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Atrills Accounting For Business Students Australian 1st Edition Atrill Test Bank
Atrills Accounting For Business Students Australian 1st Edition Atrill Test Bank
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1st-edition-atrill-test-bank/
Chapter 2
Measuring and reporting financial
position
Choose the one alternative that best completes the statement or answers the question.
1) What is the purpose of the statement of financial position?
A) To determine the cash inflows and outflows over a period of time
B) To determine the profit earned over a period of time
C) To list the assets of the business and the claims against the assets at a particular point of time
D) All of the above
Answer: C
Difficulty: Basic
Learning Objective: 2.1 Explain the nature and purpose of the statement of financial position (balance
sheet) and its component parts.
Topic: Nature and purpose of the statement of financial position
AACSB: 1 Written and oral communication
Copyright © 2018 Pearson Australia (a division of Pearson Australia Group Pty Ltd) 9781488616570/Atrill/Accounting for
Business Students/1e
5) Intangible assets have no physical substance but still provide expected future benefits. Which of the
following is not an intangible asset?
A) Newspaper masthead
B) Goodwill
C) Patent
D) None of the above, i.e., all are intangible assets
Answer: D
Difficulty: Basic
Learning Objective: 2.1 Explain the nature and purpose of the statement of financial position (balance
sheet) and its component parts.
Topic: Nature and purpose of the statement of financial position
AACSB: 8 Application of knowledge
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AACSB: 8 Application of knowledge
7) In the accounting equation, claims on the business are of two broad types:
A) bills payable and bills receivable.
B) liabilities and equity.
C) loans to and loans from outsiders.
D) accounts receivable and accounts payable.
Answer: B
Difficulty: Basic
Learning Objective: 2.1 Explain the nature and purpose of the statement of financial position (balance
sheet) and its component parts.
Topic: Nature and purpose of the statement of financial position
AACSB: 3 Analytical thinking
8) ‘A present obligation of an entity arising from past events, the settlement of which is expected to result
in an outflow from the entity of resources embodying economic benefits,’ is the generally acceptable
definition of:
A) an asset.
B) equity.
C) a liability.
D) an expense.
Answer: C
Difficulty: Basic
Learning Objective: 2.1 Explain the nature and purpose of the statement of financial position (balance
sheet) and its component parts.
Topic: Nature and purpose of the statement of financial position
AACSB: 8 Application of knowledge
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dell’individuo e della società, è un eccesso che, se impiacevolisce la
scienza e corregge l’egoismo, scema però la precisione.
Nella giurisprudenza adoprò a sottrarre le materie legali dal
grossolano e pigro senso comune, soggiogato dall’autorità. Tardi,
quando rinasceva l’amor della storia e qualche scolaro oppose i fatti
alle sue idealità, egli entrò in questo campo, ma con teorie
preconcette. Allora ripudiò il passaggio spontaneo dell’uomo dalla
barbarie alla civiltà, e «quei mal informati tessitori di civili società, i
quali mediante fantastiche speculazioni pretendono far sorgere ove
lor piace le città. La storia non ci fornisce verun esempio
d’incivilimento nativo, e ricorda solamente il dativo... Le notizie
rimaste dei primordj delle nazioni tutte, segnano uno stato anteriore
di nativa barbarie, e la derivazione dell’incivilimento da gente
straniera». E per conciliare questa contraddizione colle sue prische
dottrine, ammetteva che «pel concorso di felici circostanze, in un
paese unico spuntò, crebbe e si diffuse l’incivilimento; donde colla
maniera sperimentata efficace fu trapiantata di fuori» [279]. È questo il
sistema di Bailly; ma non fa se non allontanare la difficoltà.
Dal Rosmini la filosofia del diritto fu trattata in modo originale,
siccome pur dal gesuita Tapparelli, entrambi il diritto subordinando
alla morale, anzi il Tapparelli lo ridurrebbe alla rettitudine, in
opposizione alla scuola filosofica tedesca che lo deduce dalla libertà,
separandolo dalla morale, e guardandolo come un ragguaglio
meramente esterno, il cui formale principio è riposto nell’autonomia
morale. Non però confondono il giusto che è principio del diritto,
coll’onesto che è principio della morale; esterno quello, questo
interno; quello obbligatorio, questo spontaneo.
