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Dispensa del Corso di

Sociologia: Manuale di
sociologia
DICHIARAZIONE DI PRINCIPIO:
«AVENDO PRIMARIAMENTE A CUORE UNA FORMAZIONE QUANTO MIGLIORE
POSSIBILE PER LA COMUNITÀ DEGLI STUDENTI DELL’ATENEO FEDERICIANO,
L’ASSOCIAZIONE STUDENTI UNIVERSITARI A.S.U. SCIENZE POLITICHE, PER L’ATTIVITÀ
DI STUDIO, CONSIGLIA SEMPRE L’UTILIZZO DEI MANUALI E DEI TESTI UFFICIALI,
SICCOME ESSI HANNO L’ESCLUSIVO VANTAGGIO DI ESSERE DI PRECISA QUALITÀ
ACCADEMICA E DI FORNIRE, PERTANTO, IL NECESSARIO APPORTO CONTENUTISTICO E
LINGUISTICO RISPETTO ALLA MATERIA TRATTATA; QUALITÀ, QUESTA, CHE NON PUÒ
ESSERE COMPLETAMENTE SODDISFATTA CON LE COSIDDETTE ‘DISPENSE’ O CON I
‘RIASSUNTI’.
TUTTAVIA, AVENDO COSCIENZA DELLE DIVERSE ESIGENZE DIDATTICHE,
EVENTUALMENTE SCATURENTI DA ALCUNI STUDENTI, SOVENTE PER MOTIVI “DI TEMPO” 1
O SEMPLICEMENTE “PER SCELTA”, LA STESSA ASSOCIAZIONE CI TIENE A METTERE A
DISPOSIZIONE DI COSTORO DEL ‘MATERIALE DIDATTICO INFORMALE’, MA COMUNQUE
DI UNA CERTA RELATIVA CURA.
ASU CI TIENE A RENDERE NOTO A COLORO I QUALI SI SERVONO DELLE SUE
DISPENSE, RIASSUNTI E MATERIALE DIDATTICO INFORMALE, MESSI A DISPOSIZIONE,
CHE IL LORO UTILIZZO NON È E NON PUÒ ESSERE ASSOLUTAMENTE SOSTITUTIVO DEI
MANUALI E TESTI UFFICIALI. L’ASSOCIAZIONE STUDENTESCA, PERTANTO, SI SPOGLIA DI
OGNI RESPONSABILITÀ DIDATTICA, SIA NEI CONFRONTI DEGLI STUDENTI CHE NEI
CONFRONTI DEI DOCENTI.

IL DIRITTO ALLO STUDIO UNIVERSITARIO CI STA A CUORE».


MANUALE DI SOCIOLOGIA.
Capitolo uno: introduzione alla sociologia
La sociologia è lo studio scientifico della società delle sue istituzioni e dei rapporti sociali. Con il
termine studio scientifico si intende il proposto del ricercatore di spiegare in modo scientifico,
formulando un’ipotesi, raccogliendo dati e confrontando l'ipotesi con i dati raccolti. Questo modo di
procedere è ciò che fa della sociologia una scienza sociale. Un esempio di studio scientifico è il
progetto di ricerca di uno studente che cercò di scoprire quali fossero gli atteggiamenti nei confronti
delle frodi. Preparò dunque un questionario che distribuì ad altri studenti, a quest’ultimi si chiedeva
se a loro giudizio, fosse peggio evadere le tasse sul reddito o mentire per poter usufruire dei servizi
di assistenza sociale, gli si chiese inoltre, di indicare l’età, l’occupazione, il livello d’istruzione dei
genitori e il reddito familiare. Dopo aver raccolto i dati lo studente riorganizzò le informazioni
ottenute ponendosi alcune domande da cui poi elaborò due ipotesi:
1. Gli studenti di famiglia benestante sarebbero stati propensi a ritenere la frode assistenziale
peggiore dell'evasione fiscale
2. Gli studenti provenienti da famiglie a basso reddito avrebbero giudicato l'evasione fiscale
più grave della frode.

Il rapporto su questa ricerca concludeva che la differenza di atteggiamento era spiegabile in


relazione alla classe di appartenenza degli intervistati: gli appartenenti alle classi più agiate e
valutano meno grave l’estinzione fiscale mentre appartenenti alle classi meno agiate valutano meno
grave la frode ai danni dei servizi di assistenza.
1. CHE COS’E’ LA SOCIOLOGIA? - LE ORIGINI DELLA SOCIOLOGIA
La sociologia ha solo due secoli di vita. I fondatori europei della disciplina cercarono di capire e di
spiegare i grandi cambiamenti prodotti dalla rivoluzione industriale.
La sociologia americana, che si sviluppò alla fine dell’800, si concentrò sui problemi 2
dell’urbanizzazione e dell’industrializzazione. Negli anni ’20 del ‘900, i sociologi della Scuola di
Chicago furono i primi ad intraprendere una ricerca sul campo, studiando varie situazioni della vita
quotidiana. La sociologia nasce quando nasce l’esigenza di avere una disciplina scientifica che
studi la società. La nascita di questa esigenza, e quindi della sociologia, è legata a tre rivoluzioni
che sono alla base del mondo moderno:
• Rivoluzione scientifica: Le grandi scoperte scientifiche verificatesi tra il 16° e il 18° sec, che
svelarono progressivamente i misteri della natura, spinsero ad utilizzare i principi della scienza
della natura anche per studiare l’uomo e la società in cui viveva.
• Rivoluzione industriale: i grandi cambiamenti prodotti dalla rivoluzione industriale a livello
sociale oltre che economico, che stravolsero completamente l’ordine sociale costruito nel corso dei
secoli (trasformazione delle classi sociali e dei rapporti gerarchici, urbanizzazione, …), indussero
ad uno studio più approfondito dei fenomeni e dei cambiamenti sociali di quel tempo. Un esempio
di scienza sociale nata in questo periodo è l’economia politica, grazie a Adam Smith (1776).
• Rivoluzione francese: è stato un altro grande evento che ha posto le basi per la nascita di una
scienza della società (cioè della sociologia). In questo periodo infatti fu sancita l’uguaglianza degli
esseri umani e i diritti fondamentali che essi avevano, e questo spinse ad uno studio più
approfondito della società.
La sociologia è quindi figlia del mutamento: la società emerge come soggetto di studio quando i
suoi fondamenti sono messi in discussione, quando cambiano i rapporti tra gruppi sociali e
individui, quando diventano mobili i suoi punti di riferimento.
3. LA RICERCA SOCIOLOGICA

La ricerca sociologica prende spesso le mosse da un’idea sulla causa di un evento o di un


comportamento. Un enunciato che suggerisce una correlazione tra due fenomeni si chiama ipotesi e
va formulata in modo tale da poterne provare la verità o la falsità, le ipotesi sono idee radicate in
una o più teorie cioè enunciati che contengono una serie di ipotesi collegate tra loro. Per quanto
riguarda i metodi della ricerca sociologica sono regole e procedure attraverso cui le ipotesi e le
teorie possono essere convalidate o rigettate.
I sociologi cercano di analizzare i rapporti di causa ed effetto stabilendo dei collegamenti tra due
variabili. Una variabile è un fenomeno che può assumere differenti valori. La maggior parte dei
progetti di ricerca mira a scoprire e misurare le variazioni di un particolare fenomeno (variabile
dipendente) e a spiegarle il riferimento ad un secondo fenomeno (variabile indipendente). Quando i
sociologi avanzano delle congetture sul rapporto tra le due variabili stanno formulando un’ipotesi.
Nel corso del tempo la sociologia ha sviluppato una serie di metodi per individuare i rapporti tra
variabili nella vita sociale:
• L’indagine campionaria è un metodo per acquisire dati sul comportamento, atteggiamenti
o opinioni degli individui. Oggi l'indagine campionaria è forse lo strumento più diffuso nelle
scienze sociali. Essa si basa sulla ricerca da parte dello studioso che definisce con molta
attenzione l'insieme di persone che desidera studiare cioè la popolazione, essendo però
quest’ultima molto ampia, per ragioni pratiche il ricercatore va a selezionare un campione,
ossia un gruppo rappresentativo della popolazione da studiare.
• La ricerca sul campo questo metodo definito ricerca sul campo o etnografia viene
introdotto negli anni 20 del secolo scorso dalla scuola di Chicago, da allora il lavoro sul
campo è rimasto uno dei metodi principali di ricerca sociologica, i ricercatori che praticano
l’etnografia risolvono il problema con la loro presenza in prima persona nella situazione
studiata. Le informazioni raccolte in questo modo sono contemporaneamente più attendibili
e più articolate di quelle ottenute con la somministrazione di un questionario d’altra parte,
però, la ricerca sul campo è circoscritta a una situazione particolare e presenta dunque
3
problemi di generalizzazione. Per esempio, in uno studio etnografico sull’uso di droghe da
parte dei membri di una particolare squadra di football possiamo rilevare molto su quello
specifico gruppo di persone ma è pericoloso tentare di estendere quei risultati a tutte le
altre squadre.
• La ricerca storica fu il grande sociologo tedesco Mark Weber ad usare la ricerca storica
per far luce su dei legami tra la religione e il cambiamento sociale. Weber era convinto che
nel protestantesimo ci fossero dei fattori capaci di promuovere quella autodisciplina che
rappresentava una componente fondamentale del successo economico, per provare la sua
ipotesi il sociologo esaminò i sermoni dei grandi predicatori protestanti. L’uso dei
documenti storici per dimostrare un'ipotesi costituisce un importante metodo di ricerca per
molti sociologi. La ricerca storica è considerata fondamentale da tutti coloro che reputano
lo studio del passato utile almeno quanto quello del presente per capire rapporti sociali e la
società in generale.
• La ricerca sperimentale alla fine del diciannovesimo secolo i principi della ricerca
sperimentale elaborati dagli psicologi cominciarono ad essere applicati anche in sociologia,
questo perché si riteneva che un ambiente controllato fosse utile per studiare i piccoli
gruppi di persone, questo metodo è tutt’ora largamente usato nello studio di fenomeni
come la leadership o i modelli di cooperazione di competizione. In sintesi, la ricerca
sperimentale utilizza due gruppi di persone il più possibile equivalenti (gruppo sperimentale
e il gruppo di controllo), di cui uno viene sottoposto a uno stimolo /GS/ che l'altro invece
non riceve /GDC/ confrontando i risultati ottenuti i sociologi possono valutare
scientificamente gli effetti dello stimolo.
Importante specificare che durante un esperimento il ricercatore utilizza i controlli cioè crea dei
gruppi uguali o simili per numero, per età e per proporzione tra maschi e femmine, questo perché,
se i gruppi fossero diversi le differenze potrebbero influire sui risultati dell’esperimento. Uno
scienziato sociale si trova quindi davanti a un gran numero di variabili il compito del ricercatore,
infatti, consiste nel ridurre il numero, nell’isolarne l’una dall’altra e nel definire in tal modo gli
effetti di ciascuna ed è proprio a questo scopo che si applicano i controlli. L’uso dei controlli però
non è altrettanto semplice in forme di ricerca come l’indagine, dalla ricerca sugli atteggiamenti
verso la frode, per esempio, emergono due variabili una tra il reddito dei genitori e l’atteggiamento
degli studenti e l’altra tra l'istruzione dei genitori e l'atteggiamento degli studenti ma, se fossero
state classificate anche le risposte secondo la provenienza religiosa degli intervistati il ricercatore
forse avrebbe dovuto aggiungere un'altra variabile. I sociologi quindi alle domande applicando dei
controlli.

4. SOCIOLOGIA E SOCIETÀ

Un altro punto importante da evidenziare e che la sociologia necessita di un particolare clima


politico per svilupparsi e prosperare è necessario essere liberi di indagare e di rendere pubblici i
risultati di una ricerca, senza rischiare persecuzioni.
Il percorso della sociologia è direttamente influenzato dai problemi sociali e dalle crisi che la
società attraversa, ma, la ricerca sociologica può anche contribuire a fare emergere problemi
sociali di cui precedentemente si aveva scarsa percezione. Un esempio è la famosa ricerca di
Gunnar Myrdal sulle relazioni etniche negli Stati Uniti, essa ebbe un grande impatto non solo
perché documentava le condizioni di degrado in cui vivevano i neri ma, anche perché evidenziava
la mancanza di coerenza tra la realtà e l’idea americana dell’uguaglianza.
4
Capitolo due: la cultura

La cultura è un insieme di valori, definizioni della realtà e codici di comportamento condivisi da


persone che hanno in comune uno specifico modo di vita.

1. IL CONCETTO DI CULTURA.

La parola cultura deriva dal latino colore, che significa coltivare, lavorare la terra. Nel medioevo
essa si riferiva al progressivo miglioramento dei racconti da cui poi deriva il termine agricoltura,
ma, a partire dal diciottesimo e diciannovesimo secolo viene applicata anche all'educazione delle
persone così che una persona raffinata e istruita fu considerata colta, termine che veniva utilizzato
per indicare principalmente le classi aristocratiche. La definizione che oggi le scienze sociali danno
alla cultura si riferisce alle convinzioni, ai valori e ai simboli che un gruppo sociale condivide, che
costituiscono per i suoi membri un modo di organizzare l’esperienza, difatti essa può essere definita
una guida al comportamento. L’acquisizione della cultura è una questione di apprendimento, gli
animali al contrario degli esseri umani, sono programmati geneticamente per raccogliere cibo o
costruire strutture complesse, dato che queste conoscenze sono impresse nel loro patrimonio
genetico. Il comportamento umano invece è in larga misura assente dal controllo genetico abbiamo
sì dei riflessi, ossia delle risposte automatiche a degli stimoli, o dei bisogni fisiologici, ma per far sì
che questi ultimi siano soddisfatti, dobbiamo compiere una serie di azioni complesse, azioni che
devono essere apprese.
In breve, la cultura è ciò che conferisce la forma ordinata alla vita umana negli esseri umani la
cultura adempie la medesima funzione che il comportamento programmato geneticamente adempi 5
negli animali.
La cultura viene elaborata e insegnata e quindi, deve essere riportata da generazione a generazione.
Questo processo costituisce una parte importante della socializzazione attraverso la quale valori,
ideali, opinioni, norme e regole entrano a far parte della personalità di un bambino e contribuiscono
a plasmare il suo comportamento. Quindi dato che la cultura modella la personalità delle persone
essa esercita un notevole controllo sul loro comportamento l'antropologo Geertz definisce la cultura
un insieme di meccanismi di controllo per governare il comportamento. Senza cultura gli esseri
umani sarebbero completamente disorientati, quanto sia essenziale la cultura per l’individuo e la
società si può intuire osservando il comportamento di esseri umani che non sono stati socializzati
come i bambini selvaggi cioè i bambini abbandonati e cresciuti privi di ogni contatto umano, il
naturalista da Carlo Linneo sostenne che quest’ultimi facevano parte di una specie separata da
quella umana, classificabile come Homo ferus. (Gli scienziati si resero poi conto che quanto
mancava ai bambini selvaggi era lo sviluppo della personalità derivante dall’interazione con i propri
simili.) Freud si chiese se si potesse definire la cultura un'istanza repressiva tant'è vero che gli
esplora il conflitto tra la cultura e il lato istintivo della natura umana e arriva ad affermare che la
cultura spesso reprime le pulsioni; tuttavia, essa non lo fa mai in modo completo, ma definendo le
condizioni alle quali può esservi. In altre parole, definisce tempi luoghi mezzi accettabili per la
soddisfazione dei bisogni umani. Pur riconoscendo la funzione di controllo sociale esercitata dalla
cultura non dobbiamo immaginarla come assoluta la capacità della cultura di plasmare il
comportamento umano infatti è limitata da un certo numero di fattori:
1. I limiti biologici dell’organismo umano: ovvero, ci sono dei limiti alla capacità di
apprendimento dell'uomo. Per esempio, un comune mortale non potrebbe imparare a
scavalcare un grattacielo anche se la sua cultura attribuisse grande valore a una simile
impresa.
2. l'ambiente fisico: i fattori ambientali possono ostacolare lo sviluppo certi modelli culturali,
per esempio, eruzioni vulcaniche o siccità possono ad esempio ostacolare la sussistenza di
un sistema agricolo tradizionale.
3. L’esigenza di un ordinamento sociale stabile: per sopravvivere le culture non possono
considerare un valore l’omicidio il furto l’incendio doloso eccetera poi se questi
comportamenti si diffondessero diventerebbe impossibile svolgere le altre attività
essenziali.

