Oro a Berlino, è solo
l’ultimo regista, in ordine di tempo, a
subire la repressione della censura politica, pagando con
la detenzione la sua libertà creativa. Rasoulof, rifiutando
di continuare il gioco delle allusioni “poetiche” (che non
dicono e non rivelano nulla), punta la sua attenzione sulle
reti di complicità che permettono al potere degli ayatollah
di perpetuarsi. In questo magnifico apologo contro la
pena di morte il regista osserva come una sola decisione
sbagliata possa attraversare il tessuto di un intero paese,
ferendo generazioni lontane fra loro. Solo il recente
Careless Crime di Shahram Mokri ha saputo inoltrarsi
con altrettanta audacia nelle contraddizioni del sistema.
E solo con film coraggiosi e necessari come Il Male Non
Esiste (e Careless Crime) il cinema iraniano può ritrovare
la sua forza di una volta.
92/100
byVaSco
104 | RUMOREMAG.COM
o
S c
a
sceneggiatore, il cui stile ha avuto un’influenza profondissima
sul cinema statunitense. Fincher è come se volesse competere
direttamente con Welles per come intreccia i diversi piani
temporali, creando un mondo volutamente fuori dal tempo, con
un’eleganza che a tratti evoca persino Joseph Von Sternberg (che
appare brevemente, interpretato da Paul Fox). Attraversato da
una malinconia che richiama inevitabilmente il Bogdanovich più
cinefilo, il film è anche una evidente riflessione sull’attuale stato
dell’unione statunitense, rievocando il duello fra il progressista
Upton Sinclair e il repubblicano Frank Merriam, appoggiato
dall’establishment hollywoodiano. Mank, pur tracciando un
ritratto poco lusinghiero dell’autore di Quarto Potere (che
Fincher sia un seguace della Kael?), nell’omaggiare Herman
J. Mankiewicz (inviso a Goebbels) si dichiara come un tributo
evidente al cinema di Orson Welles e a una Hollywoodland
che non esiste più, chimera lontanissima persa per sempre nel
baluginio di proiettori ormai scomparsi.
94/100
@GIONANAZZARO
NARDJES A.
REGIA DI KARIM AÏNOUZ
ALGERIA, FRANCIA, GERMANIA, BRASILE, 2019
Dopo l’annuncio della candidatura,
per quinta volta di seguito, del
presidente uscente Bouteflika in
stato ormai comatoso, ridotto a
strumento passivo nelle mani della
nomenclatura, un movimento di
protesta spontanea si riversa per
le strade della capitale algerina.
Filmato interamente l’8 marzo del
2019, il film segue una ragazza nella
folla che vuole riprendersi la strada
e la sua voce. Una massa festante,
gioiosa, tornata protagonista. Il volto di Nardjes diventa
l’epicentro del sentire di un movimento e del desiderio
di partecipazione. Il magnifico film di Aïnouz è il ritratto
di una donna immersa nel contesto di un paese che vuole
cambiare. Il regista si lascia attrarre nella scia della
vitalità della giovane e dalla massa emerge una persona
complessa, che pediniamo nel corso di un’intera giornata
e poi nella notte, fra locali notturni e ricerca di ebbrezza.
Nardjes A., senza andare a scomodare Elias Canetti e il
saggio Massa E Potere, è il ritratto in tempo reale di un
paese che si rimette in movimento e vuole riprendere il
protagonismo negatogli dall’immobilismo di un potere
sclerotico. E l’atto di accusa che all’alba Nardjes rivolge
all’Algeria resterà scolpito per sempre nella memoria.
89/100

BORAT
SEGUITO DI FILM CINEMA
REGIA DI JASON WOLINER
PIATTAFORMA: AMAZON PRIME
USA, 2020
Sacha Baron Cohen usa Borat
Sagdiyev come un’arma non
convenzionale contro la ferocia e la
stupidità dell’America di Trump e
di QAnon. Una vera e propria forma
di guerriglia culturale che non bada
troppo al sottile, usa i peggiori luoghi
comuni del razzismo e del sessismo
per stanare i fascisti dietro la loro
facciata rispettabile. Ovviamente
dopo il primo film, che ha trasformato Borat in un’icona
culturale, non poteva non essere problematico ritornare
a usare la candid camera come sonda rivelatrice. Cohen
dunque inventa per Borat una figlia trofeo da offrire in
dono a Mike Pence (Penis nel film) per permettere al suo
premier di riallacciare i rapporti con gli USA, distrutti in
seguito alla catastrofe diplomatica provocata dalla sua
“inchiesta”. Con un’audacia che sconfina nella follia, Cohen
riesce a tirare fuori il peggio dalla gente che incrocia, e chi
che pensa di aver compreso come funziona il gioco, nel
tentativo di risultare più furbo di lui, si rivela ancora più
odioso. Completato in tempo per sperare di influenzare
l’esito delle elezioni statunitensi, il seguito di Borat è
esilarante ed inquietante. Un film che mentre ridi sino alle
lacrime scopri di essere spaventato come non mai.
87/100
Extravisioni
V
GLI ALTRI FILM DA NON PERDERE
FREAKS OUT
REGIA DI GABRIELE
MAINETTI
y
ITALIA, 2020
NOMAD – IN CAMMINO CON
BRUCE CHATWIN
REGIA DI WERNER HERZOG
b
REGNO UNITO, 2019
Da un po’ di tempo, molti anni
ormai, il cinema documentario di
Werner Herzog è diventato quasi
indistinguibile dalla divulgazione
di canali tematici come History
Channel. A ricordarci che si tratta
di lui, la voce stentorea del regista
tedesco e il suo inglese in stampatello,
intento a carpire dagli intervistati
brandelli di presunti misteri che una
volta le immagini evocavano con
inquietante immediatezza. Nel rimettersi sulle orme di
Bruce Chatwin, che lo accompagnò per qualche settimana
sul set di Cobra Verde, Herzog tenta di ricostruirne la
storia intima, facendo luce sulla complicità che li univa
(il regista ha ereditato dall’amico il rucksack di cuoio). In
questo senso Chatwin è introdotto nel pantheon del regista
con affetto e ammirazione, ma raramente il film evidenzia
un’idea di racconto all’altezza dell’occasione, oltre ai soliti
voli di drone, la voce fuori campo e le interviste. Qualche
momento di emozione si manifesta solo quando Herzog
rivela i suoi ultimi momenti con Chatwin, eroso dalla
malattia ma desideroso di rimettersi in viaggio. Eppure
il sospetto che l’attenzione sia puntata più sul regista –
ancora una volta testimone di un evento unico – che su
Chatwin è piuttosto forte.
