Gli dAeElAoya yoda dt Crista
Athen. I 28b-c, tra gli autori che considerano peculiarita
e prerogative di popoli e citta, ci riferisce un'elegia di
Crizia che contiene una suggestiva definizione dell'alfa—
beto: Potvines § ‘etoov yodqmat ‘deELAoya (fr.2,10 D.K.).
L'unicismo avrebbe destato interesse. La Duvoywyh (6) Adsewv
xenoluwy (Aneed.Gr. I 382, 19s. Bekk. = Anecd.Gr. I 74,78.
Bachm.) si limitd a ricordarne la paternita: dAcElAoya-
ottw td yeduata néuAnne Koutlag & Tipavvog (=Phot.Berol.
74,4s. Reitz.). Pit tardi il termine divenne problematico,
comporté incertezze interpretative. Eustath. 1771,47 (ad
Hom. & 529 d&AeEdveyoc), dopo aver citato il verso di Crizia,
prospettava: elev 6’ &y dAcElAoya, yoomata fh té& dAdyovta
Hyouv BonSobvta etc Adyov, f Si" Gv dmogoPeTton TO Welw
Adyeiv. Delle due esegesi, la seconda, pid verosimile,
avrebbe dominato incontrastata (1).
Vari editori ottocenteschi, dubitando dell'aulico hapax,
lo emendarono: AeELAoya (SchweighYuser, Schneidewin), Se&/-
Aoya (Dobree), deELAoya (Meineke). La prima difesa (e defi-
nitiva restaurazione) della forma tradita, attuata dal Bergk
nel 1882 (2), si sarebbe ancora fondata sull'esegesi tradi-
zionale: "Critias yp. dAsElAoya dixit litteras sermoni opi-
tulantes, i.e. elementa, quae vocis humanae varios sonos
tamquam ad amussim reddant". Un' autorevole riconferma @ ve~
nuta da R.Pfeiffer, A History of Classical Scholarship from
the Beginnings to the End of the Hellentstte Age, Oxford 1968
24s. (=trad.it. Napoli 1973, 72s.): ove la interpretazione
tradizionale ("which help men to think and to speak") viene
funzionalizzata alla suggestiva teoria di un condizionamento
della "nuova" letteratura e della "nuova" filosofia da parte
del nuovo medium: "a new instrument has been created which222 Fantuzat
was, on the one hand, important for the expression of exact
nuances of language in poetry and philosophy and, on the
other hand, indispensable for scholarly interpretation and
analysis" (p.24).
Tuttavia attribuire a Crizia la coscienza anticipatrice
di McLuhan?) di un migliorato zmput delle possibilita espres—
sive ad opera del medium, non pare giustificato. Il termine
GeECAoya significhera semplicemente "che preservano (trasmet-
tendolo) il Adyoc": da intendersi, quest'ultimo, pid come
“discorso" che come "pensiero" (3). A tale esegesi portano
sia gli argomenti di ordine linguistico, sia le modalita di
definizione (considerazione) secondo le quali tale medium
fu accolto nella cultura attica del V sec. e dei primi decen-
ni del Iv.
Nei composti determinativi di dipendenza dalla radice
GA(E)u-, il componente nominale pud trovarsi con essa in rap~
porto di complementarita indiretta (nel qual caso la forma
verbale presenta l'accezione di "difendere da-", "evitare-"),
oppure diretta (nel qual caso la forma verbale significa "di-
fendere-", "proteggere-"), La prima relazione @ indubbiamen-
te pit produttiva (4). Della seconda si danno pochissimi
esempi, uno solo cronologicamente prossimo a Crizia: AcEtu-
Beotog (5). Si tratta di un 6le Aeyduevov pindarico, il cui
significato inequivoco 8 "che preserva i mortali":
cfr. W.VIII 29ss. Eduea PAEav nedewrCeuevou/im’ SE ruBodtep/
AdéyxG, nonché P.V 90s. “ATlOAAavlaLc/GAcELUBOdtoLS [...] TOUR
mats ( sono processioni apotropaiche!). In Crizia la radi-
ce verbale avrebbe quindi il valore di "custodire". Lo stes—
so che peraltro & pressoché costante nei suoi derivati: ad
indicare la difesa da un pericolo
esterno, maiun soccorrevole'tinere-~
ment o!' dell'oggetto (6).
Peraltro, nell'ambito della fervida riflessione sul si-
gnificato e sull'opportunita del nuovo medium, di una sua
influenza operante ‘in entrata' sul messaggio, non si fa al-
cun cenno. Quello che della scrittura si affermava (oppure
si negava) era l'efficacia in rapporto alla v hu ni
medium di conservazione del messaggio nel trapassato siste-
ma di comunicazione orale (7). Uno dei pid antichi comici
a noi noti, Cratino, fornisce del rapporto wwiun/yedatoGli GdeElAoya, yosusata di Crtata 223
la piii lucida illustrazione: c£. Zuvayuyh (8) AdEewv xonet-
ov,s.v. Gd otduatoc: &¢ tuetc, Td uh Sid ypouudtaw Gr
émb tic uvinne [...] » Keotivoc(fr.122 K.) 6 witd tot’
“amd ydusoong" Ndyous (8) + "GAAS ud al’otm of6Eywye yoduo-
t! 068" éntovopo.,/ GA"dnd yidoonc godaw wou: uMoveto
Yao varie" (Aneed.Gr. I 436, 6 ss. Bekk. = Aneed.Gr. 133,
26 ss.- 134, 1 ss. Bachm.). La sovrapposizione di uvfun e
yocqquccta come mezzi di conservazione del messaggio nel tra~
passo fra oralita e scrittura si attua macroscopicamente
nei Tragici: ove diviene comunissima la metafora della me~
moria come virtuale scrittura (9).
