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JACQUES MARITAIN AMORE E AMICIZIA MORCELLIANA Titolo originale dell’opera: Amour et amitié (En marge du « Journal de Raissa ») © by Revue « Nova et Vetera », Fribourg en Suisse 1963 acura di Antonio Pavan H Il edizione: III edizione: IV edizione: V edizione: Vv a © by Editrice Morcelliana S.p.A. - Brescia edizione: edizione: VII edizione: VIII edizione: 1964 1965, 1967 1973 1975 1978 1982 1987 - 1964-1982 Tipolitografia La Nuova Cartografica - Brescia 1987 UNA BREVE NOTA Le pagine che pubblichiamo coi iutolo di Amore e amicizia costi- tuiscono, come Jacques Maritain avverte, un capitolo del suo Carnet de Notes che apparira tra breve anche in Italia. E gia stato pubblicato dalla Rivista Nova et Vetera di Friburgo (Svizzera)' nelle circostanze e per i motivi cui Vautore fa allusione nella sua premessa. Nate in margine al Diario di Raissa, non se ne puo avere una com- pleta intelligenza se non in riferimento ad esso: d'alira parte le strut. ture concettuali e logiche, di cui quasi Maritain si scusa, danno un movi- mento umitario ed organico alle riflessioni qui svolte, cosicché ne fanno un saggio con una sua autonoma originalita. Ci pare, anzi, che esso rappresenti il mucleo d'una vera @ propria metafisica dell’amore, 0 che per lo meno @ questa possano condurre larticolazione € to sviluppo dei germi e delle prospettive qui abbozzati. Ma ci interessa soprattutto sottolineare la continuitd che si scopre tra il Diario e questo saggio, l'esperienza spirituale che quello presenta eT concetti che sono espressi in queste pagine: perché prima ancora di essere proposti ed organizzati in wna certa trama, essi sono stati vissuti, hanno costituito il segreto movente di un'esistenza a cui hanno dato forma e figura. Si tratta di « riflessioni ricavate dall’esperienza di un vecchio uomo che ha visto molte cose»: ma le ha viste vivendole, e le ha vissute tendendo a scoprimme e ad esplicitarne — appunio a vederne — l'intrinseco valore ed il significato per gli womini. Cid che bisognera sempre tenere presente leggendo gueste pagine 2 il loro valore di filosofia pratica, nel duplice senso che @ intesa a co- “lieve alcuni principt cR@ regolano (secondo una filosofia_pratica cri. stiana) la condotta umana in alcune delle sue marnifestazioni, e nel ‘Senso, aliresi, che essa_nasce dal concreto_contesto_d'una storia di. coscienze radicalmente impegnate a vivere, nella quotidiana vicenda della loro vita, la loro fede eé le loro speranze. ‘Abbiamo voluto nel 1964 far precedere questo saggio alla pubblicazione del’ Diario (che usci poi nella collana della Morcelliana dedicata a Maritain), perché si potesse affrontare questa singolaré testimonianza dopo aver intuito, attraverso la lucida conceitualizzazione di un filo- sofo, quale pud essere stato il fondo di idee e di convincimenti_che hanno orientato Pesperienza di una _contemplativa quale fu Raissa_é, per di pitt, di uma poetessa dal canio singolarmente fers6, rapito & trapassato dalla nostalgia e dal!'amore di Dio. ; Si sono dette molte cose sui Maritain, sul fascino da loro esercitato 2 N, 4, 1963, pp. 241-279. legi della saggezza dell’eta avanzata. Ho naturalmente cercato di porre le mie riflessioni in un certo ordine logico: ma questa non 2 che una vecchia abitudine dalla quale non bisogna lasciarsi prendere. Lascierd ad altri trattare questi problemi in forma si- stematica e nei termini appropriati. J. M. 10 AMORE E AMICIZIA negli ambienti intellettuali ed artistici francesi, soprattutto tra le due guerre: molto s'é pure detto delle conversioni che hanno provocate in uomini delle pitt diverse provenienze (poeti, scienziati, letterati, pittori ece.), Chiunque li abbia conosciuti ha riportato l'impressione di-un segreto che si celava nel loro essere e irradiava ovunque un flusso benefico e cattivante. Ora dalia voce di un filosofo e da quella di una mistica sappiamo donde discendesse la linfa fecondatrice e dove avessero il loro centro quei tocchi della grazia con i quali Iddio misteriosamente fecondava il loro apostolato intellettuale. I! loro ideale di una « contemplazione sulle strade», nel cuore del mond, il loro impegno ad una vita orate, ove tutto si risolva in testi- monianza e lode, in servizio ed amore, sono diventati una proposta agli uomini del nostro tempo: non sara proprio di questo radicale rin- novamento, di questa trasformazione degli spiriti che il nostro mondo ha bisogno se in qualcosa vuol credere per cui valga la pena di vivere? Queste pagine prospettano taluni princtpi che guidano a vivere la presenza di Dio nella pitt umana e — insieme — pitt divina esperienza delPuomo: Tamore. If Diario introduce poi nel movimento spirituale da cut questé pagine sono maturate: si_tratta d’una storia di fedelta ropri ideali, di angosciato abbandono a Dio, di wmesistenza croci- fissa a queil’Amore che, ferendo i suoi per una mtisteriosa economia di salvezia, ci ha_amati per primo di «amore folle» fino a sospendere la sua _vita su una croce per farla poi _scendere nell'aninea delle sue ture, fino _a sopportare Vagonia_e Vannientamento per rendere il n Spirito Capace di ricevere il dono della sua grazia e di restituirlo in un amore capace di ritornare sulla croce con Lui a compiere la Redenzione. ANTONIO PAVAN PREMESSA Alcuni amici, nei quali ho una particolare fiducia, mi hanno consigliato di sostituire una delle mie note a pié di pagina, nella edizione fuori commercio, del Diario di Raissa edito nel 1962, con una nota molto pitt lunga e pit particolareggiata che essi si auguravano di vedere posta in appendice a questo Diario nella edizione normale. Mi sono conformato al loro consiglio, ma non ho voluto porre la mia nuova nota in appendice al Diario di Rais- sa — non si tratierebbe che di appesantire con le mie spiegazioni, 1 miei commentari e le mie idee un testo cosi puro del quale deve innanzitutio essere rispettato il valore di testimonianza diretta e viva. La lunga nota in questione ha tuttavia, forse, qual- che intéresse. La pubblichero, dunque, come un capitolo del mio Carnet de Notes personale, Se contiene qualche cosa di buono & giusto attribuirlo a cid che nel Diario di Raissa ha nutrito la mia riflessione. Se contiene alcunché di controverso o anche (e ne sarei ben addolorato) di sbagliato, non si deve attribuirle che a me. Nelle pagine che seguiranno una prima parte ha per oggetto il commento e lo sviluppo di alcune cose che Raissa ha dettg molto precisamente, ma molto brevemente. In_una seconda e tn una_terza parte vorrei _proporre alcuni miei punti di vista su taluni problemi che preoccupano oggi molti spiriti. Non parlo qui, mi si capisca bene, né da filosofo (come sono), né da teologo (come non sono). Propongo soltanto alcune rifles sioni ricavate dall’esperienza di un vecchio uomo che ha visto molte cose e che si ricorda di quello che Aristotele diceva dei vecchi, dei quali conviene prendere in considerazione i gindizi anche se non ne sanno dare tutte le ragioni (o se le danno di tra- verso). Raissa aveva la saggezza dello Spirito Santo. Spero che si vorranno accordare ai pensieri qui @spressi tin po" dei privi- 2 Ese ee EA 2 EY ae lea AE Me NS a a ants Nap Una distinzione necessaria nell'amore di dilezione. Mi riferisco qui innanzitutto alla pagina 158 del Diario* (20 aprile 1924) e mi riferisco anche ad alcuni altri passi connessi nei quali si trova una eco, pitt o meno evidente, di quello che é stato detto in questa pagina. Raissa distingue in seno all’amore di dilezione_ 9 amore per il bene dell’amato (che san Tommaso chiama amor amicitiae? in opposizione all’amor concupiscentiae, all'amore per il bene del soggetto o amore di desiderio), due specie che lei chiama, secondo la semplice accezione comune e ovvia del linguaggio corrente, amore e amicizia; ma a questa accezione comune del linguaggio corrente conferisce un rigore e una profondita che superano il lin- guaggio corrente stesso. « L'essenza dell’amore sta nella comu- nicazione di sé, con pienezza di beatitudine ¢ di delizia nel pos- sesso del Diletto.. L’essenza dell’amicizia sta nella benevolenza che va fino al sacrificio di sé per I’amico. Dio ci ama di amicizia sovvenendo a tutte le nostre necessita, e morendo per noi sulla Croce®. Dio ci ama di amore facendoci partecipi della sua natura con la grazia — facendo delVanima santificata la sua dimora... ». Queste parole, che sono cosi ricche di significato per la vita umana, sono sempre difficili da intendere e rischiano sia di 1 Diario di Raissa, ed. Morcelliana, 19663, p. 156. 2 L'amor amicitiae & amor benevolentiae 0 amore di dilezione (amore per il bene dell’amato) quando é reciproco (Sum. theol. Itt II*, g. 23, a. 1). Nella prospettiva nella quale noi ci siamo situati é appunto questa mustua benevolentia che dobbiamo considerare nella nostra discussione; l'espres- sione amore d’amicizia & dunque quella che qui conviene. 3 ® Cfr. Giov. 15, 13: « Non vi ¢ amore pit grande che dare ja vita per i propri amici ». 