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Questa é Ja dottrina della doppia giustificazione, esposta qui con una intenzione irenica: da una parte noi siamo reputati giusti per la fede nel Cristo, in ragione dei suoi meriti ¢ indipendentemente dalle nostre ope- re, e, dall’altra, siamo detti giusti perché facciamo opere giuste. Questa conciliazione é di fatto un compromesso che non arriva a pensare l’uni- ta concreta dei due aspetti della giustificazione, ma li applica a due real- ta gerarchizzate: una giustizia superiore, che resta quella del Cristo e che ci é imputata, e una giustizia inferiore, che tiene conto delle nostre ope- re, ma rimane insufficiente. La giustizia del Cristo non é pitt veramente nostra, la nostra giustizia non é piti veramente la giustizia del Cristo. La prima resta troppo estrinseca; la seconda é legata in modo ambiguo alle nostre opere. Sul piano dogmatico, questa dottrina di compromesso non & in fondo né protestante né tantomeno cattolica. Sul piano peré della psicologia e dell’esperienza religiosa tenta di rendere ragione di un aspetto teale delle cose. Storicamente, essa venne rifiutata sia da Roma sia da Lutero”, ma fu tuttavia presentata alla discussione del concilio di Trento da Seripando. TL. La VI sEssIONE DEL CONCILIO DI TRENTO SULLA GIUSTIFICAZIONE 1. L’elaborazione del decreto «per stabilire la giustizia del Cristo» Indicazioni bibliografiche: H. JepIN, Girolamo Seripando. Sein Leben und Denken im Geis- teskampf des 16. Jabrbunderts, LI, Rita Verlag, Wurzburg 1937; E. Staxememr, Der Kampf um Augustin. Augustinus und die Augustiner auf dem Tridentinum, Bonifatius, Paderborn 1937; P. Pas, La doctrine de la double justification au concile de Trente, EpThL., 30 (1954), pp. 5.53; A. Maaranzint, Dibattito Lutero-Seripando su «Giusticia e Liberta del cristiano», Motcel- liana, Brescia 1981; D. Gutierrez Moran, Los Agustinos en el Concilio de Trento, in «La Ciu- dad de Dios», 158 (1947), pp. 5-119 (per Setipando pp. 66-111); Ip., Concilio Tridentino y notas acerca de Seripando, in «La Ciudad de Dios», 164 (1952), pp. 603-620; V. Grossi, Le giustificazione secondo Girolamo Seripando nel contesto dei dibattiti tridentini, in «Analecta ‘Augustiniana», 41 (1978), pp. 5-24. Dopo il decreto sul peccato originale, i Padri del concilio di Trento produssero il loro pit importante documento con il decreto sulla giustifi- cazione. La discussione, cominciata il 22_giugno 1546, si concluse sette 19 Cfr, Giustificazione per fede. Documento del gruppo misto di dialogo luterano-cattolico degli Uniti, n. 48, in «Regno Documenti», 5 (1984), pp. 171. Cfr. anche nn. 45-48, pp. 170-171 VI. GRAZIA... DAL CONCILIO DI TRENTO ALL'EPOCA CONTEMPORANEA 291 mesi pit tardi, durante la VI sessione ¢ porté all’approvazione del decreto il 13 gensio 1542”. Questo fu il lavoro pitt lento e piti approfondito di tutto il concilio, che aveva pienamente coscienza della partita in gioco e della difficolta della materia. Poiché la. 1 questione non era mai stata tratta-_ ta in se stessa da un concilio anteriore, non poteva piu trattarsi di rivisita- te antichi canoni. Tirando tutte le conseguenze di questa situazione, il concilio promulgd non solo una lista di trentatré canoni, ma anche, per Ja prima volta, un lungo testo di dottrina (doctrina), diviso in sedici capi- toli, che fu discusso con la stessa attenzione dei canoni. Questo testo co- nobbe diversi e successivi progetti, via via rimaneggiati, prima di arrivare alla sua promulgazione. Cosi facendo, il concilio fece della dotirina della giustifcazione «ad imitazione dei Riformatori [...] un trattato dottrinale completo ed autonomo», Gli Agostiniani presenti al concilio attorno al loro superiore generale, Girolamo Seripando, portarono un contributo notevole a questa elabora- zione™. Tuttavia, la selezione operata’dai Padri conciliari nelle proposi- zioni di Seripando, mostra la preoccupazione di evidenziare la loro diffe- renza rispetto alle dottrine dei Riformatori protestanti e in particolare luterani, cost come la volonta di testare al di Sopra delle scuole teologiche dell’epoca. Setipando, che svolse il raclo pitt importante nella prepara. zione del decreto tridentino, era cosciente del fatto che il concilio non aveva recepito alcune sue proposizioni, appartenenti alla tradizione teolo- gica agostiniana. La «battaglia» sulla giustificazione fu_condotta nel nome di tino. considerato il fedele interprete di Paolo, Seripando fece pesare con tutta la“Sua autorita la lettura agostiniana della Bibbia ¢ si lamentava del fatto che, nei loro interventi, molti Padii conciliari non rispettavano questa tonalita biblica patristica, fino a far pensare che la «giustizia del Cristo» non era se non un prodotto degli schemi inventati dagli uomini®. In que- sto dibattito sulla giustificazione per la fede, la parte attribuita all’espe- rienza religiosa, gia presente nella discussione sul peccato originale, si ri- trova piii 0 Meio manifesta. Si Visto, a proposito del peccato originale, la posizione personale di Seripando sul ruolo della fede in rapporto al battesimo. Questi raccoglieva Pifisisténza dei Riformatori protestanti che 20 CTA V, p. 791 s; COD, pp. 671-681. 21 HL Kone, La giustificazione, (1957), Queriniana, Brescia 1969, p. 119. 