Il diritto naturale fu sospetto a molti Governi, quasi conduca al
razionalismo e a sciogliere l’uomo da ogni vincolo di religione
rivelata e fin di morale naturale. Antonio Bartoli Avveduti (1854)
sbuffa contro quanti ne trattarono e fin contro la parola diritto,
credendola manto de’ razionalisti utilitarj, atei, comunisti; non darsi
diritto ma solo dovere, nè altro averne l’uomo che quello di compire il
proprio dovere; Dio ha dovere di creare, felicitare, perdonare, punire
(pag. 55); le bestie hanno «il diritto di essere governate,
accarezzate, bastonate, ammazzate ed anche straziate, come si fa
negli studj anatomici; Mirabeau, Robespierre, il diavolo hanno il
diritto ad essere esecrati e maledetti (pag. 52-59); nè si danno opere
lecite e non doverose (pag. 46)».
La giurisprudenza come arte trovò nobile campo dove era chiamata
alla pubblicità; ma i più s’applicavano alla pratica, nella quale il diritto
è il codice. La filosofica ebbe per altro qualche cultore, e qualcuno la
storica, o sulle orme nazionali come fecero Romagnosi e Nicola
Niccolini che applica la filosofia alla legislazione, o sulle tedesche
come Capei, ma più sulle francesi. I napoletani Mario Pagano,
Liberatore, Delfico, Giovine, Durini, De Thomasis, De Martire,
Martinengo, Winspeare, Capone, Starace, Vecchioni, Lauria,
Canofori, Raffaelli, Agresti, Mancini; i toscani Biondi, Poggi, Paoletti,
Marzucchi, Galeotti, Giuliano Ricci; i romani Capitelli, Contoli; i
lombardi Nani, De Simoni, Giuliani; i piemontesi Sclopis, Albini, son
nomi che possiamo intonare ai forestieri quando troppo
generalmente asseriscono che l’Italia non ha fatto nulla per la
giurisprudenza.
Carmignani diede la teoria delle leggi della sociale sicurezza; Forti le
istituzioni civili; Luigi Cappelli pistoiese insegnò legislazione civile,
penale e canonica all’Università di Wilna, dove professò anche il
filologo Sebastiano Ciampi. Emidio Cesarini (-1876) offrì i principi del
diritto commerciale secondo lo spirito delle leggi pontifizie (1836).
Come il Romagnosi, così il napoletano Manna adoprò a ridurre a
forma scientifica il diritto amministrativo. Pellegrino Rossi (-1849)
conobbe la necessità di legittimare il diritto di punire, contro le
opinioni divulgantisi; confutò la scuola storica che alla ragione
filosofica contende il diritto di far leggi, appropriandolo unicamente
alla consuetudine, alla spontaneità popolare; cercò porre in sodo il
fondamento razionale, già indicato da Kant, da Cousin, da De
Broglie, e fabbricarvi sopra il diritto penale, e trovare l’arcano attacco
della giustizia penale coll’assoluta. Unico trattato completo dopo il
Beccaria, concepito con unità, dedotto con metodo, spinto con
potente dialettica: ma non osando ribellarsi ai giudizj correnti, si tiene
al giusto mezzo dei dottrinarj; sciogliesi dall’ideologia sensista, ma
senza abbracciare francamente lo spiritualismo; non accorgendosi
che il razionalismo non può produrre che la variazione.
Nel diritto canonico van citate principalmente le opere del novarese
Scavini e del chierese Perrone, e in senso contrario quello del
torinese Nuytz. La teologia da cinquant’anni discute se «nel conflitto
tra due opinioni egualmente probabili, si deva stare a quella ch’è più
sicura, perchè conforme alla legge, o possa pigliarsi la meno sicura
e più favorevole alla umana libertà». Gli uni tengono doversi nel
dubbio eleggere la parte più sicura (Probabilioristi o Tuzioristi). I
Probabilisti assoluti, pei quali è lecito seguire l’opinione probabile
anche quando sia in conflitto con altra più probabile appoggiata alla
legge, oggimai son fuori di quistione; e Probabilisti moderati
convengono non possa operarsi con dubbio pratico, bensì nel
contrasto di due opinioni di equiprobabili potersi tener quella ch’è più
conforme alla libertà umana, qualvolta nel dubbio speculativo
l’operante si renda praticamente certo mediante alcun principio
riflesso. Tali sarebbero, che la legge dubbia non sia sufficientemente
promulgata, e perciò non obbliga; che la legge incerta non produce
obbligazione certa; che nel dubbio si può attenersi al partito più
benigno; che nel dubbio è migliore la condizione del possidente,
sicchè nel conflitto tra legge e libertà può preferirsi quest’ultima,
posseduta dall’uomo prima della legge. Quanto sieno solidi e quanto
devansi estendere questi principj è controverso tra Probabilisti e
Tuzioristi in genere; e nominatamente tra i Rosminiani e i teologi di
cui fu sapiente compilatore lo Scavini.
