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LA COSTITUZIONE DI UNA NUOVA FIGURA LETTERARIA. INTORNO AL DE MULIERIBUS CLARIS DI GIOVANNI BOCCACCIO * Sommario. - Questo saggio propone una rilettura del De mulieribus claris di Gio- vanni Boccaccio, l’opera latina che ebbe in un'epistola del Petrarca una pin che proba- bile fonte ispiratrice. Dall’analisi accurata del testo, l’'Autore trae il convincimento che il Boccaccio umanista non sia del tutto rimasto estraneo alle esperienze decame- roniane. La rinascita nel Trecento del trattato in lode delle donne in chiave umanisti- ca si pud ricollegare ad un’altra sorta di nascita, quella della prima figlia dell’im- peratrice Anna, moglie di Carlo IV, sacro imperatore romano. A quest’ ultima il Petrarca manda un’epistola, databile al 23 maggio 1358, che risponde ad una let- tera in cui l’imperatrice aveva informato il Petrarca della recente nascita della fi- glia, Elisabetta '. La notizia fornisce al corrispondente una preziosa occasione per discorrere in prosa sulle donne. Si avverte gia nel titolo della lettera, che appartie- ne alla collezione delle Fariliares, «congratulandosi per la nascita della prole, seb- bene femminile» (p. 1098), che il Petrarca é pitt che conscio delle realt& politiche delle grandi famiglie (la nascita di un figlio tanto ambito per motivi di continuita dinastica). Quindi la lettera stessa si pud considerare «consolatoria» piuttosto che «congratulatoriay. Comunque, se il titolo non fosse gia abbastanza esplicito, il Pe- trarca sembra voler esser positivo finché pud spiegando la situazione in modo da evitare ogni fraintendimento: «spesso a un debole principio segue migliore fortu- na» e augura che «con questo lieto primo parto altri pid lieti te ne prometta» (p. 1099). Il fatto che Petrarca abbia colto quest’ occasione per parlare delle donne mi pare assai significativo: @ solo in rapporto al funzionamento biologico della donna che il Petrarca si sente sicuro di discutere le altre capacita femminili. Cid che se- gue nella lettera, cioé I’elenco delle donne illustri, si potrebbe caratterizzare come una fantasia letteraria maschile. Questa lista trova la sua conferma nel fatto che non apre all’imperatrice possibilita reali di cambiamento della sua situazione, che @ marcata, almeno per il momento, dal senso del suo fallimento (per il fatto di aver partorito una femmina). Infatti, la lettera finisce come aveva cominciato e cio’ considerando la donna come una imperfetta macchina generatrice. Il tutto * Desidero ringraziare Allen Grecco per il suo aiuto linguistico. 1 Tl testo della lettera con Ia traduzione italiana si trova in F. Perranca, Opere. Canzoniere. Trionfi. Familiarum rerum libri, Sansoni, Firenze 1975, pp. 1098-1104. Per la datazione della lettera & fondamentale il lavoro di H. Wn-xmns, The Prose Letters of Petrarch: A Manual, $.F. Vanni, Nuova York s.d., p. 84 ed Ipzm, Petrarch's Eights Years in Milan, Mediaeval Academy of America, Cambrid- ge, Mass. 1958, p. 166. La costituzione di una nuova figura femminile letteraria 37 sottolinea la subordinazione sociale della donna legata al suo corpo biologico, un dato di fatto a cui il Petrarca non fa a meno di alludere pit di una volta nel corso della sua lettera. La parte piti estesa della lettera, perd, si riferisce, superficialmente almeno, al superamento del corpo fisico: «Aggiungo che il sesso femminile @ glorioso non solo per il parto, ma per ingegno e virti molteplici e gesta e gloria di regno» (p. 1099). Il Petrarca si serve di exempla quasi tutti tratti dal mondo classico, che ca- dono sotto le categorie elaborate dall’umanista. Le donne antiche che cita vengo- no classificate secondo le loro diverse attivita: il primo raggruppamento compren- de donne intellettuali e scrittrici, alcune mitiche come Minerva, alcune storiche come Saffo e Proba *. L’aver scelto le scrittrici per prime ci indica che gli interessi umanistici del Petrarca hanno un ruolo primario nel redigere |’elenco: si tratta di una tesaurizzazione delle sue conoscenze letterarie e storiche, piuttosto che di un vero interesse sociale per la donna e tantomeno della coscienza che la loro condi- zione potesse cambiare nel mondo reale, coscienza e interesse che lo avrebbe po- tuto stimolare a creare modelli veramente innovatori. Ogni qual volta lo scrittore menziona una di queste donne, sente il bisogno _assoluto di iscriverla in un sistema familiare. Per esempio: Carmenta é «Evandri regis mater», Proba «Adelphi uxor», indicazioni queste rispondenti non soltanto a esigenze di chiarimento storico, ma soprattutto a quelle di riferimento al loro status sociale e per conseguenza alla vera funzione e campo d’azione della donna. In un unico caso il Petrarca parla in modo relativamente pit approfondito delle opere di queste scrittrici: Proba compose un centone poetico mediante versi di Omero e di Virgilio che raccontava fra l’altro «la venuta e la storia di Cristo». Non é rilevante solo il fatto che Proba é debitrice al lavoro di uomini senza i quali non avrebbe scritto nulla, ma molto pit importante per il Petrarca é l’innalzamen- to a modello della scrittrice d’ispirazione cristiana; modello che serve in primo luogo non tanto alle donne scrittrici, ma al Petrarca stesso in quanto richiamo al suo dovere di scrittore cristiano malgrado la sua passione per I’antichita classica. La lettera prosegue proponendo un altro esempio cristiano, quello delle Sibille «donne ispirate e profetiche e consapevoli del divino consiglio», tralasciando la lo- ro importanza nella religione dello stato romano, ma enfatizzando il loro apporto al cristianesimo, tanto pit per finire con il tono giusto come ultimo esempio delle donne intellettuali. Seguono poi quelle donne che hanno abbandonato totalmente I’immagine stereotipata della donna che resta a casa, formulazione estrema dell’ alterita fem- minile. A parte le Amazzoni, il Petrarca punta su due esempi particolari. Il primo @ quello di Ipsicratea, fondamentale al messaggio petrarchesco e anch’esso ripreso dal Boccaccio. Moglie di Mitridate, sconfitto dai Romani, Ipsicratea si trova sem- pre al suo fianco durante le battaglie e la fuga dai vincitori «assuefatto il corpo a 2 Il Petrarca scrive a proposito di Saffo che «scrisse opere che possono stare alla pari con quelle dei maggiori poeti» (p. 1099). 