2 Per gli seritt di Seripando, eft. D. Gotteniz. Moan, Hieronymi Seripad script in «Latinitas», 12 (1964), pp. 142-152. Al concilio Seripando conobbe aleune difficolta per il fatto che Luteto proveniva dal medesimo Ordine Agostiniano, 2 Parecchie crtiche costitivano evidentemente un’allusione ai teologi controversisti che, per lui, con- dannavano la «giustizia del Cristo» essere sommersa dai ragionamenti umani, eft. CTA V, pp. 666 ¢ 674 292 VITTORINO GROSSI - BERNARD SESBOUE, Jo della fede e Vindicazione della via moderna rispet- revilegiavano il ruol ko all’esperienza religiosa. I Padri di Trento, al contrario, relegavano _ la fede ala median a ere “Resta la jone della comprensione della «giustizia dell’uomo», 0 giustificazione dell’uomo, pet la grazia di Gest Cristo. fT decreto triden- fino sulla giustificazione non poteva non tener conto dell’insieme di que- gti element. Dal 30 giugno, Seripando aveva distribuito ai Padri conciliari no schema sulla questione, e nelle prime settimane di luglio redasse un © trattato Sulla giustificazione”*, che espose a viva voce € che fu la base tanto © della discussione quanto della redazione finale del decreto tridentino. L'11 agosto egli presentd un nuovo schema, che ricevette perd tante e tali modifiche che Jui stesso non lo riconobbe pitt come suo” Il 20 ottobre comincid a redigere un terzo progetto di decreto, che subi ancora notevo- -firitocchi®. Il testo che fu approvato nella VI sessione non recepi alcuni © emendamenti di Seripando, ma conservé tuttavia lo stile biblico-patristi- co, paolino € agostiniano voluto dal redattore. ‘Queste discussioni si incentrarono soprattutto su due con questa grazia. Questa estrema precisione non era stata Soon ron itdecreto sul peccato originale. La VI sessione colma le la- cune della V. In forza di questi termini, il concilio situa esattamente la sua | posizione sia di fronte alla dottrina di Pelagio sia a quella degli umanisti del xvi secolo e di certe esagerazioni oratorie del luteranesimo”. Questa doppia prospettiva, o questo combattimento su due_fronti, sara una delle costanti di tutto il decreto. Lispirazione scritturistica di questo capitolo é chiaramente paolina. Senza Gitamme formalmente il testo, il concilio evoca il grande affresco dei capitoli | ¢ 2 della Lettera ai Romani, in cui i pagani e i Giudei sono suc- cessivamente presentati come dei peccatori, oggetti della collera divina, al di la del fatto che abbiano peccato senza la legge o sotto la legge. «Tutti hanno peccato ¢ sono privi della gloria di Dio» (Rv 3, 23) ——> Capitolo 2°:L’ economia della salvezza e il mistero della venuta del Cri- sto, Il secondo présupposto della giustificazione si trova dalla parte della “Benevolenza divina: noire’é salvezza possibile per l’uomo se non per Vini- ziativa assolutamente gratuita di Dio nei suoi confronti. Quest’ultima © ricondotta al «Padre delle misericordie», che ha «annunciato e promes- so», secondo il suo disegno eterno, Pinvio di suo Figlio, Queste promesse hanno preso corpo attraverso delle disposizioni storiche, designate con la menzione «prima della legge e ai tempi della legge», Si tratta della pro- messa fatta ad Abramo e degli annunci profetici La venuta di Cristo riguarda insieme i Giudei e i pagani, secondo le ca- tegorie storiche del Tconomia della sal ‘a gia evocate nel cap. I. Il con- cilio passa con estrema naturalezza dall'idea di redenzione («riscattare i_ Giudei») a quella di giustificazione («far conseguire la giustizia 1 ai pagan»). Nell’insieme del decreto il primo termine esprime anzitutto laspetto ogget tivoe slobele della salvezza.i secondo esprime l’aspetto soggettivo e perso- nale, sebb&ie questa ripartizione non escluda degli utilizzi equivalenti. Per gli-uni come per gli altri, la salvezza non si riduce alla dimensione di liberazione dal peccato, ma comporta anche il dono positivo della «qua- \E 30 Tuttavia oggi si riconosce che Lutero, con la sua dottrina del «servo arbitrio» non ha mai voluto professare un determinismo dell'uomo al male. Ai suoi occhi I'arbierium umano rimaneva, ma aveva Pet duto la libert& evangelica e percid era divenuto servo. 296 VITTORINO GROSSI - BERNARD SESBOUE, | | | ita dei figli_adowivin, ba distinzione tecnica a grazia «medicinale»¢_ sazia Capitolo 3°: | yiustificat in Gest Crista Nell elaborazione del decreto, { capitoli 3 e 4 formavano Pinizio un tutt’ung con il capitolo 2. Il conci- lio pero ha preferito distinguere pit: nettamente i diversi momenti_del-_ economia che riguarda personalmente ogni giustificato. Questo capitolo 9 della redenzione al |: pera un primo passaggio dal Jato oggett sog- gettivo della giustilicazione, in quanto questa & comumicata ash uomini Questo aspetto perd resta trattato dal punto di vista ell economia globa-_ Jee non Sprmpotta nessuna andlisi del rapporto tra Dio ¢Tuomo. Tl testo pone tre affermazioni: “Il Cais emorto per tutti (cfr. 2 Cor 5, 15). Questa precisazione non - era teorica in un’ epoca in cul la questione della predestinazione era fre- quentemente sollevata. Tartavia, ne ricevono il beneficjo. «solo. quelli ai quali & comunicato il merito della su: s Non basta che la salvezza sia compiuta a liv _ Jorkella storia universale iii Gest Cristo: bisogna anche che questa salvez- za raggiunga concretamente_ ogni membro dell’umani nella sua storia. personale. Il termine Chr. infra, p. 308, | 34 Cf. supra, p. 279 95 STb, Illa, q. 85, a. 5 300 — vITTORINO GROSSI - BERNARD SESBOUE F Due formule scritturistiche (Zac 1, 3 € Lam 5, 21) illustrano, alla con- ¥ : sdpasccnreaennanes en dlusione, il ruolo della liberta € la prevenienza della grazia. Questo nuovo modo di citare i testi della Scrittura come dicta probantia, per sostenere una dottrina gia formulata senza di loro, appafe meno pertinente di quel- Jo che, nei capitoli precedenti, tesseva letteralmente l’esposizione conci- Jiare con i pit importanti passi scritturistici. > Capitolo 6°: Come pre ararsi, Poiché Vattivita libera dell’uomo, com- piuta sotto Ta prevenienza della grazia, necessaria al divenire della giusti- ficazione, il decreto si impegna nel tracciare il disegno completo dei suc- cessivi_atti_ che questo camming preparatorio com| Orta. Questo testo ri- produ le gran ee della descrizione, fornita per questi medesimi atti da san Tommaso, nello sviluppo sulla penitenza.svoca’o qui sopra. Mel- teplici punti di questa sequenza di atti che si concatenano sono stati lun- gamente dibattuti tra i sostenitori delle diverse scuole teologiche (scotisti ¢ tomisti in particolare), specialmente la priorita del timore sulla speranza ela menzione di un inizio dell’amore al termine del processo di prepara- zione. I testo viene qui riportato in modo da far cogliere la succesione degli atti di questa preparazione: Gli uomini si dispongono alla giustificazione stessa quando, stimolati e aiutati dalla grazia divina, ticevendo la fede mediante l’ascolto, si volgono liberamente verso Dio, credendo veo cid che stato divinaménhte rivelato e promesso, ¢ specialmente che il pecca- tore é giustificato da Dio col dono «della sua grazia, in virti della redenzione realizzata in Cristo Gest» (Rm 3, 24) Lo stesso fanno quando riconoscendosi peccatori, per il timgre della divina giust- zia che salutarmente li scuote, si volgono a considerare la misericordia di Dio, si rinfrancano nella speranza, confidando che Dio sara loro propizio a causa del Cristo, - cominciando ad amarlo come fonte di ogni giustizia, a aman © sivolgono percid contro i loro peccati, odiandoli e detestandoli, ciot con quella penitenza che bisogna fare prima del battesimo; infine si preparano quando si propongono di ricevere il battesimo, di cominciare una vita nuova ¢ di osservare i comandamenti divini**. Questa descrizione non é una fenomenologia della preparazione alla giustificazione, ma fornisce una tipologia astratta ¢ il concatenamento lo-_ gice, degli atti della liberta che corrispondono all iniziativa divina. Questa fgica non & senza nesso con lo sviluppo cronologico, poiché lo sottinten- de; a livello dell’esperienza perd si possono produrre notevoli variazioni. 36 COD, pp. 672-673 Vi GRAZIA; DAL CONCILIO DI TRENTO ALL'EPOCA CONTEMPORANEA 301 Al punto di partenza della preparazione alla giustizia il decreto situa ancora una volta la grazia, ricapitolando cosi l’insegnamento precedente. La sequenza degli ‘atti, che saranno menzionati, si inscrive dunque nella presupposizione di questa grazia preveniente. La loro successione é strut- turata attraverso la triade fede, speranza ¢ catita. Queste parole perd non designano qui le virti teologali infuse, che, per cosi dire, non possono esistere se stonnelluomo shustifcato, Si tratta di atti di fede e di speranza e di un inizio d'amore corrispondenti a una grazia che rimane ancora este- riore all’essere del peccatore. eriorita si riduce fino al momento della giustificazigne, in cui la grazia diventera il principio soprannaturale immanente all’agire umano, Nella preparazione peré alla giustificazione, fa fede, la speranza e l’inizio dell’amore inquadrano gli atti propri della conversione: timor di Dio e penitenza. Il primo atto @ evidentemente la fede, risposta alla predicazione eccle- siale della buona novella evangelica, La definizione che ne viene data é tipicamente cattolica, per il suo modo di mettere in rilievo il momento veritativo della fede, e non quello della fiducia, che si troveri menzionata a proposito dell’atto di speranza. La menzione peré dell’adesione alle promesse, in particolare a quella della giustificazione, attesta un’apertura a questa seconda dimensione della fede. Il secondo atto, quello del timo- 16, generato dalFatto stesso di fede, perché @ la fede nella parola di Dio che rivela itpeccato. Questo timore non é «séivilen, come nella descrizio- ne data da san Tommaso, ma rivolto verso Dio, poiché il suo dinamismo é di far passare il peccatore dalla considerazione della giustizia a quella” della misericordia, Quest’ ultima conduce allora il peccatore alla speranza” e alla confidenza nella benevolenza di Dio, a causa del Cristo, in una atti tudine filiale. La dinamica della speranza non pué infine che aprirsi al- Pamore, di cui essa porta il germe. Per questo il decreto menziona a que- sto punto del divenire il momento in cui i peccatori «cominciano ad ama- re». Questa espressione é stata oggetto di continue cont ui, perch€ toccava un punto di disaccordo tra tomisti € scotisti riguardo alla possibi- lita di un amore naturale di Dio. Essa fu mantenuta in modo sfumato e senza cedere a posizioni di scuola. Il momento in