13 diminuire, sia di andare al di la del pensiero. Cerchiamo, dunque, di entrare in alcune precisazioni, magari a prezzo di un po’ di pedanteria. Ogni amore di dilezione @ dono di sé. Ma questo pud essere inteso in due modi tipicamente diversi; vi é da una parte Yamore di benevolenza o di devozione in cui l’amante si da al- Tamato, dando all’amato i suoi beni 0 cid che ha — e questo, pitt o meno completamente, fino a quel perfetto amore di devozione in cui si da tutto cid che si ha, tutti i propri beni e anche la propria vita. Ecco Vamicizia; e in questa amicizia l’amico, 0, dando quello che ha, dona anche certamente in un certo modo e nello stesso tempo cid che egli é, la sua persona o la sua stessa sog- gettivita (perché cid che egli @ ha bisogno di cid che egli ha e poi anche perché pud giungere a dare la sua stessa vita) —_si_ dona} dunque, certamente e realmente, ma copertamente e indi- rettamente, mediante altra cosa, 0, in altri termini, mediante e€ grazie ad alcuni doni che nascondono sotto dei segni iI dono di_ sé stesso €, piu. o meno, lo frammentano; tali poi che gli per- mettono di conservare per sé il proprio io, pi o meno, nella misura in cui non ha dato assolutamente tutto cid che ha. Nell’amore, invece, nell'amore di dimensioni veramente uma- ne, in cui é impegnato lo spirito — voglio dire nell’amore consi- derato nella sua forma estrema e completamente assoluta (perché nella sua forma ordinaria vi certamente questo processo di cui parlo, ma soltanto appena abbozzato) — la persona 0 so} ita si da direttamente, scopertamente, 0 a nudo senza nascondersi sotto le specie di alcun altro dono meno assolutamente totale: si da tutt’intera fin dal primo momento, dando e comunicando all'amato cid che essa é ed estasiandosi in Ini. La persona stessa dell'amante diviene il Dono, semplice, unico e senza alcuna ri- serva possibile, fatto all’amato. E per questo che I'amore, soprat- tutto nel suo senso estremo in cui noi lo prendiamo qui, @ il dono di sé assolutamente e per eccellenza. - La differenza tra amore e amicizia non @ necessariamente una differenza nella intensita o nella grandezza dell’amore di dile- zione. Una certa amicizia pud essere altrettanto intensa, o anche pitt intensa, di un certo amore. La differenza tra amore e amicizia é@ una differenza nella qualita intrinseca dell’amore di dilezione, 0 14 nel livello ontologico a) quale si costituisce nell'anima, e cioé nel potere che esso ha di alienare l’anima da se stessa. In Dio amore e amicizia non sono che due aspetti di un solo e identico amore di dilezione infinitamente perfetto che é il Dio tra- scendente stesso, — due aspetti ché not distinguiamo secondo il nostro modo umano di concepire e per analogia con tutto cio che si mostra nell’amore di dilezione umano, le cui qualita e perfe- zioni tutte quante sono sovreminentemente contenute nel loro Esemplare increato. Nella creatura (e considerando le cose nell’ordine naturale) la amicizia ¢ l'amore tra due esseri umani sono due specie differenti dell'amore di dilezione (con, nell’amore — perché in esso, a que- sto livello tutto umano in cui entra in gioco la differenza dei sessi, é interessata anche la carne — amore di desiderio congiunto ad amore di dilezione). — Le diverse specie di amore umano. Ho precisato, poco fa, che parlando dell’amore parlavo dello amore in cui é impegnato lo spirito, amore al livello dell‘'uomo e della dignita umana — ed ho altresi precisato che ne parlavo nel- la sua forma estrema e assoluta. Gli @ che, in realta, a prendere il termine nell’accezione co- mune del linguaggio corrente secondo che esso distingue amore e amicizia, vi € nell’uomo una specie di amore che @ di ordine puramente animale e non propriamente umano — [amore di cui si fa questione in molte conversazioni maschili e nella lette- ratura erotica, amore esclusivamente carnale e che connota sol- tanto la volutta dei sensi. Questa specie di amore procede unica- mente dall’amore di desiderio e non ha niente a che vedere con l’amore di dilezione. Noi qui non lo consideriamo. L'amore d’ordine propriamente umano comincia Jaddove alla attrazione dei sensi si unisce, almeno m abbozzo, quel dono della persona, diretto e scoperto, di cui parlavamo pitt su e che procede dalamore di dilezione. Si puo dire che, ne! momento in cui é superata questa soglia, e per il fatto stesso del dono con il quale l'amante si da all’amato, il senso del termine « esistere » si sdop- 15 pia: solo l'amato esiste pienamente e assolutamente per |'amante, mentre l’esistenza di tutto il resto & come colpita da una specie di invalidita. Questo amore d’ordine propriamente umano comporta molte forme diverse che non é qui il caso di analizzare. Accontentiamoci di tre casi tipici. Pp C’é innanzitutto quello che si potrebbe chiamare l’amor pas- sione che si pud anche chiamare, nella sua forma pit: sublimata, (Uamore romantico] Questo amore svolge un ruolo centrale nella vita umana ed é un miraggio dove si irretisce una nostalgia ine- rente all'essere umano e che ha le sue iniziali intrecciate su tutti gli alberi del mondo. Vive di una menzogna e di una illusione : é il miraggio, o il simulacro, dell’amore completamente vero x («amore folle »). Si crede eterno ed é effimero. L’amante, in esso, si dona all’amata (e l’amata all’amante), é vero: ma in immagina- zione o in sogno pitt che in realta; é l'amore di desiderio ¢ la brama carnale che qui tiene (spesso senza che Jo si sappia) il posto essenziale e preponderante: il dono totale di se stessi che ci si immagina di aver compiuto nel modo pit sincero di questo mondo, non é reale, ma sognato: e in verita, non é@ che un ma- scheramento con il quale To spirito copre in noi, con un abbelli- mento regale, il desiderio dei sensi e del quale la specie si serve per i suoi fini, ingannando |'individuo. E bene per l’essere umano Passare attraverso questa esultazione che evoca i canti nuziali e le danze nuziali degli uccelli — ma a condizione di non preten- dere di restarvi, perché un uomo non & un uccello. - —— —P Vié poi, in secondo luogo,|T’amore autentico) al quale @ raro (benché non impossibile) che si arrivi di primo acchito. L’uomo non vi arriva ordinariamente che dopo una certa maturazione nell’esperienza della vita e nella sofferenza: l'amore in cui uno dona realmente allaltro non soltanto cio che ha, ma cid che é (la sua stessa persona). Nella forma ordinania di questo autentico amore (diciamo semplicemente: nel bell’amore) un tale dono vie- ne certamente fatto, ma come iniziato o abbozzato (sempre ab- eee pit o meno, a tutti i gradi), ma non viene fatto fino in condo. — Infine, quando un tal dono viene fatto fino in fondo, si ha,_in_, 16 terzo, ]uogo, l’autentico amore nella sua forma estrema o comple- tamente assoluta. Questo amore in cui la persona dell’uno si dona all’altra in tutta verita e realta é, nell’ordine delle perfezioni on- tologiche della natura, il sommo dell'amore tra Uomo e Donna. Allora l'amante si da _veramente all’amata e l'amata all’amante come al : ° lui: si fa — benché re- stando ontologicamente una persona — una parte che non esiste pitt che per e in questg Tutto che é il suo Tutto. Questo amore estremo éJl’amore follel; e un tal nome gli conviene in proprio, perché fa appunto (nell'ordine speciale o, se si vuole, nella magia € nella « Sovresistenza » spirituale dell'amore) cid che é di per impossibile e insensato nell’ordine della semplice esistenza o del- l'essere cout court, in cui una persona continua ad essere un tutto € non pud divenire semplice parte di un altro tutto. E appunto questo il paradosso tipico dell’'amore: da una parte esso esige Ja dualita ontologicamente infrangibile delle persone; e d’altra par- te chiede e, a so modo, compie Tunitaé senza soluzione, I’unita effetlivamente consumata di queste stesse persone (« in un solo spirito e amore » diré san Giovanni della Croce, a proposito della unione mistica soprannaturale: ma questo é gia vero, su tutt’altro piano ¢ in senso analogico, dell’unione naturale tra uomo e don- na *, nell’amore folle). Sul piano che noi ora consideriamo, e che é il piano terrestre, l'amore folle’ (umano) a differenza dell’amore folle per Dio procede dall’ordine semplicemente natural in_questo stesso ordine, é, come ho gia notato pit su, una perfe- zione ontologica della natura — disponibile dal punto di vista morale al meglio o al peggio. Da cid il suo splendore e la sua am- biguita. Il suo oggetto @ un oggetto creato. Colui che ama di amore folle si da totalmente: Voggetto del suo amore é una crea- tura limitata, fragile e mortale.:Sarebbe misconoscere le gran- dezzé della nostra natura credere che questa creatura amata d’a- more folle divenga, per !'amante, necessariamente un idolo ¢ sia necessariamente da lui amata pit di Dio. Ma sarebbe miscono- scere Je miserie della nostra natura credere che essa non possa essere amata pi di Dio da colui che I’ama d'amore folle, e non 4 «In un solo spirito » — dico spirito non dico temperamento, carat- tere, gusti ecc. 17 possa divenire un idolo per lui. L’amore folle umano pud brillare in una vita moralmente retta e sottomessa all’ordine della cari- ta*. E pud ugualmente brillare (e non soltanto fuori del matrimo- nio, ma anche nello stato matrimoniale) in una vita di peccato. Ed ora tre rilievi: 1) L’amore folle implica e presuppone sem- pre (non necessariamente come precedente nel tempo, ma come precedente necessariamente nell'essere) |’amore di devozione 0 _ l'amicizia, benché vada molto al di 1a di essa. I1) Esso va oltre la amicizia, perché si costituisce ad un livello pit: profondo — asso-_ lutamente radicale — nell’anima, per il fatto stesso che € dono diretto, scoperto e a nudo della ‘persona tutt'intera, che si fa uno im spirito con l'altro. Ma in virti della natura stessa dell’essere umano, che carne e spirito, comporta di per sé* anche l'unione nella carne, almeno nel desiderio, con la gioia carnale, volutta dei_sensi per eccellenza, che le € congiunta. Una persona umana pud darsi ad un’altra o estasiarsi in un’altra al punto di fare di questa il suo Tutto, solo se essa le da, 0 @ disposta a darle, il suo corpo pur dandole Ja sua anima. III) Tuttavia ]'amore folle @ infinitamente di pit: del desiderio dei sensi. E, peu essenza, innanzitutto e principalmente amore di dilezione; lo amore di desiderio (per if vantaggio o la gioia del Soggetto amante stesso, non della cosa amata) qui € secondo, interamente subordinato all'amore di dilezione. La persona € innanzitutto, e principalmente, Spirito ed © anthe come spirito che essa si da innanzitutto e principalmente, dandosi tutta intera. Quanto pit lo spirito si eleva al di sopra della carne, tanto pit l’amore folle, Yautentico amore nella sua forma estrema, si eleva al di sopra dell'amore-passione. > Cfr. pitt avanti, p. 47, nota 7, € pp. 50-32. * Questo non vuol dire che per un atto del suo libero arbitrio un uomo non possa — cosi come pud, se vuole, mutilare il suo corpo — far violenza alla natura e separare il desiderio carnale dal suo amore folle, sia per un motivo spirituale, rinunciando allora alla carne se quella che amava e che amera sempre di amore folle gliclo domanda, 0 se tutti e due vi acconsentono chiamati da Dio (si sono visti dei fidanzati separarsi per entrare in religione o degli sposi fare anche voto di continenza) sia per qualche altro motivo (se per esempio la donna che si ama di amore folle @ sposata ad un altro; a dire il vero, in questo caso, ¢ pit: probabilmente in un senso tutto opposta che si operera la separazione — lasciandosi andare alla dissolutezza). 18 L’amore di carita e l'amore increato. Distinguendo l'amore e l’amicizia era soprattutto all’amore follé,all’amore nella sua forma estrema, che Raissa pensava nelle note di quello che io ho intitolato il suo Diario. Inoltre ella pren- de questo termine in senso analogico € e trascendente, perché non é all’amore folle | umano, no, sul quale ho a appena insistito, ma é allo amore di Dio j D pe. Yuomo (]’Amore increato) € all’amore -dell’uomo ‘di, carita) che_ lei Jei innanzitutto pensa._ sé nella sua infinita trascendente, !inscrutabile deita stessa, le tre Persone increate’ — che é un dono della grazia ed appartiene all’ordine soprannaturale — |’amicizia e l’amore (l’amore folle ngn sono, evidentemente, due specie distinte: sono due gradi diversi (non necessariamente in intensita, ma in reJazione al potere di alienare l’anima da se stessa) — e almeno in un certo senso inseparabili — di un solo e identico amore di dile- zione. Ma l’amore folle implica anche a questo livello, benché in un senso analogico, un certo amore di desiderio, e questa volta d'ordine tutt’affatto spirituale, il desiderio di possedere |/Amato e di inebriarsi di Lui e di sentirsi _amati da Lui? Si certamente: questo amore domanda di per sé « pienezza di gioia e di delizie nel possesso dell’amato ». Ma allora, avendo Dio per suo oggetto, il_desiderio non solo @ assolutamente puro da ogni elemento ‘carnale; e non soltanto € completamente subordinato all’amore di dilezione: ma esso ha cessato altresi, e deve completamente cessare di avere per ragion d'essere Wessere (come nell’amore di desiderio propriamente detto) il bene del s del soggetto stesso; non é per lei, ma é per Dio amato sopra ogni cosa, che anima vuole Dio per. sé, 0 desidera possederlo: e pit: é cosi, pil: questo desiderio & forte. E quaggiti non pud essere completamente soddisfatto. E ‘dovr’ attraversare notti forse terrificanti e, anziché gioie e deli- zie, saranno talvolta ]’agonia e la morte che gli saranno offerte, appunto perché l’amore di dilezione esige la sovranita totale ed | t Ed & per questo che l'amore di carita non @ conosciuto dal nostro intelletto che con una conoscenza analogica, come /'analogato superiore, in noi, di una realt& colta iniziabmente nel mondo umano. 19 assoluta e strappa implacabilmente, una dopo l’altra, tutte le radici che il desiderio di possesso dell’amato pud avere nello amante, secondo che questi ama naturalmente se stesso. ~~@uanto all’amore di Dio per I'uomo, ho gia& notato che Dio l’amicizia e l’amore non sono che due aspetti, distinti secondo il nostro modo umano di concepire, di un solo ed identico amore perfettamente uno che é Dio stesso. Le note che caratterizzano in nol quello che chiamo amore folle si ritrovano in Dio in modo sovreminente, purificate all'infinito e analogicamente attribuite nella misura in cui questo @ compatibile con la divina trascen- denza. In Dio non vi é assolutamente alcun amore di desiderio, per- ché Dio non ha assolutamente bisogno di nulla. Non vié in lui che amore di dilezione: amicizia certamente, e infinitamente genero- sa, ma anche amore folle in cui egli si dona ad un tutto (la perso- na _creata) diverso da sé, che ha reso, con la sua grazia, capace di ticeverlo e di amarlo in ricambia — di modo che in questa dona- zione senza misura, per la quale essa si da tutt'intera in ricambio, la persona creata pud divenire un solo spirito e amore con |'Amo- re con il quale Dio ama se stesso eternamente, e riverberare cosi in Lui, per cos} dire, la Gioia per la quale eternamente Egli esulta in se stesso. E se Dio domanda il nostro amore in ricambio del suo cuore € soltanto in virtt dell’amore di dilezione: non perché abbia biso- gno di essere amato da noi, ma perché ci ama. E per noi, non per sé, dice san Tommaso d’Aquino, che Dio cerca la sua gloria ®. E per noi, non per sé che Egli domanda che not gli doniamo il no- stro cuore. Praebe mihi cor tuum’, « Penso con meraviglia al prezzo che il Signore attribuisce al nostro povero amore. Si direb. be proprio che possedere il nostro cuore @ il Ane che Egli si @ pro- posto creandoci; e cerca seriamente cid che si é proposto di raggiungere: ” Non é per ischerzo che io ti ho amata! ”. Non vi é in tutto cid come una specie di necessita metafisica? L’amore increato, diffondendosi sulle creature, resta l’amore, e per conse- ® Deus suam gloriam non quaerit propter se, sed propter nos - Sum theol, It II, q. 132, a. 1, ad 1". ae ae * Prov. 23, 26, 20 guenza € soddisfatto solo se al suo effondersi risponde un altro effondersi che renda possibile l'unione », Amore folle umano e amore folle per Dio. Ritornamo ora _all'amore umano. Abbiamo detto che in noi Vamore folle é presente, emerge, questa Venere che nasce dal mare, quando la persona si da, scopertamente o a nudo, tutt'in- tera ad un’altra persona come al suo Tutto nel quale essi si esta- sia e del quale si fa parte. Il Diario di Raissa mette in luce, a questo proposito, una verita centrale sulla quale devo insistere nei termini del linguaggio che io uso qui. Un avvertimento, ad ogni modo, che faccio una volta per tutte: nei seguenti rilievi @ presupposta una condizione, e cioé che si consideri nell'essere umano non quello che pud zampillare in esso momentaneamente di quando in quando — o se questo é durevole, come ostacolato € contrariato — ma quello ché @ per esso uno stato abituale, un regime di vita in cui pud costantemente progredire. Ebbene, tenuto conto di questo, bisogna dire che é possibile ad_un_uomo o ad una donna che ha per quello, o per quella che egli o lei ama, una amicizia (amore di devozione) perfetta e piena € un autentico amore nella sua forma ordinaria, & possibile, dico, avere nello stesso tempo l’amore folle per Dio; ma dico anche che un essere umano non pud’darsi nello stesso tempo, Ano in fondo, in modo assoluto, a due oggetti come costituenti clascuno il suo Tutto; in altri termini: se un’anima é entrata nell’amore folle di Dio, allora deve rinunciare all’amore folle umano — sia che, come nello stato religioso, rinunci completamente alla carne. —sia_che restando nei Iegami del matrimonio, non rinunci_a questo amore unico e sacro in cui l’uomo e la donna sono due in una stessa carne, ma rinunci a quelJo che, nell’ordine delle per- fezioni ontologiche della natura, i] sommo e la perfezione dello amore Coniugale, e cioé all'amore folle. Perché un amore di dile- zione di natura tale che Amato sia veramente e realmente reso il Tutto dell’Amante esige di essere unico nell’anima e se un tale 19 Diario di Raissa, p. 74. 21 xe Sa amore (amore folle) & dato a Vio domanda di non essere dato ‘che a lui™. L’anima umana non pud avere che un unico Sposo € questo va inteso dei supremi sponsali in cui regna da padrone l’'amore folle. E per questo, se Dio ad essere questo Sposo, che il suo amore € geloso. Bisogna che Dio, bisogna che Gest sia Unica Amato, TUnico amato di amore folle. « Come gli proverd il mio amore? — Dandomi a lui dal pro- fondo del cuore in modo tale che nessun altro amore vi abiti mai... Dio & geloso di quel dono particolare del cuore che @ l'amore, e che é totale ed esclusivo per natura » ™. “ Cfr. pitt avanti, pp. 50-52. . Diario di Raissa, p. 157 - La rinuncia (all’amore folle) di cui qui si tratta @ quella che in un altro passo Raissa chiama ammirabilmente «Sopprimere o superare i limiti del cuore» (Diario, p. 229). 