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Andrea Francesca Dinunno

Lettere Moderne, UniFg – matr. 600838

LE SONATE PER PIANOFORTE DI BEETHOVEN.

GENERE, FORMA, ESPRESSIONE.

Di GIORGIO SANGUINETTI

Il Dipartimento di Studi Umanistici dell'Università di Foggia ha promosso la seconda edizione della


rassegna editoriale denominata "Contrappunti Letterari", una manifestazione di rilievo culturale e
accademico che ha avuto luogo in collaborazione con il Conservatorio di Musica Umberto Giordano.
Questa rassegna si è distinta come evento di notevole spessore intellettuale, coniugando
magistralmente le discipline umanistiche con l'espressione artistica della musica. Il progetto ha
rappresentato l’opportunità preziosa per studenti universitari e allievi del Conservatorio di porre
l’accento sulle loro passioni di musica e di letteratura, condividendo idee, elaborando giudizi
valutativi e prospettive innovative su una vasta gamma di argomenti. L'approfondimento e la
riflessione critica sono stati al centro della rassegna con sessioni di discussione culturale, stimolando
un dialogo proficuo tra autori e pubblico.

Questa collaborazione tra le due arti ha testimoniato l'importanza di promuovere la comunicazione


tra le discipline umanistiche e artistiche, contribuendo a nutrire la mente e l'anima dei partecipanti e
ad arricchire il patrimonio della comunità accademica e universitaria. La sua risonanza e il suo
impatto positivo sul tessuto culturale locale testimoniano il successo di questa iniziativa per la quale
si auspica una rinnovata qualificazione.

In data 11 settembre 2023, nell’Auditorium del Conservatorio Umberto Giordano, ha avuto luogo un
convegno pervaso dall’atmosfera didattica e musicale a cura del prof. Giorgio Sanguinetti, insigne
musicologo, docente di Teoria della Musica presso l’Università di Roma-Tor Vergata, affiancato da
docenti del Conservatorio e del Dipartimento di Studi Umanistici di Foggia. La presentazione del suo
volume, “Le Sonate per pianoforte di Beethoven”, si è rivelata una lezione intrigante, caratterizzata
da un brain storming di idee e confutazioni dal tono brillantemente erudito. Il convegno ha lasciato
proliferare un’atmosfera intrisa di talento e prodigio scandito dalle esecuzioni pianistiche di due
sonate beethoveniane: la Sonata Patetica N°8 (I mov.) e la Sonata degli Addii N°26 (I mov.).
L’argomentazione sulle tesi del testo, dei punti presi in esame dall’autore, è stata anticipata da un
accurato flashback presentativo sulla collana del volume e sui particolari della pubblicazione, creando
una sorprendente parentesi riguardo il mondo dell’editoria musicale. Uno studioso presente nella
commissione ha dato ampia argomentazione della parola “repertorio”, indicandola come la
concentrazione di musiche e, sperando che i musicisti facciano tesoro dell’utilizzo della musicologia,
ha presentato il volume di Giorgio Sanguinetti come il libro d’apertura di una collana destinata alla
retrospettiva di diversi illustri compositori.

Nell’immenso panorama della letteratura musicologica dedicata a Ludwig van Beethoven, spicca il
recente lavoro del prof. Giorgio Sanguinetti, un'autorità indiscussa nel campo, il cui ultimo saggio
sulle celebri Sonate per pianoforte di Beethoven rappresenta un contributo senza precedenti alla
comprensione e al gradimento di queste opere insigni. L'autore del libro ci conduce in un viaggio
attraverso il panorama sonoro di Beethoven, svelando la sua abilità nel trasformare il pianoforte in
uno strumento di espressione emotiva. Attraverso la maestria dell'armonia, della variazione tematica
e della profonda drammaticità delle sue composizioni, Beethoven ci trasporta in paesaggi di
incommensurabile bellezza e laboriosità. Il volume, imponente nella sua sapienza e nella profondità
analitica, offre una chiave d'accesso magistrale alle Sonate beethoveniane. La perizia e la padronanza
con cui il docente disseziona ogni dettaglio sbalordisce il pubblico dei lettori conquistato da tale
maestria. Il testo, un'analisi scrupolosa e articolata, propone una prospettiva intensamente tecnica e
teorica che si rivelerà un faro guida per chiunque cerchi di immergersi nell'imponenza titanica della
musica classica, in particolare nell’universo sonoro di Beethoven.