38 Stephen D. Kolsky cavalcare, a portar le armi, a soffrir i disagi». Nonostante abbia cambiato vestiti («mutatoque habitu»), assumendo con gran coraggio, e senza che il corpo si ribel- li, l’aspetto e il valore di un uomo, |’exemplum per niente conferma la possibilita di azione autonoma da parte della donna. Tutt’altro. Il Petrarca mette in rilievo le qualita di fedele coniuge di Ipsicratea, esempio di «coniugalis amor». Quindi, T’impostazione della storia vorrebbe escludere a Priori una lettura che potrebbe di- mostrare l’uguaglianza della donna come ‘guerriera’. A questo proposito si potrebbe ricordare un’altra lettera familiare in cui il poeta é preso d’entusiasmo per ‘Maria puteolana’ che ha rinnegato qualsiasi attri- buto femminile tranne la verginita perché @ guerriera: «Non telas illa, sed tela; non acus et specula, sed arcus et spicula meditatur» *. Prima di entrare nei part colari di Maria, perd, il Petrarca descrive i vari posti visti durante una gita ‘turi- stica’ a Baia. «Ho visto i luoghi descritti da Virgilio» (p. 865). Segue poi un lungo elenco di luoghi visitati, sempre introdotti da «vidi» («ho visto»: p. 865). In que- sto senso, dunque, Maria costituisce soltanto un altro spettacolo interessante. La prosa di questa parte della lettera (frasi spezzate in brevi incisi, clausole che crea- no l’impressione della sua vita movimentata) riflette l’intenso fascino che attrae il Petrarca verso quest’essere irraggiungibile: Maria ha |’aspetto esteriore d’uomo, agisce da eroe, é superiore agli uomini veri, ma dentro é sempre donna e vergine 4. Benché questa donna sia straordinaria («molte cose si narrano di lei, simili a favo- le»: p. 869) e, anzi, proprio per questo, l’esempio é un modo d’insistere sul desti- no ‘normale’ della donna. Maria viene considerata dagli uomini uno scherzo della natura, un’eccezione («super omnia») alla regola generale, avendo negato il mon- do femminile. I] Petrarca stesso stenta a riconoscerla («il suo corpo é piii di guer- riero che di donna»: p. 867), pur avendola vista prima che lei prendesse le armi, per via del suo ‘travestimento’: «guardatala pit da presso, a fatica sotto l’elmo ho ravvisato la torva e disadorna virago» (p. 869). Non é fortuito che il caso di Maria faccia venire in mente al Petrarca esempi come le Amazzoni o Camilla. La realta di queste donne é valorizzata dall’esisten- za di Maria puteolana, é lei a rendere pitt credibili le azioni narrate delle Amazzo- nie di Camilla: Che cosa infatti ci impedisce di creder possibile in molte quello che in una sola stenterei ad ammettere, se non I’avessi vista co’ miei occhi? (p. 869) Ma, pur ammettendo la possibilita di molte donne guerriere, lo scrittore sa troppo bene che questo comportamento non pud essere facilmente assunto a mo- > F. Perrarca, Le familiari, edizione critica per cura di V. Rosst, vol. 2, p. 13. Si trova la tra- duzione di questa lettera in FRANCESCO PETRARCA, Prose, a cura diG, Marrextormt e di P.G. Riccr, E. Carrara, E. BIANCHT, Ricciardi, Milano-Napoli 1955); «Non si diletta della tela, ma delle armi, non d’aghi o specchi, ma d’archie di frecce» (p. 867). 4 Tl Petrarca racconta con gusto le prodezze della virago: «Pronta a dar battaglia, lenta a ritrar- sene, attacca animosamente il nemico, cautamente gli tende insidie; con incredibile fortezza sopporta la fame, la sete, il freddo, il caldo, il sonno, la stanchezza» (p. 867). La costituzione di una nuova figura femminile letteraria 39 dello. Comunque non sorprende pit di tanto trovare il racconto di Semiramide che occupa un posto di rilievo come vignette dopo quello di Ipsicratea in questa se- zione. D’altronde non era la prima volta che il Petrarca trattava questo personag- gio, cos) affascinante per il medioevo. Nella seconda stesura del De viris illustribus lo scrittore aveva voluto includere uomini illustri di tutti i secoli a partire da Ada- mo e, di conseguenza, aveva incluso Semiramide °. Nella lettera all’imperatrice Anna, Semiramide é colta in un particolare momento: si sta acconciando i capelli quando é annunciata la ribellione di Babilonia. Senza finire di pettinarli, con me- ta capigliatura ancora sciolta, la regina prende le armi per difendere la citta. Que- sto @ un aneddoto sullo spirito guerriero di Semiramide, senza connotazioni cri- stiane, ma anche senza il minimo accenno alla sua lascivia a cui si referiranno mol- ti scrittori, incluso il Boccaccio. Perd, l’ultimo commento del Petrarca é rivelato- re: «e di tal fatto rimase per molti secoli testimone nella citta una statua di lei, nell’atto di affrettarsi in quell’abito». Sparita la statua, resta ora la scrittura che la sostituisce nei secoli in modo che diventi un fatto d’arte, fuori del tempo, quasi mitico. II Petrarca, perd, riesce ad aggiungere un modello medioevale che contro- bilancia quello pit antico di Semiramide, la contessa Matilde di Toscana, |’unico esempio moderno di donna cristiana attiva politicamente. L’ordine in cui le donne famose vengono elencate nell’epistola all’imperatri- ce Anna assume un’importanza particolare, nel senso che il Petrarca prova a bi- lanciare quegli aspetti femminili, a volte in contrasto, che gli importano di pit. Infatti, @ possibile parlare di una tensione tra le varie parti della lettera, addirittu- ra di un’incompatibilita tra le sezioni che rischia di annullare la valenza didattica dell’operetta, ma lo scrittore si sforza per rendere meno problematico e pit linea- re il quadro generale della donna che intende mostrare. Quindi, a seguito dell’e- sempio di Matilde di Toscana, il Petrarca inserisce con piti dettagli del solito la storia della ixvencula romana che salva la madre imprigionata allattandola al seno. Della figlia non da il nome, e neanche qualche dettaglio, né il luogo: «Questo av- venne a Roma o ad Atene; perché all’una o all’altra lo attribuiscono gli scrittori ch’io conosco» (p. 1101), in pid tende a generalizzare la narrativa affinché |’ episo- dio racconti |’atto estremo dell’amore verso la madre e contemporaneamente fissi la particolarita della donna con quell’azione di dare il latte, quale nutrix, donna sempre come madre. La singolarita del sacrificio che fa la figlia sconosciuta, la straordinaria fedelta (forse un po’ grottesca, ma in questo lavora la strategia lette- 5 Il testo della storia di Semiramide é stato pubblicato da P. pz Notuac, Le De viris illustribus de Pétrarque. Notice sur les manuscrits originaux, suivie de fragments inédits, «Notices et extraits des ma- nuscrits de la bibliothéque nationale et autres biblioth&ques», 34 (1891), 61-148: pp. 119-21. Il Pe- trarca giustifica l’inclusione di Semiramide in questo modo: «Hec de Semiramide perstrinxisse sit sa- tis, que, ut etatis ordinem servaret et ut iuxta virum suum staret, una mulier tantum virorum illu- strium seriem antecessit, et quoniam ut prefatus sum, non divites, sed illustres memorare propositum ‘est mihi» (pp. 120-21). La fortuna di Semiramide durante il Medioevo é stata tracciata da I. SAMUEL, Semiramis in the Middle Ages: The history of a legend, «Medievalia et Humanistica», fasciculus II, 1944, pp. 32-44. 