55/100
byVaSco
o
REBECCA
REGIA DI BEN WHEATLEY
PIATTAFORMA: NETFLIX
USA, 2020
Da enfant terrible del cinema
c
britannico e acrobata dei
generi a manierista classicista
il passo è davvero lungo (o
forse brevissimo). Il romanzo
di Daphne Du Maurier era
ovviamente già stato materiale
di partenza per Sir Alfred
Hitchcock e, evidentemente,
nella sua hybris Wheatley è
proprio con il maestro che si
S
vuole misurare. Il film, pur essendo un esercizio formale
piuttosto gradevole, si perde un pochino nella sua opulenza
decorativa, fra scenografie fastose e accorgimenti fotografici
tesi a restituire un glamour passatista. Indeciso fra risonanze
gotiche ed effluvi melodrammatici, il film, nonostante la
ricchezza visiva, resta sempre a metà del guado, indeciso
sulla direzione da prendere. Wheatley, che al suo meglio
è in grado di dare vita a cose come I Disertori - A Field In
a
England, High-Rise e Free Fire, in questo Rebecca è come
se tentasse disperatamente di convincere spettatori e critici
di avere finalmente messo la testa a posto, ma dimentica che
è proprio la sua follia e refrattarietà alle regole ad aver fatto
l’interesse del suo cinema. Rebecca resta così uno spettacolo
moderatamente interessante, sostanzialmente un cadavre
exquis, da contemplare nel suo glaciale rigor mortis.
54/100
DIABOLIK MI CHIAMO
REGIA DI ANTONIO E FRANCESCO TOTTI
MARCO MANETTI REGIA DI ALEX INFASCELLI
ITALIA, 2020 ITALIA, 2020
LE STREGHE
REGIA DI ROBERT ZEMECKIS
PIATTAFORMA: AMAZON PRIME
USA, 2020
Solo Robert Zemeckis riesce
nell’impresa di confezionare
film cosiddetti “per bambini”
e a trasformarli sempre in
oggetti sovversivi e inquietanti.
Nel rimettere mano al romanzo
Le Streghe di Roald Dahl,
già portato sullo schermo da
Nicolas Roeg con Anjelica
Huston nel ruolo oggi di Anne
Hathaway, Zemeckis, with
a little help from Guillermo Del Toro, innesta il romanzo
nel cuore delle problematiche politiche che scuotono oggi
gli USA. Le streghe come custodi di una supremazia del
passato che nella guerra ai bambini intendono dirottare il
futuro. Al di là della trasparente allegoria politica, è proprio
nella gestione dello spazio visivo che Zemeckis si conferma
il più intelligente e talentuoso regista post spielberghiano.
Sospeso fra scenografie digitali e set reali, il film crea uno
spazio fantasmagorico che si offre a tratti con l’eleganza di
un labirinto di Piranesi. Come plusvalore cinefilo, nel gioco
fra Stanley Tucci, impeccabile maitre d’hotel, e la strega
suprema Anne Hathaway, è persino possibile leggere in
filigrana una variazione di alcune situazioni de Il Diavolo
Veste Prada. Un lavoro in linea con la politica zemeckisiana,
annerito da alcuni tocchi di orrore autentico.
87/100
RUMOREMAG.COM | 105

VISIONI SERIE TV
LOVECRAFT COUNTRY – LA TERRA DEI DEMONI
PRODUZIONE: HBO
PIATTAFORMA: SKY ATLANTIC
Dietro l’idea di adattare a serie l’omonimo romanzo di Matt
Ruff ci sono Jordan Peele (regista di Scappa – Get Out, Noi e
responsabile dell’ottimo rilancio di Ai Confini Della Realtà) con
la sua Monkeypaw Productions e la Bad Robot di J.J. Abrams,
del quale è inutile ricordare il ruolo di deus ex machina di Alias,
V
Lost, Westworld ecc.). L’idea di fondo del libro, ottimamente
reiventata da Misha Green, è che gli orrori immaginati da H.P.
Lovecraft siano in realtà solo un velo dietro cui si nasconde il
male vero, quello della segregazione delle leggi di Jim Crow,
ossia del razzismo sistemico statunitense. Che Lovecraft
provasse orrore dei migranti che si riversavano in America e
disprezzasse gli afroamericani è cosa ben nota, ed è un merito
della serie riavere riportato nel dibattito letterario una poesia
y
dimenticata dell’autore, nella quale il Solitario di Providence
THE GREAT
PRODUZIONE: THRULINE
ENTERTAINMENT
b
PIATTAFORMA: STARZPLAY
Nel 1745, appena sedicenne, la prin-
cipessa tedesca Sofia di Anhalt-Zerbst
sposa l’erede al trono dell’Impero
russo, il futuro Pietro III, e prende il
nome ortodosso di Ekaterina Alekse-
evna. Quando il consorte col vizio del
gioco, del bere e della guerra diventa
imperatore nel 1762, lo detronizza con
un colpo di Stato, lo fa strangolare dal
fratello del suo favorito e instaura per i successivi 35 anni il
regno illuminato di Caterina la Grande. Già sceneggiatore
de La Favorita, Tony McNamara riprende le atmosfere
del film di Lanthimos per costruire una commedia storica
“occasionalmente vera”, che spinge il pedale sui toni della
farsa e del pop. Bravissima Elle Fanning negli sfavillanti
panni di seta cangiante della giovane imperatrice che si
nutre degli ideali di Voltaire e spera di poter sfuggire alla
propria famiglia in declino. Invece il matrimonio con il
vacuo Pietro (Nicholas Hoult, molto convincente sotto la
parrucca imbellettata a mischiare spavalderia, inettitudine
e traumi infantili mai sopiti) è una trappola di trascura-
tezza e misoginia. Ma è anche il motore per il riscatto che
storicamente conosciamo, e che qui diventa una gustosa
parabola di scorrettezza politica e humour nero.
CLAUDIA BONADONNA
78/100
byVaSco
106 | RUMOREMAG.COM
o
S c
a
immagina l’africano come anello mancante tra bestie e uomini.