Nell’esposizione del suo programma, il prof. Sanguinetti si inoltra con precisione chirurgica nelle
sonate, discernendone le componenti musicali e svelandone le sfumature più sottili; egli scandisce
indagini approfondite dallo sviluppo tematico alla struttura formale, agganciandosi spesso a teorie
musicali e culturali elaborate nel corso dei secoli.

Grazie ad un lavoro di studio e di ricerca, l’autore intreccia con autentica abilità le vicende biografiche
del Maestro con l'analisi delle sue opere, creando un quadro vivido e coinvolgente della personalità
del genio musicale. Il Professore non si limita ad un'analisi musicale isolata, ma svela come le
influenze culturali e sociali del tempo abbiano plasmato la musica di Beethoven; questo approccio
interdisciplinare arricchisce ulteriormente la comprensione delle Sonate, gettando una luce nuova su
come queste opere siano state forgiate dalla mente del compositore e del suo tempo. Attraverso
citazioni e riferimenti precisi, egli dimostra in modo convincente come le sonate siano riflesso di
un'epoca di cambiamenti rivoluzionari; inoltre, l’aver allegato documenti ufficiali e immagini di
spartiti originali incrementa ulteriormente l'esperienza di lettura e comprensione del materiale preso
in esame. Un registro espressivo ed un periodare articolato da parte dello scrittore conferisce al testo
un'autorevolezza e una bellezza stilistica che lo pongono ai vertici delle pubblicazioni accademiche.
Il volume, frutto di erudizione e di critica professionale, non è un semplice testo da lettura, ma si
rivela un vero e proprio manuale ricco di tecnicismi e dettagli tratti dal più elevato grado di teoria
musicale. L’argomentazione del docente lascia trasparire una padronanza senza pari degli elementi
musicali, scomponendo ogni sonata in modo minuzioso e analizzando ogni aspetto, dall'armonia alla
struttura formale, dalla melodia alla dinamica.

Beethoven, personaggio emblematico del periodo preromantico, si erge come il fulcro incontestabile
dell'opera qui presentata, le sue sonate per pianoforte rappresentano l'oggetto centrale di un'indagine
che ne rivela la profonda complessità e la visione innovativa. Il prof. Sanguinetti guida il lettore
attraverso le sfumature dell'arte del compositore, marcandone l'uso geniale di dinamiche contrastanti,
di sperimentazioni armoniche e la sua capacità di evocare una spaziale gamma di emozioni, dall’estasi
gioiosa alla tormentata introspezione.

Il Maestro ha dimostrato un’intima conoscenza delle qualità espressive degli strumenti musicali
sfruttando al massimo le loro qualità timbriche. L’opera di Beethoven si contraddistingue da altre
composizioni dell’epoca per l’uso innovativo di improvvisi “piano”, “forte”, “fortissimo”: rafforzano
il senso del dramma, di irrequietudine o, a contrasto, di pace interiore. Egli utilizzò il pianoforte come
veicolo per innescare un affresco di emozioni, dalla gioia trionfante al tormento interiore, dalla
malinconia ad una dolce speranza. L’interplay tra le melodie incalzanti e le armonie intrepide, spesso
seguite da momenti di quiete e riflessione, crea un dialogo emotivo che commuove l’ascoltatore. In
ogni sonata, il Maestro sembra porre in discussione la natura stessa della musica, ampliando i confini
dell'arte compositiva. Il prof. Sanguinetti è attento a sottolineare come il compositore tedesco abbia
inoltre influenzato la forma del quartetto d’archi e del concerto pianistico; la sua disarmante abilità
nel comporre per il pianoforte, strumento che amava e padroneggiava comunicando in simbiosi con
esso, è evidente nelle sue sonate che sfoggiano virtuosismo ed incanto.