40 Stephen D. Kolsky raria dell’exemplum per renderlo pit efficace, pitt memorabile, particolarmente ad Anna che ha appena partorito), al suo funzionamento biologico e all’amore natu- rale verso la madre, struttura la risposta sentimentale della lettrice, rinforzando per mezzi letterari la biologia femminile. La mera natura straordinaria dell’atto compiuto rinforza l’immagine stereotipata della donna, la quale @ generalmente ridotta a un’azione sola che riscatta il resto della sua vita, ignorando la quotidiani- ta donnesca come non degna di ricordo. Inoltre, l’atto che viene incentrato nell’e- pisodio raccontato é spesso bizzarro, un po’ come quelli incontrati qualche volta nelle vite delle sante, forse proprio per proporne una simile lettura. L’atto di al- lattare la madre diventa un’azione monumentale, rovesciando la prassi normale, facendo perd notare al lettore i limiti dell’eroismo femminile. Accoppiato a que- sto exemplum quello delle mogli spartane che salvarono la vita ai mariti in carce- re «permutatis vestibus» (p. 1102): altro modello di fedelta coniugale. Un altro gruppo di esempi che si trova nella lettera confonde, non senza pre- cisi fini ideologici, esempi di pudicizia (Lucrezia é la pit famosa) con esempi di ec- celsa maternita o ancora una volta estrema fedelta al marito. Dunque, si pud nota- re il ritmo della lettera che, si, lascia posto alle donne eroiche nel mondo della po- litica (Didone), perd si concentra sempre di pitt su quelle qualita cosiddette ‘natu- rali’ che aiutano a consolidare la societa, lasciando agli uomini il compito di go- vernare e di trattare con altri al di fuori della famiglia. Forse & per questo che tra le donne dell’epoca classica ne troviamo poche d'origine biblica, e comunque nes- suna nominata esplicitamente. Queste eroine bibliche si possono identificare solo attraverso una loro azione caratterizzante. II popolo ebraico fu liberato dalla «vi- due constantia» (p. 1102), cioe da Giuditta, che decapitd il generale Olofernes. Troveremo dunque solo due brevi riferimenti al Vecchio testamento e nessuno al Nuovo rispecchiando il desiderio di Petrarca di usare pit che altro esempi del mondo classico, strategia che il Boccaccio capiva benissimo. Il Boccaccio venne a far visita al Petrarca nel marzo del 1359 ¢ ¢ tra i testi che avrebbe potuto copiare, o almeno leggere, sembra pit che possibile che abbia letto la lettera indirizzata all’imperatrice Anna, tanto che non molto dopo il Boc- caccio comincia a elaborare un testo suo, il De mulieribus claris’. I Boccaccio si servira di tutti gli esempi dell’epistola tranne quello di Matilde di Toscana, a causa delle sue diverse mire politiche, (in questo caso Napoli). E ben possibile che sia il Petrarca sia il Boccaccio abbiano utilizzato gli scarti delle loro ricerche sugli uomini famosi in operette che non consideravano cos} importanti. E altrettanto possibile che i due scrittori avessero gia discusso insieme un ipotetico testo sulle donne nel contesto dell’elaborazione del De casibus virorum illustrium e dei Trionfi. Nell’estate del ’61 il Boccaccio realizzd la prima stesura che comprendeva la © V. BRANCA, Giovanni Boccaccio. Profilo biografico, Sansoni, Firenze 1977, pp. 108-112. 7 G. Boccaccio, De mulieribus claris, a cura di Vittorio Zaccaria Mondadori, Milano 1970, 2* ed., vol. X di Tutte le opere di Giovanni Boccaccio. La costituzione di una nuova figura femminile letteraria 41 maggior parte delle eroine petrarchesche. Comunque, questo testo era molto pit esteso del possibile modello petrarchesco e conteneva |’aggiunta di molte nuove donne, nonché una sistemazione diversa da quella imposta dal Petrarca. Solo in un secondo momento (I’estate del ’62) politicizzd l’opera in modo istituzionale dedicandola ad Andrea Acciaiuoli, il che avra un certo impatto sul contenuto del trattato *. La composizione, dunque, ha due fasi principali ben distinte tra di loro (a prescindere dalle fasi redazionali che vengono dopo e consistono di poche ag- giunte e ritocchi): la prima vede la redazione di 102 capitoli in tre momenti conse- cutivi, ma senza la dedica ad Andrea Acciaiuoli, apparsa solo nella seconda fase. II Boccaccio, ispirato alla lettera petrarchesca e al De viris illustribus, riproduce la propria ‘coppia’ di antologie: il De mulieribus claris e il De casibus virorum illu- strium, che certamente ricordano il lavoro del maestro, dimostrando perd una cer- ta liberta e originalita rispetto all’impostazione petrarchesca. Le biografie femminili del De mulieribus rispecchiano strutturalmente le bic grafie maschili del Petrarca. II parallelismo tra i due generi non pud fare a meno di ricordare ai lettori l’assenza maschile che rimane in margine a questo lavoro sulle donne; il trattato sulla donna é sottoposto a questa griglia sotterranea che assotti- glia l’autonomia del fatto femminile, perché la donna é sempre implicitamente pa- ragonata all’uomo, considerato la fonte di valori e leggi. Le interpretazioni critiche del De mulieribus sono tutt’altro che concordanti fra loro; in particolare, l’autorevole curatore dell’edizione critica dell’opera con- cepisce il De mulieribus come un mero divertimento da letterato erudito. Lo Zac- caria nega che il trattato sia organico, retto da un intento «programmatico»; pensa piuttosto che sia come «un’amabile esposizione di fatti e di una varia rappresenta- zione di figure femminili» (De mulieribus, p. 5). A mio parere, tale interpretazio- ne sottovaluta la potenzialita ideologica dell’ opera letteraria, la sua capacita di creare modelli di comportamento, senza mostrare che I’autore lo sta facendo. E proprio per questo che il Boccaccio punta in molti capitoli su un’immagine parti- colare della donna di cui sta raccontando la storia: immagine visuale, qualche vol- ta pit di una, che ha lo scopo di imprimere nella mente dei lettori un’azione indi- menticabile, funzionando da spot pubblicitario. In questo modo la donna é legata ad un’immagine, fissata dall’arte, immobile nel valore assegnato dallo scrittore al- la sua esistenza. La lezione dello Zaccaria perd non convince tutti. Infatti, Anna Cerbo ha lavorato instancabilmente per rigettare questa tesi, insistendo sul fatto che l’opera non é un puro divertimento letterario ma ha un significato ben pitt se- tio. Per la Cerbo il trattato boccacciano é tutto pervaso da un messaggio cristiano generalizzato per guidare il lettore o la lettrice ad una vita pit cristiana °. Il De ® Per le fasi di composizione si consultino P.G. Ricct, Studi sulle opere latine e volari del Boc- caccio, «Rinascimento», 10 (1959), pp. 3-32; pp. 3-21 V. ZACcARIA, Le fasi redazionali del De mulieri- bus, «Studi su Boccaccio», 1 (1963), pp. 253-332. 9 A. Cerso, I! De mulieribus claris di Giovanni Boccaccio, «Arcadia. Accademia Letteraria ita- liana. Atti e Memorie», Serie 3*, 6 (1974), pp. 51-75. 42 Stephen D. Kolsky mulieribus, secondo questa interpretazione, é «attestazione suggestiva dell’ arcano viaggio che |’autore conduce all’interno della sua spiritualita» (p. 51) e costituisce una «comunione di spiritualita nuova ed antica» (p. 62). La Cerbo ignora comple- tamente il fatto che lo scrittore sta parlando di donne, intenta com’é a enucleare Pallegoria cristiana, e arriva al punto di dichiarare che «sono le donne a imperso- nare e a realizzare il piano del Boccaccio» !