cui il peccatore comin- cia ad amare Dio collima con la precisa soglia in cui la preparazione alla giustificazione sfocia nella giustificazione stessa (come verra detto nel ca- pitolo 7°), poiché amore di carita coincide con_il dono dello Spirito damore e con l’effettiva giustificazione”. L’inverso di questo inizio * Gli stessi dibattiti sull’apertura all’amore nella giustificazione, saranno ripresi in occasione della sessione sulla penitenza, ma questa volta il concilio non menzionera 'amore. Cir. vol. I, il parageaf: Contrizione ¢ «attrizione> [di prossima pubblicazione] 302 — VITTORINO GROSSI - BERNARD SESBOUE d’amore é la detestazione del peccato e la penitenza preparatoria al batte- simo. Tutto questo movimento conduce infine al proposito di ricevere il battesimo, che non vuol dire che V’istante della giustificazione coincida necessariamente con la celebrazione del sacramento. Tl testo é corredato da una serie di citazioni scritturistiche che illumina- no ciascuno degli atti menzionati. Qualunque sia Ia pertinenza di ogni citazione, il metodo resta molto artificiale. Si nota d’altra parte che il testo : che illustra l’inizio dell’amore é stato dimenticato, riflesso delle difficolta : che questa menzione aveva causato nei dibattiti. i = | La prima giustificazione: sua definizione e sue cause | Il concilio passa quindi allo studio dell’atto stesso della giustificazione, {I punto di vista del divenire cede il posto a quello del momento in Cui $i compie l’atto con il quale il peccatore & reso amico di Dio. La riflessione, ché si svolgeva precedentemente piti dal lato dell’uomo e della sua co- scienza, passa dal lato di Dio, poiché l’autore della giustificazione non pud essere che Dio stesso. — > Capitola 7°: Cos’é la giustificazione del peccatore e quali le sue cause, <~ Questo capitolo é normalmente considerato il fulcro del decreto. Esso fornisce anzitutto la definizione della giustificazione a partire dai suoi ef: _ fetti: questi hanno una dimensione negativa, la remissione dei peccati, e tuna pgsitiva, la santificazione e il rinnovamento dell’uomo interiore me- diante Ia libera accettazione della grazia. Questi due aspetti della giustifi- cazione sono inseparabili: la non imputabilita del peccato é nello stesso tempo una santificazione reale dell’uomo. Nella sistematizzazione cattoli- ca, la santificazione appartiene all’atto della giustificazione stessa, mentre Ja tradizione protestante distingue pit radicalmente i due aspetti. Perché la menzione del libero arbitrio non fosse assente da questa de- finizione, viene precisato che Ia recezione dei doni e della grazia & «libe- _ta», Come precedentemente la menzione della grazia accompagnava l’ana- isi degli atti della liberta, cosi, reciprocamente, l’esposizione intorno al dono della grazia divina comporta il ricordo della necessaria risposta di questa liberta. Lo sviluppo conciliare propone quindi una «ontologia» della giustifi- cazione secondo la metafisica delle cause. Questo passaggio, che si svilup- pa secondo la famosa griglia aristotelico-tomista, porta chiaramente il se- gno di una mentalita culturale. Questo schema ha per scopo essenziale quello di esplicitare tutti gli aspetti secondo i quali Dio pud essere detto WO Pautore della giustificazione. Esso riassume i dati del economia della sal ~~ VI. GRAZIA... DAL CONCILIO DI TRENTO ALL'EPOCA CONTEMPORANEA 303 o vezza esprimendo, attraverso le categorie di causa meritoria e strumenta- le, la realizzazione storica della nostra giustificazione mediante Dagire det Tristo e la sua celebrazione ecclesiale in quel sacramento della fede che & il battesimo. La sola causa non menzionata é la causa materiale, vale a dire Yuomo stesso, mentre sono sottolineate tutte quelle che, in un modo o nell’altro, hanno Dio per soggetto. Il testo inscrive in un linguaggio spe- culativo la priorita assoluta dell’agire divino nella nostra giustificazione: Cause di questa giustificazione sono: causa finale, la gloria di Dio e del Cristo e la vita eterna; causa efficiente la misericordia di Dio, che gratuitamente ci purifica ¢ ci santifica, segnando ed ungendo con lo Spirito Santo che era stato promesso, «il quale & caparra della nostra erediti» (Ef 1, 13-14); causa meritoria & il suo dilettis- simo Unigenito e Signore nostro Gesii Cristo, il quale, pur essendo noi suoi nemi- ci (cfr. Rez 5, 10), «per il grande amore con il quale ci ha amati» (Ef 2, 4), ci ha meritato la giustificazione con la sua santissima passione sul legno della croce e ha ZORA, soddisfaxo per noi Dio Padre; causa strumentale il sacramento del battesimo, aa I che é il sacramento della fede, senza la quale nessuno ha mai ottenuto la giustifi- cazione. Infine, unica causa formale @ la giustizia di Dio, «non certo quella per cui egli stesso € giusto, ma quella per cui ci rende giusti», infatti, ricolmi del suo dono, veniamo rinnovati nello spirito della nostra mente (cfr. Ef4, 23), e non solo veniamo considerati gist, ma siamo chiamati tali € lo siamo realmente (cfr. 1 Gv 3, 1), ricevendo in noi ciascuno la propria giustizia, nella misura in cui lo Spirito Santo la distribuisce ai singoli come vuole secondo la disposizione e la coopera- zione propria di ciascuno”. La causa finale @ nominata per prima, perché é logicamente Ja prima € determina tutte le altre. Essa associa la gloria di Dio, la gloria’del Cristo e Ja vita eterna. La gloria di Dio ¢ la vita dell’uomo vanno insieme e non __ costituiscono che un solo fine. Il decreto si inscrive nella grande tradizio- ne che aveva prodotto la celebre formula di Ireneo: «La gloria di Dio é Puomo vivente e la vita dell’uomo é la lio situa anche il Cristo nel cuore del disegno di Dio secondo lo spirito dell’inno di Efesin# (1, 3-14). Il Cristo é in effetti unita del fine desidera- to, visto sia dal lato di Dio sia dal lato dell’uomo. Questa prospettiva € molto vicina all’adagio di Calvino: «A Dio solo la gloria» (soli Deo gloria). La causa efficiente é ancora una volta il Dio trinitari I Padge ha V’ini—_ ziativa, puramente gratuita nella sua misericordia. Il Figlio diverra causa meritoria attraverso l’evento della passione, subito a causa del suo grande 38 L’espressione proviene da: AGostINo, La Trini#a, XIV, 12, 15, a cura di G, Beschin (NBA IV), Cit Nuova, Roma 1973, p. 593. Questa distinzione @ usuale nel trattato Lo spirito e la lettera, 9, 15; 11, 18; 18 31; 32, 56, a cura di I. Volpi (NBA XVII/1), Citta Nuova, Roma 1981, pp. 273-275; 279; 301; 345. ?9 COD, p. 673. 4© TREN=O, Contro le eresie, IV, 20, 7, in Controle eresie e gli altri scritt, a cura di E, Bellini, Jaca Book, Milano 1981, p. 349. 304 — VITTORINO GROSSI - BERNARD SESBOUE ranifestazione di.Dio»". I conci- amore". Lo Spirito infine, dono del Padre, interviene «segnando ¢ un- gendo». La causa strumentale é il battesimo, giustamente chiamato «sacramen- to della fedés, espressione ripresa da Agostino. La mediazione sacramen- tale rappresenta l’effertivita nel tempo dell’evento compiuto una volta per tutte. Essa costituisce Ja visibilita ecclesiale del dono della giustificazione, realizzata nel cuore dell’economia divina della salvezza. La portata speculativa della «causa formale» @ delicata da afferrare e pone una difficoltd metafisica, Questa aflermazione perd & centrale nel decreto e si fonda sullidea che ogni causa agisce secondo la sua propria forma e informa di se stessa_ eit quale agisce, in forza di una certa assimilazione tra effetto ¢ causa. Tl vasaio, ad esempio, assimila progressi- vamente la terra che impasta alla forma dell’oggetto che ha nella sua men- te. Nel quadro di questa coerenza, i] decreto afferma che l’essenza della | nostra giustificazione & costituita dalla giustizia stessa di Djo, in quanto “questa ci & realmente comunicata, al | punto da divenire veramente nostra propria giustizia La giustizia di Dio diviene in noi la «forma» della nostra giustizia. Per questo ‘l testo afferma l’inerenza propria di questa giustizia nel pid intimo di noi stessi: noi non siamo solamente «considerati» giusti, ma lo siamo effettivamente ed & per questo che siamo «chiamati tali». Cosi la nostra giustizia € interamente di Dio e interamente nostra. «La nostra giustizia interiore & dipendente in ogni istante dall’influsso del Cristo; é una vita nel Cristo». Essa é talmente nostra da diversificarsi in ciascuno di noi, secondo la misura della liberalita divina e il grado di cooperazione di ciascuno. K Rahner ha ripreso ai nostri giorni «il modello della causalita forma. le», per rendere conto del paradosso inerente all’affermazione di una au- Fecotnunicazione di Dio, in cui «il donatore @ lui stesso il dono»: «si pud dire che i Tautocomuncazione Dio, nel suo essere assoluto, Si rapporta all’esistente creato come causa formale, cioé che egli, nella creatura, origi- nariamente non produce né realizza qualcosa di diverso da sé, bensi, co- municando la sua propria realt& divina, ne fa il costitutivo del compimen- to della creatura»®. Questa causa formale & gnica:jl concilio scarta la tesi della doppia git gilicazions, che era stata accolta nel colloquio di Ratisbona. Se vi fossero fue gradi di giustizia, bisognerebbe porre allora due cause formali: una per la giustizia imputata e un’altra per la giustizia inerente. Il concilio pone 4 Tl senso specifico di questa causa & stato analizzato nel vol. 1, pp. 446447 42 Cs, BAUMGARTNER, La Grice du Christ, Desclée, Tournai 1963, p. 114. oe eee Cone Jondamentale sala fode, Introdsaione al concetto di cristianesimo, Paoline, Roma 177, p. 168. VL GRAZIA..: DAL CONCILIO DI TRENTO ALL'EPOCA CONTEMPORANEA 305 qui, in realta, un’affermazione dialettica: é la giustizia del Cristo che divie- ne effettivamente nostra propria giustizia, pur timanendo costantemente dono gratuito del Cristo. Il capitolo distingue tuttavia, seguendo Agostino, la giustizia che @ in | Dio stesso e Ia giustizia per la quale egli ci fa giusti_II paradosso viene dalla distinzione che Himane tra Dio e noi. Se la giustizia di Dio ci diviniz- za, noi non diveniamo tuttavia Dio stesso. Distinzione dialettica, almeno qui, perché non ci sono due giustizie di Dio, La giustizia eterna di Dio, perd resta trascendente a quella che pud realizzare in noi. Qui bisogna pensare al Cristo: «Questa identita € non identita di un essere creato e di Dio increato sono giustamente realizzate e unite dal Verbo incarnato nel- Ja sua unione ipostatica: quest’uomo é Dio. La giustizia “che ci rende giu- sti” é il Cristo in quanto si rapporta a noi; ¢ questa giustizia ¢ Ta giustizia stessa “per la quale Dio @ giusto”, poiché