La sonata per pianoforte, gioiello intramontabile nel repertorio musicale occidentale, raffigura un
capitolo sublime nell’evoluzione della musica strumentale; specchio della polivalenza dello
strumento, è spesso caratterizzata da rapidi passaggi, arpeggi scintillanti e potenti accordi, progettati
per incrementarne il valore. Ascoltare sonate per pianoforte, le sonate beethoveniane in particolare, è
un’esperienza che tocca l’anima e che consente all’uditore di crearsi un mondo impermeabile a
qualsiasi ingresso, volto ad ingentilire l’animo, a raffinare il gusto e ad elevarne la sensibilità. Queste
opere architettano un’odissea musicale che affonda nell’anima del pubblico, un viaggio attraverso le
emozioni umane tessute dalle mani del compositore. Dalla drammatica “Patetica” alla vigorosa
“Appassionata”, intrecciando l’idilliaca “Chiaro di Luna”, ciascun componimento è una gemma
preziosa.
Le sonate di Ludwig van Beethoven incarnano un vertice straordinario nell’arte della composizione
pianistica; queste sculture sonore uniche, intagliate con maestria e intrise di significato, sono un
riflesso del desiderio del compositore di sfidare le convenzioni musicali del suo tempo,
progressivamente narrate e discusse dall’autore del volume.

Nel suo sapiente discorso, il prof. Sanguinetti ha affermato che nel volume le sonate sono distribuite
secondo un criterio cronologico. La sfida è quella di trovare delle logiche interne nella personalità e
nelle scelte di Beethoven, smascherando le problematiche che pongono le composizioni oggetto di
studio.

Durante il convegno presso il Conservatorio, il prof. Sanguinetti ha sottolineato il paradosso per cui
Beethoven da un tetracordo discendente crea una sonata luminosa, ribadendo agli allievi e agli
studenti ivi presenti che il compositore lavora molto sulla commistione modale e sui giochi di
cromatismi.

Nell’introduzione alla prima parte del libro vien resa un’immagine tangibile dal carattere quasi
fiabesco, ove l’autore descrive dettagliatamente la scena idealizzata di un concerto, pregno di
quell’atmosfera aulica che solo la musica e il teatro sanno donare: la scena in cui i pianoforti non
erano caratterizzati dal tipico e moderno colore nero, i pianisti non suonavano a memoria e
l’esecuzione non godeva della presenza del pubblico, non si rivela però coerente con l’epoca
beethoveniana.

Nelle note segnalate all’interno dei capitoli, l’autore entra nel vivo di concetti chiave allegando
esempi tratti dalle vicissitudini di diversi musicisti e studiosi e testimoniandone raffronti, duelli e
agoni musicali.

Un paragrafo della prima sezione del volume è destinato a marcare la valenza della sonata e gli scopi
della sua composizione. Obiettivo principale è quello di esternare gli ideali musicali del compositore
in modo organizzato ed eloquente, consentendogli di escogitare variazioni melodiche e ritmiche,
contrasti armonici e dinamici e temi variegati e di metterne in luce l’abilità interpretativa. L’autore
afferma che gli scopi per i quali le sonate venivano scritte erano la ricreazione personale, lo studio,
l’intrattenimento in società di piccoli e selezionati gruppi di persone e che esse costituivano un
fondamentale strumento pedagogico tanto per i dilettanti quanto per i musicisti di professione; di
seguito introduce la differenza tra sonata e sinfonia, una differenza che risiede nella struttura, nella
dimensione e nell’orchestrazione. La sonata si concentra nell’approccio solista e nella struttura
tematica, presentando una limpida esposizione del tema, uno sviluppo articolato e una ripresa del
tema iniziale, distanziandosi dalla sinfonia dall’ampia varietà di modulazioni tonali e progressioni
armoniche, costituendo una composizione con maggiori orpelli che coinvolge l’intero corpo
orchestrale in una narrazione musicale su larga scala. La sonata per pianoforte meticolosamente
sezionata dal prof. Sanguinetti viene presa in esame con la sentence, il periodo parallelo, il tema
ternario, il tema binario breve, temi ibridi e composti, con tecniche di trasformazione, alterazioni
simmetriche e asimmetriche, temi fluidi, con la transizione, lo sviluppo, il nucleo, la preparazione del
nucleo, con la ripresa, la coda e l’epilogo.

La "Sentence", nota anche come "esposizione", è il primo momento chiave di una sonata. In questa
fase, il compositore presenta il principale tema musicale dell'opera, spesso seguito da un secondo
tema o da un gruppo tematico parallelo.

Il "Periodo Parallelo" è una struttura frequentemente utilizzata nei movimenti di sonata, una
ripetizione del primo tema in una tonalità diversa o con una variazione significativa che crea una sorta
di contrappunto armonico e un senso di espansione.

Il "Tema Ternario" è un elemento fondamentale della sonata, strutturato in tre parti: una sezione
iniziale (A), una sezione diversa (B), e una ripresa della sezione iniziale (A). Questo schema
conferisce un equilibrio e una chiara struttura alla composizione.