Un'altra caratteristica fondamentale della cultura è il fatto che essa seleziona solo certi aspetti del
comportamento e dell'esperienza. Come risultato di questa selettività, le culture sia passate che
presenti possono essere completamente diverse tra loro, per esempio nella nostra cultura le
allucinazioni sono reputate un sintomo di alterazione psichica mentre altre culture le considerano
visioni mistiche e per questo motivo, come la forma più alta di coscienza.
La conoscenza di più culture ci ha portato a scoprire che le differenze tra quest’ultime sono infinite,
ma esistono anche dei tratti comuni tra tutte le culture, definiti universali culturali, lo studioso
George Murdoch ha trovato 60 elementi che riteneva comuni tra tutte le culture ma, sosteneva che
ognuno di esse aveva comunque una forma specifica che variava da cultura a cultura. L'ambiente è
un elemento che può causare questa variazione, inoltre ciascun tratto culturale è il prodotto della sua
storia. L’antropologo Kluckhohn sostiene che gli universali culturali esistono perché sono prodotti
da fattori biologici comuni a tutti. Questa concezione degli universali culturali è stata però criticata
da molti antropologi, i quali mettono in discussione l'idea che esistano dei bisogni fondamentali,
tutti hanno bisogno di cibo, ma non mangiano solo per soddisfare questi bisogni. Il soddisfacimento
di questi bisogni fondamentali è influenzato da valori e norme culturali che non hanno nulla a che
vedere con il bisogno stesso, di conseguenza, secondo questi critici è impossibile istituire una
corrispondenza tra bisogni fondamentali e tratti specifici della cultura. 6
Sappiamo che spesso ognuno di noi tende a giudicare le altre culture nei termini della propria,
considerando quest'ultima superiore, questo fenomeno è detto etnocentrismo un fenomeno
analogo all' etnocentrismo e la xenofobia ossia la paura o l'odio nei confronti di persone e costumi
estranea una particolare società. Il sociologo americano Summer sosteneva che una cultura può
essere capita solo sulla base dei valori che le sono propri e nel suo contesto, questa posizione è
nota oggi come relativismo culturale, ad affinare questa teoria fu Benedick il quale affermò che
ogni cultura va capita non solo nel suo contesto ma anche come un tutto nessun singolo valore,
cerimonia o un altro tratto culturale può essere pienamente compreso se separato dal resto. Il
relativismo culturale serve inoltre a comprendere le sottili differenze tra culture simili, in Germania,
ad esempio, negli uffici le porte vengono sempre tenute chiuse mentre, negli Stati Uniti le porte
degli uffici vengono di solito lasciate aperte. È chiaro che la porta chiusa significa cose diverse per
un americano e per un tedesco.
La cultura è comunque il collante della vita sociale, essa crea senso d'appartenenza ad un gruppo,
tuttavia, essa non genera solamente solidarietà ma anche conflitto, per esempio, il linguaggio, che è
uno tra i principali tratti culturali, da un lato aiuta a mantenere la coesione tra membri di un gruppo
poiché ognuno comunica alla stessa maniera, dall’ altro una lingua comune esclude chi non la parla
o chi la parla in maniera leggermente diversa.
2. GLI ELEMENTI DELLA CULTURA

Secondo l’antropologo Goodenough (1981) la cultura è composta da 4 elementi:


• Concetti: che sono gli strumenti con cui le persone organizzano la propria esperienza.
Tutti vediamo il mondo in termini di forme, colori e sapori, ma culture diverse organizzano il
mondo in modo diverso (es i tedeschi distinguono con due parole diverse il modo di
mangiare degli uomini e degli animali, gli italiani no);
• Relazioni: le culture non si limitano a catalogare il mondo per mezzo di concetti, ma
contengono anche credenze riguardo al modo in cui le parti risultanti di tale catalogazione
sono messe in relazione nello spazio, nel tempo, nel significato.
→ relazioni naturali: il bianco è il contrario del nero, la terra ruota intorno al sole;
→ relazioni soprannaturali: tentativo di spiegare la creazione umana da parte del
cristianesimo;
• Valori: sono le opinioni condivise circa gli obiettivi verso i quali gli esseri umani devono
tendere (es la cultura cristiana esalta il valore della fedeltà coniugale, mentre la cultura di
Sparta esaltava la guerra);
• Regole: sono elementi che includono le norme sociali e indicano come è necessario
comportarsi per rispettare i valori della propria cultura (es in Italia ci sono regole contro
l’uccisione perché la nostra cultura dà gran valore alla vita).

Goodenough riassunse così il discorso su questi 4 elementi: “La cultura consiste di standard per
decidere cosa esiste (concetti), cosa può esistere (relazioni), come dobbiamo giudicare tutto ciò
(valori) e come agire al riguardo (regole).”
I vari elementi della cultura sono interdipendenti, per esempio può esistere un insieme di concetti e
di relazioni che si giustificano a vicenda; anche i valori vengono giustificati e a loro volta
giustificano e legittimano le regole. Le regole vengono seguite dagli individui anche grazie
all’esistenza delle sanzioni, che sono punizioni o ricompense sociali che promuovono il rispetto
delle regole. Esse sono negative se scoraggiano la trasgressione della regola (es punizione fisica),
sono positive se incoraggiano l’osservanza delle norme (es il denaro, il prestigio, ecc...)
LINGUAGGIO
Le teorie della cultura non mancano mai di citare il linguaggio, dato che tutti gli ingredienti della
cultura possono essere espressi nel linguaggio. Esso può essere definito come un sistema di 7
comunicazione che usa suoni o simboli con significati arbitrari ma strutturati.
Esso è:
• È un fenomeno sociale in quanto non può essere appreso fuori dall'interazione sociale;
• È il vincolo principale per la trasmissione della cultura, anche se gran parte della
socializzazione dipende dall’ imitazione di gesti (assentire, sorridere ecc.…);
• È praticamente impossibile dimenticarlo (una volta appreso il vocabolario essenziale, le
regole del discorso e la scrittura della lingua madre è impossibile dimenticarli). Per questi
motivi, è funzionale all'adattamento: “senza di esso l'interazione umana sarebbe molto più
rudimentale”;
• comporta regole di comportamento (chiunque sia stato a scuola sa che esistono modi
corretti e non corretti di esprimersi);

Un linguaggio condiviso implica anche un certo grado di coesione sociale, crea quasi
automaticamente legami di comprensione e simpatia. In breve, aiuta a creare il senso dell'identità di
gruppo. Per questo motivo uno dei principali obiettivi delle classi dirigenti di nuova nazione in cui
sono presenti diversi dialetti tribali è quello di scegliere una lingua nazionale, promuovendola tra i
gruppi che non la parlano per far nascere sentimenti di appartenenza nazionale. (ESEMPIO:
QUESTIONE DELLA LINGUA CON MANZONI NELL’ 800.)
Dobbiamo però anche specificare che il linguaggio ha una forte funzione unificante ma anche il
contrario. Se trasforma in un gruppo tutti quelli che parlano la stessa lingua ma allo stesso tempo
esso, trasforma anche in estrani tutti quelli che parlano una lingua o un dialetto diverso. ESEMPIO:
in Canada la lingua è un simbolo fondamentale dell'antagonismo tra il gruppo FRANCOFONO e
quello ANGLOFONO.
IDEOLOGIA
L'ideologia è un insieme di assunti e di valori.
• Ideologia come riduttore delle tensioni sociali: tra le funzioni nell'ideologia c'è quella di
allentare la tensione che potrebbe svilupparsi se gli individui fossero completamente
consapevoli del divario tra valori e condizioni reali;
• Ideologia come espressione di interessi: le ideologie possono anche difendere o
esprimere interessi di gruppo. In situazioni di forte conflitto spesso si attivano sistemi
ideologici contrapposti uno che difende e l'altro che mette in discussione lo status quo. Se
dovesse risultare vincitore quello che si contrappone allo status coesistente, la sua
ideologia verrà usata per difendere un nuovo assetto dei rapporti sociali. (ESEMPIO: la
rivoluzione del 1917 trasformò in Russia il bolscevismo da ideologie distruttrice del vecchio
regime a ideologie leggittimatrice del nuovo.)
• Ideologia come fonte di significato: in base a una determinata ideologia gli individui
tendono ad attribuire specifici significati agli eventi.

3. INTEGRAZIONE E DIVERSITA’ CULTURALE

Alcuni antropologi del diciannovesimo secolo considerano le varie culture senza relazioni tra loro,
altre invece affermavano che le culture sono modelli caratterizzati da principi unificatori. La verità
molto probabilmente è a metà strada, esistono nelle culture principi organizzatori dominanti ma,
nessuna cultura è da essi completamente unificata, inoltre esistono diversità e conflitti culturali.
Per quanto riguarda i conflitti culturali: Intorno al 1890 Durkheim parlava di anomia >>>
L’anomia e la disgregazione dell'unità culturale causata dalla mancanza di chiare e condivise norme
sociali. L’anomia di Durkheim era causata dal declino della religione e dal vecchio ordine politico
oltre che dall'ascesa della borghesia. 8
All'inizio di questo secolo nel 1922, Ogburn propose il concetto di ritardo culturale, il quale
avviene quando i cambiamenti materiali avvengono ad una velocità tale che la cultura non materiale
(tradizione, credenze, religione ecc..) non era in grado di tenervi dietro. Il risultato è la creazione di
una serie di complessi problemi sociali. Solo poco tempo dopo nel 1979 Bourdieu affermò
attraverso la sua opera “LA DISTINZIONE” che la cultura è uno dei mezzi con cui viene
mantenuto il dominio di una classe sociale sull'altra. Le usanze costituiscono un capitale culturale
che consente ad un gruppo di proteggere la propria posizione sociale escludendo gli altri.
Per quanto riguarda invece la diversità interculturale: Prima del ventiseiesimo secolo alla cultura
venivano attribuiti due volti: quello della cultura alta (arte, musica, letteratura) prodotte consumata
da una élite, e quella della cultura popolare (fiabe, racconti, filastrocche, canzoni) prodotte e
consumate dagli Stati più poveri della società. con lo sviluppo dei mezzi di comunicazione la
divisione tra cultura alta e cultura popolare a inizia ad essere meno netta perché nella cultura di
massa molte differenze tendono a sfumare.
→ In tutte le società esistono dei sottogruppi con valori e tradizioni diverse. L'insieme dei
valori, norme o stili di vita che distinguono un gruppo da una società più ampia e detto
subcultura. Essa non è necessariamente in contrasto con la cultura dominante.
→ Nel corso della socializzazione alla donna è sempre stato insegnato a parlare e
comportarsi in modo femminile, elle vengono tendenzialmente descritte con termini meno
lusinghieri rispetto agli uomini. Questi stereotipi cominciano ad attenuarsi nel corso del
tempo ma, nonostante ciò, è tuttora difficile per le donne liberarsi dai propri ruoli
tradizionali, per questo motivo le donne insistono su cambiamenti di alcuni usi linguistici.
→ Come già detto le subculture non necessariamente sono in contrasto con la cultura
dominante ma, a volte un gruppo cerca effettivamente di sviluppare valori, norme e stili di
vita che si oppongono alla cultura dominante. In questo caso l'insieme di questi tratti
culturali costituisce una controcultura. (esempio di controcultura: il terrorismo)

9
Capitolo tre: la struttura sociale.
La struttura sociale all'interno della quale vivono gli individui è una struttura articolata a livelli
diversi, di scala crescente se osservata dal punto di vista del soggetto.

1. I RUOLI

Ogni persona occupa numerose posizioni nella società. Ciascuna di queste posizioni sociali, con i
diritti doveri che comporta, è uno status. Parliamo di status ascritto quando esso indica il genere
l'origine etnica il luogo di nascita e l'appartenenza familiare cioè parliamo di status legati alla
nascita, al contrario gli status acquisiti derivano da una prestazione, lo status di scrittore si ottiene
per esempio pubblicando dei libri, mentre, quello di ingegnere acquistando una laurea.
Un ruolo invece è un insieme di comportamenti orientati secondo le aspettative proprie di un certo
status. -Il ruolo di musicista è costituito da tutti i comportamenti collegati con i diritti doveri di un
musicista-. Ad ogni status comunque possono corrispondere diversi ruoli, una persona, per
esempio, che ha lo status di insegnante si comporta in un modo con gli allievi, in un altro con gli
insegnanti e in un altro modo ancora con il preside. Tutti i ruoli associati a un determinato status
costituiscono quindi un complesso di ruoli.
I nostri ruoli sono definiti da quello che gli altri si aspettano da noi. Nelle aspettative inerenti a un
ruolo è possibile distinguere tra aspettative formali e aspettative informali. Un esempio chiaro di
aspettativa formale è dato dalle leggi. Quando firmiamo un contratto in cui si dice che compreremo
una casa, dobbiamo comprarla, se non lo facessimo potremmo essere citati in giudizio per
inadempienza contrattuale. Un esempio invece di aspettative informale è il modo di comportarsi a
tavola, di vestirsi e di seguire le regole della buona educazione. Possiamo, inoltre, fare anche
un'altra distinzione tra le reazioni al mancato rispetto delle aspettative di ruolo e anch’esse, possono
essere classificate come formali o informali. Chi aggredisce un'altra persona può essere 10
imprigionato, in questo caso parliamo di reazione formale, mentre al contrario, un esempio di
reazione informale è un uomo che si ubriaca a una festa ed insulta la padrona di casa non finirà
imprigionato, ma, sicuramente non sarà più invitato.
Quando invece si agisce in conformità con le aspettative di ruolo, si ricevono ricompense sociali
come denaro, rispetto approvazione. Le punizioni o le ricompense sociali di questo tipo sono dette
sanzioni, le punizioni sono sanzioni negative, mentre le ricompense sono sanzioni positive.
I ruoli esistenti in una società sono praticamente infiniti. Un importante tentativo di mettere ordine
nel labirinto dei ruoli sociali è stato compiuto da Parsons che li ha classificati in base a 5 coppie di
caratteristiche o variabili strutturali. Secondo lo studioso quindi tutti i ruoli presentano una
combinazione di queste variabili.
• Affettività/ neutralità affettiva: alcuni ruoli come quelli dell’infermiere o del medico
esigono neutralità affettiva in situazioni caratterizzate da forti tensioni emotive. Nel caso
invece di altri ruoli come quello di un parente o di un amico, ci si aspetta che le persone
manifestano apertamente la propria affettività;
• Ascrizione/ acquisizione: alcuni ruoli, come quelli dei bambini o degli adolescenti sono
basati sul status ascritti. Altri ruoli sono invece acquisiti come quello di amministratore
delegato, per esempio;
• Specificità/ diffusione: Alcuni ruoli sono più specificamente definiti e circoscritti degli altri,
per esempio, i ruoli di medico e paziente si limitano agli aspetti che riguardano la salute.
Più indefiniti sono invece i ruoli di genitore o figlio che riguardano moltissimi aspetti della
vita;
• Universalismo/particolarismo: alcuni ruoli implicano l'aspettativa che le persone vengano
trattate secondo regole universali, da un bibliotecario, ad esempio, ci aspettiamo che
conceda libri in prestito a tutti. Altri ruoli invece prevedono un trattamento particolare delle
persone con cui abbiamo una certa relazione, ad esempio, di solito non facciamo pagare
ad un fratello o ad una sorella il lavoro che abbiamo svolto per loro.
• Orientamento verso l'io/ orientamento verso la collettività: ruoli diversi richiedono
diversi tipi di motivazione. Da un commerciante ci si aspetta che sia motivato da propri
interessi personali, ossia che agisca nel modo che per lui è più redditizio. Da chi lavora
invece in un'istituzione pubblica ci si aspetta che agisca per il bene della collettività.

