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Metrica RITMI_ACCENTUATIVI _E_RITMI_QUANTITATIVI 1. Prosa e poesia differiscono fondamentalmente per il rilievo,assai pit spiccato che il ritmo ha nella poesia rispetto alla prosa: con cid, tuttavia, non si vuol certo dire che la prosa sia priva di un suo ritmo, ma solamente cche esso nella poesia € molto meglio evidenziato e sottolineato. ‘Nei versi dell'ode manzoniana Marzo 1821 Sofferméti sullérida spénda volti i gudrdi al vareéto Ticino tutti assérti nel nudvo destino certi in cudr ¢ell'antica virtt... noi sentiamo la vistosa presenza di un ritmo (un, due, trejun, due, tre) che ¢ tipico, per esempio, non solo della poesia, ma anche di buona parte della musica oitocentesca. Come & stato ottenuto quel ritmo? Allinesndo versi formati di dieci (0 nove) sillabe ¢ disponendo le parole in modo che il loro acento tonico ve- nisse a trovarsi in posizioni regolarmente fisse allinterno del verso, cioé sulla 3, sulla 6* © sulla 9 sillaba Non tutte fe combinazioni della poesia italiana sono cos! monotona~ mente orecchiabili: gli endecasllabi sciolti (versi, cio® di 11 sillabe, allineati in serie pill o meno lunghe, senza essere uniti dalla rima) de J sepoleri fosco- Tianio dell fyfinito Teopardiano creano un ritmo pi siuosamente vario, srazie alla possibilita ritmica offerta dalla varietA di posizione dell'accento allinterno del verso Allémbra dei cipréssi e dentro I'érne confortate di pifnto é férse il sonno della mérte men diro? 551 Nella poesia novecentesce, poi, il ritmo svolge un ruolo ancor pitt im- portante, anche se non si incontrano le forme ritmiche rigorosamente defi- nite dalla metrica classica (dai siciliani al Carducci), perché si ceteano modu- lazioni ritmiche pitt varie, sempre nuove ¢ diverse, capaci di esprimere il contraddittorio tormento della coscienza contemporanea. Proprio il bisogno 4i esprimere T'indefinibile ¢ Vindicibile ha spinto i poeti ad accostare il pitt possibile la parola alla musica: de la musique avant toute chose diceya Verlaine. De la musique: e cio’ del ritmo! Ed il ritmo é, come sempre, ottenuto con il vario succedersi di sillabe toniche e di sillabe atone, magari usufruendo con intenzionale insistenza anche di quell'elemento primo del titmo stesso che & il silenzio, la pausa, Risentiamo, per esempio, queste poche dattute ungarettiane (i tratta dell'owverture dit Levante da L'allegria): La Tinea ‘vaporésa musre al lonténo cerchio del ciélo Picchi di tavchi picchi di mani ¢ il clarino ghirigéri strid ponendo mente allefficacia suggestiva delle pause che separano tra loro i primi tre versi nonché allabilita con cui si rievoca il ritmo martellato di una danza (plechi dl taccht picchi di mani) ed il malinconico modulo di un clarino. La poesia italiana, classica o contemporanea, é accentuativa, perché ottiene i suoi ritmi alternando in vario ordine sillabe accentate c sillabe non accentate, La poesia latina era invece quantitativa, poiché in essa il ritmo era otte- auto con determinate combinazioni, variamente succedentisi, di sillabe quan- titativamente diverse, cioé sillabe lunghe e sillabe brevi: & intuitivo, pertanto, che, prima di procedere allo studio delle varic forme ritmiche, 8 necessario possedere una sicura base di conoscenze relative alla prosodia, a quelfa parte della grammatica, cio’, che studia la quantita delle sillabe ed indica i criteri mediante cui riconoscerla, PROSODIA 2. Per pater riconoscere Ie sillabe lunghe (~) ¢ quelle brevi (~) che co- stituiscono un verso latino, occorre prima di tutto procedere alla scompo- sizione in sillabe del verso stesso, ricordando quanto si é esposto al $ 12 della Morfologia (Io si riveda con particolare attenzione) e tenendo presente 552 che il verso viene scomposto come se fosse un continuum di sillabe, senza tener conto del distacco fra uma parola e Palira. Per esempio, il verso ovi- diano candida pax homines, trax decet ird feras si divide in sillabe come se fosse candidapaxhominestruxdecetiraferas che diviene -canedlieda-pac-sho-mi-nes-truc-sde-ce-tivra-fe-ras. Del confine fra una parola ¢ Ia successiva si tiene invece, di solito, conto, quando Ia prima parola termina per yooale ¢ quella successiva inizia con due 0 pitt consonanti: in tal caso le consonanti si appoggiano tutte sulla vvocale seguente e non su quella che precede (unda Scamandri, arva stabunt divengono wn-da-Sea-man-dri, ar-va-sta-bunt). ‘Terminata la scomposizione in sillabe del verso, possiamo notare che ‘sso ¢ composto da un corto numero di sillabe chinse (uscenti in consonante) © di sillabe aperte (uscenti in vocale): come si dimostr6 al § 14 della Mor- fologi a) Ie sillabe chiuse sono sempre Iunghe, anche quando la yocale che con- tengono sia per sua natura breve; '6) Ie sillabe aperte sono Tunghe © brevi a seconda della quantita della loro. vocale. 1) T-consonantica (0, meglio, semivocale: cfr. § 9) non forma silaba a sé © pud deter- sminare la chiusura delle sillaba precedente terminante per consonant (iam ¢ monosilabo, Justus bislabo, iniurtus (cisillabo, con la 1 siaba lunge perehé chiusa; in abi, subi, le prime sillabe db, sa, per natura brovi valgoao come lunghe perché I vale come con- sonantlea e vocal insieme (J+ ¢, in quanto deriva dalla riduzione della prima silabe di ‘acto, 2) U eonsmantica (0 semivocale). Noppure la u consonantica determina Vesistenza ll una silaba wns, ma wewar (Ui solito seritto eeu), redvguus, antiguas, Un-gua (uy infaid, & comsonantica anche quando segue q 0 g ad ceeszione degli aggetiv in -guus, ‘quali ambiguus scomponibile ia an-bigunus,¢ dei pefeti in gu quai il (isillabo Jang, langiet). Vi inline riecrdato che spesso u & vonsonantica se picceduta da s © seguita da 2, e: mavis & bsilabo, s1a-ss, conuesco & trisilabo, consuescv, jovece, regolatmente, 10, Hes, suedor, ccc POSITIO DEBILIS 3. Cosi @ definita quella di una vocale seguita da consonante muta (p, Dje, glt, ) 0 da fe da liquida (i, r): il gruppo muta + liquida si appoggia alla vocale che segue (lacrimae si divide in la-crivmae, tenebrosus in te-ne- 553 bro-sus, ecc.), cosicehé Ia sillaba che precede rimane aperta, ed & lunga 0 breve a seconda della natura della sua vocale. 