Il "Tema Binario Breve" è un tema che segue una struttura a due parti, solitamente contraddistinte da
una marcata differenza di tonalità o carattere. Questa struttura può attribuire alla musica un senso di
tensione e di liberazione.

I "Temi Ibridi e Composti" combinano elementi di diverse strutture musicali, come ternario e binario.
La fusione di forme può aggiungere complessità e interesse alla composizione.

Le "Tecniche di Trasformazione" consentono ai compositori di variare e sviluppare i temi presentati


nella sentence e possono includere inversioni, retrogradi e altre manipolazioni tematiche,
enfatizzando la versatilità e la creatività del compositore.

Le "Alterazioni Simmetriche e Asimmetriche" sono modifiche nella struttura ritmica o armonica dei
temi. Le prime seguono un modello regolare, mentre le seconde sono meno prevedibili e possono
creare sorprese musicali.

I "Temi Fluidi" si muovono senza soluzione di continuità tra tonalità e registri, creando un senso di
coesione e progressione nella sonata.

La "Transizione" è una sezione di collegamento tra la sentence e lo "Sviluppo", in cui i temi sono
esplorati e trasformati in modi diversi. Lo sviluppo costituisce il cuore emotivo della sonata,
permettendo al compositore di sperimentare con contrasti e tensioni.
Il "Nucleo" rappresenta il culmine dell'opera, spesso caratterizzato da un ritorno trionfante o
drammatico al primo tema. La "Preparazione del Nucleo" è una sezione che conduce all'apice della
composizione, creando un senso di anticipazione.

La "Ripresa" riporta i temi iniziali dopo lo sviluppo, spesso in una tonalità diversa, preparando
l’ascoltatore alla conclusione dell'opera.

La "Coda" segna l'epilogo della sonata, offrendo una sezione finale che chiude il movimento in modo
definitivo o sorprendente.

Alle pubblicazioni di Leonard Ratner, musicologo americano, il prof. Sanguinetti associa un campo
di ricerca innovativo per la musicologia teorica recente: la “topic theory”. Ratner definisce i topoi
come “soggetti del discorso musicale” che traggono origine dal paesaggio sonoro composto da diversi
panorami: sacro, teatro, letterario, divertimento, danze, cerimonie, caccia… Annotando bibliografie
e citazioni di diversi studiosi, il docente designa i topoi come segni che rimandano a un significato, a
“stili e gesti musicali estratti dal proprio contesto ed usati in un contesto differente” mettendo in
risalto il pregio di Beethoven di aver introdotto e sviluppato numerosi topos musicali nei suoi lavori,
contribuendo al repertorio musicale classico e romantico. Nell’esposizione di questa applicazione
teorica, Sanguinetti ha inoltre posto l’accento sull’idea che la musica non è una semplice e formale
combinazione di suoni o una fredda analisi scientifica delle sonate di Beethoven, ma racchiude in sè
un contenuto umano da distinguere e far proprio e che i topoi della sua tesi ne costituiscono una buona
parte.

Un approfondimento dal retroscena storico è reso vivo dall’inserimento del tema del pubblico e
dell’Accademia al tempo del Maestro. Nell'epoca tumultuosa e vibrante in cui Ludwig van Beethoven
ha dominato la scena musicale, il suo rapporto con il pubblico è stato un intricato mosaico di
ammirazione, sfida e meraviglia. Gli spettatori di Beethoven erano una miscela eterogenea di
aristocratici e borghesi; il compositore sfidava costantemente il pubblico eclettico abituato ad un
repertorio musicale spesso ancorato al classicismo e alla tradizione, le convenzioni musicali
dell'epoca, invitando il pubblico a esplorare nuovi orizzonti emotivi e sonori. L’Accademia,
prestigioso istituto d'arte, non solo forniva una piattaforma per le esibizioni del compositore, ma
rappresentava anche il centro pulsante della cultura musicale europea; Beethoven non solo ha
conquistato gli ascoltatori con la sua musica, ma ha anche rivoluzionato il modo in cui essi
comprendevano e apprezzavano l'arte musicale, influenzando generazioni di compositori a venire.
Durante il seminario in Conservatorio, il Professore ha pescato questa sezione del testo aprendo il
sipario ad un collegamento tematico di rilevante importanza, ponendo quale sfondo del pubblico e
dell’Accademia la tanto cara Vienna. La Vienna settecentesca era il cuore pulsante della vita musicale
europea, un centro di raffinatezza culturale e di innovazione artistica, che rispose con entusiasmo al
talento di Beethoven, accolto con favore nelle corti aristocratiche, nelle accademie e nelle sale da
concerto. La presenza del Maestro nella capitale austriaca non solo avrebbe segnato il punto di svolta
nella sua carriera, ma avrebbe instaurato una connessione duratura tra lui e la città. La grandiosità di
Vienna si palesò non solo nelle sue composizioni, ma anche nelle interazioni con altri musicisti
dell’epoca di cui il prof. Sanguinetti riporta tracce attendibili allegando frammenti storici e dinamiche
spazio-temporali. Nel dibattito con gli studenti universitari e gli allievi del Conservatorio, egli ha
riportato alla memoria, come scritto nel suo volume, che una sola delle sonate di Beethoven fu
eseguita per intero davanti ad un pubblico, l’Op.90.