22 LO STATO MISTICO IL Amore e amicizia nella carita. Ho detto pit su che nell’amore di carita l'amicizia e l'amore (amore folle) sono due gradi diversi (non necessariamente in intensita, ma quanto al potere di alienare l'anima da se medesi- ma) — e almeno in un certo senso inseparabili — di un solo ed identico amore di dilezione. Cerchiamo di spiegare questo nostro pensiero. Per la carita si ama Dio « con tutto il cuore, con tutta anima e con tutte le forze e con tutto lo spirito »*. E evidente che un tale amore non comporta soltanto ]’amicizia in cui l'amico, dicevamo all'inizio, si dona all’amico realmente, ma copertamente e indirettamente, mediante altra cosa, e cioé per mezzo e grazie ai beni che egli dona e che nascondono sotto dei segni il dono di sé e lo frammentano pit o meno, fino a che egli non ha dato tutto cio che ha; l’amore di carita comporta anche !'amo- re folle, nel quale l’amante dona Ja sua stessa persona e Ja sua soggettivita tutt'intera, il fondo stesso del suo essere, direttamen- te, scopertamente o a nudo, senza alcuna riserva possibile, esta- siandosi nell’amato come nel suo Tutto. Amore folle in cui Dio & amato non soltanto come Amico, ma come Sposo. Tuttavia si deve fare qui un'importante distinzione. Nei con- fronti di Dio no: come nei confronti dell’essere umano, sem- plice amicizia possibile che esclude I'amore folle: ma pud esistere, nei confronti di Dio, un amore che appare pita come amicizia che come amore folle, un'amicizia in cui Tamore folle c’ pure, ma come nascosto in essa e non manifestato, salvo se non a momenti. Pitt esattamente pud essere che, quanto al regime ordinario di + Luca 10, 27; (cfr. Matteo 22, 37; Marco 12, 28), - « Tu amerai Jahvé Dio tuo con tutto jl tuo cuore, con tutta la tua anima e cun tutte le tue forze ». Deutcronomio, 6, § 25 vita, la carita sia in un'anima nel suo grado soprattutto dell’ami- cizia — allora il grado dell'amore folle ci sara certamente in essa, ma in modo di cui, a motivo forse di una specie di timore reverenziale, essa non ha, o ha appena, la coscienza, e pud esserci anche rivelandosi come per bagliori in certi momenti soltanto, oppure anche nell’ultimo istante della vita. In questo caso, per semplificare il linguaggio, diremo che quest’anima vive sotto il regime predominante dell’amicizia (comprendente implicitamente lV'amore Tolle). E sotto questo regime almeno che si trova ogni anima autenticamente cristiana, ogni anima che ha ricevuto e che conserva la carita. E puod essere che la carita sia in un'anima, per quanto concer- ne il suo regime di vita, al grado soprattutto (e questo presuppone quello dell'amicizia) dell’amore folle, tale che esso allora prende pieno possesso dell’essere umano e regola il suo agire in modo abituale e permanente. In questo caso, per semplificare il linguag- gio, diremo che quest'anima vive sotto il regime predominante dell’amore folle (che implica e presuppone l’amicizia). Regime dell’amore folle e regime dell’amicizia. Dette queste cose si vede subito che é possibile una definizione di quello che si chiama lo stato mistico ? — equivalente a quella che lo descrive come la vita sotto il regime abituale dei doni dello Spirito Santo, ma meno tecnica e piu accessibile al Tinguaggio corrente: si dira_che un’anima passa allo stato mistico quando” passe sotto if regime del'amore_folle per Dip. nella natura della cai se essa tende a passare, cosi, dal regime dell’amicizia, al regime dell’amore folle. E per questo che si puo dire che di diritto ogni anima umana, essendo chiamata , 2] termine mistico @ preso nell’'accezione comune. In un certo senso € un termine infelice (come molte delle nostre parole), perché spaventa molte persone male informate. In realta esso non si riferisce ad alcun privilegio straordinario (grazie gratis datae), ma designa soltanto uno stato in cui la vita e la condotta umane sono d’abitudine aiutate dall’invi- sibile e segreta ispirazione di Dio (stato che, di per s¢ e se tutto non andasse di traverso nell’essere umano dopo il peccato originale, dovrebbe essere normale in tutti quelli nei quali abitano le Persone divine mediante la grazia santificante). 26 carita, é altresi chiamata alla vita mistica in modo prossimo © in modo remoto 5 Ma questa € una verita tutta teorica in cui non vengono consi- derate che le esigenze interne della carita presa in sé.-Se si con- sidera, invece, lo stato concreto nel] quale si trova questa o quella anima, allora bisogna dire che sono chiamate di fatto alla vita mistica quelle che non possono trovare Ja loro ragione di vivere che nell’amore folle di Dio, mentre non sono chiamate di fatto alla vita mistica quelle che possono trovare la loro ragione di vivere sia al di fuori di Dio, sia, se esse hanno la carita, in un amore di Dio in cui l’amore folle resta nascosto nell’amicizia. La perfeziane della vita umana, o perfezione della carita presa in un senso puro e semplice, o in tutti i suoi rapporti, suppone evidentemente il passaggio al regime predominante dell’amore ‘olle di Dio 0 alla vita mistica; allora l’amore di carita si spiega pienamente e liberamente nell’anima, sia per quanto concerne il suo potere di alienare l'anima da se stessa (@ scopertamente, a nudo, direttamente che la persona o la soggettivita viene donata a Dio), sia per quanto concerne la sua intensita. Ma abbiamo notato pit: su che nell’amore di carita il grado dell'amicizia e il grado dell’amore non differiscono necessaria- mente quanto alla loro intensita. Dobbiamo ora dire che, se & rimasta nel regime predominante dell’amicizia in cui non ha su- perato la soglia della vita mistica, l’anima pud ancora raggiun- gere quaggiu una certa perfezione della vita umana € della carita (perfezione sotto un certo rapporto) — allora I’amore di carita si spiega senza ostacoli nell’anima quanto all’intensita*, ma non quanto al potere di alienare l’anima da se stessa. Sara in cielo 3 Comprendiamo che allora J'intensita della carita @ abbastanza grande, perché questa si spieghi senza ostacolo nell’anima a con dizione che non le sia imposta una prova troppo schiacciante. Nella pro- spettiva concreta nella quale ci siamo posti bisogna in realta tenere anche conto delle prove che Dio permette e della loro misura. Dio manda il freddo secondo i panni. : £ chiaro che nel regime dell'amore folle un‘anima, ne] corso del suo progresso, pud raggiungere una perfezione della carité nell intensita, cos come nella profondita, del dono di st, pits grande che nel regime delami- cizia. (Non dimentichiamo che la perfezione della carita che I'uomo pud Taggiungere quaggit non & un punto indivisibile: @ una grandezza che continua a svilupparsi e comporta vari gradi). 27 che questa anima conoscera la perfezione della carita nel senso assoluto del termine. Non dimentichiamo, inoltre, che quando essa vive nel regime dell’amicizia con il suo Dio, l'anima ha gia in sé, come ogni anima in istato di grazia, l’amore folle di Dio, benché nascosto nell’in- conscio e non rivelantesi che per dei bagliori, di quando in quan- do. Quest'anima non vive nello stato mistico o nel regime dello amore folle, ma riceve nella sua vita dei tocchi di ispirazione stica e di amore folle di Dio. San Tommaso non insegna forse che i doni dello Spirito Santo sono necessari alla salvezza? A maggior motivo sono necessari alla perfezione della carita, magari sotto un solo rapporto. Liistante della morte. Dopo tutto cid, che sara mai della preparazione o della dispo- sizione dell’anima in rapporto all’istante della morte? Un’anima che dopo essere entrata nella vita mistica o nel regi- me dell'amore folle di Dio @ andata fino in fondo nella sua strada ed ha raggiunto, per quanto & possibile quaggit, la perfezione della carita puramente e semplicemente, o in tutti i suoi rapporti, € preparata o disposta, non soltanto ad essere salvata passando forse per il Purgatorio, ma a raggiungere Gest in Paradiso, nello istante stesso in cui abbandonera il suo corpo. Se essa dunque persevera in questa disposizione e compie il passo della morte in un atto perfetto di amore folle di Dio, entra diritta in cielo. Un’anima che, rimasta nel regime dell’amicizia, e non entrata nello stato mistico, é andata fino in fondo nella sua strada ed ha raggiunto quaggiii la perfezione della carita sotto un certo rap- porto (sotto il rapporto dell’intensita e non sotto quello del pote- re di alienare l’anima da se stessa), é preparata e disposta, non soltanto ad essere salvata passando forse per il Purgatorio, ma a rageiungere Gesti nell’istante stesso in cui abbandonera il suo corpo. Se essa dunque persevera in questa disposizione, l'istante della morte sara anche |’istante in cui l’amore folle proclamera& in lei il suo impero e la sua sovranita: sara in un atto perfetto di 28 amore folle di Dio che essa varchera Ja soglia della morte ed entrera diritta in cielo. Un'‘anima che ha la carita, ma non é@ giunta quaggiu alla per- fezione della carita (né parlando assolutamente, né sotto un certo punto di vista) @ preparata o disposta ad essere salvata passando forse per il Purgatorio, ma non a raggiungere Gesu nell'istante stesso in cui abbandonera il suo corpo. Noi sappiamo tuttavia che potra raggiungerlo in quell’istante. Se varca la soglia