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Inv Bank
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ADVISORY SU LENDING
NB: Tutte le volte che si parla di pricing dei loans si fa riferimento all’attività di leding, perché è l’unica attività in cui la
banca sempre investe il suo capitale. Tuttavia, il princing dei loan deve essere visto anche in un'altra prospettiva: sempre
di più, nel mercato dei bond, che non è guidato da assorbimento di capitale, non è guidato da una formula predefinita
ma da una logica di bookbuilding. Per questi motivi, anche nel mercato dei bond, come sarebbe stato valutato un loan
equivalente sta diventano un elemento di guida. Detto diversamente, tutte le volte che viene lanciato un bookbuilding
o la banca deve proporre un collocamento di bond, la verifica e il calcolo di quello che sarebbe stato un princing nel
caso in cui quel bond sarebbe stato un loans è sempre di più un elemento di riferimento, quasi fosse un benchmark.
Quindi i temi che affrontiamo adesso devono essere riferiti ai loan, ma anche come benchmark teorico ed
estremamente concreto ed efficace anche per il mercato dei bond.
Il capitale regolamentare
Prima di trattare i loans, ricordiamo la regola e la formula del RC valida per qualunque istituzione finanziaria esposta al
rischio di credito – banche, compagnie di investimento, compagnie di asset management – definita con il primo accordo
di Basilea e confermata con il secondo del 2005. Il capitale regolamentare deve essere sempre maggiore uguale all’8%
della sommatoria delle attività ponderate per il rischio.
Osservazioni:
1. Timing
La formula deve essere applicata su base mensile. Il timing di verifica del capitale regolamentare è sempre di base
mensile. Nel caso in cui l’RC vada sotto il limite dell’8%, la banca ha 3 mesi per coprire il gap. Nella sostanza questo
tema non esiste più perché la tendenza di qualsiasi banca è quella di avere un RC ben superiore all’8% perché è
la pressione del mercato a chiede alle banche questo. Rimane comunque un tema di dibattito, poiché il RC è
considerato da alcuni quasi ‘esagerato’ a causa di questa tendenza delle banche di over-reagire alle diciture del
regolatore. Con questo le banche vogliono mostrare la loro solidità all’ennesima potenza e sicuramente fa molto
comodo quando ci sono emergenze come quella attuale del Covid-19.
2. Coefficiente patrimoniale
8% è un parametro fisso che viene stabilito dalla regolamentazione. Tuttavia, dal 2012 con un addendum di
Basilea 2 (impropriamente chiamato Basilea 3, poiché un addendum all’interno di Basilea 2) si da la possibilità alle
autorità di vigilanza (nel nostro caso BCE) di assegnare dei target individuali più alti di RC fino a 2,5% punti di
capitale in più. Questo se da un lato è giusto perché consente di modulare le richieste di capitale rispetto alle
specifiche del mercato, dall’altro genera tensione e polemica perché diversi livelli di requisito di capitale
impattano sulla redditività della banca e sul pricing che dovremo andare a studiare. La BCE e la FED nel fissare
questi obiettivi individuali si servono dello stress test, un esercizio sviluppato 2 volte all’anno, ovvero della verifica
di tenuta del capitale difronte a condizioni di incertezza. Questo aspetto di diversità del coefficiente patrimoniale
deve destare attenzione perché il pricing di un’operazione è condizionato dalla banca considerata, perché
ciascuna ha un livello di capitalizzazione differente.
3. Asset
Si considera qualsiasi asset dell’attivo di bilancio, ma a noi interessano i loans. Se la formula viene calcolata su
base mensile, il valore di A non è il valore storico, ma il valore del mese.
a. Se abbiamo un term loan ammortizing o un leasing, allora il valore di A sarà decrescente nel tempo perché
il cliente via via restituisce il loan.
b. Viceversa, se il loan è di tipo bullet, il valore di A sarà fisso perché il cliente riceve l’ammontare al tempo 0,
ma restituisce tutto a scadenza.
c. Se parliamo di revolving credit facilities, il valore di A rimarrebbe fisso perché è l’ammontare di denaro che
la banca da la possibilità al cliente di usare. Ecco spiegata la undrawn fee: se il cliente non usa la RCF, la
banca paga comunque sull’intero capitale concesso, ed è quindi corretto che il cliente paghi per la parte
della RCF che non utilizza.