°. Un altro approccio é quello della critica americana Constance Jordan " che mette in evidenza l’atteggiamento ironico che assume il Boccaccio davanti ai suoi esempi femminili, i quali sono in conflitto con cid che I’autore scrive nel proemio. Questa interpretazione ha un certo valore specialmente perché porta |’attenzione sulla necessita di sviluppare strategie di lettura per capire i vari strati di questo ti- po di testo. D’altra parte non prende in considerazione fattori del contesto lette- rario e intellettuale, incluse le altre opere boccacciane, col risultato che tende a imporre significati sul testo che sono astorici e inesatti. Io vorrei proporre un altro discorso ancora. Mi sembra infatti che le biogra- fie del De mulieribus funzionino da modelli femminili che dimostrano paradossal- mente i limiti dei campi d’azione disponibili alla donna proprio mettendo in scena donne ‘attive’. L’aggiunta della dedica un momento decisivo per la redazione del De mu- lieribus, perché offre in primo luogo una chiave di lettura unitaria da parte del- T’autore. In secondo luogo, con la dedica ad Andrea Acciaiuoli il Boccaccio entra nelle acque torbide dei suoi rapporti difficili con il fratello di lei, Niccold, uomo di grande potere del Regno di Napoli #. Non é certo la prima né l’ultima volta che uno scrittore fa appello alla moglie o alla sorella di un personaggio importante nella speranza di ottenere qualche vantaggio, in questo caso un bel posto a Napoli presso il fratello. La dedica quindi sovraccarica il testo di un altro strato di possi- bili significati, e cio® l’uso che fa lo scrittore dell’opera strumentalizzando la don- na, quasi sacrificandola al proprio desiderio di miglioramento economico e sociale e di gloria. Non é neanche la prima volta che il Boccaccio si serve della sorella per raggiungere il fratello. Nell’ Amorosa visione la sorella viene accomunata a Niccold in senso negativo: ... con sembianza umile venia colei che nacque di coloro 10 [bidem., p. 68, La studiosa tenta di provare che le donne del testo non sono significative in sé: «L’intento boccacciano, invero, non é stato rivolto all’antropologia femminile, seppure non si pos- sa negare che la donna sia stata la cassa di risonanza di tanti atteggiamenti ¢ sentimenti» (pp. 67-68). La Cerbo, cio’, insiste sul fatto che nell’opera latina la prospettiva cristiana é cosl schiacciante che la donna resta subordinata e l’interesse del testo risiede tutto «nel diagramma della salvezza» (p. 68). 41 C. JorAn, Renaissance Feminism. Literary Texts and Political Models, Cornell U.P., Ithaca and London 1990, pp. 34-40. 2 Si vedano, per esempio, E.G. Léonarn, «Acciaiuoli, Niccold» in Dizionario Biografico degli Kaliani, vol. 1, (Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 1960), pp. 87-90 e C. UcurGtErr DELLA BE- RARDENGA, Gli Acciaioli di Firenze nella luce dei loro tempi (1160-1834), vol. 1, Olschki, Firenze 1962, pp. 203-317. La costituzione di una nuova figura femminile letteraria 43 li qual, tal fiata con materia vile aguzzando I’ingegno al lor lavoro, fer nobile colore ad uopo altrui, moltiplicando con famiglia in oro ?. Non soltanto Andrea non ha una minima personalita sua propria, anzi fa par- te della soggettivita dell’autore, ma la trattazione boccaccesca contiene poli con- traddittori che si cancellano a vicenda e dipendono dallo scrittore. Ugualmente, Tultima biografia della regina Giovanna é una creazione del Boccaccio per allude- re al fatto che Niccold Acciaiuoli controlla lo stato di cui Giovanna @ nominal- mente regina, e quindi lodare lei vuole dire lodare lui. Il fatto di non aver scelta Tei come dedicataria si pud interpretare in parte come segno di consapevolezza su chi detiene il vero potere. Malgrado il Boccaccio si vanti di aver presentato ad Andrea «il dono della dedica di questo libretto», c’ dentro non poco veleno. Il Boccaccio dichiara in- fatti che avrebbe dedicato il libro alla regina Giovanna se non fosse opera troppo modesta. Non si deve dimenticare che la Genealogia deorum gentilium fu dedicata al re di Cipro, indizio del valore che lo scrittore vi attribuiva, esempio del suo im- pegno d’umanista. Vale la pena qui paragonare quest’ opera con |’impostazione diversa di quel- Valtro libro di esempi quasi contemporaneo, il De casibus virorum illustrium, per capire i diversi aspetti d’impegno umanistico che queste due opere incarnano “. L’autore spiega all’inizio della dedica il motivo per cui ha composto il De mulieri- bus claris, mettendo in rilievo la sua natura privata, «amicorum solatium» (p. 18): certo per il Boccaccio non ha uno scopo apertamente politico-istituzionale, mal- grado il numero nutrito di regine che si trovano in queste pagine, e non é stato scritto per portare «gran vantaggio» (p. 19) allo stato °. D’altra parte il proemio del De casibus & esplicito: «Cercavo quale utilita potessi con le fatiche dei miei studi arrecare allo stato» (De casibus, p. 8). Il Boccaccio trova impossibile nei trat- tati latini liberarsi di quelle nozioni medievali che stabilivano i campi d’azione di uomini e di donne. Ecco perché il Boccaccio usa un’espressione cosi tortuosa per tiferirsi alla regina Giovanna: «non tantum feminarum, sed regum gloria» (p. 18), come se il termine rex indicasse che il dovere di governare popoli conviene di na- tura soltanto agli uomini. Dopo questo rarissimo uso della parola chiave «gloria», @ molto difficile trovare il termine impiegato altre volte nel testo. La gloria é il concetto che spinge gli eroi petrarcheschi a compiti sempre piti arditi; essa per- mette loro di essere «illustres», e non semplicemente «clari» per via della loro ri- © G. Boccaccio, Amorosa visione, a cura di Vittore Branca, vol. III di Tutte le opere di Gio- vanni Boccaccio, Mondadori, Milano 1974, pp. 127, 251. 14 G. Boccaccio, De casibus virorum illustrium, a cura di P.G. Ricct e V. Zaccaria, vol. IX di Tutte le opere di Giovanni Boccaccio, Mondadori, Milano 1983. 15 Cfr. A. Cerso, Ideologia e retorica nel Boccaccio latino, Ferraro, Napoli 1984, pp. 212. 44 Stephen D. Kolsky cerca della gloria e della virti. Il Petrarca spiega chiaramente cid che considera lo scopo del De viris illustribus: «Ho promesso, ripeto, di presentare quegli uomini che si chiamano illustri, di cui si ricordano le piti delle azioni come magnifiche e famose» 1°, La tecnica che adopera il Boccaccio, simile a quella petrarchesca, ser- ve soltanto ad aumentare la distanza tra le azioni femminili e quelle maschili. L’e- roe pit caro al Petrarca, Scipione Africano, pensa soltanto in termini di gloria: «pur in mezzo ai pericoli di nulla si ricordasse se non della vera ed eccelsa gloria» (Prose, p. 239), «e la gloria trovo che fu l’unica cosa di cui fosse bramoso» (Prose, p. 245). Il Boccaccio va, se mai, ancora piti lontano nel De casibus. Per giustificare il comportamento di Alcibiade egli si diffonde in lodi eccessive per il suo eroe, at- tingendo a una poesia della gloria, concepita qui come liberazione dai bisogni del corpo verso un mondo spirituale: «per dono di Dio abbiamo in noi un’anima che ha forza ignea e origine celeste e insaziabile desiderio di gloria» (De casibus, p. 259). Per raggiungere la gloria occorre sublimare i bisogni fisici «e [l’animo] tra- scinato dalla fiamma s’incendia di sublimi desideri» (De casibus, p. 259) — il ri- chiamo all’Ulisse dantesco non é casuale, ora il desiderio di quello che é pit oltre non é pid colpevole, tutt’altro. La grandezza dell’uomo consiste nelle azioni glo- riose. Come si pud spiegare il silenzio pressoché assoluto del Boccaccio sulla gloria femminile? Una possibile spiegazione sara nel fatto che, secondo I’ottica boccacciana, la donna e il suo corpo non si possono separare; essa é definita dalla biologia aristo- telica: corpo che partorisce altri corpi, sessualita dalla quale sembra impossibile fuggire. Sotto