Dobbiamo comunque specificare che le persone non reagiscono in modo automatico alle aspettative
di ruolo ma, le assumono attivamente. Il comportamento è il prodotto del modo con cui una persona
interpreta le aspettative di ruolo, ciò significa che tra l'individuo e le aspettative sussiste una
relazione negoziata e aperta e non fissa e prevedibile.
Ogni individuo svolge parecchi ruoli in ambiti diversi, e per questo motivo spesso nascono conflitti
tra i ruoli. Quando un individuo è investito da aspettative contrastanti relative a due o più ruoli si
ritrova di fronte a un conflitto di ruoli. Gli adolescenti devono, per esempio, destreggiarsi tra le
aspettative dei loro genitori e quelle delle loro coetanei, ma, a volte ci può essere anche un conflitto
tra differenti aspetti di un medesimo ruolo. Da un'assistente sociale, per esempio, ci si aspetta che
sia comprensibile e sensibile ma, per trattare certe situazioni è necessario che egli sia deciso e
autoritario. Queste esigenze discordanti tra loro producono quella che poi è definita tensione di
ruolo. Lo studioso Melton cerco di capire come ci si deve destreggiare nel conflitto di ruoli, egli
riteneva che la società dovesse suggerire alcuni modi per attenuare questi conflitti. Uno di questi
modi è la priorità di ruolo cioè, l'attribuzione di un'importanza prevalente di uno o più ruoli
rispetto ad altri. Nella nostra società, per esempio, la famiglia il lavoro tendono a essere considerati
al primo posto ma, anche in questo caso è facile immaginare che tra la famiglia e il lavoro possa
esserci un conflitto. Per gran parte degli individui la portata di questo conflitto viene ridotta alla 11
separazione dei ruoli, cioè dalla scissione tra aspettative riguardanti ruoli diversi, per esempio, se
un genitore usa un linguaggio scurrile con i colleghi di lavoro, il contrasto con le buone maniere che
lui avrà in famiglia non emergerà. Tenendo separati due ruoli il conflitto tra essi si riduce. Esistono
anche altri modi meno evidenti di ridurre il conflitto di ruoli, uno di questi è la sdrammatizzazione.
Attraverso lo scherzo, infatti, i conflitti dei ruoli specialmente quelli che si verificano all'interno
della famiglia possono essere i ridotti.
2. LE ISTITUZIONI

Un'istituzione è un insieme di status e ruoli che hanno lo scopo di soddisfare determinati bisogni
sociali. La nostra è società altamente istituzionalizzata; ad es la famiglia è un'istituzione composta
da un complesso di status e ruoli (marito, moglie, padre, madre, figlio, ecc.) che produce nuovi
membri della società. La tendenza ad aggregarsi in gruppi, comunità e società appare radicata nella
reciproca dipendenza biologica degli esseri umani. Ma la persistenza di una società non è
automatica, bensì devono essere soddisfatte delle funzioni per garantirne la sopravvivenza, le così
dette funzioni o bisogni sociali. Secondo Marx il bisogno sociale fondamentale è la sopravvivenza
naturale: se gli sforzi umani per soddisfare questo bisogno non fossero organizzati collettivamente,
la società cesserebbe di esistere.
Secondo Lenski (1970) i bisogni fondamentali sono:
1) comunicazione tra membri (infatti ogni società utilizza una lingua parlata);
2) produzione di beni e servizi necessari alla sopravvivenza dei membri;
3) distribuzione di tali beni e servizi;
4) protezione dei membri dai pericoli fisici, da altri organismi e dai nemici umani;
5) sostituzione dei membri, sia attraverso la riproduzione che la socializzazione;
6) controllo dei membri, sia per garantire che il lavoro sociale venga eseguito che per
regolare i conflitti intestini.

Per realizzare questi bisogni c’è bisogno di un impegno collettivo, che si concretizza nelle
istituzioni. Per soddisfare i bisogni sociali le istituzioni devono utilizzare le risorse di cui la
società dispone. Per esempio, per poter produrre beni e servizi le istituzioni economiche
dovranno ricorrere a quattro tipi di risorse:
• la terra (risorse naturali);
• il lavoro (motivazioni e capacità degli esseri umani);
• il capitale (ricchezza investita in mezzi di produzione);
• l’organizzazione (mezzi per combinare e coordinare le prime tre risorse).

Ma anche le altre istituzioni necessitano di risorse: le istituzioni pertanto sono congegni per
canalizzare le risorse sociali e modelli di interazione stabili, preposti a soddisfare uno o più
bisogni sociali. Esse non sono però statiche, ma soggette a variabilità e cambiamento, poiché le
condizioni che l'influenzano sono in continuo cambiamento.

LA SOCIETA’
Cerchiamo ora di dare una definizione di società. Marsh (1967) ha tentato di specificare le
condizioni necessarie perché un raggruppamento sociale possa essere definito società:
❖ 1) un territorio delimitato da confini;
❖ 2) il reclutamento di nuovi membri (attraverso la riproduzione o l’immigrazione);
❖ 3) una cultura inclusiva, cioè sufficientemente coesa da provvedere alla soddisfazione dei bisogni
sociali;
❖ 4) l’indipendenza politica.
12
Ma questa definizione presenta comunque dei problemi: ad esempio in Paesi multietnici e multireligiosi
(USA) non esistono tratti culturali condivisi dall'intera popolazione; esistono poi Paesi formalmente
indipendenti che tuttavia dipendono economicamente da altri paesi. Precisiamo infine che il concetto di
società non è sinonimo di cultura o di Stato-nazione. Il concetto di cultura non implica necessariamente
confini territoriali o l'indipendenza politica (es si parlava di cultura ebrea anche quando gli ebrei non
avevano uno Stato). Il concetto di Stato-nazione, invece, implica un apparato di governo formale e una
specifica identità nazionale, mentre invece ci sono società che non sono stati, ad esempio le società
nomadi mediorientali.
Le società possono essere classificate in molti modi; Lenski (1970) ha classificato le società in
base ai loro mezzi di sussistenza, cui fanno corrispondere alcune caratteristiche:
→ Società di caccia e raccolta: i membri di queste società si spostano per cacciare e
raccogliere bacche e altri vegetali commestibili. Questi cacciatori raccoglitori dispongono di
utensili primitivi; la proprietà è necessariamente limitata, dato che devono portare con sé
tutto ciò che possiedono; il sistema di parentela è il più importante principio organizzativo
della vita sociale; la struttura politica è praticamente inesistente (es: gli Aborigeni
dell’Australia);
→ Società orticole: Nelle società orticole più semplici, orti e giardini vengono coltivati senza
attrezzi metallici o aratri, in quelle più avanzate dispongono di armi e attrezzi metallici, ma
non di aratri. Come quelle di caccia e raccolta, le società orticole sono società di
sussistenza; hanno però strutture politiche, articolate su due o più livelli di autorità; anche
qui è fondamentale il sistema di parentela, che spesso è articolato in clan (in passato
diffuse in Cina ed Europa, oggi in Africa);
→ Società agricole: Le società agricole sono in grado di produrre cibo in eccedenza rispetto
alle necessità della popolazione; grazie a questo surplus si sono potute sviluppare città
dove si è sviluppato l’artigianato e il commercio. Con la nascita dello stato, della scrittura e
della moneta si forma poi una struttura di potere complessa, che porta al declino della
parentela come principio organizzativo della vita sociale; la famiglia però rimane l’unità
produttiva fondamentale (le prime società agricole sorgono nell’antico Egitto);
→ Società industriali: Sono apparse nell’era moderna, con la rivoluzione industriale in Gran
Bretagna. La tecnologia ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo delle società
industriali. La produzione industriale implica l’applicazione di conoscenze scientifiche e di
fonti energetiche (vapore, energia elettrica, ecc.…); il surplus economico generato dalla
produzione industriale è enorme rispetto a quello generato dagli altri tipi di società. La
maggior parte delle società industriali ha sistemi di governo altamente sviluppati, con
burocrazie e apparati militari complessi. - La famiglia in questo tipo di società perde
importanza-.

Molti dei primi scienziati sociali hanno tentato di delineare le differenze fondamentali tra le società
tradizionali quelle moderne, una delle più influenti analisi è stata quella proposta da Tonnies che
fece ricorso ai termini di Gemeinschalf (che rappresenterebbe una comunità rurale e agricola) e
Gesellschaft (che rappresenterebbe una società urbana industrializzata). Le principali differenze tra
Queste due sono:
• le motivazioni individuali: Per la Gemeinschalf gli uomini devono rispondere ad obblighi
collettivi al contrario la Gesellschaft si basa sul proseguimento nazionale dell'interesse
personale, con individui che interagiscono in un contesto impersonale offrono denaro in
cambio di specifici beni e servizi;
• controllo sociale: la Gemeinschalf mette l'accento su usi e lealtà tradizionali, mentre la
Gesellschaft è basata su leggi codificate formalmente;
• divisione del lavoro: la Gemeinschalf implica una specializzazione limitata fondate 13
essenzialmente sui legami di parentela la Gesellschaft al contrario comporta invece la
specializzazione l'autonomia dei ruoli professionali dei ruoli familiari;
• cultura: la Gemeinschalf si fonda su valori religiosi, mentre la Gesellschaft su valori
secolari;
• istituzioni dominanti: della prima prevengono famiglia vicinato e comunità locale mentre
nella Gesellschaft si impongono organizzazioni formali su grande scala (esempio... partiti
politici, sindacati, eccetera).

Questa teoria è stata sottoposta a numerose critiche. Innanzitutto, e troppo specialistica, dal
momento che esistono forme distinte sia di Gesellschaft che di Gemeinschalf. In secondo luogo, le
società industriali moderne sono caratterizzate da una miscela di elementi riconducibili sia alla
Gemeinschalf che alla Gesellschaft, piuttosto che dalla semplice esclusione di questi ultimi.
Capitolo quattro: la socializzazione
1. COME AVVIENE LA SOCIALIZZAZIONE

La socializzazione è un processo mediante il quale apprendiamo le competenze e gli atteggiamenti


connessi ai nostri ruoli sociali, essa assolve la funzione di assicurare la continuità sociale
trasmettendo ideali, valori e modelli di comportamento ai nuovi membri di una società.
Per far sì che avvenga un processo di socializzazione sono necessari tre fattori:
1. aspettative di ruolo;
2. propensione alla conformità;
3. modifica del comportamento.

Un esempio di socializzazione efficace è quella che avviene nel gruppo dei pari (cioè dei coetanei).
I ragazzi più popolari definiscono gli standard, tutti gli altri si adeguano o perlomeno, sono spinti a
farlo modificando il proprio comportamento. Ci sono studenti che però non si adeguano agli
standard fissati dai loro compagni detentori della leadership. Attraverso la resistenza, la ribellione la
sfida e perciò possibile trasformare il processo di socializzazione, non sempre gli individui vengono
socializzati di secondo le aspettative dei genitori degli insegnanti o dei loro pari. Dobbiamo
comunque specificare che la propensione alla conformità costituisce la regola piuttosto che
l'eccezione, per due ragioni: limiti biologici e i limiti culturali.
• limiti biologici > (non si può volare senza ali)
• limiti culturali > sono dati dal fatto che una determinata cultura tende a selezionare solo
una minima parte dei comportamenti biologicamente possibili (esempio: l'accoppiamento
casuale è biologicamente possibile ma tutte le società hanno regole sessuali per il
comportamento dei propri membri.)

Possiamo quindi notare quanto i fattori biologici e quelli culturali influenzano la socializzazione. 14
→ Per quanto riguarda il contesto biologico, a differenza degli animali gli esseri umani anche
se hanno riflessi geneticamente determinati (per esempio afferrare, succhiare, battere le
palpebre eccetera) non hanno comportamenti complessi perché devono imparare a vestirsi
e procurarsi il cibo ecc.… inoltre, sono anche lenti nello sviluppo delle capacità necessarie
alla sopravvivenza ma questa prolungata fase di sviluppo da un vantaggio alla nostra
specie perché può acquistare abilità molto più complesse rispetto agli animali (esempio
parlare).
→ Per quanto riguarda il contesto culturale, invece, ogni società privilegia specifici valori
culturali e li trasmette ai bambini attraverso la socializzazione, selezionando in loro alcuni
tratti di personalità a scapito di altri (Per esempio in America si esaltano i valori
dell'autonomia e dell'aggressività per questo loro acclamano gli sportivi e gli uomini
d’affare). Sui valori poggiano le norme culturali che regolano le interazioni tra gli individui,
alcune norme poi vengono tradotte in leggi ma la maggior parte no, anche se rimangono
comunque aspettative da soddisfare, per esempio il comportarsi bene il portale un regalo
ad una festa eccetera...

Tuttavia, alcuni sociologi sostengono che, sebbene la cultura abbia una forte influenza sul
comportamento, la condotta umana è determinata da fattori biologici. In questo caso parliamo dei
fautori della sociobiologia, che portano avanti la tesi che i fattori genetici abbiano sul
comportamento umano, un effetto assai più determinante di quanto si pensasse in precedenza e che
una gamma di comportamenti che va dall'aggressività all’ altruismo può avere origini biologiche.
Essi credono nell'esistenza della natura umana, che definiscono come una serie di predisposizioni
genetiche che portano gli individui a comportarsi in un certo modo. Non tutti però sono d'accordo
su questa teoria, infatti secondo Wilson i fattori genetici incoraggiano e allo stesso tempo limitano il
nostro comportamento. La loro esistenza è il risultato di migliaia di anni di evoluzione. La
sociobiologia è stata però molto criticata perché non esistono prove che hanno convalidato il
collegamento tra specifici geni e comportamento sociale, inoltre, essa trascura la capacità umana di
utilizzare i simboli e il ragionamento, attività che influenzano molto sul comportamento. Secondo
Freud gli impulsi biologici sono in conflitto con le istanze culturali, mentre secondo Malinowski, le
istituzioni sarebbero sistemi elaborati per gratificare le pulsioni biologiche. La verità forse sta nel
mezzo: la biologia definisce i bisogni e i limiti della natura umana ma, a partire da quei
bisogni ed entro quei limiti gli esseri umani sono profondamente adattabili.

2. TEORIE DELLO SVILUPPO DELLA PERSONALITA’

La socializzazione è un elemento importante per la formazione della personalità. Esistono gli agenti
di socializzazione cioè famiglia, scuola, tutti coloro che contribuiscono alla socializzazione e che ti
impongono le norme e portano poi la persona ad interiorizzare queste norme così da aderire al
ruolo. La socializzazione può essere:
♦ PRIMARIA: avviene nella prima fase della vita. in questo caso l’agente socializzante /
ALTRO SIGNIFICATIVO/ ha un influsso modellante sulla personalità del soggetto tanto da
esserne dipendente. le relazioni che si vanno a creare sono affettive e reciproche cioè
anche l’agente cambia in base al socializzando;
♦ SECONDARIA: Avviene per tutto il resto della vita. il rapporto In questo tipo di
socializzazione e più neutrale non ci sono basi affettive e il socializzando, si ritrova in
condizioni di maggior autonomia;
♦ ANTICIPATORIA: Questo tipo di socializzazione su si basa sui dubbi di aspirazione che ci
portano preventivamente ad apprendere ciò che faremo in futuro.
15
Come già ribadito la socialità è un elemento importante per la formazione della personalità La
personalità degli individui prende forma nel corso della loro interazione con gli altri, interazione
che a sua volta influenzata da una serie di caratteri fisici, l'età, l'intelligenza, il genere, ma, anche,
dall’ ambiente (lo sviluppo di un bambino può essere ho promesso dalla situazione di indigenza
della famiglia) inoltre, la formazione della personalità di un individuo dipende molto anche dalle
esperienze culturali della persona appunto
psicologi e sociologi hanno elaborato una serie di teorie per spiegare come questi diversi fattori
interagiscono nella formazione della personalità.
Secondo COOLEY La personalità (il SÉ) emerge dall'interazione degli individui con il mondo,
durante questa interazione si crea un IO riflesso costituito da tre elementi:
• La nostra percezione di come gli altri ci vedono (Credo che la gente si è accorta del mio
nuovo taglio di capelli);
• la nostra percezione della loro reazione a come ci vedono (Credo che pensino mi stiano
bene);
• la nostra reazione a quella che percepiamo negli altri (credo che continuerò a portarli in
questo modo).

Secondo MEAD la personalità (il SE, self) è un prodotto sociale emergente nei rapporti con gli altri,
si forma quando il bimbo acquisisce la capacità di pensare a sé stesso nello stesso modo in cui
piacerebbero gli altri. Questo processo della formazione della personalità si sviluppa in tre fasi:
☺ Fase dell'imitazione: durante la quale i bambini copiano il comportamento degli adulti
senza capire cosa stanno facendo (Batte le mani solo perché vede gli altri farlo);
☺ fase del gioco libero: durante la quale il bambino comincia a interpretare i comportamenti
come vari e propri ruoli e assumerli (gioca a fare il calciatore, il cantante);
Questo spostamento continuo da un ruolo all’altro crea la capacità di dare ai propri pensieri e alle
proprie azioni lo stesso significato che verrebbe attribuito dagli alti. Ciò costituisce un'importante
passo nella costruzione della personalità. Secondo Mead la personalità - IL SÉ- si articola in due
stanze l'IO e il ME.
➢ L’IO rappresenta il modo in cui mi pongo di fronte agli altri e alla società in generale;
➢ Il ME invece, è la mia idea di come gli altri significativi - i parenti, gli amici...- mi vedono.

Assumendo ruoli diversi nei giochi i bambini costituiscono gradualmente costruiscono


gradualmente il ME.
☺ Fase del gioco organizzato: durante il quale il bambino deve imparare quello che ci si
aspetta, non da una sola persona, ma da intero gruppo. Seguire le regole del gioco del
calcio prepara i bambini a seguire le regole del gioco sociale. L'insieme di queste
aspettative si fonda in una sorta di persona senza volto che Mead chiama altro
generalizzato, in base al quale il bimbo impara a regolare il proprio comportamento.
Arrivati a questa fase i bambini hanno acquistato un'identità sociale.