Di tale prassi metaforica, richiamata dallo stesso
Pfeiffer (10), non si sono mai elicitate debitamente strut—
turali motivazioni. Eppure il percorso del tropo & signifi-
cativamente unidirezionale: immagini e termini del med¢um
orale, ormai scalzato, vengono sostituiti (soppiantati) da
quelli della dilagante comunicazione scritta. Ma 1'egemoni-
co prevalere della scrittura agisce per l'appunto su quel~
lo che si avverte ambito di pitt stretta (e superata) per-
tinenza del vecchio medium: la conservazione
mmemonica del messaggio. In Eschilo, S¢ATog (con le forme
connesse) ricorre addirittura solo in questa prospettiva
tropica: cfr. Aesch. Suppl. 179 atv @uAdEar Sa ’émn SeATOU-
uévog « (scil. tag mat6acg); Fwn.275 Sedtoyoduep 68 TavT*
énon& (scil. “Av6nc) gpevt; Prom. 789 éyypdepou ob yvipoouy
6éltovg Qpeviiv; fr.530, 21 M. Yedoucn témAcaiuar’ Ev 6EATY
Avés (11).
Si tratta di quel Wachstafelbild che sarebbe sopravvis-
suto in Platone (cfr. Theaet. 191 ¢ 7ss)e per cui si volle
erroneamente postulare la paternita platonica (12). Al di
1a di metaforiche identificazioni, 1'omoplanarita di scrit~
tura e memoria come rimedio contro 1'oblio del Adyoc, sareb~
be stata espressa negli stessi Tragici (nonché nello stes~
so Platone) con la lucidita gia manifestata da Cratino: cfr.
Aesch. Prom. 460 s. &Entpov attote youmidctwv te ouvodoeic,/
uviuny andvtwv, wouoourtoo” épydvnv; Eur. fr.578, 1 ss.N2
watigye ANSns Hdouan’ dpiiouc udvos,/ dinate,
guvnévta ovddofac tL8Eelc/ éEntoov éevSocno1 dt year”
elévai; Plat. Theaet. 191d 2 Gipov tolvu attd (scil.
td upivov émioyetov) Gatev elvar Tig Tv Movaiwy untPdc,224 Fantuzet
Mvniocouvng (13). Piti efficacemente Gorg. fr. lla, 30 D.K.
parld di vedo [...) wrung Soyavov. E! La pid taglien-
te definizione sofistica del nuovo medium:
che alla nostra
interpretazione del criziano dAcEtAcya fornisce risoluti-
va conferma.
Marco Fantuazt (Pisa)Glt deEtroya yodupata di Cr
NOTE
(1) Cfr. naz 1: 1435, 9.v., “adiuvans orationem, di-
cendi facultatem, subsidium vocis"; Passow? I 1, 96, s.v.,
“die Rede fUrdernd od. unterstlltzend, die Stelle der Rede
vertretend"; Bailly !4 75, s.v., "qui aide la parole"; LSJ?
62 s., s.v., “promoting or supporting discourse"; Dimitrakos,
ML I 233, s.v., "S BonSdv cic td Adyetv, 0 ebxepatvew thy
émoyyeAtav: mate Sudip. tou. 6 éunoSiGwv th Welw Adyerv",
che addirittura riprende l'ultima, improponibile esegesi
eustaziana. Nel bizantino essa, come la prima, era suggeri~
ta dal parallelismo con la triplice interpretazione (1771,
42 ddAdyouoa fitot émtocoBobda td éE dvduww ixoc, f BonSotca
wort évéuwv) della glossa omerica WeEduevog: ove perd il
componente nominale @ in rapporto di complementarita indi-
retta con quello verbale (cfr. infra, n.4).
(2) Nella quarta edizione di Poetae lyrtet Graect (II.
Poetae elegiact,p.279s.). Fino alla terza edizione (1866)
il Bergk aveva accolto AcEtAoya, proposto da SchweighYuser.
(3) Conseguentemente alla loro esegesi della radice
verbale, gli interpreti pid recenti di Crizia intesero \o-
Yoo come "pensiero": cfr. M.Timpanaro Cardini,I Sofistt.
