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La ninfa Calipso

Nel V libro dell’Odissea ai versi 43-75, 192-227 si parla della ninfa Calipso.
Colui che giunge sull’isola di Ogigia per convincere Calipso a lasciare partire Odisseo è il dio
Hermes, il messaggero degli dei.
Il locus amoenus è esposto dal verso 2 al verso 12. Gli elementi che lo caratterizzano
principalmente sono: la grande spelonca dentro la quale arde un grande focolare, la selva
fiorente, i nidi degli uccelli, le sorgenti zampillanti d’acqua e, infine, i morbidi prati.
Riferito a calipso l’ordine di Zeus ella fece imbandire un sontuoso banchetto, a Odisseo le
ancelle servirono cibi di cui si cibano i mortali; mentre alla dea servirono ambrosia e nettare. Ciò
sta a sottolineare la differenza tra mortali e dei.
Concluso il banchetto la dea fa un augurio a Odisseo: gli dice che a lei farebbe piacere
solamente che lui sia felice.
Nonostante l’augurio la dea prefigura a Odisseo l’immortalità e una moglie più avvenente.
Calipso paragona se Penelope, per cercare di far cambiare idea a Odisseo, stupendosi di come
l’uomo preferisse sua moglie a lei e secondo lei, Odisseo dovrebbe preferire la dea perché una
donna mortale non può competere in bellezza con una immortale.
L’eroe risponde al paragone dicendo che: lui ne è cosciente però la sua aspirazione è quella di
tornare in patria.
Odisseo dice che se dovrà patire ancora per mare, sopporterà con cuore paziente.
Omero attribuisce ai due personaggi le seguenti formule fisse:
Calipso Odisseo

Dai riccioli belli Prode


Luminosa fra le dee Divino
Luminosa Laerziade divino
Possente Vario di risorse

La prigionia di Odisseo è detta “dorata” perché la dea Calipso non lo rinchiude e lo sfrutta come
uno schiavo, bensì lo mette quasi al pari suo volendo accoglierlo anche come suo sposo. Inoltre
i due consumano l‘amore non soltanto moralmente da parte della dea ma anche fisicamente da
parte di entrambi.
L’incontro con Nausicaa
Odisseo si presenta alle ragazze Feaci nudo, spoglio e sfatto dalla salsedine.
I re e la regina si Scheria sono: Alcinoo e Arete.
Nausicaa si reca presso il fiume per lavare i panni con le altre ragazze Feaci e nel mentre che
gli indumenti asciugano, giocano a palla; Atena ha ordito proprio questo sogno per spingere la
ragazza al fiume in modo che, essendo Nausicaa la figlia del re venisse trattato bene dai feaci.
Nei versi vengono messe in luce il coraggio, l’astuzia e la pazienza. Il coraggio perché è andato
a cercare un confronto con Nausicaa; l’astuzia e l’eloquenza per le parole rivolte a lei.
Le ancelle fuggono quando Odisseo esce dal cespuglio perché credono che sia un uomo che gli
vuole far del male; invece Nausicaa rimane ferma, e con grande coraggio risponde a Odisseo
dopo che egli le parlò.
Nausicaa può essere identificata con i seguenti aggettivi: avvenente, coraggiosa e
comprensiva.
Gli argomenti introdotti dal discorso di Odisseo sono: la richiesta di asilo; il suo viaggio;
l’influenza degli dei sul viaggio e, infine, i complimenti alla ragazza.
Il desiderio di Nausicaa è esposto da Odisseo ai versi: “178-179” ovvero il desiderio di mostrare
la rocca a Odisseo e di accoglierlo.
In questo brano la dea Atena aiuta Odisseo, come spesso fa, facendogli incontrare Nausicaa.
Nel passo sono presenti numerosi similitudini riguardanti Nausicaa:
versi Primo termine di Secondo termine di Caratteristiche comuni
paragone paragone

101-109 Nausicaa e le ancelle Artemide e le ninfe Bellezza superiore a quella


delle altre fanciulle

150-151 Nausicaa Artemide Similitudine a livello fisico

155-157 I tre fratelli Nausicaa L’animo che si scalda

162-169 Un fusto che non Nausicaa L’ammirazione verso le due


cresce mai cose

inventata Nausicaa Il sole La luminosità

inventata Nausicaa Come un leone Il coraggio

Ai versi 187-189 c’è una similitudine riguardante Odisseo, questa esprime il modo di ritenere
l’eroe da parte di Nausicaa; dice che non somiglia a un miserabile o a un pazzo.
Prafrasi dei versi: 166-185:
Così, nell’ammirarlo, fui vinto dal fascino molto a lungo, perché mai crebbe una tale pianta dalla
terra, straordinaria come te, donna, che ammiro, incantato e impaurito ad abbracciarti le
ginocchia: ma una dura sofferenza mi addolora. Ieri sono sfuggito al mare scuro dopo venti
giornate: fino qui mi hanno spinto di continuo le onde e le tempeste dall’isola di Ogigia: qui
adesso mi ha gettato un dio, di sicuro perché io possa soffrire altri dolori, che non finiranno
presto, perché gli dei ne stanno di sicuro per mandare altri. Ma tu, signora, abbi pietà. Dopo
molto soffrire, mi mostro per prima a te, non conoscono nessuno degli altri uomini che vivono su
questa città e su questa terra. Ti facciano molti doni gli dei, quanti ne desideri: ti diano il marito,
la casa, la concordia gloriosa come compagna: niente è più bello, più prezioso di questo,
quando l’uomo e la donna governano la loro casa come fossero un’anima sola: ai maligni
questo dà invidia, ma è una gioia, invece, per gli amici, e i due hanno una splendida fama».

Odisseo, incerto sul da farsi, pensava tra sè e sè: “E ora cosa faccio? Devo implorare la
fanciulla abbracciandole le ginocchia? oppure devo pregarla con parole dolci? Forse sarà
meglio pregarla con dolci parole.”

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