Ogni sonata per pianoforte è una sfida da affrontare, un enigma da svelare, un racconto da narrare e
un sentimento da esprimere: l’interpretazione delle opere beethoveniane esige una profonda
conoscenza della Musica ma anche una singolare sensibilità emotiva poiché lo strumento e le sue
opere rappresentano la sintesi perfetta tra arte e meccanica, tra mente e cuore.

Il fascino intrinseco del pianoforte risiede nella sua versatilità: esso può trasformarsi da lieve sussurro
a potente urlo, da tenera melodia ad irruento tumulto; la sua tastiera è una tavolozza di colori e l’abilità
del musicista vive nel combinarli in sfumature e nuance che rendono l’opera pianistica un capolavoro
musicale. Le caratteristiche dello strumento sono ben note al prof. Sanguinetti, il quale abilmente
rende una dettagliata descrizione dei pianoforti prediletti da Beethoven, alcuni di sua proprietà, altri
in prestito o in uso temporaneo e accennandone la preferenza per la meccanica inglese e quella
viennese. Complessivamente sono quattordici i pianoforti (viennesi, ungheresi, francesi e inglesi) dei
quali è accertabile il collegamento con il compositore. Tre di questi persistono al giorno d’oggi:
l’Èrard (Linz, Oberösterreichiches Landesmuseum), il Broadwood (Budapest, Museo nazionale
ungherese) e il Graf (Bonn, Beethoven-Haus).

L’autore è attento nello specificare come il rivoluzionario compositore romantico, noto per la sua
passione e la sua lotta contro l’ostacolo della sordità, aveva un rapporto profondo e complesso con il
concetto del tempo nella musica: nel contesto dell'era illuministica, caratterizzata da una crescente
razionalità e precisione, l'importanza del tempo nella musica stava vivendo un'evoluzione
significativa. In questa cornice, l'invenzione del metronomo si rivelò un contributo cruciale. Per
Ludwig, il tempo non era solo una misura meccanica, ma una profonda espressione delle emozioni
umane; le sue composizioni sfidavano spesso le convenzioni del tempo metronomico dell'epoca,
andando oltre i limiti delle restrizioni ritmiche per trasmettere la varietà e l'intensità delle sue
emozioni. L'invenzione del metronomo da parte di Johann Nepomuk Mälzel nel 1816 rappresentò
una svolta fondamentale: esso consentiva una precisione senza precedenti nel controllo del tempo e
del ritmo nella musica; questo strumento meccanico offriva ai compositori e agli esecutori un mezzo
per specificare esattamente il tempo desiderato per una composizione, consentendo loro di seguire le
indicazioni metronomiche in modo rigoroso ed evitando ambiguità interpretative.