4. Ponderazione per il rischio
W rappresenta la ponderazione per il rischio, quindi maggiore è il rischio più pesa l’esposizione.
a. W è una funzione del rischio di credito e, essendo una funzione, dobbiamo chiederci quale è il suo minimo
e il suo massimo e tra quali valori varia. W varia fra i valori 14,4% e 248%: operazioni con minor rischio hanno
un valore di w del 14,4% (un loan di 100 equivale a un RC dell’8% di 14,4 euro), viceversa l’operazione con
la massima rischiosità, ossia un’operazione non performing, ha un w di 248% (un loan di 100 equivale a
mettere da parte l’8% di 248 euro). Il punto di indifferenza (parola usata nel gergo bancario anche se
sbagliata), cioè con un w pari al 100%, è normalmente posizionato su clienti dell’ordine di BBB e BBB+. Quello
è il punto che distingue le operazioni investment grade da quelle di carattere speculativo, ossia con w > del
100%. La presenza della formula fa nascere un’esigenza di pricing: essa ci segnala che ciascun loan, in
funzione del diverso profilo di rischio di credito, dovrà essere prezzato in modo diverso. In particolare, se il
loan ha poco capitale allora avremo bisogno di un pricing meno aggressivo per riconoscere agli azionisti il ke
che vogliono, se invece il capitale assorbito è molto, viene usato più capitale degli azionisti, quindi per poter
dare loro il ke si prezzeranno in maniera più aggressiva. A parità di condizioni, se una banca ha un target di
RC superiore al 8% dovrà applicare al cliente pricing più alti rispetto ad una banca che ha fissato RC all’8%.
b. W è funzione del rischio di credito, vanno quindi definite le componenti del rischio di credito, così che si
possa entrare nel merito nel calcolo della formula di pricing. Esse sono PD e LGD.
Immaginiamo ora di calcolare il pricing per un cliente totalmente privo di rischio, ragionando su un euro.
Vale l’equazione:
La redditività si indica con iexpected o itarget e indica, rispetto ad un euro investito, qual è la redditività attesa che la banca
vuole portarsi a casa. Se questo è l’obiettivo, il problema per chi deve vendere il loan sarà dunque quello di capire il
pricing. Chiaramente questo ragionamento effettuato sul cliente privo di rischio è utile per comprendere le base, ma
non possibile in natura.
S + aY = ( S + a Z) ∗ (S − fg) + fg ∗ (S + a Z) ∗ (S − hig)
Dove:
a. ie = tasso di interesse expected dall’investimento;
b. ix = tasso di interesse da calcolare;
c. PD = probabilità di default, ovvero la probabilità che il cliente non ritorni il denaro;
d. LGD = perdita in caso di insolvenza;
e. 1 – LGD = soldi che si perdono in caso di insolvenza del cliente.
Quindi la banca affronta prima un rischio di default del cliente, ma poi, se il default avviene, la banca potrà attivare
covenants e collaterals per portare a casa 1 – LGD. Quanta è più alta la PD, tanto più importante è per la banca lavorare
su LGD in termini di collaterals e di garanzie da attivare se si verificherà l’insolvenza.
In particolare, PD e LGD sono le due componenti del rischio di credito: w è dunque funzione di PD e LGD e per ciascuna
transazione effettuata dalla banca si dovranno calcolare PD e LGD su base mensile e questo significa che la banca deve
rivederli mensilmente. Tuttavia, di norma, il pricing è definito al tempo 0 mentre sarà nel tempo che la banca si renderà
conto se sarà in over-performance o in under-performance. Sono ancora pochi i contratti che prevedono una revisione
del pricing su base mensile o in funzione dell’andamento di PD e LGD. È più frequente invece trovare dei covenants in
cui la banca ha la facoltà di rivedere il pricing se la PD super un certo valore.
PD è la probabilità di default. Nel testo di Basilea viene chiarito sia cosa si intende per default che cosa si intende per
probabilità, in modo che non venga lasciato alla banca il compito di dare una definizione in autonomia dei termini e vi
sia uniformità.
a. La definizione di default è sempre stata molto stringente, ma lo è stata resa ancora di più nella revisione di
gennaio 2020 (fino a dicembre la percentuale di riferimento era il 5%, ora è l’1%).