L’attraversamento del Sud segregato che s’innesta nella
necessità di scrivere un green book (ossia una guida con le
strade sicure per i non bianchi) diventa così il controcampo delle
quests lovecraftiane come La Ricerca Onirica Dello Sconosciuto
Kadath. L’intuizione potente della serie, che rielabora anche
elementi del ciclo di John Carter Di Marte di E.R. Burroughs,
è di ricorrere ad anacronismi come l’innesto delle voci di James
Baldwin, di Ntozake Shange o canzoni di Rihanna e musica hip
hop per segnalare l’atemporalità dell’orrore razzista. La serie,
inoltre, pur accolta con grande favore, ha suscitato qualche
dubbio da parte di Hannah Giorgis dell’“Atlantic”. L’ampiezza
del dibattito ha confermato l’urgenza delle problematiche
affrontate dalla serie, che negli inevitabili alti e bassi dei vari
episodi si segnala come una delle più interessanti dell’anno.
GIONA A. NAZZARO
88/100
THE THIRD DAY
PRODUZIONE: PLAN B ENTERTAINMENT,
PUNCHDRUNK INTERNATIONAL, SCOTT
FREE PRODUCTIONS, SKY STUDIOS
PIATTAFORMA: SKY ATLANTIC
Deliranti visioni sgranate, immerse
in colori saturi e bui feriti da lampi di
luce, caratterizzano The Third Day, la
miniserie diretta da Marc Mullen; le
immagini sembrano emergere dalle
tele di Dalì e Yves Tanguy, dove gli
orizzonti sono indefiniti e il reale si
confonde con l’onirico. Perdere un
figlio, in modo tragico, fa vacillare la mente di qualsiasi
uomo, e anche Sam (Jude Law) si smarrisce, prima nei
luoghi oscuri della sua psiche e poi a Osea, isola abitata da
una comunità chiusa e autogestita, con tradizioni che affon-
dano le loro radici in un cupo cristianesimo e in macabri riti
celtici. Al fianco di Sam arriva Helen (Naomie Harris), ma i
due si troveranno su Osea in tempi diversi, entrambi avvolti
dai misteri di un luogo sospeso nel tempo, in cui reale e im-
maginario si fondono. La miniserie, in sei episodi, si divide
in due capitoli, il primo, Estate, che ha come protagonista
Sam, inspiegabilmente attratto e al contempo spaventato dal
confronto con l’isola e con le sue paure; il secondo capitolo,
intitolato Inverno, è invece dedicato ad Helen: la sua storia
si intreccerà a quella di Sam e tutto confluirà nella liquidità
delle maree che rende Osea un non luogo in continuo dive-
nire.
MARIANGELA SANSONE
73/100

VISIONI ESPANSE
SEAN CONNERY
Cineobituary
S
a
19 3 0 – 2020
Per piangere Sean Connery basterebbe recitare la sua filmografia come una litania.
Perché, al di là del ruolo iconico di 007, che nessun altro è stato in grado di indossare
con tanta precisione dosando ironia, machismo, sensualità e minaccia, i numerosi
talenti di Connery si sono espressi anche quando il contesto non era ideale. Osservando
Sean Connery sul set di Marnie, Tippi Hedren si rivolge Hitchcock e gli chiede come sia
V
possibile, con un partner come lui, interpretare credibilmente una cleptomane frigida.
Al che Sir Alfred risponde serafico, “Si chiama recitare, mia cara”. Attore dalla coolness
proverbiale e irraggiungibile, non ha disdegnato in età avanzata film diventati di culto
come Highlander dopo avere offerto alcune delle sue prove più mature al fianco di
registi come Sidney Lumet, Martin Ritt, John Huston e John Milius. Per Gli Intoccabili
di Brian De Palma ottiene finalmente un Oscar. Considerato però che ciascuno
custodisce nel cuore il suo Sean Connery preferito, noi lo ricordiamo affettuosamente
nel ruvidissimo Atmosfera Zero, remake fantascientifico diretto da Peter Hyams di
y
Mezzogiorno Di Fuoco.
GIONA A. NAZZARO
ROGER WATERS
US + THEM
D E L ME S E SONY MUSIC ENTERTAINMENT
b
Presentato due anni fa al Festival di Venezia,
il documentario sul tour gargantuesco di
Roger Waters diventa un mammuth che si
estende fra CD, LP, Dvd e Blu-ray. Registrato
allo Ziggo Dome di Amsterdam, il film mette
in scena l’agit prop secondo Waters, che
non ha badato a spese per dare corpo al suo
messaggio, tanto ponderoso quanto, in fondo,
semplicistico. Roger Waters reclama d’autorità
la sua centralità floydiana, anche se deve
moltiplicare i chitarristi per sostituire un solo
David Gilmour. Brandendo la sua indignazione
(“Trump è un maiale” in olandese diventa
“Trump is an een varken”), Waters predica ai
già convertiti. A voler essere cattivi, si potrebbe
affermare che la sua ennesima opera rock è
il segno evidente della fine stessa del “rock”
nell’era dello spettacolo globale: la ripetizione
all’infinito del già noto come marketing
dell’identico. Eppure negare che il film riesca
anche a essere misteriosamente coinvolgente
e persino convincente è difficile. I volti rigati
di lacrime di giovanissimi che nemmeno
erano nati all’epoca di The Wall raccontano
una storia meno cinica di questa recensione.
Probabilmente è giusto così.
GIONA A. NAZZARO
78/100
byVaSco
Musica
o
per gli occhi
THE WEEKND
TOO LATE
REGIA: CLIQUA
c
LABEL: UMG
Ottavo(!) singolo estratto da After
Hours, album di The Weeknd che dal
novembre dell’anno scorso prosegue
la sua campagna trionfale fatta
di video enigmatici che si offrono
come una controstoria del rapporto
conflittuale di Abel Tesfaye con la
fama e delle sue complicate relazioni
sentimentali. Il video di Too Late è
firmato dal duo Cliqua (composto da
RJ Sanchez e Pasqual Gutierrez) che
vanta al suo attivo anche Yo X Ti Tu
X Mi di Rosalia. Zeppo di riferimenti
cinefili, fra tutti Occhi Senza Volto
di Georges Franju, il minifilm
reinventa, in parte, il disturbante
Goodnight Mommy di Veronika
Franz e Severin Fiala. Due ragazze,
con il volto coperto di bende dopo un
ritocco estetico, trovano, tornando
a casa, la testa di The Weeknd. La
prima reazione è: “He’s so hot”, prima
di raccogliere il macabro trofeo e
portarlo a casa. Una volta giunte nella
principesca villa vuota in cui abitano,
le due mettono a punto un piano
degno di Jean Rollin per restituire
la vita alla testa del loro idolo. Video
che si svolge come un vero film horror
(si pensa anche a I Violentatori Della
Notte di Jess Franco, che è un remake
sui generis del film di Franju), con
scelte grafiche molto crude e un
utilizzo abbondante dell’emoglobina,
si offre in fondo come un’amara
riflessione sull’ossessione nei
confronti della fama che non si
ferma nemmeno di fronte ai suoi
peggiori surrogati. Considerato che
il brano è una rielaborazione della
relazione che Tesfaye ha avuto con
la top model Bella Hadid (“We’re in
hell, it’s disguised as a paradise with
flashing lights”), le immagini sono
all’opposto del senso di smarrimento
descritto (“It’s way too late to save
our souls”). Questa giustapposizione
cruda permette allo spettatore di
sbirciare – voyeuristicamente quasi –
fra le quinte del glamour gotico di The
Weeknd e del suo universo.