16
Capitolo cinque: interazione sociale.
L’ INTERAZOPNE SOCIALE
i sociologi come già sappiamo studiano sia la dimensione macro-sociale che quella micro-sociale.
L'interazione tra individui e oggetto della microsociologia, uno dei due livelli fondamentali
dell'analisi sociologica, che osserva il modo in cui gli individui si comportano in presenza di altri, i
sociologi hanno identificato e tentato di spiegare determinati modelli di comportamento che sono
alla base della dimensione micro-sociale. Per quanto riguarda la dimensione macro-sociale, essa è si
occupa delle caratteristiche generali dalle istituzioni: la religione, la famiglia, l'economia, il
governo. A livello macro troviamo dunque, le grandi strutture della società, mentre a livello micro
troviamo l’ interazione tra gli individui, che può avvenire a coppie o i gruppi.

3. I GRUPPI

I gruppi sono un insieme di individui che interagiscono secondo determinati modelli, provano
sentimenti di appartenenza al gruppo e vengono considerati parte del gruppo dagli altri membri.
Sono tre le caratteristiche fondamentali dei gruppi:
1. la prima caratteristica fondamentale dei gruppi è l'interazione strutturata da modelli. I
modelli specifici di attività e interazione definiscono i confini precisi di ogni gruppo.
Esempio: nelle bande giovanili stanno sempre insieme programmano le loro attività spesso
in segreto e sono pronti a proteggersi l'uno dall'altro se attaccati, simili modelli di
interazione possono essere osservati anche in un club o nel l'equipaggio di un carro
armato.
2. La seconda caratteristica fondamentale dei gruppi è il senso di appartenenza. Per
esempio, i membri delle bande giovanili hanno un forte senso di lealtà verso il gruppo e di
avversione per le altre bande. 17
3. la terza caratteristica fondamentale dei gruppi e riconoscimento reciproco dei suoi membri
e dunque l'identità di gruppo o agli occhi degli estranei. L'identità di gruppo è più forte di
quanto si possa immaginare per esempio una banda e certamente identificata come
gruppo dai suoi rivali e dalla polizia con cui è in continuo conflitto.

I gruppi si dividono in gruppi primari e gruppi secondari:


• gruppo primario costituito da un piccolo numero di persone che interagiscono
direttamente e crea relazioni molto strette di tipo personale, un esempio di gruppo primario
può essere la famiglia
• i gruppi secondari sono gruppi composti da un elevato numero di membri, tra i quali non
esiste una forma di comunicazione immediata a differenza del gruppo primario, le relazioni
di questo gruppo sono impersonali e neutre. Un esempio di gruppo secondario sono le
fabbriche.

Ma perché si formano i gruppi? Per gli esseri umani la vita di gruppo è di importanza vitale.
Parlando per esempio della socializzazione, i bambini dipendono dagli adulti per un lungo periodo
durante, il quale acquisiscono le abilità gli atteggiamenti necessari per vivere in gruppo. Crescendo
assumono valori e norme di comportamento del gruppo cui appartengono. La socializzazione
quindi, li rende idonei alla vita sociale e li aiuta ad assicurare la continuità del gruppo oltre la durata
dell'esistenza individuale i gruppi assurgono però ha molte altre funzioni:

• funzione strumentale: sono gruppi necessari per svolgere compiti difficili o impossibili da
seguire per un individuo un esempio è una catena di montaggio oppure una squadra di
calcio.
• funzione espressiva: l'obiettivo di questi gruppi è quello di soddisfare il bisogno di
accettazione, riconoscimento e stima dei propri membri un esempio sono i gruppi di amici.
non vi sono tuttavia, confini ben definiti i tre gruppi strumentali e quelli espressivi e gruppi strumentali infatti svolgono
spesso anche funzioni espressive i membri di un reparto militare, per esempio, intrecciano profondi rapporti affettivi
che vanno ben oltre le necessità di guerra. Così come gruppi espressivi possono in un certo senso essere strumentali
perché hanno uno scopo il piacere della compagnia umana, per esempio, ma in realtà possiamo anche ritrovare un
gruppo di vicini che costituisce un'associazione di quartiere.
• funzione di supporto: sono gruppi che si riuniscono per dare sollievo a sentimenti negativi
dobbiamo però specificare che i gruppi di supporto non offrono sollievo a tutti i sentimenti
negativi.

Nei gruppi esistono sequenze di eventi che vengono definite dinamiche e tendono a ripetersi, tra
queste possono essere ricordate la pressione al conformismo, il rifiuto di gruppo o la distribuzione
dei ruoli di leadership.
Negli anni 40 del secolo scorso Asch condusse un’importante serie di esperimenti per studiare
l'influenza del gruppo sui suoi membri. Nel primo esperimento gruppo costruito. Alle nove persone
veniva chiesto di confrontare una linea con altre tre di diversa lunghezza; Ogni persona doveva
comunicare al gruppo quale di queste tre linee fosse di lunghezza eguale al campione. Otto persone
erano però state istruite in precedenza affinché dessero la risposta sbagliata, cosicché il soggetto
non preavvertito venisse improvvisamente a trovarsi in un assoluto isolamento. Quest'ultimo nella
situazione appena descritta cedeva alle pressioni del gruppo e si conformava alla loro risposta.
Nel corso degli esperimenti i soggetti non preavvertivi venivano rifiutati dal gruppo, almeno finché
il loro giudizio pur essendo corretto contrastava con quello sbagliato del gruppo. Gli effetti di tale
comportamento provocavano un forte calo dell’autostima del soggetto.
Nei gruppi c’è sempre la presenza di un leader, il leader è una persona che gestisce alcune cose 18
all'interno di un gruppo. Egli può essere strumentale cioè che ci si dà da fare per proporre soluzioni
e orientare il gruppo oppure espressivo ossia la persona valutata più positivamente dai membri.
Capitolo sei: Le organizzazioni
½. Le organizzazioni nella società / Gruppi e organizzazioni
Le organizzazioni sono gruppi sociali costituiti per raggiungere scopi specifici. Le organizzazioni
costituiscono uno dei principali tipi di gruppo secondario (i gruppi secondari sono strutturati per
raggiungere scopi specifici i loro componenti hanno ruoli strettamente definiti e legami emotivi
meno intensi).
3 LA BUROCRAZIA
Organizzazioni come impresi, uffici pubblici, sindacati e università appartengono alla categoria
della burocrazia. Max Weber vide nella burocrazia uno degli aspetti fondamentali della tendenza
alla razionalizzazione nel mondo moderno. Egli si interessò alla razionalizzazione nella società
contemporanee, ritenendo che negli ultimi secoli si è verificato un radicale allontanamento dei
comportamenti spontanei, personali e tradizionali. Le attività secondo Weber sono diventate sempre
più sistematiche, cioè coordinate da regole ricavate dall'analisi razionale. Il suo tipo ideale di
burocrazia comprendeva le seguenti caratteristiche:
 una divisione del lavoro chiaramente definita e stabile
 una struttura gerarchica nella quale ogni soggetto ha un superiore che a sua volta è il
superiore di altri;
 Procedure formali di apprendimento per arrivare a svolgere le diverse funzioni all'interno
del l'organizzazione, dalle più semplici alle più complesse;
 una carriera basata sull'impegno stipendiato a tempo pieno;
 Regole scritte prestabilite che stabiliscono le procedure da seguire nello svolgimento del
lavoro;
 Fedeltà all'organizzazione (ovvero obbedienza ai superiori in quanto detentori di un ruolo
formale e non in quanto persone specifiche) e il segreto d'ufficio.
19
Una volta affermatasi però la burocrazia vive di vita propria. Weber classificava la burocrazia tra le
strutture sociali più difficili da distruggere in questa tendenza molti osservatori hanno visto i
sintomi di una patologia delle organizzazioni, una sorta di sclerosi per cui i burocrati si fossilizzano
nell'esecuzione di compiti specialistici e nell'osservanza acritica di norme e regolamenti. I membri
di una burocrazia tendono però a perdere di visita i loro veri scopi. La famosa legge di Parkinson
ipotizza che il personale di un'organizzazione tende ad aumentare quasi automaticamente perché
ogni funzionario desidera moltiplicare i propri subordinati, il risultato però è una burocrazia sempre
crescente e devota ai propri scopi immaginari che genera sempre più lavoro inutile. A questa
visione però si contrappone la formazione di aziende che utilizzano computer per ridurre il
personale.
Anche il conflitto è una costante nelle organizzazioni. I conflitti irrazionali derivano da problemi
o da ostilità personali. Le persone con una “personalità autoritaria” fanno molta fatica ad accettare
l’autorità di altri. Quando si trovano di fronte ad un superiore molto deciso e poco tollerante
possono anche sottomettersi, ma covano rabbia e ostilità repressa. Dal momento che nelle
organizzazioni abbondano i bersagli verso cui indirizzare questa aggressività, queste personalità
possono essere una continua sorgente di conflitto. I conflitti razionali sono i conflitti radicati
nell’organizzazione stessa e Katz (1964) ne ha individuati tre tipi:
1. Conflitti tra soggetti che competono direttamente: Parliamo quindi di conflitti tra
persone che lavorano nel medesimo reparto, svolgono la medesima attività e competono
per numero limitato di opportunità;
2. Conflitti tra soggetti che competono indirettamente: Nascono da differenze di interessi,
valori, norme, obiettivi (es. di conflitto indiretto è quello tra addetti alla ricerca e addetti alla
produzione che, anche se competono per il prestigio nell’organizzazione, non sono
impegnati in una lotta per ottenere la medesima ricompensa);
3. Conflitti interni alla gerarchia: Nascono tra soggetti collocati a livelli diversi nella struttura
dell’organizzazione. Questi tipi di conflitti riguardano la maggior parte delle volte, come
devono essere fatte le cose (il modo). (es di confitti interni alla gerarchia è quello tra operai
abituati ad un dirigente molto permissivo e il nuovo dirigente molto rigido).

Come gestire i conflitti? La risposta migliore è valorizzare i rapporti umani, ma spesso non basta,
quindi bisogna usare altre tecniche come: la cooptazione, che consiste nell'allargare il processo
decisionale ad alcune delle parti insoddisfatte; Oppure Un altro strumento efficace è la
ristrutturazione organizzativa. si tratta di una tecnica molto radicale che può comportare l'abolizione
è la creazione di nuovi reparti, così da permettere lo spostamento delle persone coinvolte nel
conflitto in reparti diversi.

20
Capitolo sette: Devianza e controllo sociale.
1. CHE COS’E’ LA DEVIANZA?

La devianza è uno degli argomenti più complessi e importanti della sociologia.


La devianza è un comportamento che si discosta dalle norme di un gruppo e a causa del quale
l'individuo che lo mette in atto può venire isolato o sottoposto a trattamenti curativi, correttivi o
punitivi. Di questa definizione possiamo isolare i tre componenti della devianza: l'individuo che si
comporta in un certo modo, la norma che viene usata come pietra di paragone per stabilire se un ho
portamento sia deviante o meno e un gruppo che reagisce al comportamento questione.
La devianza però è molto difficili per tre motivi:
RELATIVITA’: La devianza è relativa a standard ambigui, a proposito dei quali esistono
divergenze di opinione, e dunque difficile stabilire quali comportamenti siano effettuate devianti, è
pertanto assolutamente possibile che un medesimo atto venga considerato allo stesso tempo
deviante o meno. La relatività della devianza e data alle norme o dalle aspettative in base alle quali
quest'ultima (la devianza) viene giudicata. ESEMPIO: Fumare sigarette Inizialmente era un
comportamento socialmente accettato, ma dopo che gli scienziati hanno messo in luce il rapporto
diretto tra fumo e diverse malattie, è cominciata una crescente opposizione di questa ha
quest'abitudine.
AMBIGUITA’: quando cerchiamo di definire la devianza un problema che sorge è quello
dell'ambiguità. A volte le regole non sono del tutto chiare, per esempio, attraversare la strada al di
fuori delle strisce pedonali e un comportamento deviante? questo comportamento e io contro la
legge ma è così comune che non è definito deviante.
MANCANZADI CONSENSO: altro problema che nasce quando si cerca di definire la devianza e
la non condivisione di alcune norme o aspettative di comportamento. In una società pluralistica
come la nostra, spesso non c'è consenso a proposito di comportamenti devianti. Esempio per alcuni 21
soggetti una persona che fuma marjuana è un soggetto deviante per altri invece no.
Queste tre caratteristiche ci portano alla conclusione che un comportamento non sarà mai
considerato da tutti deviante, perché ci sarà sempre qualcuno che non lo considera come tale.
2. SPIEGAZIONI DELLA DEVIANZA.

Una delle prime teorie sulla devianza è quella della scuola classica: principalmente parleremo di
Beccaria.
Egli partiva dall'idea che il deviante è colui che sceglie l'azione che fa in base ad un’analisi sui costi
e sui benefici: AUMENTARE I BENEFICI ABBASANDO I COSTI. Per Beccaria, quindi, è inutile
la pena di morte perché essa non ha efficacia in quanto il deviato, per non morire scapperebbe e non
tutti possono essere catturati; quindi, in un caso del genere non ci sarebbe giustizia. Al contrario
una pena minore sarebbe maggiormente deterrente. La deterrenza può essere specifica o generale:
• SPECIFICA: ha una funzione specifica;
• GENERALE: gli altri vedendo la pena saranno scoraggiati a commettere la stessa azione.

La pena, quindi, non deve essere proporzionata ma certa è determinante (fissa).


Per spiegare la devianza sono state elaborate varie teorie, che danno spiegazioni biologiche,
psicologiche o sociologiche ad essa.
SPIEGAZIONI BIOLOGICHE
Teoria del tipo criminale: Secondo Lombroso la devianza deriva da particolari tratti fisici. Infatti,
Lombroso pensava che gli individui fossero predisposti a determinati comportamenti in base alla
propria configurazione biologica: il tipo criminale è il residuo di una fase evolutiva precedente e
presenta tratti quali mascella inferiore prognata, barba rada, bassa sensibilità al dolore. Per
Lombroso, essendo il deviante un malato, esso più che punito doveva essere curato, pur sostenendo
che ci sono casi che non possono essere curati che egli chiama gli incorreggibili, sostiene l'utilizzo
di una pena indeterminata, individualizzata e che dovesse seguire lo sviluppo della devianza.
Lombroso arriva a sostenere che oltre gli incorreggibili, con l'avanzamento della scienza, la società
non avrebbe più avuto soggetti deviati.
Teoria della struttura corporea: Secondo Sheldon la devianza deriva da una particolare struttura
corporea. Egli notò infatti che determinati modelli di comportamento sono legati alla struttura
corporea della persona. In particolare:
• - l’endomorfo, grassoccio e tondeggiante, tende ad essere socievole, accomodante e
indulgente con sé stesso;
• - il mesomorfo, duro e spigoloso, tende ad essere irrequieto, energico e insensibile;
• - l’ectomorfo, sottile e fragile, tende ad essere introspettivo, sensibile e nervoso.