Favorevoli alla legge apparvero tra noi, oltre l’antico Bellarmino, nel
secolo passato i fratelli Ballerini, il Cóncina, il Fagnani, il Franzoja, il
cardinal Gatti, il Patuzzi, lo Scarpazza, e modernamente il comasco
Luraschi e il milanese Speroni. Quelli che nel dubbio propendono
alla libertà, citano fra gli antichi sant’Antonino e Alberto Magno, poi i
cardinali De Lugo e Pallavicino, Cristiano Lupo, il Possevino, il
Segneri, lo Sfondrati, e recentemente il Tamburini. In capo a tutti
procede sant’Alfonso de’ Liguori (tom. xii, pag. 182) che, seguendo
le norme di Busembaum, e copiandolo tanto vigore vi pose, tanta
copia di prove, tanta costanza di principj, da parer l’autore di questa
dottrina, che fu adottata quasi universalmente, a segno che i trattati
di morale posteriori riduconsi quasi ad un ricalco de’ suoi.
Ai progressi della teologia ermeneutica, che furono così segnalati di
fuori, non abbastanza contribuirono i nostri, fra cui pochi sono
provveduti di quell’alta filologia che eleva la critica ed
invenzione [280]. Più larghi campi e battaglie più severe offre
l’alleanza dello spirito di Dio colla ragione umana. Nè la filosofia
potrà forse procedere se non ammettendo a titolo di postulato la
coesione del finito coll’infinito, della libertà colla necessità, della
creatura col creatore; invocando la fede ad attestare la permanenza
del me, e dare al vero una sanzione superiore alla filosofica. Col
coraggio della fede e la saviezza della speranza, ben meglio che
colla presunzione individuale si compisce la saviezza de’ padri e si
trasmette migliorata ai figliuoli, e si abbatte il nemico comune, lo
scetticismo, separando le verità sperimentali da que’ disegni che Dio
realizza nel mondo, e di cui vuole nasconderci il mistero.
Nelle leggi non men che nell’economia bel nome godrebbe Luigi
Valeriani d’Imola (1758-1828), professore all’Università di Bologna,
se la barbara esposizione nol rendesse a pochi accessibile, e se non
avesse tirato che pochi esemplari delle opere sue. Scrisse del
prezzo delle cose tutte mercantili (1815); e affatto geometrico, da
pochi principj generali discende a spiegare i fenomeni e dimostrare i
problemi e teoremi tutti. Dalla proprietà individuale sui mobili, poi sui
semoventi, poi sugli stabili deduce l’origine della società civile e dei
suoi tre grandi ordini, la divisione del lavoro, la maggior riproduzione,
le permute estimatorie, le misure del valor delle cose, i loro baratti,
l’amministrazione pubblica, la giustizia distributiva e la commutativa,
i giudizj, la difesa, il tributo. Ricchissimo d’erudizione, forte di logica,
volendo associare l’economia colla morale e la religione, saviamente
discorse de’ cambj e della moneta reale e di conto: ma preoccupato
dall’autorità de’ filosofi e dei Governi, col maggior numero antepone
la pubblica alla sicurezza e comodità privata.
Il Mengotti di Feltre dissertava sul colbertismo; la sua memoria sul
commercio de’ Romani; premiata dall’Accademia di Francia l’anno
che scoppiò la rivoluzione, ebbe un successo di circostanza, perchè
nei ladri proconsoli romani si volle vedere adombrati i provveditori
veneti.
Il comasco De Welz diede qualche aspetto di novità alla
sistemazione del credito proponendo una banca per la Sicilia, poi
nell’operetta della Magia del credito svelata (Napoli 1834).