della morte in un atto perfetto di carita (che non pud essere allora che un atto d’amore folle di Dio) entrera diritta in cielo. Un'anima, infine, che non ha la carita e che vive ne} male, non preparata o disposta, né a essere salvata, né a raggiungere Gesu nell'istante in cui abbandonera i] suo corpo. Noi sappiamo, cio nondimeno, che in un supremo sussulto di carita, potra essere salvata in quell’ultimo istante e, ancor pit, che essa potra rag- giungere immediatamente Gesu. Hodie mecum eris in paradiso. Contemplazione aperta e contemplazione mascherata. E che avviene della contemplazione infusa in rapporto alla perfezione della carita? So che l'argomento @ molto dibattuto — ma appunto questo da a ciascuno pit liberta per proporre Vopi- nione che crede vera. Vorrei innanzitutto sottolineare come l'espressione « vita mi- stica » e l'espressione « vita contemplativa » non siano sinonimi. La prima é piti larga della seconda. C’é una vita mistica quando un'anima é passata sotto il regime dell’amore folle per Dio; ora, uomini che si dedicano alla vita attiva, possono passare sotto questo regime, cosi come lo possono uomini dediti alla vita con- templativa. In altre parole: c’é vita mistica quando un’anima passata sotto il regime abituale dei doni dello Spirito Santo, Ora tra i sette doni & dai due pit clevati — i primi due — dal dono della Sapienza e dal dono dell'Intelletto (¢ anche, quanto alla conoscenza delle creature gustata nell'unione con Dio, dal dono della Scienza), che soprattutto procede la vita contemplativa. Gli altri doni hanno piii o meno relazione con la vita attiva; sara soprattutto da essi che procedera questa vita se & passata sotto 29 il regime abituale dei Doni dello Spirito e cioé se essa & tributaria dello stato mistico e dell’ispirazione mistica Con questo bisogna, tuttavia, subito rilevare che i doni dello Spirito Santo sono connessi tra loro e che il dono del Consiglio o del Timore, per esempio, non pud esercitarsi senza che siano nel contempo all’opera i doni della Sapienza e dell’Irtelletto. La differenza si riferira al modo con cui I’esercizio di questo o quel dono apparira o si manifestera di pit nell’anima e nel comportamento ad un tempo. Nell’uomo dedito alla vita attiva le ispirazioni concernenti le decisioni da prendere avranno una funzione centrale, mentre quelle concernenti il gusto delle cose divine un ruolo forse soltanto marginale, quanto al campo di visibilita ; l'esercizio del dono della Sapienza e del dono dell’Intel- Tetto restera pitt o meno occulto e inapparente. Da cid consegue che in coloro che hanno varcato la soglia dello Spirito o della vita mistica, la grazia della contemplazione, della entrata amorosa e sentita negli stati di Gest, operera ordinaria- mente in modo molto diverso secondo che essi saranno dei con- templativi o degli attivi, Perché c’é, come ho avuto altrove occa- sione di notare, una contemplazione infusa mascherata di modo atipico, stemperato o discontinuo (di cui gli « attivi » dovranno molto spesso accontentarsi), come c'é pure una contemplazione infusa, aperta, tipica o manifesta (pia propria dei « contempla- tivi »). Tra le anime dedite alla liberta dello Spirito di Dio quelle « il cui stile di vita @ attivo, avranno Ja grazia della contempla- vione, ma il pit: spesso di una contemplazione mascherata, inap- parente; forse esse saranno capaci di recitare rosari e l’orazione mentale non procurera loro che mal di testa o sonno. La miste- riosa contemplazione non sara nella loro preghiera, ma nella dol- cezza delle loro mani, forse, o nel loro modo di camminare o nello sguardo con cui esse guarderanno un povero o guarderanno la sofferenza » *, .. * Azione e contemplazione, nel mio libro Questions de Conscience, Pa- ris, 1938, pp. 145-146. - Cosf tutte le anime che hanno varcato la soglia della vita mistica entrano per cid stesso «in una contemplazione tipica © atipica, manifesta o mascherata che & l'esercizio multiforme della Sa- pienza libera, inafferrabile e trascendente tutte le nostre categorie e capa- ce di tutti i travestimenti e di tutte le sorprese » (ibid., p, 146). 30 Da queste considerazioni deduciamo che dire che un uomo é dedito alla contemplazione, o che conduce vita contemplativa, € dire che é sostentato magari inconsciamente, da una contempla- zione infusa pili o meno mascherata (e che spande intorno a sé, senza saperlo, l'odore o la soavita di questa contemplazione) sono cose molto diverse. Ma nei due casi l’uomo in questione sara entrato sotto il regime della vita mistica o nell’amore folle di Dio e tendera alla perfezione della carita presa assolutamente e sotto tutti i punti di vista; e la conternplazione, a un titolo o ad un altro, magari di soppiatto, avra nella sua vita una parte direttiva abituale. Si comprende cosi, come scrivevamo Raissa ed io in Liturgia e Contemplazione, che « quello che l'esperienza sembra insegnare & in primo luogo che la contemplazione infusa superiore, sembra sempre legata ad un’alta perfezione; ma il fatto @, in secondo luogo, che l’alta perfezione non sembra sempre legata alla con- templazione infusa superiore presa sotto tutte le forme tipiche esposte dai maestri »*. Avanzando verso la perfezione della ca- rita presa in senso assoluto e sotto tutti i punti di vista (sotto il punto di vista del suo potere di alienare ’anima da se stessa, sotto il punto di vista dell'intensita) uno percorre la sua strada in un modo (vita contemplativa in cui i doni della Sapienza e del- l'Intelletto si esercitano in modo predominante e in cui viene resa una testimonianza piu completa, l'unica assolutamente necessaria, alla fonte suprema di ogni perfezione tra noi: l’amore folle di Dio per gli uomini e il suo desiderio che l'anima divenga un solo spi- rito e amore con Lui) — I’altro percorre la sua strada in un modo diverso (vita attiva in cui l’esercizio degli altri doni € predominan- te, ma nella quale quello della Sapienza e quello dell'Intelletto ci sono pure, benché spesso pitt o meno nascosti, vita in cui viene resa una testimonianza pit: completa, non diciamo all’amore fra- terno, diciamo al servizio del prossimo, quanto all’anima e quanto al corpo: servizio che é una conseguenza di questo amore ed al quale questo amore vuole che ci sia chi gli si dedichi). > Je R. Maritain, Liturgie et Contemplation, Paris, 1959, p. 47 - (Trad. italiana, Torino 1960), 31 Vita contemplativa e vita attiva nel regime dell’amore folle. Sulla missione dei contemplativi, per cid che concerne ]’essen- ziale della loro vita, e nello stesso tempo per cid che concerne il loro compito di testimoni tra gli uomini, innanzitutto con il loro esempio, ma anche, quando ne hanno ricevuto la grazia, con la loro parola, sarei ben presuntuoso se volessi dire ancora qualcosa dopo quello che ne ha detto Raissa. A questa missione tutto il resto € sospeso. Quanto agli attivi sembra che i pit: grandi siano coloro che, meglio illuminati sulle risorse segrete della loro vita e attenti con riverenza ai soffi dall’alto che passano in essi, sono elevati, in mezzo alle esigenze della dedizione fraterna o dell’apostolato, ad una contemplazione non soltanto mascherata, ma aperta e tipica® € proprio come i puri contemplativi pongono, cosi, in una luce particolarmente viva, la constatazione importante enunciata da] P. Lallemant: «Senza la contemplazione non si avanzera mai mol- to nella virti... Non si uscira mai dalle proprie debolezze e dalle proprie imperfezioni. Si sara sempre attaccati alla terra e non ci si elevera mai molto al di sopra dei sentimenti della natura. Mai si potra rendere a Dio un servizio perfetto. Ma con essa si fara per sé e per gli altri pit in un mese di quanto non si farebbe senza di essa in dieci anni. Essa produce... atti di amor di Dio sublimi che si fanno molto raramente senza questo dono..., e infine essa perfeziona la fede e tutte le virtii .... » 7. E proprio la verita. Ed é pure vero, cid nondimeno, che per un gran numero di quelli che lo Spirito conduce, questa contempla- zione benedetta resta, come si & notato pitt su, pi. o meno inap- parente € nascosta. E pud anche essere che, votata per lo stato che essa ha scelto, alla vita contemplativa o alla vita attiva, una anima creda spesso (perché la contemplazione pud essere comple- tamente mascherata e perché ]’amore, anche l’amore folle.— e questo & gia vero nell’ordine semplicemente umano — non é ne- cessariamente cosciente) di non aver varcato la soglia dello stato ® E questo l'ideale tipico di quelli che conducono la vita detta « mi- sta» (in cui I'azione domanda di per sé di sovrabbondare nella contempla- zione) come un Alberto Magno, un Taulero, un Suso.., ‘ La doctrine spirituelle, pp. 429-430. 