quest’'uomo @ Dio». La medi zione del Verbo incarnato fonda la dialettica della giustizia di Dio che diviene la nostra propria giustizia. Il testo continua precisando Tistante della giustificazione: Quantunque nessuno possa essere giusto, se non per la comunicazione dei meriti della passione del Signore nostro Gest Cristo, tuttavia la giustificazione del pec- catore si produce quando (dum), pet metito della stessa santissima passione, amore di Dio viene diffuso mediante lo Spirito Santo nei cuori di coloro che sono giustificati ¢ inerisce loro. Ne consegue che nella stessa giustificazione l’uo- mo, insieme alla remissione dei peccati, riceve per mezzo di Gesti Cristo, nel qua- Je innestato, tutti questi doni infusi: fede, speranza e carita. Infatti la fede, senza la speranza e la carita, né unisce perfettamente a Cristo né genera membra vive del suo corpo. Per questo motivo é assolutamente vero affermare che la fede sen- za le opere é morta (cfr. Ge 2, 17. 20) e inutile e che in Cristo Gest non valgono né la circoncisione, né la incirconcisione, ma la fede «che opeta per mezzo della carita» (Gal 5, 6). La giustificazione si cone nel momento in cui la carita di Dig & dif- fusa_nel cuore_al punto da divenirvi inerepte. Nello stesso momento Biustificato riceve la remissione dei peccati e i doni infusi. In altre parole, la giustificazione ha luogo nel momento in’cui a fede diviene amore, cioe «vive». La trilogia fede, speranza e carita, messa in risalto nella prepata- Zione alla giustificazione sotto forma di atti, si ritrova sotto la forma ditre_ doni infusi dopo il capovolgimento radicale operato dal momento della giustificazione. Gli atti preparatori alla giustificazione erano gia l’effetto di una grazia, 4 B, Pousser, testo dattiloscritto. © COD, pp. 673-674 306 VITTORINO GROSSI . BERNARD SESBOUE, ma questa restava ancora esteriore al peccatore, in divenire di conversio- ne; dopo la giustificazione, al contrario, la fede, la speranza e l'amore abitano nel giustificato, nel quale si imprime jl mistero del Cristo in virtt f una comunicazione vivente e intima. Tl testo considera allora il risultato della giustificazione. [| dono infuso della giustizia deve assumere un aspetto esteriore ¢ tradursi nelle opere della carita e nell’ obbedienza ai mandamenti. | jegame tra fede e carita_ & espresso mediante | Papporto di due testi scritturistici: «la fede senza le opere & morta» (Ge 2, 17) e «la fede che ‘opera per mezzo della carita» (Gal 5, 6). In nessun caso perd queste opere intervengono a titolo - se della giustiticazione. *Quello che costifuisce la bellezza di questo capitolo, al di la della scorza scolastica del discorso, é la sua insistenza nel riportare a Dio, secondo la totalita dei punti di vista, Piniziativa efficace della nostra giustificazione. —P Capitol 8°: Cosa significa che il peceatore & giustificato per la fede e gra- fuitamente, Tutti sono giustificati gratuitamente pet ja sua grazia, in virth ella redenzione realizzata da Cristo Gesit. [...] Noi riteniamo infatti che Puomo é giustificato per la fede indipendentemente dalle opere della leg- ge» (Rim 3, 24. 28). Queste parole erano, nel xv1 secolo, al centro del di- battito sulla giustificazione. La Chiesa cattolica comprende l’espressione paolina «l’uomo & giustificato per la fede» nel senso che la fedeé, dal lato dell’ uomo, DP inizio (initivm) della sua salvezza e che ne é il permanente fondamento € la radice. “ Capitolo 9°: Contro la val fiducia degli eretici. Questo capitolo é pitt olemico, come appare gia dal titolo. Esso opera un discernimento in una a le controversie pitt appassionate dell’epoca. Al termine di dibattiti un po’ confusi, i Padri di Trento si sono di fatto accontentati di rifiutare le posizioni estreme, Ci sono duc affermaziont principal: *) Nessuno pud vantarsi di essere giustificato sulla base della «certezza di fede» che ne ba, in cui siha di mira Pintenzione di ricondurre Ia giustificazione all’espe- | tienza soggettiva che il credente pud averne. (2) Inversamente, non si professare che questa certezza soggettiva ¢ indubitabile & necessaria alla giustificazione stessa: non c’é correlazione necessaria tra Ja certezza del_ perdono dei peccatie questo effettivo perdono. A questo atteggiamento, il concilio oppone una legittima fiducia nella misericordia di Dio, che nov_ & esente tuttavia da timore, a causa della debolezza delJ’uomo. Non é dunque una certezza infallibile, ma é vissuta in un’umile speranza. La ri | 46 Su questo punto, cfr, M. Viz, Cours Viller. Bade historique et doctrinale des documents de VEgl*- | se contents dans l’Enchiridion de Denzinger, ad instar manuscripti, San Miguel, Argentina, 1956, I, p. 284i | E. SCHILLEBEECKX, Apercu nouveau sur le décret tridentin touchant la justification, in «Concilium», 5 (1965), | pp. 165-168, che riprende uno studio del teologo protestante A. Oberman. | | 308 viTTORINO GROSS! - BERNARD SESBOUE sposta di Giovanna d’Arco, nel corso del suo proceso, ne é la migliore capressione: «Se in stato di grazia? ~ Se lo sono, Dio mi ci mantengas se non lo sono, Dio mi ci ponga». Se & certo oggigiorno che «la certezza della grazia insegnata da Lutero non @ quella che Trento ha condannato», nondimeno resta tipica del luteranesimo una forte insistenza sulla soggettivita