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Test Bank For Macroeconomics A Contemporary Approach 10th Edition McEachern 1133188133 9781133188131
Test Bank For Macroeconomics A Contemporary Approach 10th Edition McEachern 1133188133 9781133188131
Solution Manual:
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approach-10th-edition-mceachern-1133188133-9781133188131/
Student:
2. The idea that resources are scarce but wants are unlimited is known as
A. marginal cost
B. opportunity cost
C. sunk cost
D. resource cost
E. production cost
3. Opportunity cost is the difference between the benefits and the costs of a choice.
A. True
B. False
4. Opportunity cost is always measured in dollar terms, rather than in terms of real goods and services.
A. True
B. False
5. A rational decision maker engages in an activity if that activity is more attractive than the best alternative.
A. True
B. False
6. The Sultan of Brunei, one of the world's richest people, does not face the problem of scarcity.
A. True
B. False
7. Opportunity cost is defined
A. only in terms of money spent
B. as the value of all alternatives not chosen
C. as the value of the best alternative not chosen
D. as the difference between the benefits from a choice and the benefits from the next best alternative
E. as the difference between the benefits from a choice and the costs of that choice
8. Suppose you have an hour before your next class starts. You can either read a book, get something to eat, or
take a nap. The opportunity cost of getting something to eat is
A. the cost of what you eat
B. the value of reading and sleeping
C. the loss of value from not reading or sleeping
D. the net benefit of sleeping for another hour
E. impossible to determine because the most preferred alternative is not known
9. Suppose you have an hour before your next class starts. From your most preferred alternative to the least, you
can either read a book, get something to eat, or take a nap. The opportunity cost of getting something to eat is
A. the cost of what you eat
B. the value of an hour’s worth of reading your book
C. the loss of value from not reading or sleeping
D. the net benefit of sleeping for another hour
E. impossible to determine because the most preferred alternative is not known
13. The opportunity cost of college is the same for all students who are receiving full-tuition scholarships.
A. True
B. False
15. Suppose you have a choice of working full-time during the summer or going full-time to summer school.
Summer tuition and books are $2,200. If you worked, you could make $7,000. Your rent is $1,000 for the
summer, regardless of your choice. The opportunity cost of going to summer school is, therefore,
A. $2,200
B. $7,000
C. $8,000
D. $9,200
E. $10,200
16. Suppose you have a choice of going full-time to summer school or going to school full-time and working
part-time. Summer tuition and books are $2,200. If you worked part-time, you could make $1,000. Your rent is
$1,000 for the summer, regardless of your choice. The opportunity cost of going to summer school full-time and
not working is, therefore,
A. $1,000
B. $2,000
C. $3,200
D. $4,200
E. cannot be determined from information given
17. Attending college can be viewed as a form of
A. investment in which costs are borne today and benefits are received in the future
B. investment in which benefits are received today and costs are borne in the future
C. consumption, because learning is an enjoyable activity
D. leisure, because learning is an enjoyable activity
E. saving for the future
20. The opportunity cost of going to college includes the costs of tuition, books, fees, and
A. nothing else
B. housing
C. housing and food
D. earnings forgone by not working full-time
E. housing, food, and earnings forgone by not working full-time
21. Opportunity cost is objective; therefore, its value does not change as circumstances change.
A. True
B. False
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venisse chissà da qual remota lontananza dell’essere, quasi risorgesse di
sotto il peso della sua volontà, quasi fossegli commista nel sangue,
indistruttibile tra i suoi fantasmi, una immagine fredda, malinconica, gli
appariva nella mente.
E vedeva la faccia del suo padre, immiserito dalla vecchiezza, affaticato
dalle sventure, guardarlo con que’ suoi pallidi occhi, più dolorosi che gli
occhi d’un animale ferito, guardarlo e ripetergli mutamente, come
quando era uscito dalla casa: «Sei stato tu! sei stato tu!...»
Ella, questi fantasmi, non li vedeva; ella fissava il peccato più grande con
la più piccola paura. Non aveva in sè che una forza: quella del proprio
desiderio; una sola incoscienza: quella della propria femminilità. Nel suo
turbato cuore di vergine il senso della tragedia si disperdeva in un sottile
piacere.
Poichè nell’amarlo non cercava in lui che un amante, così le pareva
naturale dirgli: «Préndimi nelle tue braccia, se anche porto un nome che
ti fa paura! Préndimi e stringimi, per questo, più forte!» Poichè vicino a
lui si sentiva protetta, invaghita, sottomessa e piena di brivido, poich’egli
guardandola, toccandola, esasperava il suo tormento di vergine, l’altre
paure, l’altre angosce, non erano per lei che ripudiabili ombre.
E così gli diceva con persuasione, con impeto, la parola più temuta,
perch’egli la conducesse via con sè, verso la camera dove sarebbero stati
soli, nel cuore della notte, senza che sguardo umano li vedesse.