questa prospettiva @ ovvio che la maggior parte delle donne sia esclusa dalla metafisica dell’anima. I] Boccaccio prese la decisione di non trattare quel numero ristretto di donne sante che possono acquistare «eternam et veram gloriam» (De mulieribus, p. 26), conseguentemente limitando le possibilita delle donne di essere pienamente riconosciute. Peraltro, lo scrittore definisce la sua materia d’umanista rispetto alla materia propriamente religiosa. La lettera dedicatoria @ gia una spia dell’ambivalenza dell’autore verso le donne, perché la lode ad Andrea Acciaiuoli @ in funzione della sua assenza di ca- ratteristiche femminili. Dunque se proprio lei deve costituire un modello da se- guire, pid si avvicina alle qualita positive maschili, pid diventa perfetta. In linea di massima il proemio sembra affascinato dalla donna forte, ricordando I’ atteggia- mento del Petrarca verso Maria puteolana: «alcune di esse compirono imprese va- lorose e forti» (p. 25). E proprio questa tensione tra mollezza/debolezza e fortez- za, pit che altro fisica, che forma il nucleo di molti episodi del De mulieribus. I Boccaccio indaga sulle conseguenze dell’annullamento della differenza sessuale per alcune donne prescelte, generalmente nobili, non perdendo perd il senso della loro femminilita. Queste donne portano un alone di sessualita repressa che viene a galla nel corso della descrizione delle loro imprese. In termini di struttura letteraria il Boccaccio ordina la serie di episodi in ma- 16 F, Perrarca, Prose, cit., p. 223. La costituzione di una nuova figura femminile letteraria 45 niera particolare. In primo luogo é da notare che il Boccaccio non segue la siste- mazione petrarchesca secondo categorie ben specificate di attivita e moralita fem- minili, ma sceglie un’impostazione storica, la particolarita della quale traccia nella Genealogia: «perciocché i poeti non fanno come gli storici, i quali da un certo principio incominciano la loro opra e con una continua e ordinata descrizione del- le cose fatte la conducono fino al fine» ”. E chiaro che con il De mutlieribus il Boc- caccio non ha intenzione di proporre un lavoro apertamente tematico, ma questo non significa affatto che non ci sia un sostrato ideologico. Uno dei motivi é proba- bilmente dato dal fatto che lo scrittore voleva dar prova di sé in un campo che gli avrebbe portato onore, prestigio e fama da parte dei nuovi umanisti, in accordo con il modello petrarchesco del De viribus. Inoltre, la storia biografata delle ‘eroi- ne pagane’, facendo parte della cultura umanistica, pud costituire un complemen- to della storia sacra, ponendosi accanto alle vite delle sante. Ordinandoli storica- mente il Boccaccio poteva insistere, finché le fonti lo permettevano, sulla verita storica dei suoi esempi per contrapporli ad esempi fittizi, in particolare ai racconti decameroniani. Questo, perd, non basta al Boccaccio che deve intervenire con i suoi commenti moralistici per rendere univoca la lettura grazie all’autorevole vo- ce maschile dello scrittore. Il Boccaccio non vuole tagliare il nesso tra racconto storico e commento moralistico, ed instituisce dunque una cornice interna ad un gran numero di singoli capitoli. Tanto gli uomini quanto le donne di quest’opera sono talmente attori della storia fino alla loro caduta che il Boccaccio non pud fa- re a meno di drammatizzarli, di far vedere in un modo molto pitt movimentato il legame quasi fisico che lo ricollega ai suoi personaggi storici. Le donne del De mu- Keribus diventano invece gli oggetti passivi dell’indagine moralistica, voci ricolle- gabili ad un intento enciclopedico. La scelta di cominciare la raccolta con Eva si pud spiegare ricordando che la redazione abbandonata del De viribus aveva Adamo per primo ritratto. Comincia- re con Eva é anche indicativo dell’atteggiamento del Boccaccio verso il suo mate- tiale. Come lui stesso dice nel proemio, Eva @ una scelta eccezionale data la deci- sione di non trattare le figure femminili di storia sacra. Com’é ben noto Eva non @ soltanto una figura biblica, ma si carica nella tradizione medioevale di elementi misogini: lei pit di qualsiasi altra donna segnala l’inizio di tutti i mali che affliggo- no l’uomo ed é fonte inesauribile di antifemminismo. Perd il Boccaccio non s’in- teressa tanto ai temi usualmente associati a questa donna-archetipo, anche se, co- me al solito, Eva che fa il primo passo verso il peccato («e prima di tutto trasse con lusinghe I’uomo disposto alla sua volonta»: p. 31; dopo la ‘seduzione’, infatti, il peccato appartiene a tutti e due («violarono la legge insieme»: p. 31). Il Boccac- cio introduce un tema, la bellezza di Eva, che funge da spia di una delle preoccu- pazioni del De mulieribus: «Inoltre possiamo ritenere che ella fosse bellissima di corpo» (p. 31). Questa digressione da il tono al libro perché insiste sulla bellezza 17 Dalla «Genealogia deorum gentilium» in G. Boccaccto, Opere in versi ecc., a cura di P.G. Riccr, Ricciardi, Milano-Napoli 1965, p. 995. 46 Stephen D. Kolsky fisica come sulla categoria che si usa pit frequentemente per definire la femminili- ta. Sarebbe difficile non cogliere |’accento ironico dell’autore a questo punto. II Boccaccio scrive che se le donne stesse hanno una alta concezione della bellezza femminile, lui, da parte sua, non fara che seguire quest’ opionione: «non paia ec- cessivo che anch’io l’abbia posta, e la ponga nei capitoli successivi, come singolare splendore, tra le ragioni della loro celebrita» (p. 31). Non si deve dimenticare che il Boccaccio aveva espresso nel proemio un giudizio generale sulla donna: «quasi tutte per natura molli e deboli nel corpo e tarde nell’ingegno» (p. 25). Infatti Eva poteva anche essere «bellissima», perd il Boccaccio la giudica «stolta» (p. 31). La seconda biografia, di Semiramide, rappresenta le conseguenze della bel- lezza femminile in quanto la regina é caratterizzata dalla sua libidine. Non sara fuori luogo suggerire che gli aspetti negativi della donna del De mulieribus hanno la loro origine in queste due biografie. La seconda di queste viene poi nettamente divisa in due parti ben distinte, le quali corrispondono alle due facce della perso- nalita femminile boccacciana. Lo scrittore descrive in modo abbastanza dettaglia- to come Semiramide assunse il potere. Il racconto & esemplare, pieno com’é dei luoghi comuni della misoginia medievale. La femmina non sa fare altro che ingan- nare, la sua intelligenza é ridotta alla «femminile astuzia» (p. 33), termine ripetu- to pid di una volta nel corso del capitolo. Simile alle novelle del Decameron, la sto- ria di Semiramide deriva da un grande inganno, basato sul sesso. La verita che ne scaturisce non pretende di essere universale, ma determina un giudizio moralisti- co sulla donna. Semiramide riesce a prendere le redini del potere solo per merito del suo corpo, arbitro finale del suo destino. Ella assomigliava molto al suo picco- lo figlio, erede dell’impero assiro: «entrambi avevano imberbi le guance» (p. 33), segno che accomuna la bellezza e |’immaturita politica. Con vari mezzi Semirami- de fa credere a tutti che lei stessa é il figlio, perché solo in questo