della fede, Da una par- te essa ha costituito una sana reazione contro Yalienazione della teologia estrinsecista; ma dall’altra ha anche portato a delle formule eccessivamen- te psicologiche e drammatiche. Tnoltre essa é legata a una minimizzazione del ruolo dei sacramenti nella vita di fede e a un telativo misconoscimento del legame tra la fede di ogni credente e la fede di tutta la Chiesa. La vita dell’uomo_giusti eels . —> Capitolo 10°: L’aumento della oe ricevuta. Con questo capitolo co- mincia la seconda grande parte fecreto, concernente la vita dell’uomo | l giustificato. a parte di Dio la giustificazione da luogo a una crescita e da parte dell uomo esige un progresso, perché essa pone il giustificato in una situazione esistenziale nuova. Di proposito, il concilio non cita che in questo capitolo una formula assai disputata all’epoca: «Voi vedete che Puomo viene giustificato in base alle opere e non soltanto in base alla fede» (Ge 2, 24). Esso si @ ben guardato dal farla intervenire nel capito- Jo 8, come contrappeso alla sua interpretazione delle formule paoline sul- la giustificazione per la fede. E la situa dopo la giustificazione, Le opere non cooperano alla giustificazione, tuttavia, una volta avvenuta la giustifi- cazione, esse contribuiscono nella razia alla crescita di una giustizia che le esige nel momento stesso in cui le rende possibili. Tl dono della giustizia deve normalmente sviluppare la qualita delle disposizioni del giustificato cost come la sua cooperazione € consentire un | Progresso nella santificazione, che € precisamente, per if concilio, una crescita nella piuistizia: «cosi divengono Sempre pit iusti». Se esiste una soglia radicale tra il giustificato e il non giustificato, vi sono al contrario, tra i giustificati, infinite sfumature, che sono quelle della carita vissuta. In questa dinamica, le buone operg, compiute nella fede e nella carita, han- no un loro ruolo. Esse pero non contribuiscono alla giustificazione se non nella misura in cui esse stesse sono dei doni di Dio. Questa posizione non toglie nulla alle affermazioni precedenti. Questo cammino di progresso nella giustizia e nella santita e di elimi nazione della resistenza peccatrice alla grazia, corrisponde, in prospettiva cattolica, al celebre adagio luterano «> = Capitolo 11°; Dell’osservanza det comandamenti ¢ della sua necesita e possibilitd. Lo stesso punto di vista é sviluppato in modo pit concreto ef ésistenziale. I] capitolo comprende tre affermazioni maggiori: anzitutto Posservanza dei comandamenti é possibile € nello stésso tempo necessaria al giustificato, perché non solo Dio non comanda l'impossibile, ma anche fa si che si possa compiere cid che ordina. E questo resta vero, nonostante la fragilita del giusto, che é sempre nella possibilita di cadere in peccati leggeri. Secondo due sentenze agostiniane, Dio invita a fare cid che si é in grado di fare e a domandare cid che non sié in grado di piere**; senza mai abbandonare coloro che non lo abbandonano per primi”. Tnoltre, la pretesa di una salvezza data per la sola fede non deve costi- tuire un alibi alle esigenze della vita nuova del cristiano e del necessario combattimento con il Cristo, né comportare una negligenza nella fedelta ai comandamenti. Infine, @ erroneo dire che in ogni buona azione il giusto pecca almeno venialmente. — > Capitoli 12° ¢ 13°: Bisogna evitare la presunzione temeraria della prede- ——: stinazione e Del dono della pei Questi due capitoli alfrontano la ifficile questione della predestinazione e della perseveranza finale, ripren- dendo le posizioni assunte nel capitolo 9°. Essi escludono che’ possa es- servi su questi punti una certezza soggettiva assoluta. Nessuno pud presu- mere la propria predestinazione, né dichiararsi convinto di essere nel numero degli eletti. Ogni uomo rimane, infatti, capace di peccare e d’al- tra parte la predestinazione é il puro segreto di Dio. Per la stessa ragione, nessuno si pud abbandonare, con una certezza assoluta, alla sicurezza della sua perseveranza finale. La fragilita umana @ tale che colui che pensa di essere in piedi deve stare attento a non cadere, L’autentica attitudine cri- stiana é quella di una «fermissima speranza» ¢ di un’umile vigilanza. La riacquisizione della giustificazione Capitolo 14°: Il recupero dei pece Coloro che il peccato ha fatto decadere dalla giustificazione, possono recuperarla. La struttura del nuo- vo atto di giustificazione é strettamente simile a quella del primo In tutti 48 AGOSTINO, La nature ¢ la grazia, 43, 50 ¢ 69, 83, a cura di I. Volpi (NBA XVII/1), Citta Nuova, Roma 1981, pp. 441 ¢ 485. * Formula che si trova in tutta Popera di Agostino. Tra le alire: bid, 26, 29, p. 415 310 — VIrTORINO GROSSI - BERNARD SESBOUL e due i casi @ richiesta, con Ja grazia di Dio, una pre, arazione, La sola } differenza risiede nell’espressione sacram: Je della giustificazione: un secondo battesimo @ oramai impossl ile, ma una seconda penitenza € sem- pre possibile. Questa penitenza si inscriver’ nel cammino del sacramento i jstituito da Cristo per coloro che sono ricaduti nel peccato. Sottolineando i differenti atti della penitenza e i] suo carattere pitt laborioso, il testo opera una sintesi della dottrina della penitenza, che sara ripresa nella XIV