E sognava egli pure quella camera, la camera dove lentamente,
paurosamente, l’avrebbe svestita, velo per velo, con brividi, come si
scopre un tesoro vietato.
Avrebbe veduto prima la sua gola bianca, turgida apparire, poi le tenui
braccia odorose, con i polsi azzurri di vene, che avrebbero fatto un nodo,
un nodo forte nello spasimo, intorno al suo collo, ed il seno ancora non
baciato, erto, consapevole dei baci, divise nel mezzo da un’ombra che
vestiva naturalmente la sua nudità...
Ed egli pensò di spegnere il lume nella camera per aver più coraggio, ma
desiderò filtrasse un chiarore, una penombra man mano più discernevole,
forse dai lampioni della contrada, forse da una lampada velata nella
stanza vicina. E sentì l’odore del suo corpo disciolto, quello stesso, ma
più dolce, ch’ell’aveva su la bocca, nel baciarlo; un odore intenso e
molteplice, che le fioriva dalla pelle, come se nelle pieghe del suo corpo
fossero nascoste rose. Assaporò la freschezza di quella carne
primaverile, immaginò di carezzare la sua tonda spalla ignuda, insinuò la
mano brancolante nel tepor vellutato delle ascelle, si raccolse nelle
strette braccia il suo busto flessibile come un virgulto, sentì contro sè
stesso il palpito infrenabile del suo grembo, il viluppo della persona
ch’ella farebbe contro la sua persona, per offrirsi e per difendersi,
concepì la gioia selvaggia di poterla tramortire, le intese nella gola il
rantolo della verginità fuggente, la udì piangere nell’ebbrezza, ridere nel
dolore... poi la vide com’era, snella, arcata, forte nella sua tenuità,
impallidire un momento di quel pallore ch’è presso alla morte, e balenar
tutta bella d’amore in quell’odio esultante con cui la vergine si dà...
Ma d’improvviso ella si era sentita male. Veramente, come nella sua
visione, egli l’aveva veduta sbiancarsi di quello stesso pallore, s’era
sentito afferrar le braccia dalle sue mani convulse, poi, vedendola
barcollare, l’aveva sorretta contro di sè.
— Che hai, Lora?
Non rispose; le battevano i denti; tremava.
— Lora! Lora! che hai?
— Nulla... — balbettò, — passa...
Non era che uno stordimento, e la bocca presto le risorrise. Rifecero il
cammino; egli la sorresse fino alla vettura.
Il cocchiere cicalò; il cavalluccio riprese a trottare verso la città del suo
martirio, dove c’eran il sasso aspro, la rotaia sdrucciolevole, la posta e la
stalla. Di qua, di là dalle due siepi, odorosa nella candida notte, la terra
lavorata coltivava grani e frutti per la città vorace; qualche grillo
innamorato della luna levava il suo canto stridulo, infinitamente
maggiore di sè.
Ora le doleva il capo, aveva intorno alle tempie un cerchio ferreo, che
martellava. Per lenirsi quel dolore prese una mano del fratello e se ne
fasciò la fronte.
— Soffri?
— Sì, un poco.
Egli le circondò la fronte, da una tempia all’altra, di tanti piccoli baci.
— Tienmi vicina, molto vicina... e guarirò.
In un giardino che incontrarono, le rose di Maggio aprivano i lor càlici
gonfi di primavera.
— Ti senti ancor male?
— Sì, un male dolce...
Di là da un filare di pioppi riapparve, come una vasta nuvola sospesa nel
firmamento, la vampa rossa della città. Sopraggiunsero le prime case,
con muraglie bianche di luna. Ora i grilli eran cento, eran mille, perduti
nel fieno maggengo, ed uno, fra tutti più iracondo, pareva inseguirli da
presso lungo la siepe di biancospino.
D’un tratto ella rovesciò la testa contro la sua spalla, come se un
principio di svenimento la soverchiasse.
— Rigo, mi sento male... — balbettò premendosi il petto.
— Ma che hai? — diss’egli, smarrito; — perchè soffri così?
Ella chiuse gli occhi e volle ancora sorridergli dal viso tutto bianco.
— Stordita mi sento... non so...
— Vuoi fermarti? Che vuoi fare?
— Nulla; ora passa... passa... Ti amo...
Quando furono all’ultima cascina, il canto randagio del grillo si disperse
lontano, infinitamente lontano, e morì. Ma di fronte apparve il dazio
monumentale, maestoso come un arco di trionfo, sotto il cielo stellato.
Le guardie daziarie, sedute presso il casello, ridevano e fumavano,
ciarlando con donne di malaffare. In mezzo a frotte di bimbi alcuni
vagabondi giocavano alla riffa d’un venditore ambulante; un divoratore
di stoppa infiammata spalancava davanti agli spettatori attoniti l’enorme
sua bocca fuligginosa.
— Ti amo... — ella disse ancora, in un soffio, all’amante pallido.
E il cilicio della colpa inconsumabile rivestì come un mantello di spine la
loro carne disperata.
VIII