Aggiungiamo Carlo Bosellini di Modena (Nuovo esame delle sorgenti
della privata e pubblica ricchezza, Modena 1816), il Fabroni, il
Costanzo, lo Scuderi, il Longo, il Morreno, l’Intriglia, il Deluca, il De
Augustini, il Rossi, il Meneghini, il Parisi, il Trinchera, il Poli (Studj
d’economia politica); il Ferrara, che sovraintese a Torino a una
raccolta d’economisti, tutti forestieri eccetto un volume; lo Scialoja,
che più degli anzidetti inclina alla libertà, però legale e protetta. Di
tali studj e delle loro applicazioni l’organo più longevo e perciò
meglio opportuno alla storia furono gli Annali di statistica di Milano
compilati da Giuseppe Sacchi, che sopravvissero alla crisi del 1848,
a cui soccombettero quelli di Napoli. Lodovico Bianchini, nella
Scienza del ben vivere sociale, allargò a teorie quel che avea
raccolto negli studj particolari sopra il reame delle Due Sicilie;
conosce le imperfezioni di questa scienza, pure s’affigge anch’esso
allo Stato, qual albero maestro della macchina sociale, e alle leggi
arbitrarie e alle sociali contingenze.
In generale fra noi furono discusse e svolte le dottrine economiche di
Malthus, di Say, di Smith, anzichè surrogarne di originali. Ben vollero
intitolare italiana una scuola, della quale Blanqui darebbe per
contrassegno il riguardar le questioni in maniera larga e complessa,
e la ricchezza non in modo stretto ed assoluto, ma in relazione col
ben essere universale: e il napoletano De Luca il dedurre le verità
economiche dai principj del diritto e della morale, richiamandole a
sintesi giuridica e di pubblica moralità, non precipitarsi agli estremi,
ma tenersi a un giusto mezzo, e mirare al miglioramento della classe
più numerosa [281]. Non troviamo che questi caratteri siano nè
comuni ai nostri, nè speciali ad essi; i quali in generale propendono
ad una libertà di commercio moderata, si occupano molto della
popolazione, poco del credito pubblico, delle grandi industrie, delle
macchine, e spesso mancano del senso pratico di chi vide e provò.
Il Gianni avea già proposto [282] una moneta di carta che nessuno
potesse ricusare, e di quantità equivalente all’imposizione; l’erario
non pagherebbe e non riceverebbe che in questa specie; sicchè non
estenderebbe nè il commercio nè la circolazione de’ metalli, dando
fuori solo quanto ripiglia; e con ciò si cesserebbe d’avere e
imposizioni e spese pubbliche. Quel pensiero sviluppò il siciliano
barone Corvaja, stabilendo un banco-governo che stampasse tanta
carta quanta ne domandano i cittadini a contanti; non sarà una
banconota che rappresenti un atto di fede, sibbene un certificato di
rendita; l’interesse del denaro frutterà per tutti i cittadini
indistintamente, variando a norma del cumulo di tutti gli utili. Da
principio il denaro affluirebbe verso gli Stati ove più alti i fondi
pubblici; quando fosse livellato in tutti gli Stati, si conoscerebbe che
trascende i bisogni giornalieri, e quest’eccedente diverrebbe oggetto
di lusso. In questa banca universale, dove tutti i proventi
diventerebbero accomandatizj, si raccoglierebbero tutti i fondi
pubblici, tutto il metallo: laonde se mai fosse stata possibile, avrebbe
recato un tale accentramento governativo, da assorbire ogni attività
individuale, e spegnere la libertà a nome dell’eguaglianza come nel
comunismo. Anche Rusconi (La rendita e il credito) si vale delle idee
di Proudhon per suggerire un banco-governo, i cui frutti paghino il
prestito. Vi arieggia la banca nazionale di Gabriele Rossi, poco
diversa da quella di Law. Anche altri si piacquero ai concetti
socialisti, che alla debolezza degli individui vorrebbero rimediare col
ridurre la società ed una massa unica, nella quale l’individuo
andrebbe affatto perduto. E massime in questi ultimi tempi, dopo
cresciuta la libertà e pubblicità, molti studiarono i modi di crescere la
rappresentazione de’ valori e la circolazione dei capitali mobili ed
immobili [283].
Nel campo pratico è a ricordare il genovese Luigi Corvetto (1756-
1822), che fu nel Consiglio di Stato di Napoleone, e contribuì a
formare il codice di commercio e il penale, sotto Luigi XVIII fu
ministro delle finanze, e uno dei fondatori della società per migliorare
le prigioni. Anche il côrso Antonio Bertolacci, fuoruscito nel 1793, in
Inghilterra s’applicò agli studj economici, fu adoprato al Seilan come
amministratore; scrisse varj trattati, e specialmente il progetto
d’un’assicurazione generale sulla vita, che dovrebbe amministrarsi
dal Governo in modo di avvincere i popoli allo Stato e viceversa.