32 mistico o del regime dell’amore folle, quando invece essa ha gia da molto tempo varcato questa soglia. Poco importa: quello che appare o no alla coscienza @, in simile caso, molto secondario. Resta che per tutti coloro che in realta hanno varcato la soglia in questione, non vi é che una sola strada: ma I'uno la percorre in un modo e l'altro in un altro (alius sic, alius sic ibat, come di- ceva sant’Agostino). E su questa strada verso la perfezione dello amore presa in senso assoluto o sotto tutti i suoi punti di vista, in definitiva ]’azionc, in un modo o nell’altro*, é sovrabbondanza della contemplazione — contemplazione aperta o contemplazione mascherata il cui sapore sapienziale passa segretamente attra- verso ispirazioni che concernono pit: particolarmente la vita atti- va e attraverso l’esercizio dei doni corrispondenti; in definitiva: che essa conduca una vita attiva o una vita contemplativa e che, in uno stato di vita come nell’altro, essa abbia la grazia di una contemplazione aperta o di una contemplazione mascherata, l’ani- ma elevata allo stato mistico partecipa abitualmente ad un influs- so contemplativo, si disseta in un modo o nell’altro alle sorgenti della contemplazione, che si beva a grandi sorsate o che l’acqua viva le giunga goccia a goccia e attraverso degli intermediari. E Ja strada dell’amore folle. Il regime dell’amicizia. Di fatto tuttavia, l’abbiamo visto’ (@ una questione di fatto e non di diritto) ct un‘altra famiglia — e senza dubbio molto pit: numerosa — di anime autenticamente cristiane che pure avan- zano quaggiti verso-la perfezione della carita, ma questa volta presa da un punto di vista soltanto. Nelle loro relazioni con Dio queste anime non sono sotto il regime dell’amore folle, ma sotto il regime dell’amicizia. E sulla strada dell’amicizia ° che esse pro- ® Sia di diritto e in virti di un'esigenza della sua stessa natura (come nel caso della predicazione del Vangelo o dell'in: amento della sacra doctrina) sia (nel caso di una qualsiasi altra attivita) in virti del modo secondo il quale essa procede di fatto sotto il regime dell’amore folle. _ ® Le due strade — strada dell’amicizia, strada dell'amore folle — di cui parlo non hanno niente a che vedere con Je due vie di cui certi autori aa grediscono quaggilt verso la perfezione dell’amore, presa quella amicizia sotto i! punto di vista dell’intensita, non del potere di alienare l’anima da se stessa: e seguendo questa strada esse pos- sono giungere, alla sera della loro vita terrena, direttamente in cielo — ma sara soltanto in quest'istante e poi lungo tutto il corso della loro eternita che esse saranno passate in modo totale e pieno sotto l’impero dell'amore folle. Nella loro vita quaggitt esse non entrano sotto il regime abituale dei doni, non varcano la soglia della vita mistica. Nella situazione o nelle circostanze con- crete in cui la loro esistenza é situata non possono essere chiamate di fatto alla contemplazione infusa; esse non bevono alle sorgenti della contemplazione '*. Cio nondimeno abbiamo visto anche che queste anime che hanno l'amore folle in sé, benché pi o meno nascosto nell’incon- scio e non rivelantesi che per bagliori di tratto in tratto, ricevono nel corso della loro vita dei tecchi di ispirazione mistica 0 di amo- re folle di Dio. Perché se l'ispirazione superiore dello Spirito non venisse, magari in certi istanti particolarmente decisivi e forse molto rari (ma c’é sempre in ogni caso I'istante del primo atto di liberta in cui l'uomo sceglie definitivamente il suo fine ultimo e l'ultimo istante della vita in cui egli si getta o no nella Miseri han fatto la teoria e che davano Per distinte di diritto e conducenti ad uno stesso termine, santita o alta perfezione. E soltanto di fatto che la strada dell’amicizia si distingue da quella dell'amore folle. Ed essa do- vrebbe sfociare nella strada dell’amore folle e la perfezione alla quale essa conduce é meno alta di quella a cui conduce Ja strada dell'amore folle. E se alla sera di questa vita un’anima che sia vissuta sotto il regime predominante dell’amicizia con Dio pud entrare dritta in cielo, € perché im questo caso essa ha fatto, nel suo ultimo istante, un atto perfetto di amore folle. *© Per il fatto stesso che l'amore di Dio e l'amore del prossimo sono due facce di una sola ed unica carita, la distinzione tra il regime predo- minante dell’amicizia (in cui la vita attiva non ha varcato la soglia dello stato mistico) e il regime predominante dell’amore folle (in cui la contem. plazione é aperta negli uni - i « contemplativi » - e mascherata negli altri - gli « attivi») deve ritrovarsi nell’atteggiamento dell’anima verso il pros: lo amava che noi amiamo i nostri fratelli. Mentre sotto il regime predo- minante dell’amore folle per Dio @ anche (e innanzitutto) vedendo Gest nel prossimo che noi amiamo questo (« Ho avuto fame ¢ voi mi avete setae mangiare, ho avuto sete e voi mi avete dato da bere... » Matteo, 34 cordia eterna), ad elevare il nostra agire al di sopra dei poteri della nostra ragione, pure rischiarata dalla fede, non ci sarebbe affatto salvezza per noi — e a maggior motivo non ci sarebbe af- fatto progresso verso la perfezione della carita. Bisogna quindi cire che le persone di cui parliamo ricevono nello stesso tempo dei tocchi fuggitivi, pit: o meno profondi, del dono della Sapienza é dei tocchi fuggitivi pit o meno profondi di contemplazione. I] che non significa certo che esse dovrebbero battersi i fianchi per sforzarsi di giungere alla contemplazione, ma significa che esse debbono essere fedeli alla preghiera vocale e, se ne hanno il tempo, alla meditazione; tenersi disponibili ad ogni momento di raccoglimento passivo che potrebbe essere loro dato un giorno o l’altro. Chissa che un giorno la contemplazione non possa venire, a loro insaputa, a nascondersi nella loro pre- ghiera vocale a! fine di espandere abitualmente la sua influenza sulla loro vita? Chissa se un giorno l’amore folle di Dio non sor- gera dal fondo della loro anima con una forza irresistibile per impadronirsi di esse, in modo tale che si trovino portate dal regime dell'amicizia al regime dell’amore folle? In queste cose tutto dipende dalla liberta dello Spirito di Dio che @ una liberta assoluta —- © che pud far passare chicchessia e qualunque sia il suo stato di vita, sotto il regime dei doni, modificando forse allo- ra (talvolta sconvolgendo) determinati elementi della situazione o date circostanze concrete che, di fatto, costituivano un ostacolo, per questa data anima. all'appello prossimo o lontano, al quale, di diritto, e parlando teoricamente, ogni anima umana, e parti- colarmente ogni anima vivificata dalla caritaé, € sottoposta nei confronti della vita mistica e della contemplazione (aperta 0 ma- scherata). ‘Resta che per folle di anime, anche di anime autenticamente cristiane, l’ostacolo da me appena menzionato svolge il suo ruolo; le situazioni e le circostanze concrete alle quali questo & dovuto possono provenire talvolta dalla negligenza dell’anima, ma di regola esse procedono dalla condizione umana stessa e questo € quanto dire che la Provvidenza divina le prende nel suo conto. Resta anche che tutte le anime, per le quali lo Spirito di Dio non ha tolto I’ostacolo in questione possono — e dovrebbero — cam- 35 minare verso la perfezione dell’amore da raggiungere quaggi magari soltanto sotto il punto di vista dell'intensita e cammi- nando soltanto sotto il regime predominante dell’amicizia. E se anche di questo molti si mostrano incapaci, e sono troppo deboli per praticare in tutti i suoi precetti la legge di Dio, sappia- no almeno, o dovrebbero sapere, che ]’amore é i! vero volto di Dio e che questo amore non cessa mai di avere pieta di loro e chie- dere il loro amore e di attendere che, confessando la loro mi- seria, si volgano verso la Misericordia. Sul termine contemplazione. Si trovera forse che in tutta la precedente discussione i] ter- mine contemplazione @ stato impiegato in modo un po’ troppo elastico. Risponderé che questa elasticita era obiettivamente ne- cessaria. Perché? Perché i] termine contemplazione é un termine che bisogna pure impiegare in mancanza di un altro migliore, ma & esso stesso non buono. Non c’é parola per esprimere qualche cosa che succede nell’uomo e che cid nondimeno trascende ogni concetto umano — questa passio divinorum, questa conoscenza di Dio che é piu esperienza che conoscenza e tuttavia @ conoscenza suprema che si produce mediante l’amore e l'unione d’amore e che @ a mille leghe dalla thedria dei Greci cosi come dalla specu- lazione o dalla contemplazione filosofica. Il termine contempla- zione @ stato conservato dalla tradizione cristiana perché salvava almeno il carattere di conoscenza suprema proprio dell’esperienza in questione. Ma a dire il vero v’é sopravvissuto solo perché si @ lasciato vincere da un senso troppo greve da portare e perché in virtti di un unconditional surrender ha consentito a dive- nire equivoco, di una felice equivocita d’altronde, e feconda, tale che torna di profitto agli spiriti, eccetto che a quelli che non sanno dominare i segni di cui fanno uso. Santi esemplari e santi inapparenti. Ci sono in cielo certamente molti pit, immensamente pit, santi di quanto non si possa immaginare. 