Dopo aver studiato più di 200 ragazzi in un riformatorio, Sheldon concluse che i mesomorfi, pur
non essendo sempre delinquenti, sono con maggiore probabilità individui devianti. Recenti
spiegazioni biologiche tendono ad associare la devianza ad alterazioni nella struttura cromosomica
delle persone (es un maschio che invece del cromosoma XY, ha XXY, ha più possibilità di essere
deviato).
Dobbiamo specificare che a questi tipi di teoria sono andati in disuso perché anche tre soggetti
definiti normali sono stati riscontrati delle caratteristiche ritrovate anche nei soggetti deviati.
SPIEGAZIONI PSICOLOGICHE: Gli psicoanalisti hanno proposto teorie che mettevano in
relazione la devianza con i conflitti di personalità. Freud ha sviluppato la nozione di criminale
perseguitato dal senso di colpa che vuole essere colto sul fatto e punito. Nel campo della devianza
sessuale, l’esibizionismo, il voyerismo e il feticismo possono derivare da un complesso di
castrazione non risolto. Tuttavia, attente ricerche hanno dimostrato che la devianza non deriva solo
da fattori psicologici ma è più probabile derivi da una combinazione di fattori sociali e fattori 22
psicologici.
SPIEGAZIONI SOCIOLOGICHE: Le spiegazioni sociologiche della devianza insistono sui
fattori culturali e sociali a causa dei quali gli individui vengono definiti e trattati come devianti.
Teoria dell’anomia → Secondo Durkheim la devianza deriva dall’anomia, cioè dalla mancanza di
norme. Infatti, le norme sociali svolgono un ruolo importante nel regolare la vita e il
comportamento delle persone: grazie ad esse gli individui sanno che cosa aspettarsi dagli altri e che
cosa ci si aspetta da loro. Tuttavia, nel corso di momenti critici o di profondi cambiamenti sociali le
esperienze esistenziali delle persone non corrispondono più ai modelli rappresentati nelle norme
sociali, per cui gli individui si sentono confusi e disorientati, e ciò può portare alla devianza.
Teoria della disorganizzazione sociale → La teoria di Durkheim è stata ripresa dalla scuola di
Chicago. Con il concetto di disorganizzazione sociale, il quale indica una situazione in cui i
rapporti sociali sono assenti, fragili o conflittuali. Ciò può avvenire a causa della mescolanza di
gruppi diversi per valori di riferimento e atteggiamento. In una ricerca di due sociologi di Chicago
fu riscontrato che il tasso di delinquenza cioè, il rapporto fra il numero degli autori di reato residenti
in una determinata area e la sua popolazione complessiva, era particolarmente alto nelle aree urbane
dove abitavano persone di diverse origini. In queste aree come vediamo si scontravano valori
culturali diversi ed era difficile far rispettare qualsiasi standard di comportamento.
Teoria della tensione → Merton, al contrario di Durkheim, ritiene che l’anomia non sia l’esito
della mancanza di norme, ma di un contrasto tra le mete culturali e i mezzi istituzionalizzati previsti
per raggiungerle, che entrano in tensione reciproca (ES quando una persona accetta la meta della
ricchezza ma constata che non può raggiungerla con i mezzi socialmente approvati, può decidere di
ricorrere a strumenti illeciti, adottando vari tipi di comportamenti devianti). Quindi per Merton
l’anomia e, quindi, la devianza, derivano dal contrasto tra mete culturali e mezzi
istituzionalizzati previsti per raggiungerle.
Teorie culturali → Le teorie dell’anomia e della disorganizzazione sociale insistono sulle forze che
“spingono” una persona alla devianza; le teorie culturali invece concentrano l’attenzione sulle forze
che “attirano” la devianza. Sellin (1938) ha fatto notare che la devianza nasce dal conflitto culturale
che si genera quando il gruppo non ha interesse a conformarsi alle norme della maggioranza.
Secondo Miller (1958) esiste una subcultura autonoma delle classi inferiori che attribuisce grande
valore ad alcune esperienze (Es cacciarsi nei guai, essere dei “duri”, provare sensazioni eccitanti ed
essere “baciati dalla sorte”) considerate negativamente dal resto della società; per cui i membri delle
classi inferiori tendono ad essere considerati dai membri delle classi superiori come devianti.
Quindi per Sellin e Miller la devianza deriva dai conflitti tra le norme delle subculture e quelle della
cultura dominante.
Secondo la teoria dell’associazione differenziale di Sutherland (1939) la criminalità (la devianza
che lo interessa) viene appresa: se tra gli amici e i parenti coloro che praticano attività criminali
sono la maggioranza, è probabile che l’individuo finisca per diventare anch’esso un criminale, e
quindi un deviante. Ohlin e Cloward avevano un pensiero molto simile a Sutherland al riguardo; la
criminalità, e quindi la devianza, dipendeva dal fatto che in alcuni ambienti i giovani assumono
come modello devianti di successo, adulti che hanno potere, prestigio e una buona posizione nella
comunità e decidono di imitarli per raggiungere anche loro il successo.
Teoria dell’etichettamento → Secondo Becker la devianza è un’etichetta applicata dai gruppi
dominanti al comportamento dei gruppi più deboli. Infatti, ritiene che la devianza scaturisca dalla
capacità che hanno certi gruppi sociali di imporre regole agli altri. Ad esempio, una persona può
essere trattata come se avesse infranto una regola anche se non è vero, semplicemente perché altri
sostengono che la regola è stata violata. Lemert (1951) definisce devianza primaria quel
comportamento deviante che viene ignorato: quasi tutte le persone infrangono una qualche regola
sociale, ma finché tali comportamenti vengono ignorati, egli non si considererà un deviante 23
(saranno quindi dei devianti primari). Ma se qualcuno scopre questi atti e li denuncia allora ne
consegue la devianza secondaria e la persona viene etichettata come deviante, viene trattata come
tale e, poco alla volta, giunge anche a considerarsi come tale. / possiamo dire che la teoria
dell’etichettamento rappresenta ciò che sostiene la profezia che si autoadempie/
3. TIPI DI DEVIANZA

Lo schema di Merton è probabilmente il più autorevole tra gli strumenti disponibili per classificare
la devianza: Merton classifica i modi di adattamento individuale sulla base delle diverse
combinazioni di accettazione (+) e rifiuto (-) delle mete culturali, dei mezzi istituzionalizzati o di
entrambi. Modi di adattamento:
1. Conformità → accettazione sia delle mete culturali che dei mezzi istituzionalizzati. Esso è
considerato l'unico modo di adattamento non deviante;
2. Innovazione → accettazione delle mete culturali, ma il rifiuto dei mezzi istituzionalizzati;
quindi, per raggiungerle spesso usa mezzi illegittimi, come la criminalità;
3. Ritualismo → rifiuto delle mete culturali, ma l'accettazione, a volte esagerate ossessiva,
dei mezzi istituzionalizzati;
4. Rinuncia → rifiuto sia delle mete culturali che dei mezzi istituzionalizzati; Esempio:
emarginati, vagabondi, ecc.;
5. Ribellione → rifiuto sia delle mete culturali che dei mezzi istituzionalizzati, ma anche loro
sostituzione con nuove mete e nuovi mezzi.

Lo schema è utile perché considera la conformità della devianza come due estremi di una medesima
scala; inoltre chiarisce anche che la devianza non è il prodotto di un atteggiamento totalmente
negativo, come spesso si crede (ES il ladro non rifiuta la meta culturale del successo economico, ma
cerca di raggiungerla con lo stesso entusiasmo di un giovane in carriera, anche se con mezzi
diversi).
4. LA DEVIANZA COME CARRIERA

Si può prendere in considerazione la devianza e considerarla come una sorta di carriera che viene
percorsa in varie fasi:
1) La formazione delle norme → Le regole sono spesso il prodotto di una sorta di “crociata”
morale (ES il concetto di delinquenza minorile, ad esempio, non esisteva prima del periodo
dell’industrializzazione; poi, una volta emerso tale fenomeno, si fecero delle leggi per contrastarlo
2) La natura delle norme → Le norme sono tutte diverse tra di loro, non tutte sono ugualmente
rigorose e non tutte comportano lo stesso tipo di punizione. Alcune norme vengono fatte rispettare
dai gruppi di appartenenza (famiglia, amici, azienda), altre da apposite istituzioni dello stato
(tribunali, prigioni). Alcune norme sono specifiche (da un insegnante ci si aspetta che tenga una
lezione), altre sono generiche (ci si aspetta che un professore pubblichi delle opere). Di solito la
violazione di norme specifiche comporta sanzioni più definite. A seconda delle norme, un
comportamento può essere obbligatorio, facoltativo o proibito. Le norme che richiedono un dato
comportamento sono molto più problematiche da far rispettare di quelle che lo proibiscono.
3) L’estensione della devianza →La devianza è molto più estesa di quella che risulta dalle
statistiche ufficiali. Comportamenti devianti come abuso di stupefacenti, evasione fiscale e furto
spesso non vengono registrati dalla polizia e dai tribunali.
4) L’etichettamento → Gran parte del comportamento deviante non viene trattato come tale; ciò
conferma quanto sostengono i teorici dell’etichettamento cioè che le persone possono essere
arrestate e punite per azioni devianti che non hanno commesso. Ad esempio, in una ricerca condotta
sull'attività della polizia è stato osservato che, di fronte al medesimo tipo di comportamento illegale,
gli agenti tendevano ad arrestare più spesso individui in cui il modo di vestire, di camminare o di 24
agire li irritava. Di solito il passaggio dall’etichettamento di un comportamento a quello di una
persona è il risultato di una elaborazione compiuta da un apparato burocratico (ospedale
psichiatrico, tribunale, ecc.). Spesso il processo di etichettamento avviene in tempi piuttosto lunghi
e, a volte, avviene attraverso un processo informale, come nel caso dello stereotipo del “genio
pazzo”. I mezzi di comunicazione svolgono un ruolo assai rilevante nell’etichettare i devianti.
5) La stigmatizzazione → Uno stigma è quella caratteristica di una persona o di un gruppo che
viene considerata un difetto e suscita tentativi di punire, isolare o in altro modo degradare i suoi
portatori. Una volta definito un deviante, un individuo può subire punizioni che vanno dalla
semplice dimostrazione di freddezza fino all’internamento in una struttura reclusiva. Altri tipi di
stigma vengono applicati ai portatori di handicap fisici: i ciechi e i disabili, ad esempio, non sono
“puniti” nel senso consueto dl termine, ma molti li trattano in modo diverso dalle persone
“normali”. Come reagisce una persona etichettata e trattata come deviante? Ciò dipende dalla
misura in cui l’individuo accetta l’identità assegnatale. A volte gli individui continuano a negare di
essere devianti, oppure “neutralizzano” l’etichettamento ammettendo di avere commesso il fatto ma
giustificandolo in qualche modo. Esempio: un ladro arrestato per furto dice:” È vero ho rubato, ma
lo fanno tutti. Io sono stato solo sfortunato perché mi hanno beccato.” Tale soggetto accetta la
norma che proibisce il furto, ma neutralizza la propria azione.
6) La dimensione collettiva della devianza → Matza fa notare che gran parte del comportamento
deviante è un comportamento collettivo. I singoli atti di devianza si integrano in un modello di
comportamento adottato da numerose persone. Esso può svilupparsi fino a diventare una vera e
propria subcultura deviante. Quando ciò accade “la subcultura deviante ricava le proprie norme
dalla cultura complessiva in cui rientra, ma le capovolge; la condotta del deviante è appropriata
secondo gli standard che regolano la subcultura, proprio perché è inappropriata secondo le norme
della cultura complessiva”. Quando la devianza diventa collettiva può cambiare l’atteggiamento
della società nei suoi confronti: il comportamento che era considerato deviante può diventare
semplicemente “diverso” via via che viene accettato (ES gli omosessuali nei paesi occidentali).
5. IL CONTROLLO SOCIALE

Il controllo sociale è il complesso di valori, norme e sanzioni di una società. Nello studio della
devianza il controllo sociale indica lo sforzo per prevenire, punire o riportare nella norma i
comportamenti devianti. Secondo Parsons (1951) esistono tre metodi di controllo sociale:
• L’isolamento: ha lo scopo di tenere il deviante lontano dagli altri e non prevede alcun tipo
di riabilitazione (ES il modo in cui vengono trattati in prigione i criminali + pericolosi);
• L’allontanamento: limita i contati del deviante, ma non lo isola completamente dalla società
e gli consente di rientrarvi dopo un certo periodo di tempo (es il ricovero temporaneo in un
ospedale psichiatrico);
• La riabilitazione: è un processo attraverso il quale molti devianti vengono aiutati a
riassumere il proprio ruolo nella società.

IL CONTROLLO INFORMALE DELLA DEVIANZA: A volte il controllo sociale della devianza


viene effettuato in modo informale, ad esempio quando le persone vicine al trasgressore gli
esprimono direttamente la loro disapprovazione. Crosbie (1975) ha elencato quattro tipi
fondamentali di controllo informale:
• Le ricompense sociali (sorrisi, cenni di approvazione, avanzamenti di carriera, ecc.) mirano
a incoraggiare e premiare la conformità.
• Le censure (cenni di disapprovazione, minacce, critiche) mirano a scoraggiare e a far
cessare i comportamenti devianti;
• La persuasione è un altro modo di riportare alla norma il deviante; 25
La ridefinizione delle norme è una forma di controllo sociale più complessa e determina che quanto
in precedenza era considerato deviante non lo è più.
IL CONTROLLO FORMALE DELLA DEVIANZA: Il controllo formale viene esercitato da
organizzazioni la cui funzione è quella di far rispettare la conformità (polizia, tribunali, ospedali
psichiatrici). Possiamo individuare tre fasi distinte e successive di “trattamento” della devianza:
La polizia: il primo passo nel processo di controllo formale consiste di solito in un incontro tra un
agente di polizia e la persona sospettata di aver violato la legge. La procedura penale vera e propria
inizia con l'arresto, È ormai ben documentata l'influenza che sulle decisioni della polizia hanno l'età,
l'etnia, la classe sociale, il genere e il comportamento di un sospettato.
I tribunali: lo stadio successivo all'arresto è l'immissione del sistema processuale, la realtà è però
molto diversa, mancando il tempo necessario per esaminare accuratamente ogni caso, molti di essi
vengono risolti fuori dall'Aula del tribunale attraverso procedure extragiudiziali, tra cui il
patteggiamento della pena.
Il sistema penitenziario: normalmente la pena per aver commesso un crimine consiste in un
periodo di detenzione in carcere. Garabedian (1963) ha classificato i detenuti nelle seguenti
categorie:
❑ gli inquadrati: partecipano ai programmi di recupero, hanno molti contatti con il personale
carcerario;
❑ i politici: hanno contatti anche con gli altri detenuti;
❑ i tipi tosti: non partecipano a programmi e non hanno contatti con il personale;
❑ i fuorilegge: non partecipano ai programmi e non hanno contatti con nessuno;
❑ gli indecisi: hanno atteggiamenti non costanti;
Tuttavia, dobbiamo specificare che in tutti e tre i casi esiste un’interazione tra devianti e addetti al
controllo sociale, La devianza è infatti sempre un rapporto doppio senso, in cui si deviante e gli
agenti del controllo sociale interagiscono nel determinare l'esito del processo.

26
Capitolo nove: La disuguaglianza
La disuguaglianza è la condizione in cui si trovano individui che, rispetto ad altri, non godono
delle stesse possibilità di accesso a ricompense sociali come denaro, potere e prestigio. La
stratificazione è il risultato della trasmissione della disuguaglianza da generazione a generazione,
con la conseguente formazione di veri e propri strati sociali. Un esempio di stratificazione è la
società di casta, per esempio la società indiana, la casta è un gruppo chiuso privilegiato in cui ci si
entra per nascita quindi per status ascritti, le relazioni sono di tipo endogamico cioè ci si relaziona
solo con gli appartenenti alla propria casta, Ogni casta ha un'occupazione specializzata e c'è
un'assenza di mobilità sociale. La società di casta è ancora presente in alcuni contesti, questo perché
è fortemente legata ad i valori religiosi e all'ideologia. Per esempio, gli induisti non si ribellano alla
casta in cui si trovano perché quella posizione e la derivante del comportamento avuto nelle vite
precedenti. Un altro esempio di stratificazione è la classe sociale. La classe sociale è un gruppo il
cui accesso a ricchezza, potere e prestigio è diverso da quello degli altri gruppi; a volte, in base alla
comune posizione sociale, i gruppi si trasformano in partiti politici. Gli appartenenti ad una classe
condividono lo stesso rapporto con i mezzi di produzione. Karl Marx distingue:
➢ la classe in sé: cioè la classe che oggettivamente esiste
➢ la classe per sé: la presa di coscienza della condizione in cui ci si trova.

1. LA DISUGAGLIANZA È UNIVERSALE? La disuguaglianza esiste in tutte le società, ma è


maggiormente visibile in quelle più grandi e complesse. G. Lenski ha tentato di confrontare le
società in base alle forme di disuguaglianza:
→ Nelle società di caccia e raccolta la disuguaglianza è minore. In queste società il lavoro
è diviso quasi esclusivamente per età e per genere (GLI ANSIANI> BAMBINI- LE DONNE>
IL RACCOLTO- GLI UOMINI> LA CACCIA).
→ Nelle società orticole (tecnologia agricola primitiva) esiste un grado maggiore di 27
disuguaglianza. Il surplus prodotto viene ripartito tra i membri del gruppo, spesso secondo
le decisioni di un’unica persona che può privilegiare alcuni rispetto ad altri, contribuendo
così ad una distribuzione disuguale della ricchezza. Se la società riesce regolarmente a
produrre un surplus, non è più necessario che tutti partecipino alla coltivazione. I ruoli di
leader politico, sacerdote e mercante diventano ruoli a tempo pieno.
→ Nelle società agricole si riscontra il più elevato livello di disuguaglianza sociale. In queste
comunità si riscontra un incremento della produzione di cibo dovuto ad una cresciuta
efficienza di coltivazione che permette anche la sussistenza di una comunità numerosa su
un territorio limitato. Gli individui che ricoprono ruoli specializzati (sacerdoti, politici) si
trovano in una posizione di vantaggio, il potere può arrivare a concentrarsi nelle mani di un
capo spirituale o di un monarca ereditario. I funzionari politici hanno un potere maggiore
perché controllano una più vasta gamma di attività.
→ Nelle società industriali la disuguaglianza è minore che in quelle agricole perché il potere
è, per certi aspetti, meno concentrato in quanto, specie nelle società democratiche, gruppi
come i partiti politici, i sindacati e altre associazioni possono competere per esercitare la
propria influenza. Le disuguaglianze, soprattutto in termini di reddito, restano comunque
molto marcate.