GIONA A. NAZZARO
RUMOREMAG.COM | 107

LETTURE DICEMBRE 2020
GIULIANO CIAO
FLAVIO GIURATO.
LE GOCCE DI SUDORE PIÙ DURO
CRAC
Quante tipologie di artista convivono nella
figura di Flavio Giurato? Per certo c’è
l’artista “atleta”, per il senso plastico della
V
musica e per quel modo di bilanciare talento
e ispirazione con sudore, abnegazione e
sfida. C’è il Giurato “politico”, capace di
inanellare una serie di concept difficili, in
cui la Storia diventa strumento di analisi
dei tic e delle inclinazioni umane. C’è poi
il Giurato artista in purezza, cantautore
refrattario ai meccanismi dell’industria,
y
che si avventura consapevolmente verso il
suicidio discografico con un album (Marco
Polo) cui seguirà un ventennio di silenzio. Un
periodo in cui il nome del cantautore romano
diventerà oggetto di un culto sotterraneo
ostinato e pervicace, e al termine del quale
riemergerà in tutta la sua integrità, capace di
illuminare la strada dei tanti colleghi che nel
frattempo si sono avvicinati alla sua opera
b
e vi hanno tratto ispirazione. Ecco perché
l’unico modo per cercare di decrittare il
mistero che ancora avvolge la figura di Flavio
Giurato era quello di imbastire un racconto
corale, che individuasse la ricaduta poetica
e metodologica della sue esperienza. Ci è
riuscito brillantemente Giuliano Ciao, che da
tempo si cimenta nell’analisi del personaggio,
e che questa volta ha portato a compimento
un lavoro enorme. Per certi versi definitivo.
Un’operazione di ricerca e testimonianza
che indugia solo tangenzialmente sui cenni
biografici, preferendo analizzare l’opera
di Giurato per evidenziarne l’intrinseca
genialità. Grazie ai contributi di una schiera
nutritissima di colleghi, giornalisti, amici
e ammiratori (fra i tanti vale la pena citare
Carlo Massarini, Aldo Nove, Cesare Basile,
Emidio Clementi, Simone Lenzi e Lucio
Corsi), Le Gocce Di Sudore Più Duro si
configura al tempo stesso come presidio
critico e omaggio collettivo a una poetica
che non ha eguali all’interno della canzone
d’autore italiana.
DIEGO BALLANI
85/100
108 | RUMOREMAG.COM
o
GIUSEPPE CATANI
PICK & ROCK. QUANDO LA MUSICA VA A CANESTRO
ARCANA
Sarò Partizan, ma se mi chiedete quale è lo sport più
c
rumoroso vi risponderò senza esitation: il basket.
E a rimbalzo aprirò subito a Beastie Boys (lo sapete che
Brooklyn ha un playground dedicato ad Adam Yauch?) e
Pearl Jam, che in origine si chiamavano Mookie Blaylock
(play degli Atlanta Hawks omaggiato in Ten, suo numero
di maglia). Per chi è appassionato dei temi, il loro crosso-
ver in un libro è già in partenza interessante: l’autore in
movimento può dire la sua: nato in un paese marchigiano con una discreta
tradizione cestistica, vive nella Basket City del fortitudino che odiava il
brodo Freak Antoni e del virtussino Lucio Dalla immortalato con la canotta
della V nera nella foto culto con Gus Binelli. Collaboratore di un portale
S
di musica italiana e del sito “dailybasket.it” su quest’ultimo Catani cura la
rubrica da cui il libro prende il nome, qui raccolta: diviso in cinque sezioni
(Musica Italiana E Basket; Stelle E Stelline; I Rapper; Dal Parquet Al
Microfono; Gli Outsider), a fronte di alcune forzature e di una veste grafica
poco appetibile sono più gli highligths, godibili sia dai pro che dai profani.
MARCO PECORARI
69/100
a
GIUSEPPE CIOTTA
IN CATENE. I GIORNI DI LAYNE STALEY
E GLI ALICE IN CHAINS
OFFICINA DI HANK
Un sofferto lungo addio, che si snoda attraverso un detta-
gliato racconto corale, ricco di testimonianze raccolte sul
campo e ben condensate dall’autore.
Il ritratto che In Catene ci restituisce è quello di un’ani-
ma inquieta, la cui vita, pagina dopo pagina, pare avvitar-
si su se stessa, fino all’inevitabile epilogo. Nemmeno la
rehab collettiva messa in piedi da Mike McCready dei
Pearl Jam con i Mad Season riuscirà a salvare Staley dai suoi demoni inte-
riori, rendendo ancora più problematico il rapporto con la band madre, fino
a ridurla a un cane con tre zampe, come quello raffigurato sulla cover del
loro ultimo lavoro insieme. Girando per le strade di Seattle, Giuseppe Ciotta
compone i pezzi di un puzzle doloroso, facendone combaciare abilmente le
tessere costituite da ricostruzioni d’epoca e interviste storiche, mettendone
in dubbio i contorni quando questi non collimano. Le figure di Layne Staley
e Jerry Cantrell ne escono come personalità legate da una profonda amicizia,
ma anche in netto contrasto, un dualismo che rende i due una specie di
versione tossica di Lennon e McCartney.