modo potra ga- rantire a lui l’investitura del regno. Non che lei fallisca in quanto regina, perché sotto il suo comando aumenta |’impero per forza di armi. Infatti al lettore viene ricordato che: «Costei, dopo essersi cosi distintamente trasmutata nelle sembianze, prese le armi con virile audacia» (p. 35). Poi viene l’episodio della pettinatura in- terrotta, raccontato nella lettera del Petrarca, che riproduce I’energia della regina tramite una catena di verbi d’azione. Durante tutto questo periodo lei rimane tra- vestita, avendo assunto la forma mentis che richiede la funzione di principe, repri- mendo il suo istinto di donna e sfruttando il suo caso eccezionale d’androginia, «mentita sexum» (p. 32). L’inganno, perd, non pud durare, ed & Semiramide a ri- velare il suo segreto quando si sente al culmine del suo potere. Ma da qui inizia la caduta, provocata dalla mancanza di controllo sulla sua sessualita: «Ardendo, in- felice, come le altre, per il continuo stimolo della libidine, si uni con molti uomini, come é tradizione» (p. 37). Anche il figlio di Semiramide perde la sua identita di maschio: «come se avesse mutato il sesso colla madre, languiva ozioso nei talami» (p. 37). Il Boccaccio percepisce come gravissimo pericolo la possibile fluidita del- Lidentita sessuale, l’intercambiabilita della quale pud provocare il rovesciamento dell’ordine sociale. La costituzione di una nuova figura femminile letteraria 47 Le azioni di Semiramide ricordano che il sesso si pud nascondere ma non cambiare, secondo una strategia narrativa che istituisce la mascolinita come ideale della societa, da cui le donne sono finalmente escluse. E da notare inoltre che !’attivita politica della regina comincia con la sua ve- dovanza, il che non é un caso isolato nel De mulieribus. Senza l’uomo il Boccaccio ticonosce che la donna é liberata in certi casi e sotto certe condizioni fino al punto di prendere il controllo non soltanto della sua vita ma anche della vita altrui. Per questo la vedova é una figura cos) ambigua nelle opere del Boccaccio. La vedovan- za viene riconosciuta come momento in cui la donna pud assumere il ruolo ma- schile, sia economico sia sociale, e quindi pud rappresentare un momento pericolo- so per l’ordine sociale e morale; insomma, per il potere maschile. Nel caso di Se- miramide questo pericolo si vede anche nel figlio Ninia, il quale, come abbiamo gia visto, é un «giovane di straordinaria bellezza» (p. 37), non pid un uomo. Egli ammazza la madre non tanto per il senso moralistico del peccato, ma piuttosto perché la sua dignita di uomo é stata offesa; elimina cioé la minaccia al potere ma- schile e la confusione di ruoli e norme stabilite dal discorso testuale del De mulie- ribus. La fine della storia é caratterizzata dall’incertezza sulla verita storica, elen- cando le diverse versioni in modo da trasformare la storia in un racconto con pit di una possibile fine. Cosi facendo il Boccaccio poteva enfatizzare il motivo della sessualita sfrenata della regina e intorbidire i moventi del figlio, completando la loro condanna secondo un’ottica cristiana insita nel testo. La storia di Semiramide non é ’unica che celebri le donne marziali che in un modo o nell’altro si sono impossessate di un regno. Forse l’esempio pit noto é quello delle regine amazzoni, raccontato nel De mulieribus in tre blocchi diversi (XI-XII, XIX-XX, XXXII). Le prime due, Marpesia e Lampedone, «rimaste ve- dove» (p. 63) in seguito all’uccisione dei loro mariti, sono prese d’un solo senti- mento, quello della vendetta che equivale a un voto di castita. Fin qui si intravede il fascino che subisce il Boccaccio da parte di quelle donne «barbare», prima del- epoca romana, in quanto pid ‘integre’, in quanto hanno un’innocenza intoccabi- le e assumono cariche pit o meno negate a donne di epoche pit vicine. Ci sembra esserci anche un’attrazione per la violenza, quasi un erotismo degli atti violenti che particolarmente si confanno a quei tempi. Le Amazzoni forniscono all’autore Toccasione di mostrare in atto un regno governato dalle donne, fondato perd su una catena di violenze: prima devono ammazzare quei mariti superstiti, poi i figli che nascono loro, e infine fanno violenza al corpo delle figlie, simbolicamente di- struggendo la mammella destra per rendere pit agevole |’uso dell’arco. Le Amaz- zoni portano all’estremo |’idea dell’alterita, della stranezza, per rinforzare il con- cetto che la societa cristiana offre un modo di vita pid accettabile e pil consono alla moralita medievale. Implicito in tutti i racconti di amazzoni é il concetto di «uso»; le figlie non fanno pit i cosiddetti lavori femminili: «indurivano le fanciulle, rendendole pid mature alla fatica ed atte agli sforzi virili» (p. 65). Il racconto di Pentesilea offre al Boccaccio l’occasione di discorrere sulle finalita del concetto dell’uso: «l’uso si 48 Stephen D. Kolsky muta in una seconda natura» (p. 137). In altri termini, certi punti fissi naturali che determinano il comportamento femminile possono mutarsi secondo la situa- zione sociale, uomini diventano donne in senso negativo per via dell’ ociositas et voluptas e donne diventano uomini in senso ambiguo. II Boccaccio sembra rispec- chiarsi nell’ammirazione che sente Ettore vedendo combattere Pentesilea contro i Greci. Dopo la fondazione del regno delle Amazzoni si percepisce un tentativo di normalizzazione in cui gli uomini riacquistano la loro virilita e le donne conse- guentemente vengono ridimensionate. Con Orizia cominciano le sconfitte delle Amazzoni (per una rara volta il Boccaccio scrive a proposito di questa regina che era una «gloria altissima» aver I’occasione di scontrarsi con Ercole da cui viene inevitabilmente sconfitta). Quest’ episodio si deve leggere insieme a quello di Iole che segue da vicino (cap. XXIII) in cui «Ercole domatore del mondo» (p. 101) & superato da una donna che si serve delle armi pid tradizionalmente femminili. Dopo I’uccisione del padre di lei da parte di Ercole, Iole intende vendicarsi a qualsiasi costo e per questo motivo «nascose con mirabile e costante astuzia, sotto un falso amore, il suo vero proposito» (ébid.). Per attuarlo adotta «le carezze» e «una certa lasciva, ricercata procacit&» (ibid.). Iole riesce a minare l’immagine del- l'uomo forte che viene schiacciato dalla «femminile astuzia»: «Ercole, ormai ab- bandonato alle mollezze, a raccontare, seduto tra le donnette, le storielle delle sue fatiche, e a filar la lana con la conocchia, dopo aver da lei ricevuto il pennecchio» (bid.). Queste righe tradiscono la paura maschile della castrazione nel medioevo, il timore di perdere un’identita maschile; é una ripetizione all’infinito di Eva che seduce Adamo, provocandone la caduta, qui tutta colpa dell’amore come forza fi- sica che rovescia totalmente le etichette sessuali, creando nell’immaginario la pau- ra di una perdita del potere e della dignita mascolina. L’episodio di Pentesilea «virgo» (p. 134) & altrettanto istruttivo. Per la prima volta una regina delle Amazzoni si innamora di un uomo (do amd appassionata- mente, pur non avendolo mai visto»: p. 137). Quest’amore la costringe a rinnega- re i valori