36 Questo @ vero innanzitutto dei Santi nel senso ordinario di questo termine, voglio dire dei Santi esemplari, degli eroi della vita morale e spirituale la cui pratica e il cui esempio (magari nell’ultimo periodo della loro esistenza quaggit, come nel caso di certi martiri che prima di recare la testimonianza del sangue han- no potuto commettere pesanti errori o come nel caso del Buon Ladrone che ha fatto il suo grande atto d’amore proprio prima di rendere l’ultimo respiro) sono passati al di Ja della vita comune degli uomini e sono adatti ad esercitare sull’umanita quella sovrana attrazione di cui parlava Bergson. Questi Santi esemplari non vivono come tutti, nel senso che talvolta, anche nel loro comportamento esterno, la misura del loro agire, poiché é quella dei doni dello Spirito, @ pi: elevata di quella delle virti: morali acquisite o infuse; essi ci sorprendono e in qualche modo ci stu- piscono sempre; il loro eroismo, per segrete che ne possano essere le fonti, non pud non manifestarsi in qualche modo. Questi sono i Santi canonizzabili. Un certo numero ne € stato canonizzato. Altri, che costituiscono una moltitudine incomparabilmente pid grande, non lo saranno mai. Tutti sono passati, in un certo mo- mento della loro vita, sotto il regime dell’amore folle e sono avanzati, da allora, verso la perfezione della carita presa assolu- lamente o presa sotto tutti i suoi rapporti. Tutti, nello stesso tempo, magari nell'ultimo periodo della loro esistenza, hanno var- cato la soglia dello stato mistico ed hanno ricevuto la manna della contemplazione infusa (aperta o mascherata); tutti sono stati corredentori con il Cristo, perché uniti a Lui fin da quaggiti, non soltanto per la loro appartenenza al Corpo mistico, ma anche per una relazione immediata o per una donazione mutua immediata da persona a persona — come allo Sposo della loro anima. Dicendo che vi sono in cielo immensamente pit santi di quanto non si possa immaginare, penso anche ai santi che si potrebbero chiamare inapparenti perché, salvo per tutto cid che riguarda il segreto dei cuori, essi hanno condotto tra noi la vita di tutti. Se c’é dell'eroismo nella loro vita, e certamente ce n’é, si tratta di un eroismo perfettamente nascosto, Tuttavia i] nome di santi con- viene loro nel senso che da questa vita terrena sono passati diret- av tamente in cielo", avendo camminato con perseveranza sulla strada dell’amicizia con Dio, fino a raggiungere quaggit la perfe- zione della carita (sotto il rapporto dell'intensita). Allora, come ho gia notato, il loro ultimo istante é stato un istante di trionfo dell'amore folle che continuera per |’eternita. Questi santi (che non sono canonizzabili) sono, non ne dubito, in pit gran folla ancora dei santi canonizzabili che non saranno mai canonizzati. E anche per loro, pér loro soprattutto, la Chiesa celebra ogni anno Ja festa di Ognissanti. E all'immensa massa dei poveri e del pic- colo popolo di Dio che bisogna qui innanzitutto pensare, voglio dire a tutti quelli, tra loro, che hanno praticato fino in fondo la abnegazione di sé, la dedizione agli altri e la fermezza delle virtu. Vi sono state per secoli (questo non é che un esempio tra gli altri) famiglie contadine il cui lavoro veniva santificato dai sacramenti, dalla preghiera comune e dalla lettura quotidiana della vita dei santi e nelle quali il timor di Dio, la virti di religione e un certo rigore di costumi servivano come da santuario o da taber- nacolo alle virti teologali: tali famiglie certamente devono aver dato una considerevole percentuale di santi che, dopo aver « vis- suto come tutti», sono passati dritti in cielo. Il Padre Lamy, quello che noi chiamavamo « i] santo Parroco », non mancava di insistere su questo punto. I santi di cui io parlo qui non avevano certo, per lo pit, né superata la soglia dello stato mistico, né fatta l'esperienza (se non per quei tocchi fuggitivi pit’ o meno rari e generalmente inavvertiti che ho ricordati pid su) della contempla- zione, nemmeno diffusa o mascherata. Anch’essi avevano, tuttavia, — non certamente con la piena liberta e i supremi sacrifici dello amore folle che sono il privilegio dei santi canonizzabili, ma por- tando come loro la loro croce con Gest e in quanto membri e¢ parti di quel Tutto umano-divino inimmaginabilmente grande che é il Corpo mistico di Cristo — soddisfatto, per parte loro, come ogni cristiano che abbia la carita, alla vocazione co-redentrice che il battesimo imprime nelle anime. E forse giusto dire che nella misura in cui la sera discende ¢ _, _\! Mi si conceder& questa definizione, benché in un senso piii generale il nome di santi convenga evidentemente a tutti quelli che sono nel cielo, anche se hanno dovuto soffrire prima le purificazioni del purgatorio. 38 le vecchie cristianit si disfanno, diviene sempre pitt difficile alla massa degli uomini conservare la carita e restare fedeli fino in fondo sotto il semplice regime dell'amicizia con il Signore e popolare il cielo di santi che hanno « vissuto come tutti»; e questo, mentre nello stesso tempo, per compensare € sovracom- pensare Je perdite, qualcosa ingrandisce sia in quantita sia in qualita da parte delle anime che vivono sotto il regime dell'amore folle e il cui compito nel]'economia della salvezza, va crescendo in importanza perché (ed @ particolarmente vero, per piccolo che possa comparativamente essere il loro numero, per quelle nelle quali Ja contemplazione infusa si spiega liberamente) la loro inti- mita vissuta con Gest, la loro spogliazione e il loro annichilimento sono sempre pill necessari per pagare la salvezza di molti e per far presenti tra gli infelici uomini e accessibili ai loro occhi le profondita della bonta, dell’innocenza e dell’amore di Dio? Lo vorrei credere. Molto tempo fa ho scritto che verra un giorno in cui il mondo non sara pit: abitabile che alle bestie o ai santi, ai grandi sancti. 39. SUL MATRIMONIO CRISTIANO Ur Matrimonio, amicizia e amore. Ho gia proposto altrove’ alcune riflessioni pitt o meno scon- nesse sul matrimonio. Mi permetto di riprendere qui, per comin- ciare, alcune di esse precisandole un po’. Notai innanzitutto che sarebbe una grande illusione pensare che il matrimonio debba essere i] compimento perfetto dell’amore- passione o dell’amote-romantico. In realta Il'amore-passione ¢ ]'a- more-romantico non sono nient’altro che il desiderio animale tra- sfigurato dall'immaginazione nell'amore puro per cui essi sono impermanenti e perituri e sempre pronti a passare da un oggetto all’altro e, dunque, infedeli infine intrisecamente dilacerati tra l'amore per l’altro che hanno suscitato e la loro propria natura essenzialmente egoista. Certamente l'amore come desiderio e passione e |’amore ro- mantico — o almeno qualcosa di esso — debbono il pit possibile essere presenti nel matrimonio come stimoli iniziali e punti di partenza. Ma ben lungi dall’avere per scopo essenziale « di portare al compimento perfetto l’amore romantico, i] matrimonio ha da compiere nei cuori umani ben altra opera: una infinitamente pit profonda e pit misteriosa operazione di alchimia: voglio dire che ha da trasformare 'amore romantico, o quanto di esso esisteva agli inizi, in un veroe proprio amore umano, reale e indistruttibile, in un amore veramente disinteressato »* che certamente non esclu- de Ja passione carnale e il desiderio, ma che si eleva sempre pitt al di sopra di essi; perché di per sé e per essenza esso & principal- 1 Cfr. Réflexions sur UAmerique, trad. it. di A. Barbieri, Brescia Mor- celliana, 1960, pp. 107-112; La Philosophie morale, Paris 1958, pp. 443-444 (in traduzione presso la Morcelliana). 2 Riflessioni sull’America, p. 109. 43 mente spirituale, — un dono completo e irrevocabile dell’uno all’altro per l’amore dell’altro. L’amore di cui io parlo qui é innan- zitutto un amore di dilezione. Non @ necessariamente |’amore folle; ma @ necessariamente e originariamente l’amore di dedi- zione e di amicizia — quell’amicizia tra sposi tutt'affatto unica e della quale uno dei fini essenziali @ la: compagnia spirituale tra l'uomo e la donna per aiutarsi l'un l'altro a compiere quaggiti il loro destino; ed @ altresi un amore (parlo dell’amore nella sua forma ordinaria, di quello che ho chiamato all’inizio il « bell’amo- re » semplicemente) * veramente su misura dell’uomo e nel quale l'anima é coinvolta al pari dei sensi‘, cosicché in questo amore, in cui il desiderio presente con tutta la sua potenza, la dilezione tuttavia primeggia realmente sul desiderio. Infine vi & normal- mente implicato® anche il commercio carnale effettivo, poiché Valtro fine essenziale del matrimonio é@ la perpetuazione della specie umana ed & per questo che ogni sposo ha diritto sul corpo dell’altro. Nell’amicizia unica e sacra di cui ho appena parlato con (quan- do c’é) l’amore, il bell'amore ugualmente unico e sacro che vi si congiunge, o che dovrebbe normalmente congiungervisi, consiste Vessenza dell’amore coniugale. E per essa che il matrimonio « pud costituire una autentica comunita d'amore tra uomo e donna: qualcosa di costruito non sulla sabbia, ma sulla roccia perché poggia su di un amore genuinamente umano, non animale e ge- nuinamente spirituale, genuinamente personale: attraverso la ardua disciplina dell’autosacrificio ed a forza di rinuncie e di purificazioni. Allora in un libero e incessante fluire e rifluire di emozioni, in un continuo interscambio di sentimenti e di pensieri, ciascuno partecipa realmente, in virti dell’amore, a quella vita personale dell’altro che appunto costituisce per natura ]’incomu- * Dono ancora allo stato di abbozzo pitt o meno avanzato di quello che la persona stessa 2. * Un tale amore & normale nel matrimonio, ma non é necessario e di fatto manca in molti matrimoni i] cui motivo é stato innanzitutto d’ordi- he sociale, non personale — obbedienza ai parenti, convenienze, senza par- lare dei vantaggi finanziari e delle « speranze », del « rango» o dell'orgo- glio familiare, ecc. — in breve « matrimoni di Tagione ». * Anche nei matrimoni senza amore di cui si parla nella nota pre- cedente. 