STEFANO D’ELIA
80/100
HOLLY GEORGE-WARREN
JANIS. LA BIOGRAFIA DEFINITIVA
DEA PLANETA
Sono passati 50 anni dalla scomparsa di Janis Joplin, ma
a leggere la sua storia sembra che mezzo secolo non sia
passato, e non in senso positivo: se è vero infatti che con
la sua voce carica di (kozmic) blues, la sua personalità
unica, il suo aspetto ribelle e la sua vita tormentata, ha
aperto la strada a generazioni di riot girls, è altrettan-
to vero che molte battaglie - spesso combattute senza
l’intento o la consapevolezza che fossero battaglie di tutte
- sono ancora tristemente lontane dall’essere vinte. Quella di Janis Joplin
non è (solo) la storia di una rockstar “maledetta”, ma anche la storia di una
ragazza che non si riconosce negli stereotipi di genere, di una donna libera,
di una bianca dall’anima artistica nera in un mondo in cui ancora vigeva la
segregazione razziale, di quella che era spesso l’unica donna in un ambiente
di maschi... una storia che oggi più che mai vale la pena di essere raccontata
e conosciuta. Per questo Janis, biografia dettagliata ma convenzionale, me-
rita comunque di essere letta: per scoprire, o riscoprire, un’artista che non
ambiva a essere un “buon esempio”, però lo è.
LETIZIA BOGNANNI
70/100
byVaSco

LETTURE DICEMBRE 2020
GIULIO D’ERRICO
ATTITUDINE RIOTTOSA. ANARCOPUNK IN UK
AGENZIA X
Non è affatto semplice inquadrare un
fenomeno sovente banalizzato e trattato in
maniera semplicistica come l’anarcopunk
inglese della prima metà degli anni 80.
V
Il giovane ricercatore D’Errico ci è riuscito,
lasciando la parola a chi quel movimento lo ha
animato in diverse forme. L’interessante tomo
di quasi 300 pagine è costituito da 13 saggi di
altrettanti autori, più l’esaustiva introduzione
del curatore e la prefazione dell’accademico,
musicista ed editore punk Mike Dines
che aveva già pubblicato in Inghilterra
y
buona parte degli scritti qui presenti.
Gustosi ricordi di prima mano, analisi
storiche e saggi filoaccademici ci aiutano
a comprendere meglio quell’incredibile
milieu che, nelle sue contraddizioni,
per un quinquennio ha portato avanti le
istanze dell’anarchismo, del pacifismo, del
libertarismo, dell’anticapitalismo, dello
squatterismo, del femminismo e dei diritti
b
degli animali. Al centro ci sono ovviamente
i Crass, come ci mostrano i badge in
copertina, i Conflict che con la loro Meat
Means Murder anticipavano di due anni gli
Smiths, il Centro Iberico di Londra, le (Fan)
Zine di fondamentale importanza per il
consolidamento dell’ideologia anarcopunk
con i suoi intellettuali organici di gramsciana
memoria. Ma anche l’autodistruzione
e il nichilismo come deriva estrema
dell’individualismo, soprattutto nella scena
irregolare di Bristol da cui arrivavano gli
esoterici Amebix; l’uso e l’abuso della A
cerchiata (da leggere il brillante intervento
del grafico e scrittore Russ Bestley). Politiche
di movimento, pratiche culturali e prassi
e(ste)tiche di una generazione contro che è
vissuta nell’ombra della minaccia nucleare:
il voto a una pubblicazione del genere non
può che essere 79, come l’anno dell’elezione
della Thatcher che diede la stura alla nascita
dell’anarcopunk.
MANUEL GRAZIANI
79/100
byVaSco
o
PAOLO MERENDA
BREAK. CONFESSIONALE PUNK
GONZO
Merenda è una vecchia conoscenza di questa sezione e
c
torna con un volume agile (poco più di 50 pagine) che
assembla 50+1 ministorie. Si tratta di schizzi one shot,
spesso da poche centinaia di battute, costruiti come
quadretti appena accennati, in cui si entra e si esce in
maniera quasi casuale, come se si facesse zapping fra i ricordi. Le tematiche
sono per lo più autobiografiche, flash adolescenziali, amorazzi fra ragazzini,
scene di vita nella periferia di una città periferica, ma non si disdegna qual-
che incursione nel fantasy e nell’erotico – forse i due ambiti in cui Merenda
mostra più difficoltà perché a funzionare meglio sono le sue istantanee
che sanno di “vero”. Il punk fa capolino spesso (a volte evocato in semplici
dettagli, altre divenendo protagonista dei racconti) ma è quasi superfluo nel
S
senso che, a dispetto del titolo del libro, non è il focus della narrazione – che
sta in piedi anche da sé. In allegato, un CD dell’autore in veste di one man
band che si cimenta in una manciata di pezzi fra il rock’n’roll, il folk punk e
il punk rock acustico, con testi in linea col libro.
ANDREA VALENTINI
69/100
a
MASSIMILIANO MINGOIA
SAN SIRO ROCK
OFFICINA DI HANK
San Siro è un simbolo carico di storia e significato, legato
a doppio filo alle vicende di Milano, ma al tempo stesso
luogo di pellegrinaggio per molti. Amato e odiato, è
inconsapevolmente diventato il palcoscenico musicale
più iconico d’Italia, raccogliendo tra le sue colonne di
cemento innumerevoli concerti (130), artisti (51), storie,
sentimenti ed emozioni. Massimiliano Mingoia ha deciso
di dedicare a questo luogo epico, che ha cambiato la
prospettiva della musica in Italia, un album di ricordi che ne raccontasse le
gesta musicali, iniziate il 27 giugno del 1980 con il concerto di Bob Marley.
Massimiliano raccoglie e racconta con dovizia documentaristica quattro
decenni di musica, sudore, aneddoti, ma soprattutto di persone che sono
passate sopra e sotto il palco e che hanno lasciato un segno indelebile nella
memoria culturale del paese. Un omaggio dallo stile giornalistico, coin-
volgente e ricco di notizie, immagini d’epoca, articoli e interviste e molte
curiosità, da cui traspare una grande passione e affezione per questo storico
tempio prima del calcio, e poi della musica rock.
SIMONA VENTRELLA
75/100
ANTONIO PELLEGRINI
ITALIAN RHAPSODY. L’AVVENTURA DEI QUEEN IN ITALIA
OFFICINA DI HANK
Piacciano o meno, i Queen – nella loro incarnazione clas-
sica, con il compianto Freddie Mercury alla voce – sono
un gruppo fortemente amato in Italia. Godono di un
fandom che include ogni tipologia: dall’ascoltatore ca-
suale fino all’esperto con competenze quasi accademiche.