Pellegrino Rossi pretende l’economia politica abbia teoriche certe
quanto le matematiche; e le assegna per oggetto la ricchezza, e per
termine gl’interessi materiali; il che la discerne dalla politica. Teorie
proprie egli non posa, ma prepondera pel metodo; ben sceglie fra i
predecessori, concatena e deduce con un rigor logico che non irriti il
buon senso. Attentamente distingue la scienza pura, indipendente
nei canoni e nelle dimostrazioni, dall’applicata che deve lottare coi
fatti esterni, ed egli attese piuttosto a questa; sempre ebbe in vista
l’uomo, e più nell’ultima parte, pubblicata postuma, e che concerne
la distribuzione delle ricchezze. Ma neppure qui elevandosi
dall’eclettismo, produce una scienza troppo liberale per essere di
Stato, troppo razionale per piacere ai socialisti. Scrisse sempre in
francese, come pure Giovanni Arrivabene di Mantova, posto nel
Belgio fra i migliori cultori di queste discipline.
De’ vecchi economisti italiani una raccolta stampò il barone Custodi
a Milano, erudizione poco concludente alla scienza, per quanto esso
li magnifichi colla passione d’un editore. Un succoso estratto ne fece
Giuseppe Pecchio (Storia dell’economia politica in Italia), col solito
andazzo di arrogare ai nostri ogni merito perchè abbiano enunciato
qui e qua alcuni veri, che traggono vigoría unicamente dall’essere
provati, e connessi in un sistema efficiente; eppure asserì che, ne’
primi trent’anni del secolo, l’Italia non avea nulla prodotto in tale
scienza.
Con altro ingegno il Marescotti esaminò gli economisti italiani del
secolo nostro, pretendendo cambiare il centro dell’economia politica,
come Galileo e Newton fecero della planetaria, e coll’esposizione
scientifica di tutte le scuole economiche non solo, ma delle morali,
religiose, sociali, risolvere i problemi più dibattuti, mostrare che quel
centro non è lo Stato, bensì l’uomo, e intorno a questo deve
acconciarsi e moversi il Governo. Fedele pertanto alla tradizione
religiosa degli alti intelletti italiani che attesero a dar vigore alle leggi
naturali e divine, mira a ristabilire il diritto della creatura autonoma,
oppressa dalla violenza artifiziale, al contrario de’ consueti nostri
economisti che l’individuo avviluppano nella sovranità legale. L’uomo
ha un’esistenza subjettiva e indipendente, e di lui bisogna fare la
pietra angolare dell’economia e del diritto universale se vogliano
ridursi a scienza. La libertà sia intera, come dritto non come
concessione, per ottenerla abbiasi una tassa unica, semplice,
proporzionata, in ragione aritmetica diretta sopra ogni unità che
rappresenta un valore netto pel contribuente, vale a dire una tassa
unica sopra la rendita netta. La giustizia artifiziale emanata dal
Governo, cioè dalla forza, non deve preponderare alla naturale,
dettata dalla ragione dell’uomo; chè al vertice della società non siede
un Governo umano, bensì la coscienza e la ragione per dirigere le
morali e le fisiche inclinazioni.
Insomma egli incolpa la scienza economica d’essersi fatta servile
all’onnipotenza governativa, e di tendere ad annichilare le
individualità, abolendo le corporazioni dei piccoli artieri, mentre si
applicavano quelle de’ grandi capitalisti. Dopo di che non resta che
un passo per arrivare ai teoremi de’ Socialisti, che, vedendo
l’adulterio introdotto all’ombra del matrimonio, la corruzione all’ombra
della politica, la mediocrità all’ombra dello intrigo, l’ozio e la miseria
all’ombra della ricchezza ereditaria, scalzano e rimpastano l’ordine
sociale odierno; premettendo rendere felice l’uomo, ma di felicità
passiva, indipendente da’ proprj sforzi, quasi condannato alla
beatitudine terrestre, e a virtù che sono fuori dei nostri istinti. E a
deplorare che, mentre una volta l’economia sociale studiavasi per
elevare le anime, ora non badi che a soddisfare gl’interessi materiali,
e a farsi mezzo all’indipendenza dello Stato, favorendo la sete
dell’oro e la febbre di speculazioni che arrestano lo slancio delle
intelligenze e la moralità.
CAPITOLO CLXXXVII.
Scienze matematiche e naturali.