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HEGEL
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HEGEL
VIDA Y OBRAS
Born in 1770 in Stuttgart, Hegel spent the years 1788–1793 as a student in nearby
Tübingen, studying first philosophy, and then theology, and forming friendships with
fellow students, the future great romantic poet Friedrich Hölderlin (1770–1843) and
Friedrich von Schelling (1775–1854), who, like Hegel, would become one of the
major figures of the German philosophical scene in the first half of the nineteenth
century. These friendships clearly had a major influence on Hegel’s philosophical
development, and for a while the intellectual lives of the three were closely
intertwined.
After graduation Hegel worked as a tutor for families in Bern and then Frankfurt, where
he was reunited with Hölderlin. Until around 1800, Hegel devoted himself to
developing his ideas on religious and social themes, and seemed to have envisaged a
future for himself as a type of modernising and reforming educator, in the image of
figures of the German Enlightenment such as Lessing and Schiller. Around the turn of
the century, however, under the influence of Hölderlin and Schelling, his interests
turned more to issues arising from the critical philosophy initiated by Immanuel
Kant (1724–1804) and developed by J.G. Fichte (1762–1814). In the 1790s the
University of Jena had become a center for the development of critical philosophy due
to the presence of K.L. Reinhold (1757–1823) and then Fichte, who taught there from
1794 until his dismissal on the grounds of atheism at the end of the decade. By that
time, Schelling, who had first been attracted to Jena by the presence of Fichte, had
become an established figure at the university. In 1801 Hegel moved to Jena to join
Schelling, and in same year published his first philosophical work, The Difference
between Fichte’s and Schelling’s System of Philosophy, in which he argued that
Schelling had succeeded where Fichte had failed in the project of systematizing and
thereby completing Kant’s transcendental idealism. In 1802 and 1803 Hegel and
Schelling worked closely together, editing the Critical Journal of Philosophy, and on the
basis of this association Hegel came to be dogged for many years by the reputation of
being a “mere” follower of Schelling (who was five years his junior).
By late 1806 Hegel had completed his first major work, the Phenomenology of Spirit
(published 1807), which showed a divergence from his earlier, seemingly more
Schellingian, approach. Schelling, who had left Jena in 1803, interpreted a barbed
criticism in the Phenomenology’s preface as aimed at him, and their friendship abruptly
ended. The occupation of Jena by Napoleon’s troops as Hegel was completing the
manuscript restricted the activities of the university and Hegel departed. Now without a
university appointment he worked for a short time, apparently very successfully, as an
editor of a newspaper in Bamberg, and then from 1808–1815 as the headmaster and
philosophy teacher at a gymnasium (high school) in Nuremberg. During his time at
Nuremberg he married and started a family, and wrote and published his Science of
Logic. In 1816 he managed to return to his university career by being appointed to a
chair in philosophy at the University of Heidelberg, but shortly after, in 1818, he was
offered and took up the chair of philosophy at the University of Berlin, the most
prestigious position in the German philosophical world. In 1817, while in Heidelberg he
published the Encyclopaedia of the Philosophical Sciences, a systematic work in which
an abbreviated version of the earlier Science of Logic (the Encyclopaedia Logic or
Lesser Logic) was followed by the application of its principles to the philosophy of
nature and the philosophy of spirit. In 1821 in Berlin Hegel published his major work in
political philosophy, Elements of the Philosophy of Right, based on lectures given at
Heidelberg but ultimately grounded in the section of the Encyclopaedia Philosophy of
Spirit dealing with objective spirit. During the following ten years up to his death in
1831 Hegel enjoyed celebrity at Berlin, and published subsequent versions of the
Encyclopaedia. After his death versions of his lectures on philosophy of history,
philosophy of religion, aesthetics, and the history of philosophy were published.
JOVEN HEGEL
6) Il sapere assoluto
È lo stadio finale dello sviluppo della coscienza, nel quale sono conservati e superati
tutti gli stadi precedenti, in cui “lo spirito si sa come spirito”. È raggiunta qui
quell’identità di soggetto e oggetto che rappresenterà il punto di partenza dellaScienza
della logica.
Analitica e dialettica
in questa prospettiva, laFenomenologia rappresenta una sfida al divieto kantiano di
abbandonare il solido terreno dell’esperienza, l’analitica in senso aristotelico (il dominio
della verità, della scienza e della certezza), per avventurarsi nell’oceano della dialettica
(il regno dell’apparenza, dei fenomeni e dell’incertezza), dove si è inevitabilmente
destinati al naufragio.
Quello che Hegel scopre è che c’è verità anche nell’apparenza (nei fenomeni) e che,
dunque, non esiste, in linea di principio, alcun conflitto tra apparenza e verità, tra
dialettica e analitica: egli, anzi, cambia completamente il senso e il valore dei due
termini, trasformando l’analitica in una verità frammentata e separante tipica
dell’intelletto, e la dialettica in un processo dinamico e dissolutore dei concetti isolati
tramite la ragione, in uno sviluppo mediante contraddizioni.
Rapporto signoria-servitù
Ciò che Hegel fa è ripercorrere la storia già trascorsa riorientandone il senso: egli
strappa dal loro contesto le singole categorie, o figure, della tradizione filosofica e le
inserisce in un nuovo orizzonte. Un esempio in questo senso è il celebre rapporto
signoria-servitù, dove la posta in gioco è la conquista dell’autocoscienza nel processo di
riconoscimento.