1 poeti, tuttavia, quando lo richieda una loro esigenza, sono soliti dividere anche separando la muta dalla liquida (lae-ri-mae, te-neb-ro-sus, ecc.) chiudendo cosi Ia sillabe pre- cedente (lac, te-neb:) e contandola come lunga. Positio debilis & dunque quella di una vocale seguita da muta + liguida, in quanto essa pud valere indifferentemente come lunga o breve; &, cio’, anceps o-ancipite, QUANTITA DELLA SILLABA APERTA 4. Una sillaba aperta & Iunga o breve a seconda della quantita della sua vocale, Non é perd sempre agevole determinare tale quantita. Solamente una lunga esperienza di contatto diretto con gli autori pud creare una pos- sibilita di agevole orientamento in proposito: tuttavia si possono indicare aleuni criteri di massima, aleuni gid noti dallo studio della mortologia, grazie ai quali si pud rispondere ad un numero non esiguo di interrogativi. Dittonghi. I dittonghi sono sempre Iunghi. I dittonghi pid comuni sono: ae (aernulus), € (proelium), au (nauta, taurum). A volte valgono come dittonghi anche eu (ceu, hew, neu, seu, neuer ed in genere in parole di origine greca); ui (cui, bauie): yi (Harpyia). Talvolta il poeta pud, per esigenze motriche, considerare come dittongo due vocal che di solito non lo costituiseono: il fenomeno & dotio siniisi da owls, smizéis, ‘ —E(chiusa): » vérus >» » vero oy {PCaperta): » rasa» > rasa [oppure wo: > Binur » » buono 3 » 6 (chiusa): » Roma » » Roma » € (chiusa): » video » » nédo, da viridis, vérde bo» 4 > primus » > primo B > 6 (Chiusa): » ritcem » » ndce to> ou > Gms» » uno Bzcetto g, che rimane inalteata indipendentemente dalla quantita: eds, cane, paris, pane In base a questo criterio possiamo decidere che Ia tonica di pedem & pé= (in italiano diviene pie-de); analogamente Ia tonica di domus € dé-, petché in italiano diviene duo-mo, quella di crucem & crit perché in italiano diviene cro-ce, quella di cineris ¢ ci- perché in italiano le corrisponde V'esito cénere e cost via. Queste considerazioni fonetiche sono perd valide solo per le parole che hanno subito un processo di trasmissione orale, che ci sono giunte cioé attra~ verso Tevolurione della lingua parlata: quelle create dai dotti adattando alla parola latina una desinenza italiana, mantengono Fantico vocalismo ed hanno pronuncia aperta di 2/6 toniche anche se queste vocali provengono da é/d, in conseguenza di una consuetudine medievale, in base alla quale le vocali accentate crano pronunciate sempre aperte. In titiun Ia tonica vi- & breve: Fitaliano « vizio » & vove dotta, che man- tiene vi come se provenisse da of anziché da of (Fesito volgare di nitium @ invece « vézz0 », con Ia ¢ [ehiusa} proprio perché proviene da #). Analo- gamente la tonica di mumerus & ni-, nonostante Fitafiano «numero », che 8 voce dotta (Vesito volgare ¢ invece il regolare « névero »); diicem si spiega con «doge» © non con «duce» (voce dotta, anzi retorica); rrfoium con “trebbio» cio’ «incrocio di strade » (esiste, per esempio, in Romagna un «Passo del Trebbio») © mon con «trivio », voce di coniazione dotta Da tutto cid possiamo concludere che quando una tonica latina si é mo- dificata in italiano, c°& la certezza quasi assoluta che essa fosse breve; se in- 556 vece la vocale & simasta inalterata, pud darsi che fosse lunga, ma non pos- siamo esserne cert, giacché esiste sempre l'eventualit che ci si trovi di fronte ad una parola restaurata in sede colta @) Criterio dei composti. Quando una parola entra in composizione con una preposizione, Ia sua vocale radicale si trasforma se essa & breve, rimane invariata se & lunga. Se volessimo sapere la quantita della sillaba radicale di capio (a parte i fatto che tutti i verbi in -fo hanno vocale radicale breve, cfr. § 203) baste- rebbe pensare ad aleuni suoi composti quali incipio, concipio, ece., per con- cludere che la -a- & breve; per lo stesso principio il composto dirigo ci rende certi che le radicale di régo & breve anch’essa. ‘A tale eriterio c’@ qualche eccevione, ma si tratta sempre di vocali radi cali brevi che rimangono invariate (mdveo/adméveo, méineoladmdneo) come se fossero lunghe, mai di lunghe che si trasformino come se fossero brevi: ne consegue che, se la vocale radieale di un verbo, in composizione con un preverbio, si trasforma, essa sicuramente breve; se non si trasforma @ pos- sibile, ma solo possibile, che sia lunga. MONOSILLABI 6. 4) I monosillabi sostantivi sono sempre lunghi: Jac, «latte»; sai, «sale »; lis, «lite »; dos, «dote »; ds, « bocca » (gen. dris: da non confon dere con ds, ossis, « 0380»). Talyolta il sostantivo monosillabico, nel resto della declinazione, riacquista Voriginaria quantita breye: par, paris; bas, bovis. ‘Siicordino perd 1 seguentisestantivi monosillabici brevis wr, « uomo »; mel, «mice 5 Fal, «fale»; car, «cuore, oltre al citato as, « 0550» 4) I monosillabi non sostantivi sono lunghi 1) se escono in vocale (0, a maggior ragione, in dittongo): mé, 12, sé, rné congiunzione ¢ avverbio, néi, eve. I monosillabi enclitici sono perd brevi: qua, 08, -nB, -e8, =pi, -1€; 2) se escono in consonante doppia o in -c: dént, max, die, dic (tranne née e fic imperativo di facio). Nl pronome hike & anceps. Sono inoltre Iunghi én, erds, cur, quin, non, sin. ¢) Tutti gli altri monosillabi sono brevi: at, db, dd, td, ar, &, quis, ecc: 4) Qualora si tratti di pronomi o di verbi, si deve tuttavia tenere conto delle leggi della flessione: cosi avremo quds, quis accanto a quém, quim, é (da edo) ed és (da sum), flax (da fleo), dis (da dare) ¢ via dicendo, 557 SILLABA FINALE DEI POLISILLABI 7. Richiemando alla memoria quanto fu via via osservato nello studio della morfologia della flessione nominale e verbale, possiamo considerare quanto segue: 4) Polisillabi uscenti in consonante divers da s. Lultima sillaba di parole polisillabe uscenti con una sola consonante diversa da s 6 sempre breve: capt, «capo; semél, «una volta»; apd, presso »; amdt, «ama»; monet, «ammonisce »; doniim, « dono »; regém, «re; consid, «console»; ec. Si badi bene che in tali condizioni la vocale si abbrevia anche se nel resto della flessione @ lunga: la 4 di laude si abbrevis. in laudat, cosi la & di de- ere in delét, la i di audire in audit; analogamente abbiamo sorér, amér al nominativo singolare, mentre nel resto della declinazione si ha’ sordrem, sorbri; amirem, amiris eve ‘A questa norma si sottraggono pochi nomi greci (Titan, « Titano, Sole»; Lxién, 16>; delphin, «delfino ; adr, «aria»; aethér, «cielo; i composti di par Gimpar, dispar) ¢ 1a desinenza verbale it = lie (petit = pettt, per distinguerlo dal pres. ind. petit: cfr. il precedente § 5, 6). 6) Polisilabi uscenti in s. ‘Occorre distinguere secondo Ia vocale che precede la s. is @ di regola lunga: rosas, ancillas, fords, aestas, laudas, eve. Pochi nomi si sottraggono a questa norma: as & per es. breve nel nom. sing. i nomi greci imparisllabi, con al gen. la penultima breve, quali Pallds, Pallados, ‘«Pallade », nonché nell'ace. plur. alla greca Arcadéis, « Arcadi »; anards, da ands, anatra ». -&s 8 di regola Inga: reges, consulés, collés, monés, ec: es 8 breve nei nominativi ¢ vocativi singolari di nomi imparisllabi che al geni- tiyo abbiano ia penultima breve: seyés, segétis, «messe »; pedés, peditis, «fante » Gi osvervi la differenca fra pede, « piedi » e pedés, «fante »); coms, coms, « com- agno »; milés, miltis, « soldato »; ecc. A questa particolarita si sottraggono pero abise, abiéts, «abete »; ariés, artis, «ariete »; pariés, parttis, « parete»; Cerés, Ceréris, « Cerere » -e5 & ancora breve nel nom. plur. dei nomi greci: Trots, « Troiani»; Cyelopés, «Ciciopi »; ecc. is 8 di norma breve: fnis, is, consuls, reals, marks, Harnibalis, facts, dicts, hortaris, satts, ecc. sis 8 pero Junga: nel dat. ¢ abl. plur. della 1* © 2* decl.: pots, rosts,lupls, vitts, gratis, Joris, ecs.; 558 nel nom, sing. dei nomi della 3* dct, imparisillabi con al genitivo ta penultima lunga: Samnis, Santis, «Sannita »; Quits, Quiritis, « Quirite »; nel plu, dei casi retti della 3* dec. (allorché is ~ es): colts, «i coli», eco. sis finale in voce verbale & lunga o breve a seconda della quantita che Ja sillaba presenta quando, in altre voci della flessione, divenga penultima audts (afatti auditis), absis Gnfatti absitis),velis (infatti veliis), possts in- fatti possiis), egis (infatti legtis), cupls (nfatti cupttis) © via dicendo. Fs ricorre solamente in grecismi ed é di norma breve: das}s, «10720»; ems, testuggine »; ostr}s, «carpine »; oxi, «acetosella » occ -8s & sempre Tuga: lupds, discipulds, virés, sacerdds, nepos, exe. Gs & breve nei termini greci, allorché corrisponde ad omleron (Delis, Arcadds, Aeneidés) nonché in exds, exessis, « prive di ossa » (pare usato solamente da Lu- rerio) ed in compde, eompbtts, « padrone » sits @ di solito breve: lupis, discipulis, gemiis, ducibas, diebis, sumiis, ama- ‘mis, fructis, «il feutto » iis & invoce Junga: nel gen. sing. e nei casi retti plurali della 4* decl.; fructis, « del frutto » oppure «i frutti; nel nom. sing. dei nomi imparisillabi della 3* decl. che al gen. sing. abbiano Ja penultima lunga: virtis, virtitis, « valore »; salts, salitis, « sal verza»; pals, palais, «palude»; senectas, senectitis, « vecchiaia »; ece.; nelle parole grechc in cui corrisponda al dittongo ov (Sapphis, « di Saffo », da Lengoie). ©) Polisillabi uscenti in vocale. breve nel nom. ¢ vos. sing. della I* decl.: rast, poétd, Rom, nei casi retti del neutro plurale: belld, maria, generd, cornu; nel neutro sing.: paémas nell'ace. sing. di nomi greci: Pallada; a finale & funga nellabl, sing. della 1* decl.: rosa, podta; nell'imperativo pros.: ama, lauds nelle parole indectinabili, quali numerali (triginta, quadra- gintd, ecc.), avverbdi © preposizioni (intra, extrd, qud, | hac, “ated, proptered), tranne itd, quid, hei. 559 breve quasi sompre: dominé, «0 signore ». consult, « dal con sole»; maré, «il mare »; quingué, « cinque »; amaré, moneré, Tegeré, audire, caperé, esse; propé, «quasi: lege, «con la legge »; legé, «leggi; rite, anté, saepé, ecc.; lunga nell’imperativo dei verbi in -8: moné, dele; e finale ¢ { nell'abl. sing. dei nomi della 5* decl.: did, ré, specié, ece.; | negli avwerbi derivati da aggettivi della 1* classe (antico caso strumentale): pulchré, vere, doct2, liber® (con eccezione i ben, mailé, temeéré). A questi avverbi sono da aggiungersi (feré e fermé, pur aventi origine diversa in parole greche allorché la -e latina corrisponde ad 4: | Achille, «o Achille »; Tempe (neutro plur.). i finale @ Inga quasi sempre: vir, diseipult, consul, amaci, audlvi, aud, sequt, mart, delert, exe “i & breve nel dat. & voc. di nomi greci (Palladt, Alex!) i & ancops im mihi, tibl, sibl, ubl, ibf, © finale & lunga: vird, amicd, discipuld, ratid, subitd, erga, exc. 0 finale ha quantita oscillante in molte parole, specialmente bisillabiche, pet la cosidetta correptio iambica 0 «abbreviamento giambico ». Correptio iambiea (« abbroviamento giambico): Ia correptio iambiea & una tendenza propria del latino di abbreviae le final vocaicke lunghe di parole, specialmente bisila- Diche, con la penultima breve, in modo da trasformare il giambo (.—) in ua pirichio (ou), Per quesia tendenza gli originari bind, mild, temeré sono divenuti bane, mile, teméré, per questa stessa tendenza la 6 finale in molte parole ¢ divenuta 3 (ead, mod3) ‘oppure anceps (um3, la ec). W finale & sempre Iunga, senza eccezioni: magistrat, iussi, corn, nocti, di dict, fact, visi, ec: OSSERVAZIONI CONCLUSIVE SULLA FLESSIONE 8. Pud infine esser utile riflettere su alcune caratteristiche della flessione nominale (dectinazione) ¢ verbale (coniugazione), richiamando alla mente quanto @ gid noto dallo studio della morfologia 4) Quantita nella derivarione. La sillaba radicale tende a mantenere ta sua quantita in tutta la serie di parole che da essa derivano: itor, «uso », dsus, «utilitA», fsura, « godi 560 mento », isurarius, «di cui si ha Tusa; arilitas, « utilta », aeilver, « util mente»; ecc. Per questo principio: da ctido si ha ovcldo, inctdo, concido; da caedo si ha occido, incido, concido e via dicendo. Tale norma ha varie eccezioni, i numero delle quali, tuttavia, & insi- gnificante rispetto alle centinaia e centinaia di parole che la rispettano, 5) Flessione nominale. Le sillabe tematiche rimangono invariate in tutta la declinazione, purché hon vengano a trovarsi in fine di parola, ove possono subire allungamento (© abbreviamento: rdsd, rdsad, rdsdm, résis, résa; hipts, Iipl, lipo, lpi, Tipe: ferax, forocis, ferdci, ferbcem; ecc. Z Osserviamo ora ia Hlessione di nomi quali dmér (Zméris, amdri, dimorem, dobre) ed animal (enimalis, dnimalt, animal, dnimali): notiamo che le sillabe tematiche che non sono in fine di parols rimangono invariate (4 di dmor, Gni- di animal), mentre quelle che vengono a trovarsi in fine di parola si abbreviano (da amdris si ha amdr, da animéli si ha animdl), Osserviamo in- vvece la declinazione di sal, sdlis, sali, ece.: unica sillaba tematica sal si allunga allorché si trova isolata al nominativo singolare (monosillabo sostan- tivo), cosi come avviene per bds, bévis. 6) Flessione verbale. Le sillabe tematiche di ogni tema temporale si mantengono invariate per tutti i tempi propri del tema stesso: videbam, vldebo, vidérem, vtdéri vidi, vldévam, vidéro, vidisse lsum, vistrus, visu a meno che non vengano trovarsi: 1) dinanzi a vocale: tdere, otdébam ma vidéo, vidéam; 2) tn fine di parola idére, otdeo, vides, oidet secire, scl, sis, seit Stdre, st0, stds, stat dire, da dis, dat, dius, dats, dint ade, adéo, adls, adit T verbi che nella 2* pers. sing. del presente indicativo sono bisillabi, all perfetto hanno la prima sillaba lunge: idwo, ittas perfetto ivi ‘fiveo, faces» — favi ‘fov0o, foes» foi go, agis » ei cdpio, cdpis > cei © cost via. I perfetti con raddoppiamento hanno breve sia la vocals della sillaba del raddoppiamento sia la vocale radicale (che pud, tuttavia, valere come lunga, se in sillaba chiusa): cado, cadlis, cécldi ‘cana, canis, eBeIni ello, pellis, pépili tundo, tundis, titadi ‘parco, parcis, péperct ‘mordeo, mordes, mémordi spondeo, spondes, spipondi (ci osservi perd che il perfetto di caedo @ cecidi. Nei supini ¢ participi perfetti bisillabici la 1* sillaba @ di solito lunge’ ititum (da io), visum (da video), trttum (da t8r0), eve. A questa caratteristica si sottraggono pochi verbi, tra i pit comuni dei quali ricordiamo datum (da dare), itum (da fre), ritum (da ruere), rdtum (da reor), sdium (da sero). Nei supini e participi perfetti con pit di due sillabe, 1a penultima con vooale @ & lunga (amdtum, laudatwn, hortdtum, eve.); > @» > (delétum, complénum, ece.); » >» (olitum, volttum), con esclusione dei composti di ruo ‘quali diratum, obritum e simili; » b>» cai verbi col tema in ~f (audltum, lenitum, eoc.); con altri verbi pud essere sia lungo (dietsum) che breve (mont tum, da moneo; positum, da pono; domitun, da domo). SINALEFE 9. Nella concreta realtd del verso pud succedere che talune sillabe fini- scano pet non avere una loro autonoma esistenza ritmica; cid avviene quando tuna parola esce in vocale o in vocale seguita da -m ¢ la patola successiva, 562 comincia anch’essa per Yocale anche se preveduta da A, la quale, al solito, zon conta). In questo caso ultima sillaba della parola che precede e la prima sillaba della parola che segue si fondono insieme, venendo pronunciate come se fossero una sola sillaba (sinaléfe, dal gr. ewvanouyt, synaloiphé, «fusione »): conticuere_omnes intentiqueora tenebant (Verg.) si legge conticuerommnes intentiquora tenebant ‘Altri esempi possono essere: iam medioapparet fluctu nemorosa Zacyntus (Vers.): ‘quid timeam_ignoro, timeo tamen omnia demens (OVv.); tecumuna totas nostra sepulta domus (Cat.); ad rivwn_cundem lupus et agnus venerant (Phaedt.). AFERESI 10, Quando ad una parola terminante in vocale (0 vocale pitt -m) segue es 0 est, é la vocale iniziale di esjest che si elide e non pitt quella della pa- rola che precede. Tale forte attenuazione del fonema iniziale € detta aféresi (Gal gr. Sgaigens, aphdiresis, «il portar via »): il verso oraziano vilius argentum est auro, virtutibus aurum si legge villus argentumst auro... Spesso anzi nei codici e nelle buone edizioni moderne di classici le due parole sono fuse insieme anche graficamente: ‘orandumst ut sit mens sana in corpore sano (uv). 1) I fenoreno della sinaléfe talvolta + impropriamente definito elisione: in real ‘non si elide nessun suono, bens! si fondono due suoni in una sola realta silabica. Feno- meno analogo si ha nella poesia italiana: volte 1 quardi al arcato Ticino. La sinaléfe con -m finale ¢ la succesiva vocale si spiega con il fatto che in tale posi ione la tendova a non esser pronunzata (inizo della dissoluzione dei casi, che porterd alla scomparss. della declinazione) Di lisione pare, invece, che si possa propriamente parlate nel caso della aféres siacché Ia e+ inizile di eaeot sparnce vorament. 2) Non si ha ovviamente sinalée dinanzi a parola iniziante con i consonante (0 semi- vocal) (lam, tus, iusus, ovis, laces, ooo)? furdit uno faciler vietur iustissima tellus (Vers); ‘ante Tovem mulli subigebant arva coloni (Verg.)- 563 lato 11. Jato 0 dialéfe si chiama il fenomeno opposto a quello della sina- léfe © consistente nel mancato verificarsi della fusione stessa, cosicché le due Yocali mantengono la Joro piena autonomia metrica. Di solito si ha iato dopo le interiezioni oppure in corrispondenza di forti pause di ritmo 0 di senso: 0 | et proesidum.et dulce decus meum (Hor.); sit pecori | apibus quanta experientia parcis (Vere). Anche lo iato & riscontrabile nella poesia italiana, come la sinaléfe: Incomineid | a farsi plik vivace (Dante). 1) T poet tecnicamente pit eleganti, quali Orazio e Virgilio, usano lo iato con mola, iserecione © sempre in vista di particolari effetti estetici. Anche la sinaléfe & usata cor pérlicolare senso della misura ed in genere si evita quella di vocali lunghe 0 dittonsh. I Linguaggio della commedia e della satiea gode, come al tolito, di maguiore Uber. 2) Sistole ¢ dlistole, ‘Una vocele lunga pud eccezionalmente essere considerata breve Gistole) 0, viceversa, tuna breve pud essere considerata lunga (didstol): si tratta, ovviamente, di liberta che si concedaaa i versificatori tecnicemente pil approssimativi, METRICA 12. In senso lato con il termine metrica (0 studio dei metri: oft. § 15 ¢ 16) si intende Ia disciptina che studia la versificazione in senso generale, sia quella quantitativa, propria delle antiche Iingue classiche, sia quella ac- ceatuativa, propria, per esempio, della poesia italiana. TEMPO PRIMO 13. II ritmo del verso latino, come gid sappiamo, risulta dallordinato succedersi di sillabe lunghe © di sillabe brevi: le lunghe hanno convenzio- nalmente una durata doppia rispetto alle brevi, cosicché & spesso possibile sostituire — con vw 9, viceversa, ~~ con — Per questo si suole considerare lav come l'unitd di misura della quan- tit © tempo primo (detta anche mora), 564 PIEDE, ARSI E TES! 14, Il piede & Vunitd ritmica fondamentale del yerso: & un gruppo di sillabe determinato nel suo valore quantitativo totale ed in quello delle sin- ‘gole sedi, nella relazione delle sue varie parti fra loro e nella posizione del- Vietus, W piede dattilo, per esempio (4X), risulta cos) determinato: a) nel suo valore quantitative totale & un piede di quattro tempi primi; 4) nel valore quantitativo delle singole sedi ha la prima sillaba lunga ¢ la seconda e la terza breci (¢ si dillerenzia cost dall'anapesto, piede di quattro ‘tempi primi, ma disposti con la lunga in terza posizione ¢ le brevi all’inizio); © Fintero piede & divisit due tempi primi per ciascuna; in due parti quantitativamente equivalenti: 4) Vctus cade sulla lunga iniziale, In ogni piede si distingue pertanto una parte ritmicamente evidenziata (arsi, sulla quale cade Faccento ritmico o ictus (= « colpo », « percussione ») ed una ritmicamente meno evidente, non accentata (tes). Se Varsi precede la tes il piede ha ritmo discendente, so invece Varsi viene dopo Ia tesi, il piede ha ritmo ascendente Tenendo conto delle varie determinazioni che caratterizzano ill piede, nonché delia distinzione fra ritmo discendente e ritmo ascendente, possiamo suddividere come segue i pitt comuni piedi della metrica latina (non sono certo gli unici, bensi quelli che Palumno potra pit fequentemente incon- trare nella sua esperienza liceale): piede di 3 tempi primi +. troche vt glambo » 4» » 200 dattile Lv anapesto = spondeo 1) Liunitiritmica di base & detta «piede» dallinclinavione naturale che fuomo ha sempre sentto 2 distinzuere il ritmo battendo appunto il pied 2) molto facile per noi modern confondere Fetus antico con i nostro accento rite rico vero e proprio, cio# con un «colpo » pill forte della voce: la real ritmica lcina hon eta certimente questa, Essa (atiavia nella sua casenza non pud essere riprodotta, dall'uomo modemno: per questo ci si deve accontentare di loggere Varsi dei vari pied con un pitt maresto accento della voce, come se si rattase df ritmica italiana, 3) Arst, wsollevamento> ¢ tesi, « deposizione» jadicano, nelriginaria accerione rece, rispettivamente Ia fase debole (cioé quella in cui si solleva il piede) e la fave forte (quella in cui si batte il piede per tera) de'unith ritmica. 