della sua societa perché vuole da lui «un figlio illustre [inclite prolis] che potesse succederle al trono» (ibid.), fatto non commentato dal testo perché rientra nella normalita. Paradossalmente & questa spinta da parte della regina verso una societa diversa e che diventera simile agli altri stati che la conduce alla morte. Lei subordina i principi del dominio alla forza d’amore «nel desiderio di piacere ad Ettore, pit per la forza delle armi che per la sua bellezza» (ibid.). Non importa tanto che i mezzi cambino, «armi» invece di «bellezza»: l’amore disturba le strut- ture di qualsiasi societa, @ il nemico che sta dentro, dando troppo peso al corpo, & la natura incontrollata che é in grado di smantellare le difese pit rigide. La casti- ta, valore altissimo per il Boccaccio maturo, non riguarda soltanto le donne, an- che se esse devono darle un posto privilegiato. Anche gli uomini per mantenere il potere devono seguire quel modello di auto-controllo. E da ricordare che il capito- lo su Marpesia é seguito direttamente dal racconto di Tisbe (cap. XIII), storia d’a- more, fraintendimento tragico, basato su valori assai diversi da quelli delle Amaz- zoni. E vero che questa passione («l’incendio d’amore divampd»: p. 67) fa provo- La costituzione di una nuova figura femminile letteraria 49 care la morte dei due innamorati. L’autore perd presenta una spiegazione che sembra essere in conflitto con quella offerta dal capitolo in cui Ercole viene umi- liato da Iole: «La passione dei sensi @ per se stessa smodata ed é malanno e quasi peste comune a tutti i giovani. Ma bisogna proprio in essi saperla tollerare con pa- zienza» (p. 71). Entriamo con questo discorso nel cuore del De mulieribus. I rife- rimento ai giovani si pud leggere anche come autoriferimento, particolarmente in questo racconto decisamente decameroniano, alla sua scrittura giovanile. Non mi risulta casuale il riferimento al «pestis» o al «flagitium» (p. 70), assunti qui come simboli di disordine e immaturita, secondo un’ottica prowvidenziale e umanistica. Gli esempi di donne combattive e divenute regine di stati proseguono: Ca- milla vergine, Tamiri, Artemisia, ecc. Ma la scelta degli episodi & calibrata in modo tale da assicurare che la donna di tradizione cristiana non perda posizione. Si pud notare il numero abbastanza elevato di mogli fedeli al marito che riempiono le pagine del De mulieribus: Iper- mestra, Argia, le spose dei Menii, Penelope, Lavinia, Didone, Gaia Cirilla, Lucre- zia, la moglie di Orgiagonte, Terza Emilia, Ipsicratea, le spose dei Cimbri, Giulia moglie di Pompeo, Porzia moglie di Bruto, Curia moglie di Quinto Lucrezio, Vir- ginia moglie di Lucio Volunnio, Sulpicia moglie di Truscellione, Antonia, Pom- pea, Paolina moglie di Seneca, Triaria. Per bilanciare questi nomi positivi trovia- mo le spose cattive che tradiscono I’ideale del matrimonio: Medea («crudelissimo esempio di antica perfidia»: p. 85), Iole, Procri, Clitennestra, Elena, Marianna, Sabina Poppea, Faustina Augusta. Rispetto al primo gruppo @ un numero ridotto di donne e solo alcune di queste non hanno caratteristiche positive di nessun tipo. La varieta del primo gruppo in cui perd prevale la nozione eroica della fedelta fino alla morte, tende a dar risalto ad un certo tipo di donna che si sacrifica per il mari- to anche se ormai defunto. Sono questi esempi di eroismo coniugale, in cui la don- na trova la sua identita attraverso il legame con il marito che impartisce una certa grandezza alle loro azioni, che il Boccaccio fornisce ai lettori come modelli eroici e che poi col tempo diventeranno immagini stereotipate. E chiaro che per il Boc- caccio maturo il matrimonio ha un valore positivo che vuole comunicare ai lettori, implicitamente contrastando la situazione del Decameron dove !’amore illecito @ una delle fonti pit sicure dello scherzo narrativo. Infatti, l’adulterio costituisce probabilmente la trama favorita del Boccaccio nel Decameron. Le donne maritate del De mulieribus, d’altra parte, vengono giudicate in modo meno complesso, se- condo i criteri dell’exemplum, buono o cattivo almeno sulla superficie; la vitalita femminile si esprime attraverso atti di coraggio che non sfidano la struttura socia- Te, anzi le danno uno slancio ideale, rinnovando in senso positivo le istituzioni che possono sembrare troppo rigide, inflessibili o repressive. Non é solo tramite il matrimonio che il Boccaccio inserisce la donna nel con- testo sociale per garantire il suo ordine. Un altro gruppo é quello delle madri, ca- ratterizzate in genere da un tratto solo, l’amore per i figli, che pud perd a volte es- sere considerato ‘estremo’. In questo gruppo troviamo Niobe, Giocasta, Ecuba, Rea Ilia, Veturia, Olimpiade, Teossena, Beronice, Agrippina madre di Nerone, 50 Stephen D. Kolsky Semiamira. Nel caso estremo di Niobe, |’arroganza si sostituisce all’amore. Quin- di, il suo caso diventa lo spunto di una lezione morale generale sulla superbia che ri- guarda anche gli uomini perché il capitolo (e non é una prassi eccezionale nel De mulieribus) si trova come luogo esemplare di discorsi che si intersecano e si fertiliz- zano vicendevolmente e, a volte, si contraddicono. L’eccessiva maternita di Niobe viene considerata «motivo di rovina» (p. 79), facendo dire cosi al Boccaccio che «il generare numerosa prole non é opera della virti: di chi la partorisce, ma della natu- ra che verso la madre volge la benevolenza del cielo» (p. 81). Se molte di queste ma- dri incontrano una triste fine, forse ¢ anche perché sono contaminate dalla visione del mondo del De casibus: gli episodi dimostrano la forza del sentimento materno e il suo significato sociale. Giocasta, colpevole d’incesto, atto che distrugge !’ordine sociale, percepita come una mater dolorosa: i figli combattono tra di loro «con grande angoscia di Giocasta» (p. 109) e l’attaccamento ai figli sembra sentimento pit forte di tutti. Cosi é nella maggior parte degli episodi. In due casi la donna assu- me un ruolo pitt modesto in quanto progenitrice di figli famosi, il che in un certo senso riscatta qualunque ‘difetto’ di vita, come nel capitolo di Rea Ilea (XLV), se- polta viva per aver infranto la regola di castita assoluta, ma nota come madre di Re- mo e Romolo. Inoltre, se includiamo quelle poche donne del De mulieribus che hanno dimostrato una pieta sovrumana verso i genitori (Isifile: XVI) ¢ la «romana iuvencula»: LXV) é possibile costruire un modello generale, anche se non comple- tamente coerente, in cui la donna viene sovente subordinata al ben essere del tes- suto sociale. Boccaccio riesce a dipingere donne forti dei loro sentimenti verso gli uomini; il loro sacrificio e la loro rovina ribadisce la nobilta femminile del loro atto. Lo scrittore mette in atto uno schema per il quale tenta di definire paradigmatica- mente |’area delle azioni femminili, quasi tutte in rapporto alla loro sessualita o ai legami con gli uomini. E importante anche tener presente che le vergini, una pre- senza molto nutrita nel De mulieribus, regolano i principi della vita sessuale in quanto la verginita, e la sua versione per le donne maritate, la pudicizia, é il concet- to in base al