Nel rapporto tra signore e servo, in un primo momento solo il padrone è da
considerarsi libero; egli gode del frutto del lavoro del servo, diventandone però, in
questo modo, a sua volta dipendente, cosicché sarà proprio il servo, e non più il signore,
che, grazie al proprio lavoro, sarà più libero e indipendente. “La verità della coscienza
indipendente – scrive Hegel – è di conseguenza la coscienza servile”. Nel momento in
cui ci si riflette nella coscienza dell’altro si smette dunque di essere dipendenti, e la
servitù si emancipa dalla sua signoria.
La trattazione fenomenologica hegeliana si sviluppa, certo, sul piano “astratto”
dell’autocoscienza, ma ciò non impedisce che Hegel abbia in mente casi storici e
posizioni teoriche che, appartenendo a situazioni che si sono dissolte, hanno lasciato
delle tracce nella formazione dell’autocoscienza. E se non è indifferente che nella storia
tale stadio di servitù sia stato attraversato o meno, soltanto alcuni popoli – come gli
europei moderni e, in particolare, “i popoli germanici” – sono riusciti di fatto a
raggiungere una condizione in cui “tutti sono liberi”.
Il pensiero e la realtà
Secondo Hegel, la realtà è per sua natura conforme al pensiero. Ciò non significa
attribuire coscienza alle cose, ma considerarle come orientate al pensiero, costituite da
“determinazioni di pensiero”.
Le cose hanno in sé una struttura razionale che il pensiero esplicita, trasformandone
la singolarità in universalità attraverso i concetti. Resta però da spiegare come l’oggetto
si traduca nel soggetto e come il soggetto penetri nell’oggetto e ne decifri l’elemento di
universalità. A tale questione, dice Hegel, in un’epoca che ha proclamato la distanza
incolmabile fra soggetto e oggetto e l’inconoscibilità della “cosa in sé”, sanno
rispondere meglio gli animali dei filosofi: “nemmeno le bestie sono stupide come questi
metafisici, poiché si dirigono sulle cose, le afferrano e le consumano”. In questa “più
bassa scuola della saggezza” tutti gli esseri animati mostrano quale sia la “verità” delle
cose singole e la loro presunta autonomia e intangibilità di fronte al soggetto.
Tralasciando gli aspetti più propriamente tecnici e sistematici, è sufficiente osservare
che le “determinazioni di pensiero” esistono nella cosa allo stesso modo in cui nel seme
di una pianta sono contenute implicitamente radici, rami, foglie; non sono cioè presenti
in forma miniaturizzata, secondo le teorie biologiche preformiste, bensì come
“progetto”. Nella Scienza della logica Hegel sviluppa un’equiparazione tra il processo
di assimilazione e digestione da una parte e il pensiero dall’altra: a partire dai primi anni
di Jena il suo interesse per la fisiologia e per i processi della digestione è infatti
fortissimo; Hegel frequenta lezioni di fisiologia, progetta la traduzione tedesca
dei Nouvi elementi di fisiologia di Anthelme Richerand – un giovane allievo del
fisiologo francese Marie François Xavier Bichat (1771-1802) a cui si devono importanti
scoperte nel campo della fisiologia e dell’anatomia –, ma la sua fonte principale sono
gli Opuscoli di fisica animale e vegetabile di Lazzaro Spallanzani. Quel che Hegel crede
di aver appreso da lui e dalla moderna fisiologia dei processi digestivi è che l’organismo
assorbe immediatamente, in quanto potenza universale, il cibo ingoiato, ne “nega” la
natura “relativamente” inorganica e lo pone come identico a sé, lo assimila.
Le leggi dell’astronomia e della fisiologia non sono scritte sui corpi celesti o sugli
organi, ma trovano la loro espressione concettuale nella mente umana. Il pensiero è
diventato per l’uomo più che una seconda natura: si pensa come si digerisce, con lo
stesso automatismo inconscio, con la stessa istintività. Per questo,
sostiene Hegel nella Scienza della logica, è assurdo affermare che lo studio della logica
serva a imparare a pensare: “è proprio come se si dovesse imparare a digerire o a
muoversi solo con lo studio dell’anatomia e della fisiologia”.
Il metodo dialettico
In quest’opera, di non facile comprensione e dalla struttura molto articolata, Hegel
analizza la successione delle categorie logiche secondo un metodo – cosiddetto
“dialettico” – che viene solitamente identificato, in maniera impropria, con lo schema
scandito nei tre momenti di “tesi”, “antitesi”, “sintesi”: termini di cui Hegelnon si è mai
in realtà servito.
La Aufhebung
Il concetto chiave di questo metodo è laAufhebung, “superamento” degli opposti nel
senso del verbo latino tollere: si pensi in particolare all’espressione Ecce agnus Dei qui
tollit peccata mundi (“ecco l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo”), che
“toglie” i peccati nel senso che ne toglie il peso, senza, però, dimenticarne la causa e la
responsabilità. La Aufhebung è una negazione che nello stesso tempo conserva ciò che
ha tolto, mantenendo la sua base di verità. Si tratta insomma di una “negazione
determinata”.