Il volume di Pellegrini (riproposto in ristampa, dopo una
prima uscita risalente alla primavera del 2019) è inte-
ressante proprio in quanto parte da questo presupposto,
cioè l’idea di raccontare i Queen “visti dall’Italia” e “in Italia”, con particola-
re focus sulle uniche due esibizioni del gruppo nel nostro Paese, nel 1984 (e
poi su quelle successive dei componenti in veste solista o con altri cantanti).
L’idea vincente di Pellegrini, insomma, è la geolocalizzazione, per usare un
termine mutuato da altri ambiti: un’operazione non sempre semplicissima,
ma in questo frangente agevolata dall’abbondante materiale d’archivio (in
forma di interviste d’epoca e articoli vari comparsi su testate italiane – spe-
cializzate e non) e delle testimonianze dirette di diverse persone. Una lettura
curiosa, anche per chi non è un fan.
ANDREA VALENTINI
69/100
RUMOREMAG.COM | 109

LETTURE EXTRA DICEMBRE 2020
MICHAEL POORE
PARLI DEL DIAVOLO
E/O
Il Diavolo è americano. Americano da molto
tempo. Conduce un reality show in cui
tenta le persone con offerte eccezionali e
V
strazianti, ha lunghe gambe da rockstar e
sparge tutt’intorno un’aura perturbante di
affilato fascino latino. I suoi 60 milioni di
fedelissimi spettatori lo conosco col nome
di John Scratch. Nessuno sospetta che sia
fatto di legno. L’ombra lunga del Diavolo ha
attraversato la storia cercando di forgiare
il mondo perché diventasse un posto più
y
attraente del Paradiso a cui il suo primissimo
amore, Arden, l’altro angelo caduto, vuole
disperatamente ritornare. Nel processo
ha accidentalmente inventato l’Egitto
dei faraoni, il parafulmine, la presidenza
Kennedy e il festival di Woodstock. Il Diavolo
è bravissimo a riparare camion e suonare la
chitarra (ovviamente blues). Ride di gusto,
il Diavolo, mentre beve una birra con gli
b
umani che gli hanno venduto l’anima. Ma
dietro il volto gioviale e abbronzato, dietro
le belle rughe e le seducenti cicatrici, brucia
di una furia intensa e remota, “come una
tempesta che non è ancora arrivata, un
pensiero che non stai ancora pensando”,
intuisce Memory, cantante hippy in cerca
di fama che lo accompagnerà lungo un
percorso pieno di decenni e sorprese. È un
po’ ambizioso, un po’ romantico e molto
divertente, il Diavolo inventato da Michael
Poore (già orchestratore della deliziosa
sarabanda di Reincarnation Blues, qui al
suo romanzo d’esordio). Meno tormentato
del Lucifero sulla Terra immaginato da Neil
Gaiman nella saga di Sandman (a cui paga
scientemente qualche debito), più vicino alla
follia latente degli universi di Vonnegut (“È
lui l’Autore che mi ha risvegliato”, dice). Un
Diavolo deliziosamente ingenuo e incurante
nella sua lunga danza con la logica sfuggente
e la sciatta, imprevedibile cattiveria del
genere umano. Un Diavolo bonario come il
suo creatore, ma in grado di intrappolarci
nelle geometrie bizzarre ed esilaranti del suo
incantesimo.
CLAUDIA BONADONNA
70/100
110 | RUMOREMAG.COM
o
JEFF JACKSON
UCCIDI QUEI MOSTRI!
SEM
“L’assassino barbuto col coltello da caccia. L’assassino
c
dal soprabito nero e dall’arma semiautomatica. L’assas-
sino con i capelli rasta e lo zaino pieno di esplosivo. I tre
assassini con i passamontagna bianchi”. Sono i nuovi
contagiati d’America, diffusori di una strana malattia
(epidemia, scriveva senza sospetto alcuno Jeff Jackson
nel 2018) che è esplosa tra le folle sempre più esigue dei
concerti: un impulso improvviso a salire sul palco e uc-
cidere senza proclami o fanfare i musicisti che ci stanno
suonando sopra. O forse c’è dell’altro? Un piano organizzato, un manife-
sto segreto, un bisogno rivoluzionario di scuotere le coscienze intorpidite
dall’eccesso digitale di produzione e consumo…? “Ora che la musica non ha
S
più neanche un suono, forse quegli zombie killer sono la vera essenza del
pubblico”, dice Florian, aspirante rockstar, al suo compagno di band Shaun
e alla loro groupie goth Xenie. Come un vinile su un piatto, questa storia ha
un lato A ufficiale e un lato B pieno di retrospettive (“Non sono sempre sul
lato B i brani in cui una band seppellisce i propri segreti?”) per leggere il
quale bisogna fisicamente capovolgere il libro.
Un esperimento intrinsecamente rock.
a
CLAUDIA BONADONNA
77/100
DAVID KEENAN
MEMORIAL DEVICE
DOUBLE NICKELS
Ricordate i Memorial Device, leggenda del post punk
scozzese dei primi ‘80, quelli che i Sonic Youth pretende-
vano di spalla quando suonavano in zona? No, ovviamen-
te, essendo la band figlia della fantasia di David Keenan,
storica firma di “Wire”. Un po’ come se Post Punk di
Reynolds avesse un figlio illegittimo a forma di romanzo
e lo spedisse ad Airdrie, paesino come mille a 20 km da
Glasgow. E decidesse di sviluppare la sua storia in guisa
di romanzo orale sui generis, con Ross Raymond (amico
e fan della prima ora) ad andare a ripescare protagonisti e comparse di quel-
la scena a decenni di distanza. Con la band a rimanere spesso sullo sfondo,
quasi magnete per altre storie e esperienze: la solita triade di (molto) sesso,
alcol e droghe, le camminate nella notte per tornare a casa dai concerti, le
sale prova sotto la ferrovia come cantanti dall’ombra non lontanissima da
Ian Curtis. Perché se “non è facile essere Iggy Pop in un paesino scozzese”,
il libro racconta meglio di mille saggi cosa volesse dire avere 20 anni in un
periodo in cui i confini avevano la friabilità di un pezzo dei This Heat.