1 grammatici della tarda anti= 565 chita collegarono Idea delfalzare e quella del deporre ala voce anziché al battito del piede (evss est eleatio, hess depasiio voc, dice Maeziano Capella nel V sec. 4. C:): di qui derive il significato moderno, per cal arsi inca la fase forte, ¢ tes la fase debole del pled 4) Lietimologia meglio socreditsta dei nomi indicanti i piedi sopra elencatl @ ls se- uente: 4) il arto deve if suo nome a) fatto che era un ritmo tipico delle danze det Dart © Cure, sacerdoti della Magna Mater (DemetrajCibele); ') lo spondeo era ua ritmo caratteristieo di azioni liturgiche accompagnate da liba- gioni (in gr. enevbal, spond; ©) Panapesto deve il suo aoave al fatto di essere ritmato ia mode contrerio al dat- tilo (Gal ge. v4 ala, and pais, « atlo in senso conttaro »); 4) non chiara Petimologia di trocheo € di giambo, VERSO E METRI 18. Dalla radice di verto, « volgo, vado a capo, versus indica un pe riodo ritmicamente compiuto, caratterizzato dalla successione di un determi- nato numero di misure metriche o mettl, separati da particolari pause, dette Il verso 8 un’entita creata intuitivamente dai poeti pid remoti che dispo- nevano le parole degli inni e delle danze liturgiche in modo da adattarle ad ‘un ritmo che sentivano nascere spontanco in se stessi: solo pitt tardi la rifles- sione teorica anatomizza, per cosi dire, il verso, distinguendone le ulteriori ripattizioni in metri e/o picdi. «Non sara mai una serie di metri © piedi di por s6 cose morte — 2 generare un verso, ma é la viva parola, che, piegandosi a certe leggi, si atteggia in modo tale da creare un ritmo misu- rabile anche per piedi © metri» (Del Grande) METRO E PIEDE 16. Il piede & I'unitd ritmica fondamentale e, come tale, basta assai spesso 2 costituire da solo una misura ritmica 0 metro (quaicosa di analogo a cid che la battuta rappresenta per la frase musicale): dire metro dattilico 0 dat- tilo 0 piede dattilco & la stcssa cosa. Alcuni piedi, invece, isolatamente con- siderati non sono sufficenti a costituire metro: tali sono il giambo (~~), il trocheo (4) ¢ lanapesto (1+), i quali per essere metro debbono essere accoppiati, cosicehé un metro giambico @ costituito da due piedi giambi (© dipodia giambica), un metro trocaico da due piedi trochei (0 digodia tro- caica), un maetro anapestico da due piedi anapesti (0 dipodia anapestica). I versi si denominano indicando il numero e la specie dei metti che li costituiscono: un esameiro dattilico, pet esempio, & un verso costituito da 566 ssei metri dattilici (con eventuale sostituzione di taluni dattli con equivalenti spondei); un trimetro giambico & costituito da ire metri giambici, cio’ da tre dipodie giambiche ¢, quindi, da set piedi giambi; un tetrametro trocaico & costituito da quattro metri trocaici (cio® da otto trochei) e cosi via. COLON ED EMISTICHIO 17. 1 versi di una certa tunghezza possono essere divisi in due parti dette cola: se i due cola sono uguali si dice che il verso ¢ diviso in due emi- stiché (Cio’ « mezzi vecsi»). VERS! CATALETTICI 1B. Si dicono catalettici quoi versi il cui ultimo metro sia mancante di qualche sillaba; in particolare si dice che il verso é: 4) catalettico in syllabam se dell'ultimo piede rimane una sola sillaba; 2) catalettico in disyllabum se del piede finale rimangono due sillabe. VERS! ASINARTETI 19, Sono detti asinartéti (cio’ « sconnessi ») i versi formati da due cola di andamento ritmico contrario, uno a ritmo discendente e altro a ritmo ascendente 0, naturalmente, viceversa, VERS! IPERMETAI 20, Sono definiti ipérmetri (cioé « oltre Ia misure ») i versi che presen- ‘tino una sillaba superiore al totale normalmente previsto dallo schema tipo del verso stesso: di solito tuttavia Ia sillaba sovrabbondante viene fusa per sinaléfe con. Ia sillaba inizialc del verso successivo. Un esempio di verso ipérmetro @ il seguente, tratto dal De rerun naturd lucreziano (V, 849), la cui ultima sillaba sovrabbondante va fusa con Ia ut iniziale del v, 850: ‘multa vides enim rebus concurrere deber(e) tut propagando possint procudere saecla. Quello citato ¢ Punico esempio ci verso ipérmetro in Lucrezio. Tali versi furono sempre piuttosto rari: Catullo ne ha due esempi, ¢ cosi pure Orazio 567 nelle sue Satire; tre esempi presenta Ovidio, uno Valerio Flacco; solamente Virgilio ne presenta ben 20 esempi, dovuti alintenzione artistica di pro- ungare la risonanza del verso stesso. CESURA 21, La successione delle arsi ¢ delle tesi dei vari piedi fa st che Pierus ritmico coincida solo di rado con Faccento tonico delle varie parole: tra i rari esempi possiamo ricordare il seguente, tratto dagli Annales di Ennio, sparsis hdstts Wéngis cdmpits spléndét & hdrrét, In versi del genere si ha una sostanziale coincidenza della parola con il piede (ogni parola é un piede metrico): 12 cosa era sentita come dimostra- zione di imperizia tecnica, di inespressivita ritmica ed era pertanto evitata dagli autori di poemi epici, cio’ di testi in stile solenne; qualche esempio in pid si pud trovare nella satira, genere letterario in cui lesametro si piega a modulazioni pitt vicine alla spontaneita della lingua coiloquiale. Un esem- pio ulteriore potrebbe essere il seguente tratto dalle Epistole di Orazio: gris minté dimbqué legentis handed Nérdnts La poesia latina, dunque, & in genere diversa da quells italiana, ove ac- cento tonico delle singole parole ed accento ritmico del verso coincidono sempre (tranne casi molto evcezionali) In latino, pertanto, vi & profonda differenza tra leggere metricamente e leggere normalmente: in fettura normale, per esempio, il 1* verso dell’Eneide suona Arma viriimque céno, Tréiae qui primus ab ris mentre, letto metricamente, lo stesso verso suona rma viriemque cans, Troide qui primus ab és. Se vogliamo far cadere I'icrus sulle ultime sillabe di cano e di Troiae ci accorgiamo che dobbiamo imporci una pausa (piit forte nel caso di cano), dobbiamo, per cosi dire, « tagiiare », interrompere il fluire continuo della yooe: questi tagli sono detti appunto eesure (da caedo, «io taplio, inter- rompo >»), le quali, come ogni silenzio o pausa musicale, sono elementi co- stitutivi del citmo esse stesse. Normaimente in un verso vi € una sola cesura ben evidente: essa pud, tuttavia, essere accompagnata talvolta da pause secondarie meno forti; non mancano casi, come vedremo a proposito dell’esametro dattilico, di due cesure di eguale forza che dividono il verso in tre parti ritmiche, 568 IL_VERSO SATURNIO 22, B il verso pit antico della Jatinita, usato da Livio Andronico, da Nevio, nelle iscrizioni (quali gli epitafi degli Scipioni) ¢ forse nei fescennini. Ce ne rimangono meno di duecento esempi. Ennio disprezzava questo verso come troppo rozzo ed irregolare: lo sostitui, infatti, con 'esametro datti- lico modellato su quello dei poemi omerici. Orazio lo trovava horridus © Virgilio lo defini incomptus. I grammatici antichi stessi erano molto imba- razzati a proposito della sua definizione: gli studiost moderni sono divisi tra coloro che lo ritengono un verso quantitative e coloro che pensano invece trattarsi div un verso accentuativo, La sensibilita naturale dei Latini per la quantita, Ia natura quantitativa di tutta 12 successiva poesia Iatina Tasciano pensare che anche il saturnio fosse di natura quantitativa: nessun poeta, sis pur geniale quanto si vuole, avrebbe potuto imporre al pubblico di Roma un sistema metrico cui esso hon fosse gia