44 nicabile possesso dell’altro. Allora ognuno puo diventare una specie di angelo custode dell’altro, pronto, come gli angeli custodi devono essere, a molto perdonare all’altro, in breve « un essere consacrato al bene ¢ alla salvezza dell’altro » e in grado di accet- tare «che pli siano picnamente affidate la rivelazione e la cura di tutto cid che l’altro @ nei suoi recessi umani piu profondi »°. Ad una tale amicizia fondamentalmente e originariamente richiesta, ad un tale amore di totale dedizione, con il commercio carnale implicato dal matrimonio e con J’amore dei sensi e della anima, il bell’amore che esso comporta o che dovrebbe compor- tare normalmente pud aggiungersi !'amore folle co] quale viene portato alla sua forma estrema e assolutamenie piena il dono diretto, a scoperto e a nudo della persona o della soggettivita tutt/intera — e non soltanto nel suo corpo, ma ne} tutto assoluto che essa @ — in modo tale che essa si faccia veramente parte dell’altro come del suo Tutto. L’amore folle viene allora per so- vrabbondanza, ma in risposta a un voto radicale inscritto nell’es- sere umano, poiché, come abbiamo notato pit su, l’amore folle nel quale l’amante si estasia nell’amata e !’amata nel]’amante e diviene carne dela sua carne in un solo spirito con lui, é il vertice e la perfezione dell’amore tra l'Uomo e la Donna. E dunque per questo il vertice e la perfezione dell'amore tra gli sposi. Io non credo che questo vertice sia raggiunto spesso — no affatto! Ma quando viene raggiunto in virti di una fortuna straor- dinaria che @ un dono speciale e gratuito, é la gloria e il cielo di quaggit in cui prende realta un sogno del fondo delle eta consu- stanziale alla natura umana e di cui tutti i canti d’imenei cantat. lungo i secoli passati rivelano la nostalgia inerente alla povera umanita. Lo stato di matrimonio, il regime dell’amicizia con Dio e tl regime dell'amore folle per Dio. Dopo tutto quello che si & detto che si dovra aggiungere a proposito del matrimonio e dell'amore coniugale in relazione alla © Riflessioni sull’America, pp. 109-110. 45 vita spirituale e a quella perfezione della carita alla quale é pre- scritto a ogni cristiano di tendere secondo la sua condizione e le sue possibilita? E evidente, statisticamente parlando, che poche istituzioni tra gli uomini sono sottoposte a tante servitt sociali varianti con i tempie le aree di civilta, a tanti accidenti, a tanti casi e miserie, a tante abitudini di egoismo e di rozzezza e anche di menzogna o di false apparenze ed esposte a tanti fallimenti quanto il matri- monio. Non é sorprendente, poiché lo stato di matrimonio é la condizione della gran maggioranza degli esseri umani. Resta che vi sono di fatto molti buoni matrimoni in cui Ja natura umana raggiunge una reale felicita, nella misura di quaggit, e con i quali facendo creare a Dio delle anime immortali e venire al mondo nuove persone umane, l'uomo e la donna compiono |’opera di propagazione comandata da lui alla nostra razza, in modo tale che essa sia veramente per essi e per i loro figli quello che € nei disegni del Creatore, la grande’e originaria benedizione terrestre. Resta che lo stato di matrimonio, cosi come é visto dal cri- stianesimo e come la grazia dei sacramenti rende possibile, viver- Jo, non € né quello stato di imperfezione decisamente accettato, al quale una pseudo-teologia che opera nell’immaginazione di certi laici sembrava talvolta voler confinare costoro, né quella caricatura di unione sedicente cristiana nella quale un marito non vede nella sua donna che una carne a lui destinata per poter mettere la sua concupiscenza in regola con la legge di Dio. Lo stato di matrimonio é uno stato santo o consacrato in cui, com- pagni sulla terra nelle afflizioni e le gioie della vita, come nella loro missione verso i loro figli, i due sposi vanno (per il fatto stesso delle loro differenze e dell’adattamento che esse richie- dono) aftrancandosi reciprocamente dalle fatalita ereditarie che i morti dell’ascendenza di ognuno fanno pesare, e debbono nor- malmente aiutarsi l'un I'altro a camminare contro venti e maree verso la perfezione della vita umana e della carita: in modo tale che per l’anima di ciascuno, nella misura in cui 2 fedele alla grazia, lo stato di matrimonio possa sfociare finalmente non solo in quell’anticamera delle beatitudini che sono le purificazioni del 46 purgatorio, ma direttamente nella visione di Dio e nell’eternita beata. Se noi ci riferiamo ora a cid che si é detto pitt su de} regime dell’amicizia nelle relazioni del}’anima con Dio e se ci ricordiamo che data la condizione umana é@ questo che di fatto ci si deve aspettare di trovare pil frequentemente nella grande folla delle anime che hanno la carita e vi progrediscono nel modo migliore possibile, dobbiamo altresi dire che @ sotto questo regime della amicizia con Dio che si trova certamente, di fatto, il pit: gran nu- mero delle anime che nello stato di matrimonio avanzano verso la perfezione della carita. Quelle anirne non superano la soglia della vita mistica; esse non si dissetano nemmeno, anche solo beven- dovi goccia a goccia, alle sorgenti della contemplazione, anche solo a-tipica e mascherata; se ricevono dei tocchi fuggitivi di questa é in modo tutt’affatto intermittente e per Jo pil inavver- tito. Ma esse avanzano fedelmente nell’amore e possono raggiun- gere quaggiti la sua perfezione ’, se non in relazione a] potere di alienare l'anima da se stessa, almeno per quanto concerne ]’inten- sita (e a condizione certamente che Dio risparmi loro prove trop- po pesanti). Esse pdssono fornire al cielo molti santi inapparenti. Significa tutto cid che nello stato di matrimonio l’anima uma- na non pud, nelle sue relazioni con Dio, passare sotto il regime dell'amore foile? Ma suvvia! Non solo essa lo pud, ma la storia dei santi mostra che di fatto cosi @ stato per molti sposi (e la storia non parla che dei santi canonizzati, ma vi sono anche i santi canonizzabili non canonizzati...). Come potrebbe essere diversamente se alla perfezione della carita presa in senso assoluto, cioé sia nella sua capacita di alie- nare l'anima da se stessa, sia sotto il punto di vista dell'intensita 7 Notiamo qui che quando si cammina verso la perfezione sotto il regime dell'amicizia si pud procedere molto avanti su questa strada sen- za conllitto troppo grave, pur amando di amore folle un essere umano appunto perché sotto un tale regime I'amore folle divino non manifesta fino in fondo le sue esigenze. : Ma cosi non @ pit: quando si cammina verso Ja perfezione sotto il re- gime dell'amore folle: allora sorgeranno sulla strada conflitti tali_ che Disognera rinunciare all'amore folle umano, volent: o nolenti, o tradire le esigenze dell’amore folle divino. AT — e dunque alla vita mistica, alla contemplazione sia aperta che mascherata — tutti sono di diritto chiamati? Vi sono anche, probabilmente, dei casi particolari in cui — supponendo che gli sposi, 0 uno di loro, siano l'oggetto di un appello prossimo di Dio e vi corrispondano — lo stato di matri- monio, data la continua attenzione all’altro e i sacrifici quotidiani che questi reclama e l’esperienza umana e le innumerevoli occa- sioni di misericordia e di aiuto fraterno che la vita in mezzo agli uomini comporta, offre (contemporaneamente a rischi pit grandi dovuti a tutte le attrazioni del mondo) condizioni morali pit pro- pizie di quelle che lo stato di religione non riesca ad offrire a determinati religiosi per il passaggio dell’anima sotto il regime abituale dei doni dello Spirito Santo. E questo rilievo pud essere vero nel caso in cui circostanze eccezionali allevino un tantino il pesante fardello materiale del padre e della madre di famiglia nei confronti della vita contemplativa, e cioé nella spogliazione e nella semplicita della « piccola via » insegnata da santa Teresa di Lisieux piuttosto che con i grandi segni tipici descritti da san Giovanni della Croce e da santa Teresa d’Avila. « In verita, scriveva Raissa in Liturgia e contemplazione, la contemplazione non é data soltanto ai Certosini, alle Clarisse, ai Carmelitani... Essa @ spesso il tesoro di persone nascoste nel mondo — conosciute solo da qualcuno, dai loro direttori spiri- tuali, da alcuni amici. Talvolta, in qualche modo, questo tesoro @ nascosto alle anime stesse che lo possiedono, che ne vivono in tutta semplicita, senza visioni, senza miracoli, ma con un tal fer- vore d’amore per Dio e il prossimo che il bene attorno ad esse si compie senza clamori e senza agitazioni. « E di questo che Ja nostra epoca deve prendere coscienza e delle vie per le quali la contemplazione si comunica, attraverso il mondo, in una forma o in un’altra, alla grande moltitudine delle anime che hanno sete di essa (spesso senza saperlo) ‘e che sono chiamate ad essa almeno in modo remoto. Il grande bisogno della nostra eta, per cid che concerne la vita spirituale, @ di portare la contemplazione sulle strade »°. J. ¢ R. MARITain, Liturgia e contemplazione, trad. it. cit. pp. 69-70. Il libro @ di tutti e due, ma é Raissa che ha scritto queste pagine. 48

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