Nella Vienna beethoveniana l’immagine del pianista si differenziava da quella odierna principalmente
per l’assenza di un repertorio musicale, un programma riproposto ed imprescindibile che vide i suoi
esordi intorno al 1830 con le opere del Maestro: le eccezioni erano rare, i pianisti proponevano sempre
opere nuove e diverse, prediligendo le proprie composizioni. Solo le raccolte con finalità didattiche,
come il “Clavicembalo ben temperato” di Bach, venivano utilizzate e riproposte con continuità ma
mai eseguite in pubblico. Quando suonavano dinanzi a spettatori paganti, i pianisti erano soliti esibirsi
in tre modalità: all’interno di un’orchestra, accompagnando cantanti oppure improvvisando. Essi,
però, non suonavano mai a memoria, erano guidati dallo spartito sul leggio e, se non l’avevano,
inducevano il pubblico a ritenere che stessero improvvisando. Purtroppo, non abbiamo certezza delle
improvvisazioni beethoveniane, se non attraverso i repetita di chi le ha ascoltate. Pur tuttavia,
nell’epoca d’oro della musica classica, andava emergendo una pratica virtuosistica ben presto
apprezzata dal pubblico: l’abilità di eseguire sonate complesse a memoria, arte nella quale lo stesso
Ludwig dimostrava straordinaria sicurezza. Non si trattava di una semplice capacità tecnica, ma una
dimostrazione di intima comprensione e connessione emotiva con la musica; memorizzare non solo
la partitura ma anche le sfumature espressive, i tempi, le dinamiche e le variazioni ritmiche delle
sonate richiedeva un’accurata dedizione. Tuttavia, Beethoven non era il solo. In quell’epoca numerosi
pianisti virtuosi erano in grado di affrontare con leggerezza e a memoria le sfide tecniche ed
interpretative delle sonate del Maestro; ai nostri occhi, questi musicisti non solo onoravano le sue
composizioni, ma le elevavano a nuove vette di perfezione interpretativa. Paradossalmente, un
pianista che suonasse a memoria musica composta da altri, veniva allora guardato con sospetto,
poiché ciò poteva significare che stesse fingendo di improvvisare, ma in realtà millantava credito
compositivo. Il pensiero di Beethoven in proposito si è rivelato coerente con l’opinione del tempo,
come testimoniato da un episodio accaduto nel 1805 con il quattordicenne Carl Czerny, pregevole
allievo di Ludwig, dotato di un’infallibile memoria. Il loro rapporto, caratterizzato da un'interazione
profonda e prolifica, non si limitava esclusivamente alla trasmissione di conoscenze tecniche:
Beethoven, con la sua genialità irrefrenabile, spingeva il suo allievo ad abbracciare le profondità
emotive della musica, a oltrepassare i confini convenzionali dell'espressione artistica. Czerny, a sua
volta, assorbiva e interpretava gli insegnamenti del suo mentore con zelo e devota ammirazione,
plasmando il proprio percorso artistico in sintonia con la visione rivoluzionaria di Beethoven. In
questo dialogo artistico e umano, Beethoven e Czerny si intrecciavano come figure complementari:
il primo incarnava la tempesta e la rivoluzione, il secondo la disciplina e la perseveranza.
Tempesta e rivoluzione: Ludwig van Beethoven, titanico compositore, trovava nell'arte letteraria una
sorgente inesauribile di ispirazione per le sue sonate. Fra le pagine dei grandi autori come William
Shakespeare e Friedrich Schiller, Beethoven scopriva un terreno fertile per esplorare le profondità
dell'umana condizione e tradurle in note senza tempo.

La grandezza drammatica dei testi shakespeariani forniva al Maestro un'abbondanza di emozioni e


conflitti da trasporre nella sua musica: la "Patetica", una delle sue sonate più iconiche, sembra
risuonare con le passioni tormentate di personaggi shakespeariani come Macbeth o Amleto. La
tragedia, la commedia e il dramma umano diventavano componenti vitali della struttura sonata,
alimentando la sua capacità di catturare l'essenza dell'esperienza umana. Da Schiller, Beethoven
attingeva alle idee illuminate di libertà e idealismo. Nelle note delle sue sonate, il compositore
trasmetteva la lotta per la libertà e la ricerca della perfezione umana tanto celebrate nelle opere
dell'autore tedesco. "Inno alla Gioia", incorporata nella Nona Sinfonia, è un chiaro esempio di come
Beethoven traducesse l'ispirazione schilleriana in un’ode universale di fratellanza. In questo
affascinante intreccio tra musica e letteratura, Beethoven trasformava le parole in melodia, donando
vita a personaggi, emozioni e ideali.