Altra caratteristica della disuguaglianza è la resistenza al cambiamento (persistenza della


disuguaglianza). Ad esempio, negli Usa in 200 anni la distribuzione della ricchezza è rimasta
invariata. È persistente anche perché tende a riprodursi in forme sempre nuove (nei tempi moderni,
per esempio, è emersa la disuguaglianza chiamata “divario digitale”, cioè la disparità di accesso alle
nuove tecnologie. Tale divario esiste sia tra i paesi sviluppati e quelli meno sviluppati, sia in una
stessa società in base a reddito e istruzione).
2. LA NATURA DELLA DISUGUAGLINZA
TEORIE FUNZIONALISTE
I funzionalisti considerano la disuguaglianza come il prodotto di un processo sociale razionale; la
più importante teoria funzionalista è quella di Durkheim, che spiega così la disuguaglianza:
• Tutte le società considerano alcune finalità più importanti di altre.
• Tutte le funzioni sociali possono essere ordinate secondo una gerarchia, a seconda del
valore che viene loro attribuito;
• Tutti gli esseri umani hanno capacità individuali diverse. Affinché una società prosperi, è
necessario che gli individui più dotati svolgano le funzioni più importanti, e affinché ciò
avvenga occorre loro offrire ricompense adeguate.;
• La religione svolge una funzione importante perché la società dipende da essa per la
creazione di principi e valori comuni. Coloro che svolgono funzioni religiose tendono ad
avere ricompense maggiori rispetto alle persone comuni, non necessariamente sotto forma
di ricchezza, ma piuttosto sotto forma di rispetto e considerazione;
• La funzione di governo è altrettanto importante. Chi governa esercita il potere, che
costituisce in sé ricompensa, oltre a consentire spesso anche l’acquisizione di ricchezza e
prestigio sociale;
• Anche la tecnologia ha una funzione importante. I tecnici con competenze specifiche
ricoprono posizioni che richiedono un processo di apprendimento lungo e faticoso,
incentivato con ricompense sociali maggiori di quelle riservate ad altre posizioni .

LE TEORIE DEL CONFLITTO


I conflittualisti non concordano con la tesi funzionalista che la disuguaglianza è il modo naturale in
cui la società assicura la propria sopravvivenza. Per i conflittualisti, il punto di vista dei 28
funzionalisti è solo una giustificazione dello status quo (Condizione sociale in cui si nasce e che
permane). La disuguaglianza invece è dovuta al fatto che chi controlla le risorse sociali più
importanti (ricchezza e potere) è generalmente in grado di conservare i propri privilegi.
Teorie delle classi di Marx: è un punto di riferimento per tutte le tesi conflittualiste. La storia
umana può essere suddivisa in fasi caratterizzate da diversi modi di produzione (es. feudalesimo =
agricoltura, capitalismo= produzione industriale). A seconda del modo di produzione in ogni società
vi è una classe dominante che controlla i mezzi di produzione e, con essi, la vita di una classe
subordinata (ES nel feudalesimo i proprietari terrieri – feudatari – dominavano i servi della gleba;
nella società moderna la borghesia – proprietaria delle fabbriche – domina i lavoratori – proletariato
“che possiede solo la propria prole”). Queste classi sociali possono essere divise al loro interno
(nella borghesia, per esempio, i commercianti sono separati dagli industriali. Esiste anche un
sottoproletariato - formato da criminali, alcolisti, mendicanti- che è al di fuori della società vera e
propria. Per Marx il rapporto tra classe dominate e subordinata è fondato sullo sfruttamento, la cui
forma è determinata dal modo di produzione. Nel capitalismo i mezzi di produzione assumono la
forma di capitale (fabbriche, macchine, risorse finanziare). I detentori del capitale acquistano dagli
operai la forza lavoro che trasforma le materie prime in merci. Dalle merci il capitalismo ricava
profitto vendendole ad un prezzo superiore al costo di produzione. Questo profitto deriva dal
plusvalore creato dal lavoro degli operai. Nel momento in cui gli operai capiscono che il valore da
essi “aggiunto” al prodotto viene intascato dai capitalisti, si rendono conto di essere sfruttati e nasce
il conflitto. Secondo Marx l’intensificarsi del conflitto avrebbe dovuto portare ad una rivoluzione su
scala mondiale che avrebbe distrutto il capitalismo e portato all’avvento del socialismo. Ma ciò non
si è avverato per vari motivi. (NEL TEMPO I GOVERNI E GLI STESSI CAPITALISTI SONO
DIVENTATI PIU’ ESIGENTI ALLE RICHIESTE DEI LAVORATORI, DOPO LE PRESSIONI
POLITICHE E LE RIVENDICAZIONI DEL PROLETARIATO)
Michels: (legge ferrea dell’oligarchia) ha criticato l’idea che le relazioni economiche sono alla base
del conflitto di classe. Sostiene che quando una organizzazione supera una certa dimensione si
sviluppa al suo interno una oligarchia (governo di pochi).
Dahrendorf: il conflitto di classe non deriva dalle relazioni economiche, ma dalla distribuzione
diseguale dell’autorità. L’autorità che un datore di lavoro ha sui propri dipendenti e i conflitti che ne
derivano sono solo uno dei tanti esempi di questo fenomeno.
LA TEORIA DI WEBER
Per Weber la disuguaglianza non dipende sola dalla dimensione economica, ma da 3 dimensioni.
1. Nella dimensione economica il fattore determinante è la posizione di mercato. Gli
individui possiedono capacità e credenziali professionali spendibili sul mercato del lavoro,
che offrono loro accesso a redditi, condizioni occupazionali e opportunità di carriera simili.
Le classi che si formano nella sfera economica sono dunque formate da soggetti che
condividono la stessa posizione di mercato.
2. Una seconda componente della diseguaglianza è data dallo status, fondato su differenze
sociali relative alla diversa distribuzione di onore, stima o prestigio. Sulla base delle
differenze di status si costituiscono i gruppi sociali che Weber definisce ceti. Secondo
Weber il prestigio è importante almeno quanto la ricchezza e ne è in parte dipendente (ES
un mafioso è molto ricco, ma non ha prestigio sociale; un proprietario di un cinema può
essere più ricco di un professore universitario, ma ha meno prestigio).
3. La terza componente di stratificazione sociale è di natura politica e deriva dal potere
(capacità che ha un individuo o un gruppo di far valere la propria volontà di fronte
all’opposizione di altri). I partiti politici e i gruppi ad essi collegati (sindacati, associazioni di
categoria) sono gli elementi portanti del sistema di potere in una società. Ricchezza e 29
prestigio possono accrescere le possibilità che una persona entri nella sfera dei potenti, ma
non danno necessariamente accesso al potere.

3. L’ATTRIBUZIONE DELLO STATUS.


In un loro studio Nock e Rossi notarono che in generale le caratteristiche ascritte (origine etnica,
occupazione del padre, ...), hanno meno importanza di quelle acquisite (occupazione del marito),
ma influenzano lo stesso i giudizi, soprattutto quando non si conosce approfonditamente una
persona.
LA MOBILITA’ INDIVIDUALE
La mobilità individuale è il cambiamento della posizione di un individuo all’interno del sistema di
stratificazione sociale. Tale cambiamento può avvenire in seguito a processi diversi:
→ mobilità verticale o orizzontale: si ha mobilità verticale quando un individuo viene a trovarsi in una
posizione sociale superiore o inferiore a quella originaria (m. ascendente se si raggiunge una
posizione superiore - da professore a preside-, m. discendente se inferiore - da operaio a
disoccupato-). La mobilità orizzontale indica invece quel cambiamento che non influisce sullo status
sociale di una persona (es. un venditore di immobili che passa alla vendita di polizze assicurative,
non ha cambiato status sociale, ma solo il lavoro);
→ riorganizzazione della struttura sociale: la struttura di una società può cambiare in modi che
offrono maggiori opportunità di mobilità. In generale si osserva che nelle società sviluppate vi è un
incremento delle persone occupate nei servizi e una corrispondente riduzione di quelle che
svolgono lavori manuali nell’industria;
→ introduzione di un nuovo sistema di stratificazione: la struttura di sistema di stratificazione può
essere cambiata in modo radicale, come nel caso della Rivoluzione Francese e di quella russa, che
rovesciarono le aristocrazie dominanti privandole del potere e dei privilegi, ma anche
gradualmente, come è accaduto con l’avvento della società industriale moderna e la progressiva
scomparsa del sistema feudale.

LA MOBILITA’ COLLETTIVA
Per comprendere le dinamiche dei sistemi di stratificazione sociale, non basta la mobilità
individuale, ma bisogna esaminare anche la mobilità collettiva, cioè la mobilità di gruppi e classi
sociali. In qualsiasi società la mobilità può interessare individui o gruppi. La prevalenza dell’una o
dell’altra forma di mobilità dipende dal predominio sociale dello status ascritto oppure di quello
acquisito. - Nelle società che privilegiano lo status ascritto, la mobilità tende ad essere collettiva.
Uno dei migliori esempi è il sistema delle caste in India dove tradizionalmente l’individuo nasceva
all’interno di una casta sociale e vi apparteneva per tutta la vita. Il sistema permetteva scarsissima
mobilità individuale, ma interi gruppi riuscivano a modificare il proprio status sociale. - Nelle
società che privilegiano lo status acquisito, la mobilità tende ad essere individuale. Gli Stati Uniti
rappresentano un esempio tipico di questa situazione. In alcuni casi gli status ascritti – in
particolare l’etnia, il genere, l’età – sono alla base di una pesante discriminazione che blocca la
mobilità individuale. Alcuni gruppi devono quindi battersi per ottenere una mobilità collettiva in
grado di compensare il fatto che lo status ascritto mette in ombra le prestazioni individuali. Gli
effetti di uno status ascritto possono quindi essere modificati, almeno in parte, attraverso
l’impegno collettivo.

30
Capitolo dieci: la disuguaglianza etnica
1. I CONCETTI FONDAMENTALI

Un tipo di disuguaglianza molto diffusa e quella etnica: un gruppo etnico e segmento di una
società più ampia, i cui membri sono considerati e si considerano appartenenti a una cultura
comune e si impegnano in attività nelle quali tale cultura condivisa e il fattore principale. La
definizione di gruppo etnico può essere articolata in tre punti principali:
→ il gruppo è considerato diverso a causa di uno o più caratteri condivisi come il luogo d'origine, la
lingua, la storia, la religione e le usanze;
→ per gli stessi motivi e appartenenti al gruppo si considerano diversi dal resto della società;
→ i membri del gruppo prendono parte ad attività che trattengono spunto proprio dalle comuni
origini e caratteristiche distintive, tra cui l'interazione con i propri simili e la celebrazione di
particolari ricorrenze.

Differente invece è la definizione di gruppo razziale, il quale può essere definito come un gruppo
contraddistinto da una combinazione di caratteri biologici ereditari che includono il colore della
pelle, i tratti somatici e la statura. Oggi, tuttavia, gli studiosi riconoscono che non sono più
prodotto dei fattori biologici, ma nascono dall'attribuzione di caratteri non logici veri o presunti,
ad un insieme di individui che viene poi trattato come diverso dagli altri gruppi.
2. TIPI DI RELAZIONI ETNICHE

Il concetto di gruppo razziale come quello di gruppo etnico è un costrutto sociale, tuttavia il fatto
di appartenere ad uno specifico gruppo razziale o etnico influenza notevolmente le esperienze di
una persona.
31
Il termine minoranza viene utilizzato per indicare un gruppo più debole, cioè un gruppo di persone
che a causa di caratteristiche fisiche o culturali, è isolato dagli altri membri della società in cui
vivono ed è trattato in modo diverso e disuguale; pertanto, si considerano oggetto di
discriminazione collettiva. L’elemento fondamentale del concetto di minoranza è difatti la
discriminazione di cui sono oggetto i suoi membri, tant'è vero che i gruppi di minoranza sono
spesso vittime di pregiudizi e stereotipi negativi ma anche di forti discriminazioni
➢ PREGIUDIZI: idee comuni e NEGATIVE su determinati individui o gruppi;
➢ STERIOTIPI: qualità o caratteristiche associate a luoghi, persone o gruppi;
➢ DECRIMINAZIONI: trattare in modo disuguale persone o gruppi;
➢ RAZZISMO ISTITUZIONE: indica la creazione e il sostegno delle discriminazioni da parte delle
istituzioni. (nazismo)

Dobbiamo comunque specificare che la visione umana è una visione etnocentrica, la propria
cultura viene classificata come superiore mentre gli altri gruppi vengono definiti culturalmente
inferiori. Questo tipo di visione sviluppa quindi in maniera inconscia pregiudizi stereotipi e
discriminazioni su altre culture, che spesso sfociano in atti violenti. la classificazione di altri gruppi
come biologicamente inferiori e la loro discriminazione, oppressione violenta o sfruttamento
vengono definiti razzismo.
Blauner ha avanzato una teoria dell'oppressione razzista basata sull’analogia con il colonialismo
internazionale: Una potenza dominatrice sottomette la popolazione di altri paesi con la forza
militare, per poi assoggettarla alla propria dominazione culturale, politica, economica e ideologica
Blauner elenca 5 possibili comportamenti di quello che egli definisce colonialismo interno:
▫ trasferimento forzato --> Del paese dominante, ad esempio attraverso la tratta di schiavi
▫ manipolazione culturale --> attraverso tentativi di controllare trasformare la cultura originaria delle
vittime
▫ asservimento politico
▫ sfruttamento economico
▫ giustificazione ideologica --> degli aspetti precedenti.

il razzismo è uno dei molti rapporti possibili tra gruppi dominanti e minoranze, rapporti che
possono essere classificati come:
• Assimilazione. consiste nel completo assorbimento delle minoranze da parte del gruppo
dominante. Questo processo può essere forzato, come nei periodici tentativi di russificazione mirati
a espellere o terminare diverse minoranze vive nella Russia zarista oppure può essere pacifico
attraverso la graduale fusione di vari gruppi in un'unica cultura.
• Pluralismo. consistere l'accettazione delle minoranze da parte di gruppi dominanti
• Tutela. è una sorta di pluralismo formalizzato che assicura la salvaguardia giuridica delle
minoranze.
• Trasferimento. È la rimozione di una minoranza dalla società
• Asservimento. Consiste nella riduzione di una minoranza in stato di completa subordinazione da
parte del gruppo dominante.
• Genocidio. È la soppressione sistematica di una minoranza da parte del gruppo dominante.

3. LE CAUSE DELLA DISUGUAGLIANZA ETNICA

Secondo alcuni studiosi la disuguaglianza etnica è profondamente legata alla società tant’è vero
32
che la sua eliminazione sarà possibile soltanto attraverso le trasformazioni dei comportamenti
istituzionali. Per liberarsi dal razzismo è necessario modificare radicalmente gli attuali modelli di
relazioni sociali, dal momento che i gruppi etnici sono così penalizzati dal razzismo istituzionale,
solo l’utilizzo di un trattamento preferenziale nell'istituzione e nel lavoro sarebbe in grado di
portare all'uguaglianza etnica. Un approccio di questo tipo è stato adottato dai programmi di
azione positiva che pongono scuole, università e datori di lavoro a prevedere quote riservate ai
gruppi di minoranza. Riguardante il lavoro alcuni sociologi indicano nella distribuzione differenziale
delle occupazioni, una causa rilevante della disuguaglianza etnica. Gli studiosi di orientamento
marxista mettono in evidenza le forme di sfruttamento economico fondate sulle diverse etnie,
sostenendo che in qualsiasi sistema economico la classe dominante deve avere a disposizione
forza lavoro a buon mercato e al tempo stesso, mezzi capaci di impedire ai lavoratori di coalizzarsi.
Questo perché dal punto di vista della classe dominante mantenere i gruppi etnici in competizione
tra loro può essere utile per i loro fini economici, mentre se questi ultimi fossero uniti potrebbero
costituire una minaccia.
Capitolo tredici: la famiglia
1. VARIABILITA’ DELLE STRUTTURE FAMILIARI

La famiglia è un insieme di due o più persone legate da vincoli di sangue, matrimonio o adozione,
che formano un’unità economica, sono responsabili della reciproca cura e spesso vivono insieme
nel medesimo aggregato domestico.
2. CARATTERISTICHE STRUTTURALI DELLA FAMIGLIA

Anche se a seconda dei luoghi e della cultura la famiglia può assumere tratti diversi, ci sono
caratteristiche strutturali riscontrate nelle famiglie di un certo numero di società: forme di
famiglia, forme di matrimonio, scelta del coniuge, modelli di residenza, discendenza ed eredità.
Due sono le principali forme di famiglia:
• Famiglia nucleare: composta dai genitori e dalla prole. Questo tipo di famiglia sembra “naturale”
agli occidentali perché corrisponde al loro modello di famiglia ideale;
• Famiglia estesa: composta dalla famiglia nucleare e da altri parenti biologici o acquisiti, come
nonni, zii, nipoti, suoceri, cognati. Le società in cui le famiglie estese rappresentano la norma sono
prevalentemente società patriarcali, cioè fondate sulla dominanza maschile. Nelle società
matriarcali invece, l’autorità viene conferita alla moglie e alla madre (più rare).