Franmenti e testimonianze, Bari 1933,144 ("ausilio del pensie~
ro"; la traduzione della Timpanaro @ ripresa in AA.VV., I Preso-
eratic!. Teatimonianze e franmenti Bari 1969, 11017; H. Diels-
W.Kranz, FVS!° 11 377 ("Helfer der Gedanken", traduzione
sottoscritta da H.Diehl, ALG3 I 95); A. Battegazzore, in
A. Battegazzore-M. Untersteiner,Sofist¢. Teatimonianse e
frammenti, IV, Firenze 1962, 255 ("ausili del pensiero":
ma nel tradurre il termine come lemma in Fozio, "ausili
della parola"). Isolato e dimenticato, dopo la fuorviante
traduzione cit. #upra n.1, il Tafel annotava correttamente
in TAGL, 1.1. "mihi Ypcuqata dici lyrice videntur dAsEt-
AoYa eam ob causam quod Adyoug opem ferunt ne pereant,
sicque eos servant"; si veda altresi I Presocratict cit.,
tbid., a.1.
(4) Si vedano GAcEdveung = GAeEdveniog ("averting wind"); GAe~
Etdon ("she that guards from death and ruin"); dAcELBéAcuvos
(“keeping off darts"); GAeStyquog ("shunning marriage");226 fandus
GAcElucnog ("averting off ill or misheaf"); GAeStuopog
(“warding off death"); GAcEttovog ("warding off pain");
GAcEvedoucnes ("acting as antidote"), cfr. LSJ, s. pv.
(5) Gli altri due esempi sono tardissimi: GAeElunmoc,
attestato come titolo dell'opera botanica di Nestore (eta
di Settimio Severo) in Geop., 12,16,1; 17,16 (ove la radi-
ce conserva il significato di "custodire"), e dAeElyopoc.
In quest'ultimo termine, attestato in [G III,1, 171, 17
ddeEtxdpoiotv GoulSlatc, l'originario valore specifico é@
sfumato: cfr. LSJ 63, s.v., "helping or favouring the cho-
rus", Si tratta tuttavia di un'iscrizione molto tarda (cfr.
G.Dittenberger, [G III 1, 67: "de aetate tituli id modo pro
certo affirmare licet, propter scripturae barbariem eum
saeculo p.Chr. tertio antiquiorem esse non posse"), non
priva di errori di metrica e di grammatica.
(6) Cfr. H.Frisk, GEW I 68ss.; P.Chantraine, DFLG I
57s., a.v. GAgEw,
(7) Cér. E.A.Havelock, Preface to Plato, Cambridge (Mass. )
1963 ( trad. it. Bari 1973, 41 ss.).
(8) La commedia si pud forse far risalire al 462-461:
cfr. P.Geissler, Chronologie der altattischen Komédte ,
Berlin 19692, 20.
(9) Dopo il precedente di Pind.,0.X 2s. md8. gpevdc/
éudic yéyparttar. Si vedano Aesch., Ag. 801 apt’ émoiotows
Hose yeyooumvec ; Choeph. 450 Tovadt ' dxotuw év @pe~
oiv Yecpou; Soph., PAéZ. 1325 wal tat’ énioww, val yedwou
qpeviv gow; Eur., Tr. 662 mipde Tov nopdvta nécLy dvarTigwo
(10) Ove. (trad. it. cit. 74 ss.).
(11) Della metafora non mancano esempi in Sofocle (cfr.
fr. 597 R. S00 &" év gpevdg SEATQLOL tobe éuobe Adyous), ed
in Euripide (cfr. fr. 506, 2s. N*. év Avog 6éAtOU TTUxaTc/
yedge ry tiv 'abtd Cscil.GSuxtpora J). Si veda in proposito
Fr. Solmsen, The Tablets of Zeus [1944],inKleine Schriften,
Hildesheim 1968, I 137 ss., nonché D.Sansone, Aeschylean
Metaphors for Intellectual Activity, Wiesbaden 1975, 60 ss.
(12) CEr. E.Hloffmann, Die Herkunft des Wachstafelbildes
im Thettet, "Sokrates" IX (1921), 56 ss.
(13) "Viele BUcher hat (Plato) geschrieben, und alle
sind Protest gegen das Buch. Gegen die Lehrschrift der friiherenGli Ghe€lroya yoduuata dé Crista 227
Denker vor allem": cosi R.Harder, Dte Meisterung der Schrift
durch die Grieehen [1942],in Kleine Schriften, MUnchen 1960,
96. Ma anche la polemica platonica, che interessa soprattut—
to la scrittura quale mezzo di comunicazione delle pii alte
verita filosofiche (si veda H.Erbse, Platon und die Scehrift-
lichkeit, "A&A" XI (1962) 7 ss., pid convincente del notorio
E.A.Havelock, Preface to Plato cit., passim), si svolge come
critica della sua efficienza nella conservazione e trasmis~
sione di esse. Di contro all'isolamento sollecitato dalla
lettura, in un sistema comunicazionale orale il messaggio si
conserva grazie ad una trasmissione transindividuale (cfr.
O.Longo, Teentiche della commicazione e tdeologie socialt
nella Greeta antiea, "'QUCC" XXVIL 1978 73 ss.) che invita
al dialogo: momento essenziale di quel metodo dialettico
che Platone riserva all'elicitazione dei sommi principi:
cfr. Phaedr. 274b7-278b6.