Il prof. Sanguinetti non manca di rimarcare come il compositore, con la sua musica innovativa e
impetuosa, incarna il conflitto e l'aspirazione umana, concetti centrali nel "Dottor Faustus" di Thomas
Mann. L'immane lotta del Dottor Faustus con il diavolo riflette la stessa lotta interiore di Beethoven,
spesso tormentato dalla sua sordità e dalla sfida di esprimere emozioni complesse attraverso il
linguaggio musicale. Questa angoscia esistenziale, condivisa tra il personaggio faustiano e il
compositore, emerge nelle sonate di Beethoven come una tumultuosa ricerca di espressione e di
significato. La complessità armonica e la profondità emotiva delle sonate di Beethoven possono
essere lette come un tentativo di catturare la vastità dell'esperienza umana, una sfida simile a quella
affrontata dal dottor Faustus nella sua ricerca per ottenere la conoscenza suprema. La musica di
Beethoven diventa una sorta di "patto faustiano" con l'arte, in cui il compositore cerca di superare i
limiti delle convenzioni musicali e di comunicare le profonde complessità dell'animo umano.
L'interpretazione ermeneutica delle sonate di Beethoven in relazione al "Dottor Faustus" di Thomas
Mann rivela una comprensione condivisa delle sfide esistenziali e della complessità umana. Entrambe
le opere sono testimonianze struggenti dell'eterna lotta dell'individuo per dare un senso al mondo che
lo circonda, attraverso la musica o la conoscenza.

Durante il convegno sono stati operati altri parallelismi tra il compositore e diversi insigni personaggi
del repertorio umanistico-letterario, da Platone e Aristotele, a Cicerone, Quintiliano e Foscolo. La
musica di Beethoven offre terreno fertile per aprirsi alle idee filosofiche dei due colossi sofisti: le sue
sonate, con la loro capacità di evocare differenti stati d’animo, sembrano abbracciare l’idea platonica
(Libro Terzo de “La Repubblica”) di come l’arte possa modellare l’animo attraverso l’esperienza
musicale; così come, evocando emozioni e stimolando nello spettatore un’esperienza catartica
(“Poetica” - Aristotele), paiono accompagnare l’ascoltatore in un percorso di purificazione spirituale
colma di pathos.

Il confronto tra il maestro d’eloquenza romano Marco Tullio Cicerone e Ludwig van Beethoven
potrebbe apparire inusuale, considerata la loro appartenenza ad epoche e discipline diverse. Tuttavia,
ad un’attenta osservazione, è possibile rilevare come il collegamento tra i due risieda nelle loro
eccezionali capacità comunicative nei rispettivi ambiti umanistici e nel percorso che essi seguono nel
costruire l’“opera perfetta”. Cicerone nel “De oratore” espone le tappe di costruzione di una perfetta
orazione: inventio, dispositio, elocutio, memoria e actio, codici corrispondenti a genere, forma, ed
espressione di Beethoven.

Se la musica è, d’altronde, una forma di linguaggio, l’uso di figure musicali equivalenti a quelle
retoriche (quali la suddivisione del discorso attraverso una serie di cesure graduate per importanza e
la sua articolazione in unità gerarchicamente disposte, che ritroviamo in Marco Fabio Quintiliano) ha
il fine di commuovere l’ascoltatore e accrescerne la devozione.

Ugo Foscolo e Ludwig van Beethoven, entrambi prolifici autori, condividono infine un nesso
intrigante che si snoda attraverso le pagine della storia culturale europea del XVIII secolo. La loro
connessione risiede nell’innovazione e nel romanticismo, proponendosi come sfida implacabile alle
convenzioni dell’epoca. Foscolo e Beethoven trasmisero il loro fervore attraverso versi e sonate
carichi di pathos e lirismo; questi due maestri, sebbene operanti in due sfere diverse dell’arte, si
ergono quali architetti dell’era romantica, oltrepassando i confini delle rispettive discipline e
influenzando i futuri artisti e pensatori.

Si potrebbero trascorrere giornate intere a esplorare le profonde sfumature e le personali


considerazioni espresse in questo volume, a immergersi nelle sonate per pianoforte di Beethoven e
nei dettagli accurati forniti attraverso un'analisi meticolosa. Il prof. Giorgio Sanguinetti ha dimostrato
abilmente come le composizioni del Maestro, con la loro ricchezza di emozioni e innovazioni
musicali, abbiano lasciato un'impronta indelebile nella storia della musica. Con un focus particolare
alla loro complessità tecnica e strutturale, egli ha rivelato la maestria del compositore nel plasmare
opere che hanno sfidato le convenzioni musicali del tempo, ne ha efficacemente sviscerato
l'architettura, mettendo in luce le innovazioni armoniche, le variazioni tematiche e le audaci strutture
che Ludwig van Beethoven ha introdotto e che lo hanno reso immortale.

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