incline per sensibilita propria e tradizionale. | sostenitori della natura quantitativa del saturnio concordano comunque con i sostenitori della natura accentuativa nel ritenere il yerso chiaramento Givisibile in due cola, rispettivamente di sette e di sei sillabe, separati da una cesura piuttasto nett Nell'ipotesi quantitativa il satumnio si configura come tun rerso asinartéto, giacché alterna un colon a ritmo ascendente con un colon a ritmo discendente, e, pit. precisamente, una tetrapodia giambica, catalet- tica in syllabam ed uma tripodia trocaica, secondo lo schema Esempi di satumni sono: viriimr milf Caména | insecé versiitum (Liv. Andt.); novém Tovls concérdes | filiaé soréres (Nev.); dabiint malim Metélli || Néevié poétae (viferito dal grammatico Cesio Bassio). ESAMETRO DATTILICO 23. B il verso pitt illustre della poesia latina, Tesametro per antono- masia, Introdotto in Roma da Ennio che se ne servi nei suoi Annales mo- dellandolo sulMesametro ometico, divenne il metro proprio della poesia ‘epica (Virgilio, Lucano, Stazio, Valerio Flacco, Silio Ttalico, Petrarca), di quella didascalica (Luctezio, Virgilio, Ovidio, Manitio), di quella satiiea (Ennio stesso, Lucilio, Orazio, Persio, Giovenale) ¢ di quella bucolica (Vir- gilio, Calpurnio, Nemesiano, Dante, Petrarca, Boccaccio ¢ numerost altri umanisti). 569 Occorre tener presente che la cultura antica assegnava ad ogni genere Jetterario cone tenuti, forme stilistiche, strutture metriche ¢ tonalita paticolari, ¢i cui si condannava, tor'evertuale coafusione, Lresametro dattilico propriamente una esapodia dartilica, catalettica in disyllabum, con ultima sillaba libera (0, come suol dirsi, anceps) e, quindi, con l'ultimo piede costituito per lo pitt da uno spondeo (+) 0, pitt di rado, da un trocheo (2), Lo schema teorico non si troya realizzato che in particolari circostanze: di solito i primi quattro piedi ammettono la sostituzione del dattilo con Io spondeo ad esso quan- titativamente equivalente, mentre il quinto piede tende a rimanere dattilo, cosicché lo schema pitt vicino alle possibilita del vero é il seguente: La possibilita di sostituire il dattilo con lo spondeo permette una note- vole varieté ritmica, la quale spiega 1a grande fortuna di questo verso in tutta la quasi bimillenaria vicenda della letteratura latina e di quelia in latino (dal Medio Evo alfeta umanistica, ed oltre se si considerano il Pascoli ed aleuni suoi tardi epigoni). Si chiama spondiaco (meno bene « spondaico ») Vesametro che abbia al quinto piede uno spondeo: in tale caso, di solito, il quarto piede @ un dat- tilo (anche se non maneano esempi, per particolari esigenze artistiche, di esametri di soli: spondei) E chiaro dunque che lesametro, verso quantitativamente costituito da 23 tempi primi, pud variare il numero delle sue sillabe da un massimo di 17 ad un minimo di 12: ¢ ovvio pertanto che per leggerlo metricamente © necessario procedere alla scansione, al riconoscimento, ciod, delle sillabe brevi ¢ lunghe, per agercgarle nei vari piedi, per collocare gli fetus nelle sei arsie per riconoscere le cesure. 24, La seansione & operazione che sulle prime pud scoraggiare per la sua artificiosita ed apparente gratuitd: tuttavia essa va compiuta con paziente « diligente umilta (e mediante eserczio scritt, piuttosto che orale). Nel giro di poco tempo gli alunni si accorgeranno che a lettura meitica « viene » spontanea, «ad orecchio », come suol dirsi: la scansione, allora, sark neces- saria solamente per talune circostanze eccezionali ‘Nella scansione si devono applicare le norme prosodiche che abbiamo studiato: va detto, perd, che non é necessario riconoscere la quantita di ogni sillaba, Yediamo insieme qualche esompio di scansione 570 ‘Cominciamo con il gid ricordato 1* verso dell'Eneide, Arma cirumque cano, Troiae qui primus ab oris: ar. @ lunga perché chiusa, -md & breve perché neutro plurale, vf deve esser per forza breve (dopo —v nellesametro dattlico non pud esservi altro che una W), -rdm 2 lunga perché sillaba chiusa (del resto & sillaba iniziale di un nuovo piede e deve esser per forza lunga), -qué & breve perché monosillabo enclitico, cd deve ester per forza breve perché segue ad ur'altra breve (del resto cano nei composti fa con ino, il che prova che la vocale radicale & breve), -nd deve esser Iunga perché inizia ‘un nuovo piede (del resto T'uscita verbale in -0 & lunga nelfeté arcaica ¢ classica, anceps neleti imperiale); di Tro- ignoriamo la quantita, ma possiamo notare che ® posta tra -nd ed -iae (lunga perché dittongo): ne consegue che Tro- deve esser per forza lunea per formare Io spondeo insieme con la precedente lunga -nd. Qui @ lunga perché F finale ¢ sempre lunga; pri- deve esser per forza Junga poiché é sil- aba iniziale di un nuovo piede, che & per Yappunto il quinto, sede in cui si ha 4i solito un dattilo: infatti-mu (si ricordi che la divisione sillabica € pri-mu-sa-bo-is) 2 breve perché nom, sing. della 2* decl., sd- deve ester per forza breve (del resto ‘ab & monosillabo non sostantivo Uusconts con una sola consonante). Le due ultime sillabe costituiscono evidentemente Tultimo piede, che pud esser indifferentemente ‘uno spondeo (quasi sempre) o un trocheo (pi di rado): se proprio vogtiamo chia rirci quale sia Ia clausola nell'esametro che analizziamo, potremo osservate che si tratta di uno spandeo, giacché alla prima sillaba per forza lunga che & -bd-, segue rig lunga perché desineaza delVablativo plurale. Quanto alla cesura gia abbiamo visto che in questo esametro ve ne sono due, tuna molto forte ben evidente dopo cano, un‘altra mene sensibile dopo Troiae. La cesura si riconosce molto bene proprio perché essa si verifica quasi sempre ‘quando Tctus cade sull'ultima sillaba di una parola, quando cio’ un piede inizia dove una parola finisce: lo schema del verso & pertanto: Vediamo un altro esempio, anch'esso virgiliano Tu regere_imperio populos Romane memento: 1a & lunga perché apre il piede, anzi il verso (del resto si tratta di monosillabo non sostantivo uscente in vocale, vocale che, per giuata, é u, la quale in posizione finale 2 sempre lunga), 78-8 breve perché & silaba tonica che in italiano & divenuta 2 aperta (da régo si ha régga), -98 & breve perché @ infinito dei verbi con tema in é; fra -ré ‘ed im si ha sinaléfe, da cui risulla rim, lunga perché chiusa; di -pe- ignoriamo Ja quantita ma osserviamo che la sillabe successiva -ri- & breve perché # & seguita da um’eltra vocale: anche -pé- pertanto deve essere breve; ~6 ¢ lunga perché desi- nenza dell'abl. sing. della 2* deci, Siccome & sillaba finale di parola ed inizile di abbiamo una cesura, che risulterd evidente in sede di lettura metricamente ritmata. Di po- ignoriamo la quantita, ma osserviamo che & seguita da -pi- (breve, come ci dice la legge della penultima: tutti abbiamo suficiente esperienza del Ia- tino per leggere pépulus e non popilus) quindi anche pé- deve csser breve (del resto Ja quantita breve ci é confermata del vocabolario, che