Def: Il default è qualsiasi ritardo dei pagamenti del cliente superiore ai 90 giorni a patto che il non pagato sia
superiore all’1 % dell’esposizione stessa.
Es: consideriamo un term loan di tipo A per cui il cliente smette di pagare la 23esima rata e così anche la 24esima
e la 25esima. Sono passati 90 giorni. In questo caso dunque se il non pagato è superiore all’1% dell’esposizione,
possiamo dire che il cliente è in default.
NB: l’esposizione è l’importo che il cliente doveva ancora pagare alla rata 23, ovvero l’ammontare outstanding ed
è il valore di A che la banca mette nella formula del calcolo del regulatory capital. Quando il cliente viene definito
in default vuol dire che, nella formula di RC, w diventa 248% e rimarrà tale fino a che la situazione non cambierà.
Se la banca non vuole aspettare, si può rinegoziare l’esposizione con il cliente allungando l’esposizione, riducendo
il tasso di interesse o passando da rate mensili a rate semestrale. In alternativa, la banca può attivare il processo
di recupero chiudendo l’operazione e cercando di recuperare i collaterals.
b. La probabilità di default è un numero che, come probabilità, dovrebbe variare fra 0 e 1. Tuttavia, Basilea stabilisce
che essa de facto vari fra 0,03% e 30%: il primo corrispondente ai clienti migliori, cioè di AAA, e il secondo
corrispondente ai clienti peggiori.
Come calcola la banca la probabilità di default di ogni cliente? Basilea non chiede alle banche di calcolarla
manualmente ma chiede di assegnare un rating ai propri clienti. Normalmente, si utilizza la scala di S&P. Questo
processo non è regolamentato, ma normalmente è la task force dei credit analist che lo assegna.
Una volta assegnato il rating, Basilea dice che la probabilità di default altro non è che la percentuale storica media
ponderata dei default che sono avvenuti in una determinata categoria di rating. Lo 0,03% vuol dire che nelle serie
storiche della banca solo lo 0,03% dei loan AAA è andato in default. Man mano che i rating scendono, le probabilità
di default iniziano ad aumentare. Infine, 0,03% e 30% non sono numeri casuali: Basilea ha attuato molteplici
analisi per la loro estrapolazione.
NB: Basilea, per rendere confrontabili le probabilità di default, richiede che il calcolo del rating non sia una
valutazione di lunghissimo periodo, ma una valutazione in termini annui.
jkg − lmn ∗ oo
hig =
jkg
Dove:
1. EAD = exposured at default, ovvero l’ammontare outstanding.
È chiaro che quando si verifica il default EAD è noto, ma nella formula del pricing noi dovremmo calcolarlo ex
ante. Questo ovviamente, essendo impossibile, viene definito dall’accordo di Basilea. In particolare, Basilea
raccomanda che EAD sia il 75% dell’esposizione. Es. se il loan è di 100 mln, allora EAD è 75 mln.
In particolare, l’EAD cambia nel tempo, perché se cambia il valore dell’ammontare concesso anche EAD cambierà.
a. Se l’operazione è ammortizing, l’ammontare scende e EAD scende.
b. Se l’operazione è bullet o una RCF, l’ammontare outstanding rimane quello iniziale e quindi EAD è lo stesso.
A parità di condizioni sono meno rischiose per la banca le operazioni ammortizing rispetto alle bullet e RCF.
3. RR = recovery rate ed è il moltiplicatore (0-1) che indica la percentuale di MVC che la banca riesce a recuperare.
RR = 0 significa che, nonostante il MVC, la banca non riuscirà a recuperare nulla; RR = 1 significa che la banca
riesce a recuperare immediatamente tutto il MVC.
Il recovery rate dipende fondamentalmente da tre elementi: il tempo di recupero, la percentuale storica di
successo nel recupero di quei determinati collaterals e i costi che vengono sostenuti per il recupero. Ne consegue
che RR dipende dal tipo di collaterals che stiamo considerando, ma anche dal tipo di paese che stiamo trattando.