sessione”. —> Capitolo 13°: Con qualunque peccato mortale sj perde la grazia, ma non Ta fede, Questo apitolo pone il reciproco del Fanalisi della giustiticazione fornita nel capitol 7°. Se infatti questa ha effettivamente luogo nel mo- mento dell’infusione della carita e non con il primo atto di fede, cost essa si perde quando una liberta ribelle contraddice gravemente l'atteggiamen- | to di carita, e non solamente quando l’atto peccatore conduce alla perdita j della fede. Secondo la logica del decreto, la fede che : : viva non giu- stifica, ma la fede pud rimanere in colui che € «morto» alla giustizia ¢ alla grazia. Questa sistematizzazione testa differente da quella della dottrina luterana, secondo la quale la fede comprende sempre la carita. Tuttavia una diversita di linguaggio non comporta necessariamente una divergen- za dottrinale. —> Capitolo 16°: Del frutto della giustificazione, ossia del merito delle buo- ne opere ¢ della ragione- dr questo merito Ticoncilio conclude il suo decre- to con un lungo s con _un nuovo. viluppo parenetico che cita la Scrittura con calore. Esso analizza il merito come il frutto normale di un’ attivita svolta | fella grazia. I merito Significa semplicemente che Dio si lega agli effetti_ \ della sua propria BraZie che sono Te nostre opere. C’e un merito, perché Dio agisce nell’ uomo. Situato alla Tine del decreto, questo capitolo assu- me il valore di un completam: to della dottrina e toglie ogni ambiguit alla dottrina cattolica del merito. a Questa dottrina non si oppone jn alcun modo al principio della «sola grazia» (gratia sola): «“Merito” significa Ja storicita dell’ onnipotenza della_ grazia nella liberta umana ¢ non 1 fa dungue nessupa_concorrenza, sort nessun aspetto, alla “sola gratia”>”. ‘A coloro che perseverano nel bene la | ‘vita eterna é promessa come una grazia e come una ricompensa accordata alle buone opere e ai loro merit. T due termini, «ricompensa» — impiegato 50 Cfe, vol: Ifo specifico paragrafo: La XIV sessione di Tzeato sulla penitenza (1551) [di prossima pubblicazionel. 31 E, SCHITLEBFECK, Apergu nowveat... att. cits p- 168. VL GRAZIA.,: DAL CONCILIO DI TRENTO ALL'EPOCA conremporaneA 311 pid volentieti dalla Riforma — e «merito», sono ritenuti senza opposizione tra loro. Per Wa forza delle srazia del Cristo il piusto merita veramente la vita eterna. Dopo aver eliminato ogni ambiguita sul ruolo delle buone opere nella giustificazione, il concilio proclama che i giustificati «hanno meritato (promeruisse) veramente di ottenere a suo tempo la vita eterna». Allinterno dell ordine della grazia e nel Cristo noi possiamo dungue far valere un merito davanti a Dio, che ha gratuitamente stabilito un rappor- to di giustizia tra lui e noi: il merito @ veramente il merito, perché la grazia é veramente la grazia. Cosi la nostra giustizia é a un tempo di Dio e nostra. La dottrina del merito é la conseguenza dell’affermazione centrale del capitolo 7°, sulla causa formale della giustificazione. Questa realta del merito, attestata nel- la Scrittura sotto altro linguaggio (ricompensa, salario, Dio renderi a cia- scuno secondo le sue opere), non deve gontfiare il cristiano di vanagloria: é nel Signore che egli deve vantarsi, poiché sono i suoi doni che divengo- no i nostri meriti. Bilancio I decreto sulla giustificazione, benché sia un prodotto artificioso, da molti punti di vista é elaborato eccellentemente; a tal punto che si pud dubitare che la Riforma si sarebbe poi sviluppata, se tale decreto fosse stato emesso dal concilio Lateranense all'inzio del secolo, ¢ si fosse realmente tramutato in carne ¢ sangue della Chiesa”: Tale é il giudizio sorprendentemente positivo di A. von Harnack sul la- voro del concilio di Trento. In effetti, malgrado una dimensione polemica inerente alle condizioni della sua produzigne, questo documento propone un insegnamento equilibrato e generalmente sereno della dottrina della giu- stificazione per Ia grazia, di cui costituisce un capitolo centrale della dog- matica cattolica. II tema della giustificazione, che fu al centro della crisi della Riforma, é stato oggetto, nel nostro secolo, di grandi dialoghi teologici, come quelli tra K, Barth e H. Bouillard®, tra lo stesso K. Barth e H. Kiing™, di un confronto tra san Tommaso e Lutero” e, pitt recentemente, di numerosi dialoghi ecumenici”, molto approfonditi sul piano storico e teologico. Sen- ® A. von Hannack, Dogmengeschichte, IIL, p. 711, citato in H. Kons, La giastificazione, cit, p- 117. ® Cf. H. BouLiano, Karl Barth, Ul: Parole de Diew et existence humaine, Aubier, Patis 1957. Cf. H. Ktne, La giustficazione, cit » OH. Pescis, Theologie der Rechifertiqung bei Martin Luther und Thomas von Aquin. Versuch eines systematisch theologischen Dialogs, M, Griinewald, Mainz 1967. 2 Cfr. Giustificazione per fede. Documento del gruppo misto di dialogo luterano-cattolico degli Stati Uniti, in «Il Regno Documenti», 5 (1984), pp. 162-190; Le salvezza e la Chiesa. Documento della Comrais- Sione internazionale anglicana-cattolico romana, in «ll Regno Documenti», 9 (1987), pp. 297-302; Verso ‘una comprensione comune della Chiesa. Documento della Commissione mista tra l'Alleanza Riformata mon: 312 VITTORINO GROSSI - BERNARD SESBOUE,

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