Le principali forme di matrimonio sono due:


 monogamia (matrimonio tra un solo uomo con una sola donna)
 poligamia (una persona con più partner).

A sua volta, la Poligamia può assumere due forme:


poliginia (un uomo con più donne); poliandria (una 33
donna con più uomini).
Esiste infine il matrimonio di gruppo, cioè il matrimonio di più uomini con più donne.
Può risultare sorprendente scoprire che la poliginia risulta la forma di matrimonio più utilizzata
nella maggioranza delle culture. Ma che cosa incoraggia la scelta di matrimonio piuttosto che un
altro? Ciò può dipendere da vari fattori: culturali, economici, ecc. Ad esempio, nelle società che
perdono molti uomini per le guerre, la poliginia costituisce un vantaggio perché consente alle
donne di avere più figli. Due sono i principali sistemi che regolano la scelta del coniuge:
Esogamia: la scelta del coniuge avviene all’esterno di determinati gruppi, (all’esterno della
famiglia, del clan o della casta). La più comune regola esogamica è il tabù dell’incesto, che
proibisce il matrimonio e i rapporti sessuali tra persone che hanno stretti legami biologici. In quasi
tutte le società questa regola si applica ai “parenti stretti” (→ madre, padre, figlio, figlia, sorella,
fratello), ma in altre società, come nella nostra, questa regola si estende anche ai cugini di primo
grado o ad altri parenti stretti. Perché il tabù d’incesto è così diffuso? Le teorie sono tante e
diverse tra loro, abbiamo per esempio: Alcuni studiosi ipotizzano negli esseri umani un’avversione
innata per l’incesto; Altri fanno notare che i rapporti sessuali tra i membri della propria famiglia
riducono la gelosia e il conflitto nelle coppie. Tra tutte queste ipotesi però, nessuna è stata
confermata quindi il dibattito è destinato a continuare.
Endogamia: la scelta del coniuge avviene all’interno di determinati gruppi. Nei paesi occidentali
viene praticata una forma parziale di endogamia all’interno di gruppi etnici (i neri americani),
religiosi (gli ebrei) e di classe (l’aristocrazia inglese).
Le società si differenziano anche per il luogo in cui la coppia appena sposata va a vivere, abbiamo:
• Residenza neolocale: la coppia appena sposata si separa fisicamente dalla famiglia sia del marito
che della moglie (è la norma nel solo Occidente);
• Residenza patrilocale: la coppia appena sposata va a vivere con i parenti del marito o vicino ad essi
(comune nelle società che praticano la poliginia); -
• Residenza matrilocale: la coppia appena sposta va a vivere con i parenti della moglie o vicino ad
essi (comune nelle società in cui le donne hanno diritto alla proprietà terriera).

Anche i sistemi di discendenza possono essere di 3 tipi:


• discendenza patrilineare: la più comune, la discendenza è tracciata per linea maschile. Anche se la
moglie mantiene dei legami con la famiglia d’origine, la prole diventa parte della famiglia del
marito;
• discendenza matrilineare: rara, la discendenza è tracciata per linea femminile;
• discendenza bilineare: prevale in Occidente, la parentela viene tracciata per linea sia maschile sia
femminile;

3. TEORIE DELLA FAMIGLIA.


Tra le diverse teorie sulla famiglia, quelle che dominano sono senza dubbio la teoria funzionalista e
la teoria del conflitto:
TEORIA FUNZIONALISTA: I funzionalisti tendono ad analizzare la società esaminando il contributo
che ogni elemento fornisce al funzionamento dell’insieme. La famiglia pertanto è considerata in
rapporto ai bisogni sociali che soddisfa. Un interesse specifico dei funzionalisti è l’analisi dei
cambiamenti relativi al ruolo sociale della famiglia nel corso degli ultimi due secoli, che avrebbero
comportato una sua perdita di funzioni.
Funzioni economiche: in tutte le società la famiglia svolge sempre un ruolo economico 34
fondamentale. Nelle società agricole essa costituisce un’unità di lavoro cooperativo. Nella società
industrializzata la famiglia ha cessato di funzionare come unità produttiva;
Trasmissione dello status: nelle società preindustriali le tradizioni e le leggi consentivano alle
famiglie, ai diversi livelli sociali, di conservare il proprio status più o meno automaticamente (es
monarchia ereditaria). Anche oggi, però, membri delle classi sociali superiori godono tutt’oggi di
un certo vantaggio, consistente soprattutto in maggiori opportunità di accesso – istruzione, reti di
contatti personali – ad attività che garantiscono uno status più elevato; - Socializzazione: la
famiglia costituisce il principale agente di socializzazione in tutte le società. Nell’ambito familiare i
bambini acquisiscono molte delle nozioni e delle capacità necessarie allo svolgimento dei ruoli
adulti. Ma l’industrializzazione e i cambiamenti sociali che ne sono derivati hanno eroso questa
funzione. Il fattore più rilevante di questa erosione è stato l’istruzione pubblica di massa, che ha
sottratto i bambini alla famiglia;
Assistenza sociale: nelle società contadine tradizionali la famiglia svolgeva anche la funzione di
assistenza sociale, ma l’avvento della società industrializzata e del welfare hanno ridotto
drasticamente questa funzione (Es→ assistenza medica, sussidi disoccupazione, case riposo
anziani);
LA TEORIA DEL CONFLITTO: La teoria funzionalista presume un funzionamento armonico e un
continuo adattamento della famiglia ai cambiamenti, ed inoltre minimizza differenze e conflitti che
possono svilupparsi al suo interno. Per questo motivo negli ultimi decenni tale teoria è stata messa
in discussione. La teoria conflittualista, invece, analizza le relazioni di potere all’interno della
famiglia e i rilessi che su di essa hanno i conflitti sociali. I primi sostenitori di questa teoria furono
Marx ed Engels, secondo cui la rivoluzione industriale aveva trasformato la famiglia in un insieme
di relazioni fondate sullo scambio monetario:
❑ con il diffondersi del lavoro infantile, i figli delle famiglie operaie erano diventati “merci e
strumenti di lavoro”;
❑ nelle classi medie le donne erano trattate come oggetti di proprietà, una sorta di schiave;
❑ nelle classi operaie le donne dovevano spesso lavorare fuori di casa per consentire la sopravvivenza
della famiglia.

La Hertmann sostenne una versione moderna della teoria del conflitto, detta marxista-
femminista. Secondo lei lo sviluppo del sistema capitalista patriarcale ha concentrato le risorse
economiche nelle mani dei capitalisti e degli uomini. Per assicurare la sopravvivenza delle classi
inferiori (gli operai e le donne) è necessaria una certa redistribuzione: il lavoro salariato è il mezzo
attraverso cui la ricchezza dei capitalisti viene in parte ridistribuita ai lavoratori, mentre la famiglia
è il mezzo attraverso cui la ricchezza degli uomini viene in parte ridistribuita alle donne.

35
Capitolo quattordici: l’istruzione
½. A COSA SERVE LA SCUOLA E APPROCCI FUNZIONALISTI
L'istituzione è il processo formale attraverso cui la società trasmette da una parte conoscenze e capacità, dall'altra,
norme e aspettative. Durkheim che non mi sia in rilievo il fatto che la funzione principale dell'istituzione è la
trasmissione della cultura, ma poi chi ha obiettivi e valori culturali differiscono da una società all'altra, il contenuto
dell'istituzione è soggetto a grandi variazioni. L’istruzione serve però, anche alla promozione del cambiamento, infatti,
molte delle tecnologie che trasformano continuamente il nostro modo di vivere nascono nei laboratori delle
università. possiamo quindi dire che l'istruzione preserva i valori culturali e le trasmette da una generazione all'altra,
ma nel medesimo tempo contribuisce al cambiamento sociale.
3. APPROCCI CONFLITTUALISTICI

La prospettiva funzionalista sottolinea i modi in cui l’istruzione opera in armonia con le altre istituzioni sociali virgola in
particolare quelle economiche e politiche, al contrario per i conflittualisti l'istruzione è un terreno su cui soggetti
sociali diversi agiscono in conflitto tra loro. I sociologi conflittuali sti sostengono infatti virgola non solo che esiste un
conflitto tra gruppi sociali in materia di istruzione, ma anche che l'istruzione stessa può essere spiegata come
manifestazione di tale conflitto. Essi, infatti, tendono a considerarla in termini negativi, al contrario dei funzionalisti,
come strumento di sfruttamento e oppressione di gruppi privilegiati ai danni di gruppi svantaggiati. Gli studiosi
conflittualisti Bowles e Gintis, sostengono pertanto che l'istruzione scolastica serva soprattutto alla riproduzione delle
disuguaglianze di classe, le scuole secondo il loro parere, sono state istituite in primo luogo per generare e riprodurre
le competenze dalla società capitalista, quindi, insegnano l'ordine e l'obbedienza all'autorità.
4. LA STORIA DELL’ ISTRUZIONE MODERNA

La diffusione dell'istruzione è un fenomeno degli ultimi due secoli, derivato da alcune profonde trasformazioni sociali.
la prima di queste importanti trasformazioni e stata definita rivoluzione democratica. Già nel corso della Rivoluzione
francese, le classi non aristocratiche rivendicano un proprio ruolo politico, una risposta a questa istanza è stata
l'espansione delle opportunità di istruzione, infatti, in molti paesi l'istruzione di massa è strettamente collegata alla
conquista del suffragio universale. Il secondo evento fondamentale nella storia dell'istruzione moderna è
rappresentato dalla rivoluzione industriale. Le nazioni si accorsero ben presto che la supremazia industriale era 36
strettamente legata alla superiorità nel campo della formazione e presero misure per migliorare i propri sistemi
scolastici questo perché con lo sviluppo delle nuove tecnologie la maggior parte della forza lavora non era
specializzata e quindi furono necessari sistemi di istruzione capaci di formare lavoratori specializzati. La terza
importante trasformazione che stimola la crescita dell'istruzione fu lo sviluppo del sistema educativo come
istituzione. Quando un'istituzione viene riconosciuta, i suoi membri tendono a formare un gruppo con interessi
comuni e rivendicare riconoscimenti economici, di prestigio o di status.
6.ORGANIZZAZIONI SCOLASTICHE E PROCESSI EDUCATIVI
Le scuole possono essere viste anche come organizzazioni formali che si prefiggono il raggiungimento di specifici
obiettivi. La maggior parte delle scuole, infatti, presenta al proprio interno una struttura burocratica. La burocrazia
come sappiamo, indica un'organizzazione che impiega personale qualificato i cui ruoli sono rigorosamente definiti
secondo una catena di comando e i cui compiti sono fondamentalmente prestabiliti. Definizione adatta alle istituzioni
scolastiche. Sappiamo che agli insegnanti si chiede la trasmissione di nozioni più o meno standardizzate, esiste però,
una certa libertà nel raggiungimento di questo obiettivo, tuttavia, in alcuni paesi gli insegnanti hanno la possibilità di
valorizzare la propria prestazione professionale, con significati incrementi di reddito nel corso della carriera. In altri,
invece, tra cui l'Italia, questa possibilità risulta molto ridotta, con il conseguente venir meno dell'incentivo
all'eccellenza professionale. Per quanto riguarda il gruppo degli studenti esso e da tempo riconosciuto come un
significativo agente di socializzazione pronto a livello dell'istruzione universitaria sono stati identificati infatti quattro
tipo di culture diffuse tra gli studenti:
• ludica: gli appartenenti alla cultura ludica amano le feste e gli sport;
• carrieristica: i membri della cultura cantieristica si prefiggono il successo, ma non coltivano rapporti con i
professori virgola che considerano irrilevanti per il proprio futuro;
• accademica: gli aderenti alla cultura accademica apprezzano il sapere in sé, sono portati a proseguire gli studi
dopo il conseguimento della laurea e in alcuni casi a intraprendere la carriera universitaria, per diventare a
loro volta docenti;
• anticonformista: gli appartenenti alla cultura anticonformista rifiutano sia gli interessi carrieristici, sia quelli
accademici e preferiscono praticare uno stile di vita diverso, in opposizione ai valori dominanti della società
borghese.

Molti studiosi si sono chiesti come alcune differenze sociali, tipicamente quelle di classe di genere, influiscono
sull'esperienza scolastica.
Differenze di classe: Ritroviamo discriminazioni nei confronti dei ragazzi delle classi inferiori, combinata con un
ambiente sociale e materiale povero di stimoli che impedisce spesso i ragazzi di avere a scuola il medesimo successo
che hanno i loro compagni delle classi più agiate. Un altro importante indicatore del rapporto tra istruzione e classe
sociale è l'analfabetismo degli adulti. l'analfabetismo può essere definito in due modi:
• analfabetismo convenzionale che consiste nel non saper leggere e scrivere
• analfabetismo funzionale che consiste nel non aver raggiunto un livello di alfabetizzazione sufficiente a
vivere normalmente; quindi, non si può andare a fare la spesa, scrivere una lettera, svolgere un lavoro o
votare

Differenze di genere: storicamente le donne sono sempre state oggetto di discriminazione nell’istruzione. In passato
difatti l'istruzione superiore e la loro preclusa. Solo molto lentamente poi la presenza femminile si è fatta strada in
campi tradizionalmente riservati agli uomini. Le opportunità educative per le donne sono aumentate
considerevolmente negli ultimi decenni, ma occorre tener presente che è cresciuto anche il numero degli studenti
universitari quindi, il valore della laurea è andato diminuendo.
7.ISTRUZIONE E MOBILITA’ SOCIALE
Come sappiamo la mobilità sociale e influenzata da tanti fattori, tra cui l'istruzione. Secondo infatti un'affermazione
assai comune, quanto più si è istruiti maggiori sono le possibilità di successo professionale ma, su questo luogo
comune non è d'accordo lo studioso Coleman, il quale ha affermato che la qualità dell'istruzione è pressoché
irrilevante per il futuro professionale. Secondo Coleman infatti, le differenze di opportunità devono essere ricondotte
all'estrazione familiare e soprattutto alla classe sociale di appartenenza.

37
Capitolo quindici: la religione
1. LA RELIGIONE: PROSPETTIVE SOCIOLOGICHE

Una delle funzioni principali della religione è quella di dare un significato alla vita, perché
l’adesione a una religione coinvolge completamente la persona e la sua contestualizzazione nel
mondo. Studiano la religione dal punto di vista sociologico, essa deve essere vista come un
fenomeno sociale da studiare. Diamo la definizione: La religione è un sistema specifico di idee,
norme e pratiche concernenti la sfera sacra, condivise da una comunità di credenti. Da questa
definizione si possono ricavare 5 elementi che definiscono una religione dal punto di vista
sociologico:
(1) La religione implica un sistema specifiche di idee, organizzate in un credo;
(2) Comporta una concezione della “vita buona” e fornisce ai propri membri un insieme di norme e
precetti che ne guidano il comportamento;
(3) Implica un sistema specifico di pratiche o rituali;
(4) Comporta la definizione di una sfera sacra, cioè di una dimensione fuori dall’ordinario, distinta dalla
normalità della vita quotidiana;
(5) Implica una comunità di credenti.

2. CLASSIFICAZIONE DELLE RELIGIONI

Weber classificò le religioni in base al comportamento da tenere per raggiungere la salvezza.


Questo comportamento doveva basarsi sul misticismo (entrare in contatto con il divino nel mondo
terreno attraverso la contemplazione) o sull’ascetismo (rinunciare in parte ai piaceri, alle passioni
e agli eventi del mondo terreno)? E poi bisognava dare più importanza alla dimensione mondana o 38
ultramondana? Sulla base di questi 4 parametri sono state classificate le religioni. ESEMPIO il
cristianesimo è una religione che si basa su ascetismo e dimensione oltremondana; l’ebraismo si
basa invece su ascetismo e dimensione mondana; l’induismo si basa su misticismo e dimensione
oltremondana, ecc.…
3. LE ORGANIZZAZIONI RELIGIOSE

Le religioni moderne sono in genere organizzate come chiese, sette, confessioni o culti. Secondo
Troeltsch (teologo tedesco):
• una chiesa è un’organizzazione religiosa che ha forti legami con la società più ampia e opera al suo
interno (ha buoni rapporti con lo Stato e la società);
• una setta è un’organizzazione che rifiuta la società più ampia e richiede la “conversione” ai propri
precetti (es. testimoni Geova; si estraniano dallo Stato e dalla società);
• la confessione è una forma intermedia tra la chiesa e la setta.

Mentre la chiesa può contare sull’adesione della maggioranza dei membri della società, le
confessioni competono tra di loro per conquistare proseliti. Mentre le sette si collocano in una
situazione di estraneazione rispetto allo stato, le confessioni intrattengono con esso buoni
rapporti;
• il culto è una forma estrema di setta, che esige una trasformazione radicale degli individui, della
società o di entrambi.