Es. se una banca ha un diritto su un immobile real estate, i tempi di recupero potrebbero essere molto lunghi. In
Italia ci si può impiegare anche 8 anni, mentre nei paesi common law i tempi sono più rapidi, normalmente 5-10
gg. Il RR viene calcolato internalmente da ogni banca sulla base delle serie storiche.
rivendita). Sono collaterals molto più duri per una banca perché non sono liquidi, eccetto pochi di questi come può
essere il magazzino. Normalmente sono con RR più vicini allo 0 che all’1.
Dove 8% * w è il capitale che la banca deve utilizzare e, se la banca non ha l’8%, il premio al rischio sarà più altro. A
parità di condizioni, in generale, la banca europea dovrà richiedere un premio al rischio maggiore rispetto a quello della
banca americana, poiché solitamente per le banche europee ke = 15% mentre per quelle americane ke = 25%. Quindi
sarà più caro ottenere loans nel mercato americano ed impossibile prendere denaro da parte dei prenditori di bassa
qualità se non sono operazioni completamente coperte.
complessa, con la formula il pricing, il tasso (prezzo) trovato verrebbe altissimo. In iexpected va dunque inserita una terza
componente ∆i, con segno + se si vuole operare un mark up e segno – se si vuole operare un mark down.
Def: Esso non è altro che un aggiustamento che facciamo in termini strategici per mitigare l’effetto del premio al rischio.
Va fatta attenzione alla sua applicazione, perché comunque in equilibrio la sommatoria degli ∆i deve tendere a 0 per far
si che gli azionisti ricevano i ke richiesti. È possibile sfruttare più mark up per la clientela retail, perché sono i soggetti
che hanno meno ‘potere di negoziazione’ e per poter applicare mark down a clienti fig o govies.
NB: Le investment banking si stanno sviluppando sul retail per poter attuare strategie di lending di mark up.
a Y + fg ∗ hig
aZ =
S − fg ∗ hig
Nella soluzione, ix non dipende da PD e LGD presi separatamente. Da un punto di vista gestionale, quando si concede
un loan non si può mai valutare in modo disgiunto la PD e la LGD, ma va valutato sempre il prodotto delle due grandezze,
ovvero la expected loss (EL), importo che la banca accantonerà a fondo rischi.
La tabella indica:
1. Risk free rate, che dipende dalle condizioni del mercato à poniamolo uguale a 1,25%;
2. Regulatory capital à dato dalla formula di Basilea;
3. Capital requirement à poniamolo uguale a 8% anche se potrebbe essere maggiore;
4. Weight, ovvero w à dato**;
5. Cost of capital, ovvero il ke che vogliono gli azionisti à poniamolo uguale a 15%;
6. PD, ovvero la probabilità di default à copiate da quelle di una grande banca*;
7. LGD à poniamolo uguale a 45%, un valore in media accettabile;
*Nelle grandi banche, i livelli di PD arrivano sempre alle stesse percentuali, in quanto il portafoglio è largamente
rappresentativo del mercato.
**w non è automatizzata quindi non varia nel nostro foglio Excel, ma è legata ai valori della PD. Questi valori
varierebbero anche al variare dalla LGD, ma il prof ha congelato i valori della LGD al 45%. Il massimo valore di w, ovvero
248%, lo troviamo per le posizioni in default, dette anche non performing.
La tabella serve per fare i ragionamenti e i calcoli per il pricing di un singolo loan. È importante però notare che i pricing
oltre ad un determinato livello non sono sostenibili dal cliente. In questi casi la banca:
1. Decide di non concedere il loan;
2. Apre la trattativa con cliente per chiedere più collaterals;
3. Utilizzare la PD substitution. In questo caso, se si lavorasse con un cliente B – che dovrebbe avere un tasso del
4,81% e se si comprasse una protezione da Allianz (rating AAA), la riga di lettura della transazione diventerebbe
la numero 5 e il cliente avrebbe PD uguale a 0,03%, collegato al fatto che il rischio creditizio è legato a quello di
Allianz. Il pricing diventerebbe 1,44%. Sarebbe da chiederci (1) se Allianz è disposta a fornire la copertura e, se sì
(2) a quale fee. Se la fee è ragionevole, si tratta con cliente la % di fees che gli viene direttamente indebitata. Essa
non tocca direttamente la formula di pricing, ma tocca l’operazione nel suo complesso.