FRANCESCO VIGNANI
82/100
WILLY VLAUTIN
MOTEL LIFE
JIMENEZ
Nel 2006 l’esordio dell’allora 40enne leader dei
Richmond Fontaine assestò un bel colpo alla letteratura
Americana. Ma, nonostante i riscontri critici più che
positivi, il pregiudizio che fosse l’ennesimo cantante a
tentare la strada della narrativa è rimasto appiccicato
addosso al songwriter del Nevada per qualche anno. Alla
luce dei quattro, meravigliosi romanzi successivi, Motel
Life assume ancor più peso. Questa non è solo la storia di
due fratelli sfortunati che non litigano mai, in caduta li-
bera come i motel dove vivono per scelta ma anche per necessità. Il solitario
Frank che racconta a Jerry Lee storie fantasiose tra donne bellissime, am-
mutinamenti e Willie Nelson. È la struggente, tenerissima rappresentazione
del senso di colpa, del fallimento, della (auto) esclusione che si fa universale,
incarnandosi nell’umanità scontrosa del vecchio Earl Hurley o nel riscatto di
Annie James. C’era proprio bisogno di una nuova edizione italiana di Motel
Life, fuori catalogo da un po’. Un plauso a Jimenez Edizioni che dopo Io
Sarò Qualcuno del 2018 e The Free del 2019 chiude il cerchio. Per ora.
MANUEL GRAZIANI
84/100
byVaSco
 c o
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b byVaSco

FUMETTI DICEMBRE 2020
LA TERRA, IL CIELO, I CORVI
DI TERESA RADICE, STEFANO TURCONI
BAO PUBLISHING
Un’autentica meraviglia. Un magnifico
V
racconto di guerra appoggiato nella prosa
di Teresa Radice e nel tratto morbido e nei
colori che sanno di acquerello di Stefano
Turconi. Come pagine dimenticate della
tremenda campagna di Russia, il racconto
inizia con una fuga e si dipana lieve e caldo
fra guerra e ricordi di un’altra Italia. Il libro
possiede il respiro profondo dei classici della
y
letteratura di guerra; non a caso il volume
si apre con una citazione commovente di
Mario Rigoni Stern tratta da Il Bosco Degli
Urogalli. Per quanto precisa, essenziale
ed evocativa sia la parola di Teresa Radice,
sono soprattutto le pagine senza dialogo che
offrono un saggio inoppugnabile del tratto
di Turconi. Il modo in cui gesti, sguardi e
colori offrono una cronaca attendibile delle
b
emozioni che si agitano nella pelle, nel cuore
e nei pensieri dei protagonisti. Il senso
ineluttabile di un’umanità insopprimibile
si muove nei disegni e nel racconto, nel
quale un italiano, un tedesco e un russo
sono costretti a convivere nel corso di una
lunga fuga che è soprattutto un’interruzione
dell’orrore. La sospensione della vita e degli
affetti caratteristica della guerra diventa
l’occasione per colmare un vuoto con storie,
voci, ricordi, desideri. Radice e Turconi
rievocano una pagina tristissima della guerra
e le innumerevoli perdite che ha causato,
ma riescono nell’impresa di trasformarla
nell’opportunità per riattivare un dialogo di
pace a protezione della memoria.
Il primato dell’umanità sorge libero e
potente, senza alcuna sovrastruttura
ideologica, da questo libro incantato.
Ogni pagina si offre con dettagli da ammirare
e soluzioni narrative magistrali. Senza dubbio
la sorpresa “fumettistica” più commovente e
artisticamente impeccabile dell’anno.
GIONA A. NAZZARO
100/100
112 | RUMOREMAG.COM
o
SCHELETRI
DI ZEROCALCARE
BAO PUBLISHING
Zerocalcare continua a essere uno dei narratori più
c
affidabili degli ultimi anni. Con sommo scorno di chi
vorrebbe continuare a relegarlo nel cono d’ombra del
“fenomeno generazionale”. Scheletri, probabilmente, si
candida sin d’ora a classico futuro di Rech. La consueta
abilità nel portare alla luce conflitti e ansie con una
capacità di analisi e osservazione che non accenna a
perdere colpi s’innerva in un racconto di formazione
di periferia che si legge tutto d’un fiato, come un noir
adolescenziale che evoca i sapori del cinema di Claudio
Caligari. L’amicizia fra Zero e il writer Arloc diventa così un thriller
pluristratificato e complesso, sul cui si sfondo pulsano la vita di una città
S
come Roma percepita dalla prospettiva di una Rebibbia orgogliosamente
collocata sul margine esterno della galassia. Politicamente sempre
acutissimo, Rech racconta un mondo mai visto dalle cosiddette narrazioni
ufficiali, intrecciando mitologie pop, angst adolescenziale e piacere assoluto
per le molteplici possibilità del racconto.
GIONA A. NAZZARO
94/100
a
RUBENS
DI CAMMELLO, AKAB, SPUNGA
ERIS/STIGMA
Doppia storia, triplo autore, doppio editore: psichedelia
in bianco e nero e paranoia lisergica vivono ed emergono
in Rubens, opera a sei mani dei sempre ottimi Pablo
Cammello, Akab (r.i.p.) e Spugna. Due storie dicevamo:
la prima, L’Ultima Tentazione Di Rubens, è scritta da
Akab, disegnata da Cammello e inframmezzata dalle
devastanti tavole di Spugna, che raccontano le gesta di
un clown in un campo di concentramento nazista: puro
malessere. La vicenda principale è un divagare etereo tra
noia giovanile, viaggi mentali e sperimentazione pura, in cui le leggi della
fisica si squagliano per portarci in un altrove alterato. Con La Leggenda
Di Rubens (scritto e disegnato da Cammello) scopriamo invece le origini di
questo eroe allucinato, “immortale” senza un perché e impegnato in gesta
epiche e incontri alienanti. Il fumetto underground - distinzione che in
realtà non ha più molto senso - italiano lotta insieme a noi, creando storie
su storie convincenti. Dedicato a un artista scomparso troppo presto.
STEFANO FANTI
70/100
FIRE POWER VOL 1: PRELUDIO
DI ROBERT KIRKMAN, CHRIS SAMNEE
SALDAPRESS
Una nuova serie scritta da Kirkman, che non necessita
di presentazioni, e disegnata dall’eccellente Samnee
(Capitan America, Daredevil), che è un ipertesto di
tutte le mitologie legate alle arti marziali. Nel primo
volume seguiamo le avventure di Owen Johnson,
che giunge al Tempio del Pugno di Fuoco dove spera
di apprendere i segreti del Maestro Lun. Sin dalle
primissime pagine, Fire Power omaggia le proprie
origini. Da Iron Fist della Marvel ai film della Shaw
Bros. passando per i vari Mortal Kombat e Karate
Kid. Lun, inoltre, deve qualcosa anche a Stick della serie Daredevil. I
riferimenti, ovviamente, fanno parte integrante del piacere della lettura
la quale, grazie alla notevole organizzazione dello spazio delle tavole di
Samnee, non annoia mai anche quando la traccia narrativa s’inerpica per
sentieri che inevitabilmente ne evocano di già percorsi. Classico racconto
delle origini, il primo volume si chiude con un cliffhanger che non può non
annunciare altri deliranti combattimenti all’ultimo sangue.