4. APPROCCI FUNZIONALISTI E APPROCCI CONFLITTUALISTI


APPROCCI FUNZIONALISTI I funzionalisti vogliono far sapere a cosa serve la religione. Malinowski
ha paragonato la religione alla magia; questa viene usata dagli individui quando non sono in grado
di dominare completamente il loro ambiente, per evitare sciagure e predire il futuro. La religione
ha alcuni punti in comune con la magia: molte di esse includono elementi magici (ESEMPIO Mosè
che fa zampillare una sorgente d’acqua toccando una roccia con il suo bastone magico), ma,
mentre la magia è un mezzo per raggiungere un fine (es ottenere la buona sorte o dei vantaggi), la
religione è fine a se stessa, perché aiuta a comprendere il senso della vita e a dare significato agli
eventi più dolorosi (ingiustizie, malattie, ecc.). Freud ha identificato un’altra funzione della
religione: proteggere gli individui dal timore infantile dell’impotenza. Così come i genitori
difendono i bambini dalla paura, così gli adulti difendono sé stessi credendo in Dio. Per Freud le
religioni sono “illusioni sociali”, che svaniscono quando gli individui si rendono conto che si basano
solo su bisogni psicologici. Secondo Durkheim la religione risponde, oltre a funzioni psicologiche,
anche a funzioni sociali. Egli afferma che è più facile credere in una religione, con le sue divinità e i
suoi rituali, piuttosto che riconoscere il potere fondamentale esercitato dalla società sulla nostra
vita. Come forma sostitutiva di tale potere, la religione riflette le strutture e le norme sociali. Non
soltanto la religione riflette la società, ma la rafforza focalizzando l’attenzione e le speranze degli
individui sui principali oggetti di culto condivisi. La religione può essere vista come una sorta di
catena circolare, che ha nella società l’anello iniziale e finale. All’inizio della catena, la struttura
sociale organizza l’esperienza individuale; gli individui cercano quindi fuori di sé una spiegazione di
tale influenza; questa ricerca sfocia nelle credenze religiose che riflettono la struttura sociale; per
manifestare tali credenze religiose vengono elaborati dei rituali che confermano la coesione del
gruppo, esercitando un controllo sul comportamento dei membri e rafforzando la struttura
sociale; si torna in questo modo all’anello iniziale. 39
APPROCCI CONFLITTUALISTI I funzionalisti non riescono a spiegare completamente il rapporto
religione-società (es le trasformazioni sociali provocate dalla religione o la religione come
strumento di dominio sociale). Secondo i conflittualisti, invece, la religione serve a perpetuare la
posizione dei gruppi sociali privilegiati a spese di quelli svantaggiati, offrendo a questi ultimi la
speranza di una vita migliore in un altro mondo e distogliendoli così dai problemi della società
terrena. Weber ha osservato che le classi superiori tendono ad adottare credenze religiose che
giustificano i loro privilegi, mentre le classi inferiori tendono ad abbracciare religioni che
privilegiano le ricompense future. Marx invece concepisce la religione come strumento di dominio
sociale. Come Freud, Marx considerava la religione un’illusione, un mito consolatore di fronte alle
asprezze della vita. La religione non maschera paure ed ansie, ma l’ingiustizia e lo sfruttamento del
sistema di classe; inoltre, essa predica la deferenza e l’umiltà per distogliere i lavoratori dalla
comprensione del sistema economico che è alla base delle loro condizioni di sofferenza (quindi per
Marx la religione è l’oppio dei popoli). Per i conflittualisti i movimenti religiosi sono strettamente
collegati ai conflitti politici (per esempio i culti che si opponevano al dominio coloniale);
considerano inoltre la religione come una potente forza di trasformazione sociale (questo perché il
fervore religioso può cambiare radicalmente una società – ad esempio in Iran).
5. TENDENZE DELLA RELIGIONE NELL’EPOCA MODERNA

LA SECOLARIZZAZIONE è il processo attraverso il quale le credenze, le pratiche e le istituzioni


religiose perdono la propria influenza sulla società. A questo declino della religione hanno
contribuito: il progresso scientifico (la scienza di oggi ci porta a non accettare ciò che non è
dimostrabile); l’affermazione dello stato-nazione (che si occupa dei bisogni terreni dei cittadini, e
non della loro salvezza); la diffusione del capitalismo (che ha portato all’affermazione di valori
materialistici come successo e ricchezza); i compromessi religiosi (hanno portato a un
depotenziamento dei riti religiosi: per esempio non si insegna alcuna religione a scuola); la perdita
del senso di comunità (la mobilità sociale e l’urbanizzazione hanno messo in crisi i legami di
appartenenza alle comunità, tra cui quelle religiose).
la tesi della secolarizzazione è sempre stata e continua a rimanere oggetto di critiche, ad oggi
infatti si parla di pluralismo religioso.
→ Un esempio di fenomeno derivato dalla secolarizzazione e l'aumento dei divorzi, infatti da ciò
possiamo notare un calo della religiosità.

Uno dei modi in cui le chiese hanno reagito alla secolarizzazione è l’ecumenismo, cioè la tendenza
di religioni diverse ad avvicinarsi per comprendersi e collaborare. Un esempio di ecumenismo ci è
dato dal dialogo, sempre più frequente oggi, instauratosi tra le varie confessioni cristiane
(cattolicesimo, protestantesimo, ecc.…) ma anche tra le principali religioni mondiali (cattolicesimo,
islamismo, ebraismo).
Negli ultimi decenni sono sorti nuovi movimenti religiosi, che insistono sulla fede personale e
sulla propria esperienza anziché sui dogmi. Molti di essi sono finalizzati ad avere un rapporto
diretto con il divino. Di solito aderiscono a tali movimenti persone giovani e di cultura medio-alta,
che sono alla ricerca di stabilità in un mondo incerto. Per questo tali movimenti sono considerati
un adattamento alla società moderna. Un esempio di nuovo movimento è New Age, che mescola
misticismo, occulto e psicoterapia, e si basa sull’idea di perseguire il destino cosmico dell’uomo
attraverso il misticismo. In questo periodo però sono aumentati anche i movimenti
fondamentalisti di tutte le grandi religioni. Tali movimenti vogliono un ritorno alla purezza
originaria della propria religione; per questo difendono l’ortodossia (la retta fede), l’ortoprassi (il
retto comportamento) e la difesa dei valori tradizionali della religione, sempre più a rischio nel 40
mondo moderno. Per ottenere ciò, spesso sono disposti a sviluppare nuovi metodi per combattere
le forze dell’erosione dei valori.
Capitolo venti: il mutamento sociale e culturale
1. LE CAUSE DEL MUTAMENTO SOCIALE

Il mutamento sociale è la trasformazione dei modelli di organizzazione sociale. Esso è un


fenomeno universale, anche se può procedere a velocità diverse. Ma che cosa scaturisce il
mutamento? Sono state identificate molteplici cause:
1. crescita demografica: la popolazione tende ad aumentare se le condizioni alimentari igieniche sono
favorevoli punto quando la concentrazione di individui in un'area cresce è necessario trovare nuovi
mezzi di sostentamento Mattia lavare oppure innescare una serie di reazioni che cambiano in
maniera significativa i comportamenti individuali e la vita sociale;
2. fattori ambientali: le calamità naturali (inondazioni, una uragani, terremoti etc...) possono
modificare radicalmente le strutture sociali;
3. progresso tecnologico: un'invenzione può creare profondi cambiamenti sociali, per esempio,
l’introduzione di nuove tecnologie agricole hanno provocato dei mutamenti radicali;
4. innovazione culturale: anche lo sviluppo di nuove conoscenze, idee valori e altre espressioni
culturali può modificare la società. Il mutamento può essere prodotto anche dall'introduzione di
nuove idee come nel caso dell'illuminismo o nuovi valori come ha mostrato Max Weber
evidenziando l'influenza dell'etica protestante sulle origini del capitalismo
5. movimenti sociali: anche i movimenti sociali possono essere una potente forza di cambiamento
pensare a profugo la basti alla profonda l'influenza che hanno esercitato sull'intera società il
movimento operaio e quelli per l'abolizione della schiavitù.

2. TEORIE DEL MUTAMENTO SOCIALE

Karl Marx riteneva che fosse il mutamento dei rapporti di classe a provocare altri cambiamenti
istituzionali e culturali, E di credeva che lo stato normale della società fosse il conflitto sociale
produttore di mutamento virgola non equilibrio. Secondo Marx nel nuovo sistema socioeconomico
i principali attori erano i capitalisti, che possedevano i mezzi di produzione e i lavoratori, che
potevano solo decidere se vendere o meno la propria forza lavoro. L'obiettivo dei capitalisti era
quello di accrescere il profitto che ricavavano dall'attività produttiva, intensificando lo
sfruttamento degli operai e sostituendo il lavoro manuale con quello meccanizzato. Via via che
l'industria diventava più efficace e produttiva sarebbero stati necessari sempre meno operari i
piccoli capitalisti, incapace di reggere la concorrenza con le grandi industrie, sarebbero stati esso
onerati dal mercato in questo modo il capitalismo avrebbe preparato la propria Romina le divisioni
tra le classi sociali sarebbero diventate sempre più profonde e alla fine la lotta di classe avrebbe
distrutto il sistema capitalistico. Marx però aveva sottovalutato la capacità di regolare la
concorrenza per prevenire le forme peggiori di sfruttamento.
Il sociologo americano Ogburn ha proposto una teoria del cambiamento sociale basata sul diverso
ritmo di cambiamento delle varie parti di una cultura appunto e di ha elaborato una classificazione
binaria della cultura:
• La cultura materiale, che comprende tutta la dimensione concreta della vita quotidiana (oggetti,
strumenti, tecnologie);
• la cultura adattiva che comprende le istituzioni sociali (la famiglia, la chiesa, la scuola, il governo), i
sistemi di valori (la religione, le tradizioni, costumi) e i sistemi di norme quindi (le leggi, le regole di
comportamento).
Secondo lo studioso dal momento che molte forze sociali e molti interessi acquisiti si oppongono
al mutamento la cultura adattiva tende a cambiare più lentamente della cultura materiale, inoltre,
alcuni elementi della cultura adattiva si adeguano solo in parte al cambiamento della cultura
materiale. Il sociologo parla di ritardo culturale come sfalsamento tra trasformazione della cultura
materiale e reazione della cultura adattiva. Lo studioso sosteneva che il ritardo culturale fosse un
problema particolarmente rilevante nella società moderna, il cui il cambiamento della cultura
materiale era molto rapido. Egli partiva dal presupposto che il mutamento in un settore richiedeva
un corrispondente cambiamento in altre dimensioni della società; fino a quando questo
cambiamento non si fosse verificato la società o certe sue parti sarebbero state soggette a
tensione. Questa sua teoria fu però sottoposta a svariate critiche, poiché:
• La divisione della cultura e materiale e adattiva apparse semplicistica;
• Questa teoria si applica quasi esclusivamente all'età moderna, egli stesso infatti ammette che
ritardo culturale è raro nelle società tradizionali;
• Egli insiste troppo sulla resistenza cambiamento da parte della cultura adattiva e troppo poco su
quello della cultura materiale.

3. LA MODERNIZZAZIONE

Dopo la Seconda guerra mondiale la maggior parte dei sociologi che studiavano il mutamento
sociale si concentrò sul processo della modernizzazione, cioè sull'insieme complesso di
cambiamenti che si verificano in una società tradizionale quando inizia il processo di
industrializzazione.
Gli studiosi hanno identificato alcune trasformazioni presenti nella maggior parte dei processi di
modernizzazione:
• la coltivazione della terra passa dall'agricoltura di sussistenza su piccoli appezzamenti all'agricoltura
di mercato su scala più ampia;
• la manifattura passa dall'uso di risorse energetiche umane alla produzione meccanizzata;
• l'organizzazione della società non ruota più intorno alla comunità rurale incentrata su fattorie
villaggi, ma attraverso un processo di crescente urbanizzazione, trova il suo nuovo centro di
gravitazione nella città;
• le religioni tradizionali perdono influenza, insediati da potenti ideologie laiche;
• la famiglia estesa viene sostituita dalla famiglia nucleare, il matrimonio non ti basta più
sull'impostazione familiare bensì, sulla scelta personale del partner;
• nel settore educativo l'istruzione privata viene sostituita sempre più largamente da istituzioni
educative formali e pubbliche;
• la circolazione tradizionale delle informazioni, affidata prevalentemente a canali di comunicazioni
personali e locali, viene rimpiazzata da mezzi di comunicazione di massa.
• l'esercizio del potere politico-amministrativo passa dalle magistrature patrimoniali (considerate
come una sorta di proprietà privata che spesso poteva anche essere acquistata o tramandata) a
nuove burocrazie impersonali

Alcuni studiosi ritengono che a questi mutamenti economico-sociali si affianchino anche


importanti cambiamenti psicologici virgola che definiscono tipicamente l'uomo moderno. (tra i
fattori di questo significativo cambiamento psicologico vi sarebbe il prolungamento dell'istruzione
formale /scuole/)
→ L'uomo moderno è un cittadino informato e partecipe, è molto indipendente autonomo nei
rapporti con le fonti tradizionali di influenza, soprattutto quando deve prendere decisioni
fondamentali sul modo in cui regolare la propria condotta personale, ha una mentalità
relativamente aperta e cognitivamente flessibile.

Ma quali condizioni favoriscono la modernizzazione e quali la ostacolano?


FAVORISCONO: l'intraprendenza degli imprenditori; L'orientamento al successo, la disponibilità a
correre rischi calcolati e il desiderio di ottenere riconoscimenti tangibili sono tutti tratti
caratteristici degli imprenditori virgola che sono considerati uno dei principali promotori della
modernizzazione.
OSTACOLANO: la tradizione; può avere un effetto negativo sul risparmio di denaro o sull'offerta di
valore sullo spirito imprenditoriale: nella società tradizionale i contadini risparmiano gran parte
del denaro che guadagno no, ma in forme che non favoriscono l'investimento in attività
produttive. I vincoli di parentela; per far sì che ci sia industrializzazione, il lavoro deve essere
inquadrato in un nuovo sistema di autorità e di remunerazione impersonale (il salario),
completamente diverso da quello che caratterizza la società contadina, basato su stretti legami di
parentela e sul forte attaccamento alla terra.
Un punto di vista particolarmente radicale sulla modernizzazione trova espressione nella teoria
della convergenza secondo cui la modernizzazione produce una serie di effetti e si esplicita in una
serie di tratti comuni a tutte le società modernizzate. Le società tradizionali possono differire tra
loro per aspetti anche fondamentali, ma via via che procedono sulla strada dell'industrializzazione,
le forze economiche e tecnologiche producono una convergenza verso lo stesso tipo di esiti.
ESEMPIO: la democrazia occidentale il comunismo sovietico. Inizialmente le democrazie
dell'occidente si disinteressarono quasi totalmente del benessere dei cittadini, ma con l'andar del
tempo, però, esce iniziarono a recepire le esigenze dei lavoratori istruzione, assenza sanitaria,
pensioni; assai diverso è il modello quelle società comuniste. Queste erano partite con l'obiettivo
di distribuire la ricchezza in base a criteri fortemente egualitari e avevano cercato di impedire
l'accumulazione privata dei capitali. Poco alla volta, però, consentirono lo sviluppo di alcuni
meccanismi del libero mercato
4. ALTERNATIVE ALLA TEORIA DELLA MODERNIZZAZIONE

La teoria della convergenza e le altre teorie della modernizzazione sono state oggetto di molte
critiche, a causa della caratterizzazione delle società premoderne come statiche e ripetitive,
aggettivi che non corrispondono alla realtà. I valori, le credenze e le strutture sociali tradizionali
presentano infatti una grande varietà. I percorsi della modernizzazione possono essere difformi,
del resto, neppure il punto di approdo appare unico e chiaramente definito, esistono piuttosto
diversi tipi di società capitalistiche che differiscono in misura anche significativa.
La teoria della dipendenza, inoltre, sottolinea il fatto che le potenze capitaliste possono
ostacolare il processo di avanzamento delle nazioni meno sviluppate, dominandole
economicamente. Questo modello analitico, dunque, contesta l'idea che lo sviluppo economico
avvenga secondo una successione di fasi. Difatti secondo questo approccio, il mondo sarebbe
dominato da un grande centro metropolitano (L'Europa e gli Stati Uniti) che controlla i paesi
sottosviluppati scoraggiando lo sviluppo dell'industria locale, quest'ultima, che soffre di cronica
mancanza di capitali, si rivolge a banche di società internazionali, ben disposte a concedere prestiti
e altre forme di assistenza. Il prezzo da pagare per tale aiuto però, è molto alto; gli imprenditori e
governanti locali devono rinunciare a parte del loro potere decisionale in alcuni settori, in questo
modo imprese e banche straniere finiscono per diventare una sorta di governo ombra.

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