distingue pépilus, « popolo » sm da pépilus, « pioppo »); lds & lunga perché acc. plur. (del resto @ sillaba chiusa ed oltretutto inizia un nuovo piede); osserviamo una sezonda cesura, molto meno sensibile della precedente. RO- & lunga (viene da Rdma, la cui sllaba tonica é dive- fnuta in italiano J chiusa: si ricordi che tale considerazione ha un alto margine di probabilita, ma non la sicurezza assoluta), -md @ junga (ce lo dice Vaccento), -né & breve (vor. dolla 2* decl); mé- & breve per forza (del resto & sillaba di rade doppiamento), mén- é lunga perché chiusa, 20 non ci interessa che relativamente (comunque & lunga perché desinenza verbale: anche questo esametro virgiliano si ‘chiude con uno spondeo, come quasi tutti). Lo schema del verso & Consideriamo, infine, ancora un esempio, sempre tratto dall’Eneide, Quidve dotens regina deum tot volvere casus ‘quid & Yanga perché chiusa, -vé & breve perché monosillabo enclitica, dé sara ine- vilabilmente breve; -Léns é lunga perché chiusa ed, oltretutto, & iniziale di piede (o8- serviamo, pertanto, Ia cesura); ignosiamo la quantiti di re-; tale sillaba 8 pero seguita da ~of lunga (ce lo dice Tacoento, giacché leggiamo regina e non régina) anche 7é- pertanto deve essere lungs; -nd @ breve (nom. sing. della 1° decl), dé @ brove perché vocale soguita da vocale, -An & lunga perché sillaba chiusa (osser- vviamo un’altra cesura, di intensita abbastanza forte, pari o quasi alla precedente. ‘Langa @ pure 70, in quanto chiusa e per lo stesso motivo & lunga vl; -vé- 8 breve ito di verbo con tema in 2), -ré & breve inevitabilmente (del resto sempre & Dreve quando & suffisso dellinfinito); c@-sas costituiscono lo spondeo finale (as @ tunga perché ace. plur. della 4* decl}), Lo schema del verso & dunque: ‘Osserviamo che Je cesure non sono nella stessa posizione degli esempi prece- denti: nei primi due vers, infatti, le cosure erano a meta del 3° piede (quella pit sensibile o principale) ed 4 meta del 4* (quella meno forte o secondaria); in. que- st'ultimo verso, invece, la cosura principale @ a meta del 2° piede e quella succes- siva (non proprio socondaria) a meta del 4”, 25. Nell'esametto dattilico Ia cesura pud duinque essere: 4) semiquinaria (0 pentemimera): cade dopo Warsi del 3° picde, cioé dopo ccinque mezzi piedis b) semiternaria (0 tritemimerd): cade dopo Parsi del 2° pieds, ciot dopo tre mezzi pied; ©) semiseitenaria (o eftemimeray: cade dopo Varsi del 4° piede, cio’ dopo setie mezzi piedi. Di esse la pid forte (¢ la pit frequente) & senza dubbio Ia cesura semi- quinaria’ la semiternaris non & quasi mai presente da sola, ma sempre in- 572 sieme con la semisettenaria.. Non mancano casi di esametri con la compre- senza delle tre cesure: Di magni | facitett \\ veré || promittere péssit (Cat.) rel qual caso ha valore di cesura principale quella che coincide con una pitt marcata interpunzione (nell'esempio citato, Ia semiternaria) Cesure molto meno frequenti sono quella ‘rocalea ¢ quella bucolic Siechiama easura rocaiea quella che cade dopo la prima breve de 3 pede (-]) cote tmoerdmaue || par | Romnas habe, Si chiara cosura © dlerestbucolca (perch sala sopattatto dal scittor di cari pastoral o bucolic) quia che cade non alnterno di un pied, ma frail edi S* pied: cm plc véntls stdrét mars || nbn &g0 Déphim (Verg.)s lice ob tebe climim, mid cdrmind | dite Daplnim (Vers). OSSERVAZIONI SULL'ESAMETRO 26. 1) La maggior parte degli esametri latini, specialmente del periodo Classico, presenta un sostanziale equilibrio nella dosatura dei dattili e degli spondei: T'esametro pitt comune risulta formato da una dipodia dattilica, ‘una dipodia spondiaca, da un dattilo (quello della 5* sede) e da uno spondeo finale secondo lo schema ‘Non sara per caso che i versi d’avvio dell’ Eneide di Virgilio, delle Me- tamorfosi di Ovidio, della Farsaglia di Lucano comincino proprio con esa- metri di tale struttura: Arma viriimque cand, Troiae qui primus ab dris (Aen I, Us dn nova fért animis mutétas dicere formas (Metam., I, 1), Bélla per Emathiés plus qiam civitia cémpos (Phar., I, 1). Naturalmente i poeti dosano variamente dattili e spondei per ottenere con Ia diversiti del ritmo particolari effetti espressivi, talvolta addirittura Si osservi, per esempio, come Virgilio riesca a sottolineare anche ritmi- camente il cammino di Enea e della Sibilla verso il regno di Dite oant dbsctirl sold sib ndcté per tmbrim (Aen., VI, 268) dove Ia frequenza degli spondei sottolinea espressivamente Ja lentezza e Ja cautcla, In generale Fesametro latino presenta maggior frequenza di spondei rispetto all'esa- metro greco, perché la lingua latina ha pit sillabe lunahe che brovi. 573 2) Esametri olodattilici sono detti gli esametri formati da soli dattli, i quali sottolineano movimenti rapidi € concitati, come nei seguenti esempi tratti dagli Annales di Ennio e éall’Eneide di Virgilio Africa érribill tremit hérrida térra tumiiltu (Enn.), Quédrupedinte putrém soniti quatit tingula cémpum Vere. nei quali i temi della battaglia e della carica di cavalteria sono evidenziati dal martellante precipitare dei velocissimi dattii 3) Esametri olospondiaci sono invece detti qucli costituiti da tutti spondei. Si tratta diversi dal ritmo particolarmente rallentato, come nel seguente esempio enniano, in cui si descrive la solenne gravitt del re di Aiba Longa che risponde ad un interlocutore nella piena maesti delle sue funzioni Oli réspondit rex Albat Longa 4) Coincidenza di fetus metrico ell accento tonico, AL§ 21 di questa Appendice abbiamo gia citato un esenspio di esametro dattilico in cui ictus metrici ed accenti tonict delle varie parole coincidono: in tal modo si affievolisce, o addirittura scompare, 'evidenza ritmica del verso e da tutto T'insieme risulta un‘intonazione assai vicina a quella della rosa: non per nulla il maggior numero di versi siffatti si incontra nei Ser- ‘mones ¢ nelle Epistulae di Orazio, Ia cui arte scaltrita si serve di questo espe- diente per dare alla sua dottissima poesia satirica un andamento ritmico colloquiale: irbae cémparet hime atque hine superdre laboret (Serm., I, 1, 112), & post Pinica bélla quiétus quasrere coépit (Epist., IN, 1, 162). Casi ad andamento pit decisamente prosastco (ma anche assai pit sono quelli di esametri in cui piedi e parole coincidono perfettamente come ‘nel seguente verso ascent foede fiemind cid singuié spss Tali versi furono definiti dal grammatico Diomede partipédes. 5) Sinaléfe e iato. La poesia post-virgiliana (Tibullo, Ovidio) e pitt ancora quella dell'etd neroniana (Lucano) ridusse sempre di pid la frequenza della sinaléfe ¢ dello iato, attribuendo all’esametro maggior rigidezza e pesantezza di schemi rit mici (per noi, tuttavia, tali versi sono pitt « orecchiabili » e ci ricscono pill facile lettura rispetto a quelli, cosi variamente e dottamente modulati, Gi Virgilio e di Lucrezio). 