GIONA A. NAZZAROI
68/100
byVaSco
 o
F U M E T T I P O S T E R-I D I A L E S S A N D R O B A R O N C I A N I E A L E S S A N D R O B E S S E LVA AV E R A M E

S c
V a
b y
byVaSco
RUMOREMAG.COM | 113
 o
Se ha gradito questa rivista e se la ha trovata altrove, significa che ci è stata rubata,
vanificando, così, il lavoro dei nostri uploader. La preghiamo di sostenerci venendo a scaricare
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c
Senza il suo aiuto, purtroppo, presto potrebbe non trovarla più: loro non avranno più nulla da
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straniere, fumetti e riviste per adulti, tutto gratis, senza registrazioni e prima di tutti gli altri, nel
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V a
y
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byVaSco

BANDALARGA PICCOLO MONDO ANTICO
PICCOLO
MONDO
ANTICO
L’evoluzione della musica Pop
in Italia ha una particolarità:
non esistono transizioni fluide
V
da una fase all’altra, bensì
scontri generazionali che si
concludono solo quando il futuro
inevitabilmente prende il posto
del passato. Succede ovunque, ma
qui il fenomeno è particolarmente
y
accentuato. Probabilmente dipende
dal feticismo che circonda la
tradizione, da cui deriva una scarsa
propensione al nuovo, visto come
estraneo e ostile. Da bambino
ho avuto modo di osservare uno
scontro epocale e terribile. Da un
lato i Cantanti della Tradizione
b
Italiana come Claudio Villa (il
Reuccio, vincitore di Sanremo ‘55
e ‘57), Nilla Pizzi (1º, 2º e 3º posto
nel ‘52) e molti altri. Non solo
interpreti (talvolta magistrali) della
Melodia italiana, ma artisti la cui
cultura affondava le radici nella
musica popolare, nella canzone
d’autore napoletana e addirittura
nel repertorio lirico ottocentesco.
Fino agli anni 40 questo stile
aveva dominato la scena, con
poche eccezioni. Nel dopoguerra
la situazione inizia a evolversi,
arriva il jazz e la scena si svecchia:
Carosone, Buscaglione, Betty
Curtis sono interpreti diversissimi,
di chiara derivazione aliena.
Ma si tratta ancora di fenomeni
relativamente indolori. In Italia il
cambiamento drammatico arriva,
insieme al resto del mondo, con il
rock’n’roll. Che non solo è attraente
114 | RUMOREMAG.COM
S
a
per i giovani e irritante per i vecchi,
ma ha una potenza comunicativa
che terrorizza chi ne è fuori. Peggio:
il r’n’r è uno stile contagioso, i
maschi si fanno crescere i capelli
(all’inizio timidamente), le ragazze
li accorciano. Non si balla più in
coppia, il corpo inizia a cedere a
ritmi più spinti, i costumi sessuali
si fanno (molto timidamente) più
disinvolti.
Quindi lo scontro titanico tra i
Cantanti Italiani e gli Urlatori
moderni (un termine giornalistico
che piaceva molto, perché
evidenziava la contrapposizione
insanabile tra il Bel Canto e
Adriano Celentano) non è solo
musicale, diventa una battaglia
per il cambiamento dei costumi.
Naturalmente nessuno dei giovani
urlatori (Morandi, Caselli, Pavone,
ecc.) incita alla rivolta, ma non
serve. Quando nel ‘59 Mina esplode
con Tintarella Di Luna, non deve
aggiungere altro: il testo nonsense,
lo stile, la vocalità, il modo di stare
in scena, niente somiglia alla pur
brava Nilla Pizzi, che nello stesso
anno a Sanremo arriva solo sesta.
Qualcosa sta cambiando. L’aspetto
epocale della vicenda è che non si
tratta solo di un passaggio di mode
musicali: quando Villa si scaglia
contro i cantanti più giovani, sa
benissimo che in gioco non c’è solo
il suo regno ma anche uno stile, un
repertorio storico (poi ripescato dai
vari Bocelli), un intero mondo.
byVaSco
o
A CURA DI
S ERG IO MES S INA
letto ri@sergio m essina. c om
c
Qualche anno dopo l’Italia ha vissuto
un’ondata di musica prog.
Ricordo palasport pieni per il Banco
e gli Area tanto quanto per i Genesis
e gli Yes. Me li ricordo perché c’ero, e
quella musica mi piaceva - ma forse
non abbastanza: quando qualcuno
mi ha passato una copia di Horses
di Patti Smith mi si è accesa una
lampadona rossa lampeggiante, e ho
subito recuperato alcuni ascolti del
passato, trascurati per ascoltare il
maledetto triplo album degli Yes. Io
ho avuto culo, ma un sacco di miei
coetanei sono caduti nella “Sindrome
della Bella Canzone di Una Volta”
che nel loro caso era Firth Of Fifth
dei Genesis: i punk non sanno
suonare, urlano, ballano male, si
vestono da schifo, vuoi mettere, ecc.
Un tono che poi ho sentito utilizzare
ciclicamente (e forse qualche volta
ho pure usato) per disprezzare la
disco (musica plebea), il rap (ma
di che parlano?), la new wave
(manichini e drum machine), Il
metal (parrucconi demoniaci),
la house (monnezza tamarra), la
techno (sempre uguale) e adesso la
trap (aggiungete qui una delle frasi
imbarazzanti che abbiamo dovuto
sentire sul tema). Scontri forse meno
epocali di Urlatori vs Melodici, ma
non tanto. Perché certo, nel 2020 le
distanze culturali sono minori che
nel ‘60, ma l’Italia è ancora un paese
culturalmente molto provinciale.
Talmente tanto che basta uno Sfera
per tirare su un putiferio.
 c o
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y V
b byVaSco
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b 04. 12. 2020
TU T TI I PROVEN TI SA R A NNO D E VOLU TI A WA R CHIL D UK

byVaSco