quale il Boccaccio giudica tutte le donne quasi senza eccezione. Infatti quasi tutte le donne agiscono per difendere la verginita o la pudicizia, facendo no- tare la loro adesione al sistema familiare che definisce il loro ruolo. Diverso é il trattamento riservato alle donne intellettuali, quelle che il Boc- caccio ricorda per il loro contributo alla vita artistica, letteraria e culturale. L’auto- re include sotto questa rubrica le dee pagane, Minerva e Iside. L’importanza della prima viene ridimensionata per dimostrare la falsita della religione pagana, con una strategia che serve pit a mettere in dubbio le capacita intellettuali delle donne. Le sibille, come ci si aspetta, vengono trattate con molta pid simpatia per il loro ruolo nel mantenimento della repubblica romana e¢ per le loro profezie sul cristia- nesimo. L’arte, & sottinteso, da vita, qualche volta vita eterna; essa ¢ quasi una religio- ne in se stessa, alla quale poche donne possono accedere "8, Prendiamo come esem- 18 Cf. A. Cerso, Ideologiae retorica cit., p. 189. La costituzione di una nuova figura femminile letteraria 51 "pio le pittrici greche ricordate dal Boccaccio. Tamari (LVI) «fu pittrice al suo tem- po famosa» (p. 227), ma nessun esempio della sua arte sopravvive, solo il nome. E "questa la grande ironia: la pittura stessa ¢ andata perduta, ma attraverso la scrit- tura si pud ricuperarla, almeno fino a un certo punto, Il silenzio del Boccaccio sul- la vita personale della pictrix colpisce tanto di pid se si ricorda che questo tratta- mento é diverso da quello riservato alla maggior parte delle donne biografate nel De mulieribus. L’arte ha la possibilita di liberare le donne dai legami restrittivi so- ciali aprendo loro lo spazio estetico. La frase ripetuta con qualche variante in mol- ti di questi racconti di donne artisti: «avendo disprezzati i lavori femminili» (p. 227), insieme al messaggio autorevole che chiude il capitolo: «{lei ¢] anche di tan- to maggior lode, se delle altre donne consideriamo i fusi 0 i cesti da lavoro» (p. 229), non si riferisce tanto all’ ethos d’eccezionalita cosi prevalente nel testo, ma alla scoperta di valori estetici assoluti che hanno la capacita di trasmutare la don- na in artista. Concludendo il capitolo su Irene (LIX), Boccaccio fa il punto su donne e arte: «l’arte della pittura é per lo pitt estranea alle donne e non pud essere eseguita senza grande acutezza di quell’ingegno che per solito, in esse & alquanto tardo» (p. 245). Il Boccaccio non tralascia neanche le donne scrittrici (Cornificia, Proba, Saf- fo, Leonzio, Sempronia romana). E da notare che alle scrittrici il Boccaccio resti- tuisce la loro sessualita, forse perché ha pit informazioni e vuole concentrare l’at- tenzione sull’unica scrittrice cristiana che tratta. II capitolo su Leonzio (LX) de- genera in una declamazione contro di lei per il fatto che ha permesso che l’istinto sessuale contaminasse la sua arte: «Eppure bisogna davvero dolersi che un inge- gno tanto famoso, concesso per sacro dono del cielo, si sia potuto sottoporre a me- stiere cosi sozzo» (p. 247). In un altro caso, Saffo (KLVID), poiché sublima il cor- po con la poesia (l’innamoramento é infelice), riceve un’orazione classicheggiante da parte dell’autore: «volle ascendere con vigile studio e con fortunato ardimento lo scosceso vertice di Parnaso» (p. 193). Proba, com’é stato gia notato dalla Cer- bo ”, rappresenta la poetessa ideale che con pieno diritto amalgama cultura classi- ca ecristiana. Pur non strettamente componendo versi suoi «ella riusci ad ottene- re fama eterna» (p. 397). Il Boccaccio continua: «Vedrebbero [le altre donne] allo- ra senza dubbio quanta differenza corra tra il cercar fama con opere egregie, € seppellire il proprio nome, insieme col corpo, ¢ morire, come se mai fossero vera- mente vissute» (p. 397). Quest’ ultima frase potrebbe essere l’epitaffio dell’intero libro. Il Boccaccio sta cercando quegli elementi, particolarmente adatti alla situa- zione femminile, che possano salvare la donna dal proprio corpo. Generalmente sconfitta dall’instinto, la donna del De mulieribus pud essere facilmente abbattuta dalla propria energia sessuale. L’erotismo non é di facile eliminazione, é una pre- senza che il Boccaccio vuole cancellare, reprimere e sublimare se possibile, ma che viene alla superficie (si ricordino le narrazioni di Tisbe e di Paolina), anche in for- 19 A. Cerso, «ll De mulieribus» cit., pp. 63, 65 ¢ Ideologia e retorica cit., pp. 72-73. 52 Stephen D. Kolsky ma di violenza sessuale ”°. Il testo cerca di controllare Ja sessualita femminile tra- mite la verginita e la pudicizia, incanalandola in spazi sociali non pit sospetti. La maggior parte delle donne del trattato sono coinvolte in una serie di rapporti sub- alterni, rare sono quelle che si trovano libere da tali legami. I nomi stessi di queste donne sono destinati a ricordare al lettore il loro atto eccezionale che é l’ultimo gtado di quel tipo di comportamento che il testo richiede alle lettrici. L’azione compiuta, insieme al nome, deve indirizzare la donna a una vita pit morale. Mi sembra giusto concludere ricordando brevemente il rifacimento latino petrarchesco dell’ultima novella del Decameron. Non si tratta soltanto di un eser- cizio linguistico-stilistico. Il Petrarca scrive al Boccaccio che ha sfogliato il Deca- meron, elencando nell’epistola vari motivi di insoddisfazione. Uno di essi é il trat- tamento di certi temi ‘lascivi’ 7". In questo senso il Petrarca critica implicitamente il libro perché non é di argomento umanistico, troppo leggero insomma e non di- retto apertamente al mondo intellettuale maschile che il Petrarca si era creato in- torno. Il poeta é colpito favorevolmente dall’ultimo racconto di Griselda «che mi sembrd diversa molto da tutte le altre» (Senili, pp. 542-43). Gli venne l’idea di tradurlo in latino perché potesse circolare come testo d’ispirazione umanistica staccato dal corpus decameroniano, facendone un lavoro unito al De mulieribus. E un modo di recuperare la riputazione del Boccaccio, facendolo aderire a un mo- dello eccezionalmente virtuoso di moglie che obbedisce in tutto al marito. Le re- visioni del Petrarca in questo senso normalizzano il messaggio, togliendo qualsiasi ambiguita e difficolta che potesse impedire una lettura moralistica del testo. Il Pe- trarca faceva del suo meglio per assicurare che una delle ultime immagini del Boc- caccio, Griselda latinizzata, confacesse al messaggio umanistico-morale del De mutlieribus claris. Ma non era cosi facile cancellare il capolavoro né eliminare am- biguita dal trattato: questo sara il compito di quelli che a loro volta riscriveranno il De mulieribus. Stephen D. Kolsky 20 Si veda F. Brunt, Boccaccio. L’invenzione della letteratura mezzana, 11 Mulino, Bologna 1990, pp. 461-65; in particolare, p. 462, n. 77. 21 Lettere senili di Francesco Petrarca, volgarizzate e dichiarate con note da G. FRacassermt, 2 voll., Le Monnier, Firenze 1870, vol. Il, p. 542 (XVII, 3]. Su quest’epistola si vedano i commenti di G. OLson, Petrarch’s view of the Decameron, «MLN», 91 (1976), pp. 69-79.

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