574 6) Clausola monosillabica & detta quella degli esametri che terminano ‘con una parola di una sola sillaba, la quale viene a costiture la sillaba indif= ferente dell ultimo piode, perdendo cost la sua autonomia ritmica. Il feno- meno, di sapore piuttosto prosastico, & raro nella poesia di tono solenne, ‘molto pid frequente in quella satirica: ‘mercator tu consultus modo rusticus. Hine vos (Hor., Serm., 1, 1, 17) (nei 121 versi della prima satira oraziana gli esametri a clausola monosi labiea sono ben 10). 7) Poesia esametricn ¢ lingua latins. L'esametro, come sappiamo, era un verso in origine greco: tale diver- itd di origine si fece spesso sentire presentando ai poeti latin’ non poche difficolta linguistiche, giacché non tutte le parole della loro lingua si adat- tavano alle misure di quel verso. Come far rientrare, per esempio, nell'esa- metro dattilico parole tipo Imperator, consuls, arbres e simili? I poeti superarono tali difficolti con espedienti diversi 44) usando sinonimi al posto delle parole ametriche, non rientranti cioe nel metro: arbista invece di arbares; ) usando termini arcaicizzanti: indapérator invece di Dmpérdtor; 6) servendosi della sinizési (cfr. § 4), come nel virgitiano aadsuete ripis volucres at fluminis alvéo dove dlvéo vicn contato come dlveo; d) contando come consonante la / seguita da yocale in parole tipo abiété, ariété, ecc., cosicché si conta una sillaba in meno e si ottiene la chiusura ©, quindi, 'allungamento, della prima sillaba: ab-jé-té, par-jét@; 6) alterando deliberatamente Ja quantita naturale di una sillaba quando proprio non si possa fare a meno di usare quella determinata parola (Irdlia invece di Tidiia, Pridmides, invece di Pridmidés: va detto tattavia che si trata di casi rarissimi); /) mediante il cosiddetto « allungamento in arsi». ‘Si ha quando una sillaba per natura breve viene a trovarsi in fine di pa- rola ed inizio di piede, cio’ in arsi seauita da cesura: la pausa prodotta dalla cesura fe si che Ia sillaba breve si protunghi, per cos! dire, ad occupare il silenzio che la segue ¢ possa valere come se fosse lunga: 1€ cdintt dgrtcold || magna citm vénerit iirbe. 575 PENTAMETRO 27. E un verso formato da due emistichi, costituiti ciascuno da una tripodia dattilica catalettica in splabam, cioé da tre piodi dattii, dellultimo dei quali rimane solamente Ia sillaba iniziale, La cesura é inevitabilmente quella semiquinaria, la quale divide il verso con forte stacco ritmico. Nel primo emistichio i due dattili possono essere sostitwiti da spondei, nel se- condo emistichio, invece, tale sostituzione non & ammessa: lo schema del pentametro risulta pertanto fissato con maggior rigidita di quello deltesa- metro: idmgué padéi vands | fire carére precés (Ov.), 1) Pentametro significa propriamente «verso di cingue motri»: & dungue unt defi- aizione impreciss, in quanto il verso consta pid saitamente di sei pied (le arsi 0 tempi fort, infati, sond sei e non cingue), dei quali il 3 ed #1 6® sono catalettict In syliabam. 2) Di solito il pentametro non & usato da solo ma sempee in unlone oan Fesametro dattlico, insieme ool quale forme il disco elegiaco, clot una strofa di due versi usata toprattutto, Tibullo, Properrio ed Ovidio) e dagii scrttori i epigrammi (Catullo, Marziale, eo), I_VERSI DELLA POESIA DRAMMATICA 2B. La variett molteplice dei metri greci fu il modello cui si ispird tutta la poesia latina, da quando Ennio aveva sostituito il rozzo, primitivo satur- nio con Felegante e variamente espressivo esametro dattilico di origine ome- rica. Lo stesso Ennio ed altri autori del teatro tragico (Accio, Pacuvio) in- trodussero nelle parti liriche dei toro drammi versi di uso comune nella lirica greca: opera ansloga compirono gli autori della commedia (Plauto, Teren- Zio, ecc.). Un pitt consapevole ed organico adattamento dei versi greci alla poesia latina si ebbe poi con Mattivitd dottissima dei pogiae navi (Levio, Licinio Calvo ¢, in particolare, Catullo) ¢ con il magistero del grande, vario ed armo- nioso esempio degli Epodi ¢ delle Odi di Orazio, Dell'arcaica tragedia latina troppo poco ci & giunto perché si possa im- postare un discorso metrico sicuramente fondato: i modelli, in base anche 2 quanto ci viene attestato dalle tragedie di Seneca, furono senza dubbio uelli offerti dalle fonti greche, nelle quali il dialogo era espresso in trimetti giambici e le parti corali con Ia pit ricca varieta di metri propria della lirica Molto meglio informati siamo a proposito della metrica del teatro co- mico, grazie alla sopravvivenza dei testi plautini e terenziani, 576 ‘La commedia era composta da: a) parti dialogate o deverbia (spesso indicate nei manoscritti con la sigla DY); 5) parti in recitativo con accompagnamento di flauto 0 cantica (indi: ceate nei mss. con la sigla C); ©) parti cantate in senso proprio o mutatis modis canttea (indicate nei ‘mss. con la sigla MALC). La palliata, quindi, pid che alla nostra commedia in senso stretto, do- vrebbe essere paragonata alloperetta o allattuale commedia musicale. Ognuna delle varie parti aveva un ritmo particolare: il dialogo era in senari giam- ici il recitativa in settenari trocuici (oppure in settenari ed ottonari giam- bici) mente le parti cantate disponevano di una multiforme quantith di versi giambici, trocaici, anapestici ed altri ancora pitt compless. Poiché la conoscenza della metrica teatrale esula dai limiti liceali di questa appendice, non ci soffermeremo sulla metrica dei eantioa veri © propri e limite remo il discorso solamente al senario giambico ed al setienario trocaico, giacché si tratta diversi che furono usati anche fuori dell'ambito teatrale, SENARIO GIAMBICO 29. E una esapodia giambica (sei piedi giambi) con cesura per lo pitt semiquinaria 0 semisettenaria, secondo lo schema astratto SENARIO E TRIMETRO GIAMBICO 30. 11 senario giambico latino deriva da un modello reco, il trimetso siambico, costituito da tre metri (si ricordi che un metro é costituito @ sua yolta da una dipodia giambica) Nel trimetro giambico greco, 1a breve del piede iniziale di ogni metro Gioé la breve dei piedi « dispari », 1, 3, 5) pud essere sostituita da una Tunga, detta grammaticalmente « lunga irrazionale » perché contrasta con l'equa- zione sempre affermata che una lunga @ uguale 2 due brevi I comici Iatini, adattando liberamente il trimetro giambico greco alla loro lingua, non rispettarono Ia differenza fra piedi pari e piedi dispari ed S77 19. — Paousrn = 1. ammisero Ia funga irrazionale anche net pled! pari, tranne che nel ultimo, con ‘cid distruggendo unit del metro ¢ facendo si che 1a misura delVintero ‘verso divenisse il piede: per questo, appunto, il verso € detto senario (ciot di sei piedi) e non pitt trimetro giambico, COltre alle lunge icrazionale in ogni piede il senario ammette molte sosti- turioni: invece del giambo puro si pud incontrare: ‘giambo con ia lunga irrazionale nella tesi (apparente spondeo, ma ‘2 ritmo ascendente anziché discendente); Www tribraco (la lunga deli'arsi viene risolta in due brevi);

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